Dipartimento di Chimica
UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI SASSARI
Mauro Rustici
Dipartimento di chimica, Via Vienna 2, 07100 SASSARI
email [email protected]
Elementi di Chimica Generale e Inorganica
Anno Accademico 2008/2009
2
Indice
1 PREFAZIONE 5
1.1 Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
2 Materia ed Energia 7
2.1 Materia ed Energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
2.1.1 Elementi e composti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
2.1.2 Teoria atomica di Dalton . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
2.1.3 Particelle fondamentali dellatomo . . . . . . . . . . . . . . 11
2.1.4 Numero atomico, numero di massa. Isotopi . . . . . . . . . 11
2.1.5 Pesi atomici e unita` di massa atomica . . . . . . . . . . . . 12
2.1.6 Mole. Numero di Avogadro . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
3 Teorie Atomiche 17
3.1 Modello atomico di Bohr . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
3.1.1 Dualismo onda particella . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
3.1.2 Modello quantomeccanico dellatomo . . . . . . . . . . . . 24
3.1.3 Atomi polielettronici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
3.2 struttura elettronica e tavola periodica degli elementi . . . . . . . 28
4 Legame Chimico 33
4.1 Legame Chimico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
4.1.1 Legame Ionico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
4.1.2 Legame Covalente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
4.1.3 Legami covalenti polari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
5 Geometria molecolare 39
5.1 Geometria molecolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
5.1.1 Strutture di Lewis a legame singolo . . . . . . . . . . . . . 39
5.1.2 Eccezioni alla regola dellottetto . . . . . . . . . . . . . . . 40
5.1.3 Teoria VESPR e forma molecolare . . . . . . . . . . . . . . 41
5.1.4 Forma molecolare e polarita` . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
4 INDICE
6 Legame covalente 47
6.1 Teoria del legame covalente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
6.1.1 Teoria del legame di valenza . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
6.1.2 legami singoli e doppi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49
6.1.3 Teoria Orbitale molecolare MO . . . . . . . . . . . . . . . 50
6.1.4 legame metallico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52
7 Stati di aggregazione della materia 55
7.1 Stati di aggregazione della materia . . . . . . . . . . . . . . . . . 55
7.1.1 Forze intermolecolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56
7.2 Stato gassoso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
7.3 Stato liquido . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62
7.4 Stato solido . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62
8 Soluzioni 67
8.1 Soluzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
8.2 Proprieta` colligative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68
8.2.1 Abbassamento della tensione di vapore . . . . . . . . . . . 68
8.2.2 Innalzamento ebullioscopico . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
8.2.3 Abbassamento crioscopico . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
8.2.4 Pressione osmotica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
9 Equilibrio chimico 73
9.1 Equilibrio chimico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73
9.2 Equilibri eterogenei implicanti fasi gassose . . . . . . . . . . . . . 75
9.3 Equilibri di solubilita` . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
9.4 Equilibri acido base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78
9.4.1 Prodotto ionico dellacqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
9.4.2 Acidi e basi deboli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83
9.4.3 Acidi poliprotici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
9.4.4 Equilibri idrolitici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88
9.4.5 Soluzioni tampone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94
10 Processi elettrochimici e reazioni redox 97
10.1 Processi elettrochimici e reazioni redox . . . . . . . . . . . . . . . 97
10.1.1 Serie dei potenziali normali . . . . . . . . . . . . . . . . . 100
Capitolo 1
PREFAZIONE
1.1 PrefazioneLa chimica studia la costituzione dellintero universo e in particolare possiamo
dire che studia la materia, le sue proprieta` le trasformazioni ad essa associate.
Cercheremo pertanto di introdurre alcuni concetti fondamentali per affrontare lo
studio di tale disciplina.
In particolare attraverso lo studio della chimica riusciremo a correlare le pro-
prieta` macroscopiche di una sostanza mediante le sue proprieta` microscopiche. In
altre parole si cerchera` di comprendere le proprieta` osservabili mediante le pro-
prieta` non osservabili. Possiamo cos` chiederci perche` un liquido bolle? Perche` i
metalli fondono a differenti temperature? Perche` il metano brucia?
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
6 PREFAZIONE
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Capitolo 2
Materia ed Energia
2.1 Materia ed Energia
La materia costituisce la sostanza che ci circonda e che presenta una massa e un
volume. In particolare la chimica e` interessata alla composizione della materia e
ai tipi e alle quantita` di sostanze semplici che la costituiscono. Una sostanza e` un
tipo di materia con composizione definita e costante.
Per conoscere la materia e` necessario conoscere le sue proprieta` che possiamo
distinguere in proprieta` fisiche e proprieta` chimiche, le prime sono quelle
proprieta` che una sostanza ha di per se come il colore, il punto di fusione, la
densita` la polarizzabilita` e cos` via. Le proprieta` che invece sono relative alla
capacita` che ha la materia di cambiare la propria composizione appartengono
alla seconda categoria.
La materia come e` noto si trova in tre forme fisiche definite come stato gassoso,
stato liquido e stato solido. Vedremo che questi tre stati della materia sono in
relazione tra loro attraverso la temperatura e attraverso le forze di coesione che
sussistono tra i vari elementi che la costituiscono.
Cercheremo di capire le proprieta` macroscopiche di una sostanza (osservabili)
mediante le proprieta` microscopiche che non sono direttamente osservabili.
Le trasformazioni chimiche e fisiche sono accompagnate generalmente da vari-
azione di energia cercheremo pertanto di capire in che modo lenergia permette il
verificarsi di questi processi fisici o chimici.
2.1.1 Elementi e composti
La materia si presenta in stati di aggregazione diversi a seconda della temperatura
e della pressione, e` costituita da particelle elementari piccolissime, dette atomi che
si differenziano per le loro proprieta`. Gli atomi con le stesse proprieta` costituiscono
gli elementi. Attualmente si conoscono 118 elementi di cui solo 90 presenti in
natura mentre tutti gli altri sono ottenuti artificialmente. I 90 elementi naurali
si trovano in natura in percentuali diverse. Mentre gli elementi sono costituiti da
atomi della stessa specie, i composti sono costituiti da due o piu` atomi di specie
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
8 Materia ed Energia
diverse presenti in proporzioni definite e costanti. Un aggregato di pochi atomi
costituisce una molecola.
La concezione atomistica della materia (benche` si faccia risalire a Democrito)
risale in realta` al 1800 in cui lo scenziato inglese John Dalton propose una teoria
atomica basata sullesperienza.
La prima delle leggi storiche della stechiometria si deve al chimico Lavoiser
il quale alla fine del 1700 ebbe lintuizione di seguire il decorso delle reazioni
chimiche utilizzando la bilancia come metodo quantitativo di controllo. Fino ad
allora si pensava che i metalli scaldati allaria perdessero il cosiddetto flogisto
trasformandosi in calce. Fu lavoiser che controllando il peso della massa prima
della reazione e dopo si accorse che il peso aumentava dopo il riscaldamento. I
numerosi esperimenti effettuati portarono alla legge empirica della conservazione
della massa.
In una trasformazione chimica la massa dei reagenti e` uguale a quella dei
prodotti, in altre parole nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma
2.1.2 Teoria atomica di Dalton
La legge di Lavoiser e le altre che seguirono condussero Dalton ad esprimere la
sua teoria atomica:
a La materia e` costituita da particelle indivisibili dette atomi.
b Gli atomi sono caratterizzati da una loro massa. Gli atomi di uno stesso ele-
mento hanno la stessa massa e le stesse proprieta`; elementi diversi hanno
proprieta` e masse diverse.
c I composti sono formati dalla combinazione chimica di atomi di differenti
elementi in un rapporto espresso da numeri piccoli e interi.
d nel corso di una reazione chimica gli atomi non si creano ne si distruggono e
mantengono la loro individualita`.
La teoria atomistica formulata da Dalton oltre ad interpretare in modo sod-
disfacente molte osservazioni sperimentali ha costituito un approccio euristico per
individuare nuove speculazioni tra cui la determinazione delle masse atomiche.
Secondo Dalton ogni atomo aveva una massa (peso atomico): prendendo come
unita` di misura il peso dellidrogeno pari a 1 costru` nel 1803 la prima tabella dei
pesi atomici.
Il chimico Avogadro nel 1811 sulla base di osservazioni sperimentali ipotizzo`
che le particelle ultime che costituiscono gli elementi allo stato gassoso fossero
costituiti da raggruppamenti atomici dette molecole. In particolare enuncio` il
seguente postulato
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Materia ed energia 9
volumi uguali di gas diversi nelle stesse condizioni di temperatura e pressione
contengono lo stesso numero di molecole
In questo modo si poteva comprendere dai dati sperimentali perche` 1 mole di
cloro mescolata con una mole di idrogeno potesse dare 2 moli di acido cloridrico
e non solo 1 mole di acido cloridrico.
infatti se la reazione fosse stata
H + Cl = HCl
i rapporti stechiometrici sarebbero stati 1:1:1 dato che sperimentalmente si
ottenevano rapporti stechiometrici di 1:1:2 si doveva assumere che la reazione
avesse luogo tra molecole
H2 + Cl2 = 2HCl
analogamente per la reazione di produzione dellammoniaca a partire dai suoi
elementi ci si sarebbe attesi
3H + N = NH3
un rapporto stechiometrico del tipo 3:1:1. Viceversa sperimentalmente si ot-
tenevano rapporti stechiometrici 3:1:2 Che potevano essere perfettamente spiegati
attraverso lipotesi di Avogadro, ipotizzando cioe` lesistenza delle molecole quindi
3H2 +N2 = 2NH3
Unimmediata applicazione pratica dellipotesi di Avogadro e` data dalla deter-
minazione delle masse molecolari ed atomiche relative delle varie sostanze allo
stato gassoso. Supponiamo che wA e wB siano le masse di volumi uguali di gas
contenenti un ugual numero di molecole. Il rapporto wA/wB costituisce il rappor-
to delle masse delle molecole dei due gas. Sia inoltre r la densita` relativa (cioe`
il rapporto tra la densita` di una sostanza rispetto ad una sostanza di riferimento
entrambe nelle stesse condizioni di temperatura e pressione), A e B le densita`
dei gas A e B e infine wA e wB i pesi dei due gas occupanti un uguale volume V
nelle stesse condizioni di pressione e temperatura allora
A =wAV
B =wBV
(2.1)
la densita` relativa del gas A rispetto al gas B sara`
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
10 Materia ed Energia
r =AB
=wAwB
(2.2)
poiche wA e wB contengono lo stesso numero di molecole il loro rapporto deve
essere uguale al rapporto tra i rispettivi pesi molecolari MA e MB intesi come
sommatoria dei rispettivi pesi atomici degli atomi costituenti le molecole. Quindi:
r =AB
=MAMB
(2.3)
In questo modo il chimico italiano calcola con buona approssimazione il peso
atomico dellossigeno e lo valuta circa 15 volte quello dellidrogeno anziche` 8 volte,
come allora si riteneva.
