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Zingari

Date post: 27-Jun-2015
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L’origine degli zingari

Si dice che gli zingari siano un popolo originario dell’India. A dire il vero sono un popolo senza patria. Non intendiamo dare a questa espressione alcuna sfumatura romantica, bensì un preciso riferimento storico: più che di patria o di luogo d’origine, si deve parlare di provenienza o di luogo di diramazione.

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Gli zingari, propriamente parlando, non hanno avuto una madrepatria, ma luoghi che essi hanno eletto a domicilio più o meno secolare da cui, in un dato momento, emigrare per altre destinazioni. Per cui la loro storia è quella dei loro grandi movimenti e dei centri della loro diffusione.

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Viaggiavano in gruppi costituiti da decine, a  volte centinaia di individui uomini e donne e bambini, guidati da capi che portavano il titolo di re, duca, conte, capitano o voivoda del Piccolo Egitto.

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Dicevano  appunto di provenire dall’Egitto o Piccolo Egitto (Peloponneso), per cui furono accolti dovunque come “egiziani”, appellativo che è alla base dei termini con cui oggi vengono chiamati gli Zingari in Spagna (Gitanos), in Inghilterra (Gypsies), in Grecia (Gyphotoi).

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Dicevano anche di essere pellegrini costretti a viaggiare per il mondo per espiare le colpe dei loro progenitori, adducendo motivi ispirati alla Sacra Scrittura: per aver rinnegato la religione cristiana, per aver negato l’ospitalità alla Sacra Famiglia durante la fuga in Egitto o persino per aver forgiato i chiodi con cui fu crocifisso Gesù.

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sovrani e persino da papi e imperatori che consentivano loro di circolare liberamente o di sostare senza essere molestati.

Molti di loro erano muniti di salvacondotti, passaporti o lettere di protezione rilasciati da principi, governanti,

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Con il passare del tempo …

Muta il rapporto tra gli Zingari e la società ospitante. Se nei primi tempi gli Zingari, circondati da un’area di mistero e di esotismo, furono accettati o tutt’al più tollerati dalle popolazioni sedentarie che giunsero perfino a dispensare loro viveri, vesti, denaro e foraggio per i loro cavalli, alla fine del secolo XV, venendo meno gli ideali ascetico-caritativi e trasformandosi l’atteggiamento verso i poveri, i vagabondi e i nomadi, cominciarono ad essere oggetto di repressione.

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Dalla fine del secolo XV (a partire dal primo provvedimento emanato nel 1492 in Spagna, con il quale si condannavano all’esilio mori, ebrei e zingari) cominciò lo stillicidio di leggi e decreti dei sovrani europei impegnati a cacciare gli Zingari dai propri territori con laminaccia di tremende punizioni, che andavano dalla

fustigazione ai tratti di corda, alla perforazione delle narici all’amputazione delle orecchie, al marchio a fuoco alla galera, all’impiccagione.

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Dalla fine del secolo XV alla metà del secolo XVIII, la repressione degli Zingari diventa, presso quasi tutti gli stati europei, metodo di governo.

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In Spagna, nel 1492, viene emanato il primo provvedimento con il quale i re cattolici Ferdinando e Isabella espellono dal neo-costituito regno gli Zingari insieme ai Mori e agli Ebrei.

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In Portogallo, per decreto del re Giovanni III, vengono frustati con corde chiodate e nello Stato della chiesa si puniscono gli uomini con tratti di corda, le donne e i bambini con una serie di staffilate.

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In Moravia e in Austria si condannano le donne e i bambini al taglio di un orecchio, in Francia alla marchiatura a fuoco sulla guancia o la rasatura dei capelli. Nei Paesi Bassi sono sottoposti a tremende punizioni, come la fustigazione a sangue e la perforazione delle narici.

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La chiesa nei confronti degli zingari

Anche la chiesa li perseguita, o per lo meno li respinge come individui irreligiosi, immorali e propagatori di esoterismi.

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In stati della cristianità, come in Spagna e in Francia, viene persino negato loro il diritto d’asilo, concesso a qualunque altra categoria di persone, e si dà ordine di perseguitarli ad oltranza “fino ai piedi degli altari”.

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La cristianità occidentale li trovò utili come rematori e perciò furono condannati alle galere per il solo fatto di essere zingari, in quasi tutti gli stati che si affacciavano sul Mediterraneo: Spagna, Repubblica di Venezia, Regno di Napoli.

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Perfino il papa, Pio V, nel 1571 ne ordinò la cattura per la battaglia di Lepanto contro i Turchi.

