4° GIORNATA
I contratti d'impresa: contratti per lo sviluppo d’azienda e altri contratti (3° modulo)
Il Commercialista “giurista d’impresa” La consulenza per la gestione dei contratti d’impresa
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IN CASO DI MANCATA PARTECIPAZIONE ALLA GIORNATA IN AULA Le ricordo che nel caso di assenza alle giornate del Master Breve potrà scaricare il materiale non ritirato in versione cartacea accedendo all’area a Lei riservata del sito www.euroconference.it - PROFESSIONAL LIBRARY - digitando la login e password in suo possesso. Per ricevere, in ogni caso, la copia cartacea, si invita invece, a farne apposita richiesta scritta tramite fax almeno cinque giorni prima l’incontro successivo. Il materiale potrà poi essere ritirato presso il desk di segreteria. La medesima richiesta potrà essere effettuata utilizzando l’apposito modulo sempre presente sul sito
IDEAZIONE E PROGETTAZIONE
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Elena Scala Claudia Pasetto
LOGISTICA
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RESPONSABILE MASTER BREVE
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REDAZIONE
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COORDINAMENTO SCIENTIFICO
Alessandro Corsini Massimiliano Tasini Duilio Liburdi Giovanni Valcarenghi Paolo Meneghetti Norberto Villa Gian Paolo Ranocchi
SERVIZIO CLIENTI
Barbara Adami Luca Castellani Nicola Tonon Laura Roma Rita Zantedeschi
COLLABORATORI INTERNI
Alvise Bissoli Diego Finetto Sergio Lovato Luca Mamone Matteo Pegoraro Umberto Vesentini
Un comitato di Esperti, verifica ed approva il contenuto professionale delle singole giornate per garantire la massima correttezza, precisione e compiutezza delle informazioni. Esso è preposto, inoltre, al controllo e alla supervisione dei lavori per l’organizzazione delle attività e durante l’intero svolgimento delle stesse. È lo specifico impegno di Euroconference per assicurare i massimi livelli di professionalità nel fornire competenza altamente qualificata al professionista.
Materiale didattico non vendibile e riservato ai soli partecipanti al Master Breve 2006/2007:
IL COMMERCIALISTA “GIURISTA D’IMPRESA” – MODULO GIURIDICO
Dispensa chiusa per la stampa il 28 dicembre 2006
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IINNDDIICCEE Premessa pag. 5
CCOONNTTRRAATTTTII DDII AACCQQUUIISSIIZZIIOONNEE DD’’AAZZIIEENNDDAA
CESSIONE DI AZIENDA O DEL RAMO AZIENDALE a cura di Raffaele Rusciano pag. 8 LA CESSIONE D’AZIENDA a cura di Giuseppe La Scala, Emanuele Rossi, Massimo Buongiorno, Gianni Lucchini e Luigi Belluzzo pag. 18 I DOCUMENTI PRECONTRATTUALI a cura di Massimo Buongiorno pag. 30
- Fac simile lettera di riservatezza (file a) pag. 39 LA DUE DILIGENCE a cura di Massimo Buongiorno e Claudio Ceradini pag. 40
- Check list due diligence (file b) pag. 41 - Il contratto di acquisizione: un esempio recente commentato (file c) pag. 46 LA CESSIONE DI AZIENDA. ASPETTI CONTROVERSI: VENDITA CON PATTO DI RISERVATO DOMINIO, CORRESPONSIONE IN LUOGO DEL CORRISPETTIVO CLASSICO DI UNA RENDITA VITALIZIA A FAVORE DEL CEDENTE Tratto da Circolare Tributaria Settimanale Euroconference pag. 75
- Contratto di cessione d’azienda con patto di riservato dominio (file d) pag. 80 - Contratto di cessione d’azienda con costituzione di rendita vitalizia (file e) pag. 82 LA CESSIONE D’AZIENDA CON COSTITUZIONE DI RENDITA VITALIZIA: ASPETTI FISCALI Tratto da Circolare Tributaria settimanale Euroconference pag. 84