Se infatti si esegue il rapporto tra le masse di un litro di ossigeno e un litro di
idrogeno, nelle stesse condizioni di temperatura e di pressione, si hanno i seguenti
risultati:
massa di un litro di ossigeno
massa di un litro di idrogeno=
1.429
0.089= 16
Considerando valido il principio di Avogadro, il valore 16 rappresenta quante
volte la massa di una molecola di ossigeno supera quella di una molecola di
idrogeno.
Ripetendo la stessa esperienza per altri gas, si potranno determinare le masse
molecolari relative di tutti gli elementi allo stato gassoso (per lazoto 14, per
lelio 2 ecc). Ponendo, per convenzione, la massa molecolare dellidrogeno pari a
2 (perche la molecola di idrogeno e` biatomica) e conoscendo il rapporto tra le
masse di ossigeno ed idrogeno, si attribuira` alla molecola di ossigeno una massa
pari a 32, a quella dellazoto 28, a quella dellelio 4 ecc).
La sua ipotesi, pero`, non venne accettata dai due chimici piu` autorevoli del
tempo: Berzelius, che non riusciva ad immaginare come due atomi simili potessero
legarsi tra loro, e Dumas. Passera` quasi mezzo secolo prima che i chimici possano
rivalutare le ipotesi di Avogadro.
Fu grazie allopera di un altro chimico italiano, che lipotesi di Avogadro venne
rilanciata; Stanislao Cannizzaro comprese che proprio quelle idee costituivano la
base per spiegare buona parte dei risultati di laboratorio conseguiti negli ultimi
anni.
Se B e` lidrogeno per il quale Cannizzaro assunse il peso atomico 1 e quindi
peso molecolare 2 per la molecola biatomica la densita` relativa sara` allora espressa
come
r =MA2
MA = 2r (2.4)
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Materia ed energia 11
I pesi molecolari ottenuti da misure di densita` permisero a Cannizzaro di de-
terminare, attraverso lanalisi chimica, la quantita` con cui un elemento era con-
tenuto in una quantita` di composto numericamente uguale al suo peso molecolare.
Cannizzaro ritenne che
il peso atomico di un elemento e` dato dalla piu` piccola quantita` in peso con
cui lelemento si ritrova nei pesi molecolari dei suoi vari composti
I pesi molecolari cosi determinati sono dei pesi realtivi e peratanto adimen-
sionali.
2.1.3 Particelle fondamentali dellatomo
Gli atomi contrariamente a quanto indicato dalletimologia della parola non sono
particelle indivisibili. Sono approssimativamente sferici con un raggio dellordine
di 1010 m cioe` di 1 A con un volume quasi completamente vuoto e una massaconcentrata nel nucleo atomico che varia intorno ai 1014- 1015m. Il nucleo puressendo circa 10000-100000 volte piu` piccolo dellatomo contiene numerosissime
particelle elementari legate tra loro da interazioni estremamente forti. Le princi-
pali particelle nucleari (responsabili della massa atomica) sono i protoni (cariche
positivamente) e i neutroni (neutri) indicati generalmente con il nome di nucle-
oni. I neutroni hanno massa circa uguale a quella dei protoni. Lo spazio attorno
al nucleo e` e` occupato da elettroni (carichi negativamente) particelle di massa
trascurabile rispetto a quella dei nucleoni. Il valore assoluto della carica di un
elettrone e` pari a 1.60221019 coulomb (C) assunto come valore della carica ele-mentare. Latomo nel suo complesso e` assunto elettricamente neutro. Quando ad
un atomo sono sottratti elettroni abbiamo i cationi mentre se un atomo assume
elettroni abbiamo gli anioni.
2.1.4 Numero atomico, numero di massa. Isotopi
Il numero dei protoni (o degli elettroni) caratterizza latomo e le sue proprieta`.
Esso viene chiamato numero atomico e rappresentato con la lettera Z. Il numero
totale di nucleoni, vale a dire la somma di protoni e neutroni costituisce il numero
di massa e rappresentato con il simbolo A. In altre parole
A = Z +N N = A Z
Dove N rappresenta il numero di neutroni.
Il numero atomico e il numero di massa caratterizzano in maniera univoca
non solo i nuclei degli elementi, ma qualsiasi particella atomica o subatomica,
mediante la notazione
AZX X= simbolo della particella (2.5)
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
12 Materia ed Energia
ad esempio 126 C;11p;
10n; dove abbiamo indicato il carbonio, il protone e il
neutrone. Gli elementi sono sostanze costituite da atomi chimicamente identici e
quindi con lo stesso numero atomico Z Gli atomi di uno stesso elemento possono
avere un diverso numero di neutroni, in altre parole un diverso numero di massa
A e sono chiamati isotopi.
Una ventina degli elementi stabili non presenta isotopi (come il sodio o il
fluoro). La maggior parte degli elementi e` costituita da piu` isotopi. Esistono
inoltre numerosissimi isotopi instabili come quelli radioattivi e in un tempo piu`
o meno breve si trasformano in altri nuclei. Le quantita` in cui gli isotopi sono
presenti nella miscela isotopica vengono espresse con abbondanza percentuale o
come abbondanza relativa (frazione con la quale lisotopo si trova nella miscela).
2.1.5 Pesi atomici e unita` di massa atomica
Non potendo pesare gli atomi direttamente si e` convenuto assegnare ad un atomo
un peso atomico arbitrario. Si definisce allora
peso atomico =massa dellatomo considerato
massa dellatomo di riferimento(2.6)
Si e` assunta come unita` di massa atomica (u) ununita` di massa pari alla
dodicesima parte della massa dellisotopo 126 C del carbonio. Cos` il peso atomico
del carbonio-12 viene per definizione essere pari a 12. In base a questo campione
la massa dellidrogeno e` 1.008 u. Se ad esempio si ottiene che il rapporto tra le
masse del 28Si e quella del 12C e` pari a 2.331411 allora il peso del 28Si risultera`
essere pari a 27.97693. Misurando inoltre la percentuale isotopica del silicio si
possono ottenere i pesi atomici dei singoli isotopi. Possiamo allora pesare il singolo
contributo isotopico in base alla sua percentuale e attraverso una media pesata
si determina il peso atomico medio che risultera` essere nel caso del silicio pari a
28.09 u.
Abbiamo evidenziato che i nuclei atomici sono piu` o meno stabili, questa
stabilita` viene rappresentata dallenergia di stabilita` nucleare e tanto maggiore e`
lenergia di legame nucleare e tanto maggiore risulta la stabilita` del nucleo.
Ad esempio consideriamo gli isotopi 11H e il deuterio12H che si forma per ad-
dizione di un neutrone allisotopo piu` abbondante dellidrogeno secondo lo schema
di reazione
11H+
10 n21 H (2.7)
si misura lesistenza di una variazione di massa m (cioe` la differenza tra la
massa dei nucleoni legati rispetto a quella della somma dei nucleoni liberi ) pari
a 3.926 1030 Kg. Tale quantita` e` nota come difetto di massa.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Materia ed energia 13
Figura 2.1.
Applicando la relazione di Einstein E = mc2 si calcola che a questa perdita di
massa corrisponde un energia di 3.533 1013 J. Ricordando che 1 eV e` lenergiaacquistata da un elettrone in quiete sottoposto ad una differenza di potenziale di
1 V e` pari a 1.602 1019 J e che quindi un megaelettronvolt MeV corrisponde a1.602 1013 J questo implica che lenergia espressa in MeV nella formazione deldeuterio da un protone e da un neutrone e`:
E = 3.533 1013/1.602 1013 = 2.206 MeV
Lenergia sviluppata e` di un milione di volte superiore allenergia che si svilup-
pa nella formazione della molecola di idrogeno. Se si divide lenergia di legame per
il numero di nucleoni in esso contenuti si ottiene lenergia di legame per nucleone.
che nel caso del deuterio e` pari a -1.103 MeV.
Lenergia di legame per nucleone corrisponde alla perdita media di massa di
ogni nucleone che entra a far parte di un nucleo e misura la forza con cui il
nucleone e` legato al nucleo e rappresenta una misura quantitativa della stabilita`
del nucleo stesso.
Dalla Figura 1 si evince che lenergia di legame per nucleone dapprima au-
menta rapidamente con laumentare del numero di massa per poi raggiungere un
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
14 Materia ed Energia
massimo di circa 8.8 MeV in prossimita` del ferro per poi diminuire. Questo im-
plica che tutti gli elementi sono piu` instabili rispetto al ferro. I nuclei piu` leggeri
tendono a formare elementi piu` pesanti attraverso un processo di fusione mentre
quelli piu` pesanti del ferro tenderanno a formare elementi piu` leggeri attraverso un
procedimento di fissione. Sia i processi di fusione che quelli di fissione avvengono
con sviluppo di energia.
2.1.6 Mole. Numero di Avogadro
Un concetto fondamentale relativo allutilizzo pratico della chimica e in parti-
colare necessario per quantificare i processi chimici come ad esempio la resa di
una reazione chimica e` il concetto di mole. La mole e` definita come la quantita`
di sostanza di un sistema che contiene tante entita` elementari quanti sono gli
atomi contenuti in 0.012 Kg di carbonio-12. Questo numero e` detto Numero di
Avogadro. Esattamente una mole contiene un numero di entita` pari a 6.022 1023.Sulla base del concetto di peso atomico e peso molecolare possiamo a sua
volta dire che una mole corrisponde al numero di atomi o molecole contenuti nella
quantita` espressa in grammi pari al peso atomico o molecolare di una sostanza
Sulla base di questa semplice definizione il calcolo stechiometrico risulta par-
ticolarmente semplice.
