MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
Netflix produrrà videogiochi mobile. La concorrenza spinge 16
3131
Panasonic JZ2000 L’OLED dà spettacolo
Diprogress Duo, due telecomandi è meglio
IN PROVA IN QUESTO NUMERO
Arriva la TV Academy di DDAY.it Prima puntata: dal 4K all’8K Siete sicuri di sapere tutto sul formato 8K? Nella prima puntata di TV Academy scopriremo storia, potenzialità e vantaggi del nuovo formato
05
Amazon Alexa cresce ancora Tutte le novità in arrivoAmazon mette a disposizione più di 50 nuove feature per rendere Alexa ancora più completa. La voce resta la regina, ma non basta più: arrivano anche i widget
08
Inaugurati i MediaWorld Smart di Roma e Torino 09
TIMVision Box anche per i non clientiTIMVision Box anche per i non clienti Tutte le FAQ e le risposte sul servizio Tutte le FAQ e le risposte sul servizio Dal 15 luglio TIM Vision è sottoscrivibile da tutti senza alcun vincolo di operatore, anche da chi non è cliente TIM. L’offerta completa e tutte le info
Apple iMac 24” M1 Non per tutti
2222
Sony Xperia 1 III Unico, come il prezzo
Audiogamma distribuirà in esclusiva JBL, Mark Levinson e Arcam04
15
37372828
2626
Auricolari B&W PI7 Auricolari B&W PI7 Ecco come suonano Ecco come suonano
4242
Dove guardare le Olimpiadi: Discovery+ TIM Vision e Rai
02
Mercedes-Benz Mercedes-Benz 100% elettrica 100% elettrica entro la fine del 2030entro la fine del 2030
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
di Roberto PEZZALI
TIM ha annunciato, ufficialmente, la nuova stagione
di TIM Vision. A partire dal 15 luglio, inoltre, TIM Vi-
sion sarà sottoscrivibile da tutti senza avere alcun
vincolo di operatore: anche chi non è cliente TIM potrà
sottoscrivere TIM Vision, che di fatto diventa un’offerta
che aggrega i contenuti nativi della piattaforma creata
da TIM negli anni scorsi, come alternativa a Netflix e Pri-
me Video, ai contenuti di partner proposti in bundle a
prezzo scontato. Per sottoscrivere l’offerta, nel caso in
cui un cliente sia cliente per la parte di connettività di un
altro operatore e voglia mantenere il suo operatore per-
ché si trova bene è necessario, per motivi anagrafici e di
pagamento, recarsi nei negozi TIM. I già clienti potran-
no fare tutto tramite call center. TIM Vision è diventata,
come detto, una piattaforma che aggrega più contenuti,
e proprio per questo motivo sono previsti diversi piani
con diversi prezzi, che saranno comunque configurabili
a seconda delle esigenze del cliente con opzioni e ag-
giunte a partire soprattutto dal secondo anno, quando
finiscono le promozioni.
I CONTENUTI DISPONIBILI TRAMITE TIM VISION E TRAMITE I VARI SERVIZI COLLEGATITim Vision (inclusa in tutti i piani)Cresciuta negli ultimi anni come piattaforma per film e
Serie TV, nel 2021 Tim Vision diventa ancora più grande.
Arriveranno oltre 80 pellicole di cinema internazionale
di Sony Pictures, molte delle quali in prima finestra di
visione pay.
Grazie all’accordo siglato con Sony ci sarà anche una
selezione dei film Sony più importanti di prossima uscita
in sala, che saranno successivamente disponibili in pri-
ma finestra di abbonamento su TimVision senza costi
aggiuntivi. Prossimamente arriveranno anche in esclu-
siva due docu-film sulla vita e la carriera di due icone
italiane: Ennio Morricone e Salvatore Ferragamo: ‘En-
nio: il maestro’, diretto e raccontato dal regista premio
Oscar Giuseppe Tornatore e ‘Salvatore: Shoemaker of
ENTERTAINMENT Cresciuta come piattaforma per film e serie TV, nel 2021 Tim Vision diventa ancora più grande. Ecco l’offerta completa
TIM Vision, offerta aperta a tutti gli operatori Tutte le domande e le risposte sul servizioDal 15 luglio l’offerta è aperta a tutti, anche a chi non vuole cambiare operatore. E da adesso può abbonarsi ugualmente
Dreams’ diretto da Luca Guadagnino. Per le serie TV il
19 agosto arriverà ‘The Good Fight’ con la quinta stagio-
ne (la serie completa è disponibile solo su TimVision)
mentre prossimamente, sempre in anteprima esclusi-
va, arriverà ‘The North Water’ con Colin Farrell, basata
sull’omonimo romanzo di Ian McGuire.
Dal prossimo autunno sarà disponibile inoltre la serie
TV in anteprima esclusiva ‘Chapelwaite’ con Adrien
Brody ispirata al racconto ‘Jerusalem’s Lot’ di Stephen
King mentre il catalogo si arricchirà nei prossimi mesi
anche di importanti successi TV comunque già passa-
ti su altri cataloghi pay TV come ‘Orphan Black’, ‘The
Good Doctor’, ‘Timeless’ e ‘The Shield’.
Spazio anche per i più piccoli, ad agosto ad esempio
arriveranno 128 episodi rimasterizzati di ‘Holly e Benji’, e
spazio alle produzioni originali.
Ad accompagnare il campionato ci sarà uno show de-
dicato al Fantacalcio: otto talent provenienti dal mondo
dello sport, dello spettacolo e della musica, appassiona-
ti di calcio, analizzeranno i risultati della giornata prece-
dente, stileranno la classifica, studieranno le formazioni
e lo stato fisico dei giocatori. TimVision continuerà a es-
sere anche la casa della Serie A Femminile, trasmetten-
do in diretta tutti i match del campionato – di cui cinque
in esclusiva e uno in co-esclusiva -, le final four di Super-
coppa e quarti, semifinali e finale di Coppa Italia, per un
totale di oltre 140 partite.
DAZN (inclusa in tutti i piani)Su DAZN sarà visibile la Serie A TIM, la UEFA Europa
League e alcune partite della UEFA Conference League,
la Serie BKT, la Liga spagnola, la FA Cup inglese, il Mo-
toGP, la NFL, l’UFC, Matchroom, GGG e Golden Boy per
la boxe e Indycar.
Infinity+ (inclusa in tutti i piani solo per 12 mesi)Tutti i film e le serie TV di Infinity oltre ai 104 match di
UEFA Champions League a stagione e alle 17 partite di-
sponibili in chiaro su Canale 5.
Discovery+ (inclusa in tutti i piani)Tutti i contenuti del piano intrattenimento di Discovery+,
inclusi gli originals.
Eurosport (inclusa in tutti i piani solo per 12 mesi)La programmazione completa dei Giochi Olimpici Tokyo
2020 incluso il canale in alta definizione Eurosport 4K, i
tre grandi Giri, il tennis con i tornei del Grande Slam, la
Serie A di basket, i Giochi Olimpici di Pechino 2022 e
tutti gli sport invernali, il golf con le esclusive del PGA
Tour e l’European Tour, i motori delle 24 ore di Le Mans e
molti altri importanti appuntamenti da non perdere.
Disney+ (incluso solo in alcuni piani)Il catalogo completo di Disney+, con i canali Star Wars,
Marvel, Disney, Pixar e Star
segue a pagina 03
Le offerte sono valide solo per chi attiverà TIM Vision fino al 28 luglio. Agosto, nel caso dei due piani base, sarà interamente offerto da TIM e si inizierà a pagare da settembre per 12 mesi, al termine dei quali si può decidere di continuare, a prezzo pieno, o di disdire senza penali. Si dovrà restituire solo il TIM Vision Box che sarà offerto in comodato gratuito. L’attivazione costa 9.99 euro.
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
Netflix (incluso solo in alcuni piani)Il catalogo completo di Netflix in versione HD (non 4K).
Per avere la versione 4K si deve pagare una opzione
aggiuntiva.
TUTTE LE RISPOSTE A TUTTE LE DOMANDEEcco tutte le FAQ sul servizio TIM Vision:
Cosa include l’offerta da 19.99 euro /meseCosti• Costo attivazione: 9.99 euro
• Costo fino a fine agosto: gratis
• Costo per 12 mesi dal 1 settembre 2021 al 1 settem-
bre 2022: 19.99 euro
• Costo dal 1 ottobre 2022: 34,99 euro
Contenuti• Tim vision
• DAZN
• Infinity+ per 12 mesi (dopo i 12 mesi sarà pubblicata
una nuova offerta che si potrà scegliere se accettare
o no)
• Discovery+
• Eurosport per 12 mesi (dopo i 12 mesi sarà pubbli-
cata una nuova offerta che si potrà scegliere se ac-
cettare o no)
Cosa include l’offerta da 24.99 euro/meseCosti• Costo attivazione: 9.99 euro
• Costo fino a fine agosto: gratis
• Costo per 12 mesi dal 1 settembre 2021 al 1 settem-
bre 2022: 24.99 euro
• Costo dal 1 ottobre 2022: 39,99 euro
Contenuti• Tim vision
• DAZN
• Infinity+ per 12 mesi (dopo i 12 mesi sarà pubblicata
una nuova offerta che si potrà scegliere se accettare
o no)
• Discovery+
• Eurosport per 12 mesi (dopo i 12 mesi sarà pubbli-
cata una nuova offerta che si potrà accettare o no)
• Disney+
Cosa include l’offerta da 29.99 euro/meseCosti• Costo attivazione: 9.99 euro
• Costo fino a fine agosto: 10 euro
• Costo per 12 mesi dal 1 settembre 2021 al 1 settem-
bre 2022: 29.99 euro
• Costo dal 1 ottobre 2022: 44,99 euro
Contenuti• Tim vision
• DAZN
• Infinity+ per 12 mesi (dopo i 12 mesi sarà pubblicata
una nuova offerta che si potrà accettare o no)
• Discovery+
• Eurosport per 12 mesi (dopo i 12 mesi sarà pubbli-
cata una nuova offerta che si potrà scegliere se ac-
cettare o no)
• Netflix HD
Cosa include l’offerta da 34.99 euro/meseCosti• Costo attivazione: 9.99 euro
• Costo fino a fine agosto: 10 euro
• Costo per 12 mesi dal 1 settembre 2021 al 1 settem-
bre 2022: 34.99 euro
• Costo dal 1 ottobre 2022: 49,99 euro
Contenuti• Tim vision
• DAZN
• Infinity+ per 12 mesi (dopo i 12 mesi sarà pubblicata
una nuova offerta che si potrà scegliere se accettare
o no)
• Discovery+
• Eurosport per 12 mesi (dopo i 12 mesi sarà pubbli-
cata una nuova offerta che si potrà scegliere se ac-
cettare o no)
• Netflix HD
• Disney+
Come sarà il TIM Vision Box?Secondo TIM il nuovo set top box sarà il più evoluto de-
coder mai dato da un operatore pay TV. Il telecomando
sarà bluetooth, ci sarà la ricerca vocale, sarà abilitato
come dispositivo Chromecast e avrà anche il Play Store
per scaricare tutte le altre app.
Avrà anche un tuner digitale terrestre DVB-T2 per il ca-
nale di backup e sarà abilitato per la ricezione dei con-
tenuti in Multicast. Sarà anche l’unico modo per vedere i
contenuti in 4K di Eurosport.
Il canale di backup del digitale terrestre funzionerà a tutti anche senza rete TIM?Si, il canale di backup funzionerà quando la connessio-
ne non è sufficientemente stabile. Sarà un canale aperto
a tutti, anche chi è cliente di un altro operatore ma ha
sottoscritto TIM Vision e preso in comodato d’uso il TIM
Vision Box.
Il canale di backup sarà il HD?Si, il canale di backup sarà un canale in alta definizione.
Se ci sono più partite in contemporanea il canale di backup le farà vedere tutte?Il canale di backup ci sarà solo sulle partite che DAZN
avrà in esclusiva e se ci sono più partite in contempo-
ranea sarà DAZN a scegliere quella da distribuire sul
canale DVB-T che sarà quindi un solo canale.
Ci saranno partite in 4K?TIM è pronta a trasmettere grazie al Multicast e tramite
il suo decoder eventi in 4K. La dimostrazione è il canale
olimpico, che sarà in 4K. La scelta tuttavia per gli altri
canali spetta agli editori che li producono: se DAZN ren-
derà disponibili i flussi 4K o Infinity renderà disponibili
anche i canali 4K TIM tramite Multicast e tramite il suo
set top box trasmetterà alla massima qualità.
Il multicast sarà fruibile solo tramite TIM Vision Box?TIM lo ha abilitato per la sua rete e a partire da ieri
sera ha distribuito un aggiornamento a tutti i TIM Vi-
sion Box, anche quelli già installati, per permettere
la ricezione di contenuti in Multicast, quindi con una
trasmissione “uno” a “molti” che dovrebbe evitare
congestioni di rete e problematiche. Altri operatori po-
trebbero fare lo stesso, ma al momento non abbiamo
notizie a riguardo.
Con l’offerta TIM Vision si avrà accesso a Discovery+ con Eurosport, quindi tutti i canali delle olimpiadi?Si, per 12 mesi sarà inserita negli abbonamenti l’intero
pacchetto Eurosport, quindi sia i canali di base sia tutti
i canali aggiuntivi previsti per le Olimpiadi.
Quando uno sottoscrive un piano arrivano gli account separati per i vari servizi? Posso usare l’account DAZN su altri dispositivi?Si, ogni servizio, che sia Disney+, Infinity, DAZN o
Netflix avrà le sue credenziali di accesso che un uten-
te può usare per le smart TV, per smartphone e tablet,
con i limiti di condivisioni dei singoli provider. TIM Vi-
sion si limita ad aggregare offerta e fatturazione.
Non sono interessato al calcio posso sottoscrivere ugualmente TIM Vision?Si, esistono tre piani base che includono tutto tranne
il calcio di DAZN. C’è un piano solo TIM Vision, Disco-
very e Disney+ a 9.99 euro al mese, un piano TIM Vi-
sion, Discovery e Netflix a 14.99 euro al mese e un
piano con TIM Vision, Discovery, Netflix e Disney+ a
19.99 euro al mese. Questi piani non sono in promo-
zione per 12 mesi, quello che si paga è fisso per sem-
pre. Sono semplicemente piani scontati rispetto agli
abbonamenti singoli.
Sono andato in negozio ma mi chiedono di sottoscrivere una SIM TIM con Ricarica Automatica. Perchè?La SIM è inclusa nei 9.99 euro di attivazione e serve
solo per pagamento e fatturazione. È una SIM di servi-
zio per identificare e gestire il cliente, non ha costi di
attivazione ne’ costi ricorrenti. Si può anche tenere in
un cassetto.
Si può acquistare semplicemente il TIMVISION Box se uno vuole un bel decoder Android e non vuole il comodato con il servizio streaming?Il TIMVISION Box è dato in comodato d’uso gratuito ai
clienti che attivano una delle offerte TIMVISION Calcio
e Sport. Non è possibile acquistare solo il prodotto de-
coder TIMVISION Box senza attivare una delle offerte
TIMVISION.
I decoder che TIM sta spedendo ai nuovi clienti sono ancora i vecchi decoder TIM Vision? Tutti i decoder TIMVISION Box sono Android e con-
sentono la fruizione di tutti i contenuti Calcio e Sport
e di intrattenimento, sia TIMVISION che di tutti nostri
partner. E sono stati aggiornati per il multicast. I nuovi
decoder stanno arrivando in queste settimane, e qual-
cuno poterbbe ricevere ancora il modello attuale.
ENTERTAINMENT
TIM Vision, le FAQ e le rispostesegue Da pagina 02
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
di Roberto PEZZALI
L’appuntamento con le Olimpiadi, dal
23 luglio all’8 agosto, è un appun-
tamento particolare: un po’ perché
siamo in piena estate, quindi in periodo
di vacanze, un po’ perché la 32esima
edizione dei Giochi Olimpici si svolge
a Tokyo e la maggior parte delle gare è
concentrata durante la notte o la mattina
presto. La storia vuole, soprattutto se par-
liamo di Olimpiadi, che si possa accende-
re la TV e vedere tutto senza problemi.
Purtroppo non è più così: Discovery sarà
l’unica emittente che, tramite Discovery+,
trasmetterà tutto l’evento. Per la precisio-
ne, saranno oltre 3000 le ore live che la
piattaforma trasmetterà nei 17 giorni di
competizione, fino a 30 canali in contem-
poranea dedicati a tutte le 48 discipline e
a tutti i 339 eventi previsti, dall’inizio alla
fine della premiazione, senza interruzio-
ni. Con un occhio speciale alla squadra
azzurra.
Le diverse opzioni: gratuite e a pagamentoDove possono vedere gli italiani le Olim-
piadi? Ecco uno specchietto riepilogativo.
Discovery+: 3000 ore e 30 canaliGli abbonati a Discovery+ avranno ac-
cesso in streaming a tutti i contenuti e
a tutte le gare, con un numero di canali
variabili che arriverà anche a 30 canali
nei momenti di necessità. Chi si iscriverà
dal 19 luglio al 1 agosto (scaricando l’app
su tutti i principali store o visitando disco-
veryplus.it) potrà godere di 3 giorni di
free trial e, oltre alla sottoscrizione men-
sile, potrà scegliere di abbonarsi per 12
mesi a 29,99 euro complessivi.
L’app di Discovery Plus è presente sul-
la maggior parte dei dispositivi e delle
Smart TV, e il prezzo è assolutamente
ragionevole se si calcola che è comun-
que un abbonamento annuale e che, al
termine delle Olimpiadi, ci saranno co-
munque altri eventi sportivi. Tra questi i
Grandi Giri di ciclismo (con la Vuelta in
esclusiva), i tre Grandi Slam del tennis
(Us Open, Australian Open e Roland
Garros), la serie A di basket, gli sport
invernali, il golf e la 24 Ore di Le Mans.
Saranno inclusi anche i Giochi Olimpici
ENTERTAINMENT Le complessità dei diritti TV e degli accordi di distribuzione tengono banco
Dove vedere le Olimpiadi, gratis e a pagamento Da Discovery+ a TIM Vision e Rai, ecco la guidaSolo Discovery+ farà vedere tutto, ma i canali Eurosport sono disponibili anche su altre piattaforme
Invernali Beijing 2022 e tutta la parte di
intrattenimento di discovery+ originals.
Eurosport Player Si vede tuttoColoro che sono abbonati a Eurosport
Player hanno accesso a tutti i contenuti.
Per i nuovi clienti è ovviamente consiglia-
to passare da Discovery+ per fruire dello
sconto promozionale.
RAI: 200 ore su digitale terrestre e satellite, niente streamingLa Rai ha preso i diritti per il broadcasting
tradizionale ma non ha preso i diritti per
lo streaming. Questo vuol dire che potrà
trasmettere circa 200 ore su Rai Sport
ma solo tramite digitale terrestre o satel-
lite (Tivusat). Non ci sarà quindi Rai Play,
e non sarà possibile guardare le gare da
smartphone o in differita.
DAZN: due canali gratis per chi è abbonato con i momenti salientichi è abbonato a DAZN può vedere sen-
za costi aggiuntivi i due canali Eurosport
1 HD e Eurosport 2 HD. Su questi canali
verrà trasmessa una sintesi degli eventi
principali.
Amazon Prime Video Tutto l’evento ma si paga di piùDiscovery+ è disponibile anche come
“Channel” per gli abbonati di Amazon
Prime Video. Chi si abbona tramite Ama-
zon pagherà con il suo account Amazon
e avrà accesso a tutti i contenuti e a tutti
i 30 canali, quindi sarà come avere l’app
di Discovery+. L’unico limite è che si pa-
gano 3,99 € al mese, quindi niente offer-
ta annuale, e si è vincolati al passaggio
tramite l’app Amazon Prime Video per
poter accedere ai contenuti che saranno
di fatto “integrati”.
Sky: niente Olimpiadi al momento, i canali Eurosport trasmetteranno altroNonostante Sky abbia un accordo che
prevede i canali Discovery sulla sua
piattaforma, il contratto che ha stipulato
con Discovery esclude al momento la
visione delle Olimpiadi. Questo vuol dire
che mentre i due canali Eurosport HD
su DAZN trasmetteranno la sintesi e gli
eventi principali, su Sky verrà trasmesso
altro, ma non le Olimpiadi. In queste setti-
mane le cose potrebbero cambiare: è un
semplice accordo economico, Discovery
chiede a Sky di pagare i diritti aggiuntivi.
Se lo facesse avrebbe gli stessi contenu-
ti di DAZN, quindi la sintesi.
TIM Vision: tutte le 3000 ore, e pure il canale 4K in esclusivaGli abbonati a TIM Vision avranno ac-
cesso senza pagare nulla di più all’intera
programmazione di Discovery+. Quindi a
tutte le 3000 ore di contenuti. Non solo:
attraverso il TimVision Box Eurosport tra-
smetterà in esclusiva il canale Eurosport
4K, con le migliori gare della manifesta-
zione in Ultra HD. Sarà un canale solo,
ma sarà l’unico modo per vedere parte
dell’evento in 4K. Rai, anche tramite Ti-
vùsat, non ha i diritti per il 4K.
Fastweb: i clienti fibra e mobile le vedranno gratisL’operatore è main partner del Coni e
dell’Italia Team: tutti gli abbonati fibra e
mobile di Fastweb hanno accesso gratu-
itamente per tre mesi a tutti i contenuti
di Discovery+, compresi quindi i Giochi
Olimpici di Tokyo 2020. Vedranno tutti i
canali e tutti gli eventi.
Jeff Bezos è andato nello spazio. Ed è tornato dopo 10 minuti. Via ai viaggi turistici spazialiIl viaggio nello spazio dell’uomo più ricco del mondo oltre i 100 km dalla Terra provando l’esperienza dell’assenza di peso ha segnato l’inizio di un’epoca di Sergio DONATO
Jeff Bezos è andato nello spazio a bordo della capsula del sistema di lancio New Shepard. Ha oltrepas-sato la quota di 100 km in un volo suborbitale ed è atterrato dopo cir-ca 10 minuti in una zona desertica del Texas insieme ai tre compagni di volo: il fratello di Bezos, Mark, l’ex aviatrice Wally Funk di 82 anni e il diciottenne Oliver Daemen, il primo turista pagante della storia della Blue Origin. Daemen e Funk sono diventati rispettivamente l’astronauta più giovane e più an-ziano al mondo. Blue Origin è la compagnia spaziale fondata da Jeff Bezos, già fondatore ed ex CEO di Amazon, nonché attual-mente uomo più ricco del mondo. Il viaggio suborbitale NS16 a cui ha partecipato Bezos è stato anche il primo della Blue Origin con perso-nale umano dopo le 15 missioni di test del sistema di lancio New She-pard. Al’interno della capsula in cima al modulo c’erano solo i quat-tro turisti spaziali, poiché il viaggio della New Shepard è completa-mente automatizzato e non richie-de la presenza di piloti o ingegne-ri. Nella capsula, i 4 hanno potuto provare l’esperienza dell’assenza di peso per circa 4 minuti mentre si godevano il paesaggio della Terra vista da una quota di oltre 100 km.
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
di Paolo CENTOFANTI
Benvenuti al primo appuntamento con la TV Aca-
demy, una nuova serie di approfondimenti in cui
ci addentreremo in alcune delle ultime tecnologie
in ambito TV: HDR, HDMI 2.1, Mini LED, Quantum Dots,
e molto altro ancora. Nostro partner in questo viaggio è
Samsung, interessata come noi ad aumentare la com-
petenza e la consapevolezza tecnologica degli utenti. I
contenuti, in ogni caso, rimangono approfondimenti in-
dipendenti di DDay.it, certamente illustrati con immagini
Samsung, ma privi di condizionamenti.
Dopo questa doverosa precisazione, siamo pronti per
partire con questo primo episodio in cui parleremo di 8K,
formato che rappresenta l’ultima frontiera dell’evoluzio-
ne degli standard TV, ma le cui caratteristiche e obiettivi
sono ancora poco compresi, portando spesso a sottova-
lutarne le potenzialità. Ne ripercorriamo brevemente la
storia e cercheremo di soddisfare ogni curiosità.
Il formato video “definitivo” che nacque prima del 4K
Lo sapevate che l’idea del formato 8K nasce ben prima
dell’avvento dei TV 4K? Siamo abituati a pensare all’8K
come il successore del 4K, ma a dirla tutta, le prime ricer-
che su uno standard televisivo 8K risalgono addirittura
al 1995, prima ancora che si affacciassero sul mercato
i primi televisori in alta definizione. L’invenzione dell’8K
la dobbiamo agli ingegneri giapponesi dei laboratori
della mitica emittente nipponica NHK, che a partire dalla
seconda metà degli anni ’90 iniziarono i lavori sullo svi-
luppo di quella che battezzarono Super Hi-Vision, evolu-
zione dell’Hi-Vision, come veniva chiamata in Giappone
l’alta definizione, paese che avviò per primo trasmissioni
regolari con definizione superiore a quella standard.
Mentre in Europa si gettavano le basi per l’avvento della
TV digitale, l’NHK voleva creare uno standard televisivo
definitivo, con caratteristiche cioè che avrebbero rag-
giunto i limiti del sistema percettivo umano e avrebbero
TV E VIDEO Siete sicuri di sapere tutto sul formato 8K? E se vi dicessimo che non è il successore del 4K, ma anzi il suo progenitore?
TV Academy, prima puntata: dal 4K all’8K Storia, potenzialità e vantaggi del nuovo formatoIn questo primo episodio, andremo alla scoperta del formato, delle sue origini e vantaggi, in un viaggio che ha diverse sorprese
reso futile in futuro lo sviluppo di ulteriori formati. Pun-
tarono quindi direttamente ad un formato televisivo da
oltre 4000 linee di scansione (all’epoca si ragionava an-
cora in termini di tubi catodici) e con audio 3D, pensato
per offrire un angolo di visione di 100 gradi su schermi
da almeno 100 pollici.
La prima presentazione di un sistema Super Hi-Vision av-
venne nel 2002, quando NHK mostrò all’inaugurazione
dei suoi Science & Technology Research Laboratories
un sistema con risoluzione di 7680 x 4320 pixel e au-
dio a 22.2 canali. Il primo video fu presentato nel 2003
attraverso un sistema prototipo che sfruttava 16 video
recorder HD per riprendere le immagini da 4 sensori con
risoluzione di 3840x2048 pixel opportunamente combi-
nati per creare un fotogramma da 7680 x 4320 pixel.
Occhio a questi numeri, che ci dicono le caratteristiche
principali del formato 8K: il sistema presentato da NHK
offriva infatti una risoluzione pari a 16 volte quella di un
segnale HD, e 4 volte quella del formato che oggi comu-
nemente chiamiamo 4K, che ha una risoluzione vicina
a quella di quei primi sensori di immagine, 3840x2160
pixel. Nasce ufficialmente il nuovo formato Super Hi-Vi-
sion. Nel 2005, NHK porterà il suo Super Hi-Vision a
EXPO 2005 in Giappone, per la prima presentazione
al grande pubblico, mentre nel 2008 verrà presentata
la prima trasmissione sperimentale satellitare in Super
Hi-Vision all’IBC di Amsterdam, con la collaborazione di
RAI e BBC. NHK ha acceso le prime trasmissioni satelli-
tari 8K in Giappone nel 2018, in anticipo rispetto ai piani
originari presentati agli inizi degli anni 2000.
Ma da dove arrivano le sigle 8K e 4K?Nel 2007 la SMPTE (Society of Motion Picture and Te-
levision Engineers) formalizzerà ufficialmente il nuovo
formato promosso dalla NHK definendo per la prima
volta l’Ultra High Definition Television o UHDTV nelle
due risoluzioni che sono quelle che oggi conosciamo:
UHDTV1 con risoluzione di 3840x2160 pixel e UHDTV2
con risoluzione 7840x4320 pixel. Oggi vengono co-
munemente indicate rispettivamente come 4K e 8K,
lab
video
Presentazione in Giappone da parte di NHK del formato Super Hi-Vision nel 2005 con uno dei primi video 8K della storia. Per la vi-sualizzazione all’epoca venivano utilizzati due videoproiettori custom D-ILA 4K opportuna-mente allineati per avere risoluzione 8K sul verde e 4K su rosso e blu.
Dai nostri archivi. Nel 2006, Pioneer presentò al CEATEC di Tokyo un prototipo di pannello al pla-sma da 18 pollici con pixel da 0,36 x 0,36 mm di dimensione. Avrebbe dovuto essere il mattoncino alla base dei futuri televisori al plasma 8K da 125 pollici, che però non videro mai la luce. Fu Panasonic invece a presentare un plasma da 145 pollici 8K ben 6 anni dopo, nel 2012, sempre in collaborazione con NHK.
segue a pagina 06
torna al sommario 6
MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
ma perché? Le sigle hanno il dono della brevità, ma
il legame con la storia della Super Hi-Vision e le riso-
luzioni di cui sopra potrebbe non sembrare così ovvio.
Anche se come abbiamo visto l’Ultra HD affonda le sue
radici nel mondo del Broadcasting, le diciture 4K e 8K
rispecchiano in realtà quello che è il vocabolario dell’in-
dustria cinematografica. Se nel primo caso si ragionava
in termini di risoluzione verticale e linee di scansione
per analogia al tubo catodico, nel mondo del cinema
il riferimento era costituito dalla pellicola e in particola-
re dalla sua larghezza (i famosi 35 mm e 70 mm). Con
l’avvento del digitale, anziché misurare la larghezza del
fotogramma in mm si cominciò a contare i pixel, cioè la
risoluzione orizzontale: in ambito cinema il 4K è definito
con una risoluzione di 4096x2160 pixel, quindi quattro
mila pixel circa in larghezza, da cui appunto il 4 seguito
dalla K intesa come simbolo delle migliaia. In ambito vi-
deo i pixel sono 3840, un po’ meno di 4000, ma la sigla
4K funziona lo stesso. Per l’8K il discorso è esattamente
lo stesso: 7680 sono infatti quasi 8000 pixel e anche
in questo caso nel cinema c’è un formato leggermente
più largo, con 8192 pixel in orizzontale. Sarà proprio il
cinema a sancire l’affermazione del 4K come tappa tran-
sitoria verso l’8K, formato che venne adottato per la riso-
luzione grossolanamente comparabile a quella media di
una pellicola a 35 mm ( in realtà dare un numero preciso
alla risoluzione in pixel della pellicola è particolarmente
arduo a causa dei numerosi fattori di cui tenere conto),
oltre naturalmente che per i limiti tecnologici dell’epoca
che non consentivano di spengersi oltre.
8K non solo per immagini più definite, ma per una maggiore immersioneCome abbiamo visto l’obiettivo degli ingegneri giappo-
nesi era quello di creare un ultimo formato “definitivo”
per qualità di immagine, ma anche per angolo di visione.
Il sogno che inseguivano i giapponesi all’epoca dello
sviluppo della Super Hi-Vision era infatti quello di creare
un giorno schermi grandi come pareti e che avessero
una risoluzione tale da apparire come vere e proprie fi-
nestre su un altro mondo, creando un senso di totale im-
mersione e “presenza”. Le principali dimostrazioni della
Super Hi-Vision nei primi anni 2000 erano accompagna-
te da materiale illustrativo che dipingevano classici ap-
partamenti giapponesi (rinomatamente non molto ampi),
con finestre “elettroniche” che ne allargavano artificial-
mente gli orizzonti. Un’immagine 8K è composta da 33
milioni di pixel, un numero che consente di avvicinarsi
moltissimo allo schermo senza percepire i singoli pixel
e quindi, in un certo senso, di “non vedere” lo schermo
per quello che è.
Avvicinarsi allo schermo ha come conseguenza diretta
quella di aumentare l’angolo di visione, cioè la porzione
del nostro campo visivo che sarà occupata dall’imma-
gine da esso proiettata. Maggiore è l’angolo di visione,
superiore è il coinvolgimento suscitato nello spettatore
e l’obiettivo dell’8K è quello di creare una sensazione di
presenza realistica.
Tradizionalmente, l’SMPTE ha sempre raccomandato
un angolo di visione ideale di almeno 30 gradi per una
buona esperienza cinematografica; secondo le racco-
mandazioni THX invece l’angolo dovrebbe essere di al-
meno 40 gradi. Ma l’8K permette di arrivare ad angoli di
visione molto più elevati prima di arrivare al limite della
risoluzione del nostro occhio. Quant’è quindi l’angolo di
visione ottimale per uno schermo 8K? Se l’alta definizio-
ne era stata concepita in modo tale che la distanza di
visione ottimale fosse pari all’incirca a tre volte l’altezza
segue Da pagina 05
Le raccomandazioni dell’I-TU in termini di distanza di visione per i vari formati video.
Il The Wall di Samsung è quanto di oggi ci sia di più si-mile all’originale visione di NHK, schermi ultra definiti e capaci di immergere completamente gli spettatori nell’esperienza di visione.
dello schermo, con un angolo di visione di circa 30 gra-
di, nel caso degli schermi 8K la distanza ottimale è pari
a circa 0,8 volte l’altezza dello schermo, per un angolo
di visione di ben 96 gradi (come riferimento, l’angolo di
visione di un visore VR come l’Oculus Quest 2 è di 90
gradi). L’angolo di visione dell’uomo è di circa 200 gradi
considerando la vista periferica monoculare e di circa
120 gradi in termini di visione binoculare, per cui siamo
davvero vicini al concetto di immersione totale.
Stessa distanza, ma schermi sempre più grandiPer capire come l’8K può cambiare l’esperienza di visio-
ne vediamo qualche esempio concreto. Parametri come
dimensione e risoluzione dello schermo, sono intrinse-
camente legati alla distanza tra display e spettatore e
quindi all’angolo di visione, parametri che vanno com-
binati in modo da garantire un buon coinvolgimento e
allo stesso tempo permettere di apprezzare il livello di
dettaglio, ma senza superare la soglia oltre cui la griglia
dei pixel diventi evidente. Con l’8K ci si scontra - come
da obiettivi degli ingegneri che hanno lavorato alla Su-
per Hi-Vision - con i limiti del sistema percettivo umano.
Prendiamo uno schermo da 65 pollici (altezza di circa
80 cm e larghezza di 144 cm) e mettiamoci nel caso
ideale di avere una vista da 10/10 (o 20/20). La bontà
della nostra vista determina infatti la nostra capacità di
percepire i dettagli e in base a ciò l’ITU-R ha pubblicato
una raccomandazione (BT.1845) in cui ha specificato di-
stanza e angolo di visione ottimali per i principali formati
di immagine.
Rifacendoci alle linee guida dell’ITU, nel caso di un di-
splay in alta definizione (1920x1080 pixel) la distanza
di visione ottimale sarebbe di circa 2,6 metri. Passan-
do ad una risoluzione 4K (3840x2160 pixel), la soglia
si dimezza a circa 1,3 metri. Saliamo ancora, fino all’8K
(7680x4320 pixel), e la distanza oltre cui comincerem-
mo a percepire la griglia di pixel diminuisce fino ad
appena 0,6 metri circa. Ora consideriamo l’angolo di
visione: passeremmo dai 31° del full HD, ai circa 58° del
4K per finire con i 96° dell’8K. Possiamo approcciare
l’argomento anche da un altro punto di vista, mante-
nendo fissa la distanza di visione, cioè la distanza tra il
nostro divano e lo schermo. Prendiamo rispetto all’e-
sempio appena visto come riferimento una distanza di
2,5 metri. Con un TV full HD, abbiamo visto, il polli-
segue a pagina 07
TV E VIDEO
TV Academy: Dal 4K all’8K
torna al sommario 7
MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
ciaggio ideale è di circa 65 pollici. Con il 4K possiamo
spingerci già fino ad un massimo di 126 pollici, uno
schermo con la ragguardevole base di quasi 2,8 metri.
E con l’8K? Lo schermo ottimale avrebbe un’altezza di
circa 3,1 metri e una larghezza di circa 5,5 metri, per
una diagonale di oltre 170 pollici: un’intera parete di
casa come immaginato dagli ingegneri dell’NHK e da
quella distanza non percepiremmo i singoli pixel con
un risultato straordinario. Oggi non esistono TV con
queste caratteristiche, ma lo sviluppo della tecnologia
MicroLED potrebbe consentire tra qualche anno di
raggiungere davvero un simile risultato.