CCOONNTTRRAATTTTOO DDII AAFFFFIITTTTOO DD’’AAZZIIEENNDDAA
ASPETTI GIURIDICI DEL CONTRATTO D’AFFITTO D’AZIENDA a cura di Giorgio Gavelli e Barbara Lotti pag. 89
- Fac simile contratto di affitto di rami di azienda (file f) pag. 102 L’AFFITTO D’AZIENDA a cura di Giuseppe La Scala, Emanuele Rossi, Massimo Buongiorno e Gianni Lucchini pag. 111 L’AFFITTO D’AZIENDA DOPO LA MANOVRA BIS a cura di Giovanni Valcarenghi pag. 114
CCOONNTTRRAATTTTOO DDII AAGGEENNZZIIAA
IL RAPPORTO DI AGENZIA. ASPETTI LEGALI a cura di Cristiano Bertazzoni pag. 121
- Modello di contratto di agenzia (file g) pag. 142 IL CONTRATTO DI AGENZIA a cura di Giuseppe La Scala, Emanuele Rossi, Massimo Buongiorno e Gianni Lucchini pag. 155 UNA SOLUZIONE DEFINITIVA AL PROBLEMA DELLA RILEVAZIONE DELLE PROVVIGIONI DEGLI AGENTI DI COMMERCIO? a cura di Alessandro Corsini pag. 159 INDENNITÀ DI CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI AGENZIA SECONDO LA RECENTE GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA Corte di Giustizia Europea, sentenza C-465/04 del 23/3/2006 a cura di Davide Cuomo pag. 166
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AASSSSOOCCIIAAZZIIOONNII TTEEMMPPOORRAANNEEEE DDII IIMMPPRREESSAA EE LL’’AASSSSOOCCIIAAZZIIOONNEE IINN PPAARRTTEECCIIPPAAZZIIOONNEE
GLI ACCORDI CONTRATTUALI TRA IMPRESE a cura di Giuseppe La Scala, Emanuele Rossi, Massimo Buongiorno e Gianni Lucchini pag. 177
- Fac simile raggruppamento temporaneo di imprese pag. 179 ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE - PROFILI CIVILISTICI a cura di Stefano Chirichigno e Marco Paganuzzi pag. 183 LE CLAUSOLE DI SCIOGLIMENTO DELLA JOINT VENTURE SOCIETARIA a cura di Cristiano Bertazzoni pag. 188
CCEESSSSIIOONNEE DDEELL CCRREEDDIITTOO EE FFAACCTTOORRIINNGG
LA CESSIONE DEL CREDITO a cura di Giuseppe La Scala, Emanuele Rossi, Massimo Buongiorno e Gianni Lucchini pag. 195 IL FACTORING: 10 DOMANDE E 10 RISPOSTE pag. 198
CCOONNTTRRAATTTTII FFIINNAANNZZIIAARRII
- Contratto standard di proposta di finanziamento bancario ad un’impresa (file h) pag. 206
AASSPPEETTTTII FFIISSCCAALLII DDEEII CCOONNTTRRAATTTTII SSOOPPRRAA AANNAALLIIZZZZAATTII
LA RESPONSABILITÀ PER DEBITI TRIBUTARI NELLA CESSIONE D’AZIENDA a cura di Paolo Meneghetti pag. 208 TRATTAMENTO FISCALE DELLE VARIAZIONI DI VALORE DEI BENI CONCESSI IN AFFITTO D’AZIENDA a cura di Paolo Meneghetti pag. 211 CONTRATTO DI AGENZIA - INDENNITÀ SUPPLETIVA DI CLIENTELA a cura di Paolo Meneghetti e Matteo Balzanelli pag. 214 ATI – SOGGETTIVITÀ TRIBUTARIA a cura di Paolo Meneghetti pag. 220 CREDITI – MINUS DA NEGOZIAZIONE E MINUS DA VALUTAZIONE a cura di Paolo Meneghetti pag. 222
PROFESSIONAL LIBRARY
Sul sito, inserendo la propria login e password, è possibile accedere ad un’area riservata ai soli partecipanti al Master Breve - PROFESSIONAL LIBRARY – che consente di attingere a materiale implementativo, formulari, normativa di riferimento ecc… attinenti i temi affrontati
Si vedano: a) Fac simile lettera di riservatezza (in formato word) b) Check list due diligence (in formato word) c) Il contratto di acquisizione: un esempio recente commentato (in formato word) d) Contratto di cessione d’azienda con patto di riservato dominio (in formato word) e) Contratto di cessione d’azienda con costituzione di rendita vitalizia (in formato word) f) Fac simile contratto di affitto di rami di azienda (in formato word) g) Modello di contratto di agenzia h) Contratto standard di proposta di finanziamento bancario ad un’impresa ● Il valore economico aziendale: aspetti metodologici (a cura di Raffaele Rusciano) ● Il contratto di trasferimento (slide) ● Fac simile letta di intenti (si veda dispensa seconda giornata) ● Fac simile lettera di intenti non vincolante (si veda dispensa seconda giornata) ● Fac simile lettera di confidenzialità ● Fac simile di factoring