Supponiamo ad esempio di voler calcolare quanti grammi di ossigeno sono
necessari per ossidare completamente 10 grammi di polvere di ferro assumendo
che la reazione di ossidazione sia la seguente
4Fe + 3O2 2Fe2O3 (2.8)
La reazione chimica ci dice che 4 atomi di ferro reagiscono con 3 molecole di
ossigeno per dare due molecole ossido ferrico. Nello stesso modo possiamo dire
che 4 moli di ferro reagiranno con 3 moli di ossigeno per dare 2 moli di ossido
ferrico. Possiamo pertanto sulla base della definizione di mole andare a calcolare
quante moli sono contenute in 10 grammi Fe. In base alla definizione di mole e al
fatto che il peso atomico del Fe e` 55.845 possiamo scrivere che
n =grammi
peso atomico=
10
55.845= 0.179
Tenendo allora presente che 4 moli di ferro vengono ossidate da 3 moli di
ossigeno il numero di moli di ossigeno necessarie per unossidazione completa
sara` pari a 3/4 delle moli di ferro. In altre parole
nO2 =3
4 0.179 = 0.134
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Materia ed energia 15
da cui i grammi di ossigeno necessario per la completa ossidazione saranno
ottenibili moltiplicando il risultato ottenuto per il peso molecolare della ossigeno.
gO2 = 0.134 16 = 2.149
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Capitolo 3
Teorie Atomiche
3.1 Modello atomico di Bohr
La teoria atomica moderna nasce sulla base di una serie di problemi relativi alla
natura della luce. Dobbiamo per prima cosa ricordare che nei primi anni del 900 il
fisico Max Plank fornisce un modello teorico per spiegare alcuni comportamenti
anomali relativi alla radiazione elettromagnetica. A quel tempo la luce veniva
interpretata come un onda elettromagnetica e attraverso questo modello venivano
interpretati con successo fenomeni quali la riflessione e la rifrazione della luce.
Senza entrare nel dettaglio possiamo ricordare che il mondo dei fisici in quegli
anni non riusciva ad interpretare, attraverso la teoria ondulatoria della luce, lo
spettro del corpo nero, leffetto fotoelettrico e gli spettri atomici.
La radiazione emessa da un emettitore perfetto riscaldato ad una temperatura
T detto corpo nero suscitava dei grossi problemi. Max Plank riusc` ad interpretare
perfettamente i dati introducendo una teoria completamente nuova e in partico-
lare ipotizzo` che un corpo a temperatura elevata sia in grado di emettere o di
assorbire solo quantita` discrete di energia definita dalla relazione
E = nh (3.1)
dove h e` una costante di proporzionalita` detta costante di Plank, e` la fre-
quenza della radiazione emessa, E e` lenergia associata ed n un numero intero.
In altre parole la quantita` di energia emessa o assorbita poteva essere solo un
multiplo della quantita` minima di energia detta h. Questo implicava che len-
ergia associata alla radiazione emessa non poteva assumere qualunque valore. In
altre parole lenergia risultava quantizzata e il numero n vaniva chiamato numero
quantico. Si poteva pertanto affermare che se un atomo poteva emettere solo
quantita` discrete di energia lenergia stessa dellatomo doveva risultare quantiz-
zata. Ogni pacchetto di energia e` detto quanto e la sua energia e` espressa da
h. In altri termini un atomo passa da uno stato energetico allaltro assorben-
do o emettendo uno o piu` quanti di energia. Lenergia della radiazione emessa o
assorbita dallatomo sara` esprimibile come
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
18 Teorie Atomiche
Figura 3.1.
E = nh (3.2)
Nello stesso periodo leffetto fotoelettrico costituiva un altro problema da risol-
vere. In particolare tale effetto era associato alla capacita` da parte di un metallo,
sottoposto ad una differenza di potenziale, di emettere elettroni quando questo
fosse soggetto ad una radiazione elettromagnetica. Secondo la teoria ondulatoria
qualunque radiazione luminosa purche` sufficientemente intensa avrebbe dovuto
essere capace di emettere un flusso di elettroni. Infatti londa luminosa avrebbe
dovuto far oscillare lelettrone fino a farlo strappare dallatomo stesso. Tuttavia
lesperienza mostrava che solo oltre una frequenza di soglia era possibile lemis-
sione di elettroni. Oltre questa frequenza il flusso di corrente emesso dal metallo
era regolabile con lintensita` luminosa.
Nel 1905 Einstein prende il premio Nobel per aver interpretato leffetto fo-
toelettrico sulla base di una teoria corpuscolare della luce. In particolare Einstein
propose che la luce fosse costituita da quanti luminosi (fotoni) privi di massa e
solo quei fotoni che possedevano un energia superiore alla forza con la quale lelet-
trone risultava legato al nucleo potevano essere espulsi dal metallo e generare la
corrente fotoelettrica.
Un altro problema da risolvere concerneva linterpretazione degli spettri atom-
ici, in altre parole linterpretazione dellenergia elettromagnetica emessa da atomi
vaporizzati ed eccitati. Losservazione sperimentale mostrava che la luce emessa,
una volta analizzata, nelle sue componenti non formava uno spettro continuo ma
uno spettro discreto, in particolare uno spettro a righe;
dove le frequenze che si generano sono caratteristiche dellelemento chimico
che si studia. Le varie righe spettrali generate potevano essere messe in relazione
attraverso lequazione di Rydberg
1
= R
(1
n21 1n22
)(3.3)
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 19
dove R e` la costante di Rydberg (1.096776 107 m1, n1 e n2 sono numeriinteri piccoli. Questequazione era di tipo sperimentale e nessuno era in grado di
derivarla dalla teoria corrente.
Dobbiamo attendere Niels Bohr con la sua formulazione di un nuovo modello
atomico per poter interpretare gli spettri atomici.
1. Latomo di idrogeno possiede solo livelli energetici permessi detti stazionari
dove lelettrone ruota attorno al nucleo atomico seguendo orbite circolari.
Ad ogni livello stazionario e` associato un numero detto quantico che puo`
assumere solo valori interi.
2. Lelettrone durante il suo moto sullorbita stazionaria non emette ne irradia
energia.
3. Il momento angolare dellelettrone mvr e` quantizzato e puo` assumere solo
un numero definito di valori.
4. Latomo assorbe o irradia energia quando un elettrone passa da un orbita al-
laltra assorbendo o cedendo un fotone la cui energia e` uguale alla differenza
di energia tra i due stati E = EA EB = h.
Le orbite permesse allelettrone di massa m e di velocita` v in ogni stato
stazionario sono quelle in cui il raggio r e` tale che il prodotto mvr e` un multiplo
di h/2pi.
possiamo cos` scrivere che
mvr = nh
2pin = 1, 2, 3 (3.4)
e ponendo ~ = h/2pi possiamo scrivere
mvr = n~ n = 1, 2, 3 (3.5)
il numero n e` detto numero quantico principale. In meccanica classica lenergia
puo` essere espressa come la somma tra lenergia cinetica e lenergia potenziale.
Pertanto possiamo scrivere che lenergia di un elettrone che si muove in un orbita
circolare e`
E =1
2mv2 kZe
2
r(3.6)
dove k e` la costante di Coulumb, Ze la carica dellelettrone.
Ricordando inoltre la seconda legge di Newton F = ma possiamo sostituire
in questa equazione laccelerazione centripeta a = v2/r e la forza di attrazione
coulumbiana. Otteniamo allora
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
20 Teorie Atomiche
kZe2
r2= m
v2
r(3.7)
Il primo termine e` relativo alla forza di attrazione coulombiana dove abbiamo
un segno negativo a causa del prodotto tra una carica negativa (elettrone) e una
carica positiva (protone). Il secondo termine invece e` quello relativo alla massa
per laccelerazione centripeta.
da cui si ricava che
1
2mv2 = 1
2
kZe2
r(3.8)
cioe` che lenergia cinetica e` esattamente la meta` dellenergia potenziale.
Se inoltre ricaviamo dalla 3.7 lespressione della velocita` otteniamo che
v =
kZe2
mr(3.9)
sostituendo questa espressione nella 3.5 otteniamo
mkZe2r = n~ (3.10)
elevando tutto al quadrato e risolvendo in r otteniamo
r =n2~2
Ze2m= a0n
2 (3.11)
dove a0 e` il cosiddetto raggio di Bohr e vale 0.529 1010 m.Lenergia del livello n-esimo e` regolata dal raggio di Bohr e sostituendo le-
spressione 3.8 nella 3.7 possiamo scrivere
E = Zke2
2r= (Zke
2)2m
2~21
n2=13.6eV
n2(3.12)
dove abbiamo inoltre sostituito al posto del raggio r la sua espressione (3.11).
Cos` la formula di Rydberg, conosciuta empiricamente prima di quella di Bohr
e` ora contenuta nella teoria di Bohr capace di descrivere le energie di transizione
o i cosiddetti salti quantici tra un livello energetico ed un altro. La formula di
Bohr conduce al valore numerico empirico della costante di Rydberg in termini
di costanti fondamentali includenti la carica dellelettrone e la costante di Plank.
Quando un fotone si muove da un livello energetico allaltro viene emesso un
fotone e usando la formala di Bohr per i livelli dellatomo di idrogeno si puo`
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 21
calcolare la lunghezza donda. Lenergia del fotone emessa dallatomo di idrogeno
e` esprimibile come la differenza di energie tra i due livelli energetici
E = Ei Ef = RE(
1
n2f 1n2i
)(3.13)
Si noti come le energie dei livelli energetici siano sempre piu` vicine tra loro
con il crescere del numero quantico n.
Nonostante il grande successo nello spiegare le righe spettrali dellatomo di
idrogeno, il modello di Bohr non era in grado di prevedere lo spettro di nessun
altro atomo, neppure quello dellelio, lelemento successivo piu` semplice.
3.1.1 Dualismo onda particella
Il passo successivo capace di superare i problemi associati allatomo di Bohr si
devono al fisico francese De Broglie il quale nella sua tesi di dottorato propone
che la materia possa avere una natura ondulatoria. Sulla base del postulato di
Bohr, per il quale lelettrone puo` occupare solo orbite discrete di energia, De
Broglie penso` quali siano gli altri sistemi noti che posseggono solo un certo tipo
di moti permessi. Se noi ad esempio pensiamo alle onde che si trasmettono su
una corda (vedi chitarra) fissata a due estremita` osserviamo che sono possibili
solo un certo tipo di frequenze di vibrazione. La figura 3.2 mostra un esempio
di onde stazionarie che si possono stabilire quando la corda risulta fissata alle
due estremita`. In questo caso non tutte le frequenze sono possibili ma solo alcune
saranno permesse e cio` dipendera` dalla lunghezza della corda.