Quanto abbiamo visto fino ad ora è vero per contenuti
pensati per sfruttare appieno un tale angolo di visione
e la raccomandazione ITU che abbiamo citato è proprio
rivolta ai creatori affinché tengano conto della distanza
di visione ottimale. Ma la maggior parte dei contenuti di
oggi non sono ancora concepiti per una simile fruizio-
ne. L’effetto sarebbe come quello che si ottiene quan-
do ci si siede in prima fila al cinema: dovremmo girare
Il MicroLED, con la possibilità di essere completamente modulare, permetterà di costruire schermi su misura, luminosi e con risoluzione 8K. In questo senso, Samsung è stata pioniera con il lancio della prima gamma di prodotti MicroLED anche per il mercato consumer, seppure i prezzi siano ancora quelli di beni di lusso.
TV E VIDEO
TV Academy: Dal 4K all’8Ksegue Da pagina 06
la testa da un lato all’altro dello schermo e avremmo
difficoltà a seguire il quadro di insieme con uno scher-
mo così grande. Con i contenuti tradizionali, in realtà,
un angolo di visione di circa 70 gradi viene considerato
il massimo per ottenere una visione confortevole, per
una distanza di visione di circa 1,27 volte l’altezza dello
schermo. Prendendo come esempio un tipico schermo
8K che si trova oggi in commercio da 85 pollici (1,88
x 1,06 metri), la distanza di visione ottimale per avere
un angolo di 70 gradi è di circa 1,3 metri, la stessa che
abbiamo visto essere ottimale per uno schermo 4K da
65 pollici. Detto in altri termini, il passaggio da 4K a 8K
a parità di distanza di visione di 1,3 metri, ci consenti-
rebbe già oggi di aumentare la diagonale del TV da 65
pollici a 85 pollici senza introdurre una percezione di
perdita di qualità e aumentando il nostro coinvolgimen-
to con un angolo di visione confortevole.
Con l’avvento dell’upscaling basato su Intelligenza Artificiale, l’8K ha senso anche in assenza di contenuti nativiL’obiezione classica che spesso accompagna le di-
scussioni sull’8K è legata alla disponibilità dei contenu-
ti in questo formato. Giustamente viene infatti fatto os-
servare che a parte rare eccezioni (come la partnership
stretta da Samsung con Chili ad esempio) la maggior
parte dei servizi di video on demand non offrono an-
cora video in 8K, mentre un nuovo formato di supporto
ottico capace di supportare la massima risoluzione Ul-
tra HD difficilmente vedrà la luce nell’immediato futuro.
E allora, a parte i benefici in termini di dimensione dello
schermo e coinvolgimento, tutti pixel sprecati? C’è un
aspetto molto importante di cui tenere conto e da non
sottovalutare ed è quello dei passi da gigante che sono
stati fatti nelle tecnologie di elaborazione del segnale
grazie all’avvento di tecniche di intelligenza artificiale
come machine learning e deep learning. Queste tec-
niche vanno al di là della “semplice” interpolazione
dei pixel, grazie alla capacità di riconoscere ciò che
ritrae un fotogramma e di ricostruire meticolosamente i
pixel mancanti in modo adattativo in base al contenuto
dell’immagine. Ad esempio, questi algoritmi consento-
no di identificare il viso di un soggetto e di applicare la
migliore tecnica di upscaling grazie all’addestramento
del software su centinaia di immagini simili.
Per capire il livello di evoluzione raggiunto da questi
algoritmi basti pensare che Samsung quest’anno ha
introdotto un nuovo processore con 16 reti neurali ad-
destrate per altrettanti aspetti dell’immagine.
Questi algoritmi consentono di creare un’immagine
8K a partire da un’immagine 4K in grado di sfruttare
la maggiore risoluzione dello schermo per riprodurre
un’immagine più realistica.
La versione 4K di un filmato “upscalata” su TV 8K e la stessa versione nativa 8K. L’8K è più dettagliato, ma l’upscaler basato su intelligenza artificiale ci arriva molto vicino.
Fotogramma in 4K su TV 4K. Si tratta di una porzione di un video 8K disponibile su YouTube.
Lo stesso fotogramma “upscalato” da 4k in 8K su TV Samsung Q950TS, il top di gamma 8K del 2020. Si noti la maggiore precisione delle linee sulla torre sulla destra.
clicca sulle immagini per l’originale
Negli esempi qui sotto, abbiamo confrontato un video nativo 8K su YouTube riprodotto in 4K su un TV 4K, in 4K su un TV 8K in upscaling e infine in 8K su un TV 8K. La prova è stata effettuata con il QLED top di
gamma Samsung dello scorso anno, l’ottimo Q950TS. In questo caso è possibile vedere come l’immagine “upscalata” sul TV 8K risulti comunque più detta-gliata della versione 4K su un TV con quella risoluzione nativa.
Ciò è importante nel momento in cui la visione avviene con uno schermo più grande e molto più ravvicinata. Ma è interessante osservare anche il minimo divario che c’è tra la versione 4K “upscalata” e l’8K nativo.
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
di Franco AQUINI
MediaWorld continua a credere nella formula dei
negozi “smart” e ci crede così tanto da aprirne
altri due nella stessa giornata: il primo in pieno
centro a Torino, nella centralissima Piazza Castello, e il
secondo nel popolare quartiere Tuscolano a Roma. I due
negozi fanno parte di un mini-lotto di negozi “smart” di
nuova apertura e portano a quattro gli store MediaWorld
di questo tipo già operativi in Italia.
DDAY.it era presente all’inaugurazione del negozio di
Torino, andando a curiosare all’interno di questa nuova
concezione di negozio, che sta a metà tra il punto di ri-
tiro e il negozio di prossimità. Un negozio fisico dove si
può acquistare sia quello che c’è in esposizione e in ma-
gazzino, sia online, tramite una TV touch in bella vista.
Lo “scaffale infinito” è virtuale ma assistitoUn MediaWorld Smart è un negozio dalle dimensioni più
piccole di quelli a cui ci ha abituato la catena. Quello di
Torino, per esempio, è di 400 mq tra area espositiva e
magazzino, contro i 1.500-2.000 e più di un megastore
convenzionale. Dentro, disposta su due piani, c’è l’espo-
sizione di tutte le tipologie di prodotti (TV, smartphone,
computer, lavatrici, frigoriferi, etc.); c’è il personale de-
dicato a dare assistenza ai clienti e un magazzino per
poter garantire la pronta consegna dei prodotti. A colpo
d’occhio non mancano merceologie, è come se si trat-
tasse di un negozio più “denso”. In più, però, c’è anche
l’esperienza online. Grazie a un grande schermo touch
- MediaWorld lo chiama “scaffale infinito” - il cliente può
acquistare online con il supporto di un addetto. Il tutto
nel rispetto della privacy: il cliente non ha bisogno di
fare l’accesso col suo account, ma sarà il personale a
concludere l’acquisto online. Chi invece ha già piena di-
mestichezza con il sito MediaWorld e ha già un account,
probabilmente comprerà da casa, ma potrà usare il Me-
diaWorld Smart come punto di ritiro.
Tutto ciò che viene acquistato online può essere, ov-
viamente, consegnato sia a casa che direttamente nel
negozio, così da rappresentare un punto strategico sia
per il servizio di pickup che per il pick&pay.
MediaWorld Smart quindi è un concetto di negozio
nuovo, figlio anche della pandemia e delle chiusure
che hanno costretto la grande distribuzione a ripensa-
re completamente non soltanto il canale di vendita, ma
anche il rapporto col cliente. Un negozio di prossimità,
di dimensioni più piccole, ha una densità di personale
più alta, può venire incontro più facilmente alle esi-
genze della clientela e magari sfruttare una diffusione
più capillare rispetto ai classici negozi dalle metrature
più ampie. Per l’occasione abbiamo scambiato qual-
che parola con Emanuele Cosimelli, Country Manager
Finance di Mediamarket.
DDAY.it: È un negozio più piccolo rispetto a quello che siamo abituati a vedere, però sembra esserci tuttoEmanuele Cosimelli: “Si, l’obiettivo è proprio quello di
avere un assortimento completo, che possa rispondere
alle esigenze della nostra clientela, in uno spazio che è
molto diverso rispetto ai nostri format tradizionali.”
DDAY.it: Per dare l’idea di un’attenzione maggiore alla clientela?Cosimelli: “Si, senza tuttavia snaturare lo spirito Me-
diaWorld, che è quello di un vasto assortimento che
è possibile trovare anche qui, il numero di prodotti in
esposizione è molto elevato.”
DDAY.it: Quindi quello che c’è in esposizione si può comprare direttamente, non solo online?Cosimelli: “Sì, questo tra l’altro risponde anche alla logi-
ca di pickup point e alla omnicanalità sulla quale stiamo
puntando da anni: avere un negozio che non è solo di
prossimità, ma che offre anche la possibilità di effettua-
re pickup in una zona di uffici e di shopping.”
DDAY.it: Vi aspettate un tipo di clientela differente da questo format rispetto a quella che frequenta i negozi tradizionali?Cosimelli: “Sicuramente la nostra clientela tradizionale
ci riconosce e il fatto di essere arrivati in centro città ci
rende più vicini, aumenta la nostra presenza sul territo-
rio. Dall’altro lato, intercettare nuove tipologie di clien-
tela, appunto quella di prossimità degli uffici, ma anche
turisti o clienti residenziali, va ad aggiungersi alla nostra
clientela classica.”
DDAY.it: Si può dire che la densità di personale per cliente in questo tipo di negozi è molto alta?Cosimelli: “Assolutamente si, questo infatti risponde
a una delle finalità primarie di questo tipo di negozio,
che è quella di dare servizio. Ovviamente il personale
da un valore aggiunto unitamente allo scaffale infinto
che mette a disposizione dei nostri clienti la totalità del
catalogo. In questo senso è una nostra scelta voluta.”
DDAY.it: In pratica volete abbattere il problema prin-cipale del consumatore, che spesso è quello di non sapere cosa comprare.Cosimelli: “Sì, l’idea è quella di passare da transazio-
ne a relazione. Da questo punto di vista il MediaWorld
Smart è fondamentale.”
DDAY.it: Abbiamo visto anche un’area post vendita per le riparazioni di smartphone e altro.Cosimelli: “Sì e questo è di nuovo un vantaggio del ne-
gozio di prossimità: un cliente che ha un problema può
entrare e avere il telefono riparato o l’assistenza su un
prodotto.”
DDAY.it: Per concludere: che programmi avete per questo tipo di negozi nel 2021?Cosimelli: “Intanto apriamo anche a Roma ed è una
cosa molto importante visto il periodo. Siamo molto con-
tenti di come sta andando il progetto pilota di Varese,
con tante soddisfazioni sia in termini numerici che per
la clientela. Torino e Roma sono sicuramente dei passi
importanti per il consolidamento del format sul quale
puntiamo, perché indubbiamente ci consente di essere
più capillari, soprattutto nel centro delle città”.
MERCATO DDAY.it è andata a curiosare all’inaugurazione del nuovo MediaWorld Smart di Piazza Castello a Torino. Ecco le novità
Inaugurati i MediaWorld Smart di Roma e Torino Tanti prodotti, assistenza e lo “scaffale infinito” Il negozio ha una concentrazione molto alta di prodotti e di personale. E c’è quello che MediaWorld chiama lo “scaffale infinito”
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
di Sergio DONATO
Audiogamma fa filotto e ha annunciato la distribu-
zione in esclusiva in Italia di tre aziende storiche
della diffusione e dell’amplificazione del suono:
Mark Levinson, JBL e Arcam.
Mark Levinson e la sua scapigliata libertà sonoraMark Levinson affonda le sue radici nel Connecticut;
l’anno è il 1972. Fu fondata dal suo omonimo, bassista e
ingegnere del suono. Passando tra le decadi attraverso
gli storici finali ML2, ML20.6, ML29 e il finale verticale
33 del 2004, si arriva ai giorni nostri, con Mark Levinson
che fa parte della rosa dei marchi del gruppo Harman
International, e Audiogamma che si accinge a distribu-
ire in Italia i suoi prodotti. Tre gli amplificatori integrati,
N°5802, N°5805 e N°585.5 in grado di erogare rispet-
tivamente 2 X 125W i primi due e 2 X 200W il top di
gamma, tutti su 8 ohm e in classe AB. N°5802 ha solo
con ingressi digitali, mentre il N°5805 ha anche gli RCA,
XLR e Phono MM/MC. Sono dotati dello stesso converti-
tore D/A 32bit/384KHz compatibile DSD 11.2MHz, MQA
e con connettività Bluetooth aptX HD. Sono tre anche i
preamplificatori, N°5206, N°523 e N°526. N°5206 ha un
design circuitale in pura classe A, stadio phono MM/MC,
DAC 32bit/384KHz Bluetooth con aptX HD e ingressi/
uscite XLR/RCA e uscita cuffia 6,3 mm in classe A.
Anche i finali si raggruppano in un terzetto: N°5302,
N°536 e N°534. 2 X 135 W il più piccolo, con possibilità
bridged, trasfor-
matore toroidale
da 1.100 VA e con-
densatori di filtro
da 10.000 uF per
canale. N°534,
stereo, è invece
capace di erogare
2 X 250 W su 8 ohm con una polarizzazione molto spin-
ta, sezione di alimentazione da 1800 VA e connettori
di uscita Hurricane. N°536 è la sua versione mono con
400 W su 8 ohm.
Tra le sorgenti digitali di Mark Levinson distribuite da Au-
diogamma c’è N°5101: un lettore CD/SACD, e streamer
di rete con DAC 32/192 incorporato e stadio di uscita
PurePath con uscite RCA e XLR; e N°519, lettore CD,
Streamer di rete e DAC con display TFT da 5” già pronto
per Roon. Ha connettività Bluetooth, Spotify, Tidal, Qo-
buz, Deezer, Rhapsody, Napster e Radio internet, con 2
ingressi USB-A per HDD e uscita cuffia 6,3 mm.
C’è anche il giradischi, N°5105, con braccio da 10” re-
golabile in altezza in fibra di carbonio e headshell in-
tegrato in alluminio. Piatto da 30cm del peso di 6Kg
e regolazione elettronica della velocità. Anche nella
versione N°5105MC con testina Ortofon Quintet Black
premontata.
MERCATO Audiogamma ha comunicato che diffonderà sul mercato italiano tre grandi nomi del settore audio mondiale
Audiogamma distribuirà tre storici brand audioJBL, Mark Levinson e Arcam in esclusiva per l’ItaliaPer JBL, distribuirà le linee HDI, Classic, Studio Monitors, Summit e Conceal, per Levinson gli storici amplificatori integrati e altro
JBL, un colosso del suono distribuito da AudiogammaNata nel 1927, JBL è un’azienda dedita alla diffusione
sonora molto conosciuta anche dai non appassionati
perché riesce a soddisfare le esigenze dell’ascolto ama-
toriale e professionale. Acquistata nel 2017 da Samsung
insieme al resto del gruppo Harman, Audiogamma avrà
cura della distribuzione in Italia delle linee HDI, Classic,
Studio Monitors, Summit e Conceal.
La serie HDI è caratterizzata dall’utilizzo combinato della
tecnologia brevettata High Definition Imaging (HDI), con
i driver a compressione 2410H-2, anch’essi brevetto di
JBL. La linea è composta da un diffusore bookshelf, HDI-
1600, un due vie in bass reflex con un woofer da 16,5
cm. Due diffusori da pavimento, HDI-3600 e HDI-3800,
entrambi 2,5 vie in
bass refelex, con
3 woofer ciascuno
rispettivamente
da 16,5 cm e 20
cm. Completano
la gamma un ca-
nale centrale, HDI-
4500, 2,5 vie in bass reflex con quadruplo woofer da 13
cm, e un subwoofer, HDI-1200P, dotato di un woofer da
30 cm e di una potenza di 1000W in classe D.
La gamma Classic comprende - oltre alla leggendaria
L100 Classic, rivisitazione della L100 dei primi anni ’70
- L82 Classic, un due vie con woofer da 20 cm, e infine
L100 Classic 75 e SA750, entrambi prodotti per cele-
brare il 75° anniversario dell’azienda. L100 Classic 75 è
una versione speciale e celebrativa delle L100, mentre
SA750 è un amplificatore integrato estremamente evo-
luto ed esteticamente ispirato a SA600 (il suo gemello
degli anni 60). È dotato di DSP con DIRAC e funzioni
Network, e può erogare erogare 120 W per canale su 8
ohm. La serie Studio Monitors introduce i prodotti pro-
sumer. Quattro i modelli, a partire dalla 4312G, diffusore
a 3 vie dotato di un woofer da 30 cm e un driver da 12,5
cm. Poi la 4309, la più piccola con tromba esponenziale
a compressione con driver in Teonex da 2,5 cm per i
medio-alti, doppio reflex e woofer da 16,5 cm. 4349 è
invece la prima dotata di tromba HDI in Sonoglass con
doppio driver D2415K da 3,8 cm, il woofer è da 30 cm e
con una bobina mobile da ben 3 pollici. Chiude la fila la
top di gamma 4367, dotata di doppio driver D2430 da
75mm per i medio alti e woofer da 38 cm con magnete
in neodimio. Quattro modelli anche per la serie Sum-
mit, di diverse dimensioni e prezzo, che rappresenta
l’apice del catalogo JBL. Si comincia con S3900, che è
il modello di ingresso: doppio woofer da 25 cm, 1 twe-
eter da 5 cm e un supertweeter da 1,9 cm.. Segue la
S4700, che adotta lo stesso woofer della 4367, ma con
le alte frequenze riprodotte da una coppia di driver a
compressione in titanio in un gruppo a doppia tromba
SonoGlass con tweeter da 2 pollici e supertweeter in
titanio da 0,75 pollici. La vetta si fa più vicina con la K2
S9900, con un woofer da 38 cm in alnico e un gruppo
motore dal peso di ben 16 kg e tweeter-supertweeter
con cupola in berillio e magneti in neodimio. Infine, il
top della gamma JBL, massima espressione del co-
struttore: le Everest DD67000. Tre vie con due woofer
a tre strati da 38 cm in alnico, tweeter a compressione
in berillio da 10 cm e un super-tweeter da 2,5 cm che
arriva fino a 60 kHz. La serie Conceal è la più riservata
del gruppo: è una linea di prodotti da incasso compo-
sta da tre modelli e un subwoofer, tutti caratterizzati da
rivestimento esterno verniciabile Fidelity Glass. C62 è
un 2 vie con woofer da 16,5 cm e tweeter a cupola da
2,5 cm. Gli somiglia molto C83, che si differenzia solo
per la gamma bassa, adottando driver da 20 cm. C86
è invece composto da due differenti unità, una ospita
il solo woofer da 20 cm, e l’altra è dotata di quatto mi-
drange da 3 cm e un tweeter a cupola da 2,5 cm. Infine
il subwoofer C82W con due unità separate con woofer
da 20 cm l’una.
Arcam, da Albione all’ItaliaAudiogamma ha comunicato anche che distribuirà in
esclusiva i prodotti Arcam, storico marchio britannico
e appartenente anch’esso al grande gruppo Harman
International Industries.
N°536
EVEREST DD67000
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
di Sergio DONATO
L’Autorità per le Garanzie nelle Co-
municazioni (AGCOM), nel suo Os-
servatorio sulle Comunicazioni del
12 luglio, ha tirato le somme al 12 marzo
2021 sulla situazione delle connessioni
italiane, sui risultati dell’editoria, delle
televisioni e anche del settore postale.
In Italia ci sono 2,1 milioni di connessioni FTTHIl Garante ha detto che se nel marzo
2017 oltre l’80% degli accessi alla rete
fissa era in rame, dopo quattro anni
questi sono scesi al 33% (con una fles-
sione di 9,93 milioni di linee). Sono con-
seguentemente aumentati gli accessi
FTTC (+7,11 milioni di unità), FTTH (+1,65
milioni) e FWA (+ 0,70 milioni). Il totale
delle connessioni in FTTH (Fiber To The
Home) in Italia a fine marzo 2021 è di
2,1 milioni. Le linee con velocità pari o
superiori ai 100 Mbit/s tra marzo 2017
e marzo 2021 sono passate dal 5,6 al
55,1% del totale. TIM è il maggiore ope-
ratore con il 42,2%, seguito da Vodafo-
ne con il 16,4%, Fastweb con il 15,1% e
WindTre con il 13,9%.
Osservando l’utilizzo di internet,
AGCOM ha scoperto che, nel mese di
marzo 2021, 44 milioni di utenti medi
giornalieri hanno navigato in rete per un
totale di 66 ore di navigazione mensi-
le a persona. Tra i social, Facebook ha
avuto 35,9 milioni di utenti unici e una
dinamica in contrazione su base an-
nuale (-2,5 milioni di navigatori), ma si
conferma la principale piattaforma uti-
lizzata dagli utenti. Sorprendentemente
Pinterest segna +3,1 milioni di utenti e
Tik Tok +3,4 milioni di utenti.
Gli italiani consumano 11,6 GB di dati al meseNel settore della rete mobile, le sim
complessive superano i 104 milioni re-
gistrando una crescita su base annua di
1,2 milioni di unità. Sono aumentate in
modo consistente le SIM M2M (Machine
to Machine), spinte da un +2 milioni di
schede SIM nello stesso periodo.
Tim guida il mercato con il 29,0%, se-
guita da Vodafone, 28,7% e Wind Tre
25,3%, mentre Iliad si prende il 7,2%. Se
si escludono le M2M e si considerano
solo le SIM usate dalle persone, Iliad
tocca il 9,7% di quota di mercato di SIM
con una crescita del 2,3% su base an-
nua. Interessante il dato sul consumo
medio unitario mensile di dati nel primo
trimestre dell’anno, che è stato stimato
in circa 11,6 GB/mese, in crescita di oltre
il 40% su base annua, mentre nel pri-
mo trimestre del 2021 oltre il 72% delle
linee usate da persone ha effettuato
traffico dati.
Comanda Mamma RaiNel settore televisivo la Rai guarda tutti
dall’alto con 4,3 milioni di telespetta-
tori nel giorno medio e raggiunge uno
share del 37,5% rispetto a marzo 2020.
Mediaset si prende il secondo posto:
3,7 milioni di telespettatori nel giorno
medio ma registra una diminuzione del-
la propria quota (-0,3 %) che si attesta
al 31,8%. Nello stesso periodo, calano
leggermente Comcast/Sky (-0,6%) e
La7 (-0,6%), mentre stabile risulta quel-
la di Discovery. Complessivamente gli
altri operatori evidenziano una dato in
controtendenza con +2 punti percen-
tuali di ascolti che complessivamente
raggiungono il 14,2%. Il TG1 e il TG5
sono i telegiornali più seguiti: 11,3 mi-
lioni di spettatori totali tra i due. Al ter-
zo posto l’informazione rizomatica del
TG3 Regionale serale che ha uno share
del 15,3%.
I quotidiani calano. In tre anni vaporizzato il 42% delle copie cartaceeNell’editoria i quotidiani cartacei e di-
gitali confermano la tendenza in calo
di copie vendute, registrando su base
annua una flessione del 9% e un totale
di copie vendute di 50 milioni.
AGCOM ha anche osservato l’anda-
mento da marzo 2017 a marzo 2021.
In questo periodo le copie giornaliere
cartacee complessivamente vendute
passano da 50 a 29 milioni, con una
contrazione del 42%.
Sempre più corrieri per le strade. Crescono le consegne domesticheIl settore postale è in crescita. I ricavi
rispetto a marzo 2020 sono cresciuti di
ben il 25,5%. Se il servizio di corrispon-
denza registra -7,9% su base annua,
comprensibilmente cresce la conse-
gna dei pacchi: +41,9% su base annua,
con i servizi di consegna nazionali che
evidenziano una crescita non lontana
dal 50%. Se si guarda ai volumi invece
che ai ricavi, i servizi di corrispondenza
mostrano un calo del 6%, mentre i pac-
chi movimentati gonfiano il petto con
un +62,9% e tenendo conto solo delle
consegne domestiche.
Il principale operatore è il Gruppo Po-
ste Italiane con il 36,1%, sebbene mo-
stri una flessione del 5,7% su base an-
nua, seguito da BRT con il 13,6%, e da
Amazon che, con una crescita del 4,3%
rispetto a marzo 2020 sale al 12,4%.
MERCATO In tre anni sono calate le connessioni in rame mentre crescono FTTC, FTTH, e FWA
In Italia 2,1 milioni di linee FTTH totali Spedizioni +63%. I dati di AGCOMGli italiani navigano per 11,6 GB al mese e le consegne domestiche sono aumentate del 63%
Intel, voci di trattative per GlobalFoundries L’acquisto per 30 miliardi di dollariIntel starebbe trattando l’acquisto di GlobalFoundries per circa 30 miliardi di dollari. GlobalFoundries produce processori per terzi ed è la terza fonderia al mondo per quote di mercato. La voce dell’acquisto di GlobalFoundries arriva dal Wall Street Journal, che ha potuto sentire persone informate sulle trattative. Tuttavia, le intenzioni di acquisto sembrerebbero non includere i dirigenti di GlobalFoundries, ha riferito un portavoce della società. GlobalFoundries è nata 12 anni fa, quando è stata scorporata da AMD. Soprattutto dopo l’arrivo del nuovo CEO, Pat Gelsinger, Intel sta spingendo molto per recuperare una posizione di punta nello sviluppo e nella realizzazione di processori. L’eventuale acquisto di GlobalFoundries potrebbe anche essere letta come la volontà di Intel di fare fronte con le proprie forze alla carenza di semiconduttori che lo stesso Gelsinger ha detto che “durerà ancora diversi anni”.
Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009
e
www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano
n. 308 del’8 novembre 2017
direttore responsabileGianfranco Giardina
editingMaria Chiara Candiago
EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl
via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
di Sergio DONATO
Il National Institute of Information and
Communications Technology giap-
ponese (NICT) ha raggiunto l’impres-
sionante velocità di trasmissione di 319
Tb/s (terabit al secondo) su una distanza
di 3.001 km usando una fibra ottica mul-
ti-core coupled da 4 core, cioè compo-
sta da quattro fasci di fibre ottiche.
Il NICT di Tokyo non è per niente nuovo
a questi record: nell’aprile del 2020 era
già riuscito a trasmettere per 2.040 km a un velocità di 172 Tb/s su una fibra
multi-core coupled da 3 core. Le fibre
multi-core coupled hanno una pluralità
di nuclei (i fili di fibra ottica) e un rive-
stimento che li circonda. I nuclei sono
disposti in modo tale che le superfici
periferiche dei nuclei adiacenti siano in
contatto tra loro.
319 Tb/s su 3.001 km: velocità pazzesche per un cavo da 4 coreI ricercatori del NICT hanno ottenuto
quindi un altro record: sono riusciti a tra-
smettere le bande S, C e L (differenzia-
te in base alla lunghezza d’onda della
luce) con un data rate di 319 Tb/s su una
distanza di 3.001 km usando un cavo
multi-core coupled da 4 core standard
(diametro di 0,125 mm) e multiplazione
a divisione di lunghezza d’onda (Wa-
velength Division Multiplex, WDM) con
un particolare metodo di amplificazione
del segnale chiamato Raman.
Questa comprensibile complessità nel
tradurre il risultato ottenuto dai ricerca-
tori può essere spiegata se prendiamo
degli esempi più concreti. I ricercato-
ri hanno detto che il risultato è ottimo
in vista dei cavi SDM ai quali sarà ri-
chiesta una capacità di trasmissione
sempre maggiore. Già, ma cosa sono i
cavi SDM (Space Division Multiplexing,
ovvero multiplazione a divisione di spa-
zio)? Sono speciali cavi sottomarini che
si dipanano sotto gli oceani per dare
vite alle note dorsali di internet. Uno
degli ultimi posati è il cavo Dunant di Google nell’Atlantico, srotolato lungo
6.400 km da Virginia Beach negli Stati
Uniti a Saint-Hilaire-de-Riez in Francia,
e composto da 12 paia di nuclei di fibre
ottiche; che gli danno una capacità di
trasmissione di 250 Tb/s.
I cavi sottomarini più tradizionali sono
composti da 4 a 8 coppie di nuclei di
fibre. Gli SDM possono essere da 12,
come il Dunant di Google, o da 16 coppie
di nuclei. Ottenere una capacità di tra-
smissione di 319 Tb/s su 3.000 km usan-
do un cavo multi-core da 4 nuclei, ma
con la tecnica WDM invece della SDM,
permetterebbe di triplicare le attuali ca-
pacità di trasmissione massime usando
cavi dello stesso diametro complessivo.
Il NICT fa sapere che il cavo multi-core
da 4 core con diametro di placcatura
standard è attraente per la nuova tecno-
logia delle fibre SDM in high-throughput
e i collegamenti a lunga distanza, dal
momento che è compatibile con l’infra-
struttura dei cavi convenzionali e do-
vrebbe avere un’affidabilità meccanica
paragonabile alle fibre monomodali.
MERCATO Il NICT di Tokyo ha raggiunto l’incredibile velocità di 319 Tb/s su 3.001 km di distanza
Fibra ottica a velocità record: 319 Tb/s Su distanza di 3.001 km e cavo da 4 coreHa usato una fibra ottica multi-core coupled da 4 core, cioè composta da 4 fasci di fibre ottiche
Addio ad Albino Sonato, storico presidente di Euronics e Aires. Più di tutti ha creduto all’ associazionismoAddio ad Albino Sonato, protagonista a cavallo tra i due secoli del mercato dell’elettronica di consumo
di Gianfranco GIARDINA
Albino Sonato è scomparso ad 81 anni. È stato un grande imprendi-tore del nostro settore con la Derta SpA, con diversi negozi in Trivene-to; ma soprattutto aveva un talen-to particolare nel fare sistema, nel mettere assieme forze buone del mercato per associare realtà in fer-ma concorrenza tra loro ma trop-po piccole per poter confrontarsi da pari con le grandi catene che stavano via via affermandosi. Fu seguendo questi principi di unione che Sonato nel 1999 ispirò e tenne a battesimo la nascita di Euronics Italia, di cui fu presidente ininterrot-tamente per vent’anni, dopo aver collaborato alla creazione di Euro-nics International. Ma non solo: con una grande intuizione, nel 2005 fondò, con Pierluigi Bernasconi, Aires, l’associazione dei retailer specializzati, che spezzò l’assen-za dei rivenditori di elettronica dai tavoli istituzionali. Di Aires Sonato fu presidente per lunghi anni. Ri-cordiamo Albino Sonato come un grande tessitore di rapporti e di reti di fiducia attorno ai quali gettare ponti per unire realtà altrimenti di-stanti; e quando è stato il momen-to, è stato capace di fare un passo indietro e passare dai protagonisti agli spettatori del mercato, senza mai cadere nella tentazione di ac-cettare un ruolo da comparsa pur di essere sul palcoscenico.
MERCATO L’emendamento chiedeva di alzare di molto i limiti
I limiti del 5G non saranno alzati Bocciato emendamento di Italia Viva
di Massimiliano DI MARCO
I limiti delle emissioni del 5G non si toc-
cano. La commissione alla Camera ha
infatti bocciato un emendamento pro-
mosso da Italia Viva, che mirava a equi-
parare i limiti di emissioni italiani a quelli
suggeriti dalla Commissione Internaziona-
le sulla Protezione per le Radiazioni Non
Ionizzanti (ICNIRP). L’emendamento era stato presentato al DL Recovery, ma,
riporta l’Ansa, è stato bocciato insieme a tutti gli altri emendamenti che non sono
stati esaminati e su cu non era stato espresso un esplicito parere dei relatori e del
Governo. Attualmente in Italia i limiti delle emissioni elettromagnetiche è di 20 V/m,
che scende a 6 V/m nelle aree ad alta densità abitativa. L’ICNIRP ha suggerito un
limite, già precauzionale, di 61 V/m, che è adottato in vari Paesi esteri, fra cui Stati
Uniti e Francia, mentre altri hanno preferito un approccio intermedio: in Grecia il
limite è di 47 V/m, mentre in Belgio è di 31 V/m.
In Italia, insomma, è stato scelto un limite delle emissioni dieci volte più basso di
quello precauzionale suggerito dall’ICNIRP.. Cosa comporta avere un limite così
basso? Le antenne per le reti mobili devono avere un’intensità molto limitata; quin-
di, per garantire una copertura omogenea, come ci si aspetta per una rete mobile, è
necessario installare molte più antenne di quanto sarebbe necessario se i limiti fos-
sero più alti e quindi anche le emissioni delle antenne. Ciò comporta più richieste
di permessi, un impatto ambientale maggiore e, sintetizzando, costi di sviluppo più
alti per l’implementazione del 5G in Italia. Un problema che gli operatori del settore
hanno presentato in più occasioni.
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
di Massimiliano DI MARCO
Il 6 luglio il Parlamento Europeo ha votato a favore di
una specifica deroga alla direttiva ePrivacy. L’obiettivo?
Permettere ai fornitori di servizi di messaggistica e non
solo di scansionare automaticamente le email e le chat
(da Messenger a Gmail) per verificare ed eventualmente
segnalare la presenza di materiale pedopornografico.
La deroga è stata approvata con 537 voti a favore, 133
voti contrari e 24 astenuti.
Patrick Breyer, europarlamentare del Partito Pirata, no-
toriamente contrario a tale regolamento, ha definito la
deroga “l’adozione del primo regolamento nell’Unione
Europea per la sorveglianza di massa”.
Per parlare delle implicazioni di questa deroga, di cosa
implichi per gli utenti e di come si comporteranno nel
prossimo futuro le piattaforme social e le applicazioni
di messaggistica, abbiamo intervistato Matteo Navac-
ci, consulente per la protezione dei dati e co-fondatore
dell’associazione Privacy Network, associazione che
vuole sensibilizzare sulla protezione dei dati personali
e i diritti digitali.
DDAY.it: Cosa prevede la deroga, nota anche come regolamento “Chat Control”?Matteo Navacci: “Il regolamento prevede qualcosa che
viene, in realtà, già fatta. L’Unione Europea ha previsto
un quadro normativo temporaneo che garantisce la
legittimità di alcune operazioni che vengono fatte dai
fornitori di servizi di telecomunicazione. Sostanzialmen-
te si tratta della scansione automatizzata dei messaggi,
delle chat, della posta elettronica e qualsiasi altro tipo di
servizio di comunicazione, compresi gli OTT, tipo What-
sApp, Instagram, Direct.
Si è reso necessario per un motivo formale. A dicembre
2020 è entrato in vigore il nuovo Codice europeo delle
comunicazioni elettroniche, che per la prima volta ha in-
serito tra gli operatori a cui si rivolge anche gli OTT. Così
facendo a queste entità si è applicata anche la direttiva
ePrivacy, cioè quella direttiva europea che dispone il
divieto della sorveglianza, dell’intercettazione dei mes-
saggi e delle comunicazioni delle persone senza il loro
consenso o senza un’autorizzazione specifica.
Quindi è stato necessario fare questo regolamento tem-
poraneo in deroga alla direttiva ePrivacy per permette-
re a questi operatori di scansionare le chat e i servizi di
messaggistica alla ricerca di contenuti illeciti. In partico-
lare, lo scopo è quello di ricercare e segnalare contenuti
pedopornografici.”
DDAY.it: Le piattaforme social e i fornitori di servizi di messaggistica potranno scansionare i messaggi a pre-scindere?Navacci: “Nell’ambito dei paletti messi da regolamento.
Per esempio, si parla soltanto di contenuti multimedia-
MERCATO Il Parlamento Europeo ha approvato una deroga per i fornitori di servizi di comunicazione, per contrastare la pedopornografia
Email e chat saranno controllate nell’Unione EuropeaCosa cambia per le piattaforme social e per gli utenti?Abbiamo intervistato Matteo Navacci, consulente per la protezione dei dati e co-fondatore dell’associazione Privacy Network
li, soprattutto foto e video e non l’audio, che è escluso
espressamente”.
DDAY.it: Giusto per essere chiari: nel caso di un’email, quindi, verrebbero scansionati gli allegati se fossero foto e video o anche il testo?Navacci: “Sarebbero scansionati gli allegati. Questo al-
meno è l’ambito legale. Quello tecnico, invece, ci dice
che questo regolamento può essere un pericolo per la
crittografia, fra le altre cose. L’aspetto più diretto è che
potrebbe compromettere lo sviluppo e la commercializ-
zazione di prodotti con crittografia forte, quindi end to
end, nell’ambito dell’Unione Europea perché per scan-
sionare i contenuti delle comunicazioni bisogna elimina-
re il limite della crittografia end to end.
Quando c’è la crittografia end to end i contenuti delle
comunicazioni sono crittografati prima che lascino di-
spositivo: nessuno può intercettarli e scansionare i con-
tenuti perché vengono decifrati solo nel momento in cui
arrivano al dispositivo del destinatario. Quindi la stra-
tegia indiretta del Consiglio dell’Unione Europea e del-
la Commissione Europea è anche di trovare modi per
bypassare il “problema” della crittografia end to end.