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PRESENTAZIONE QUARTA GIORNATA – MODULO GIURIDICO La quarta giornata del Master Breve prosegue nell’approfondimento degli specifici contratti che
coinvolgono le imprese, spostando l’attenzione da quelli che riguardano l’acquisto e il godimento
di beni e servizi (oggetto dello scorso appuntamento) ai contratti di sviluppo aziendale.
Si tratta dei contratti di acquisizione di aziende, rami d’azienda e quote/pacchetti azionari, dei contratti di affitto di azienda, dei contratti di collaborazione tra imprese e del contratto di agenzia.
Siamo quindi nell’ambito delle operazioni spesso definite “straordinarie” dove peraltro tale termine non significa più che accadono una volta soltanto nella vita delle imprese, essendo diventate ad ogni livello dimensionale assai più frequenti, ma più semplicemente che sono
operazioni che coinvolgono competenze e tecnicalità non “ordinariamente” disponibili nelle imprese. Ciò implica che la realizzazione di queste operazioni, o se si preferisce una terminologia più tipicamente giuridica, la conclusione di questi contratti comporta il ricorso a
professionisti e consulenti esterni che supportano le imprese per meglio considerare tutti gli aspetti rilevanti e le loro implicazioni future. Il materiale in dispensa contiene, oltre alle diapositive che verranno proiettate nel corso delle
relazioni, tre approfondimenti dedicati ai contratti di acquisizione. Nel primo di questi viene presentato un contratto integrale di acquisizione con commenti ad ogni articolo rilevante. Rispetto alle giornate precedenti, i commenti sono più ampi ed articolati poichè
il contratto di acquisizione è difficilmente riconducibile a situazioni e clausole tipiche in modo da ricostruire una sorta di contratto standard. L’oggetto stesso del contratto, l’impresa nell’insieme delle sue relazioni giuridiche ed economiche con l’esterno, è di tale complessità da richiedere
significativi adattamenti caso per caso in funzione delle specificità che si manifestano. Dalla lettura del contratto e dei relativi commenti emergono in ogni caso alcuni aspetti particolarmente sensibili che ritroveremo in ogni acquisizioni indipendentemente dalla forma
che verrà ad assumere quali: – prezzo d’acquisizione e sua determinazione; – modalità di pagamento del prezzo; – dichiarazioni e garanzie.
Tali aspetti sono stati analizzati con maggiore profondità. Il contratto che viene presentato riguarda l’acquisizione di più rami d’azienda appartenenti ad un gruppo in situazione di crisi. Completano il materiale sul contratto di acquisizione due letture: la prima specifica contenuto, significato giuridico e principali cautele da adottare, dei documenti pre-contrattuali, ovvero i diversi accordi che intervengono tra le parti durante la fase di negoziazione (accordi di confidenzialità, esclusiva, lettera di intenti). La seconda tratta invece della due diligence, attività tipica di ogni acquisizione, che consiste in un’attività investigativa volta ad evidenziare passività potenziali insite nel patrimonio aziendale derivanti da aspetti legali, fiscali, previdenziali e finanziari. Completano i contratti di sviluppo, l’affitto d’azienda e gli accordi di collaborazione.