Le lunghezze donda permesse sono dei multipli interi della lunghezza della
corda secondo la relazione:
n = 2L n = 1, 2, 3 (3.14)
la figura 3.2 mostra inoltre i nodi che sono definiti come quei punti in cui la
funzione donda cambia di segno. La frequenza piu` bassa e` detta fondamentale o
prima armonica e non possiede nodi. la frequenza successiva e` la seconda armonica
e possiede un nodo ed e` doppia della frequenza fondamentale.
Sulla base di quanto detto De Broglie ipotizzo` che gli elettroni, benche aventi
massa, si muovessero di moto ondulatorio e fossero limitati ad orbite di raggi fissi.
Questipotesi spiegherebbe allora perche gli elettroni possono avere solo certe
frequenze e certe energie. Nasce cos` lidea che una particella sufficientemente
piccola possa avere una natura sia corpuscolare che ondulatoria.
Ricordando che la quantizzazione dellenergia veniva descritta dallequazione
E = h e tenendo presente che la frequenza e` esprimibile come il rapporto tra la
velocita` della luce rispetto alla lunghezza donda possiamo allora scrivere che
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
22 Teorie Atomiche
Figura 3.2.
E = h E = hc
(3.15)
Applicando lequazione di Einstein E = mc2 otteniamo che
=h
mc(3.16)
allora per una particella generica che si muove con velocita` v possiamo scrivere
che
=h
mv(3.17)
Analogamente alla 3.14 possiamo scrivere, nel caso il vincolo sia espresso da
una circonferenza, che
2pir = n n = 1, 2, 3 (3.18)
Questequazione significa che la circonferenza dellorbita circolare dellelet-
trone deve essere un multiplo intero della lunghezza donda di de Broglie in altre
parole le onde dellelettrone dovranno essere continue. Se la circonferenza dellor-
bita circolare non fosse un multiplo intero della lunghezza donde, le onde non
potrebbero essere continue.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 23
Figura 3.3.
La figura 3.3 mostra il caso in cui londa non si sovrappone con se stessa a
causa del fatto che non e` un multiplo intero della lunghezza donda. Questa onda
non rappresenta pertanto una corretta onda di de Broglie. Le onde di de Broglie
giocano cos` un ruolo essenziale per la comprensione della teoria quantistica di
Bohr. In particolare il postulato di Bohr relativo al momento angolare diventa
deducibile dalla ipotesi primaria di considerare una particella subatomica, quale
lelettrone, come un onda. Sostituendo allora a il valore espresso dalla 3.17
otterremmo il vecchio postulato di Bohr dellequazione 3.4.
Linterpretazione ondulatoria dellelettrone costituisce la base della cos` detta
meccanica ondulatoria di Schrodinger o meccanica quantistica.
Se le particelle si muovessero di moto ondulatorio, gli elettroni dovrebbero pre-
sentare diffrazione e interferenza e gli esperimenti sugli elettroni mostrano proprio
le figure classiche di interferenza associate a i fenomeni ondulatori. Possiamo allo-
ra affermare che materia ed energia presentano sia il comportamento ondulatorio
che particellare. In alcuni esperimenti osserviamo una faccia della medaglia e in
altri laltra faccia. Questa caratteristica duale della materia e dellenergia e` noto
come dualismo onda-particella.
Nel mondo macroscopico una particella e` ben localizzata nello spazio dalle
sue coordinate, viceversa unonda non e` localizzata ma sparpagliata nello spazio.
Se lelettrone e` unonda come possiamo localizzarlo allinterno dellatomo? Nel
1927 il fisico tedesco Werner Heisemberg formulo` il principio di indeterminazione,
secondo cui e` impossibile conoscere simultaneamente la posizione esatta di una
particella. Nel caso di una particella con quantita` di moto p, il principio di
indeterminazione e` espresso matematicamente dalla relazione
xp h2pi
(3.19)
dove x e` lincertezza nella posizione e p lincertezza nella quantita` di moto.
Non abbiamo pertanto la possibilita` di assegnare, alle particelle in movimento,
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
24 Teorie Atomiche
Figura 3.4.
una traiettoria ben definita ma come vedremo possiamo solo conoscere la sua
probabilita`.
3.1.2 Modello quantomeccanico dellatomo
Sulla base di quanto visto in precedenza il fisico Schrodinger formulo` una teoria
ondulatoria per latomo di idrogeno in cui lelettrone, supposto di natura on-
dulatoria, era sottoposto ad un campo di forze centrali di natura elettrostatica
associate al nucleo atomico. Sulla base di questo schema dedusse le caratteris-
tiche dellatomo di idrogeno risolvendo una complessa equazione differenziale le
cui incognite erano lenergia e la cosiddetta funzione donda . In questo corso
cercheremo di fornire solo i risultati ottenuti da Schrodinger a causa della com-
plessita` matematica del problema. La funzione non ha significato fisico e solo il
quadrato di tale funzione 2 rappresenta la probabilita` di trovare lelettrone in
una regione dello spazio. La funzione prende anche il nome di orbitale atomico
e nel suo stato fondamentale e` rappresentato dalla figura 3.4. e prende il nome di
orbitale 1s.
Come possiamo vedere dalla figura si tratta di un orbitale a simmetria sferica.
Nello stato fondamentale lelettrone e` descritto dallorbitale detto 1 s. e la densita`
elettronica e` massima in corrispondenza del nucleo.
Un orbitale atomico e` specificato da tre numeri quantici, uno e` in relazione
alla distribuzione di probabilita` radiale dellorbitale, un altro alla sua forma e il
terzo al suo orientamento nello spazio.
1. Il numero quantico principale (n) e` un intero positivo (1,2, 3 . . . ). Tale nu-
mero quantico specifica il livello energetico dellatomo di idrogeno e mag-
giore e` il suo numero, maggiore e` lenergia posseduta dallelettrone. Quando
n=1 lelettrone si trova nel suo stato fondamentale (orbitale 1s). Se n=2
lelettrone si trovera` nel primo stato eccitato.
2. Il numero quantico angolare (l) e` un numero intero compreso tra 0 e n-1.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 25
Figura 3.5.
Esso e` in relazione alla forma dellorbitale. Quando n=1 l puo` avere solo il
valore 0, per n=2 l puo` avere i valori 0 e 1.
3. Il numero quantico magnetico (m) e` un numero intero compreso tra l e+ l passando per 0. esso impone lorientamento dellorbitale. Pertento per
l=1 possiamo avere tre possibili orbitali.
Abbiamo visto che lorbitale dellatomo di idrogeno nel caso piu` semplice ha
una simmetria sferica e prende il nome di orbitale 1s. Nel momento in cui passiamo
al livello eccitato n = 2 abbiamo che l puo` assumere i valori 0 e 1. Nel caso in
cui n = 2 e l = 0 abbiamo ancora un orbitale a simmetria sferica piu` grande del
precedente che prende il nome di orbitale 2s e che mostra una superfice nodale
al suo interno, in altre parole una zona con densita` di probabilita` nulla. Il caso
invece rappresentato da n = 2, l = 1 e m = 1, 0+1 e` rappresentato dalla figura3.5 che mostra 3 orbitali noti come orbitali 2px, 2py e 2pz.
Come si osserva dalla figura 3.5 lorbitali p sono caratterizzati da due lobi
di alta probabilita` situati in parti opposte rispetto al nucleo. Il nucleo giace sul
piano nodale. A differenza dellorbitale s gli orbitali p hanno un orientamento
specifico nello spazio. I tre orbitali hanno la stessa energia (sono degeneri) e sono
identici in dimensione ma sono diversamente orientati. In particolare sono tra
loro ortogonali e orientati nello spazio secondo gli assi ortogonali.
Un orbitale con l = 2 e` detto orbitale d per il quale sono possibili 5 valori di m
(-2,-1,0,+1,+2) Per tale motivo ogni orbitale d puo` avere 5 diverse orientazioni.
come mostrato in figura 3.6. Tre di questi giacciono nei piani mutualmente or-
togonali xy, xz, yz con i lobi tra gli assi e sono denotati con i simboli dxy, dxz e
dyz. Un quarto orbitale denotato dx2y2 giace nel piano xy ma con i lobi orientatilungo gli assi. Il quinto orbitale e` il dz2 formato da due lobi orientati lungo lasse
z e una regione a forma di ciambella circonda il centro. Gli orbitali con l = 3
sono gli orbitali f .
3.1.3 Atomi polielettronici
La risoluzione dellequazione di Shrodinger per gli atomi polielettronici non e`
risolubile esattamente, tuttavia la risoluzione approssimata mostra che gli orbitali
atomici sono simili a quelli monoelettronici dellatomo di idrogeno e pertanto
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
26 Teorie Atomiche
Figura 3.6.
continueremo a chiamarli con lo stesso nome. In questo caso lenergia non dipende
solo piu` dal numero quantico principale n ma anche dal numero quantico l a causa
della repulsione elettronica. La disposizione degli elettroni nei singoli orbitali per
quanto concerne lo stato fondamentale si basa su semplici principi ottenuti in
modo rigoroso da considerazioni teoriche ed energetiche. Il meccanismo attraverso
il quale si costruisce tale la configurazione elettronica dello stato fondamentale e`
detto aufbau (dal tedesco costruire) e si basa sulle seguenti regole
principio di minima energia per il quale lelettrone occupera` sempre solostato disponibile ad energia piu` bassa
principio di esclusione di pauli per il quale in un atomo non possono esisteredue elettroni con gli stessi numeri quantici. Tenendo presente che oltre ai
numeri quantici introdotti precedentemente, dobbiamo anche tener conto
del numero quantico di spin ms che puo` assumere i valori di +1/2 e -
1/2. Questo principo implica a sua volta che ogni orbitale puo` al massimo
contenere due elettroni e questi devono essere tra loro antiparalleli
regola di Hund: se due elettroni occupano orbitali degeneri si deve raggiun-gere al massima molteplicita` di spin in altre parole gli spin devono essere
paralleli.
Per prima cosa prima di poter applicare le regole dellaufbau dobbiamo avere
unidea della disposizione energetica degli orbitali. La figura 3.7 ci fornisce unidea
della sequenza dei livelli energetici. Sulla base di quanto detto non e` difficile
iniziare a costruire le configurazioni elettroniche degli elementi dalla conoscenza
del numero atomico.