C’è una risoluzione del Consiglio Europeo che si chia-
ma “Security through encryption and security despite
encryption” (la sicurezza attraverso la crittografia e la
sicurezza nonostante la crittografia, ndr). Lo scopo è
trovare un bilanciamento tra il fatto che la crittografia
forte è una misura di tutela per i diritti fondamentali delle
persone e per la sicurezza delle infrastrutture critiche
europee, ma è anche un ostacolo a questa attività di
ricerca di contenuti illegali e all’attività di perseguimento
del crimine. Hanno già fatto una ricerca tecnica e sono
trapelati dei documenti che mostrano tantissime opzio-
ni tecniche su come bypassare questo problema della
crittografia.”
DDAY.it: Un esempio?Navacci: “Ce n’è uno che prevede di accedere ai conte-
nuti prima che vengano crittografati.”
DDAY.it: Penetrare nel dispositivo che sta inviando l’al-legato insomma.Navacci: “Esatto. Dare la possibilità a questi provider
di servizi di inserire delle backdoor o degli spyware nei
dispositivi delle persone in modo tale che si possa au-
tomaticamente scansionare la memoria del dispositivo
alla ricerca di contenuti illegali.”
DDAY.it: Insomma, nel dubbio io ti intercetto perché tu potresti, forse, inviare un allegato che è illegale.Navacci: “È l’assurdità di qualsiasi attività di sorveglian-
za di massa, non solo questa della comunicazione elet-
troniche. Capovolgi i principi costituzionali italiani ed eu-
ropei. Le intercettazioni si fanno su gravi indizi di reato,
mentre qua si fa il contrario: io ti intercetto per cercare
indizi di reato”.
DDAY.it: Chi è autorizzato a fare queste scansioni au-tomatiche degli allegati delle email, dei messaggi di testo e in generale di foto e video?Navacci: “Sono autorizzati tutti i provider di comunica-
zione e gli OTT. Tutti i soggetti che rientrano nel Codice
europeo delle comunicazione elettroniche sono so-
Matteo Navacci, co-fondatore di Privacy Network
segue a pagina 13
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
stanzialmente autorizzati da questo regolamento che
deroga la direttiva ePrivacy. Nel codice si parla di “num-
ber-independent interpersonal communication servi-
ces” (servizi di comunicazione interpersonali e indipen-
denti da un numero di telefono), che sostanzialmente è
quello di cui abbiamo parlato. In realtà sono attività che
loro già facevano, specialmente se si parla di OTT tipo
Facebook. Facebook è uno di quelli che fa più segnala-
zioni in assoluto: tipo 16 milioni all’anno.”
DDAY.it Diciamo che l’Unione Europea si è creata da sola un ostacolo nel momento in cui ha inserito gli OTT nel codice delle comunicazioni elettroniche euro-pee e quindi nella direttiva ePrivacy. Ha dovuto copri-re un buco che si era autocreata.Navacci: “Si è messa i bastoni fra le ruote da sola e
poi ha deciso di togliere il bastone. Questo regolamen-
to è temporaneo, durerà circa tre anni, e non obbliga i
provider fare questa attività. Semplicemente si limita a
dire “continuate a fare quello che stavate facendo, noi
siamo contenti e ve lo rendiamo anche legale perché
non si applica la direttiva ePrivacy. Ma la volontà della
Commissione Europea è quella di fare un regolamen-
to permanente, che vada a obbligare questi operatori
a fare queste cose e disciplini le modalità con cui fare
queste attività.”
DDAY.it: Da quando sarà in vigore?Navacci: “Il ChatControl è stato approvato, ma non è
ancora in vigore. Per quello permanente, invece, i lavori
inizieranno nella seconda metà del 2021.”
DDAY.it: Ciò come va a influenzare l’utente? Ora un utente deve avere più o meno timore per la propria privacy rispetto a prima?Navacci: “Nel breve termine cambierà poco: sono at-
tività che già facevano. Sicuramente sappiamo che
da parte della Commissione Europea c’è una spinta
per incentivare questa attività. È molto probabile che
data la forte spinta politica ci siano anche degli incen-
tivi per aumentare queste attività di scansione. Anche
chi prima non le faceva perché non era il suo interesse,
magari adesso, sapendo che c’è un regolamento che
lo renderà obbligatorio, è possibile che inizi già ad im-
plementare dei sistemi per farlo.
A lungo termine c’è la questione sul problema della crit-
tografia, che potrebbe portare altri problemi ancora più
gravi alle persone.”
DDAY.it: In che modo il sistema capisce che sto invian-do la foto di mia nipote a un parente e non sto distri-buendo materiale pedopornografico?Navacci: “Neanche gli interessa di capire a chi la stai
mandando. Tendenzialmente quell’informazione, cioè a
chi la stai mandando, potrebbe anche non rientrare nei
parametri di licealità. L’interesse è di intercettare il più
possibile contenuti pedopornografici, rimuoverli dalla
rete e segnalarli alle autorità. Come fanno? Gli algoritmi
scansionano le immagini e creano un hash, cioè una
stringa alfanumerica, che viene acquisita dall’operatore
e confrontata con dei database che contengono altre
stringe di quel tipo e che rappresentano immagini pe-
dopornografiche già presenti nell’archivio. Nelle inten-
zioni dell’Unione Europea per agevolare questa attività,
c’è la creazione di un database europeo di immagini
pedopornografiche. Non significa che nel database
ci saranno le immagini di per sé, ma quelle immagini
saranno trattate attraverso delle funzioni di hashing: le
immagini potranno poi essere confrontate dagli opera-
tori che fanno l’attività di scansione. Nel momento in cui
c’è un match positivo, quella immagine viene segnalata
alle autorità e inizia tutto il processo, anche di indagine.”
DDAY.it: Il regolamento ChatControl come interagisce con il Regolamento Generale per la Protezione dei Dati Personali (noto come GDPR)?Navacci: “Qui si parla di sorveglianza delle comunica-
zioni elettroniche, quindi la normativa primaria e che si
applica è la ePrivacy. La direttiva ePrivacy parla di pri-
vacy, di riservatezza nelle comunicazioni elettroniche. Il
GDPR riguarda la protezione dei diritti delle persone nel
trattamento dei loro dati personali. Ovviamente il GDPR
si applica ai soggetti interessati, ma significa semplice-
mente che, per esempio, io devo informare le persone
di questa attività. Pur nella sua semplicità, è un punto
abbastanza critico. Informare le persone vuol dire far
arrivare le informazioni in maniera comprensibile e
io vorrei capire come faranno a informare le persone
che sono sottoposte a sorveglianza continuativa e alla
scansione delle immagini e dei video.
Il secondo problema è relativo agli algoritmi di ricerca e
scansione. Presumo che saranno adottati anche siste-
mi di apprendimento automatico e Intelligenza Artificia-
le. In quel caso si applicherebbe l’articolo 22 del GDPR,
che prevede specifiche garanzie e tutele nell’ambito
delle scansioni. Per esempio poter contestare la deci-
sione e ottenere l’intervento umano. Al momento è tutto
molto vago e non ci sono indicazioni chiare.”
DDAY.it: Prima hai collegato la questione del Cha-tControl alla crittografia, che da una parte viene vista come una difesa per la privacy, ma anche come un ostacolo al lavoro delle forze dell’ordine. Spesso si dice “lasciate una porta aperta per l’autorità” senza capire che una porta aperta è aperta per chiunque e non soltanto per una persona. Su questo punto, quin-di, non può esistere un compromesso?Navacci: “Una sorta di accesso solo per autorità o solo
nei casi in cui sia davvero necessario è una stupidata
perché è stato dimostrato più volte da tantissimi ricer-
catori nel mondo della crittografia che non funziona,
perché quella stessa porta può essere usata poi anche
da chi quella porta non deve usarla. Possono essere
cybercriminali o anche fornitori di servizi nel caso in cui
le chiavi siano in possesso dei provider di servizi. Può
essere abusata dalle autorità stesse.
La legge non è scritta su pietra: le leggi cambiano, i go-
verni cambiano. Oggi la necessità è la lotta alla pedo-
pornografia, domani può essere l’antiterrorismo e poi i
crimini ideologici. Non sappiamo cosa ci riserva il futuro
e inserire una backdoor per un accesso eccezionale
da parte dell’autorità comporta anche tutti questi rischi.
Una volta che rompi la crittografia rimane rotta.”
DDAY.it: Se ci sono strumenti dotati di crittografia end to end che possono essere usati dai criminali, questo regolamento a cosa serve esattamente?Navacci: “Finisce sempre così con queste restrizioni
sugli strumenti di tutela come la crittografia che ov-
viamente, come qualsiasi altra tecnologica, vengono
usate anche dai criminali. Alla fine a farne i conti sono
le persone per bene. Esistono già protocolli open
source, come Matrix, che spesso viene usato dai mi-
litari in Francia o in Germania, ma possono essere
usati da chiunque.Si dice spesso che la crittografia
avvantaggia il crimine, ma è retorica. Tutta la tecno-
logia, dall’alba dei tempi, è nata per avvantaggiare
l’uomo. È chiaro che avvantaggiando l’umanità intera
si avvantaggia anche il crimine. Si potrebbe dire che
anche le auto abbiano reso più facile fare una rapina,
ma non per questo bandiamo le auto.”
La retorica della crittografia come strumento per i criminali può essere anche uno strumento politico per attecchire a persone poco avvezze al digitale e che poi vanno a votare gli europarlamentari...Navacci: “Sì. Il regolamento ChatControl è passato
in sordina, non ne ha parlato quasi nessuno, non c’è
stato dibattito politico. È chiaro che se fai passare il
messaggio che la crittografia è cattiva perché così
non permette di rintracciare i criminali, è chiaro che la
persona media che non ne capisce è d’accordo.
Nessuno sano di mente direbbe “no non voglio com-
battere la pedopornografia” o “non voglio combattere
il terrorismo”: è retorica fine a sé stessa perché non è
così.Ogni stato nel mondo ha una sua concezione di
terrorismo: quello che per me è un patriota, magari
per te è un mafioso. Quindi che vuol dire lotta al ter-
rorismo? È tutto molto fosco. Sono cose che possono
cambiare da un momento all’altro. Nel momento in cui
stabilisci un obbligo istituzionale di inserire una back-
door o uno spyware o quello che ti pare per superare
la crittografia, stai sicuro che prima o poi verrà abusa-
to perché è un potere enorme.
Molti non si rendono conto che, dal punto di vista
tecnico, le conversazioni sono riservate soltanto nel
momento in cui tu hai certezza di usare il meccanismo
di crittografia forte end to end che non sia compro-
messo”.
DDAY.it: in definitiva, rispetto a prima del regolamen-to ChatControl la situazione è migliore, è peggiore o è uguale per chi comunica attraverso le applicazioni messaggistica?Navacci: “Come percezione, secondo me dovrebbe
essere peggiore. Chi adesso sa che c’è questo rego-
lamento e sa che vengono effettuate alcune attività
dovrebbe prendere in considerazione i rischi che ne
derivano. Dal punto di vista tecnico invece cambia
poco perché già lo facevano anche prima. Sul lungo
termine sicuramente andranno ad aumentare le inter-
cettazioni fino ad arrivare al momento in cui saranno
obbligatorie: a quel punto la situazione sarebbe sicu-
ramente peggiorativa.
Nel momento in cui ti rendo obbligatorio scansionare
le comunicazioni, allora vuol dire che ti devo dare an-
che gli strumenti per farlo. Per cui si torna al discorso
della crittografia e ai modi di superarla, altrimenti non
può essere obbligatorio.”
SOCIAL MEDIA E WEB
Email e chat saranno controllate nell’Unione Europeasegue Da pagina 12
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
Huawei P50, presentazione il 29 luglio. Il CEO Richard Yu: “Aprirà una nuova era nel settore fotografico”Il top di gamma sarà presentato il 29 luglio e punterà fortissimo sul comparto fotografico. L’obiettivo è quello di risollevare le vendite di P. AGIZZA
Il P50, prossimo telefono di fascia alta di Huawei, sarà presentato il 29 luglio. A comunicarlo è la stes-sa azienda cinese, tramite i suoi account ufficiali di Twitter e Weibo.Oltre all’appuntamento per quella data, non è stata rilasciata nessu-na informazione sul dispositivo. Su Weibo, però, il CEO Richard Yu ha pubblicizzato il prodotto parlando di “una nuova era nel settore della fotografia”, rendendo così palese quale sarà il settore su cui Huawei punterà forte. L’annuncio ufficiale sull’arrivo di P50 ha diradato al-cune nubi: la difficoltà a produrre i chip Kirin, combinate alle sanzioni americane, avevano fatto teme-re un ridimensionamento in casa Huawei. Il P50 è un modello at-tesissimo: la società cinese punta sul top di gamma per invertire una tendenza che, dal famoso ban di Trump e dalla successiva impossi-bilità di utilizzare i servizi Google in poi, l’ha vista precipitare nei dati di vendita. Secondo le rilevazioni di Canalys, Huawei non è più nem-meno fra i primi cinque produttori per vendite nel Q2 2021. Nello stesso periodo del 2020, Huawei aveva operato uno storico sorpas-so su Samsung, posizionandosi al primo posto per dispositivi venduti.
di Sergio DONATO
Samsung sta conducendo ricerche
tecnologiche sulle metalenti, cioè
su lenti composte non da vetro, ma
da nanoparticelle di altri materiali che
consentono di ridurre lo spessore delle
ottiche, e che quindi sarebbero adat-
te per l’impiego nelle fotocamere degli
smartphone. A riferire della ricerca è sta-
to il direttore del Corporate R&D Institute
di Samsung durante un’intervista a mar-
gine dell’evento Nano Korea 2021 che si
è tenuto a Seul. Samsung sta ricercando
modi di applicare la nanotecnologia alle
lenti e di inserire i risultati in un contesto
produttivo, dato che gli “stampi” per otte-
nere le metalenti richiedono la difficile ge-
stione di dimensioni nanometriche. Sam-
sung è già riuscita a produrre ottiche con
MOBILE Le metalenti sono lenti su scala nanometrica fatte da materiali che riducono lo spessore delle ottiche
Samsung fa ricerche sulle metalentiMetterà “nano-obiettivi” negli smartphone Samsung pensa a come metterle in produzione e usarle per le fotocamere per gli smartphone
7 elementi, cioè composte da 7 metalenti.
Samsung sta anche cercando di applica-
re la nanotecnologia ai suoi condensatori
per renderli più sottili e quindi ottenere un
vantaggio su tutto il modulo della fotoca-
mera, e non solo. Si è iniziato a parlare di
metalenti nel 2016, quando uno studio di Harvard guidato dal ricercatore italiano
Federico Capasso le portò alla ribalta e
spinse il World Economic Forum a inserir-
le nel 2019 tra le prime dieci tecnologie
emergenti al mondo. Una metalente non
è fatta di vetro ma, almeno nello studio di
Harvard, di nanoparticelle di biossido di ti-
tanio, che se organizzato in nanostrutture
è stato visto avere caratteristiche ottiche
simili al vetro, in quanto non assorbe o di-
sperde la luce.
La nanostruttura di una metalente è da
vedere come un insieme di nano-pilastri
di biossido di titanio, che nel loro com-
plesso sono distesi su uno strato nano-
metrico, e organizzati in modo tale che
ogni tipo di “costruzione” del pilastro sia
in grado di gestire in modo diverso le
onde luminose che lo attraversano.
Nello studio di Harvard del 2016, i risul-
tati sulle metalenti offrivano una qualità
di obiettivi allo stato dell’arte, con il van-
taggio di essere su scala nanometrica e
con ingrandimenti fino a 170x. In quello
studio ci si riferiva soprattutto ad appli-
cazioni sulla microscopia e la spettrosco-
pia. Avere in uno smartphone un gruppo
“nano-ottico” formato da metalenti signifi-
cherebbe avere un recupero consistente
nello spessore dell’intero modulo della
fotocamere senza perderne le caratte-
ristiche ottiche. Abbiamo visto che per
ottenere particolari lunghezza focali i pro-
duttori hanno dovuto stendere orizzontal-
mente gli obiettivi nei telefoni inventan-
dosi i moduli periscopici.
Le ottiche per gli smartphone, che fanno
comunque parte dell’innovativo settore
fotografico dei dispositivi mobili, sono un
sottocampo di ricerca che nell’ultimo pe-
riodo sta avendo un’accelerazione inte-
ressante e che ha portato Xiaomi a crea-
re la lente liquida, e soprattutto a inserirla
in un processo produttivo che ha portato
all’annuncio del Mi Mix FOLD.
MOBILE Avrà lo stesso sensore principale del OnePlus 9 Pro
OnePlus Nord 2 ufficiale Quello che serve al giusto prezzo
di Roberto PEZZALI
È arrivato il giorno di OnePlus Nord 2. La pri-
ma impressione è che OnePlus abbia fatto
un ottimo lavoro, dimostrando che è que-
sta la fascia dove può esprimere il meglio del
suo potenziale. Riteniamo il OnePlus 9 Pro un
ottimo telefono, ma resta comunque un prezzo
di listino davvero ambizioso che lo colloca in un
segmento difficile. Il produttore cinese, sempre
più inglobato all’interno della casa madre Oppo, mette sul piatto lo stesso sensore prin-
cipale del OnePlus 9 e del OnePlus 9 Pro unito ad un processore Mediatek che, rea-
lizzato da TSMC a 6 nanometri, rappresenta uno scomodo competitor per i SoC top di
gamma Qualcomm, che quest’anno hanno sofferto la produzione Samsung portando
in dote una efficienza energetica non troppo alta e un surriscaldamento elevato per
alcuni elementi, vedi la GPU. Non solo: il sensore principale che sul OnePlus 9 non era
stabilizzato sul nuovo Nord guadagna addirittura la stabilizzazione, che non dovrebbe
fare una grossa differenza nel 90% dei casi ma sugli scatti con pochissima luce aiuta a
ridurre di qualche stop il tempo di posa portando la sensibilità minima ad 1 lux. Il punto di
forza del Nord 2 è la fotocamera, che è rimasto ormai l’unico punto di differenziazione
tra i vari produttori. Qui il sensore principale è il Sony IMX766 da 50 megapixel, che se-
condo OnePlus è in grado di catturare il 56% di luce in più rispetto al Sony IMX586 del
primo Nord. Il telefono ricalca nel design il OnePlus 9, nel tentativo di mantenere una
certa identità di linguaggio visivo. Lo schermo è un altro componente già visto su altri
modelli, AMOLED da 6.43” con fotocamera nello schermo e 2400 x 1080 pixel, aspect
ratio 20:9. 6, 8 e 12 GB i tagli di RAM, 128 GB e 256 GB i tagli di storage UFS 3.1: in Italia
la versione da 6 GB non è al momento prevista. La batteria è a due celle e da 4500
mAh: grazie a Warp Charge 65 si carica dallo 0-100% in meno di 35 minuti.
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
di Roberto PEZZALI
Vedere in Alexa un semplice assistente vocale,
che risponde dall’altoparlante di un Echo o da
un telefono con l’app dedicata, è assolutamente
riduttivo. Amazon, in questi anni, ha disegnato attorno
ad Alexa quello che è un vero ecosistema progettato e
arricchito dal contributo di oltre 900.000 sviluppatori in
tutto il mondo. Quando si pensa ai tanto criticati store, il
primo pensiero va ad AppStore di Apple e al Play Store
di Google, ma se chiamiamo le skill con il loro nome, ap-
plicazioni a interazione vocale, e guardiamo il numero
di skill disponibili, più di 130.000, possiamo iniziare ad
inquadrare dove sta andando e come sta cambiando
Alexa. Amazon ha un vero AppStore di app vocali, che
possono essere anche acquistate (con il classico split
70/30) e che dispongono anche di in-app purchase,
proprio come le vere app a cui siamo abituati.
All’Alexa Live Developer Day, il colosso di Seattle ha
messo in scena, virtualmente, quello che è stato il suo
più grande evento dedicato agli sviluppatori degli ultimi
anni e ha introdotto oltre 50 diverse funzionalità che ar-
riveranno sui dispositivi Alexa nei prossimi mesi. In Italia,
ma non è una sorpresa, non arriverà ovviamente tutto:
come sempre, la distribuzione delle funzioni è legata a
criteri di distribuzioni geografica, anche se gli sviluppa-
tori di skill italiani avranno comunque accesso a quelle
che sono le tre funzioni a nostro avviso più importanti.
La prima di queste ci mostra quella che è la visione di
Amazon per Alexa in futuro, una sua naturale evoluzio-
ne rivolta a quei dispositivi dotati di schermo. Alexa è
nata come assistente vocale, e parte delle sue interazio-
ni sono legate, e continueranno ad esserlo, a richieste
fatte tramite il linguaggio che viene analizzato dalla rete
neurale, scomposto e interpretato dalla skill.
La voce, per Alexa, è il “touch screen” dei tablet o degli
smartphone, il mouse e la tastiera dei desktop, e questa
resterà sempre la modalità di interazione principale. Ne-
gli ultimi anni sono comparsi tuttavia gli Echo Show: alle
richieste con la voce si affiancano elementi interattivi
sullo schermo, pensati per dare informazioni aggiuntive
che la voce, per ovvi limiti, non può dare.
APL Widgets arrivano anche sugli smart speaker con displayAmazon ha annunciato gli APL Widgets: i widget a cui
siamo abituati sui vari sistemi operativi arrivano anche
sugli smart speaker con display. Gli sviluppatori potranno
creare una vista dinamica e interattiva che permetterà di
interagire con le skill senza necessariamente chiamarle:
si potrà modificare un to-do, o semplicemente eliminare
un oggetto dalla lista della spesa senza dover passare
dal comando vocale che richiederebbe più tempo. I wi-
dget diventeranno assolutamente interessanti in chiave
smart home: oggi sono circa 140.000 i dispositivi che
si possono controllare con Alexa, e molti utenti hanno
costruito sulla base offerta da Amazon tutto il sistema
di comando e routine per accendere luci, tapparelle, in-
serire allarmi e gestire termometri. Grazie ai widget si
potranno costruire veri pannelli di controllo “touch” per
attivare rapidamente una sequenza di comandi, spe-
gnere tutte le luci o selezionare scenari predefiniti.
Alexa Shopping ActionsAltra grande novità che arriverà in Italia sono le Alexa
Shopping Actions, o banalmente i comandi “compra su-
bito” o “metti nel carrello”.
Gli sviluppatori potranno iniziare a creare skill per Echo
che prevedono l’acquisto di prodotti disponibili sul nego-
zio di Amazon. Ogni marketplace potrà quindi realizzare
skill per vendere i prodotti del proprio negozio, e sarà
interessante vedere cosa gli sviluppatori si inventeran-
no per far decollare l’e-Commerce a comando vocale. Il
sistema funziona già oggi quando si chiede ad Alexa di
acquistare qualcosa, ma in futuro grazie a questa novità
si potrà restringere la ricerca ad oggetti specifici o anche
ad un singolo oggetto. La skill del Trivial Pursuit potreb-
be ad esempio chiedere all’utente se vuole comprare
Trivial su Amazon dopo ogni partita. Trattandosi di acqui-
sto, e quindi un qualcosa di sensibile che richiede anche
una transazione economica, Amazon ci ha assicurato
che questa modalità sfrutterà tutti i criteri di protezione
già presenti per la funzione di acquisto attuale, per im-
pedire che un bambino possa ordinare, a voce, decine
di cose senza l’autorizzazione dei genitori.
Dalle analisi delle abitudini di utilizzo nei vari paesi, il
team di Alexa ha capito che uno degli utilizzi principali
fatti dalle persone su Echo e altri dispositivi compatibili
è quello relativo alla richiesta di musica, podcast o sta-
zioni radio. Per questo motivo ha introdotto due nuovi
componenti: il primo si chiama Interactive Media Skill e
ridurrà il tempo necessario per ascoltare brani o podcast
tramite le skill, il secondo è lo Song Request Skill Com-
ponent ed è pensato proprio per la richiesta dei brani.
Cosa vuol dire? Un po’ come si faceva con i jukebox,
uno sviluppatore potrà creare applicazioni interattive
che mettono in collegamento le richieste di più dispositi-
vi in contemporanea: si pensi ad esempio alla skill di una
emittente radio, alla quale gli utenti in ascolto possono
chiedere le canzoni e queste automaticamente vengo-
no mixate dal DJ in studio, in tempo reale, a seconda di
quelli che sono i desideri degli ascoltatori.
Food Skill API e Send to PhoneAltre due novità sono legate al food delivery e all’intera-
zione tra smart speaker e smartphone. Grazie alla Food
Skill API potranno nascere tutta una serie di skill legate
alla consegna del cibo a domicilio, integrate con il siste-
ma di pagamento, con la gestione degli ordini e con la
consegna. Si potrà, per esempio, ordinare una pizza tra-
mite Alexa senza dover telefonare al ristorante se que-
sto ristorante sarà previsto una skill. I vari servizi come
Deliveroo o Just Eat sono i principali destinatari di que-
sta nuova libreria: una persona potrà chiedere ad Alexa
un cibo particolare e l’assistente vocale gli risponderà
con l’elenco dei ristoranti che possono consegnarglielo,
indicando anche il prezzo e i tempi. Se i comandi vocali
non dovessero bastare, vuoi perché serve una auten-
ticazione, arriva il “Send to Phone”: Alexa potrà usare
lo smartphone dell’utente per finalizzare alcune ope-
razioni o collegarsi a specifiche app sullo smartphone.
Un esempio di skill che sfrutta questa funzionalità verrà
pubblicata da McDonald in Inghilterra: tramite la skill una
persona potrà usare la voce per trovare il ristorante più
vicino e sapere quali sono le offerte, ma per poter sfrut-
tare i coupon verrà inviato un link allo smartphone, trami-
te push Notification, che collegherà le informazioni della
skill alle informazioni presenti nell’applicazione stessa.
Non tutto arriverà in Italia. Amazon ha però conferma-
to che Matter, il nuovo protocollo di interoperabilità che
unirà finalmente tutti gli ecosistemi smart permettendo
ad Alexa di dialogare con HomeKit di Apple e con Go-
ogle Home, sarà disponibile nei prossimi mesi anche
sugli Echo italiani.
SMARTHOME All’Alexa Live Developer Day, Amazon mette a disposizione più di 50 nuove feature, per rendere Alexa sempre più completa
Alexa cresce ancora: tutte le novità in arrivo La voce resta la regina, ma non basta più: arrivano anche i widget, che diventeranno interessantissimi in chiave smart home
Send to phone
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
Netflix produrrà videogiochi mobile. La concorrenza sempre più forte spinge la società ad agireSta calando l’interesse verso i contenuti di Netflix, che ha quindi annunciato che si espanderà anche nei videogiochi cominciando da quelli mobile di Massimiliano DI MARCO
Netflix ha confermato che inclu-derà anche i videogiochi nei suoi abbonamenti. Nella lettera agli investitori con cui ha annunciato i risultati fiscali del secondo trime-stre 2021, la società ha spiegato di essere “nella fase iniziale” dell’e-spansione nei videogiochi, che ha paragonato a quella già avvenuta nei documentari e nei film di ani-mazione. I giochi faranno parte dell’abbonamento senza costi ag-giuntivi. Con i videogiochi, Netflix punta ad aumentare il coinvolgi-mento degli abbonati e quindi ad alzare le probabilità che continui-no a pagare la loro mensilità. Allo stesso tempo, Netflix non sembra aver istituito degli studi interni di sviluppo, il che lascia presume-re che farà produrre dei giochi a terze parti su licenza delle sue popolari serie TV e film, e non ha nemmeno riferito dell’entità dell’investimento sui videogiochi.La concorrenza nel settore è sem-pre più forte: Prime Video, Apple TV+, Disney+ e, all’estero, anche Hulu, HBO Max e Paramount+. WarnerMedia e Discovery saran-no fuse in un unico grande polo dello streaming. Netflix ha previ-sto di aggiungere 3,5 milioni di abbonati entro la fine del terzo trimestre, al di sotto delle aspetta-tive di 5,5 milioni.
di Pasquale AGIZZA
Konami ha svelato eFootball, simula-
tore calcistico sviluppato con Unreal
Engine gratuito. Il gioco sarà disponi-
bile quest’autunno e arriverà su PS5, PS4,
Xbox Series X|S, Xbox One e PC. Previste
anche due versioni mobili – per iOS e An-
droid – che saranno pronte per il periodo
invernale. Di fatto, sostituisce la serie Pro
Evolution Soccer, che negli ultimi anni, ap-
punto, era stata rinominata eFootball PES.
Il gioco sarà sviluppato con il motore gra-
fico Unreal Engine. L’utilizzo del motore
grafico, in combinazione con le animazio-
ni revisionate e migliorate promettono un
importante passo avanti in termini di gra-
fica. Le animazioni dei calciatori saranno,
secondo quanto dichiarato dall’azienda,
il punto forte di eFootball, con l’utilizzo di
una nuova tecnica che converte la vasta
gamma di movimenti che i giocatori ese-
guono in campo in una serie di animazio-
ni selezionando, poi, quella più accurata
in tempo reale. L’altra grande novità è
quello dell’utilizzo della formula gratuita:
si potrà giocare liberamente a eFootball,
ma l’azienda metterà in vendita alcune
modalità di gioco come DLC opzionali.
GAMING Sarà gratuito in locale e online (ma alcune modalità di gioco saranno vendute come DLC)
PES si chiamerà eFootball e sarà gratuito Tutto ciò che sappiamo sulla rivoluzione PESGli utenti PlayStation potranno sfidare quelli Xbox e PC e viceversa. In inverno versioni iOS e Android
eFootball è un progetto che si svilupperà in tre fase: la prima versione a ottobreNel trailer di presentazione la casa giap-
ponese ha anche mostrato la tabella di
marcia che seguirà nello sviluppo del
gioco. Per l’inizio dell’autunno eFootball
consentirà di giocare online in modalità
cross-generation (un utente PS5 potrà
sfidare un utente PS4, un utente PC o un
utente Xbox e viceversa) e di giocare in
locale delle amichevoli utilizzando alcu-
ne squadre selezionate, fra cui Juventus,
Manchester United, Arsenal e Barcellona.
Ad autunno inoltrato si aggiungeranno
anche le funzioni di Team Building per
creare da zero un proprio team e le fun-
zioni Campionati Online, che consenti-
ranno di scegliere la nostra squadra del
cuore ed utilizzarla per competere a livel-
lo mondiale.
Infine, il gioco prenderà la sua forma
definitiva nel periodo invernale, quando
arriverà anche il supporto ai controller
per dispositivi Mobile, saranno estese
le funzionalità cross-generation anche a
smartphone e tablet e prenderanno il via
i tornei eSport professionali e amatoriali.
Sono previste novità più semplici, ma
altrettanto trasformative: per correre bi-
sogna tenere premuto il grilletto destro,
ossia come accade in FIFA, simulazione
calcistica di Electronic Arts. Per anni inve-
ce PES ha preferito configurare questo
movimento al dorsale destro, una delle
principali differenze sul campo virtuale fra
le due serie.
Saranno Lionel Messi e Neymar i testimo-
nial di eFootball. Ma lo sviluppo del gioco
potrà contare anche sui suggerimenti dei
due assi spagnoli Andres Iniesta e Gerard
Piqué. Il producer della serie, Seitaro Ki-
mura, ha riferito a IGN che i lavori per la
trasformazione di PES sono iniziati circa
due anni fa e hanno coinciso con l’immi-
nente transizione alla nuova generazione
di console e ai “cambiamenti del merca-
to”. Per Kimura, l’edizione mobile di PES,
anch’essa gratuita, ha dimostrato che si
può raggiungere una soddisfacente so-
stenibilità con questa formula.
“Speriamo che gli appassionati di calcio
di tutto il mondo - ha detto Kimura - si
godranno il gioco come un’esperienza
completamente nuova anziché vederlo
solo come un aggiornamento di ciò che
è arrivato prima”.
GAMING Valve annuncia Steam Deck. Ricorda Nintendo Switch
Steam Deck è un PC portatileAnche se sembra una console
di Pasquale AGIZZA
Valve ha annunciato Steam Deck,
un PC portatile che, per forma e di-
mensioni, è molto simile a Nintendo
Switch. All’interno sono inclusi un proces-
sore AMD Zen 2 quad-core, con scheda
video integrata AMD RDNA 2, e 16 GB di
memoria RAM LPDDR5. È dotato di uno
schermo touch LCD da 7” a 800p 16:10.
Rispetto a Nintendo Switch, Steam Deck può contare su un ricchissimo parco di
opzioni di controllo. Tramite porta USB Type-C, con il giusto cavo Steam Deck può
essere collegato a un monitor o un televisore. Deck utilizzerà una nuova versione
di SteamOS pensata appositamente per il dispositivo. Anche se il sistema è quindi
basato su Linux, sarà possibile eseguire gran parte dei giochi che girano su Win-
dows grazie a Proton, lo strumento di compatibilità sviluppato dalla stessa Valve.
L’utilizzo di un sistema operativo basato su Linux vuol dire anche che Steam Deck
può essere usato come qualsiasi altro computer. Il modello più economico di Steam
Deck avrà 64 GB di spazio di archiviazione eMMC e sarà venduto a 419 euro.
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
di Massimiliano DI MARCO
Fare videogiochi è complesso: permettere agli altri
di farlo un po’ meno. Google ha imparato a sue spese che per costruire l’infrastruttura aziendale
necessaria alla produzione dei progetti multimilionari
che servono per creare esclusive di valore ci vogliono
anni e potrebbe non portare a niente. Così, per Stadia ha
deciso di seguire la strada di Android: una piattaforma
dove fosse facile arrivare e remunerativo restare. Le no-
vità per Stadia e per Android 12 presentato al Google for
Games Developer Summit hanno indicato la strada della
società per ampliare il catalogo di giochi sulle due piat-
taforme e per ottimizzare l’esperienza per gli utenti finali.
Android 12: nuova dashboard e più controlloPer Android 12, Google ha annunciato alcune novità
per gli sviluppatori, che semplificano la configurazione
dell’esperienza per gli utenti e rispondono ad alcune
delle richieste che erano state fatte.
Su selezionati dispositivi Android nel 2021 - gli altri se-
guiranno nel 2022 - sarà accessibile una nuova dashbo-
ard nei videogiochi. Google ha spiegato che è stata ide-
ata per agevolare alcune funzioni come la cattura delle
schermata e la registrazione dei video; ma servirà anche
per attivare la modalità non disturbare. Quest’ultima
non è quella di sistema: si disattiverà automaticamente
quando l’utente esce dal gioco. In maniera simile, l’uten-
te potrà scegliere fra tre diverse opzioni per bilanciare le
prestazioni e il consumo energetico:
• la modalità Prestazioni servirà per massimizzare i fo-
togrammi per secondo, anche a costo di consumare
più rapidamente la batteria
• la modalità Risparmio Batteria serve prevedibilmen-
te a ridurre il carico sul System on Chip per salva-
guardare l’autonomia
• la modalità Standard è quella bilanciata.
L’utente potrà decidere che configurazione usare per
ogni singolo gioco: in tal modo, può scegliere quali gio-
chi spingere al massimo e per quali invece non serve.
Per fare ciò, gli sviluppatori dovranno integrare le Game Mode API.Durante le sessioni, Google ha snocciolato alcuni dei
dati che riguardano i videogiochi su Android. L’utilizzo
su tablet è aumentato del 30% su base annua e sul Play
Store sono stati registrati 2,5 miliardi di utenti attivi ogni
mese. I Paesi in cui è stata registrata la crescita mag-
giore sono i “BRIIIM”. Brasile, Russia, India, Indonesia e
Messico. I generi più popolari sono stati sport, sparatut-
to in prima persona e Multiplayer Online Battle Arena
(come Honor of Kings di Tencent e League of Legends:
Wild Rift di Riot Games).