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La prima fattispecie di contratto è utilizzata molto frequentemente. Nella dispensa viene presentato un schema contrattuale tipico che si riferisce alla stessa operazione esaminata in merito al contratto di acquisizione. Come spesso accade, l’affitto d’azienda è uno strumento
che consente al potenziale acquirente di mantenere attiva l’azienda, senza rischiare conseguenze derivanti dal possibile fallimento della stessa. L’esame comparato dei due contratti permette di evidenziare le specificità di ciascuno in ragione degli obiettivi che si
prefigge. Di particolare interesse è l’analisi delle cautele che l’acquirente deve assumere in situazioni di questo tipo. Per quanto riguarda invece gli accordi di collaborazione tra imprese, una lettura introduce un
tema di centrale importanza quale la previsione nel contratto delle clausole di rescissione e come dovranno essere regolati i rapporti tra le imprese coinvolte. Data la natura stessa del contratto, le difficoltà di gestione durante la sua vita ed in molti casi la
stessa natura temporanea che viene ad assumere, è evidente come non sia possibile prescindere da un attento esame di quello che dovrà accadere quando (o se) il contratto si concluderà. Si è ritenuto, infine, di includere tra i contratti di sviluppo anche il contratto di agenzia che,
pur discostandosi leggermente dai precedenti nella forma, rassomiglia nella sostanza: anche in questo caso si tratta di forme contrattuali volte a far crescere l’impresa attraverso l’intervento di soggetti capaci di espanderne i ricavi. La stessa rilevanza e diffusione di
questo contratto presso qualsiasi tipo di impresa induce ad affrontarne la disciplina giuridica ed i principali aspetti problematici. Anche in questo caso si presenta un contratto standard con commenti relativi alle principali clausole.
E’ indiscutibile che lo sviluppo dell’azienda implichi anche maggiore ricorso a forme di finanziamento aggiuntive rispetto a quelle già disponibili. Appare quindi logicamente conseguente che ai contratti di sviluppo succedano i contratti di
finanziamento. Tra le diverse opzioni possibili sono stati scelti la cessione del credito (e il factoring) ed i finanziamenti a medio-lungo termine. Tale scelta è stata motivata dall’intento di spostare l’attenzione sulle forme più utilizzate nel pratica che pongono aspetti
giuridicamente rilevanti e problematici. Completa la dispensa, la trattazione delle maggiori implicazioni fiscali legate ai contratti oggetto di attenzione, alla luce delle più recenti modifiche normative.
Massimo Buongiorno Coordinatore della quarta giornata giuridica
Il materiale contenuto in questa dispensa e tutto quello relativo al modulo “CONTRATTI
D’IMPRESA” sarà raccolto in un cd rom “FORMULARI DEI CONTRATTI D’IMPRESA” che vi
verrà consegnato in chiusura del MASTER BREVE
Il cd rom conterrà una raccolta commentata dei principali contratti d’impresa analizzati (e
non solo quelli analizzati) nel corso della giornata in aula, completi di formule personalizzabili
e di facile utilizzo.