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Ma numerose altre furono le forme di sfruttamento, cui furono sottoposti gli Zingari. Condannati ai lavori forzati in Francia, impiegati nelle miniere in Spagna, donne e bambini rinchiusi in ospizi strutturati come manifatture.

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Ciò di cui gli Zingari vanno maggiormente fieri è la loro lingua: la “romani cib”. Una lingua antica e nobile, considerata per lungo tempo un gergo furbesco ad uso di malviventi e marginali, che ha riacquistato il suo degno posto tra le lingue

La loro lingua

minoritarie a partire dalla fine del Settecento, quando eminenti linguisti hanno dimostrato che essa si ricollega ai dialetti dell’India.

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Oggi la lingua zingara risulta formata da un nucleo “originario” di base che è neoindiano e da una serie di parole e costrutti che gli Zingari hanno assunto lungo le tappe del loro viaggio verso occidente e che hanno preso in prestito dai popoli con cui di volta in volta sono venuti in contatto; e cioè elementi persiani, armeni, greci, slavi, tedeschi e così via.

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Il loro abbigliamento

Fin dai primi tempi della loro apparizione in Europa, l’esotico abbigliamento degli Zingari non ha mancato di suscitare curiosità e meraviglia. Gli uomini vestivano lunghe tuniche o larghe giubbe di grosso panno.

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Gli uomini vestivano lunghe tuniche o larghe giubbe di grosso panno.

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Le donne indossavano ampie vesti che giungevano fino ai piedi e portavano a tracolla la “schiavina”, una lunga coperta annodata a una spalla che serviva da porta-nenonato durante il viaggio;

in testa avevano un velo o, più comunemente, un tipico copricapo a ciambella, costituito da stoffe arrotolate intorno ad una armatura circolare di vimini.

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Quasi tutte erano adorne di ornamenti e di monili preziosi e portavano grandi anelli alle orecchie. Ma l’elemento che più ci interessa è il rigato.

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I resoconti più dettagliati dei cronisti e le rappresentazioni iconografiche che hanno per oggetto personaggi o comitive zingare dimostrano che l’elemento a righe era una costante nei capi di abbigliamento degli Zingari.

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Dipinti incisioni, stampe e arazzi non trascurano questo particolare, dimostrando che questa era la caratteristicache più di ogni altra balzava agli occhi degli osservatori. L’abito a righe non aveva dunque una funzione estetica, ma un valore emblematico: era il “segno di una condizione marginale”.

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Nel Medioevo, infatti, era il marchio distintivo di categorie di esclusi come l’ebreo, l’eretico, il saltimbanco, il lebbroso, il boia, la prostituta.

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Gli Zingari rientravano, dunque, in queste categorie di reprobi ai quali era prescritto di vestire tessuti e abiti rigati in segno di esclusione e di condanna.

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Non necessariamente doveva essere a righe un intero vestito, ma bastava un semplice indumento che richiamasse il rigato, e quindi rendesse immediatamente percepibile lo stato di chi lo indossava.

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Le leggi e le disposizioni statutarie dei secoli XVI e XVII imponevano agli Zingari l’obbligo di vestire “alla zingara”, in modo da distinguersi dal resto della popolazione. Si proibiva loro di “travestirsi”, affinché siriconoscessero facilmente come zingari.Le pene contro i trasgressori erano molto severe e andavano dall’arresto all’impiccagione.

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Nella “grida” del 6 agosto 1567 del duca d’Alburquerque, governatore di Milano, si dichiara tassativamente che “trovandosi essi Cingari stravestiti  saranno impiccati per la gola”.

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Nel 1572, una zingara fu arrestata a Finale, nel modenese, perché si aggirava per il mercato “vestita alla nostrana”. Ancora oggi, il motivo a righe è il preferito da uomini e donne zingare in qualunque paese vivano e a qualunque gruppo appartengano: abiti rigati, scarpe a strisce, gonne screziate, giacche e cravatte a righe.

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lo troviamo ancora accentuato in artisti moderni,come nella “Zingara dormiente” di Henry Rousseau (1844-1910), dove la figura scura della zingare sdraiata scompare sotto la lunga veste a righe policrome.

Questo motivo, in linea con la tradizione pittorica,

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Come mai vestono ancora a righe?

Probabilmente ciò che per imposizione era un marchio si trasformò, con il tempo, in gusto estetico irrinunciabile. Oppure, il motivo a righe finì per costituire una specie di “tenuta professionale”, come per le danzatrici e le indovine.

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Infine, molto probabilmente, la spiegazione va ricercata nel significato dinamico della rigatura e nell’affinità naturale tra i “Figli del vento” e le righe, “che sono perpetuamente mobili e vanno eternamente avanti come mosse dal vento”.


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