Un’altra novità interessante riguarda la possibilità di ini-
ziare a giocare anche mentre il sistema sta scaricando il
gioco. Si tratta di un meccanismo già presente su altre
GAMING Al Google for Games Developer Summit la società ha annunciato alcune novità per Android 12 e Stadia
Google, le novità per Stadia e per Android 12 Google vuole restare al centro dei videogiochiSu mobile si potrà iniziare a giocare prima di aver finito il download. Editori e sviluppatori guadagneranno di più fino al 2023
piattaforme, come PlayStation e Xbox: il sistema inizia a
scaricare gli asset essenziali per poter avviare le prime
ore di gioco, mentre finisce il download di tutto il pac-
chetto. La funzione sarà introdotta da Android 12. Ciò, ha
spiegato Greg Hartrell, product manager di Google Play
e Android, servirà a permettere agli utenti di giocare
nel giro di pochi secondi anziché minuti. È normale che
più aumentano le aspettative degli utenti e più gli svi-
luppatori devono proporre una veste grafica avanzata;
ma asset in alta definizione prevedono anche download
più lunghi. Secondo le stime di Google, con questa fun-
zione ci vorrà meno della metà del tempo per iniziare a
giocare. Per raggiungere questo risultato, il sistema stu-
dia automaticamente le sessioni anonimizzate dei primi
utenti che scaricano il gioco, riconoscendo quali asset
servono per iniziare a giocare. A quel punto, ottimizza il
download in modo da ridurre il tempo necessario. Que-
sta funzione sarà un’esclusiva di Android 12 perché è
parte di un aggiornamento del file system previsto con
la nuova versione del sistema operativo.
Inoltre, Google ha previsto una serie di strumenti per gli
sviluppatori per contrastare il cheating e gli utilizzi delle
applicazioni non autorizzate, unificate nelle Play Integri-
ty API. Il server del gioco, in breve, può verificare se il
gioco può verificare il dispositivo usato e il pacchetto del
gioco installato. Il tutto avviene in tempo reale. Il server
del gioco fa una chiamata al gioco a seguito di un’azione
da parte dell’utente (per esempio ha effettuato l’accesso
a una partita online). A quel punto, il gioco comunica con
il server di Play, che dà il suo verdetto al gioco che a sua
volta lo invia al server. A seconda del risultato della veri-
fica (cioè se l’utente è “valido” o no), lo sviluppatore può
prevedere varie azioni, fra cui cacciare l’utente.
Stadia: percentuali più alte ai giochi fino a 2 milioni di dollariGoogle ha inoltre annunciato che ridurrà la sua quota
sui ricavi di alcuni giochi. In particolare, fino ai 3 milio-
ni di dollari di fatturato Google tratterrà il 15% anziché il
30%, lasciando il resto allo sviluppatore. Ciò varrà fino
dal prossimo 1° ottobre alla fine del 2023.
Inoltre, il 70% dei ricavi generati dall’abbonamento a
Stadia Pro, che abilita funzioni aggiuntive come lo stre-
aming in 4K HDR e l’audio surround 5.1, sarà con gli svi-
luppatori sulla base del tempo speso dagli utenti nei vari
giochi. A ulteriore aggiunta, nel 2022 Google introdur-
rà la funzione Click to Play. Gli streamer, per esempio,
potranno condividere un link per permettere ad altri di
accedere al gioco e iniziare la prova gratuita di Stadia: se
diventeranno abbonati a Stadia Pro, gli streamer riceve-
ranno 10 dollari per ogni utente. Ciò significa che Google
sta spingendo sia per rendere Stadia più remunerativo
per gli sviluppatori e gli editori di videogiochi sia per gli
streamer più popolari, in modo che possa guadagnare
dalla visibilità che danno alla piattaforma. A oggi Stadia
include oltre 180 giochi, ha comunicato Careen Yapp del
team di sviluppo del business di Stadia.
Stadia ha bisogno di ulteriori giochi, però, e di titoli che
possano anche evidenziare i vantaggi di operare in
cloud. Il beneficio più grande di una piattaforma di stre-
aming è poter avere un gioco accessibile su smartpho-
ne, smart TV, computer Windows, Apple e Chromebook
e tablet. Per gli sviluppatori, però, ciò significa anche
dover testare il gioco su tanti dispositivi; qualcosa che,
infatti, tendenzialmente non viene fatto, ha sottolineato
Elisabeth Morant, producer manager di Stadia: meno del
1% dei test viene fatto su Chromecast, ossia dove effetti-
vamente molte persone useranno Stadia.
Perciò, Google ha semplificato il lavoro degli sviluppa-
tori e già all’interno di Visual Studio sarà più semplice
verificare le prestazioni e l’interfaccia del proprio gioco
su vari dispositivi. Per raggiungere lo stesso obiettivo -
facilitare il lavoro degli editori e degli sviluppatori e am-
pliare il catalogo di Stadia - Google intende semplificare
le operazioni di certificazione: ha rimosso 30 parametri,
ritenuti non impattanti sull’esperienza dell’utente, e ne
ha semplificati altri 25. Per Stadia l’obiettivo è quello,
quindi, di creare un equivalente di Android in streaming,
ma per giochi a budget più alto: una piattaforma trasver-
sale e neutrale, anziché un diretto concorrente di Play-
Station, Nintendo e Xbox (come, in realtà, Google aveva
volutamente posizionato Stadia nel 2019).
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
di Sergio DONATO
Non è la prima volta che vediamo
Windows disponibile come siste-
ma operativo nel cloud: Microsoft
stessa lo ha offerto come opzione nei
piani di Azure usando il nome di Azure
Virtual Desktop, e ci sono aziende come
Citrix che da anni offrono ai loro clienti
questa possibilità. Tuttavia con Windows
365 Microsoft vuole rendere molto più
semplice l’adozione di una soluzione
simile: per una azienda basteranno due
click per creare un nuovo computer e as-
segnarlo ad una persona o ad un collabo-
ratore in remoto.
Un computer già configurato per l’ac-
cesso alle reti aziendali, con tutti i criteri
di dominio e sicurezza già importati e
pronto all’uso, che non richiede neppure
troppi accorgimenti a livello di sicurezza
come una VPN perché si tratta di una ses-
sione nel cloud che è già sicura e protetta
dall’infrastruttura Microsoft.
Oltre alla facilità di “deploy”, Microsoft
punta anche alla facilità di accesso: il
sistema è ottimizzato per funzionare
all’istante con ogni browser moderno,
quindi Windows sbarcherà, in versione
cloud, anche su Android o iPhone. Da
smartphone, da tablet, da workstation
Linux: ogni sistema che avrà un browser
moderno permetterà l’accesso comple-
PC Funziona con ogni dispositivo. Anche con Fire TV Stick o iPad. Microsoft punta sulla facilità di utilizzo
Windows 365 ufficiale. Completamente in cloudSarà disponibile per le aziende a partire dal 2 agosto con a bordo Windows 10 o Windows 11
to e veloce a Windows. La soluzione è
dedicata esclusivamente alle aziende e
sarà disponibile a partire dal prossimo
2 agosto, con un costo singolo per ogni
sessione (o computer) che verrà creato.
Microsoft inizialmente lo proporrà con la
versione Business o la versione Enterpri-
se di Windows, e ci saranno diverse con-
figurazioni hardware: in tutto ci saranno
12 tipologie diverse di sessioni che pos-
sono essere create, partendo da quella
con una sola CPU, 2 GB di RAM e 64
GB di storage per arrivare a quella con 8
CPU, 32 GB di RAM e 512 GB di storage,
quindi dal “thin client” alla workstation
più potente. Ci saranno anche diverse
configurazioni intermedie con prezzi
variabili, prezzi che saranno ufficializzati
quando la soluzione sarà in vendita.
Sebbene in lavoro di Microsoft sia al
momento indirizzato verso gli ambienti
lavorativi, e si sposa alla perfezione con
le esigenze di molte aziende che sfrut-
teranno nei prossimi anni modalità di
lavoro ibrido, è evidente, come nel caso
di GamePass e xCloud, che il futuro di Mi-
crosoft passi dal cloud, e una soluzione
simile la potremo vedere in futuro anche
abbinata ad un piano consumer, quindi
con monitor dotati di mouse e tastiera
capaci di connettersi a Windows da ogni
posto del mondo.
Già oggi Windows 365 potrebbe esse-
re usato su una Fire TV Stick, su un TV
Samsung o su una Xbox, senza alcun
problema. E senza un costoso hardware
da mantenere che vecchia rapidamente
con il passare del tempo.
Clubhouse, basta inviti: il social network ora è aperto a tuttiClubhouse punta a portare subito tutti gli utenti in coda (si parla di 10 milioni) all’interno del social. Servirà a dare nuova linfa a un social che sembra essersi avvitato su sé stesso? di Pasquale AGIZZA
Grandi novità per Clubhouse, il social network con chat audio: l’uscita dalla fase beta si tradurrà nell’abbandono del sistema a inviti. Tutti gli utenti interessati potranno dunque registrarsi ed accedere al social. Secondo quanto dichiarato dai fondatori Paul Davison e Rohan Seth, la lista d’attesa per ottenere l’ingresso al social è composta da 10 milioni di utenti circa, a cui sarà gradualmente data la possibilità di accedere. L’eliminazione del siste-ma su invito non è l’unica novità. È stato inaugurato il nuovo logo e un nuovo personaggio nell’icona dell’applicazione: Justin “Meezy” Williams, manager di alcuni rapper sulla cresta dell’onda in America. L’eliminazione della “coda” per entrare nel social network, insie-me all’allargamento ai dispositivi Android e alla novità delle chat testuali sembrano essere l’ultimo tentativo per dare freschezza ad un’app che sembra vicino al decli-no. Dopo essere stata, insieme a Zoom e le altre app per le video-chiamate, l’app simbolo del 2020, dai 9 milioni di utenti al mese che scaricavano l’app nel periodo del boom, si è scesi a poche centinaia di migliaia di nuovi utenti. Netto il calo anche per l’utenza attiva. Non si può dimenticare poi come la concorrenza abbia risposto pron-tamente a Clubhouse con iniziati-ve molto simili senza però gli strin-genti paletti messi da Clubhouse.
di Sergio DONATO
In una demo presentata alla GDC 2021, Nvidia ha mostrato per la prima
volta una scheda grafica RTX 3060
usata su un sistema con un processore
Arm di Mediatek: una soluzione che apre
le porte ai Chromebook con GPU RTX di
Nvidia. Le demo sono state in realtà due
e hanno mostrato di cosa è capace una
RTX 3060 su un processore Arm. Per far
girare le demo è stato usato il SoC Media-
Tek Kompanio 1200 da 6 nm con quattro
CPU Cortex-A78 e quattro Cortex-A55. Al
posto della GPU Mali-G57 integrata nel
PC Nvidia ha mostrato una RTX 3060 all’opera su un processore Mediatek con architettura Arm
Le schede RTX Nvidia funzionano con processori ArmLe vedremo presto sui prossimi Chromebook?Ray tracing e DLSS aprono le porte dei Chromebook con Mediatek Arm e schede Nvidia RTX dedicate
SoC, per dare vita alla grafica del-
le due demo e ai calcoli del moto-
re di gioco idTech di id Software,
è stata usata per la prima volta
una scheda separata: una nuova
GeForce RTX 3060 che si è oc-
cupata anche della gestione del
ray tracing e del DLSS di Nvidia.
La linea di SoC Kompanio di Mediatek,
che è sempre stata una soluzione Arm,
dal 2016 accompagna la maggior parte
dei Chromebook sul mercato; e il top di
gamma Kompanio 1200 troverà posto nei
prossimi modelli di Chromebook di fascia
alta. Questo non significa che i prossimi
Chromebook avranno tutti una GPU RTX
dedicata, ma che ora è uno scenario plau-
sibile. Inoltre, l’acquisto di Arm da parte di
Nvidia per 40 miliardi di dollari è in una si-
tuazione di stallo; l’interesse di Nvidia nei
SoC Arm potrebbe essere valutato come
un diretto coinvolgimento economico.
torna al sommario 19
MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
di Roberto PEZZALI
La VPN di Mozilla arriva anche in Italia: ora si potrà
sottoscrivere in tre diversi piani, che prevedono il
pagamento mensile di 9.99 euro ogni mese, di 6.99
euro al mese se si paga ogni 6 mesi e di 4.99 euro al
mese se si sottoscrive per un anno intero.
Il piano annuale costa quindi 60 euro all’anno, e garan-
tisce una navigazione sicura e senza vincoli di sorta:
Mozilla promette di non bloccare né i download né lo
streaming video, e neppure di ridurre la velocità di na-
vigazione che resterà sempre quella massima possibile
in relazione ovviamente alla disponibilità di banda sui
server.
A cosa serve una VPN? Di fatto è un travestimento, che
permette di navigare liberamente senza essere rico-
nosciuti. Mozilla ha lanciato la sua VPN per un motivo
molto semplice: milioni di persone oggi si affidano per la
navigazione a quelli che sono hotspot pubblici. C’è chi
lavora dai bar, chi invece lavora come “ospite” presso
altri uffici: tutto il traffico che facciamo con il nostro com-
puter, anche se ormai su connessione criptata e sicura,
può essere intercettato da chi gestisce quell’hotspot e
quella connessione. La VPN protegge così la privacy
e permette una navigazione in totale sicurezza. Mozil-
la più volte specifica che la sua VPN è pensata per chi
viaggia e usa spesso hotspot pubblici, ma ovviamente
la soluzione è adatto anche a chi solitamente naviga da
casa e vuole semplicemente nascondere a terzi le sue
abitudini.
Usarla è semplicissimo: scegli il server e vaiL’utilizzo della VPN di Mozilla è assolutamente semplice:
basta scaricare il client, inserire le proprie credenziali e
far partire la navigazione protetta. Il numero massimo di
dispositivi supportati è 5 e ci sono al momento circa 400
server a cui appoggiarsi in giro per il mondo: Mozilla si
appoggia a Mullvad come fornitore di VPN, e tra i server
di Mullvad (800) si connette a quelli sui quali è installato
WireGuard come servizio VPN (sugli altri c’è OpenVPN).
PC Dopo Francia e Inghilterra è il turno dell’Italia: Mozilla VPN è disponibile nel nostro Paese, sottoscrivibile in tre diversi piani
Mozilla VPN è ora disponibile anche in ItaliaPrivacy e sicurezza a 5 euro al mese. La provaPermetterà di navigare in modo sicuro e protetto da ogni dispositivo: iOS, Android e computer Linux, Mac e Windows
La lista dei server è disponibile sul sito di Mullvad, ma è
anche inutile guardarla: alcuni server sono 10 Gbps e
altri a 1 Gbps, ma il server viene scelto random dal client
a seconda della disponibilità e per rendere il sistema più
sicuro, l’utente può solo scegliere la location.
Perché WireGuard? Perché è decisamente più veloce e
più avanzato di OpenVPN: i codice open di WireGuard
ha poco più di 4000 linee di codice, pochissime se
consideriamo che OpenVPN ne ha quasi 70.000 e che
IPSec, altra soluzione, ne ha 112.000. Su una soluzione
che deve garantire la massima sicurezza dei dati avere
meno linee vuol dire avere anche un maggior control-
lo su eventuali bug. Non solo: WireGuard è molto più
veloce nella fase di “handshake”, visto che lavora più o
meno come SSH e si scambia le chiavi pubbliche, ed è
anche molto più leggero.
Mozilla con Firefox da anni spinge per la privacy e la si-
curezza in rete, e ovviamente un fornitore di VPN deve
prima di tutto dare “fiducia”: se è vero che non diamo
più i nostri dati a chi gestisce gli hotspot e i server, è
anche vero che li stiamo dando a chi gestisce la VPN.
Qui l’azienda ci mette la faccia, e promette che “non
mantengono alcun registro delle attività in rete, non
tracciano e non condividono questi dati” con nessuno.
E, ovviamente, non li rivendono. “Raccogliamo solo ciò
di cui abbiamo bisogno, cercando, quando possibile, di
rendere anonimi i dati raccolti ed eliminandoli quando
non sono più necessari” spiegano nelle FAQ. L’uso del-
la VPN è semplicissima: basta scaricare il client, inserire
username e password, scegliere il server e connettersi.
In meno di due secondi il tunnel è attivo, e per tutti i
client, cosa non da poco, è presente anche la funzione
“kill switch” attiva di default.
Il Kill Switch è una funzione molto nota a chi usa una
VPN: blocca ogni i tipo di connessione nel caso in cui la
VPN cada o sia instabile, per evitare che vengano fatte
chiamate in chiaro. Questo è un aspetto spesso sotto-
valutato quando si usa una VPN, ma in molti casi se la
VPN cade il client e il server continuano a scambiarsi
dati usando la normale connessione non protetta, e l’ef-
ficacia della VPN viene meno. Il Kill Switch evita questo,
e su tutti i client Mozilla lo ha integrato attivo di default.
Le prestazioni sono legate molto al server scelto e
anche al tipo di client: collegandosi allo stesso server
da Linux o da macOS si riesce a spuntare una velocità
leggermente superiore rispetto a Windows, e la stes-
sa cosa vale per iOS rispetto ad Android. La latenza è
comunque decisamente ridotta, e la connessione ci è
sembrata assolutamente stabile.
Su Android, volendo, è presente anche lo Split Tunnel:
permette di scegliere quali app navigano in modo sicu-
ro e quali no. Probabilmente è questo l’elemento che
impatta leggermente sulle performance a livello di traf-
fico e latenza.
Una cosa dev’essere ben chiara: la VPN di Mozilla è una
VPN pensata per chi vuole tutelare la propria privacy e
per chi vuole navigare in modo sicuro e protetto. Non
è pensata per chi vuole effettuare “abusi”: Netflix, ad
esempio, da molte “location” riesce a rilevare la pre-
senza della VPN e soprattutto non esistono client per
FireTV Stick o per Smart TV, cosa che di fatto disinnesca
segue a pagina 20
torna al sommario 20
MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
PC
Mozilla VPN, la provasegue Da pagina 19
l’utilizzo come VPN per proteggere una eventuale visio-
ne IPTV “pezz8 style”.
Mozilla infatti, sebbene tuteli la privacy degli utenti, chie-
de comunque una registrazione tramite carta di credito
al servizio, quindi non è del tutto anonima come altre
VPN che offrono anche il multi-hop e sono pensate per
proteggere attività illecite. Trattandosi poi di una azien-
da americana è comunque soggetta alla giurisdizione
degli Stati Uniti, e deve fornire i pochi dati raccolti nel
caso in cui le vengano chiesti. Mozilla è molto chiara
nella gestione del dati richiesti da chi usa la VPN. Ecco
quali dati raccoglie.
• Informazioni sull’account Firefox: indirizzo email, le
impostazioni locali e l’indirizzo IP.
• Informazioni sulla posizione. Mozilla VPN riceve
il tuo indirizzo IP dal tuo account Firefox quando ti
registri e usi il servizio. Usiamo l’indirizzo IP per in-
dividuare la tua posizione approssimativa in quanto
Mozilla VPN attualmente è disponibile solo in alcuni
Paesi.
• Informazioni sul pagamento. Quando ti iscrivi a
Mozilla VPN, il tuo addebito sarà gestito tramite
uno dei nostri fornitori terzi di servizi di pagamento:
Stripe, Apple, PayPal o Google Pay. Mozilla riceve
un record del tuo account (che include l’indirizzo di
fatturazione e le ultime quattro cifre del tuo meto-
do di pagamento) e lo stato del tuo abbonamento.
Mozilla non memorizza i dettagli completi del pa-
gamento.
• Dati relativi alle interazioni. Mozilla riceve dati sulle
tue interazioni con Mozilla VPN, incluso quando ef-
fettui l’accesso e quando richiedi l’elenco dei server.
• Dati tecnici. Mozilla riceve informazioni di base da
Mozilla VPN in merito alla versione VPN installata
e ai dispositivi su cui è installata, incluso il sistema
operativo e la configurazione hardware. Quando
Mozilla VPN si connette ai nostri server per autenti-
care e aggiornare il tuo account Mozilla VPN, il tuo
indirizzo IP viene raccolto temporaneamente come
parte dei log del server. Quando usi il servizio Mo-
zilla VPN, il nostro partner Mullvad non mantiene
alcun log sul server con le tue attività sulla rete.
Nel complesso la soluzione Mozilla è un ottimo com-
promesso tra facilità, velocità e prezzo. Non ci sono
costi nascosti, non si paga a traffico: con un abbona-
mento che viene venduto ad un prezzo tutto somma-
to contenuto, 60 euro all’anno, una persona può pro-
teggere la sua navigazione e tutelare la sua privacy
con tutti i dispositivi che usa, dal tablet allo smartpho-
ne passando per i PC vari, sia di casa che dell’ufficio.
Un account è sufficiente anche per i dispositivi di una
intera famiglia, ma si deve comunque stare attenti al
numero: massimo 5, su questo Mozilla è abbastanza
inflessibile.
Connessione non protetta.Connessione VPN su nodo di New York.
di Sergio DONATO
Il mondo dell’internet delle cose (IoT,
Internet of Things) potrebbe ricevere
a breve una scossa epocale. Arm Re-
search e PragmatIC hanno realizzato
PlasticArm, il primo processore Arm non
in silicio al mondo che introduce sviluppi
concreti dell’elettronica flessibile; e che
potrebbe essere adottata anche per gli
imballaggi o per la medicina. Non è la
prima volta che l’elettronica si fa flessibile,
esistono già dei prototipi di sensori, me-
morie o diodi con questa caratteristica,
ma finora è mancato un processore che
fosse anch’esso flessibile e che potesse
seguire la “natura” degli altri componenti.
Arm Research è quella parte di Arm che
con una combinazione di ricerca interna
e collaborazione con partner accademici
e industriali cerca di trovare soluzioni tec-
nologiche che sfruttino l’architettura Arm.
PragmatIC è invece la piattaforma tecno-
logica di circuiti integrati flessibili che ha
SMARTHOME Imballaggi o etichette intelligenti, ma anche sistemi di monitoraggio monouso per la salute: è il futuro dell’IoT
Scossa nell’IoT: è nato il primo processore Arm flessibile Servirà (anche) per etichette e imballaggi intelligentiIl futuro dell’IoT sembra più luminoso ora che Arm ha creato il primo SoC flessibile funzionante non basato su wafer di silicio
anche un sistema di produzione chiamato
FlexLogIC capace di realizzare TFT, cioè
Thin Film Transistor, i transistor a film sotti-
le. Entrambe collaborano fin dal 2013 pro-
prio per esplorare la fattibilità di un pro-
cessore flessibile basato su Arm, e che in
parte aveva già ottenuto un risultato con
la presentazione nel 2015 di un prototipo
non funzionante. Oggi invece, il proces-
sore è una realtà concreta, perché quello
che è uscito dallo studio pubblicato an-
che su Nature è un SoC Arm flessibile
che funziona. I dispositivi elettronici flessi-
bili, a differenza dei dispositivi a semicon-
duttore convenzionali, sono costruiti su
substrati alternativi come carta, plastica o
fogli di metallo. Utilizzando materiali semi-
conduttori a film sottile come ossidi di me-
tallo o silicio amorfo, ma anche organici,
si hanno una serie di vantaggi rispetto al
silicio, tra cui la sottigliezza, l’adattabilità e
i bassi costi di produzione.
PlasticArm è un SoC basato su Cortex-M0
a 32 bit, con soli 128 byte di RAM e 456
byte di ROM. Il parti-
colare interessante
è che PlasticARM è
fabbricato usando
una linea di produ-
zione commerciale
‘fab-in-a-box’, FlexLo-
gIC21. Quindi, la sua
produzione in scala
ha già tutte le tecno-
logie necessarie per
poter essere attivata. I circuiti TFT IGZO
sono realizzati utilizzando attrezzature
convenzionali per la lavorazione dei se-
miconduttori adattate e configurate per
produrre dispositivi su un substrato fles-
sibile di poliammide con uno spessore
inferiore a 30 μm. Hanno una lunghezza
del canale di 0,8 μm e una tensione di ali-
mentazione minima di 3 V. PlasticArm è
funzionante e ha eseguito tutti e tre i pro-
grammi di test scritti in modo tale che le
istruzioni provassero tutte le unità funzio-
nali all’interno della CPU. L’attuale imple-
mentazione della ROM non permette di
cambiare o aggiornare il codice del pro-
gramma dopo la fabbricazione, anche se
potrebbe essere possibile in implemen-
tazioni future; per esempio, tramite ROM
programmabili. John Biggs, ingegnere di
Arm Research che ha contribuito alla rea-
lizzazione di PlasticArm, ha detto: “Quan-
do i microprocessori a bassissimo costo
diventeranno commerciabili, si apriranno
tutti i tipi di mercati con interessanti casi
d’uso come sensori intelligenti, etichette
intelligenti e imballaggi intelligenti.”
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
di Roberto PEZZALI
L’iMac da 24” non è un computer per tutti. E’ un Mac
per famiglie, è un computer che mette davanti in
primo piano il design, e può farlo perché grazie al
processore M1 riesce comunque a garantire prestazioni
che sono sovra-abbondanti per la maggior parte degli
acquirenti tipo. L’iMac da 24” vuole anche essere un
computer che non offre preoccupazioni di sorta: out of
the box, chi lo compra, si troverà il classico prodotto Ap-
ple, costruito in modo impeccabile, e una volta acceso si
renderà conto che ha tutto quello che gli serve per usa-
re un computer in modo sicuro, semplice e immediato.
La forza dell’iMac da 24” è il suo essere un computer
che nessun altro a breve riuscirà ad imitare: se non fosse
per il processore M1 e macOS, perfettamente cucito su
quel processore, sarebbe stato impossibile condensare
l’intero computer in soli 11 mm di spessore, invece le pre-
stazioni del processore fatto in casa lo hanno permesso.
Nei prossimi anni sicuramente troveremo sul mercato
processori altrettanto validi, e con una altrettanto eccel-
lente resa in termini di prestazioni e consumi, ma l’iMac
da 24” può contare su un secondo elemento che con-
ferma ulteriormente la sua unicità e lo rende difficilmen-
te imitabile: il colore.
Se pensiamo a quelli che possono essere i difetti di
questo iMac, crediamo che il più grande sia l’impossi-
bilità di avere alcuni colori, quelli forse più belli, nella
configurazione di base. Per avere l’arancio, ad esempio,
o il viola, si deve pagare di più: la versione base costa
1.499 euro e prevede solo quattro colori, quella interme-
dia costa 1.719 euro e permette di scegliere i tre colori
più particolari, oltre ovviamente ad avere anche alcuni
vantaggi come un core in più lato GPU, la porta ether-
net sull’alimentatore (ma si può avere anche sulla base
pagando), due porte USB aggiuntive che, vedremo poi,
non sono fondamentali. C’è anche la Magic Keyboard
con TouchID, anche lei a nostro avviso non fondamen-
tale ma comoda. L’importanza data da Apple al colore
lo si vede anche nei dettagli: non è solo il desktop ad
essere colorato, la scocca in alluminio, ma anche tutti gli
accessori abbinati lo sono, incluso il cavo di alimentazio-
ne e il cavo di ricarica degli accessori. Se si calcolano
le 7 varianti cromatiche e tutti gli accessori abbinati, e si
TEST Un prodotto che rispecchia a pieno la filosofia dell’azienda: cura nei minimi dettagli, prestazioni e un prezzo che resta premium
Apple iMac 24” M1. Per molti, ma non per tuttiUn computer ineguagliabile, sia per l’immagine che offre, sia per il design, legato alla presenza di un processore senza eguali
calcola che per le tastiere serve comunque una tastiera
diversa a seconda delle diverse localizzazioni, lo sforzo
in termini di supply chain per mettere sul mercato un
prodotto simile è un qualcosa che solo Apple può soste-
nere. Resta da capire se la gestione di eventuali ricambi
sarà immediata: l’alimentatore usa infatti un cavo dedi-
cato, lo vedremo dopo, ed il cavo ha lo stesso colore del
desktop, sia il filo stesso sia il connettore. Se si brucia
per un sovraccarico il trasformatore di un MacBook con
porta Type C lo si cambia al volo, anche con uno di ter-
ze parti, ed è disponibile come ricambio ovunque, se si
Apple iMac 24” M1IL PERFETTO COMPUTER DA FAMIGLIA. PREZZO ALTO, MA È UN INVESTIMENTO CHE SI AMMORTIZZA
1.499,00 €
L’iMac 24” è un computer fa famiglia, quel computer che può anche essere esibito al centro di un monolocale moderno senza apparire fuori posto. Oggi non esistono computer simili: ci sono tanti all in one, ma nessuno offre quello che Apple può garantire. E non stiamo parlando solo del design sottile, ma anche dell’essere Apple: la “mela” è ormai uno status symbol e piazzare un iMac colorato, subito identificabile, sulle scrivanie di un ufficio, ad una reception o in un soggiorno è diverso da piazzare un seppur ottimo PC. L’iMac da 24” tuttavia non è solo design: offre le stesse prestazioni dei MacBook con processore M1 e sono prestazioni che oggi, se guardiamo anche ai consumi, un desktop all in one riesce a raggiungere. E stiamo parlando sia degli altri iMac sia dei PC, indifferentemente. Con la maggior parte delle applicazioni riscritte nativamente per Apple Silicon, e a breve l’arrivo di Monterey che offre alcune feature uniche per i processori fatti in casa, l’iMac da 24” riesce ad essere anche uno dei computer più veloci nella sua classe. Un computer che ha sicuramente un costo non indifferente, ma che questo costo lo mantiene anche nel tempo grazie ad aggiornamenti costanti e al valore del brand. Ancora oggi ci sono iMac del 2013 che funzionano benissimo, e questo iMac da 24” potrebbe durare anche lui una decina di anni senza problemi, con un costo che alla fine, se diluito, non è poi così alto. Usarlo tutti i giorni è un piacere, e chi arriva dal vecchio 21.5” o da un iMac da 27” avrà la sensazione di aver fatto un salto enorme, anche in termini di prestazioni. L’unico dubbio che avrà, con il passare dei giorni, è se lo schermo da 24” non sia alla fine un po’ troppo piccolo.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
9 9 10 9 9 88.9
COSA CI PIACE COSA NON CI PIACESchermo, webcam e audio di ottima qualitàDesign e varietà di colori: al momento è un prodotto unicoIl processore M1 garantisce eccellenti prestazioni unite a consumi decisamente bassi
Tre colori sono disponibili solo spendendo di piùUna politica di upgrade hardware aftermarket sarebbe graditaEssendo fortemente personalizzato sia i ricambi sia acquisti aggiuntivi sono da ordinare
segue a pagina 23
Per avere le tre finiture più particolari si devono met-tere sul piatto 200 euro in più
lab
video
torna al sommario 23
MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
TEST
Apple iMac 24” M1segue Da pagina 22
brucia il caricatore dell’iMac da 24” viola non è certo che
ci sia il ricambio disponibile: dev’essere ordinato presso
la rete di assistenza. La stessa cosa vale si sei vuole ad
esempio la tastiera con TouchID after market del colore
dell’iMac, anche lei come ogni accessorio deve essere
ordinato. Vantaggi e svantaggi della eccessiva persona-
lizzazione.
Memoria e storage, quale prendere?Se il colore è oggi la scelta più difficile per chi deve ac-
quistare un Mac, soprattutto in virtù dei vincoli messi da
Apple ad alcune finiture, c’è anche la questione stora-
ge e RAM. Di base Apple nei negozi vende tre versioni
da 1.499, 1.719 e 1.949 euro, ma sul sito come sempre è
possibile personalizzare l’acquisto. La nota particolare è
la presenza, per tutte e tre le versioni preconfigurate, di
8 GB di RAM come base: il processore M1 al momento
viene venduto solo con 8 GB o 16 GB di RAM, e le me-
morie sono saldate sopra il SoC. Abbiamo fatto decine
di prove, e per il modo in cui il processore usa la me-
moria sono davvero rare le volte in cui servono più di 8
GB. Potremmo citare ad esempio la virtualizzazione, la
compilazione di certi progetti di sviluppo o altri task, ma
sono tutti ambiti per i quali l’iMac da 24” non è certo la
macchina adatta. Ad uno sviluppatore consiglieremmo
cento volte un Mac mini da 16 GB con un monitor ester-
no, non certo questo computer.
L’istinto sarebbe quello di dire: “Compralo con 16 GB
perché poi non si possono più aggiungere” ma ci siamo
resi conto che spesso le configurazioni di Apple sem-
brano pensate per far spendere alla gente più di quanto
realmente serve, con il pensiero fisso che “in futuro” più
RAM, o uno storage più grande, potrebbero servire.
La stessa cosa vale per lo storage, che di base è di 256
GB ma anche nella versione da 1.949 euro è di 512 GB.
Restiamo convinti che, anche guardando l’ingombro
delle app più comuni, 256 GB siano più che sufficienti
per la maggior parte delle persone, anzi, aiutano anche
a tenere ordinato il Mac senza avere file, anche pesanti,
abbandonati all’interno del disco. Riteniamo più utile in-
vestire nello spazio di iCloud, soluzione che garantisce
il perfetto allineamento di risorse tra i vari device Apple:
note, mail, foto e anche i documenti possono essere
raggiunti da ogni dispositivo. Il “nostro” iMac da 24”,
quindi, se non fosse per la mancanza di alcuni colori,
sarebbe quello base da 1.499 euro: se serve la porta di
rete basta aggiungere 26 euro in più, ma per il resto è un
computer che offre grandissime soddisfazioni e rispetto
alle altre versioni, per il target a cui è destinato, non mo-
stra alcun punto debole.
Prima il design, poi tutto il restoUn processore come l’M1 è finito all’interno di un iPad
Pro: batterie, spessore di pochi millimetri e schermo mini
LED. Per Apple non è stato troppo faticoso inserirlo all’in-
terno di un iMac, e probabilmente poteva osare ancora
di più sul fronte dello spessore, ma aveva un limite “fisi-
co” da rispettare: quello dei connettori Thunderbolt sul
retro. Tutto il processo di ingegnerizzazione e le soluzio-
ni adottate infatti sono legate alla necessità di avere un
computer che sia sottile. Il più sottile che si poteva crea-
re. Per non rinunciare al jack audio, e onestamente non
capiamo perché Apple non ci abbia rinunciato visto che
ormai ha spinto tutti coloro che hanno un loro prodotto
ad acquistare le AirPods, il jack audio è stato inserito di
profilo, sul fianco. La sua lunghezza, infatti, impediva di
inserirlo diretto. Ci sono stati invece, per una frazione
di millimetro, le prese Thunderbolt / USB 4.0, due nel
nostro esemplare, e le prese USB 3.0, anche qui due.
Sull’utilità di avere quattro prese di questo tipo su un
iMac da 24” nutriamo qualche dubbio: su una worksta-
tion servono, non ci piove, ma su un computer da fami-
glia dove ormai quasi tutto viene fatto tramite wireless,
anche il trasferimento dei file con AirDrop, avremmo
quasi preferito avere lo slot per la card SD sul fianco in-
sieme al jack e una sola USB sempre di lato. Sul retro
queste porte sono scomode, e se si tratta di un accesso-
rio il cavo che penzola rischia di sporcare una linea che
è stata pensata per essere il più pulita possibile. Ne è
dimostrazione la porta di rete, che Apple avrebbe volen-
tieri omesso non fosse stato per il fatto che questo iMac
è perfetto in una reception o negli uffici: la porta ether-
net non ci sarebbe mai stata negli 11 mm di spessore
ed è stata così messa nell’alimentatore. I dati della rete
vengono trasmessi al Mac usando dodici piccoli contat-
ti sferici nel connettore circolare: dovrebbero essere 8
per l’ethernet, tuttavia ci sono 4 contatti aggiuntivi per
rendere il collegamento funzionante anche con il con-
nettore ruotato di 180°.
L’alimentatore è esterno, e anche questa scelta è legata
allo spessore. Non tanto dell’alimentatore, c’è tanto di
quello spazio libero all’interno che l’alimentatore ci sa-
rebbe anche stato, ma del connettore di alimentazione.
Se Apple avesse inserito l’alimentatore nella scocca
avrebbe dovuto inserire nel Mac o il connettore femmi-
na a 2 poli di alimentazione classico o quello a 3 poli dei
vecchi iMac: solo il connettore occupava 2 centimetri.
Non potendo standardizzare un nuovo connettore a
220V o a 110V, le procedure di sicurezza e standardiz-
zazione avrebbero richiesto anni, ha preferito tenere
l’alimentatore esterno e creare un nuovo connettore
MagSafe compatto che trasporta corrente continua a
basso voltaggio. Non si poteva usare USB Type C? Te-
oricamente si, anche perché con il display alla massima
luminosità e con il volume al massimo, sotto sforzo, non
passiamo i 100 watt massimi che l’USB Type C può tra-
sportare. La nostra misura dice 83 watt a pieno carico
con il volume al massimo e lo schermo alla massima
luminosità. Tuttavia l’alimentatore che viene dato, da
143 watt, considera anche eventuali accessori che si po-
trebbero collegare e forse il Type C era sufficiente per il
solo computer ma non se c’era un iPad Pro collegato ad
una presa sul retro, che assorbe in ricarica circa 30 watt.