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STRUTTURA DELLA QUARTA GIORNATA MODULO GIURIDICO
Modulo su:
Il commercialista “giurista d’impresa”
Contratti per lo sviluppo d’azienda e altri contratti
I CONTRATTI PER LO SVILUPPO D’AZIENDA
I contratti di acquisizione d’azienda
Il contratto di affitto d’azienda
Il contratto di agenzia
Gli accordi contrattuali tra imprese,
le associazioni temporanee d’impresa e l’associazione in partecipazione
ALTRI CONTRATTI D’IMPRESA
La cessione del credito
Il factoring
I contratti finanziari
Aspetti fiscali
Ricordiamo che sul sito www.euroconference.it/Master Breve/materiale sono consultabili i Quesiti (e le relative risposte) ritenuti più interessanti, emersi nel corso della III giornata del Master Breve e quindi relativi a: Contratti per l’acquisizione e il godimento di beni e servizi (2° modulo)
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CESSIONE DI AZIENDA O DEL RAMO AZIENDALE a cura di Raffaele Rusciano*
Premessa
1. Il trasferimento d’azienda e/o di partecipazioni può essere effettuato attraverso due modalità prevalenti:
il conferimento
la cessione Esiste inoltre, una terza categoria residuale, nella quale possono essere ricomprese numerose fattispecie (successione, donazione, affitto, ecc.), meno diffuse e riconducibili
logicamente alle prime due. 2. La scelta della modalità di trasferimento dipende da due fondamentali elementi:
gli obiettivi dell’operazione il trattamento fiscale delle singole fattispecie
3. Gli obiettivi perseguibili sono riassumibili in: necessità di affrontare il passaggio generazionale risoluzione di una situazione di crisi
esigenze aziendali di rafforzamento competitivo altri (volontà di cessare l’attività, ecc.)
Le esigenze aziendali comprendono numerose tipologie, quali la necessità/volontà di ampliare i
mercati di sbocco, accelerare il trend di crescita, acquisire know-how o marchi, diversificare, ecc. 4. Sebbene gli obiettivi possano coesistere, essi possono alternativamente riguardare i soci o
l’azienda; ciò condiziona ulteriormente la scelta delle modalità di trasferimento La necessità di affrontare il passaggio generazionale, la volontà di cessare l’attività, talvolta anche la risoluzione di una situazione di crisi possono portare alla cessione (dell’azienda o
della partecipazione) 5. Al contrario, le esigenze aziendali di maggiore competitività, anche finalizzata a risolvere
una situazione di crisi, possono richiedere un conferimento, attraverso il quale migliorare il potenziale di crescita e riorganizzare l’operatività In generale, la cessione consente di incidere sul soggetto proprietario, mentre il
conferimento si adatta maggiormente alle esigenze aziendali; ciò va comunque esaminato nelle singole fattispecie
6. Per quanto riguarda la cessione, consente in particolare di:
“convertire” gli investimenti realizzati (azienda o partecipazioni)
separare la preesistente azienda o tra i rami d’azienda e le partecipazioni possedute * Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) ** disponibili sul sito ulteriori approfondimenti legati al tema in oggetto
**
La cessione d’azienda o del ramo aziendale
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7. La “conversione” degli investimenti può consentire: il superamento del passaggio generazionale, attraverso la cessione a terzi la totale o parziale liquidazione dei preesistenti investimenti realizzati dai soci o dalla società
8. La separazione della preesistente azienda o tra le partecipazioni può consentire:
di enucleare singoli rami o partecipazioni in difficoltà, al fine di ridurre il rischio di un
allargamento della crisi e individuare le soluzioni migliori di risanamento di focalizzare e potenziare l’attività su alcuni rami d’azienda o partecipazioni
9. La realizzazione dell’operazione di cessione comporta, in particolare: la scelta tra la cessione della partecipazione o del ramo d’azienda l’individuazione delle attività e passività da cedere, in particolare in caso di cessione
dell’azienda l’individuazione della tipologia di “acquirente ottimale”, in funzione degli obiettivi
perseguiti
10. L’alternativa cessione della partecipazione o dell’azienda influisce sul piano contrattuale e può comportare delle operazioni societarie preliminari
La definizione delle attività e passività da cedere influisce sulle garanzie richieste e, soprattutto, sulla quantificazione del prezzo Quest’ultimo risulta maggiormente collegato alla valutazione prospettica dei risultati, che può
essere fortemente condizionata dall’inserimento del bene ceduto all’interno di un’organizzazione preesistenti
11. Un particolare rilievo va riconosciuto agli obiettivi perseguiti e agli effetti sulla tipologia di “acquirente ottimale” Un’azienda in difficoltà o che necessiti un rafforzamento competitivo potrà trovare maggiore
apprezzamento da parte di investitori industriali
Al contrario, un’azienda in fase di forte crescita potrà risultare appetibile anche per operatori finanziari
La concezione d’azienda
L’art. 2555, cod. civ., definisce l’azienda quale <<complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa>>1.