Per H (che ha Z=1), n=1, l=0, non ce` molta scelta: dobbiamo usare lorbitale
a piu` bassa energia, 1s; la configurazione elettronica potra` venire indicata con 1s
oppure, sinteticamente, con 1s1.
Per He (Z=2), n = 1, l = 0, occorre applicare il principio di Pauli: poiche due
numeri quantici sono eguali, occorre che almeno uno degli altri due sia diverso
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 27
Figura 3.7.
perche` il secondo elettrone possa stare col primo; poiche l = 0, anchem = 0; resta
solo la possibilita` di avere diverso ms: e` necessario che se un elettrone ha ms =
+1/2, laltro abbiams = -1/2. Devono percio` essere antiparalleli: la configurazione
verra` indicata con 1s2. Continuiamo ora da Z=3 a Z=11, lo schema rappresentato
in figura 3.8 mostra le configurazioni elettroniche associate ai primi elementi della
tavola periodica a partire dallatomo di Li fino ad arrivare al gas nobile Ne.
Nella prima colonna sono indicati i numeri atomici Z.
Nella seconda, la configurazione elettronica secondo Lewis: sui quattro lati del
simbolo sono evidenziati i doppietti e gli elettroni spaiati (del guscio esterno).
Nella terza, una rappresentazione che da` il guscio (shell) gia` completato, come
(He) o (Ne), seguito dal nome degli orbitali disponibili ed occupati; quando il gus-
cio e` completato (solo per s e p), cambia il simbolo del gas nobile corrispondente;
sono evidenziati anche gli spin accoppiati nel caso di doppietti o, nel caso di
elettroni spaiati, gli spin paralleli degli elettroni che occupano orbitali degeneri
diversi, secondo la regola di Hund. In una analoga rappresentazione (He) e` sos-
tituito dal nome del guscio, K; (Ne) da KL (sono completi ambedue i gusci)
etc.
Nella quarta una rappresentazione completa della configurazione, che non ev-
idenzia pero` se gli elettroni si trovano nello stesso orbitale o in orbitali degeneri
diversi; ricordando pero` la regola di Hund, e` ovvio, per esempio, che N ha tre
elettroni 2p a spin paralleli e in tre orbitali degeneri diversi; lesponente dei vari
tipi di orbitali degeneri indica il numero di elettroni che li occupa.
Finora, nellaufbau, abbiamo esaminato solo gli orbitali fino al 3p. Infatti,
nella tabella dellE degli orbitali, la sequenza e`:1s, 2s, 3p, 3s, 3p.
A questo punto, proseguendo il riempimento, poiche i 3d sono a energia leg-
germente superiore ai 4s, riempiremo prima i 4s e poi i 3d, anche se fanno parte
del guscio inferiore.
La figura 3.9 mostra le configurazioni elettroniche relative al riempimento
degli orbitali d
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
28 Teorie Atomiche
Figura 3.8.
Si possono osservare delle piccole anomalie come nel caso del cromo per il
quale invece della configurazione 3d44s2 si ha la configurazione 3d54s1. Questo
avviene perche` la configurazione elettronica che comporta una serie completa di
orbitali degeneri completamente piena o piena a meta` (cioe` con un elettrone in
ogni orbitale) e` energeticamente favorita, tanto da utilizzare uno degli elettroni
4s per completare il quintetto.
La stessa cosa avviene con Cu, che si trova con tutti i 3d completi, utilizzando
1 elettrone 4s (configurazione 3d104s1). Avremo percio` due atomi con 5 elettroni
3d, Cr e Mn, e due atomi con 10 elettroni 3d, Cu e Zn.
Cr e Cu, avendo un solo elettrone s, avranno percio` comportamento chimico
diverso (diverse valenze) rispetto ad altri atomi con Z vicino al loro.
3.2 struttura elettronica e tavola periodica degli
elementi
Eseguendo le operazioni dell aufbau si possono notare alcune caratteristiche co-
muni ad alcuni atomi ed evidenziare una periodicita` nelle configurazioni elettron-
iche degli atomi.
Per esempio, alcuni atomi hanno il guscio corrispondente completo e, dal punto
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 29
Figura 3.9.
di vista chimico-fisico, sono tutti gas monoatomici a temperatura e pressione
ambiente; sono molto stabili chimicamente (questa mancanza di reattivita` ha
reso molto difficile la loro scoperta), hanno energia di ionizzazione alta e affinita`
elettronica quasi nulla. (Il termine chimicamente, per la stabilita`, e` stato usato
poiche, in effetti, Rn lo e` dal punto di vista della reattivita` chimica, ma non lo e`
dal punto di vista nucleare: infatti e` radioattivo). Sono stati percio` chiamati gas
nobili.
Gli atomi che seguono direttamente i gas nobili costituiscono il gruppo dei
metalli alcalini (litio Li con 2s1, sodio Na con 3s1, potassio K con 4s1, rubidio Rb
con 5s1, cesio Cs con 6s1, francio Fr con 7s1) hanno ognuno 1 elettrone nellorbitale
s del guscio superiore, ed hanno anchessi caratteristiche molto simili tra loro:
analogo comportamento chimico, hanno energia di ionizzazione molto bassa e
affinita` elettroniche paragonabili tra loro.
Gli elementi chimici, molto prima dellavvento della meccanica quantistica,
furono raggruppati sotto forma di una tabella nota come tavola periodica degli el-
ementi sulla base delle affinita` chimiche riscontrate da il chimico russo Mendeleev.
E interessante notare che la tavola periodica degli elementi organizzata alla fine
dell800 sulla base delle proprieta` chimiche risulta a sua volta coincidente con
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
30 Teorie Atomiche
Figura 3.10.
quella che possiamo organizzare sulla base della configurazione elettronica. Possi-
amo allora individuare le famiglie o gruppi di atomi con proprieta` chimiche simili
hanno la stessa configurazione elettronica esterna. I metalli alcalino terrosi (beril-
lio Be, magnesio Mg, calcio Ca, bario Ba, stronzio Sr, radio Ra) ad esempio hanno
configurazione esterna ns2. Il gruppo degli alogeni (fluoro F, cloro Cl, bromo Br,
iodio I, astato At), ha configurazione esterna ns2np5.
Gli elementi che invece si trovano lungo un periodo sono gli elementi che chimi-
camente si differenziano gradatamente mano a mano che si allontanano lungo il
periodo.
La figura 3.10 mostra ad esempio come varia lenergia di prima ionizzazione
per i rispettivi atomi.
Si puo` notare come i gas nobile che posseggono lottetto completo mostrano
la piu` forte stabilita` nel senso che e` piu` difficile rimuovere un elettrone da un
gas nobile rispetto ad un altro elemento. I metalli alcalini invece hanno lenergia
di ionizzazione piu` bassa. Avendo questi elementi una configurazione elettronica
ns1 si trovano in una condizione di bassa stabilita` e se consideriamo lesistenza di
un ottetto completo come caratteristica della stabilita` si capisce perch+ sia piu`
semplice rimuovere un elettrone ad un metallo alcalino. In questo modo infatti
raggiungiamo la configurazione elettronica del gas nobile che lo precede.
La figura 3.11 mostra invece le proprieta` periodiche associate al raggio atomico
degli atomi in funzione del numero atomico. Si osserva che generalmente il raggio
diminuisce lungo il periodo fino al gas nobile e poi aumenta bruscamante fino al
metallo alcalino successivo.
Unaltra interessante proprieta` periodica osservabile tra gli elementi e` laffinita`
elettronica definita come lenergia sviluppata da una mole di un atomo quando
acquisisce una mole di elttroni per diventare un anione. La figura 3.12 mostra
le proprieta` di periodicita` di questa grandezza. Possiamo vedere che laffinita`
elettronica diminuisce nellambito dei gruppi mentre cresce lungo il periodo per
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 31
Figura 3.11.
Figura 3.12.
raggiungere il suo massimo con gli alogeni.
Nella tavola periodica inoltre si distinguono gli elementi tra metalli e non
metalli.
Resta ancora in uso una tradizionale classificazione degli elementi in metalli
e non-metalli. In breve, sono chiamati: metalli gli elementi con un numero di
elettroni esterni basso, minore o, talvolta, eguale a quello degli orbitali esterni
s e p, e con energia di ionizzazione bassa. Percio` gli elementi di transizione,
i lantanoidi e gli attinoidi, avendo 1 o 2 elettroni s, sono considerati metalli.
Il carattere metallico aumenta scendendo lungo ogni gruppo (infatti diminuisce
lenergia di ionizzazione);
non-metalli: gli elementi con numero di elettroni esterni maggiore del numero
di orbitali esterni s e p e con energia di ionizzazione alta.
semimetalli: elementi che possono comportarsi da metalli o da non-metalli in
situazioni particolari; sono quelli di confine tra i due tipi.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Capitolo 4
Legame Chimico
4.1 Legame Chimico
Il capitolo sul legame chimico e` probabilmente largomento centrale di tutto il
corso di Chimica. Comprendere il legame e la sua natura e` di fondamentale
importanza per comprendere la differenza sostanziale fra composti ionici e co-
valenti. Da tale comprensione dipende anche la capacita` di prevedere le proprieta`
chimico-fisiche dei composti e il loro comportamento chimico (reattivita`).
E` importante tener presente fin dallinizio che alla base della formazione del
legame chimico vi e` il tentativo di raggiungere una condizione di stabilita`: un
composto o una molecola sono sempre piu` stabili degli atomi isolati che li costi-
tuiscono. Il concetto di stabilita`, in chimica come in fisica, e` sempre associato ad
un minor contenuto di energia potenziale. Sappiamo gia` che fra gli elementi vi e`
un gruppo (lo zero) i cui componenti, i gas nobili, sono caratterizzati da una con-
figurazione elettronica eccezionalmente stabile: questa configurazione elettronica,
in cui il guscio esterno contiene otto elettroni, puo` essere considerata la forma
necessaria per raggiungere la stabilita`. E` proprio la ricerca del raggiungimento di
tale configurazione elettronica che spinge gli atomi a formare il legame chimico.