L’iMac da 24” è costruito attorno al design: la sua base, il
suo snodo, il profilo e anche la linea scelta. Che può pia-
cere o non piacere, perché il “mento” sotto lo schermo
è un qualcosa che Apple se voleva poteva togliere sen-
za problemi. Rientra tuttavia nell’iconicità del prodotto,
un po’ come il notch sull’iPhone. Lo abbiamo visto con
i televisori prima e gli smartphone dopo: la sparizione
delle cornici li sta facendo apparire tutti uguali, e oggi è
proprio grazie alla tacca dell’iPhone che si riesce subito
a riconoscere un melafonino tra dieci smartphone An-
droid. Per l’iMac vale lo stesso: il mento c’è, e se non pia-
ce si possono sempre attaccare i post-it. Senza sarebbe
apparso forse troppo anonimo. Una nota: sarebbe stato
bello avere un MagSafe per ricaricare un iPhone o le Air-
Pods nella base: lo spazio c’era, e avrebbe evitato uno
scomodo e antiestetico filo sul retro.
Audio e video al massimo: quello che tutti si aspettanoAlla fascia di utenza alla quale questo computer è desti-
Il magnete è centrale e porta anche il polo posi-tivo. I 12 piccoli contatti sferici all’interno sono quelli del cavo ethernet, con 4 contatti aggiuntivi perché il connettore può essere inserito anche ruotato a 180°
La porta di rete è inserita nell’alimentatore. Inizial-mente pensavamo utilizzare Power Over Ethernet, invece è un vero cavo di rete che passa tramite contatto e coppie incrociate.
segue a pagina 24
torna al sommario 24
MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
nato non serve affatto un eccesso di potenza. Non vuo-
le processori con decine di core, e nemmeno una sche-
da grafica da primo della classe: vuole una interfaccia
che non si blocchi e applicazioni che siano rapidissime
ad aprirsi, e sull’iMac da 24” lo sono, ma vuole soprat-
tutto ottimo video, ottimo audio e un’ottima webcam.
Spesso nel mondo degli all-in-one si tende a privile-
giare quelle che sono le specifiche del computer salvo
poi trascurare aspetti ritenuti magari secondari, che
invece sono per un pubblico famigliare fondamentali.
Si pensi ad esempio alla webcam: durante la pande-
mia decine di persone hanno provato in ogni modo
ad avere un’immagine decorosa durante le sessioni di
videoconferenza. Le videocamere 720p dei notebook,
incluse quelle dei notebook Apple, offrono una qualità
ben al di sotto delle aspettative di ciascuno. La camera
montata sull’iMac da 24” non è una webcam Logitech
Brio 4K, ma è in assoluto la webcam con la miglior qua-
lità mai vista su un iMac.
Meglio ancora di quella dell’iMac da 27” recentemente
rinnovato, perché sebbene entrambe condividano lo
stesso sensore 1080p sul modello che stiamo provan-
do ora l’ISP (Image Processor) del SoC M1 risolve tutti
i problemi di posizionamento e di illuminazione. Apple
usa lo stesso riconoscimento del volto usato anche
sugli iPhone, applica gli effetti di smoothing e le luci
ritratto oltre al tone mapping per avere un viso sempre
perfettamente visibile anche in condizioni di luminosità
difficile, come una finestra di lato o alle spalle. Unica
cosa forse un eccesso di sharpening, ma non è una
foto, è una webcam. Con macOS Monterey, che ab-
biamo provato, arriva anche la sfocatura con machine
learning che funziona molto meglio di quella integrata
all’interno delle varie app, spesso approssimativa. Per
molti utenti evoluti questa può sembrare una scioc-
chezza, ma il fatto di apparire bene nelle webcam du-
rante le riunioni per molti è più importante che avere 4
core in più o 16 GB di RAM in aggiunta.
A questo si aggiunge anche una resa audio davvero di
buona qualità se pensiamo allo spessore del prodot-
to: sono addirittura più grandi i diffusori della scheda
L’alimentatore da 143 Watt è pensato non solo per il Mac, che consuma molto meno, ma anche per eventuali accessori collegati.
Un magsafe nella base per ricaricare il telefono o le AirPods sarebbe stata una chicca ben gradita.
logica. Buono l’apporto di bassi, buona la pressione
sonora senza distorsioni, buona la “presa” audio, non
da podcast ma comunque più che adeguata per tene-
re una videochiamata mentre si passeggia per la stan-
za. Infine c’è lo schermo: Apple ha inserito un LCD da
23.5” che va a sostituire quello del 21.5”. Ricordiamoci
infatti che questo iMac sostituisce la versione picco-
la dell’iMac, quella anche meno venduta. Riducendo
la cornice Apple ha tenuto praticamente le stesse di-
mensioni del vecchio modello, ma ha un pannello più
grande con una risoluzione più alta: 4480 x 2520 al
posto di 4096 x 2304. La densità, tuttavia, è esatta-
mente la stessa. Non nascondiamo che essendo abi-
tuati all’iMac da 27”, è quello più diffuso, lo schermo di
questo iMac non sembra enorme, un pollice in più non
avrebbe fatto male, ma resta comunque una dimensio-
ne ben bilanciata per lavorare da vicino. Non solo: 24”
sono la dimensione perfetta per funzionare in un mo-
nolocale sia come computer sia come schermo TV da
guardare dal letto, grazie anche ad AirPlay finalmente
integrato dentro Monterey.
Lo schermo è luminoso, arriva quasi a 500 nits (476
nits), e ci troviamo davanti al solito pannello wide co-
lor con un’ottima resa in termini di angolo di visione
e con True Tone per compensare la luce ambiente.
L’unica nota è una leggerissima e appena percettibile
vignettatura su un lato, quello dove non arriva la luce
dell’edge led: si nota soprattutto su schermate bian-
che quando si lavora completamente al buio. C’è un
ultimo aspetto da trattare, che apparentemente riguar-
da il design ma che invece è più legato allo schermo
stesso e alla visione, ovvero la cornice bianca. Esiste
un motivo se oggi gli iMac hanno una grossa cornice
nera, e se la cornice su molti monitor professionali non
sparisce: la cornice nera aiuta chi sta lavorando ad iso-
larsi completamente. Chi sviluppa ama il tema scuro,
perché può lavorare la sera, senza distrazioni, immer-
so nel suo monitor e con lo schermo che rappresen-
ta l’unico elemento visibile, quello che richiede tutta
la nostra concentrazione. Le cornici nere dei monitor
rappresentano la barriera tra quello che succede nel
computer e quello che succede fuori. Apple ha messo
sugli iMac la cornice bianca, e sicuramente è una scelta
voluta e ragionata più volte. Non è solo una questione
di design, ma è più un segno di connotazione per il
prodotto: l’iMac da 24” deve vivere e far parte di un
ambiente, non deve essere un qualcosa di isolato. Non
è quel Mac pensato per la massima concentrazione e
per il lavoro, è semplicemente un computer. Non perso-
nal, ma family, dove ogni persona accede al suo profilo
usando il touch ID.
Le prestazioni che ti aspettiPer questo iMac da 24” vale tutto quello che abbiamo
già detto nella lunghissima prova del MacBook Pro fatta
a novembre, e la velocità del processore M1, ora che la
maggior parte delle applicazioni sono ottimizzate, non
si discute: difficile trovare un all in one che vada così
veloce a parità di prezzo.
Esistono sicuramente computer più veloci, ma non sono
certo family PC da esporre in soggiorno e sono pensati
per altro. Hanno anche, giusto dirlo, altri consumi.
All’interno dell’iMac da 24” Apple ha inserito una coppia
di ventole (una nella versione base) che in altre soluzioni
basate su M1 non sono state inserite: in realtà servono
più a far circolare l’aria calda generata inevitabilmen-
te dal pannello LCD che a tenere fresco il processore.
Apple M1, come si è visto sul MacBook Air e sull’iPad,
segue a pagina 25
TEST
Apple iMac 24” M1segue Da pagina 23
Qui sopra, la differenza tra MacBook Pro da 16” e iMac da 24”, nelle stesse identiche condizioni.
LA WEBCAM DELL’IMAC DA 24” LA WEBCAM DEL MACBOOK PRO DA 16”
torna al sommario 25
MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
Cambiare una sola schedina è un lavoro da meno di un’ora. Apple potrebbe iniziare a pensare agli upgrade aftermarket
non scalda neppure tanto. Con la dissipazione di tipo
attivo l’iMac da 24” riesce comunque a tenere i core
Firestorm al massimo del clock per lungo tempo senza
mai piegarsi.
Ci teniamo a precisare che questo processore, per
quanto ottimo, non fa miracoli: questo è un all in one
pensato per lavorare come elemento singolo, e se ini-
ziamo ad usare configurazioni multi-monitor ovviamen-
te inizia a far fatica, soprattutto lato grafico se abbiamo
così poca RAM. Sarebbe sciocco, tuttavia, prendere
una macchina simile per affiancare ad un monitor che
non si abbina esteticamente, meglio a quel punto un
Mac Mini. Si può usare per sviluppare foto RAW, per
fare editing musicale, per fare editing fotografico e vi-
deo e per programmare. Quanto? Gestisce benissimo
i filmati 4K con due o tre tracce sulla timeline, ma se
iniziamo a mettere video di altissima qualità in ProRes
soffre un pelo. L’utente tipo di questo iMac lavora con il
4K, ma è probabile che i suoi file di partenza siano i file
di un iPhone in 4K a 60p, che l’iMac si divora con disin-
voltura. Stessa cosa per lo sviluppo: Xcode è veloce,
molte librerie funzionano bene, ma resta comunque
un MacBook con un monitor enorme. È un computer
per le famiglie, non è una workstation e non pretende
nemmeno di esserlo, tuttavia con molte applicazioni
funziona meglio di molte workstation e avendo una
doppia porta Thunderbolt qualcuno potrebbe anche
essere tentato di usarlo con Logic o con Final Cut.
Il teardown di iFixit ci mostra che, come sui MacBook,
anche sugli iMac RAM e SSD sono saldati e insosti-
tuibili. Sulla RAM non si può dire nulla: è per forza di
cose saldata sul SoC, anche per una questione di pre-
stazioni. C’è però un aspetto che ci preme sottoline-
are: un tempo un iMac era un prodotto complesso da
smontare, oggi tutto il computer è una piccola schedi-
na alta 4 cm e lunga 20. Bene che per una questione
di prestazioni sia tutto saldato e compatto, ma Apple
ormai è una azienda talmente grande e con una rete
di assistenza presso gli Apple Store talmente effi-
ciente da poter permettersi una politica di upgrade di
TEST
Apple iMac 24” M1segue Da pagina 24
Persino l’interno dei connettori USB Type C al posto di essere nero è colorato dello stesso colore della scocca
SSD e RAM aftermarket. La sostituzione della piccola
scheda di un iMac richiede meno di mezz’ora di ma-
nodopera, e qualcuno potrebbe anche apprezzare.
Inoltre, sempre per un azienda molto attenta all’am-
biente, sarebbe stato intelligente pensare a questa
soluzione all-in-one come ad una soluzione aggior-
nabile per qualche anno: tra tre anni saranno pochi
coloro che pensano di cambiare questo iMac, andrà
ancora benissimo, ma potrebbe esserci qualcuno di-
sposto a spendere anche 600 euro per cambiare la
scheda all’interno con una versione più veloce.
Dispiace sempre, dopo un po’ di anni, trovarsi negli
iMac con una parte “computer” datata e una parte
display che invece è ancora migliore di molti monitor
che si possano acquistare a parte. Anche l’iMac da
24”, come tutti gli ultimi iMac prodotti da Apple, non
permette di usare i display come monitor Thunder-
bolt esterno per una questione puramente tecnica,
che comunque Apple, se avesse voluto, avrebbe po-
tuto in qualche modo gestire. Sempre dal teardown
di iFixit c’è una piccola chicca che mostra in modo
evidente la differenza tra Apple e decine di altre
aziende: la parte interna dei connettori USB Type C
è in tinta con il resto del corpo. Una parte minuscola,
che praticamente nessuno vede, che poteva essere
nera senza alcun problema: Apple ha curato anche
quel piccolo dettaglio, e a chi spende così tanto per
un computer alla fine questa meticolosità quasi esa-
gerata non può che far piacere.
Consumi, sicurezza e software: all inclusiveSpesso un All-in-one non è veramente all-in-one: c’è
l’hardware, ma manca la componente software.
Chi compra un all-in-one Windows si trova spesso a
dover installare una serie di applicazioni, cercando
anche la soluzione migliore, per riuscire a portarlo al
giusto livello di produttività. Microsoft, purtroppo, non
può per ovvi motivi inserire suite complete all’interno
di Windows e i partner, che dovrebbero dare all’uten-
te una esperienza completa, si guardano bene dal
farlo: alcuni danno delle trial che poi vanno pagate.
Chi compra un Mac lo paga sicuramente di più, ma si
trova dentro tutto quello che gli serve.
Ci sono Pages, Numbers e Keynote che svolgono la
funzione di Office, e sebbene non siano perfetti come
la versione Microsoft (Pages a volte non tiene la for-
mattazione nella conversione in doc) restano comun-
que applicativi completi e gratuiti. C’è Foto per l’orga-
nizzazione degli album e lo sviluppo dei RAW, ci sono
Garageband e iMovie per musica e video, c’è Swift
Playground per approcciarsi al coding oltre ad una se-
rie di utility gratuite e ben fatte scaricabili dallo store.
A questo si aggiunge anche la sicurezza di avere ag-
giornamenti garantiti nel tempo, versioni gratuite del
sistema operativo ogni anno, perfetta integrazione
con gli altri prodotti della famiglia Apple che sicura-
mente, chi guarda a questo prodotto, o ha già o sarà
invogliato a comprare per chiudere il cerchio.
Un utente Windows, se escludiamo la pirateria, ha
solo due soluzioni: o paga per avere programmi equi-
valenti, ma spesso è anche difficile trovare il prodotto
giusto per un utente non troppo esperto, o si affida
all’opensource, ma anche qui l’utente famigliare po-
trebbe trovarsi disorientato da logiche e interfacce
non troppo user friendly.
Per l’editing video ci sarebbe ad esempio Resolve
che è gratis, ma non è certo un programma in stile
iMovie. Photoshop Elements e Premiere Elements,
che possono essere gli equivalenti di iMovie e Foto,
costano comunque 150 euro se presi insieme.
C’è anche un aspetto legato ai consumi: anche se l’a-
limentatore è da 143 watt, noi non siamo mai riusciti
ad andare oltre gli 80 watt durante l’utilizzo dell’iMac
con un accessorio collegato.
È un computer che, rispetto a molti altri PC, consuma
davvero pochissimo.
ll grafico mostra un benchmark del processore M1 montato sull’iMac da 24” confrontato con quello dell’iPad Pro e con quello dei due MacBook, Air e Pro. Questo iMac non è un computer da “produzione”, ma il grafico serve semplicemente per far capire che il processore viene gestito esattamente allo stesso modo su un tablet, su un micro-computer e su un all-in one. Viene gestito così anche sul MacBook Pro a batteria, stessi consumi, stessi limiti termici, stesse prestazioni.
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
di Roberto FAGGIANO
Il mercato degli auricolari di fascia elevata è ormai
quasi affollato come quello dei modelli più econo-
mici, la richiesta di qualità è tanta e ogni marchio
cerca di conquistare la sua fetta di profitti. Buona ul-
tima arriva Bowers & Wilkins con la coppia PI5 e PI7,
questi ultimi sono i top di gamma e con i loro 399 euro
di prezzo di listino si rivolgono a chi desidera il meglio
in assoluto. I PI7 non sono solo i classici auricolari con
Bluetooth ma hanno pure l’esclusiva della possibilità
di collegare una qualsiasi sorgente alla loro custodia,
che poi provvederà a trasmettere la musica senza fili
agli auricolari. Inoltre troviamo la riduzione del rumore
con tecnologia adattiva per tenere conto delle condi-
zioni ambientali, regolando il circuito di conseguen-
za; ulteriori regolazioni si possono aggiungere anche
dall’applicazione di controllo. L’estetica è molto per-
sonale, con dimensioni esuberanti e finiture in parte
metalliche molto accurate. Per gli incontentabili non
manca la possibilità di usare gli assistenti vocali.
In dotazione troviamo due cavetti USB, il primo è
quello solito di tipo C per la ricarica ma il secondo
ha da un lato un terminale minijack per collegare la
custodia a una qualsiasi sorgente musicale. Con que-
sta modalità la trasmissione wireless avviene dalla
custodia agli auricolari, una modalità unica che può
far comodo a chi desidera usare i PI7 anche in casa
con dispositivi senza Bluetooth oppure aggirando il
Bluetooth di vecchia generazione di altri dispositivi.
Inoltre, cosa non da poco, permette l’uso in aereo.
Il risultato dovrebbe essere una migliore resa musi-
cale, primario obiettivo di ogni prodotto B&W. Se sia
davvero utile o vada considerato come un gadget lo
dirà la prova d’ascolto, tuttavia si tratta di una esclusi-
va assoluta di questi auricolari.
L’autonomia non è da record per la categoria, 4 ore
per gli auricolari e 20 ore compresa la riserva dispo-
nibile nella custodia con riduzione del rumore attiva;
l’autonomia residua precisa è visibile tramite l’appli-
cazione dedicata. La ricarica si può effettuare tramite
TEST In prova gli auricolari più prestigiosi del marchio britannico. Funzionano in modalità wireless, ma si può usare anche il filo
Auricolari wireless B&W PI7, la recensione Come suonano gli auricolari dallo storico brand Si può anche collegare una qualsiasi sorgente alla custodia, che poi provvederà a trasmettere la musica senza fili agli auricolari
cavo o in modalità wireless. La finitura è disponibile in
versione bianca o nera.
I dettagli tecniciI PI7 utilizzano il meglio della tecnologia disponibile
nella costruzione acustica e nella trasmissione wire-
less. Per quanto riguarda gli altoparlanti viene usato
un sistema a due vie con un trasduttore dinamico da
9,2 mm e un minuscolo tweeter inserito in una strut-
tura tubolare con un piccolo miracolo di progettazio-
ne per far stare il tutto nello spazio disponibile. Per il
bluetooth oltre ai classici codec base e AAC è pre-
sente anche l’aptX in versione HD Adaptive e bassa
latenza. Utilizzando uno smartphone compatibile con
processore Qualcomm la trasmissione tra il dispositi-
vo e i due auricolari avviene a 24 bit.
Per la riduzione del rumore e per la funzione vivavo-
ce vengono usati complessivamente sei microfoni
mentre il sistema di cancellazione del rumore è già
predisposto per adattarsi ai rumori esterni e si può ul-
teriormente regolare tramite l’applicazione B&W He-
adphones. Quest’ultima è decisamente essenziale,
manca soprattutto qualsiasi possibilità di modificare
la risposta in frequenza.
Qualche problema con il bluetoothDopo avere descritto le qualità tecniche di questi auri-
colari bisogna anche dire che i PI7 non sono esenti da
problemi pratici. Iniziamo dai fondamentali: le istruzio-
ni rapide si esauriscono in un foglietto illustrato trop-
po semplice e non molto chiaro; per esempio il tastino
da usare per stabilire il primo collegamento con il tele-
fono non è ben disegnato e può essere confuso con il
più grande tasto frontale che ha altre funzioni, inoltre
è davvero molto piccolo e chi ha dita poco affusolate
o con unghie corte potrebbe avere molta difficoltà a
premerlo. Per capire bene ogni dettaglio delle funzio-
ni bisogna scaricare il PDF dal sito e scaricare anche
l’applicazione dedicata per usufruire delle diverse
modalità di riduzione del rumore.
Una volta scoperto il tastino giusto il collegamento
bluetooth sembra quello di una decina di anni fa, con
fischi, sibili, interruzioni, sganci e gracchiamenti che
poi in genere cessano dopo qualche secondo (ma a
volte bisogna rifare la procedura per avere un colle-
gamento pulito). Non accade sempre e non sembra
neppure dipendere da un eccesso di dispositivi nel-
lo stesso ambiente, dato che si è ripetuto in diverse
situazioni. Stesso inconveniente utilizzando il colle-
gamento via cavo alla custodia che poi trasmette il
segnale agli auricolari.
Altro problema pratico è l’ingombro degli auricolari
che, pur essendo molto leggeri, riempiono fisicamen-
te l’orecchio, anche se per fortuna ci sono in dota-
zione tre diverse misure di adattatori. I vari comandi
vanno impostati con un tocco rapido sulla superficie
esterna dell’auricolare sinistro e destro, una zona
molto grande che si può toccare per sbaglio molto
facilmente. Inoltre la conferma delle operazioni avvie-
ne con un semplice suono sempre uguale e senza
indicazioni vocali, un’altra caratteristica sgradevole
su auricolari di questo prezzo.
L’ascolto mette tutti d’accordoFinite le lagnanze passiamo ai lati positivi perchè
questi auricolari suonano davvero bene, non siamo
ai livelli delle cuffie B&W ma ci siamo molto vicini.
La musica arriva in modo pulito, dinamico, naturale,
tridimensionale e senza asprezze o rimbombi. Forse
la gamma bassa resta leggermente indietro ma que-
sto è un bene con lo streaming compresso. Usando
musica Flac l’ascolto è un vero piacere e invita a
continuare a lungo tempo nonostante la presenza
piuttosto ingombrante degli auricolari stessi. La pro-
lab
video
segue a pagina 27
Non solo gli auricolari sono grandi ma pure la custodia è più grande della media.
torna al sommario 27
MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
fondità della scena è notevole e si possono cogliere
le differenze nelle registrazioni, con voci sempre ben
in primo piano e mai sibilanti, gli acuti sono squillanti
solo quando serve. Sempre con le migliori registra-
zioni si vorrebbe qualche basso in più ma la dinamica
è comunque corretta e si può ascoltare con soddi-
sfazione anche musica classica. Abbiamo provato
anche il collegamento via cavo usando l’uscita cuffia
con volume regolabile del nostro lettore CD. Per pri-
ma cosa bisogna regolare quasi al minimo il livello di
uscita per evitare la saturazione, poi la musica giunge
in modo praticamente uguale alla modalità wireless e
cioè sempre benissimo.
La riduzione del rumore avviene in primo luogo per l’i-
solamento acustico fisico creato dagli stessi auricola-
ri, però ottenere un silenziamento totale è impossibile
- come su tutti gli auricolari d’altronde - e la variante
disponibile tramite app non cambia di molto le cose.
Più che di cancellazione dobbiamo parlare di attenua-
zione mentre la modalità adattativa in base ai rumori
esterni è efficace soprattutto se si rimane fermi in un
TEST
B&W PI7segue Da pagina 26
ambiente con lo gli stessi rumori, meno se ci si muove
o cambiano rapidamente gli influssi esterni. In com-
penso non ci sono fruscii o altri fastidiosi effetti, non è
comunque questo il punto di forza dei PI7.
I PI7 sono auricolari da scegliere soprattutto per
ascoltare musica in modo impeccabile, se la cosa
non vi interessa o volete una riduzione del rumore
eccellente dovete rivolgervi altrove. Con questa pre-
messa gli auricolari valgono il loro prezzo e la trovata
del collegamento via cavo sulla custodia può essere
molto utile. La concorrenza però è molto forte e non
si può battere con la sola tradizione.
di Roberto FAGGIANO
I suoni a 360° vanno di moda ma lascia-
no molto perplessi gli appassionati di
musica. Un marchio come Yamaha che
ha inventato il DSP e le elaborazioni am-
bientali, però, non poteva lasciarsi scap-
pare l’occasione di dire la sua in materia.
Ecco quindi le nuove YH-L700A, nell’a-
spetto classiche cuffie over ear, che in-
troducono il concetto di suoni 3D a 360°
per diverse situazioni ambientali. Dall’ap-
plicazione di controllo infatti si può sce-
gliere tra diverse modalità di ascolto:
Cinema. Drama e video musicale per la
riproduzione di filmati, Audio Room. Mu-
sica di sottofondo, Outdoor live e Con-
cert Hall per l’ascolto musicale.
Le diverse elaborazioni creano un suono
immersivo e coinvolgente che porta nel
migliore posto a sedere al cinema o tra
il pubblico di un concerto dal vivo. Ol-
tre a questo la funzione Head Tracking
controlla e segue la posizione della te-
sta dell’ascoltatore rispetto al dispositivo
che funge da riproduttore e regola di
conseguenza la modalità di riproduzione
avvolgente. Il risultato dovrebbe essere
un suono che porta la centro della scena,
indipendentemente dai contenuti e dalla
sorgente, quindi anche con musica o fil-
mati in semplice modalità stereo. A que-
ste innovative caratteristiche si aggiunge
la funzione di riduzione e cancellazione
del rumore, con le consuete diverse
modalità per non isolarsi completamen-
te dall’esterno e il Listening Care tipico
di Yamaha, che garantisce buona resa
sonora e dinamica anche senza alzare
troppo il volume. Passando alle caratte-
ristiche tecniche più consuete troviamo
ampi padiglioni imbottiti con la tipica
forma squadrata delle cuffie Yamaha,
trasduttori da 40 mm, Bluetooth 5.0
con aptX Adaptive, compatibilità con
HI FI E HOME CINEMA Yamaha propone delle nuove cuffie con elaborazione sonora 3D per svariate situazioni ambientali
Yamaha YH-L700A, le cuffie con suono 3D e Head TrackingLe diverse elaborazioni creano un suono coinvolgente che porta nel migliore posto al cinema o tra il pubblico di un concerto dal vivo
assistenti vocali Siri e Google, oltre
alla possibilità di usare anche il colle-
gamento cablato (con il quale la cuffia
diventa Hi-Res compatibile). Interes-
santi i dati sull’autonomia: 34 ore con
sistema di cancellazione del rumore
attivo, che crollano a 11 ore se si attiva
pure il circuito 3D Sound Field. Il prez-
zo di listino che è fissato a ben 549
euro, superiore a quello di molte cuffie
di livello assoluto.
torna al sommario 28
MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
di Roberto FAGGIANO
Nei televisori di fascia alta è molto comune trovare
in dotazione due telecomandi, uno completo di
tutte le funzioni e un altro semplificato in modo
da evitare la classica lotta da divano per il dominio sullo
“strumento di potere” e anche per facilitare le cose a
chi davanti alla tv si limita a cambiare canale e volume.
Proprio la stessa cosa accade con il decoder Diprogress
DPT207HD Duo (prezzo di listino 49 euro), un aggior-
nato apparecchio pronto per lo switch-off e approvato
per il Bonus Tv da 50 euro, che ha appunto in dotazio-
ne due telecomandi. Il primo telecomando è il classico
della categoria, economico nella fattura ma con buona
ergonomia, il secondo ha solo i tasti essenziali numerici,
i tasti direzionali per cambio canale e volume e anche
due tasti programmabili per il tv. La dotazione di due
telecomandi sarà particolarmente utile in una famiglia
dove ci sono persone esperte e altre a digiuno di tec-
nologia, ognuno userà il telecomando più adatto. Sul
telecomando completo i tasti dedicati al televisore con
apprendimento degli impulsi permettono di variare il
volume, selezionare la sorgente e accendere o spegne-
re l’apparecchio mentre sul telecomando semplificato
le funzioni sono ridotte all’accensione/spegnimento e
alla scelta della sorgente. Il decoder ha una presa USB
frontale per la riproduzione di file multimediali ma non
è abilitato alla registrazione o al Time Shift. Disponibile
invece un timer per accendere e spegnere il decoder
agli orari prestabiliti.
Il pannello frontale del decoder è particolarmente ricco
di comandi perchè, oltre al display e alla presa USB c’è
una minuscola tastiera con tasti direzionali per svolgere
ogni funzione direttamente. I tasti sono davvero piccoli
ma in caso di emergenza con i telecomandi è meglio
che niente. Ricco anche il retro, con ingresso d’antenna
e uscita passante, uscite HDMI e Scart, uscita audio di-
gitale coassiale, una presa di rete cablata e il connettore
per l’alimentatore esterno. In dotazione ci sono le pile
per un telecomando ma nessun cavo di collegamento.
Le istruzioni sono complete e ben redatte anche se
stampate con caratteri piuttosto piccoli.
Inizio facile ma la ricerca è davvero lentaL’inizio dell’installazione è molto semplice e propone su-
TEST Diprogress DPT207HD Duo è dotato di un telecomando standard e di uno semplificato ma entrambi utilizzabili anche per il TV
Decoder Diprogress DPT207HD Duo in prova Il decoder DVB-T2 con doppio telecomandoIl decoder è affidabile, semplice da usare e con il gadget del doppio telecomando che aumenta il valore del rapporto qualità/prezzo
bito la ricerca canali, un OK sul telecomando e l’utente
meno esperto ha finito i suoi compiti. il tempo di ricerca
delle emittenti tv è di circa 3 minuti mentre lo zapping
tra i canali è praticamente immediato con un attimo di
attesa per il passaggio tra canali SD e HD.
Il menù su schermo ha una bella grafica ed è in buon ita-
liano, ci sono tutte le consuete voci dedicate alla ricerca
canali, impostazioni del tv e lettura file multimediali da
chiavette USB. L’aggiornamento del firmware è via USB
o etere mentre il collegamento web - solo cablato - è
dedicato a ricevere un’applicazione sul meteo e le app
di news di Yahoo e BBC, funzioni forse eccessive e non
essenziali su un decoder di questo tipo. Per quanto ri-
guarda il tempo di accensione del decoder dallo stand-
by è di circa 20 secondi, non proprio rapidissimo ma
nella media della categoria.
Incerta la ricezione del televideo che presenta una
strana grafica allungata con caratteri non standard e
ha tempi molto lunghi di caricamento delle pagine con
tanto di scritta “Please wait”; il televideo è accessibile
solo dal telecomando completo e le pagine accessibi-
li con i tasti colorati non sono standard, chi usa molto
questo strumento di aggiornamento non trova qui il suo
decoder ideale. Le immagini televisive sono di buona
qualità con il collegamento HDMI, colori naturali e det-
tagli abbastanza nitidi, abbiamo visto di peggio. La ri-
produzione di file multimediali è stata molto buona, con
acquisizione rapida dei contenuti e altrettanto rapida
riproduzione dei file musicali MP3, immagini JPEG e fil-
mati AVI, MP4 e MKV. Il Diprogress DPT207HD Duo si
è dimostrato un buon decoder, affidabile, semplice da
usare e con il gadget del doppio telecomando che au-
menta il valore del rapporto qualità/prezzo.
lab
video
torna al sommario 29
MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
di Roberto FAGGIANO
Riguardo i diffusori della svedese Audio Pro si è sem-
pre parlato bene dal punto di vista acustico, mentre
frequenti erano le critiche sulle funzioni multimedia-
li, spesso poco aggiornate.
Per rimediare ecco la nuova versione del già noto C10, il
diffusore di punta che ora guadagna il suffisso MkII e si
presenta in regola con le esigenze minime di un moder-
no diffusore destinato al multiroom: ora ci sono Chrome-
cast, Wi-Fi, AirPlay 2, Spotify Connect e Bluetooth. È sta-
ta modificata anche l’estetica sin troppo originale, con
la semplice aggiunta di una griglia frontale in tessuto.
Abbandonata anche la vistosa maniglia per il trasporto,
forse poco utile per un diffusore che non è proprio un
portatile, se non altro perché è alimentabile solo a rete
e non ha una batteria. Ora sul pannello superiore c’è
una elegante tastiera con finitura metallica che racchiu-
de tutti i comandi principali e sei tasti di preselezione
per richiamare subito i servizi di streaming più utilizzati.
Il prezzo di listino è di 399 euro: non pochi ma in linea
con i migliori concorrenti. L’estetica ha guadagnato solo
una griglia frontale, ma è indubbio che il diffusore cam-
bi completamente tra la versione senza griglia e quella
con, solo questione di gusti ma con la griglia il diffusore
è elegante e discreto mentre senza griglia gli altoparlan-
ti lo rendono molto più vistoso e personale. Anche sen-
za la griglia i delicati tweeter sono comunque protetti da
una robusta rete metallica. La finitura del mobile in legno
è disponibile in colore bianco, nero e grigio con la griglia
coordinata; alla base si notano i piedini conici in gomma
come su un vero diffusore per eliminare le vibrazioni e
quelli frontali sono più alti di quelli posteriori, in modo da
orientare leggermente il diffusore verso l’alto e migliora-
re la dispersione sonora.
In tema di collegamenti abbiamo già parlato di quelli
senza fili, ma al C10 MkII si possono collegare anche sor-
genti fisiche tramite un ingresso rca stereo e c’è anche
l’uscita per un eventuale subwoofer, cavallo di battaglia
del marchio svedese. Quindi il diffusore si può usare
anche con un lettore CD, con un televisore o con un
giradischi dotato di stadio phono. Sul lato posteriore tro-
viamo anche il vistoso accordo reflex per gli altoparlanti,
cosa che implica molta attenzione nel collocamento in
ambiente per non falsare la resa in gamma bassa. Per il
controllo del diffusore si possono usare diverse applica-
zioni, prima di tutto la sua proprietaria, ma poi il diffusore
è presente anche in Chromecast e da Spotify. I formati
supportati vanno dall’MP3 fino al Flac, passando Apple
lossless, WMA e AAC.
Un diffusore solo per una configurazione stereoIl C10 MKII utilizza un sistema di altoparlanti stereo in
accordo reflex, vengono utilizzati due tweeter a cupola
da 2 cm e un midwoofer da 13 cm; per pilotarli ci sono
tre amplificatori in classe D con potenza di 2 x 20 + 40
W. Quindi un buon spiegamento di forze per una resa
sonora senza compromessi. Il mobile è in legno con
TEST La versione aggiornata del diffusore scandinavo, ora completo di Wi-Fi, Chromecast, AirPlay2 e Bluetooth. Rivisto anche il design
Audio Pro C10 MkII, il diffusore tuttofare in provaL’estetica è più elegante con la griglia frontale. il C10 merita un ascolto ma per dare il meglio di sé esige un posizionamento preciso
finitura satinata, più robusto che raffinato ma molti lo
preferiranno ai mobili in plastica di molti concorrenti. Le
dimensioni sono compatte ma non trascurabili, abbiamo
32 x 16 x 18 cm (L x A x P) che richiamano l’ingombro di
un buon diffusore da scaffale, quindi per posizionarlo
serve un ripiano solido (il peso è di quasi 4 kg) e con
la possibilità di distanziarsi dalla parete posteriore di al-
meno 15-20 cm per non rischiare rimbombi sui bassi.
Dall’applicazione di controllo si possono variare i toni
alti e bassi ma comunque è meglio trattare il C10 come
un vero diffusore che non va collocato dove capita. Per
le connessioni senza fili c’è il Wi-Fi dual band e il Blue-
tooth 4.2.
Da solo o in multiroom resta sempre un ottimo diffusorePer il collegamento iniziale scegliamo l’applicazione di
Audio Pro, che sarà utile anche per gestire la musica
dalle diverse applicazioni di streaming, da eventuali
server musicali o di quella semplicemente archiviata su
smartphone e tablet. Si può volendo iniziare con Goo-
gle Home, e poi passare all’app proprietaria.
La grafica è molto semplice e chiara, ci sono i servizi
di streaming più diffusi, le radio internet, regolazione
volume e toni, impostazione delle preselezioni e la
gestione di eventuali altri diffusori Audio Pro nel mul-
tiroom.
Se dal punto di vista estetico la griglia fa la differenza,
non ci sono conseguenze invece sulla resa acustica,
fermo restando che il doppio tweeter comporta una
migliore resa stereofonica se ci si posiziona esatta-
mente davanti al centro del diffusore.
Iniziamo l’ascolto con Spotify e la resa non è delle
migliori: troppi bassi e musica complessivamente non
adeguata al prezzo di listino anche se abbiamo posto il
diffusore in condizioni ideali. Poi però ci basta cambia-
re brano scegliendo musica meglio registrata e tutto
cambia, la gamma bassa diventa molto meglio control-
lata e si possono apprezzare il dettaglio sugli strumenti
e ottime voci; la ricostruzione tridimensionale dipende
molto dal punto di ascolto perchè se si lascia il centro
esatto del diffusore la scena si restringe e perde defini-
zione, pur restando ascoltabile e in linea con la classe
di prezzo. L’ascolto di brani Flac conferma che il C10 è
un vero diffusore ed esalta la musica meglio registrata,
mettendo viceversa impietosamente in primo piano i
difetti o l’eccessiva compressione delle registrazioni
scadenti. Abbiamo anche collegato via cavo il nostro
lettore CD e la resa è stata molto buona, pur rimanen-
do una piccola preferenza per il medio basso che non
sempre è gradevole. Con il semplice Bluetooth la resa
rimane buona e con lo streaming non ci sono partico-
lari differenze nella resa sonora.