Nella nozione d’azienda l’elemento da sottolineare è quello organizzativo, in quanto l’azienda
è un insieme di beni eterogenei (mobili e immobili, materiali ed immateriali), che subisce
modificazioni qualitative e quantitative nel corso dell’attività. Esso è però un complesso
caratterizzato da unità di tipo funzionale, per il coordinamento ed il rapporto di 1 L’art. 2082, cod. civ., definisce imprenditore <<colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi>>; l’inquadramento giuridico dell’azienda si differenzia rispetto al concetto economico-aziendale; la dottrina giuridica considera il concetto di azienda quale “sinonimo” di impresa a differenza della dottrina economico-aziendale la quale interpreta l’azienda come “equivalente” di patrimonio
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complementarità fra i diversi elementi costitutivi instaurato dall’imprenditore e soprattutto
per l’unitaria destinazione ad uno specifico fine produttivo.2
Dal punto di vista economico-aziendale l’azienda viene definita come <<un istituto
economico unitario e duraturo, costituito da un complesso di persone e di beni economici e
diretto al soddisfacimento dei bisogni umani, il quale, in vista di tal fine, svolge processi di
acquisizione, di produzione e di consumo o di scambio continuamente coordinati in un
sistema ancorché mutevoli negli aspetti e variabili nelle dimensioni>>.3
Passando dalla concezione economico aziendale al suo rilievo normativo, è da tenersi
presente che l’unità economica dell’azienda e gli interessi, sia individuali sia generali, al
mantenimento di tale unità trovano significativo riconoscimento nella disciplina dettata dal
codice civile per il trasferimento d’azienda.4
Infatti, il trasferimento dell’azienda da un soggetto ad un altro comporta peculiari effetti ex lege ( divieto di concorrenza, successione nei contratti aziendali, ecc.) ispirati alla finalità di
favorire la conservazione dell’unità economica e del valore dell’avviamento dell’azienda, a
tutela di quanti su tale unità e su tale valore hanno fatto specifico affidamento. E poiché tale
disciplina frappone significativi ostacoli alla disgregazione dell’azienda da parte
dell’autonomia privata, è tutelato, sia pure in modo indiretto e riflesso, anche l’interesse
generale alla circolazione dell’azienda come complesso unitario e quindi al mantenimento
dell’efficienza e funzionalità dei complessi produttivi.5
Prima di addentrarci nella disciplina relativa alla cessione d’azienda è necessario fare una
premesse sulla natura giuridica dell’azienda.
Il contrasto è tra una concezione unitaria del complesso aziendale e una concezione
atomistica dello stesso è stato per decenni al centro di discussioni dottrinali.
Le teorie unitarie considerano l’azienda come un bene unico; un bene nuovo distinto rispetto
ai singoli beni che lo compongono. Così si è affermato che l’azienda è un bene immateriale,
rappresentato dall’organizzazione.6
Quindi, con questa teoria si ritiene che il titolare dell’azienda abbia sulla medesima un vero e
proprio diritto di proprietà unitario, destinato a convivere con i diritti che il soggetto titolare
vanta sui singoli beni. La conseguenza di una siffatta concezione d’azienda risiede nella
possibilità attribuita al titolare di tutelare il suo diritto sul complesso aziendale, non sui singoli
beni, per il tramite degli strumenti che l’ordinamento concede al titolare del diritto di
proprietà, anche se tale diritto non vanta su taluni beni aziendali.