Quando due atomi sono a grandissima distanza tra loro le forze di interazione
fra le nuvole elettroniche sono nulle e lenergia potenziale del sistema E e` pari a
0. Se i due atomi si avvicinano si possono avere due possibilita` come evidenziato
dalla figura 4.1. Se allavvicinarsi dei due atomi prevalgono le forze repulsive
tra le nuvole elettroniche lenergia del sistema aumenta. Le condizioni di energia
minima si hanno quando gli atomi sono lontani tra loro, praticamente quando gli
atomi sono isolati. Questo e` il caso dei gas nobili che non manifestano nessuna
tendenza a legarsi e rimangono nello stato monoatomico. Se allavvicinarsi dei
due atomi si ha uninterazione attrattiva fra le nuvole elettroniche e i nuclei,
lenergia E diminuisce finche la distanza non diventa cos` piccola che prevalgono
le forze repulsive sulle attrattive con conseguente aumento dellenergia potenziale.
La distanza associata al minimo di energia e` detta distanza di legame. In tal caso
tra gli atomi si e` formato un legame chimico. Nei vari tipi di legami sono coinvolti
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
34 Legame Chimico
Figura 4.1.
gli elettroni periferici, detti anche elettroni di valenza. Le interazioni attrattive
responsabili del legame hanno origine diversa a seconda della natura degli atomi
interessati al legame.
4.1.1 Legame Ionico
Il legame ionico e` un legame di natura elettrostatica ed e` il tipico legame che si
stabilisce tra elementi con basso potenziale di ionizzazione ed elementi con alta
affinita` elettronica. Ricordando landamento di queste due proprieta` periodiche,
possiamo aspettarci che i piu` semplici composti ionici binari siano costituiti quasi
esclusivamente dagli elementi dei primi tre gruppi e dei metalli di transizione
(che posseggono basso potenziale di ionizzazione) e da elementi del 6 e 7 gruppo
(caratterizzati da alta affinita` elettronica).
Lelemento con bassa energia di ionizzazione trasferisce elettroni al guscio di
valenza dellaltro caricandosi positivamente e diventando un catione lelemento
che invece acquista gli elettroni diventa un anione. Tra i due ioni aventi carica
opposta si instaura un legame di natura elettrostatica. Ad esempio il comune
sale da cucina con formula NaCl e` costituito da cationi Na+ e anioni Cl. Comevedremo meglio in seguito il sistema ione positivo e ione negativo non raggiunge
la massima stabilita` con la formazione di una singola coppia di ioni, ma nella for-
mazione di un solido cristallino in cui ogni ione attrae il maggior numero possibile
di ioni di segno opposto in modo da minimizzare la repulsione elettrostatica. Nel
caso del cloruro di sodio la formula indica semplicemente che il rapporto tra gli
ioni sodio e gli ioni cloruro e` di 1:1 mentre ad esempio per il BaBr2 il rapporto
tra gli ioni bario e gli ioni bromuro e` di 1:2.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 35
Figura 4.2.
Nella formazione dei legami ionici, la maggior parte degli elementi dei blocchi
s e p raggiunge, nel caso di ioni positivi, la configurazione del gas nobile che li
precede e, nel caso degli ioni negativi, quella del gas nobile che li segue. Come
evidenziato nel caso della formazione del cloruro di sodio dalla figura 4.2.
4.1.2 Legame Covalente
Quando si incontrano due atomi uguali o con potenziale di ionizzazione e affinita`
elettronica simili, non vi puo` essere ovviamente un trasferimento completo di
elettroni dalluno allaltro, come avviene nella formazione del legame ionico. In
questo caso i due atomi possono tuttavia raggiungere la configurazione elettronica
stabile del gas nobile, mettendo in compartecipazione i propri elettroni spaiati.
Questo e` quanto avviene nella formazione del legame covalente. Il legame covalente
e` formato da una coppia di elettroni condivisa fra due atomi.
E` attraverso questo tipo di legame che si formano le molecole, aggregati
atomici stabili, capaci di esistere come unita` indipendenti in tutti gli stati di
aggregazione della materia.
Lipotesi del legame covalente come doppietto elettronico condiviso fra due
atomi fu suggerita dal chimico americano Gilbert Newton Lewis (1874-1946) nel
1916 che sviluppo`, la teoria dellottetto.
Lewis propose anche di rappresentare le configurazioni elettroniche esterne
degli elementi, ponendo dei punti attorno al simbolo elementare stesso, che di per
se aveva lo scopo di indicare il nocciolo, ovvero i gusci elettronici completi piu`
interni. Similmente, il legame nelle formule si sarebbe rappresentato con i due
punti ( : ).
Attualmente, anziche i due punti, si preferisce usare un trattino; il trattino
che si usa nelle formule di struttura non e` quindi un semplice formalismo, ma ha
il preciso significato di doppietto elettronico, sia esso di legame o solitario.
In altre parole ogni trattino che compare in una formula di struttura rappre-
senta una coppia di elettroni: questa puo` essere una coppia di legame, quando e`
in compartecipazione tra due atomi, o un doppietto solitario.
Il simbolismo di Lewis per indicare gli elettroni di valenza, unitamente alle
sue due ipotesi centrali:
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
36 Legame Chimico
Figura 4.3.
Figura 4.4.
legame covalente (doppietto condiviso)
teoria dellottetto
Ad ed esempio nel caso dellidrogeno, in cui abbiamo due atomi con un elet-
trone spaiato, quando questi si avvicinano formeranno un legame covalente per
compartecipazione elettronica. In altre parole la descrizione energetica offerta
mediante la figura 4.1 si adatta perfettamente alla descrizione della formazione
del legame covalente, che rappresentato mediante le formule di Lewis sara` H-H e
simboleggato come H2.
Quello che avviene nella formazione della molecola di idrogeno puo` essere es-
teso, con le opportune precisazioni, a molte altre molecole biatomiche. Gli alogeni
ad esempio, che hanno configurazione elettronica esterna ns2np5, possono met-
tere in compartecipazione lelettrone spaiato di uno degli orbitali p e raggiungere
la configurazione elettronica stabile del gas nobile successivo come mostrato in
figura 4.3.
Il legame covalente non e` esclusivo di molecole formate da atomi uguali (omonu-
cleari). Idrogeno e fluoro, ad esempio, possono mettere in compartecipazione una
coppia di elettroni (1s dellH e 2p del F), raggiungendo entrambi la configu-
razione elettronica stabile dellHe e del Ne, rispettivamente (Fig.4.4). In questo
caso parleremo di legami eteronucoleari.
Il legame covalente nelle molecole di H2, F2 o HCl e` un legame singolo, cos-
tituito cioe` da una singola coppia di elettroni di legame. Si dice che un legame
singolo ha ordine di legame 1 dove lordine di legame indica il numero di coppie
condivise tra due atomi legati. Molte molecole presentano doppi o tripli legami
cioe` legami multipli. un legame doppio e` costituito da due coppie di legame, quat-
tro elettroni condivisi tra due atomi e lordine di legame e` 2, un legame triplo e`
invece costituito da tre legami (Fig 4.5).
La forza di legame dipende dalla mutua attrazione tra i nuclei legati e gli
elettroni condivisi e definiamo lenergia di legame lenergia necessaria per vincere
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 37
Figura 4.5.
questa attrazione. Tale energia risulta a sua volta correlata con la lunghezza di un
legame e dipende prima di tutto dalle dimensioni atomiche; tuttavia, a parita` di
dimensioni atomiche, la lunghezza di un legame e` funzione dellordine di legame:
in particolare, come si puo` facilmente intuire, la lunghezza di legame diminuisce
allaumentare dellordine di legame. Quindi e` ovvio che un legame triplo sia piu`
forte del doppio che a sua volta e` piu` forte del singolo.
Un importante concetto nel legame chimico e` quello di elettronegativita` cioe`
la capacita` di un singolo atomo legato di attrarre gli elettroni condivisi.
Il chimico statunitense Linus Pauling propose una scala arbitraria, basata su
calcoli di energia di legame, nella quale il fluoro e` il primo, cioe` lelemento piu`
elettronegativo, seguito dallossigeno. I metalli alcalini sono gli elementi meno
elettronegativi. Sono state proposte anche scale di tipo diverso, basate su altre
proprieta` atomiche, ma, in ogni caso, lordine relativo degli elementi rimane lo
stesso. La differenza in elettronegativita` fra due elementi determina il carattere
ionico o covalente del legame che si puo` instaurare fra di loro. Come vedremo
lelettronegativita` trova un impiego importante per la determinazione del numero
di ossidazione di una atomo che viene definito come la differenza tra il numero
degli elettroni di valenza meno la somma tra il numero degli elettroni condivisi
e non condivisi. Ad esempio nellHCl il cloro ha 7 elettroni di valenza al cloro,
essendo lelemento piu` elettronegativo si assegnano 8 elettroni (2 condivisi e 6 non
condivisi) quindi il suo numero di ossidazione e` 7-8=-1 ovviamente allatomo di
idrogeno non esssendo assegnato nessun elettrone ed avendo 1 elettrone di valenza
risulta che il suoi numero di ossidazione sara` pari a +1.
4.1.3 Legami covalenti polari
Quando atomi con diversa elettronegativita` formano un legame, la coppia di
legame viene condivisa in modo disuguale, pertanto il legame ha un polo parzial-
mente negativo e uno parzialmente positivo. Questo legame si ottiene a causa del
fatto che il baricentro delle cariche negative non coincide con quello delle cariche
positive e cio` implica la formazione di una polarita` di legame(fig 4.6).
Se ci chiediamo se il legame tra una molecola XY sia ionico o covalente la
risposta e` quasi sempre parzialmente ionico e parzialmente covalente.
Per dipolo si intende un sistema costituito da due cariche elettriche dello
stesso valore assoluto e di segno contrario, poste a distanza r fra di loro. Ogni
dipolo e` caratterizzato da un momento dipolare, definito da = qr, dove q indica
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
38 Legame Chimico
Figura 4.6.
lintensita` della carica. Il momento dipolare e` una grandezza vettoriale, il cui
verso e` per convenzione dalla carica negativa a quella positiva.
Nel caso delle molecole poliatomiche, per valutarne la polarita` occorre consid-
erare la geometria molecolare.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Capitolo 5
Geometria molecolare
5.1 Geometria molecolare
Prima di comprendere meglio le basi teoriche del legame chimico attraverso la
teoria del legame di valenza e dellorbitale molecolare conviene affrontare il prob-
lema della geometria molecolare a tale scopo vedremo che possiamo sfruttare la
teoria della repulsione elettronica che fornisce un utile metodo per la costruzione
della geometria molecolare. La teoria VSEPR (Valence Shell Electron Pair Repul-
sion) proposta da Gillespie permette di spiegare in modo semplice la forma delle
molecole. Tuttavia prima di passare alla vera e propria geometria molecolare e`
utile rappresentare la molecolare nella formula di Lewis corrispondente.