La potenza è più che sufficiente anche per un locale di
medie dimensioni e si può spingere sul volume senza
rischiare distorsioni; al limite si può abbassare di un
paio di tacche il livello dei bassi tramite l’app per ripor-
tare un equilibrio degno di un vero diffusore passivo di
pari prezzo. La gamma acuta non predomina e anzi po-
trà sembrare arretrata se non si dispone bene il diffuso-
re. Certo i concorrenti non mancano e con la stessa cifra
si può anche avere una coppia stereo sempre adatta al
multiroom (Sonos One SL), però il C10 ha una sua preci-
sa personalità e merita un ascolto anche se per dare il
meglio di sé esige un posizionamento piuttosto preciso
e non va messo a caso su un ripiano.
lab
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
di Roberto FAGGIANO
Si chiama Facile il decoder DVB-T2 di Telesy-
stem che si rivolge al pubblico meno attratto
dalla tecnologia e dalle sue complicazioni, già
il fatto di non aver utilizzato una delle solite astruse
sigle alfanumeriche ci dice lo sforzo fatto dal marchio
italiano per avvicinarsi alle esigenze del pubblico
che ha bisogno di un nuovo decoder in vista dello
switch-off ma ne avrebbe fatto volentieri a meno. Il
prezzo di listino è di quelli tra i più accessibili - 36,90
euro - e può anche usufruire del bonus di 50 euro
per i soggetti che ne hanno i requisiti. In tal caso si
prende gratis.
L’aspetto è molto semplice e compatto: sul frontale
solo un display che indica il canale o l’ora esatta ol-
tre alla presa USB per chiavette di memoria utili per
la riproduzione multimediale o per la funzione Time
Shift. Sul retro l’ingresso antenna e le uscite scart
e HDMI oltre alla presa per l’alimentatore esterno.
Molto interessante il telecomando, studiato per la
massima semplicità: tasti molto grandi, tastiera nu-
merica e tasti a freccia per cambio canale e volume
con conferma centrale e qualche altro tasto per le
poche funzioni accessorie; non è previsto l’utilizzo
diretto per un televisore per evitare complicazioni.
In complesso un telecomando utilizzabile senza diffi-
coltà veramente da tutti. In fatto di semplicità forse si
è esagerato con le istruzioni, che si concludono con
un foglietto di quattro facciate dove manca l’illustra-
zione del telecomando. Niente di grave perché l’in-
stallazione è guidata tramite il menu su schermo e in
pochi minuti è tutto pronto. Volendo ci sono anche
funzioni non essenziali come la guida programmi e
le impostazioni video se non si vuole sfruttare l’im-
postazione automatica. Quasi inutile ricordare che il
decoder arriva al consumatore privo delle pile del
telecomando e senza alcun cavo di collegamento.
Avvio rapido, zapping veloceVeniamo ora alla fase dell’installazione con la rela-
tiva tempistica: il tempo complessivo della ricerca
TEST Abbiamo provato il decoder DVB-T2 di Telesystem, che è particolarmente indicato per chi è a digiuno di tecnologia
Decoder DVB-T2 Telesystem Facile, la recensione Il decoder da 36 euro semplice di nome e di fattoTelesystem Facile è un oggetto facile da installare e con le sole funzioni essenziali. In evidenza il telecomando semplificato
canali è di circa 3 minuti, non pochissimi perchè il
decoder su ogni frequenza cerca separatamente le
emittenti in DVB-T e DVB-T2; poi bisogna anche ri-
solvere eventuali conflitti LCN. I canali 100 e 200 si
vedono e la buona sensibilità in antenna potrà fare
comodo a chi non ha un impianto da manuale. Se
non si desidera seguire l’ordinamento standard LCN
si possono realizzare liste di canali preferiti. Dopo la
prima impostazione il tempo di accensione è di 15
secondi, quindi abbastanza rapido, lo zapping tra i
canali è praticamente immediato con il solito pic-
colo ritardo passando da canali SD a HD. Maggiori
incertezze con il televideo, le cui pagine vengono
caricate lentamente, inoltre mancano i tasti colorati
e quindi bisogna procedere pagina per pagina con i
tasti freccia oppure impostando ogni volta la pagina
desiderata.
L’aggiornamento del firmware può essere fatto solo
via chiavetta usb. Da notare un certo riscaldamento
del decoder durante l’utilizzo, in mancanza di ferito-
ie di aerazione sarà meglio evitare posizionamenti
troppo incassati, ma il decoder è talmente piccolo
(14 x 3 x 9 cm, L x A x P le dimensioni) che troverà fa-
cilmente spazio accanto al tv. Per quanto riguarda la
riproduzione di file multimediali abbiamo riscontrato
l’impossibilità di collegare il nostro piccolo hard disk
esterno che usiamo per i test e che mai finora era
stato rifiutato da altri decoder.
Rimediamo copiando i file su una semplice chiavet-
ta e tutto torna a funzionare. Musica MP3, immagini
JPEG e filmati MP4, AVI e MKV vengono riprodotti
rapidamente e con buona qualità anche se proba-
bilmente questa funzione nemmeno interesserà al
tipico utente di un decoder come questo.
La qualità delle immagini televisive è molto buona
utilizzando il collegamento HDMI, nulla da invidiare
a quelle del nostro tv di riferimento di piccola taglia
usato per l’occasione.
Il Telesystem Facile si è quindi dimostrato un buon
decoder per lo switch-off, come dice il suo nome
adatto al pubblico meno interessato alla tecnologia.
Visto il prezzo di listino, non sarebbe stata sgradita
la dotazione di batterie per il telecomando e cavo di
collegamento al tv.
lab
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
di Sergio DONATO
Sono quasi due smartphone gemelli, diversi soprat-
tutto nelle dimensioni e in alcun dettagli. Stiamo
parlando di Xperia 1 III e di Xperia 5 III: 6.5” il primo
e 6.1” il secondo. Tra le nostre mani, per questa recen-
sione, ci è finito l’Xperia 1 III, il modello di punta. Sony
chiede 1.299 euro per quello che è il suo flagship, e il
prezzo difficilmente cambierà nel tempo per la distri-
buzione molto selettiva e il numero di pezzi comunque
ridotto che Sony produce. Xperia 1 III, inutile girarci attor-
no, è come gli altri smartphone Xperia annunciati negli
ultimi anni una sorta di segnaposto nel mondo mobile:
Sony vuole restare con un piede in un settore impor-
tantissimo, ma al momento si accontenta di presidiare il
suo piccolo spazio senza sgomitare e senza allargarsi.
A prima vista, se guardiamo il mondo degli smartphone
di oggi e quello che viene offerto da molti produttori,
soprattutto cinesi, il Sony Xperia 1 III appare totalmente
fuori mercato: non solo per il prezzo alto, ma anche per
alcune soluzioni adottate che non sono forse le migliori
che si potevano scegliere. Ci riferiamo, e lo vedremo
dopo, alla scelta ad esempio di uno schermo 4K energi-
voro, o alla forma molto stretta e allungata con le cornici
sopra e sotto. Per capire l’Xperia 1 III bisogna tuttavia
capire un po’ i giapponesi, e il loro modo puro e onesto
di approcciare la tecnologia. Un modo che funziona in
tutti quei settori, come quello delle TV e della fotografia,
che non sono stati contaminati dalla folle ricorsa al mar-
keting voluta dai produttori cinesi e dove non c’è una
Apple che detiene la fascia premium.
Sony non accetta quelli che possono essere compro-
messi fuori dai classici dogmi, e difficilmente vedremo
sui telefoni di fascia alta un notch, o una fotocamera
all’interno dello schermo: piuttosto restano le cornici,
sottili, e resta quella forma a telecomando che molti cri-
ticano ma che alla fine non è poi così scomoda.
Sony ha comunque il suo nutrito gruppo di sostenitori, e
se lo scorso anno abbiamo aspramente criticato Xperia
1 II per alcune mancanze legate proprio a quello che è il
DNA di Sony, ricordiamo ad esempio i ritratti scattati con
il grandangolo, quest’anno Sony ha corretto tutti i pro-
blemi e ha anche portato qualche novità che nessuno,
in questi anni, ha proposto.
Ci riferiamo ad esempio al tele periscopico con doppia
focale.
TEST Lo smartphone di punta Sony è una versione rivista e corretta del modello che non ci aveva fatto impazzire lo scorso anno
Sony Xperia 1 III. Unico, ma il prezzo è davvero altoSony cambia poco, ma cambia dove serve. Resta purtroppo un prezzo fuori mercato. La prova con il test di autonomia
Stile che piace non si cambia: 21:9 ma con Snapdragon 888Xperia 1 III arriva con il suo formato 21:9 e con un peso
che, sebbene sulla bilancia registri 186 grammi, non si
avverte. Lo spessore da 8,2 mm viene nascosto dallo sti-
le “a mattonella” del telefono che dichiara le sue inten-
zioni di design in modo netto. Schermo piatto (evviva!),
cornici sottili e fronte e mento contenuti. C’è anche la
notifica LED, che è un di più sempre apprezzato quando
c’è. Snapdragon 888, 12 GB di RAM e 256 GB di spazio
di archiviazione sono i “numeri” del telefono con An-
droid 11, che quindi si presenta pronto all’etichetta “top
di gamma” di Sony. Il cassetto Dual SIM ibrido (quindi
può ospitare anche una scheda SD) non ha bisogno del-
la clip metallica e si tira fuori con l’unghia. Una scelta che
potrebbe non piacere a tutti: a noi sì, perché chi vuole
rubare una SIM si porta comunque dietro una clip me-
Sony Xperia 1 IIIUN OTTIMO TELEFONO, MA IL PREZZO STONA. SOPRATTUTTO CON SOLI DUE ANNI DI AGGIORNAMENTO
139,00 €
Sony fa bene a chiamarlo Xperia 1 III, perché ricordando la nomenclatura spesso usato per le fotocamere ci troviamo davanti ad una versione rivista e corretta dell’Xperia 1 II. Corretta dove serve: lo schermo OLED grazie ad una gestione più conservativa non solo consuma di meno, ma risulta anche molto più leggibile alla luce del sole. Allo stesso modo la sezione fotocamera e videocamera è oggi organizzata meglio, e chi ha “mano” con l’Xperia si divertirà parecchio. Un telefono pensato soprattutto per l’utente Sony che ha anche una fotocamera Alfa, con una serie di chicche che sono veri e propri inediti: il tele a doppia focale è un tuttofare ottimo che risolve il problema attuale di molti top di gamma, ovvero una focale troppo spinta e l’assenza di un 3x intermedio da usare per i ritratti. A questo si aggiunge una forma pratica, un LED di stato, un ottimo audio e tanti altri piccoli dettagli. Bisogna sempre ricordarsi che è un telefono Sony, e non è facile, e forse neppure giusto, paragonarlo ad alti smartphone che invece puntano tutto su quelli che sono i trend del momento. Ha una forma insolita, ma pratica, ha uno schermo allungato e piatto preciso e fedele nella riproduzione, senza notch e sensori sotto lo schermo. Il suo problema è il prezzo: 1.299 euro sono un prezzo davvero alto e sarebbe difficile consigliarlo anche se avesse avuto 4 anni di aggiorna-menti garantiti. Il problema vero è che non li ha: al momento Sony garantisce i classici due anni per sicurezza e sistema, e questa decisione è difficile da giustificare e da digerire.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
9 7 7 7 7 67.5COSA CI PIACE COSA NON CI PIACESchermo di ottima qualitàDesign pulito, minimale e originaleTante regolazioni nell’app foto e video di default
Prezzo decisamente elevatoPolitica di aggiornamento non al livello del prodottoRicezione migliorabile
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segue a pagina 32
tallica per perpetrare l’atto criminale, e di solito non fa
parte delle persone che si frequentano.
I tasti fisici sono tutti a destra. Bilanciere, tasto di stan-
dby con sensore per le impronte, tasto per l’assistente
Google e tasto per lo scatto fotografico. Non c’è quindi il
sensore per le impronte sotto lo schermo OLED e nem-
meno il riconoscimento del viso. Il sensore di impronte
laterale è un po’ sensibile al sudore.
C’è la porta jack audio da 3,5 mm, e lo diciamo subito,
dato che siamo in tema: Xperia 1 III è uno dei telefoni
con la migliore qualità audio che ci è capitato di provare
recentemente. E non stiamo parlando solo del DAC per
le cuffie ma anche dell’ascolto tramite i due altoparlan-
ti stereo. La connessione jack è stata provata con file
FLAC e MP3. L’ascolto è “morbido” e preciso senza sof-
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
TEST
Sony Xperia 1 IIIsegue Da pagina 31
ferenze dovute a distorsioni o a frequenze taglienti. Il
palcoscenico è ampio e la gamma bassa è corposa.
Lo schermo, come abbiamo già detto, è un 4K da 120
Hz selezionabili. Quindi la frequenza di aggiornamento
dello schermo non è adattiva ma la si deve scegliere ap-
positamente tra 60 Hz e 120 Hz. Una soluzione più che
comprensibile se si pensa che non a tutti interessano e
che se non si attivano i 120 Hz si risparmia anche batte-
ria, che è da 4.500 mAh, e si è dimostrata abbastanza
capace nel nostro specifico test.
L’uso quotidiano ha confermato i valori delle nostre
routine di test automatizzate. Se si scatta e si riprende
come se non ci fosse un domani, la batteria va giù in
fretta, ma se si fa un uso anche sostenuto del telefono
trattandolo da “smartphone”, la giornata si copre con
rilassatezza.
Tornando allo schermo 4K, sulla carta 3.840 x 1.644 pixel
sono eccessivi, però due persone su tre a cui abbiamo
fatto vedere il telefono hanno detto: “Bello, lo schermo!”
Si riferivano soprattutto alla qualità dell’OLED, capace
di gestire i 10 bit, ma che Sony indica con precisione
essere in realtà un 8 bit con 2 bit di dithering.
C’è inoltre da precisare che il telefono non “va sempre
a 4K”, sceglie in base ai contenuti e purtroppo non pos-
siamo dire quale siano le variabili di cui tiene conto. Può
scegliere tra 2.560 x 1.096 e 3.840 x 1.644 entrambe a
60 Hz o 120 Hz per un totale di quattro modalità diverse.
L’app di Netflix si ferma per specifiche solo all Full HD.
Alla piena luce del sole lo schermo si comporta benissi-
mo, così come con i contenuti HDR10 delle piattaforme
di streaming o HLG di YouTube. Un bel passo in avanti
rispetto al modello precedente che risultava poco visibi-
le alla luce del sole.
La ricezione si è dimostrata nella media per la fascia di
appartenenza di Xperia 1 III, senza però stupire più di
tanto. In ogni caso, non abbiamo mai avuto problemi nel
chiamare o nel ricevere, e le conversazioni hanno sem-
pre avuto un’ottima qualità audio e una buona qualità di
segnale. L’accuratezza del GPS in condizioni difficili è di
circa 4,5 metri: un risultato più che buono.
Il riscaldarsi dello Snapdragon 888 non ha inciso duran-
te le telefonate e l’uso normale del telefono, conside-
rando anche che la nostra prova si è svolta in estate.
Dopo un’intensa sessione di foto o video, però, se si
riceve una chiamata il calore all’orecchio si fa notare.
Un telefono pensato per “fare immagini”Xperia 1 III è indubbiamente un telefono che punta mol-
tissimo sulle sue capacità fotografiche e video. E sono
due le grandi novità di questa terza iterazione: l’app
per la fotocamera che finalmente ingloba sia i comandi
“pro” sia la modalità chiamata BASIC per il punta e scat-
ta quotidiano adatto a tutti; e poi la lente periscopica a
doppia lunghezza focale, che può funzionare come tele
da 70 mm o come tele da 105 mm equivalenti.
Sony la chiama “Variable Telephoto Lens”. Non è un
zoom ottico: si limita a far scegliere con un solo “ele-
mento” periscopico due lunghezze focali ottiche. Nulla
però vieta di zoomare digitalmente tra le due lunghez-
ze, e anche oltre, perché si può arrivare fino a 300 mm.
Cerchiamo però di andare con ordine e presentiamo i
moduli delle fotocamere posteriori disposti verticalmen-
te quasi sul bordo. Tutti i moduli, come ormai da tradi-
zione della linea, hanno sensori da 12 MP, e sono Exmor
Rs di Sony, quindi niente pixel binning con sensori da
48, 64, o 108 MP che accoppiano i pixel adiacenti per
recuperare luminosità: soluzione usata ormai da quasi
tutti i telefoni Android. Recentemente è sfuggito a que-
sta scelta solo il Samsung Galaxy S20 FE.
Tutte le fotocamere hanno l’autofocus Dual Pixel a rile-
vamento di fase. A guidare il terzetto, in cima a tutte, c’è
la ultra grandangolare da 16 mm equivalenti con aper-
tura F2.2. Il sensore è grande 1/2.5”. A scendere c’è la
camera principale da 24 mm F1.7 con sensore da 1/1.7”,
pixel da 1.8 μm e stabilizzazione ottica.
Buon ultima la camera “periscopica” a doppia focale:
70 mm F2.2 e 105 mm F2.8, al servizio di un sensore
da 1/2.9”, e anch’essa con stabilizzatore ottico. In mezzo
alle tre c’è il sensore ToF da 0.3 MP che viene sfrutta-
to dal “Real Time Tracking” per valutare la distanza dal
soggetto e, grazie al machine learning, gestire anche
soggetti che escono temporaneamente dalla scena ipo-
tizzando una possibile posizione di rientro nel quadro.
Tutte le lenti sono Zeiss con tecnologia di rivestimento
T*. Usando Xperia 1 III per scattare, al di là dei punti di
forza dell’una o dell’altra ottica, si nota quasi immedia-
tamente una caratteristica che accomuna tutte le foto:
Sony non fa uso dell’effetto “pennellata a olio” sui par-
ticolari per dare l’impressione di maggior dettaglio, ma-
gari incrementando anche il contrasto sui bordi.
Questa tecnica è usata sempre più spesso dalla foto-
grafia computazionale degli smartphone, e con risultati
altalenanti. Le foto di Xperia 1 III sembrano invece “sem-
plicemente” foto scattate da una macchina fotografica
digitale. Lo si nota se si zooma su uno qualsiasi degli
scatti di questa recensione. Al di là di qualche impasta-
mento per la focale da 105 mm con poca luce, la “pen-
nellata a olio” è totalmente assente: ed è un gran pregio.
L’app della fotocamera si chiama “Photography Pro” e,
come abbiamo detto, questa volta ha “tutto dentro”: il
punta e scatta adatto a qualsiasi utente, ma anche i set-
taggi per i più esperti.
La modalità base si chiama BASIC e le varie focali sono
rappresentate con i soliti numeri seguiti dal segno “X”
per indicare la moltiplicazione dell’ingrandimento rispet-
to alla camera principale da 24 mm equivalenti: quindi
0,7x per il 16mm, 1x per la 24 mm, 2,9x per la 70 mm
e 4,4x per la 105 mm. Ognuna delle quattro focali ha
un ingrandimento digitale che arriva fino a quando non
passa la palla all’ottica che le è superiore. La focale da
105 mm può però arrivare fino a 12,4x, cioè a circa 300
mm equivalenti avendo la possibilità di gestire l’interpo-
lazione anche con l’intelligenza artificiale.
Nella modalità BASIC si può modificare il bilanciamento
del bianco, l’esposizione, il numero di scatti consecutivi
(fino a 20 fps), l’autoscatto, il flash e la risoluzione della
foto scegliendo di conseguenza anche il formato, 4:3,
16:9, 1:1, o 3:2. La risoluzione piena da 12,2 MP (4.032 x
3.024) è data dal rapporto 4:3.Esempio di uno zoom digitale della camera 1x fino a 2,9x.
La “Variable Telephoto Lens” da 70 mm e 105 mm.
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
In alto a sinistra c’è il menu “Altro” che introduce alla mo-
dalità video “Rallentatore” (solo a 720p), il “Selfie ritratto”
per gli autoscatti con bokeh, il “Panorama” per le omoni-
me fotografie e l”Effetto creativo” per scorrere una serie
di 19 filtri che daranno un carattere particolare ai nostri
scatti. Toccando la scritta BASIC, si può scegliere tra le
altre modalità di scatto che comprendono AUTO, P, S, M,
e MR per richiamare un’impostazione manuale settata in
precedenza. Per chi mastica un po’ di fotografia, si tratta
di nomenclature facili da comprendere, ma che hanno
caratteristiche proprie perché i sensori e le ottiche che
devono gestire sono quelli di uno smartphone e non di
una fotocamera. Per qualsiasi modalità al di fuori della
BASIC, il telefono si predispone allo scatto in orizzontale
e quindi l’interfaccia grafica seguirà questa decisione
progettuale. Per scattare si dovrà usare il tasto fisico
apposito, che a quel punto si troverà in alto a destra sul
bordo del telefono. Ovviamente, sarà possibile scattare
anche tenendo lo smartphone in verticale, ma la UI non
seguirà il nuovo orientamento.
In tutte queste modalità di scatto l’interfaccia avrà sulla
destra un serie di regolazioni affini a quelle delle mac-
chine fotografiche Sony, anche per aspetto grafico. Si
potrà scegliere il modo di avanzamento (dallo scatto
singolo alla raffica da 20 fps, fino allo scatto temporizza-
to di 10 secondi), e poi il tipo di autofocus (se continuo,
singolo o manuale), l’area della messa a fuoco (centro o
grandangolo), la compensazione dell’esposizione, il va-
lore ISO, il modo di misurazione dell’esposizione, il flash,
il blocco dell’esposizione, il bilanciamento del bianco,
l’autofocus sugli occhi/volto, il formato del file (JPEG,
RAW o RAW+JPEG), le proporzioni della foto (4:3 – 12
MP, 16:9 – 9 MP, 1:1 – 9 MP, 3:2 – 10 MP), e infine la scelta
tra gamma dinamica automatica o HDR automatico.
Se si sceglie la modalità P (Program), oltre a tutti gli altri
parametri, si potrà decidere con più facilità tramite menu
di scelta apposito la compensazione manuale dell’espo-
sizione. In modalità S (Shutter), si potrà scegliere la velo-
cità di scatto dell’otturatore. Tuttavia, trattandosi di uno
smartphone, che quindi avrà sempre un diaframma fisso
a seconda dell’ottica scelta, impostare la velocità di 1/50
in una giornata di pieno sole per provare ad avere l’effet-
to di un soggetto in movimento, avrà come risultato una
scena completamente sovraesposta perché la velocità
di 1/50 non potrà essere bilanciata da un diaframma più
chiuso che, per esempio, per la camera principale da 24
mm sarà sempre a F1.7. Stessa cosa per la modalità M: si
può intervenire su tutti i parametri tranne che sull’aper-
tura del diaframma.
Che foto fa Xperia 1 III?Con il titolo generico di questo paragrafo vogliamo evi-
denziare due elementi che ci hanno colpito subito negli
scatti di Xperia 1 III: i colori e la luce. Le foto scattate dal
nuovo top di gamma Sony hanno colori incredibilmente
fedeli alla realtà. Lo strumento per verificarlo sono stati
i nostri occhi, ma per tentare di fare capire anche ai let-
tori la bontà della resa dei colori abbiamo fatto un test:
abbiamo scattato lo stesso soggetto con Xperia 1 III e
con un telefono che ha ottiche curate specificamente da
Zeiss: Vivo X60 Pro (che ha un modulo principale con
focale da 25 mm, e molto vicina ai 24 mm del Sony).
Il risultato, sebbene tocca comunque fidarsi della nostra
percezione, è che soprattutto il rosso dello scivolo è più
naturale nella foto scattata da Xperia 1 III, perché in real-
tà è un rosso che tende all’arancione. Ma anche i verdi
sono più vicini alla realtà, per non parlare della luce com-
plessiva. Era una giornata uggiosa, la luce che si vede
nella foto di Xperia era quella che si percepiva stando
lì, nel parco. Una cosa che si nota subito di quando si
scatta con Xperia 1 III è che, a prima vista, l’anteprima
ripresa dallo schermo di quella che poi sarà la foto la-
scia interdetti perché l’immagine può apparire sfocata e
priva di dettagli. È come se si vedesse la scena prima di
qualsiasi tipo di processo di acquisizione e conversione.
TEST
Sony Xperia 1 IIIsegue Da pagina 32
segue a pagina 34
I NOSTRI SCATTI DI PROVA clicca per l’originale
16 e 24 mm, ottiche su cui poter contare sempreLa camera da 16 mm e 24 mm hanno comportamenti
molto simili e riescono a produrre foto molto ben bilan-
ciate per colori, dettaglio e gamma. Il dettaglio non è
così incisivo come in altri telefoni che lo spingono a for-
za. È però molto preciso e “naturale”, verrebbe da dire.
Il 16 mm, però, perde un po’ di dettaglio ai bordi della
scena, che risultano più morbidi: un comportamento
non completamente nuovo per questo tipo di focali usa-
te sugli smartphone.
Il 24 mm è la “camera principale”, la 1x in modalità BA-
SIC, e dà al fotografo tantissima sicurezza.
Sebbene durante le nostre sortite fotografiche abbiamo
quasi sempre trovato brutto tempo, quando non bruttis-
simo, il 24 mm di Xperia 1 III ci ha restituito esattamente il
SONY XPERIA 1 IIIVIVO X60 PRO
16 MM
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
TEST
Sony Xperia 1 IIIsegue Da pagina 33
segue a pagina 33
ricordo di quei momenti quando abbiamo rivisto le foto.
Per fortuna ci sono state anche giornate di sole per po-
ter mettere alla prova le abilità fotografiche del Sony, e
soprattutto per testare il suo HDR.
70 mm e 105 mm, la Variable Telephoto Lens di SonyLa fotocamera periscopica di Sony può gestire otti-
camente la focale da 70 mm e quella da 105 mm, più
le interpolazioni digitali tra le due e quelle oltre i 105
mm, che possono arrivare fino circa 300 mm, anche
con anche l’aiuto dell’intelligenza artificiale.
Apriamo con una foto da 70 mm (che purtroppo ab-
biamo dovuto ruotare leggermente a causa dell’o-
rizzonte non allineato), per evidenziare l’ottimo com-
portamento della lente in una situazione con soggetti
illuminati e sfondi in ombra e penombra.
Con un’illuminazione più canonica, i risultati non cam-
biano. Il 70 mm è una buonissima lente che può rega-
lare grandi soddisfazioni.
70 MM
70 MM
In questa foto, scattata con un rapporto di 16:9 invece di 4:3, la corona luminosa rap-presentata dalla nuvo-la dietro il campanile della chiesa ha scelto di sfidare Xperia 1 III, e ci sembra che il telefono di Sony ne sia uscito vincitore. Era una foto difficilissima da portare a casa.
Abbiamo provato a stressare il 16 mm in una chiesa molto buia e lui ci ha premiato con delle foto da applausi; considerando anche che in entrambe c’erano zone cariche di luce provenienti dalle vetrate.
clicca per l’originaleI NOSTRI SCATTI DI PROVA
16 MM16 MM
Con un’illuminazione più canonica, i risultati non cambiano. Il 70 mm è una buonissima lente che può regalare grandi soddisfazioni. Abbiamo incluso anche uno scatto con un cielo nuvoloso che avrebbe potuto mettere in difficoltà obiettivo e sensore, ma i dettagli sono stati conservati.
70 MM
70 MM
Abbiamo voluto mettere alla prova il 70 mm in condizioni di pochissima luce. Nella chiesa che già ci ha ospitato per gli scatti del 16 mm e 24 mm, abbiamo usato il 70 mm per immortalare gli affreschi. All’inizio siamo rimasti un po’ delusi, ma poi abbiamo capito che la mancanza di dettaglio e la moribidezza dell’immagine derivava dalle pen-nellate degli affreschi. Se si guardano le colonne e le cornici, i dettagli ci sono, ma sempre nello stile Sony, cioè in modo non artificiale.
Per passare a parlare del 105 mm, l’altra focale ottica ospitata dal modulo periscopico abbiamo voluto fare uno scatto di confronto con lo stesso soggetto ripreso a 70 mm e a 105 mm. I risultati ci sembrano ottimi.
105 MM
clicca per l’originaleI NOSTRI SCATTI DI PROVA
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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
Effetto bokeh fino a 105 mmIl 105 mm può aprirci le porte di un altro argomento
di discussione e recensione: Xperia 1 III finalmente
offre l’effetto bokeh su tutte le focali ottiche tranne
il 16 mm. In questo scatto abbiamo provato il bokeh
computazionale con il 105 mm, ma trattandosi di una
focale già lunga di per sé e un’opzione che può esse-
re anche messa da parte. Lo abbiamo quindi provato
con il 70 mm e, a scendere, con la camera principa-
le da 24 mm. Trattandosi di un bokeh digitale, conta
molto quanto “effetto viene caricato” tramite l’appo-
sita barra di regolazione. Con il 24 mm lo abbiamo
accentuato anche per vedere la capacità di scontorno
dei capelli. Sul 70 mm siamo stati più cauti e la foto ha
infatti un risultato migliore. In caso di focali già lunghe
come la 70 mm, il nostro consiglio è di lasciar fare
allo sfocato derivato dalla lunghezza focale che, va
da sé, avrà un risultato molto più naturale. Xperia 1 III
ha anche il tracciamento dei soggetti, che vengono
matenuti a fuoco anche se si muovono sulla scena e
scompaiono momentaneamente dietro un ostacolo,
per esempio. Il comportamento di questa funzione ha
avuto risultati altalenanti con sganci saltuari. L’autofo-
cus del viso e degli occhi invece è eccezionale. Che
si abbiano gli occhiali o si sia in casa in penombra, per
Xperia 1 III non c’è alcun problema, riesce a trovare
visi e occhi ovunque ci siano. Ci ha davvero stupiti.
peria 1 III non ha una modalità “Scatto notturno” in
quanto tale, ma si adatta alla scena esaminando cosa
ha di fronte come per tutti gli scatti. Non è possibile
disattivare questa “attitudine IA”, è sempre attiva ma,
come si è visto anche negli scatti precedenti, non ha
comportamenti innaturali come in altri telefoni, per
esempio: non aumenta la saturazione dei colori. Il
telefono si accorge che è notte osservando la lumi-
nosità ambientale e, non inserendo a forza la luce nei
posti in cui ce n’è poca, al calar della sera gli scat-
ti ancora una volta replicano quello che il fotografo
vede (se non si interviene manualmente sui parametri
di scatto con l’apposita modalità “M”).
Video in 4K, 2.39:1 H.265 e HLG con Cinema ProSi sono due modi per registrare video con Xperia 1 III,
dall’app della fotocamera o da quella chiamata Cinema
Pro che, come si intuisce dal nome, è dedicata a un uso
più professionale. Xperia 1 III riesce a registrare a una
risoluzione di 4K 30p con tutte le focali. Il Full HD può
arrivare a 60p. Dettaglio non da poco: per nessuna del-
le risoluzioni viene effettuato un crop dell’immagine.
Cinema Pro può registrare video in 2K e in 4K, con il 4K
che può anche spingersi fino a 120 fps per i “filmati al
rallentatore”, ma che può anche restare nei territori più
conosciuti dei frame rate da 24, 25, 30 e 60 fps. Il for-
mato di acquisizione è sempre e solo 2.39:1, così come
si registra sempre in H.265 e l’HLG non è disattivabile.
TEST
Sony Xperia 1 IIIsegue Da pagina 34
105 MM 300 MM DIGITALI SENZA IA
Dato che il 105 mm può essere usato anche per raccogliere i particolari di un monumento, anche al chiuso, lo abbiamo testato nella stessa situazione di stress della chiesa. Anche in questo caso, le pennellate dell’affresco sono morbide, ma colonne e cornici matengono l’incisività, sebbene leggermente inferiore a quella del 70 mm.
Il 105 mm può spingersi con gradualità anche fino ai 300 mm “digitali”. Lo può fare con o senza l’aiuto dell’IA. Gli scatti sostenuti dall’intelligenza artificiale hanno più dettagli sui bordi dell’immagine, ma si tratta pur sempre di un’interpolazione in entrambi i casi, e questa focale da 300 mm digitale ha più che altro una funzione di “emergenza”, per portare a casa il soggetto altrimenti irraggiungibile.
300 MM DIGITALI CON IA
Selfie dalla fotocamera frontale da 8 MP con stabiliz-zazione ottica.
70 MM
Il 70 mm e il 105 mm non sembrano
soffrire troppo la notte. Portano il
risultato a casa a patto che ci sia una
buona illumina-zione.
Xperia 1III Test Parco - Sony Xperia 1 III 4K (29,97 FPS)
lab
video
Un video in 4K, sempre girato con Cinema Pro in HDR, ma a 120 fps, cioè al rallentatore.
Xperia 1III Test Cinema Pro 4K 2 391 120 fps HLG
lab
video
Il formato di acquisizione è sempre e solo 2.39:1, così come si registra sempre in H.265 e l’HLG non è disattivabile.
segue a pagina 36
torna al sommario 36
MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
In considerazione di questi elementi, la post produzio-
ne dei filmati può essere fatta correttamente solo da
chi ha la capacità di poter gestire il flusso di lavoro in
H.265 con HLG. Per esempio, DaVinci Resolve, nella
versione gratuita, può importare video in H.265, ma
l’output sarà in H.264. Noi, anche per mettere alla pro-
va la “mobilità” dello smartphone, abbiamo fatto tutto
dal telefono. È possibile scegliere anche delle “pelli-
cole” per dare un tono particolare al girato: c’è anche
il VeniceCS che simula la telecamera professionale
omonima di Sony. Girati i filmati, usando anche focali
diverse, li abbiamo tagliati e poi montati, tutto attraver-
so Cinema Pro. Naturalmente, è un montaggio sempli-
ce, senza testo ed effetti, perché l’app non lo consente.
Nella nostra prova abbiamo colpevolmente disattivato
per errore la stabilizzazione, che altrimenti svolge il
proprio lavoro egregiamente.
Autonomia molto buona I risultati del test di laboratorioCon uno schermo 4K OLED a 120 Hz e una batteria da
soli 4500 mAh non ci aspettavamo un risultato eccezio-
nale in termini di autonomia, e invece ci dobbiamo ricre-
dere: nella configurazione di default fa segnare le 10
ore sul test più pesante, che salgono a 13 in quello ad
uso medio. Un risultato simile, nonostante all’interno
ci sia un processore Snapdragon 888, è legato so-
prattutto alla configurazione abbastanza conservativa
di Sony: è vero che lo schermo è un OLED 4K, ma è
anche vero che la risoluzione di rendering è ben più
bassa e gli stessi 120 Hz sono disabilitati di default, un
utente li deve attivare a mano. Una pratica, questa,
che sempre più produttori stanno adottando: se un
utente non è un super appassionato e non è consape-
vole della presenza di questa funzione probabilmen-
te lo smartphone resterà sempre a 60 Hz, perché la
funzione ad alto refresh viene annegata nella funzioni
avanzate del display.
DDay Heavy - 9 ore e 53 minutiIn modalità Heavy il Sony non si comporta affatto
male. Non è il migliore, ma crediamo che se avesse
avuto uno schermo QHD al posto di 4K avrebbe gua-
dagnato almeno un’altra ora. Sony ha fatto un ottimo
lavoro di ottimizzazione, anche in relazione alle tem-
perature di esercizio.
DDay Medium - 13 ore e 12 minutiIn modalità Medium esce ovviamente tutto più sem-
plice. Sony passa tranquillamente le 13 ore, il che
vuol dire che porta senza problemi a fine giornata
con una buona riserva di energia.Resta sempre l’ot-
timo comportamento in stand-by, con assorbimento
praticamente nullo quando il telefono è spento. Le
temperature, visto il test meno provante, scendono di
qualche grado, e se avessimo fatto il test in inverno
probabilmente sarebbero state ancora più basse.
TEST
Sony Xperia 1 IIIsegue Da pagina 35
Nel test del videogame vediamo come anche Sony abbia inserito alcu-ni sistemi che cercano di ottimizzare i consumi dosando la potenza dello Snapdragon. In qualche caso parte a 35/37 fps e poi, quando si rende conto che il gioco chiede di spingere, va a 60 fps. Essendo di fabbrica impostato a 60 Hz non arriva mai ai 120 fps della versione rinnovata del nostro giochino “gpu stress”.
La curva di assorbimento istanta-neo ci mostra come il telefono non abbia mai picchi enormi, ma sia comunque abbastanza conservativo nel consumo. Questo perché Sony ha limitato la luminosità di picco dell’OLED che è ben più bassa di quella di molti competitor che oggi puntano anche ai 1300 nits. Inoltre in modalità stand-by il battery drain è praticamente nullo.