La teoria Atomistica concepisce invece l’azienda come una semplice pluralità di beni tra loro
funzionalmente collegati e sui quali l’imprenditore può vantare diritti diversi (proprietà, diritti
personali di godimento, ecc.).
2 G.F. Campobasso, Diritto Commerciale 1,Diritto d’impresa,Torino, 1999, pag.135 3 D. Amodeo,Ragioneria generale delle imprese,Napoli,1994, pag.12 4 Spada, Lezioni sull’azienda,in AA.VV.,L’impresa, Milano, 1985, pag. 55 5 Pettiti, Il trasferimento volontario dell’azienda,Napoli, 1970, pag.111 6 La tesi è stata propinata da Ferrara, La teoria giuridica dell’azienda, Firenze, 1945, pag.112
La cessione d’azienda o del ramo aziendale
11
Quindi tale teoria esclude a priori che esista un bene azienda che costituisca oggetto di
autonomo diritto di proprietà o altro diritto reale unitario e, quindi, si attribuisce significato
atecnico alle norme che parlano di proprietà o di proprietario dell’azienda (artt. 2556, 2557,
4° comma ).7
Concludendo autorevole dottrina ha rilevato che<< la possibilità di concepire l’azienda come
un nuovo bene sotto ogni profilo e a tutti gli effetti trova significativo ostacolo nei dati
normativi. Infatti da questi emerge con chiarezza che l’unificazione giuridica dei beni
aziendali è solo relativa e funzionale, dato che per il trasferimento del complesso aziendale
dovranno necessariamente essere osservate le “forme stabilite per legge per il trasferimento
dei singoli beni che compongono l’azienda”(art. 2556 c.c). L’assenza di una legge di
circolazione propria dell’azienda è a mio avviso sufficiente per negare la piena unità giuridica
e la natura di nuovo bene della stessa>>.8
Il trasferimento dell’azienda: profili giuridici
Con l’istituto della cessione d’azienda l’imprenditore cede a terzi l’intera azienda o un ramo
della stessa, purché dotato di autonomia funzionale, a fronte di un corrispettivo, che di
norma è rappresentato dal danaro.
La cessione d’azienda detenuta da una società può avvenire in diversi modi:
1) Per il tramite del trasferimento delle azioni o delle quote a nuovi soci; in tale situazione viene
a modificarsi il soggetto economico aziendale, mentre il soggetto giuridico resta invariato
continuando ad operare; tale operazione è denominata cessione di partecipazione.
2) Per il tramite dell’apporto dell’azienda detenuta da un soggetto giuridico ed economico
denominato conferente ad un altro soggetto denominate conferitario, ricevendo come
corrispettivo quote o azioni di quest’ultimo; in tal caso la società conferente potrebbe
decidere di rimanere attiva rilevando nel proprio patrimonio in luogo degli “asset” conferiti la
partecipazione ottenuta; tale operazione è denominate conferimento d’azienda.
3) Per il tramite della vendita diretta della sola azienda da parte di un soggetto denominato
cedente a un soggetto giuridico ed economico denominato cessionario; in tale situazione
il soggetto cedente può estinguersi o continuare ad operare modificando il proprio
oggetto sociale.
Dal punto di vista economico-aziendale la cessione d’azienda si configura come ipotesi di
cessazione relativa, in quanto l’azienda, “pur conservando il suo significato di complesso
economico unitario, viene a cessare in relazione al proprio soggetto economico e/o
giuridico”. Oltre alla cessione aziendale, costituiscono esempi di cessazione relativa anche gli
istituti della fusione e della trasformazione. Invece, si parla di cessazione assoluta “quando
7 G.E. Colombo, L’azienda,in Trattato Galgano,vol. 3°,Padova, 1979, pag.4 8 G.F.Campobasso, Diritto d’impresa,Torino, 1999, pag.141
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l’impresa viene a perdere la sua sistemica unitarietà disgregandosi nelle sue componenti
elementari e dando origine a realizzi singoli attraverso la vendita”.9
In merito all’entità da trasferire la dottrina (giuridica) e la giurisprudenza si dividono tra
sostenitori della tesi c.d. <<omnicomprensiva>>10 e coloro che invece sostengono una
teoria più “restrittiva”. I fautori della prima tesi ritengono che dell’azienda non facciano parte
solo i beni in senso stretto11, ma anche i beni “prospettivi” e le opere sicché in quest’ottica
risulta - in senso giuridico - elemento dell’azienda tutto ciò che lo è sul piano economico12.