5.1.1 Strutture di Lewis a legame singolo
Esaminiamo allora le varie tappe per il raggiungimento delle strutture di Lewis
che possiamo schematizzare come segue.
Collocare gli atomi uno rispetto allaltro. Per molecole aventi formula ABnsi colloca al centro latomo avente il numero di gruppo piu` basso
determinare il numero totale di elettroni di valenza disponibili
disegnare un legame singolo da ciascun atomo circostante allatomo centralee sottrarre due elettroni di valenza per ciascun legame
distribuire gli elettroni restanti in coppie in modo che ogni atomo ottengaotto elettroni o due nel caso dellidrogeno.
Le figura 5.1 mostra come si possono realizzare tali strutture per le molecole
del metano CH4, dellammoniaca NH3 e dellidruro di boro BH3. Siamo spesso in
grado di scrivere piu` di una formula di struttura di Lewis, ciascuna con la stessa
posizione relativa degli atomi per molecole o ioni con legami doppi adiacenti ai
legami singoli. La figura 5.2 mostra le due possibili strutture di Lwies associate
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
40 Geometria molecolare
Figura 5.1.
Figura 5.2.
alla molecola dellipoazotide NO2. In realta` nessuna delle due strutture rappre-
senta accuratamente la molecola in questione. Le misure mostrano ad esempio
che le lunghezze di legame sono identiche con proprieta` intermedie ad un doppio
legame e ad un singolo legame. La molecola e` rappresentata piu` correttamente
da quello che si chiama ibrido di risonanza e le due strutture si dicono in risonan-
za tra loro. Le strutture di risonanza non sono reali rappresentazioni del legame
diciamo che il doppio legame e` in questo caso delocalizzato su tutta la molecola.
Un altro tipo esempio e` rappresentato dallo ione carbonato. La figura 5.3
mostra le strutture di risonanza e librido di risonanza ad esso associato.
5.1.2 Eccezioni alla regola dellottetto
La regola dellottetto e` un utile guida per la maggior parte di molecole con atomi
centrali del periodo 2 ma e` sempre valida.
A partire dai non metalli del 3 periodo (Si, P, S, Cl), la regola dellottetto
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 41
Figura 5.3.
puo` essere superata. Lespansione dellottetto si giustifica supponendo che questi
elementi, disponendo di orbitali d nello strato di valenza, possano sfruttare questi
orbitali per disaccoppiare i loro elettroni, in modo da utilizzare ciascuno di essi
per formare un legame covalente.
Dobbiamo comunque sottolineare che la possibilita` di espandere lottetto si
manifesta generalmente solo quando si formano legami con elementi molto elet-
tronegativi, come gli alogeni o lossigeno. In pratica, non incontreremo mai com-
posti tipo PH5 o analoghi.
Per effetto della promozione degli elettroni negli orbitali d, gli elementi del 3
periodo potranno presentare covalenze diverse (vedi figura 5.4):
Si deve fare attenzione a non confondere il concetto di covalenza (numero di
coppie elettroniche, o numero di legami, che un atomo puo` condividere con altri
atomi) con il numero di atomi che un elemento puo` legare. Ad esempio, in H3PO4(acido fosforico) il fosforo e` pentacovalente, ma lega solo quattro atomi; in CO2il carbonio e` tetracovalente, ma lega solo due atomi.
Un atomo espande il suo guscio di covalenza per formare piu` legami e lunico
modo in cui cio` e` possibile e` quello di usare orbitali d esterni
5.1.3 Teoria VESPR e forma molecolare
Tramite la teoria VSEPR (dallinglese Valence Shell Electron-Pair Repulsion cioe`
repulsione delle coppie di legame dello strato di valenza) e` possibile spiegare la
forma di un certo numero di molecole applicando il concetto che: gli elettroni
di valenza di ogni singolo atomo, sia quelli utilizzati nei legami sia quelli non
utilizzati, tendono a respingersi in quanto di carica uguale e a occupare le posizioni
piu` distanti nello spazio.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
42 Geometria molecolare
Figura 5.4.
Tramite la teoria VSEPR (dallinglese Valence Shell Electron-Pair Repulsion
cioe` repulsione delle coppie di legame dello strato di valenza) e` possibile spiegare
la forma di un certo numero di molecole applicando il concetto che:
gli elettroni di valenza di ogni singolo atomo, sia quelli utilizzati nei legami sia
quelli non utilizzati, tendono a respingersi in quanto di carica uguale e a occupare
le posizioni piu` distanti nello spazio
Gli elettroni di valenza vengono considerati a coppie e siccome ogni atomo
tende, di norma, a circondarsi di otto elettroni nel livello piu` esterno, saran-
no quattro le coppie di elettroni in gioco. Esaminiamo come primo esempio la
molecola dellanidride carbonica CO2In questa molecola esistono due legami doppi (ogni legame doppio e` costituito
da quattro elettroni in comune) tra il carbonio e gli atomi di ossigeno; tutte
quattro le coppie di elettroni di legame sono dunque impegnate in legami chimici.
La posizione in cui questi due gruppi di elettroni sono il piu` distante possibile e`
quella mostrata in figura, con un angolo di legame tra gli atomi di 1800; in questo
caso la repulsione e` minima e la molecola acquista una disposizione lineare (vedi
figura 5.5).
Nella molecola BH3 invece le tre coppie di elettroni di valenza del boro per
stare alla maggior distanza reciproca possibile si collocano ai vertici di un trian-
golo equilatero. La molecola assume quindi una disposizione planare triangolare
con angoli di legame di 1200. Osservate che in questa molecola gli elettroni di
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 43
Figura 5.5.
Figura 5.6.
valenza sono soltanto sei e dunque la regole dellottetto non e` rispettata (vedi
figura 5.6).
Osserviamo invece come si dispongono gli atomi nella molecola del metano
CH4 (vedi figura 5.6).
In questo caso la massima distanza possibile tra le coppie di elettroni e` rag-
giunta con la disposizione di queste ai vertici di un tetraedro. Gli angoli di legame
sono di 109,50 e la molecola assume una disposizione tetraedrica.
Anche nella molecola dellacqua H2O la situazione e` analoga (vedi figura 5.8),
ma mentre nel metano le coppie di elettroni sono tutte di legame, nell acqua due
coppie sono libere e sono piu` vicine allatomo di ossigeno di quanto non lo siano
le altre due impegnate nei legami con lidrogeno. Tutto questo fa s` che le coppie
di legame siano spinte un po piu` vicine luna allaltra e giustifica il minor angolo
di legame (1050) presente nellacqua rispetto al metano. La molecola dellacqua e`
dunque caratterizzata da una disposizione angolata degli atomi che ne determina
lelevata polarita`.
Quando abbiamo 5 gruppi di elettroni la disposizione geometrica e` di tipo
bipiramide trigonale. Un esempio di tale struttura e` quella del pentacloruro di
fosforo PCl5. Se ci sono coppie solitarie a causa del fatto che le coppie solitarie
danno luogo ad una maggiore repulsione si trova in generale chge tali coppie si
posizionano nella bipiramide trigonale nelle posizioni equatoriali come nel caso
del tetrafloruro di zolfo SF4 nel caso che le coppie solitarie siano due la tendenza
a posizionarsi nelle posizioni equatoriali genera una forma a T come nel caso
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
44 Geometria molecolare
Figura 5.7.
Figura 5.8.
trifloruro di bromo BrF3. Le molecole con tre coppie solitarie genarano invece
una struttura lineare e` il caso dello ione I3 .
Le forme molecolari con sei gruppi di elettroni generano una disposizione ot-
taedrica questo e` il caso dellesafloruro di fluoro SF6. Quando compare una coppia
solitaria come nel caso del pentafloruro di iodio (IF5), dato che ogni posizione e`
equivalente, non esiste una posizione privilegiata per la coppia solitaria e si rag-
giunge cos` una struttura a forma di piramide a base quadrata. Nel caso in cui le
coppie solitarie siano 2 esse giacciono sempre in vertici opposti per evitare le piu`
forti repulsioni e questo genera struttura planare quadrata. Questo e` il caso del
tetrafloruro di xeno (XeF4).
In generale possiamo sfruttare lo schema rappresentato dalla Figura 5.9 per
la determinazione delle geometrie molecolari.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Teorie atomiche 45
Figura 5.9.
5.1.4 Forma molecolare e polarita`
La conoscenza della struttura molecolare e` essenziale per comprendere il suo com-
portamento chimico-fisico. Uno degli effetti piu` importanti e` quello della polarita`
molecolare. Nelle molecole biatomiche, come lHF in cui ce` soltanto un legame,
la polarita` di legame implica a sua volta una polarita` molecolare. Nelle mole-
cole con piu` atomi sia la forma che la polarita` di legame determinano la polarita`
molecolare. Se prendiamo ad esempio la molecola del biossido di carbonio CO2,
il cui legame C-O e` fortemente polare, essa risulta apolare a causa del fatto che
la molecola e` lineare e le identiche polarita` si controbilanciano perfettamente e
conferiscono alla molecola un momento dipolare nullo ( = 0 D).
Anche nella molecola dellacqua vi sono atomi identici legati allatomo centrale
ma essa ha un rilevante momento dipolare ( = 1.85 D). In questo caso infatti le
polarita` di legame non si controbilanciano perche` la molecola dacqua e` angolata.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Capitolo 6
Legame covalente
6.1 Teoria del legame covalente
La teoria moderna del legame chimico viene spiegata attraverso due teorie quan-
tomeccaniche entrambi capaci di spiegare le proprieta` delle molecole a partire
dale proprieta` atomiche. Si tratta della teoria del legame di valenza e quella
dellorbitale molecolare.
6.1.1 Teoria del legame di valenza
Il principio fondamentale che sottende alla teoria del legame di valenza (VB) e`
relativo al fatto che un legame chimico si definisce tale quando gli orbitali dei
due atomi si sovrappongono e sono occupati da una coppia di elettroni che hanno
la massima probabilita` di trovarsi tra i due nuclei. Da questo principio possiamo
derivare tre temi centrali
1. la coppia di elettroni che formano il legame covalente deve essere costituita
da elettroni antiparalleli per soddisfare il principio di esclusione di Pauli
2. Maggiore e` la sovrapposizione degli orbitali e maggiore e` la forza di legame.
Quesultima e` infatti regolata dallattrazione esercitata dai nuclei sugli elet-
troni condivisi.