La temperatura va rapportata a quelle che sono le temperature di oggi esterne, comunque molto alte. Il fatto che passi di poco i 40° non preoccupa affatto. Il sensore è sulla batteria, e dobbiamo dire che Sony ha gestito bene il raffreddamento dell’accumulatore al litio, molto importante, separandolo da quello del SoC che invece in qualche caso scalda parecchio.
DDAY HEAVY - 9 ORE E 53 MINUTI
DDAY MEDIUM - 13 ORE E 12 MINUTI
In modalità Medium, arriva senza problemi a fine giornata con una buona riserva di energia.
Le temperature scendono di qualche grado e se avessimo fatto il test in inverno probabilmente sarebbero state ancora più basse.
torna al sommario 37
MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
di Paolo CENTOFANTI
Anche quest’anno Panasonic ha rinnovato la
sua gamma di TV OLED con diverse serie che
passano dalla sigla HZ dello scorso anno alla
JZ. Il top di gamma è sempre rappresentato dal nume-
ro 2000 ed è sempre contraddistinto da un pannello
OLED custom: Panasonic è stata infatti la prima azienda
a mettere le mani sul pannello di LG Display per spin-
gerne al limite le prestazioni. Quest’anno c’è una novi-
tà, perché sono due le serie nel catalogo Panasonic a
sfoggiare il pannello custom, JZ1500 e JZ2000. Il top
di gamma, oggetto di questa prova, ha un qualcosa in
più rispetto allo scorso anno e alla serie inferiore, un
nuovo dissipatore che permette di spingere ancora un
po’ più in là il pannello OLED, che però non è quello di
nuova generazione sviluppato da LG Display e adottato
quest’anno da Sony ed LG Electronics. Panasonic ha
infatti deciso di continuare con il collaudato display che
ben conosce e che ormai ha ben imparato a padroneg-
giare. Per il resto le novità sono in realtà ben poche:
il sistema audio Technics diventa ancora più completo
per meglio supportare le colonne sonore Dolby Atmos,
cambia la forma della staffa, c’è una nuova funzione de-
finita MyScenery e fa il suo ingresso l’ormai immanca-
bile Intelligenza Artificiale. Ma è anche un TV che sotto
certi aspetti è l’antitesi dell’evoluzione, che ripresenta lo
stesso design di due anni fa e una piattaforma software
che comincia a sentire il peso del tempo che passa.
Fuori nulla cambia o quasiEsteticamente il TV JZ2000 è essenzialmente iden-
tico ai modelli che si sono succeduti negli ultimi anni.
Un design classico e inconfutabilmente... Panasonic. Il
pannello ha una cornice nera spessa pochi millimetri
intorno alla parte attiva e sotto il bordo inferiore trova
posto la soundbar che corre lungo tutta la larghezza del
televisore e che il piedistallo tiene a circa 3 cm massimo
dal filo del piano d’appoggio. Linee squadrate, molto
classiche, senza orpelli. Il piedistallo è costituito da una
piantana circolare e che permette di ruotare lo scher-
TEST Il nuovo TV top di gamma Panasonic si dimostra l’OLED più luminoso sul mercato, con una qualità di immagine che ha pochi pari
TV Panasonic OLED JZ2000, la recensione Immagini spettacolari, ma sguardo al passatoLa piattaforma software sente il peso del tempo che passa e il design è uguale da anni. Per Panasonic è ora di evolvere
mo, simile a quella del TV HZ1500 che abbiamo testato
lo scorso anno. Il posteriore è più massiccio rispetto ad
altri televisori OLED per la presenza del sistema audio
integrato che è composto oltre che dai tre speaker
frontali e dai due “top” speaker che già trovavamo sul
modello dello scorso anno, anche da due altoparlanti
posteriori laterali, che contribuiscono a restituire l’audio
tridimensionale Dolby Atmos o virtualizzato da quello
che Panasonic definisce 360° Soundscape PRO. A ciò
si aggiunge un potente subwoofer sempre sul retro.
Come risultato lo spessore del TV raggiunge i 7 cm su
buona parte della superficie.
A livello di connessioni non abbiamo particolari novità in
numero degli ingressi disponibili, con 4 porte HDMI e 3
USB (di cui una 3.0 e due 2.0), a cui si aggiungono usci-
ta audio digitale ottica, uscita per le cuffie, terminali di
antenna, doppio slot Common Interface e porta di rete.
Sul fronte delle porte HDMI i primi due ingressi suppor-
Panasonic TX-55JZ2000EIMMAGINI DA PRIMO DELLA CLASSE, MA A QUESTO PREZZO ANCHE IL RESTO DEVE ESSERE AL TOP
2999,00 €
La qualità di immagine che il nuovo JZ2000 sa esprimere - come già lo era per la gamma OLED dello scorso anno - è ai vertici della categoria, al pari del Sony A90J e forse anche un pelo sopra. Più che discreto anche il sistema audio integrato che sa restituire bassi corposi come ben pochi altri TV sul mercato. Ma sotto gli altri punti di vista, il divario che si sta creando tra i prodotti Panasonic e la concorrenza si allarga sem-pre più. La piattaforma software dell’azienda nipponica, quella che gestisce i menù di sistema e le funzionalità di base per intenderci, salvo piccoli ritocchi rimane da anni sempre la stessa, così come il design del prodotto, mentre il resto del mondo evolve. Anche la sezione smart TV mostra da tempo segni di immobilità e pur avendo diversi pregi - tra cui immediatezza d’uso e la velocità - non ha la ricchezza e la versatilità di altri ecosistemi. Se il prezzo fosse pari o inferiore a quello della concorrenza si potrebbe anche chiudere un occhio, ma con un listino di 400 euro superiore al più diretto concorrente, che offre prestazioni comparabili ma con un prodotto decisamente più completo, queste mancanze cominciano a pesare. Per chi la qualità di immagine viene prima di tutto, a qualsiasi costo.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
10 9 7 8 9 78.7COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEQualità di immagine superlativaCalibrazione di fabbrica precisaSezione audio da non sottovalutare
Passano gli anni ma il software non evolve e si vedePrezzo elevato
lab
video
segue a pagina 38
tano finalmente specifiche HDMI 2.1 come VRR, ALLM
e segnali 4K fino a 120 Hz, seppure con un asterisco di
cui tenere conto: inizialmente il TV visualizzerà video 4K
a 120 Hz o VRR fino a 120 fps con risoluzione verticale
dimezzata, fino all’uscita più avanti nel corso dell’anno
di un apposito aggiornamento firmware che sbloccherà
la piena risoluzione.
Il motivo di ciò non è chiaro, ma Panasonic dice che la
questione non dipende solo dall’azienda, il che lascia
presupporre che ci possa essere un problema da risol-
vere o con il fornitore del controller HDMI o di compati-
bilità con alcune sorgenti (forse le console?).
Unica vera novità sotto il profilo del design riguarda il
telecomando, che almeno lui finalmente si rinnova. Il
telecomando in dotazione con il JZ2000 è di dimensio-
ni generose e anche contraddistinto da un bel peso. Il
torna al sommario 38
MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
pannello superiore è metallico e i tasti ben distanziati
ma purtroppo non retroilluminati. Come ormai di moda,
troviamo ben quattro tasti per le principali app video, più
un quinto tasto personalizzabile. Anche il tasto dedicato
per il Filmmaker Mode può essere personalizzato e as-
segnato ad un’altra modalità di immagine.
Piattaforma Smart TV e Menù: serve un cambio di passoChi sperava in novità su questo fronte rimarrà deluso.
Con una certa ostinazione, anche la line up 2021 di TV
Panasonic sfoggia la piattaforma di smart TV basata su
ciò che rimane di FirefoxOS e soprattutto il sistema di
menù che bene o male accompagna i TV Pansonic da
dieci anni a questa parte. Quanto meno si è rinnovato il
telecomando. Diciamolo subito: a livello di funzionalità e
regolazioni non manca davvero quasi nulla. Se togliamo
l’assenza soprattutto dell’app Disney+ (su cui però Pa-
nasonic dice di essere al lavoro) e la nuova Mediaset In-
finity+, o la compatibilità con AirPlay 2 di Apple, c’è qua-
si tutto quello che serve davvero. C’è la funzione PVR,
DLNA, possibilità di condividere sulla rete locale il flusso
in uscita dai tuner DVB, e c’è pure la compatibilità con
gli assistenti vocali di Google e Amazon. È l’esperienza
d’uso nel suo complesso che è ormai incredibilmente
fuori moda. I menù di sistema sono molto classici, grafi-
camente grigi e molto “densi” e cominciano ad apparire
un po’ troppo vecchi rispetto alla concorrenza.
Panasonic è consapevole di questo, e la giustificazione
ufficiale di questa scelta è che tutto il know how accu-
mulato negli anni sugli algoritmi di video processing,
nonché alcune funzionalità specifiche, sono costruiti su
delle librerie profondamente integrate nella piattaforma
che gestisce anche i menù di sistema. Inoltre, sempre
secondo Panasonic, alcune di queste funzionalità non
sarebbero facilmente traducibili su un nuovo sistema
come Android TV. Si potrebbe obiettare che gli inge-
gneri di Sony non sembrano aver avuto tutti questi pro-
blemi a fare altrettanto, ma non ci resta che prendere
atto della posizione di Panasonic. Nella sua semplicità
l’interfaccia MyHomeScreen ha i suoi aspetti positivi:
la piattaforma è estremamente leggera, la schermata
principale rimane in sovraimpressione senza interrom-
pere la fruizione dei contenuti, le app si aprono istanta-
neamente, la grafica è molto essenziale ma funzionale.
La novità principale introdotta quest’anno è la nuova
funzionalità MyScenery, che per certi versi ricorda una
versione evoluta della schermata di idle di Android TV.
Si tratta di una modalità che visualizza immagini salva-
schermo o animazioni in combinazione ad un sottofon-
do musicale rilassante e con la visualizzazione di data e
ora. In alternativa, oltre ai contenuti pre-caricati è pos-
sibile utilizzare immagini o filmati personali da unità di
memoria connesse alle porte USB. Il limite maggiore
per la piattaforma è lo stesso che contraddistingue altri
tentativi analoghi di portare avanti soluzioni proprietarie,
cioè il supporto da parte degli sviluppatori, che va di pari
passo con le quote di mercato; l’ecosistema di Panaso-
nic non ha gli stessi numeri di Android TV, ma nemmeno
di Tizen o WebOS e lo “store” delle applicazioni è un
po’ stantio. Per quanto riguarda gli altri aspetti, come la
gestione dei canali TV, ritroviamo gli stessi menù essen-
ziali che ben conosciamo, che su un prodotto di questa
fascia stonano davvero. Panasonic ha integrato l’app
Xumo per rimpiazzare l’essenziale guida TV classica
della sua vecchia piattaforma, ma l’utente deve innan-
zitutto scegliere in fase di installazione se associarla a
digitale terrestre o satellite, visto che non funziona con
entrambe. Ma l’app non ci è parsa né particolarmente
bella né molto stabile a dire il vero, tanto quasi da prefe-
rire piuttosto il buon vecchio menù.
Il JZ2000 è un TV che non necessita di calibrazione: è già perfetto cosìDove siamo sicuri di non trovare brutte sorprese con il
nuovo top di gamma Panasonic è invece sul versante
della qualità video e già i primi rilievi strumentali ci danno
buone indicazioni. Il nuovo JZ2000 è uno di quei TV che
non richiede di alcun ritocco rispetto alle impostazioni di
fabbrica, nonostante tra l’altro i menù offrano una note-
vole profondità in termini di regolazioni possibili. Per i più
pigri e meno pignoli Panasonic ha integrato quest’anno
un algoritmo di IA che sceglie le impostazioni migliori
di immagine in funzione del contenuto visualizzato, una
funzione che oggi tutti devono avere più per ragioni di
marketing che per soddisfare il target di un televisore
come questo. Anche perché con il JZ2000, una volta ac-
ceso e completata la configurazione iniziale, infatti, ba-
sta come modalità di immagine selezionare il Filmmaker
Mode o il preset Professionale 1 o 2 per godere di una
perfetta calibrazione di fabbrica. Il Filmmaker Mode è
molto buono ma forse un po’ troppo conservativo in ter-
TEST
TV Panasonic OLED JZ2000segue Da pagina 37
La schermata principale di MyHomeScreen 6 è semplice e funzionale e soprattutto non nasconde il contenuto in riproduzione.
L’interfaccia non si è evoluta granché negli ulti-mi anni, ma anche il supporto degli sviluppatori stenta a decollare.
I menù sono molto completi e il design e layout non sono cambiati rispetto ai modelli degli scorsi anni. Compare però questa nuova barra di accesso rapido, personalizzabile e che consente di confi-gurare al volo le impostazioni di uso più comune.
mini di luminosità massima, tarata su circa 90 cd/mq, un
valore che mortifica un po’ troppo le potenzialità del TV.
Professionale 1 e 2 corrispondono rispettivamente a mo-
dalità giorno, con un gamma di 2.2, e notte/scura che
invece utilizza la curva BT.1886. Entrambe sono estre-
mamente precise sotto tutti i punti di vista, come testi-
moniato dai nostri grafici, con un valore medio di DeltaE
talmente basso che a nostro avviso non giustifica alcun
tentativo di cercare di fare di meglio.
Passando alla modalità HDR il TV risulta invece meno
preciso, con un risultato sicuramente buono, ma non
ai livelli di accuratezza dei preset SDR. Panasonic offre
banchi di memoria separati per SDR e HDR ed è possibi-
le accedere a diverse regolazioni anche in quest’ultima
modalità. Di default, abbiamo notato che il tone mapping
eseguito dal processore si tenga leggermente al di sotto
della curva PQ per buona parte del range coperto dal
TV, il che porta a riprodurre toni meno luminosi rispetto
al riferimento. Le impostazioni da questo punto di vista
sono un po’ ambigue, perché in modalità HDR perman-
gono i controlli del gamma con gli stessi riferimenti e
livelli della modalità SDR. Di fatto, è bastato portare l’im-
postazione del gamma da 2.2 a 2.1 per ottenere una mi-
gliore aderenza alla curva PQ da parte dell’algoritmo di
Tone Mapping, ottenendo i buoni risultati che mostriamo nell’immagine 2. Anche i modelli di quest’anno sono ca-
librabili automaticamente con Calman e apposito colo-
rimetro, con connessione al TV attraverso la semplice
connessione alla rete locale. Abbiamo ottenuto risultati
poco consistenti con questa procedura e addirittura, la
calibrazione automatica ha peggiorato i già buoni para-
metri di default, segno che qualcosa a livello software (o
lato Calman o lato TV) non è ancora pronto.
segue a pagina 39
L’app XUMO a scelta può sostituire la guida TV di “sistema” per DVB-T o DVB-S, ma non per tutti e due. Il servizio include alcuni canali in streaming gratuiti internazionali.
torna al sommario 39
MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021
Con il Luminance Booster si superano i 1500 nitsNelle normali misure della scala di grigio, il TV Panasonic
ha esibito senza problemi una luminosità di picco intor-
no alle 830 cd/mq con finestra del 10% e preset Profes-
sionale 1 o 2 allineati al punto di bianco D65. Con una
finestra del 2% e dando tempo al pannello di “scaldarsi”
(mantenendo visualizzato cioè il pattern per diversi se-
condi) il TV arriva agilmente fino a 950 cd/mq prima che
intervenga il limitatore. Panasonic ha implementato sulla
serie JZ2000 quello che ha battezzato Luminance Bo-
oster, un ulteriore miglioramento nella dissipazione del
calore del pannello che consente di spingere per alcuni
istanti oltre i 1000 nits la luminosità massima esprimibile.
Panasonic ha riprogettato il dissipatore, con una nuova
lamina più leggera che non fa utilizzo di rame e che
costituisce la principale differenza con la nuova serie
JZ1500 che è più assimilabile all’HZ2000 dello scorso
anno. Quello che possiamo dire è che in effetti impo-
stando il TV sul preset di immagine Dinamico, abbiamo
visto il JZ2000 toccare la ragguardevole (per un OLED,
ma non solo) cifra di 1530 cd/mq. Ora, va precisato che
in questa modalità le immagini sono praticamente in-
guardabili, ma si tratta senza dubbio di un record per
un TV OLED (con l’A90J di Sony avevamo toccato in
condizioni simili circa 1300 cd/mq). Con contenuti reali e
corretta calibrazione delle immagini, abbiamo registrato
valori molto più vicini a quelli ottenuti con i segnali test,
vale a dire tra le 800 e le 900 cd/mq, ma la visione di un
film dall’alta gamma dinamica come Mad Max in Ultra
HD Blu-ray, ci fa pensare che i riflessi accecanti delle
cromature riescano a spingersi tranquillamente oltre, in
modo simile a quanto abbiamo visto di recente sul Sony
A90J. Valgono le stesse considerazioni che abbiamo
fatto per il G1 e in parte per l’A90J: è difficile misurare
l’impatto reale delle potenzialità in termini di massima
luminosità esprimibile dal pannello. Lo schermo può tec-
nicamente spingere, ma lo fa in condizioni particolari e
in modo che non è così scontato cogliere se non in un
confronto side by side. Quello che possiamo dire è che
sotto questo aspetto, il JZ2000 appartiene alla stessa
classe del Sony A90J e uno step sopra al G1 di LG.
Qualità video spettacolareDescrivere le performance video del nuovo JZ2000 di
Panasonic è molto semplice: si tratta di un TV pratica-
mente perfetto. Potremmo chiudere i nostri commenti
qui, perché tutto quello che segue è veramente cerca-
re il pelo nell’uovo e andare oltre quello che il grande
pubblico è in grado forse di apprezzare. Nonostante le
misure strumentali possano dipingere un quadro anco-
ra migliorabile, almeno per quanto riguarda i contenuti
in formato HDR, la realtà è che il nuovo top di gamma
Panasonic offre immagini straordinariamente appaganti
con qualsiasi tipo di contenuto. Per certi versi non sap-
piamo neanche spiegare nel dettaglio in quale aspetto
in particolare è superiore ad altri TV che abbiamo visto
TEST
TV Panasonic OLED JZ2000segue Da pagina 38
Misure “out of the box” con preset Professionale 1.
fin qui quest’anno, ma il quadro di insieme dipinge una
resa che soddisfa sotto ogni punto di vista: contrasto,
dinamica, naturalezza della resa cromatica, tridimensio-
nalità della scena, precisione delle ombre, pulizia delle
immagini, livello di dettaglio. Anche l’uniformità del pan-
nello (almeno per l’esemplare giunto in redazione per
la prova) è davvero esemplare. La resa con i contenuti
HDR è assolutamente spettacolare e il TV brilla (lette-
ralmente) per dinamica con i contenuti che spingono
maggiormente. Nel complesso, il TV ci è parso sullo
stesso livello dell’A90J di Sony sul fronte della qualità
video, con forse una maggiore precisione sulle sfuma-
ture nelle scene più scure (il Sony presentava un leg-
gero effetto di contouring che sul Panasonic è assente).
Sul fronte video solo due punti ci sentiamo di portare
all’attenzione. A differenza di altri produttori, Panasonic
non ha ancora del tutto risolto la comparsa di qualche
artefatto di blocking nelle sfumature più scure prossime
al nero in presenza di materiale compresso con i princi-
pali servizi di streaming. Capita di rado e in modo poco
evidente, ma può succedere. Inoltre abbiamo notato,
sempre parlando di compressione, almeno con le app di
streaming integrate, una certa tendenza a rendere ben
visibili gli artefatti quando presenti (in particolare con
Netflix e Amazon Prime Video) e soprattutto con i canali
TV sia via digitale terrestre che via satellite. L’upscaling
è di ottima qualità. Con i canali TV non è in grado di fare
miracoli e anche quelli in alta definizione appaiono un
po’ impastati, ma con Blu-ray e contenuti in strreaming
la resa è senza dubbio ottima. Per quanto riguarda ulte-
riori dettagli che vale la pena menzionare, la risoluzione
in movimento, senza ricorrere a motion interpolation e
black frame insertion si attesta sulle classiche 300 linee
circa, che più che raddoppiano ingaggiando uno dei
due sistemi già su impostazione minima. I risultati miglio-
ri si ottengono con sia l’interpolazione dei fotogrammi
che l’inserimento di fotogrammi neri su minimo, senza
un’eccessiva perdita di luminosità e senza particolari
artefatti di movimento. L’Intelligent Frame Creation (così
La scala di grigio aderisce alla curva PQ fino a circa il 55% di stimolo a patto di impostare il parametro gamma su 2.1, dopo di che si tiene leggermente al di sotto. Il Tone Mapping mantiene i dettagli sulle alte luci fino a livello di segnale di 1000 nit.
21
chiama Panasonic il suo algoritmo di interpolazione) è
piuttosto “delicato” e solo con i contenuti 24p diventa un
po’ più evidente come effetto. Da notare che ingaggian-
do già su minimo l’IFC, il flickering introdotto dai valori
più alti di black frame insertion scompare completamen-
te. Molto interessante la resa del sistema audio che ci ha
stupiti soprattutto per la capacità di risposta sulle basse
frequenze, con un livello di profondità che è difficile ri-
scontrare con i diffusori integrati nei televisori. Anche la
spazialità del suono è notevole e seppure non si possa
parlare di un vero e proprio sistema surround, è possibi-
le percepire un fronte sonoro molto ampio e profondo.
La risposta in frequenza ci è parsa molto ampia, così
come la gamma dinamica è in grado di ben supportare
le colonne sonore più movimentate. L’unico aspetto che
non ci ha convinto appieno è la resa dei dialoghi, che ci
sono parsi sempre un filo inscatolati e poco incisivi, an-
che giocando con le varie impostazioni a disposizione.
Rimane comunque un buon sistema audio, seppure un
TV di questa classe meriti un impianto audio dedicato.
Nell’attesa di decidersi a investire anche su questo fron-
te, l’audio integrato può tamponare dignitosamente.
Il tone mapping segue già appastanza da vicino la curva PQ, ma è possibile disabilitarlo impostando un taglio netto al livello di segnale e luminosità che si preferisce. In ogni caso il limite massimo rimane 1000 nit.
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torna al sommario 41
MAGAZINEn.81 / 2126 LUGLIO 2021
di Sergio DONATO
Annuncio che apre una nuova ep-
oca per la Stella a tre punte. Entro
la fine del 2030 Mercedes-Benz
sarà completamente elettrica. Per riuscir-
ci, tutte le nuove architetture lanciate dal
2025 in poi saranno soltanto elettriche.
L’accelerazione nel passaggio della fi-
losofia costruttiva e di alimentazione di
Mercedes-Benz sarà progressivo e co-
stante, e metterà in campo investimenti
per oltre 40 miliardi dal 2022 al 2030.
AUTO ELETTRICA Entro fine 2030 tutte le auto e i van Mercedes saranno alimentati a batteria
Mercedes-Benz tutta elettrica entro il 2030 L’annuncio che dà il via ad una nuova eraDal 2025 ci saranno piattaforme solo elettriche e in 8 anni Mercedes investirà 40 miliardi di euro
Dal 2025 solo piattaforme elettricheEntro il 2022 Mercedes-Benz avrà a listi-
no veicoli elettrici a batteria in tutti i seg-
menti in cui è presente. Poi, dal 2025, la
Stella a tre punte ha già pianificato l’u-
scita di tre piattaforme esclusivamente
elettriche:
• MB.EA sarà usata per la fascia del
segmento medio e large;
• AMG.EA, come il nome fa già inten-
dere, sarà una piattaforma per veicoli
elettrici ad alte prestazioni a marchio
AMG;
• VAN.EA sarà la base elettrica per i
nuovi van elettrici e veicoli commer-
ciali leggeri.
Per dare una spinta al suo passaggio
completo all’elettrico, Mercedes-Benz
ha dichiarato che acquisirà la società di
motori elettrici YASA con sede nel Regno
Unito: si tratta di un’azienda con una gran-
de competenza nei motori a flusso assia-
le attraverso la quale Mercedes vuole svi-
luppare motori ad alte prestazioni. I motori
elettrici interni, come l’eATS 2.0, sono una
parte fondamentale della strategia con
una chiara attenzione all’efficienza e al
costo complessivo dell’intero sistema,
inclusi inverter e software. In modo mol-
to netto, Mercedes dice di guardare alla
Cina per riuscire nella sua svolta elettrica.
Ha affidato al grande mercato cinese dei
veicoli a nuova energia “un ruolo chiave
nell’accelerazione della strategia di elet-
trificazione di Mercedes-Benz.”
Nulla è lasciato al caso: sviluppo di batterie e sistemi di ricaricaMercedes non può gestire un passaggio
così epocale senza avere cura anche del-
lo sviluppo delle batterie. La società ha
fatto sapere che avrà bisogno di una ca-
In arrivo per le nuove auto elettriche motori 800V con la tecnologia della Formula EGKN Automotive, ha annunciato un’accelerazione nello sviluppo di powertrain da 800V con tecnologia derivata dal mondo delle corse
di C. STELLARI
L’azienda britannica GKN Auto-motive, recentemente salita agli onori delle cronache per i licen-ziamenti nel nostro Paese, ha an-nunciato un’accelerazione nello sviluppo di sistemi di propulsione di nuova generazione. I nuovi sistemi di propulsione elettrica GKN, compatibili con powertrain a 800V, sono in avanzata fase di messa a punto e saranno ba-sati su tecnologia derivata dal mondo delle corse: GKN è infatti impegnata in Formula E a fianco di Jaguar Racing. I nuovi motori elettrici di GKN saranno più leg-geri, compatti e più efficienti, questo permetterà di aumentare l’autonomia e di utilizzare batte-rie più piccole e meno costose. Liam Butterworth, CEO di GKN Automotive a tal proposito ha dichiarato: “Questi motori com-patibili con architetture a 800 Volt contribuiranno allo sviluppo di auto elettriche con maggiori prestazioni e minori consumi. Ma permetteranno anche di abbas-sare i costi, perché motori più efficienti permettono di adottare batterie più piccole e meno care”.Secondo quanto dichiarato da GKN, i nuovi sistemi di propul-sione elettrica sono prossimi ad entrare in produzione e saranno disponibili sulle auto elettriche di larga produzione tra tre anni.
pacità della batteria di oltre 200 Gigawat-
tora e prevede di creare otto Gigafabbri-
che per la produzione di celle, insieme ai
suoi partner in tutto il mondo. Le nuove
fabbriche si aggiungeranno alla già pia-
nificata rete di nove impianti dedicati alla
realizzazione di sistemi di batterie.
Mercedes lavorerà con partner come Si-
laNano per aumentare la densità di ener-
gia utilizzando il composito silicio-carbo-
nio nell’anodo. In questo modo intende
aumentare l’autonomia e ridurre i tempi
di ricarica.
Molta cura sarà data anche alla standar-
dizzazione, tale per cui Mercedes vuole
che le batterie siano adatte all’uso in oltre
il 90% di tutte le auto e van di sua pro-
duzione. Se si parla di batterie si parla di
ricarica. Infatti. Mercedes sta lavorando
alla definizione di nuovi standard nella
ricarica come “Plug & Charge”, che con-
sentirà ai clienti di collegare, caricare e
scollegare senza ulteriori passaggi ne-
cessari per l’autenticazione e l’elabora-
zione dei pagamenti. Plug & Charge en-
trerà in funzione con il lancio sul mercato
dell’EQS entro la fine del 2021.
Continua la collaborazione con Shell che
entro il 2025 porterà i clienti Mercedes
ad avere un accesso migliore alla rete Re-
charge di Shell composta da oltre 30.000
punti di ricarica in Europa, Cina e Nord
America, inclusi gli oltre 10.000 caricab-
atterie ad alta potenza in tutto il mondo.
Mercedes, al termine della sua pianifica-
zione elettrica da qui al 2030 e oltre, ha
voluto ricordare il lavoro che sta facendo
sulla Vision EQXX che avrà la sua prima
mondiale nel 2022. Si tratta di un’auto
elettrica con un’autonomia reale di oltre
1.000 chilometri, puntando a un valore ad
una sola cifra per kWh per 100 chilometri
(oltre 9,6 km per kWh) a velocità di guida
autostradali normali.
Tesla rivende Maxwell Technologies dopo averle preso gli elettrodi a secco per le celle 4680Dopo averla acquistata nel maggio del 2019 per 235 milioni di dollari, Tesla ha rivenduto Maxwell Technologies, azienda esperta in ultracondensatori a una società in parte composta da ex dirigenti di Maxwell, la UCAP Power. Quando Tesla ha acquistato Maxwell Technologies, ha integrato il business degli ultracondensatori dell’azienda, ma in realtà si è scoperto che probabilmente era più interessata alla tecnologia di elettrodi a secco per le celle che Maxwell aveva appena finito di sviluppare in quel periodo. Tesla ha usato gli elettrodi a secco ideati da Maxwell Technologies per le nuove celle 4680, che comporranno la nuova batteria strutturale; il numero, ricordiamo, si riferisce alle dimensioni della singola cella di un pacco. La cella 4680 di Tesla è un cilindro con un diametro di 46 mm e una lunghezza di 80 mm. Dopo avere usato gli elettrodi a secco “acquistati” insieme a Maxwell Technologies, Tesla ha quindi deciso di vendere il marchio e la tecnologia degli ultracondensatori di Maxwell Technolo-gies alla UCAP Power.
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MAGAZINEn.81 / 2126 LUGLIO 2021
di Sergio DONATO
La nuova Opel Astra è venuta al
mondo portando con sé, fin da su-
bito, due versioni ibride plug-in. La
sesta generazione della celebre com-
patta è stata completamente ridisegna-
ta sulla piattaforma EMP2 di Stellantis e
sarà per Opel la prima del segmento a
incontrare l’alimentazione elettrica.
Due versioni ibride fino a 165 kW e 60 km di autonomia in elettricoTuttavia, Opel è rimasta un po’ abbot-
tonata sulle due versioni ibride plug-in.
Se la potenza delle versioni benzina
e diesel è rispettivamente di 81 kW
(110 CV) e 96 kW (130 CV), alle ibride
plug-in è stata accostata una potenza
fino a 165 kW (225 CV). Tra queste due
versioni ibride, il modello di punta sarà
senza dubbio quello da 165 kW di po-
tenza di sistema, che dovrebbe essere
raggiunta combinando il motore a ben-
zina a uno elettrico da 80 kW. La versio-
AUTO ELETTRICA Due le versioni ibride plug-in con potenze di sistema fino a 165 kW
La nuova Opel Astra si rifà il trucco Arriverà in due versioni ibride plug-inAlla mascherina Vizor e alle forme asciutte e muscolose si abbina la nuova filosofia elettrica
ne meno spinta, non essendoci ancora
indicazioni precise, potrebbe ispirarsi
alla Peugeot 308 e quindi avere una
potenza di sistema di 180 CV, mante-
nendo lo stesso motore elettrico. La
batteria dovrebbe essere per entrambe
le PHEV Astra la stessa da 12,4 kWh di
Peugeot che garantisce 60 chilometri
di autonomia in elettrico.
Muscoli asciuttiOpel ha dato all’Astra linee tutte nuove,
sebbene sia più lunga di soli 4 millimetri
rispetto alla generazione che l’ha prece-
duta: 4,374 metri con un passo però al-
lungatosi di 13 mm. È larga 1,86 metri e il
bagagliaio è da 422 litri.
Lo stile dell’Astra è asciutto e muscoloso
e porta avanti il nuovo volto della casa
con quell’Opel Vizor che stravolge la
mascherina frontale già incontrato sulla
Mokka. È disponibile anche una verni-
ciatura bicolore come optional, cioè la
mascherina nera sul frontale combinata
con un tetto dello stesso colore. I fari arri-
vano direttamente dai segmenti premium
e sono gli Intelli-Lux Pixel Light hanno 84
LED per elemento e quindi illuminano
la strada con un totale di 168 LED. Opel
dice che il fascio luminoso si adegua in
pochi millisecondi non accecando gli altri
automobilisti. Le vetture in avvicinamen-
to o che precedono sono “tagliate fuori”
da un cono d’ombra lasciando l’illumina-
zione al massimo tutto intorno. Portata e
direzione della luce variano in base alla
situazione di guida e all’ambiente circo-
stante. Gli interni dicono addio agli stru-
menti analogici.
Anche nella nuova Astra si aprono le
porte agli schermi panoramici completa-
mente digitali: due da 10”. Tra i sistemi di
assistenza alla guida ci sono telecamere
e sensori integrati con connettività e-ho-
rizon nel sistema Intelli-Drive. Ancora
nEssuna indicazione sui prezzi, ma Opel
fa sapere che gli ordini saranno aperti il
prossimo autunno e le consegne delle
vetture cominceranno a inizio 2022.
DMOVE Probabilmente in Europa senza modifiche sostanziali
Rivian conferma ufficialmenteNel 2022, R1T e R1S in Europa
di M. ZOCCHI
Rivian, finanziata anche da Amazon, dovrebbe essere vicinissima alle prime
consegne in terra statunitense. In effetti l’ultima tempistica offerta ai clienti in
attesa parlava di luglio 2021, e ancora non ci sono novità in merito.
Nel frattempo però Rivian ha confermato, rispondendo via mail a clienti interessati,
il futuro approdo in Europa. In realtà già nel gennaio 2020 Rivian ci aveva confer-
mato la volontà di arrivare nel Vecchio Continente, anche in Italia, durante una
chiacchierata informale a Las Vegas. Ora la tempistica appare più chiara e dovreb-
be svolgersi secondo queste tappe.
Se effettivamente le consegne americane non verranno ulteriormente postici-
pate, a luglio i clienti in USA verranno accontentati, e saranno seguiti da quelli
canadesi in novembre. Gli ordini europei dovrebbero invece essere aperti in un
momento non meglio precisato dell’inizio del 2022, con consegne che seguiran-
no successivamente. Nessuna menzio-
ne, per ora, per la vociferata fabbrica
in Europa, il che lascerebbe pensare
che almeno in una prima fase i mezzi
arriverebbero direttamente dagli Sta-
ti Uniti, come fatto da Tesla per tanti
anni, prima di decidere di aprire una
fabbrica locale a Berlino.
Volkswagen, l’elettrico decolla nel 2021. ID.4 in testa e ibride da recordIl rapporto di Volkswagen sui primi sei mesi del 2021 fotografa un successo sempre più dirompente per quel che riguarda l’elettrico
di Pasquale AGIZZAPiù di 170mila veicoli venduti in sei mesi, con un +165,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e prospettive per il futuro ancora migliori. Sono questi gli eccezio-nali numeri del comparto elettrico di Volkswagen, messi in evidenza dal marchio tedesco stesso con il consueto rapporto sulle vendite di metà anno. La conferma di Herbert Diess come CEO dell’azienda a fine 2020, con il lancio della stra-tegia Together 2025+ dove l’elet-trico è priorità assoluta, aveva già resa chiara la visione del futuro di Volkswagen. E i dati di vendita stanno dando ragione. Sono stati infatti consegnati 170.939 modelli BEV in tutto il mondo nei primi sei mesi dell’anno, con un +165,2% ri-spetto ai primi sei mesi del 2020. Particolarmente alti i dati riguar-danti il Q2 del 2021, chiuso con ben 110.991 unità consegnate (+259,7% rispetto al Q2 2020). Ottimi anche i dati dell’ibrido plug-in, con 171.300 unità consegnate nei primi sei mesi del 2021 e un +204,2% rispet-to ai primi sei mesi del 2020. La ID.4 sta macinando ottimi numeri: il SUV tedesco è infatti il modello più venduto della casa in questo 2021, con 37,292 vetture consegnate nei primi sei mesi dell’anno. Secondo posto per la ID.3, con 31,177 vettu-re consegnate, seguono poi Audi e-tron, Porsche Taycan e Volkswa-gen e-up.
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MAGAZINEn.81 / 2126 LUGLIO 2021
di Massimiliano ZOCCHI
La Commissione Europea ha presen-
tato il pacchetto clima, per ridurre
del 55% le emissioni di CO2 entro
il 2030, e azzerarle completamente en-
tro il 2050. Non si tratta di un attacco
alla mobilità privata, ma certamente è un
settore su cui Bruxelles vuole intervenire
duramente.
Dal 2023 verrebbe applicato un nuovo
sistema di tassazione, che non considera
più solo i volumi, ma anche il contenuto
energetico dei combustibili, e di conse-
guenza le possibili emissioni di CO2. E
la Commissione rivela che tramite una
simulazione delle nuove norme ci sareb-
be un innalzamento della tassazione mi-
nima sulla benzina, passando da 0,359 a
0,385 centesimi al litro, e stessa sorte per
il gasolio, da 0,330 a 0,419 centesimi al
litro. Allo stesso tempo però ci sarà uno
sconto notevole per l’energia elettrica, le
cui imposte passerebbero da un euro a
AUTO ELETTRICA L’UE cala l’asso: si va verso lo stop alla vendita di auto con motore a combustione
UE: stop auto a benzina e diesel nel 2035Più tasse su combustibili, meno su energiaNel pacchetto clima dell’UE, sono previsti inoltre più incentivi per l’acquisto di auto elettriche
Megawatt/ora a 58 centesimi.
Ma non è tutto, perché per la prima volta
viene ufficializzata la data in cui nei Pa-
esi dell’Unione verrebbe vietata la ven-
dita di auto con motore a combustione:
2035. E come fare dunque per accelera-
re il ricambio del parco circolante? Con
le stesse nuove tasse di cui sopra, che
confluirebbero in un fondo sociale, che si
stima in 70 miliardi in 7 an ni (dal 2023)
che a sua volta servirebbe per finanziare
incentivi all’acquisto di auto elettriche,
efficientamento energetico degli edifici
ed altri interventi. La Presidente della
Commissione, Ursula Von Der Leyen ha
dichiarato: “è il nostro compito genera-
zionale, che ci deve unire e incoraggiare.
Non si tratta solo di assicurare il benes-
sere della nostra generazione, ma anche
quella dei nostri figli e nipoti. Non c’è un
compito più grande e più nobile di que-
sto e l’Europa è pronta a guidare”.
Rotativo Wankel, Mazda ci ripensa: non sarà il range extender della MX-30Sembra che la casa giapponese abbia accantonato l’idea di utilizzare il motore Wankel come piccolo REX nella MX-30 elettrica. Tuttavia il progetto resta aperto per applicazioni future di M. ZOCCHI
Sembrava ormai fatta per il ritor-no del motore rotativo Wankel, lo stesso che nei decenni scorsi aveva decretato il grande succes-so della Mazda RX-7 e successiva-mente anche il premio di motore dell’anno per la Mazda RX-8. E proprio Mazda doveva riportarlo in vita, utilizzandolo come range extender per la sua prima vettu-ra elettrica, la MX-30. La vettura infatti monta una batteria da soli 35,5 kWh, e l’idea era di renderla più appetibile per chi desiderasse autonomia più alte. Tuttavia una fonte vicina all’azienda ha fatto sapere che sembrerebbe che il progetto sia stato accantonato, per una questione di costi, dato che era prevista anche una batte-ria leggermente più grande. L’uso del Wankel resta però aperto per utilizzi futuri, anche se non su auto elettriche. Piuttosto Mazda pensa di utilizzarlo per ibride seriali, dove la leggerezza del Wankel, e la pos-sibilità di farlo girare a regimi fissi, potrebbero essere l’ideale, per alimentare batterie in questo caso più piccole. Sempre che nel frat-tempo siano stati risolti gli storici problemi della camera di scoppia ellittica, ovvero il consumo di olio e la fuoriuscita di incombusti, oltre all’usura degli apici.
di S. DONATO
Gruppo Volkswagen e Enel X
formeranno una joint venture
(50/50) per portare sul territorio
italiano più di 3.000 punti di ricarica fino
a 350 kW in circa 700 località.
Nonostante l’ingresso di Volkswagen nel
progetto, la rete sarà disponibile per tut-
te le auto elettriche e sarà sviluppata da
Enel X, la società del Gruppo Enel che
gestisce la omonima rete di ricarica e i
relativi servizi a essa associati. L’installa-
zione dei 3.000 punti di ricarica in Italia
sarà realizzata tra il 2021 e il 2025. La
joint venture eserciterà le sue funzioni in
Italia come operatore di punti di ricarica
(Charging Point Operator, “CPO”) pos-
sedendo, investendo, e gestendo una
rete di punti di ricarica ad alta potenza
(High Power Charging, HPC). Enel X e
Volkswagen hanno fatto sapere che la
RETE DI RICARICA Il piano conta di completare i lavori entro il 2025 in 700 località italiane
Enel X e Volkswagen insieme in una joint venture 3.000 colonnine ultra-fast in Italia entro il 2025Le 3.000 colonnine HPC potranno essere usate da qualsiasi veicolo elettrico
joint venture si concentrerà sui centri
urbani, sulle tratte principali più utilizzate
dai pendolari e sulle principali strade ex-
tra-urbane. Gli obiettivi principali sono di
incrementare l’adozione di veicoli elet-
trici tra gli automobilisti urbani che non
dispongono di parcheggi privati, ridurre
l’”ansia da ricarica legata alle distanze”
specialmente per i pendolari che percor-
rono le tratte più lunghe, e fornire un’e-
sperienza di ricarica veloce. Volkswagen
fa l’esempio di una ID.3 carica in soli 20
minuti. La joint venture è stata firmata
dalle rispettive società, ma ora si aspetta
il perfezionamento dell’operazione con
l’autorizzazione amministrativa relativa
alla procedura di golden power presso
la Presidenza del Consiglio dei Ministri
italiano e i nulla osta rilasciati dalle com-
petenti Autorità Antitrust.
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MAGAZINEn.81 / 2126 LUGLIO 2021
di P. AGIZZA
Con il caldo asfissiante, è impossibi-
le non notare quanto il raffredda-
mento dell’abitacolo pesi sui con-
sumi e in special modo, sull’autonomia
delle auto elettriche.
Anche Daikin, la famosissima azienda
giapponese di condizionatori d’aria,
si è posta il problema, sviluppando un
particolare tipo di liquido refrigerante
per auto elettriche capace di rendere
l’utilizzo del condizionatore meno ener-
givoro e migliorare sensibilmente, di
conseguenza, l’autonomia dei veicoli.
Nello specifico, il liquido refrigerante di
Daikin riduce la potenza richiesta per la
compressione del liquido – il meccani-
smo alla base del raffreddamento o del
riscaldamento del veicolo – consuman-
do quindi meno energia.
Secondo i calcoli degli ingegneri giap-
ponesi, l’autonomia sprecata da un’auto
AUTO ELETTRICA Il refrigerante è pensato per impattare il meno possibile sull’autonomia delle auto
Daikin, il segreto in un nuovo refrigerantePiù autonomia con il climatizzatore acceso L’arrivo del refrigerenate è previsto nel 2025, sarebbe l’esordio di Daikin nel settore dell’automotive
elettrica con il condizionatore in funzio-
ne potrebbe migliorare addirittura del
50% utilizzando il loro liquido refrige-
rante rispetto a quello attualmente in
uso. Prima di arrivare sul mercato, però,
il liquido refrigerante di Daikin dovrà
passare una lunga serie di test interni
e delle autorità. L’azienda prevede di
mettere in vendita il suo prodotto entro
la fine del 2025. In chiusura una curio-
sità: nonostante Daikin sia il più grande
produttore di condizionatori d’aria giap-
ponese e fra i più importanti al mondo,
non ha nessuno sbocco nel mercato
automobilistico.
Il refrigerante più utilizzato per le auto,
infatti, è un prodotto sviluppato con-
giuntamente dalle aziende americane
Honeywell e Chemours. Il futuro utilizzo
del liquido Daikin potrebbe portare quin-
di l’azienda giapponese ad esordire nel
mondo delle autovetture.
Volkswagen annuncia il SUV elettrico ID.8. Sarà lungo più di cinque metri, con ottima autonomiaLe dimensioni saranno simili a quelle della Atlas, un SUV commercializzato in Nord America e Cina. Tanto spazio dovrebbe significare anche ottima autonomia di P. AGIZZA
Volkswagen è al lavoro su un nuo-vo SUV elettrico, che si chiamerà ID.8 ed avrà dimensioni molto im-portanti. È quanto annunciato dal colosso tedesco, che continua nel suo proposito di ottenere la lea-dership nel settore dell’elettrico.Anche se il veicolo è stato annun-ciato ufficialmente, l’unica notizia certa è che l’ID.8 utilizzerà la po-liedrica piattaforma MEB alla base degli altri modelli elettrici del mar-chio tedesco. Per quel che riguar-da le dimensioni, ID.8 dovrebbe essere molto simile all’Atlas, il SUV che Volkswagen commercializza in Nord America e Cina. Parliamo, dunque, di una lunghezza di poco superiore ai cinque metri, con un passo di circa tre metri. Nessuna notizia certa per quel che riguar-da motorizzazione o prezzo della futura soluzione Volkswagen. Le ipotesi sono molte, e parlano di un motore da 300-400 cavalli ed un’autonomia da record agevola-ta dalle dimensioni imponenti del mezzo. Le indiscrezioni parlano di un arrivo sul mercato europeo previsto per i primi mesi del 2023 ma dal produttore tedesco non è trapelata nessuna informazione ufficiale.
di G. FAVETTI
Come si apprende dal comunicato sul sito ufficiale Saipem, il na-
scente hub energetico offshore
Agnes, che sorgerà al largo della costa
adriatica di Ravenna grazie alla partner-
ship con QINT’X, società operante nel
settore delle rinnovabili, sarà il primo caso
di applicazione di SUISO, una tecnologia
di nuova generazione nata dall’esigenza
di produrre idrogeno senza creare CO2,
che integra in uno stesso sistema diverse
fonti di energia rinnovabile quali l’eolico
galleggiante, il solare flottante e l’energia
marina con l’obiettivo di alimentare, insie-
me o singolarmente, elettrolizzatori per la
produzione di idrogeno verde installati su
piattaforme offshore già esistenti.
Francesco Caio, Amministratore Delega-
to di Saipem, ha commentato: “Il marchio
SUISO è un esempio della capacità di
Saipem di offrire soluzioni innovative e
FONTI RINNOVABILI Il sistema di cogenerazione coniuga eolico, solare ed energia marina
Saipem presenta l’innovativa tecnologia SUISO Una soluzione per la produzione di idrogeno verdeVerrà utilizzato per la prima volta all’interno del progetto Agnes al largo della costa ravennate
sostenibili per accompagnare i propri
clienti nella transizione energetica. La so-
luzione è adattabile a molteplici tipologie
di siti marini e alle diverse necessità di
produzione. Il know-how maturato nella
progettazione e realizzazione di infra-
strutture e impianti tecnologicamente
avanzati consente a Saipem di coprire
la catena del valore legata alla produ-
zione di idrogeno verde e di essere un
partner strategico nel percorso verso la
net zero economy”. L’ampia versatilità di
SUISO permetterebbe la riconversione
di infrastrutture marine nel settore oil&-
gas ormai giunte alla fine del loro ciclo
di vita ed inoltre l’ossigeno rilasciato dal
processo produttivo dell’idrogeno verde
potrà essere utilizzato in vari ambiti come
l’acquicoltura o la produzione di alghe. Il
marchio è stato depositato presso l’Uffi-
cio dell’Unione Europea per la Proprietà
Intellettuale (EUIPO) e potrebbe segnare
un importante passo in avanti verso la
decarbonizzazione del nostro Paese.
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MAGAZINEn.81 / 2126 LUGLIO 2021
di Sergio DONATO
Tesla ha lanciato l’abbonamento
mensile chiamato Full Self-Driv-
ing che, al costo di 199 dollari al
mese, o di 99 dollari al mese per coloro
che avevano già acquistato il pacchetto
Autopilot avanzato, darebbe finalmente
accesso a una guida autonoma più avan-
zata. Un’offerta, però, che chiede anche
1.500 dollari di spesa aggiuntiva se non si
possiede un veicolo con un computer di
bordo FSD con Hardware 3.0.
Guida autonoma avanzata a 199 dollari al meseIl Full Self-Driving è già disponibile come
acquisto una tantum al prezzo di 7.500
euro anche in Italia. Tesla ha aggiunto la
possibilità di averlo come abbonamen-
to mensile al prezzo di 99 dollari o 199
dollari – in base alla presenza o meno
dell’Autopilot avanzato – ma chieden-
do un consistente sacrificio economico
proprio a coloro che avevano creduto in
Tesla più di tutti gli altri. Stiamo parlando
della spesa aggiuntiva di 1.500 dollari per
l’aggiornamento del computer di bordo.
La disponibilità del nuovo abbonamen-
to mensile è comparso sull’app di Tesla
con il messaggio: “La capacità Full Sel-
f-Driving è ora disponibile come abbona-
mento mensile. Aggiorna la tua [Modello
e VIN dell’auto, ndr] per 199 dollari al
mese (tasse escluse) per sperimentare
caratteristiche come Navigare con il pilo-
ta automatico, Cambio di corsia automa-
tico, Auto Park, Summon e Controllo dei
semafori e dei segnali di stop.”
Attualmente, tutti i modelli Tesla sono
dotati dell’Autopilot di base, una serie di
funzioni di assistenza alla guida e di si-
curezza che includono il mantenimento
automatico della corsia, il cruise control
consapevole del traffico e altre caratteri-
stiche di sicurezza standard come l’assi-
stenza alla frenata d’emergenza.
Il pacchetto “Full Self-Driving” (FSD) va
oltre e aggiunge altre caratteristiche di
assistenza alla guida che permettono
all’auto di prendere più decisioni da sola
e includono la navigazione con il pilo-
AUTO ELETTRICA Ora si può ricevere il Full Self-Driving sulle Tesla con un abbonamento mensile
Tesla lancia l’abbonamento Full Self-Driving 1500 $ chiesti anche ai vecchi proprietari Poi ci ripensa e il prezzo scende a 1000 $Tesla chiedeva 1.500 dollari per un aggiornamento hardware a chi non aveva il pacchetto FSD Ma le lamentele dei vecchi proprietari Tesla hanno fatto scendere il prezzo a 1.000 dollari
ta automatico, il cambio automatico di
corsia, il parcheggio automatico, il “Sum-
mon” e il controllo dei semafori e dei
segnali di stop. In futuro saranno abilità
completamente autonome, ma per il mo-
mento è ancora richiesta l’attenzione del
conducente.
C’è da precisare però che anche i vecchi
proprietari di Tesla - prodotte prima della
metà del 2019 - che avevano acquistato il
pacchetto completo FSD (in Italia si chia-
ma “Guida autonoma al massimo poten-
ziale” e costa 7.500 euro) stanno riceven-
do l’upgrade hardware gratuitamente.
L’extra di 1.500 dollari è per chi vuole
usare la modalità in abbonamento ma
non aveva preso il pacchetto completo
FSD con la vettura. Tuttavia, gli fu detto
che la vettura aveva già tutto per la guida
autonoma avanzata, ed è comunque una
spesa imprevista.
Tesla, probabilmente spinta dalle lamen-
Smart pensa in grande con un nuovo SUV tutto elettricoSmart Automobile ha svelato le immagini di un concept che ritraggono un SUV elettrico: il debutto è atteso al salone di Monaco a settembre, l’arrivo del modello definitivo sul mercato è previsto nel corso del 2022 di C. STELLARI
Smart non è nuova al mondo elet-trico, ma a quanto pare ora ha deciso di pensare “più in grande” con un SUV elettrico le cui dimen-sioni si possono ipotizzare in circa 4 metri di lunghezza. Nelle imma-gini, svelate con un teaser, si nota il tetto panoramico caratterizzato da una cornice oro opaco chiama-ta Ring of Light (cerchio di luce) che circonda il grande cristallo pa-noramico dotato di illuminazione dedicata. Oltre alle dimensioni più generose, è evidente la ricerca di un nuovo stile: “smart evolve, diventa più premium e high-tech, acquisendo un livello di sofistica-zione e qualità ancora più eleva-to”, ha dichiarato Kai Sieber, Head of Design smart nel team di Gor-den Wagener. L’intenzione da par-te di smart è evidentemente quel-la di aprirsi verso nuovi segmenti.La piattaforma utilizzata dovrebbe essere quella modulare SEA, che Geely impiegherà in futuro anche per il nuovo SUV Volvo XC20. Inoltre, non è difficile ipotizzare l’adozione di un sistema di info-tainment tra i più avanzati, dotato di una piena connettività e con assistente vocale. Ne sapremo di più al Salone di Monaco, a settem-bre; l’arrivo del modello definitivo sul mercato è invece previsto nel corso del 2022.
tele nate in rete dopo l’annuncio, ha
deciso di ridurre il costo dell’aggiorna-
mento hardware per questi proprietari a
1.000 dollari.
Il caos nato da un post sul blog del 2016Per poter far completamente luce sulla
vicenda bisognerebbe leggere il contrat-
to di vendita in mano ai possessori delle
vecchie Tesla, perché finora le proteste
nascono dalla riesumazione di un vec-chio post di Tesla del 2016 nel quale
la società diceva: “Siamo entusiasti di
annunciare che, a partire da oggi, tutti i
veicoli Tesla prodotti nella nostra fabbri-
ca - compresa la Model 3 - avranno l’har-
dware necessario per la piena capacità
di guida autonoma a un livello di sicurez-
za sostanzialmente superiore a quello di
un conducente umano.” Il titolo del post
era: “Tutte le auto Tesla in produzione
ora hanno il Full Self-Driving”. Un titolo
che poteva essere fuorviante.
Se però si va a leggere la pagina di sup-porto relativa all’FSD, anche in italiano,
Tesla dice chiaramente che: “Se hai ac-
quistato la funzione Guida autonoma
completa e disponi di computer Autopi-
lot 2.0 o 2.5, potrai ricevere un’installa-
zione gratuita del nostro computer FSD
(Hardware 3.0, ndr).”
Resta da capire quanto questa infor-
mazione fosse chiara a chi comprò una
Tesla nel 2016 e fino alla metà del 2019,
dato che nel 2016 i dubbi di Tesla circa
le mancanza di capacità degli Autopilot
dell’epoca nel gestire l’FSD non erano
ancora venuti a galla.
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MAGAZINEn.81 / 2126 LUGLIO 2021
di Pasquale AGIZZA
Greyp è un’azienda croata di bici-
clette elettriche che si sta facen-
do notare sul mercato per le sue
soluzioni di alto livello e l’utilizzo di un
gran numero di soluzioni tecnologiche.
Costola di Rimac, l’obiettivo della società
è quello di portare lo stesso approccio
che contraddistingue l’azienda automo-
bilistica nel mondo delle biciclette.
Uno degli ultimi modelli lanciati da Greyp
è la e-SUV T5 che, come lascia intende-
re il nome, coniuga un design pensato
per il trekking ad alcune soluzioni pen-
sate per l’utilizzo in città.
Il primo aspetto da notare è che la T5 è la
prima bicicletta elettrica di Greyp a non
utilizzare un telaio in carbonio: la biciclet-
ta è infatti composta di alluminio, con un
manubrio largo in stile mountain-bike e
una geometria pensata per stare a metà
fra l’esigenza di agilità e comodità. A bor-
do abbiamo un motore a trazione centra-
le MPF con velocità massima limitata a
25 chilometri orari, cambio a dodici ve-
locità e un set di freni a disco idraulici a
doppio pistone. Molto interessanti i dati
riguardanti l’autonomia: grazie all’utilizzo
di una batteria da 700 Wh fatta in casa,
BICI ELETTRICA La casa croata svela il modello T5 pensato per coniugare trekking ed utilizzo in città
Greyp pensa anche al trekking con T5 L’eBike high-tech sempre connessaCosta più di 4mila euro, ha una e-SIM per essere sempre connessi e fa più di 100 km con una carica
la T5 ha un’autonomia di 100 chilometri
con la pedalata assistita. La batteria, uti-
lizzata anche in altri modelli del marchio,
è posizionata in un supporto ancorato
al tubo obliquo. Per quel che riguarda
invece la parte trekking, T5 integra una
forcella RockShox Debonair con 100 mm
di sospensione capace, grazie anche
alla ruota anteriore da 29 pollici, di offri-
re un’ottima maneggevolezza anche sui
terreni più accidentati.
A bordo una e-SIM per essere sempre connessiCome detto in apertura, tutti i modelli di
e-bike di Greyp possono contare su una
dotazione tecnologia di prim’ordine, e la
T5 non fa eccezione: a bordo troviamo,
ad esempio, una e-SIM integrata grazie
alla quale la bicicletta è sempre connes-
sa. Fulcro centrale dell’esperienza è poi
l’applicazione di Greyp, che può funzio-
nare in due modi distinti: c’è la modalità
Dashboard che, come lascia intende-
re il nome, trasforma il cellulare in una
dashboard estesa capace di mostrare
ad esempio una mappa con navigatore
passo-passo.
L’altra modalità si chiama Remote, e
rende lo smartphone più simile ad un
telecomando per la bicicletta. In questa
modalità sarà possibile bloccare la bici-
cletta da remoto, spegnerla completa-
mente o scattare una foto.
Così come la sua casa madre Rimac,
Greyp si rivolge ad una nicchia ben pre-
cisa del mercato: il prezzo di partenza
della T5 è fissato infatti a 4.499 euro.
Honda porta le sue batterie estraibili per moto anche in una mini scavatrice elettricaHonda e Komatsu hanno trasformato una mini scavatrice in mezzo elettrico, usando le batterie intercambiabili per moto e scooter di M. ZOCCHI
Honda mira a creare un ecosiste-ma condiviso, con protagoniste le sue batterie estraibili ed intercam-biabili, originariamente sviluppate per moto e scooter elettrici. Per far ciò, ha iniziato ad elettrificare diversi veicoli e macchinari, anche ad uso industriale e civile. Come la scavatrice Komatsu PC 01, che ha detto addio al motore a combustio-ne, per accoglierne uno elettrico, sempre di Honda, accompagnato da una coppia delle suddette bat-terie. La scavatrice è stata modifi-cata con un vano posteriore per aggancio batterie, e il motore elet-trico alimenta sia gli spostamenti, sia la parte idraulica della scavatri-ce. Honda ha rilasciato una dichia-razione: “Aggiungendo un’ampia varietà di attrezzature per l’inge-gneria civile e l’edilizia elettrificate all’operazione di alimentazione intelligente che include già i pro-dotti di mobilità e alimentazione elettrificati di Honda, Honda sta cercando di stabilire un’ampia rete di sistemi di condivisione della bat-teria basati sul sistema MPP. (Mo-bile Power Packs) Perseguendo ulteriormente l’azzeramento delle emissioni e l’utilizzo di energia rinnovabile nei cantieri dei propri clienti, Honda continuerà a dare il proprio contributo alla realizza-zione di una società sostenibile e “circolare” che punta a un impatto ambientale zero”.
di P. AGIZZA
Progettate specificatamente per auto
elettriche, con la capacità di soppor-
tare il peso maggiore dovuto alle
batterie ma offrendo, al tempo stesso,
una bassissima resistenza al rotola-
mento. Sono queste le caratteristiche di
P-ZERO HL, i nuovi pneumatici di Pirelli
che debutteranno con la Lucid Air a fine
anno.
Come intuibile, l’HL della sigla (High
Load) indica che questi pneumatici ad
alto carico sono in grado di supportare il
20% in più di peso rispetto a uno pneu-
matico standard della casa italiana e il 9%
AUTO ELETTRICA Sviluppate in collaborazione con Lucid, debutteranno sulla Air a fine anno
Pirelli, pneumatici specifici per auto elettriche Si chiamano P-ZERO HL, debutto con la Lucid AirSopportano fino al 20% di peso in più rispetto agli pneumatici standard della casa milanese
in più di peso rispetto
ad uno pneumatico XL
della stessa grandezza.
Gli pneumatici P-ZERO
HL integreranno an-
che la tecnologia Pirelli
Elect, grazie alla quale
potranno contare su
una bassissima resi-
stenza al rotolamento.
Inoltre saranno realizzati con una parti-
colare mescola progettata per migliorare
l’aderenza e per gestire meglio la coppia
istantanea fornita dai propulsori elettrici.
Nello sviluppo degli pneumatici Pirelli si
è avvalsa della collaborazione di Lucid
Motors, e come detto debutteranno pro-
prio sull’attesissima Lucid Air, nelle misu-
razioni HL 245/35R21 per l’anteriore e HL
265/35R21 per il posteriore.
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MAGAZINEn.81 / 2126 LUGLIO 2021
di Giulia FAVETTI
Dopo un lungo processo di se-
lezione i vertici dell’olandese Li-
ghtyear hanno individuato nella
casa automobilistica Valmet il partner
perfetto con cui proseguire il cammino
per la produzione di auto elettriche so-
lari. “La nostra esperienza come produt-
tore di automobili e la nostra attenzione
alla mobilità elettrica e ai sistemi di bat-
terie ci rendono predestinati a processi
in cui la mobilità deve essere ridefinita.
Siamo pronti per entrare in nuove aree
nella produzione di automobili e siamo
quindi lieti che Lightyear ci abbia scelto
come partner di produzione”, ha orgo-
gliosamente affermato Olaf Bongwald,
CEO di Valmet Automotive.
La casa automobilistica, che da Ottobre
2020 ha deciso di concentrarsi solo ed
esclusivamente sulla mobilità elettrica,
sta investendo molto nell’ampliamento
della sua capacità di produzione di batte-
rie puntando a ricoprire un ruolo chiave
come produttore a contratto e l’accordo
AUTO ELETTRICA Il contratto verrà finalizzato ad agosto, la produzione inizierà il prossimo anno
Lightyear stringe un accordo con ValmetSaranno partner per produrre Lightyear OneI vertici di Lightyear hanno individuato in Valmet il partner perfetto per produrre elettriche solari
con Lightyear, a cui verrà probabilmen-
te dedicata una linea di assemblaggio
specifica per la produzione del Lightyear
One, è indubbiamente una forte spinta
verso quel traguardo.
Nelle intenzioni dei vertici della start up
olandese, nata dal team solare di TU Ein-
dhoven, cui abbiamo dedicato diversi
articoli (l’ultimo dei quali pubblicato solo
poche settimane fa proprio sul Lightye-
ar One) c’è una corposa riduzione del
prezzo dei propri veicoli, che al momento
supera i 100.000 €, con il lancio di una
versione più economica con un costo in-
feriore di due terzi dell’attuale, ed è molto
probabile che la partnership con Valmet
giocherà un ruolo importante in tal sen-
so. Secondo quanto trapelato a Gennaio
2020 la Società prevede di aumentare
la produzione di auto solari a 100.000
unità annuali a partire dal 2023, cia-
scuna con un prezzo di vendita di circa
50.000 euro; oltre all’accordo con Val-
met, Lightyear sta raccogliendo capitale
attraverso vari investitori, arrivando a
raccogliere 48 milioni di dollari a Marzo.
Un secondo finanziamento azionario è
previsto entro la fine dell’anno.
Il gigante delle flotte commerciali elettrificate XL Fleet investe in eNow. Presto l’acquisizione?XL Fleet fornirà batterie e sistemi di elettronica di potenza per le nuove unità di refrigerazione di eNow. Ma potrebbe esserci molto di più: le due aziende hanno già stipulato un accordo per l’acquisto di eNow ad un prezzo stabilito di P. AGIZZA
Il gigante della gestione di flotte commerciali elettriche ed ibride XL Fleet ha annunciato una col-laborazione con l’azienda spe-cializzata in sistemi di energia rin-novabile per autocarri e rimorchi pesanti eNow. In base all’accordo, XL Fleet fornirà batterie e sistemi di elettronica di potenza per le pri-me 1.000 nuove unità di refrige-razione per il trasporto elettriche eTRU di eNow, pensate specifica-tamente per il mercato dei rimor-chi commerciali di classe 8.Oltre alla collaborazione nell’am-bito delle unità di refrigerazione, l’accordo prevede anche un cor-poso investimento di XL Fleet in eNow: si parla di tre milioni di dollari per una parte della so-cietà, con l’accordo che prevede anche la possibilità, per XL Fleet, di acquistare tutta eNow ad un prezzo già concordato. XL Fleet è la più grande realtà americana nel campo della gestione di flotte commerciali elettriche. eNow è invece un’azienda specializzata in sistemi di energia rinnovabile per autocarri e rimorchi pesanti.
di M. ZOCCHI
La nuova berlina elettrica di XPeng,
la P5, sembra essere davvero una
“game changer”, proprio come era
stata presentata allo scorso salone di
Shangai. Questo almeno stando ai prezzi
annunciati dal costruttore: la P5 sarà infatti
in vendita sul mercato cinese da 160,000
a 230.000 yuan (24.600 – 35.400 $ cir-
ca), a seconda della versione, prezzi sulla
carta decisamente inferiori a quelli della
Tesla Model 3, con la qual la P5 si mette
naturale competizione: la Model 3 è infatti
in vendita in Cina a partire da 250,900
yuan ($38,650). La XPeng P5 sarà dispo-
nibile in Cina in ben 6 versioni. 460G,
460E, 550G, 550E, 550P e 600P, in or-
dine crescente di dotazione; l’autonomia
AUTO ELETTRICA Produzione al via il prossimo settembre. Aperti i preordini per il mercato cinese
Prezzi aggressivi per la nuova berlina XPeng P5 In Cina si parte da meno di 25.000 dollariSi parte da 160.000 yuan (24.600$) nella versione base per arrivare a 230.000 yuan (35.400$)
dichiarata secondo il ciclo NEDC va da
460km a 600 km. La tecnologia Lidar, su
cui XPeng aveva messo l’accento duran-
te la presentazione della P5, sarà dispo-
nibile in realtà solo sulle versioni 550P
e 600P, grazie all’utilizzo di due sensori
Lidar abbinati all’hardware del sistema di
guida XPILOT 3.5. L’XPILOT 3.0 della P5
550E si avvale invece di sensori radar
con lunghezza d’onda pari a 5 mm, di 12
sensori ultrasonici e di 13 videocamere
per l’assistenza alla guida. Tutte le ver-
sioni arrivano “di serie” sul mercato con
l’XPILOT 2.5: gli utenti che desiderano le
versioni più avanzate dell’ADAS XPILOT
dovranno effettuare un upgrade pagan-
do di tasca propria un importo aggiuntivo,
al momento non noto. La produzione del-
la XPeng P5 inizierà il prossimo settem-
bre, con le prime consegne sul mercato
cinese previste a ottobre. Sono già aperti
i preordini riservati ai clienti cinesi.
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MAGAZINEn.81 / 2126 LUGLIO 2021
di Sergio DONATO
La Commissione europea ha pre-
sentato la proposta “Fit for 55” che,
nell’ambito del Green Deal euro-
peo, mira a ridurre le emissioni nette
di gas a effetto serra di almeno il 55 %
entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
Nel pacchetto di 13 proposte ce n’è una
che tocca con precisione le stazioni di
ricarica e l’obbligo per gli Stati membri
di garantire un livello minimo di potenza
di ricarica sul territorio.
Stazioni di ricarica ogni 60 kmLa proposta è quella che riguarda la revisione del regolamento sull’infra-
struttura per i combustibili alternativi, e
che impone agli Stati membri non solo
di aumentare la capacità di ricarica in
linea con le vendite di autovetture a
emissioni zero, ma regolamenta anche
la disposizione delle stazioni di ricarica
sul territorio.
Secondo la proposta, lungo rete stra-
dale transeuropea dei trasporti TEN-T
(Trans-European Transport Network)
che raccoglie le vie di comunicazione
più importanti dell’Europa, per le auto
elettriche dovrà essere installata una
stazione di ricarica ogni 60 km e in en-
trambi i sensi di marcia con queste spe-
cifiche caratteristiche:
Gli Stati membri devono garantire al-
meno 300 kw di capacità installata,
compreso almeno un punto di ricarica
da 150kW, ogni 60 km in ogni direzione
sulla rete centrale TEN-T entro il 2025
e 600kW di capacità installata, compre-
si almeno due 150kW in ogni direzione
sulla rete centrale (core) TEN-T entro il
MOBILITÀ SOSTENIBILE Obblighi e regole sono compresi in una proposta della “Fit for 55”
La richiesta della Commissione europea Obbligo installazione di stazioni di ricaricaStazioni di ricarica ogni 60 km in entrambi i sensi di marcia, e c’è spazio anche per l’idrogeno
2030. Inoltre, gli Stati membri devono
garantire ogni 60 km sulla rete globale
(comprehensive) TEN-T 300 kW di ca-
pacità installata, di cui almeno uno da
150kW, entro il 2030 e 600kW di capa-
cità installata, di cui almeno due punti di
ricarica da 150kW, entro il 2035.
Spieghiamo con una mappa di ANAS, la differenza tra la rete centrale (core)
e la rete globale (comprehensive) della
rete TEN-T in Italia.
Per quanto riguarda la ricarica dei ca-
mion (HDV, heavy-duty vehicles), le spe-
cifiche sono le seguenti, e ovviamente
non obbliga ad avere stazioni di ricarica
separate, che quindi nello stesso luo-
go possono accogliere anche le auto,
sebbene con le potenze viste in prece-
denza:
Per i camion gli Stati membri devono
garantire almeno 700kW di capacità in-
stallata, con punti di ricarica da 350kW
(o superiori), ogni 60 km in ogni dire-
zione sulla rete centrale TEN-T entro
il 2025 e 1.400 kW di capacità instal-
lata con punti di ricarica da 350kW (o
superiori) entro il 2030. Inoltre, gli
Stati membri devono garantire almeno
700kW di capacità installata, con punti
di ricarica da 350kW (o superiori) ogni
100 km sulla rete globale TEN-T entro
il 2030 e 1400 kW di capacità installata
con punti di ricarica da 350kW (o supe-
riori) entro il 2035.
Gli Stati membi devono garantire che il
parcheggio notturno sicuro per i veicoli
pesanti abbia almeno una stazione di
ricarica di almeno 100kW entro il 2030.
Inoltre, devono garantire un minimo di
capacità di ricarica elettrica (600 kW in-
stallati nel 2025 e 1,2 kW installati nel
2030 attraverso punti di ricarica di al-
meno 150 kW ciascuno) in ogni nodo ur-
bano della rete TEN-T come definito nel
regolamento sugli orientamenti TEN-T,
in particolare per servire i camion di
consegna urbani.
C’è spazio anche per l’idrogenoPer i veicoli che vanno a idrogeno, la
proposta dice che gli Stati membri de-
vono garantire ogni 150 km sulla rete
centrale TEN-T almeno una stazione
che serva entrambe le direzioni per i
veicoli pesanti a 700 bar (mentre 350
bar è opzionale) entro il 2030. I veicoli
leggeri devono essere abilitati a rifornir-
si in tutte le stazioni. Le stazioni devono
fornire una capacità minima giornaliera
di 2 tonnellate. Gli Stati membri devono
garantire che almeno una stazione di ri-
fornimento di idrogeno sia installata per
ogni nodo urbano della rete TEN-T con
una capacità di 2 tonnellate di idrogeno
al giorno entro il 2030.
Inoltre, gli Stati membri devono garan-
tire che ogni 450 km sulla rete TEN-T
una stazione di rifornimento di idrogeno
serva idrogeno liquido ai camion e che
l’idrogeno liquido sia servito in almeno
un terzo dei nodi urbani.
Colonnine ben indicate e metodi di pagamento alternativiLa proposta europea sull’infrastruttura
dei combustibili alternativi nel Fit for 55
prevede anche l’uso di sepcifici segnali
stradali con i quali dovranno essere in-
dicate le colonnine installate in città e
nei parcheggi delle autostrade.
Saranno inoltre rinnovati i metodi di pa-
gamento che comprenderanno l’uso di
carte di credito - anche contactless - e il
QR code, oltre ai sistemi di abbonamen-
to già implementati.
Supercharger Tesla aperti ad auto di altri costruttori entro la fine dell’anno, parola di Musk. Ma come e dove?Entro la fine di quest’anno si potrà caricare la propria auto elettrica utilizzando la rete Supercharger, anche se non è una Tesla, ma al momento i dettagli non sono ancora chiari di Claudio STELLARI
Solo chi possiede una Tesla può utilizzare la rete Supercharger per caricare la propria auto, que-sto almeno finora. A breve però le cose potrebbero cambiare: Elon Musk ha infatti confermato che la rete di ricarica esclusiva Tesla sarà aperta entro la fine dell’anno anche ad auto di altri costruttori. In realtà non si tratta di una novità del tutto inattesa: Tesla aveva già manifestato più volte l’intenzione di aprire i propri Supercharger alle auto di altri costruttori, lo scorso mese in particolare Tesla aveva confermato al governo norvegese che prevedeva di apri-re la propria rete ad altre case au-tomobilistiche, per ottenere l’ac-cesso ai sussidi previsti; anche il Governo Tedesco ha chiesto l’a-pertura della rete Supercharger. Il piano di apertura è ambizioso, soprattutto considerata la time-line molto stretta, con l’apertura fissata entro la fine dell’anno. Ci sono infatti diversi aspetti da mettere a punto: Tesla dovrà ade-guare la propria app e, problema non da meno, dovrà affrontare il discorso dei costi di carica e del sistema di pagamento.