3. Gli orbitali atomici nella molecola sono diversi da quelli atomici a causa
del fatto che gli orbitali atomici possono mescolarsi (ibridazione) generando
nuovi orbitali diversamente orientati nello spazio. La teoria dellibridazione
spiega molto bene la geometria molecolare.
Abbiamo visto nel capitolo precedente come sia possibile derivare la strut-
tura di una semplice molecola attraverso la teoria delle repulsioni elettroniche.
Vogliamo analizzare ora come la teoria dellibridazione permette di fornire una
semplice teoria quantomeccanica per la spiegazione della geometria molecolare.
Una volta nota la geometria molecolare possiamo ipotizzare i tipi di orbitali
ibridi. Ad ogni ibridazione corrisponde infatti una particolare geometria.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
48 Legame covalente
sp La teoria VB mostra che quando si ha un mescolamento tra un orbitale p
e un orbitale s si ottengono due nuovi orbitali ibridi equivalenti separati
da 1800 (Figura 6.1). Questa struttura corrisponde a quella quando lato-
mo centrale e` circondato da due gruppi di elettroni, in tal caso si osserva
una struttura lineare. Inoltre, la forma e lorientamento dei nuovi orbitali
massimizzano la sovrapposizione degli orbitali. Questo implica a sua volta
una minimizzazione dellenergia della molecola. Come esempio molecolare
possiamo pensare allHCl o al BeCl2 gassoso.
sp2 Per spiegare la disposizione trigonale planare di coppie di elettroni si ricorre
allibridazione sp2 in cui latomo centrale mescola due orbitali p con un
orbitale s generando a sua volta tre orbitali orientati a 1200 uno rispetto
allaltro (Figura 6.1). Ad esempio secondo tale teoria latomo centrale del B
nella molecola BF3 e` ibridato sp2. Un altro caso e` rappresentato dallozono
O3 in cui latomo centrale di O e` ibridato sp2 e una coppia solitaria riempie
uno dei sui tre orbitali e quindi lozono ha una forma molecolare piegata.
sp3 Il caso tipico di questa ibridazione e` quello della molecola del metano CH4 in
cui gli atomi di idrogeno si trovano ai vertici di un ideale tetraedro. Quando
infatti latomo centrale mescola tre orbitali p con un orbitale s si ottengono
4 orbitali ibridi con geometria tetraedrica. Altri esempi tipici sono quelli
della molecola dellammoniaca NH3 con struttura di tipo piramidale dove
una orbitale ibrido e` occupato da una coppia solitaria o analogamente nella
molecola dellacqua H2O dove due orbitali ibridi sono occupati da due coppie
solitarie generando una struttura piegata.
sp3d Le forme molecolari con disposizione bipiramidali trigonali od ottaedriche si
ottengono mediante ragionamenti simili. Ad esempio per spiegare la forma
trigonale bipiramidale del PCl5 si ipotizza che lorbitale 3s si mescoli con tre
orbitali 3p e 1 orbitale 3d dellatomo di fosforo. Cos` si ottengono 5 orbitali
equivalenti sp3d orientati secondo i vertici di una piramide trigonale.
sp3d2 Per spiegare la forma della molecola SF6 il modello VB ipotizza che lor-
bitale 3s si mescoli con 3 orbitali 3p e con 2 orbitali 3d in questo modo
si generera` un insieme di 6 orbitali ibridi con geometria corrispondente a
quella di un ottaedro.
Non sempre la teoria risulta necessaria per spiegare la geometria. Se prendiamo
ad esempio la molecola dellacido solfidrico H2S si osserva che langolo di legame
tra gli atomi di idrogeno e` dellordine di 92 in questo caso langolo di legame
risulta piu` vicino a quello degli atomi non ibridati che rispetto a quelli ibridati.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Legame covalente 49
Figura 6.1.
6.1.2 legami singoli e doppi
Come abbiamo visto precedentemente le molecole possono formare legami sem-
plici, doppi e tripli. Nel caso in cui la sovrapposizione tra orbitali ibridi generi
una densita` elettronica concentrata lungo lasse di legame parliamo di legami
(Figura 6.2). Viceversa quando abbiamo una sovrapposizione di fianco si parla di
legame pi (figura 6.3).
Per comprendere meglio questo legame possiamo riferirci alla molecola del
delletilene. I due atomi centrali di carbonio sono ibridati sp2 e pertanto langolo
tipico di legame e` di 1200. I due atomi di carbonio sono legati tra loro tramite un
legame e ogni atomo di carbonio lega a sua volta sempre mediante legami 2
atomi di H. Tuttavia cos` facendo rimangono ancora su ogni atomo di carbonio due
orbitali p puri contenenti un elettrone ciascuno. Il legame permette tuttavia
una forte vicinanza tra i due atomi di carbonio che a sua volta permette una
sovrapposizione dei due orbitali p. Cos` facendo si generano due regioni di densita`
elettronica una al di sopra laltra al di sotto dellasse formato dal legame . Un
legame pi contiene due elettroni che si muovono attraverso entrambe le regioni di
legame. Un legame doppio e` sempre costituito da un legame e un legame pi.
Un legame triplo quale quello che si forma nella molecola dellacetilene e` cos-
tituito da un legame e da due legami pi. Questo tipo di sovrapposizione genera
una simmetria cilindrica della molecola.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
50 Legame covalente
Figura 6.2.
Lentita` della sovrapposizione influenza la forza di legame. La sovrapposizione
generata dal legame pi e` meno pronunciata di quella del legame per tale motivo
il legame pi e` piu` debole del legame .
6.1.3 Teoria Orbitale molecolare MO
La teoria del legame di valenza descrive in modo semplice i legami chimici e le
strutture molecolari ma e` del tutto insoddisfacente quando si tratta di giustificare
lesistenza di molecole a numero dispari di elettroni, come ad esempio lo ione H+2 ,
e specialmente gli stati energetici delle molecole. la teoria assegna gli elettroni
di una molecola ad una serie di orbitali, detti orbitali molecolari, che apparten-
gono allintera molecola. Come gli orbitali atomici sono funzioni matematiche
che descrivono il comportamento di un elettrone in un atomo analogamente gli
orbitali molecolari sono funzioni matematiche che descrivono il comportamento
di un elettrone in una molecola. Il quadrato di queste funzioni corrisponde alla
probabilita` di trovare un elettrone in una determinata regione della molecola.
Nellapprossimazione piu` semplice queste funzioni sono combinazioni lineari di
orbitali atomici. Si ottiene in tal modo una serie di orbitali molecolari, che si
estendono su tutti gli atomi della molecola, che vengono ordinati secondo energie
crescenti; gli elettroni, in numero uguale al totale di elettroni vengono assegnati
a questi orbitali seguendo il principio di Pauli e le regole di Hund.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Legame covalente 51
Figura 6.3.
Nella molecola dellatomo di H+2 i due orbitali atomici 1s dei due atomi di
idrogeno interagiscono allavvicinarsi dei due nuclei e generano due orbitali mole-
colari indicati con 1s orbitale di legame e 1s orbitale di antilegame. Allorbitale
di legame corrisponde lenergia piu` bassa e lelettrone in tal caso andra` ad occu-
pare lorbitale di legame ad energia piu` bassa. I due orbitali sono ti tipo perche
la nuvola elettronica si concentra lungo lasse. internucleare.
La formazione degli orbitali molecolari, il cui numero e` uguale a quello degli
orbitali atomici combinati, richiede che gli orbitali atomici soddisfino i seguenti
requisiti:
1. gli orbitali atomici che si combinano devono avere energie simili.
2. le superfici limite devono sovrapporsi il piu` possibile: maggiore e` la sovrap-
posizione minore e` lenergia dellorbitale molecolare risultante.
3. gli orbitali atomici che si combinano devono possedere unopportuna sim-
metria
La figura 6.4 mostra uno schema generico relativo alla combinazione di orbitali
atomici per la generazione di orbitali molecolari per il numero quantico principale
n=2. Gli orbitali atomici di tipo 2s si combinano nel modo analogo a quelle degli
orbitali 1s come abbiamo precedentemente descritto. In questo caso genereranno
gli orbitali 22s e 22s di legame e antilegame.
La combinazione lineare degli orbitali p puo` essere ottenuta solo per le coppie
px px, py py e pz pz. Nel primo caso si otterranno orbitali 22px e 22px dilegame e antilegame. Nel secondo ( combinazione py py) e terzo caso (combi-nazione pz pz) gli orbitali molecolari che si formano si dicono pi, in particolaregli orbitali pi2py e pi2pz sono di legame mentre gli orbitali pi
2py e pi2pz sono di
antilegame.
Gli orbitali p erano degeneri mentre gli orbitali ottenuti per combinazione
lineare non sono piu` tutti degeneri. Abbiamo due orbitali pi degeneri.
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
52 Legame covalente
Figura 6.4.
6.1.4 legame metallico
I metalli che costituiscono circa due terzi della tavola periodica hanno basse en-
ergie di ionizzazione e bassa elettronegativita` come abbiamo gia` visto in preceden-
za. Ricordiamo inoltre che i metalli sono caratterizzati da unelevata conducibilita`
elettrica e termica da una buona malleabilita` e duttilita` da una struttura com-
patta opacita` e lucentezza caratteristiche. Il legame metallico viene interpretato
da unestensione della teoria dellorbitale molecolare che prende il nome di teoria
delle bande. Quando la teoria dellorbitale molecolare viene impiegata per un nu-
mero elevato di orbitali atomici a seguito dellinterazione degli orbitali di valenza
si ottiene un numero di orbitali molecolari ad energia ravvicinata con infittimento
dei livelli energetici tanto maggiore quanto aumenta il numero di orbitali atom-
ci interagenti. Questa interazione genera tanti orbitali molecolari di energia cos`
simile tra loro da dar luogo ad una banda praticamente continua di energia.
1. la distribuzione di elettroni in una banda avviene dapprima nei livelli infe-
M. Rustici, Chimica Generale e inorganica
Legame covalente 53
riori e via via in quelli superiori. Poiche in un livello della banda possono
stare due elettroni una banda formata da N livelli puo` ospitare 2N elettroni.
2. quando sono interessati gli orbitali atomici di valenza si parla di banda di
valenza.
3. se le energie degli orbitali atomici di partenza sono molto diverse le bande
di energia rimangono distinte, altrimenti si sovrappongono
Per ave