Secondo la tesi che è stata definita “restrittiva” l’azienda <<prescinde dai rapporti
contrattuali e la sua sussistenza in concreto si valuta tenendo conto soltanto dei beni (in
senso stretto) di cui l’alienante ha la disponibilità e che sono oggetto della vicenda
traslativa>> ed in questo contesto ciò che importa è che il complesso ceduto - di beni
materiali e non – abbia la struttura di un complesso organizzato per esercitare l’impresa13.
Ciò premesso, oggetto di trasferimento viene considerato un complesso integrato di beni avvinti reciprocamente da vincoli di complementarietà economica e di conseguenza dotati di un carattere di strumentalità finalizzata alla produzione di reddito14. E’ questo il criterio
fondamentale che consente di distinguere la cessione in esame da altre operazioni aventi ad oggetto insiemi di beni, ma non legati dal vincolo di complementarietà sopra descritto. Un siffatto ragionamento potrebbe comportare una sorta di conflitto tra regole che coinvolgono
il trasferimento di azienda e quelle che disciplinano l’effettiva formazione del capitale, infatti nel caso di cessione/conferimento, arrivando ad escludere dalla cessione/conferimento aziendale, quelle entità che considerate singolarmente non sarebbero cedibili/conferibili. Una
delle possibili soluzioni al problema potrebbe essere quella di non imputare a capitale il valore dei beni corrispondente ai “beni non cedibili/conferibili singolarmente”. Ciò implicherebbe di non tener conto dell’avviamento nella determinazione del valore dell’azienda
oppure, qualora se ne tenga conto, occorrerebbe iscriverlo all’attivo e bilanciato al passivo per evitare la rappresentazione contabile di un utile mai conseguito15.
Caratteristica oggettiva dell’azienda sembra essere la sua composizione in una pluralità di
“beni” non tutti quantificabili in modo tecnico, ma tutti partecipanti alla determinazione del
complessivo valore. Da un punto di vista soggettivo l’azienda può essere interpretata come
l’insieme di diritti soggettivi <<diversi e diversamente disciplinati e tutelati rispetto alle
9 A.Amaduzzi, G. Paolone,I bilanci delle imprese,Torino, 1986, pag.352 10 A. Pisani Massamormile, “Conferimenti” cit., p. 218 nota 2; per una esauriente bibliografia vedi M. S. Spolidoro, Conferimento di ramo d’azienda (considerazioni su fattispecie e disciplina applicabile), in Giurisprudenza commerciale, luglio-agosto, 1992 11 Ossia le cose che possono formare oggetto di diritti di cui all’art. 810, cod. civ. 12 Seguendo questa impostazione l’azienda si compone: 1) di beni strictu sensu compresi anche i beni immateriali quali le invenzioni ed i marchi; 2) servizi ed i rapporti di lavoro col personale nonché i rapporti contrattuali stipulati per intraprendere l’esercizio dell’impresa, con fornitori, clienti, ecc.; si deve quindi concludere che si ha trasferimento di azienda e si applicano gli art. 2556 ss., cod. civ., anche quando l’azienda sia costituita in modo prevalente da questi “rapporti” 13 E quindi sia idoneo ad essere utilizzato in una impresa determinata; in quest’ottica non ci sarebbe trasferimento di azienda nel momento in cui <<l’attitudine dei beni…[omissis]…conferiti a costituire lo strumento di un’attività di impresa non dipende da un loro coordinamento tecnico, produttivo o commerciale, ma dal puro fatto di essere impiegati nel lavoro dell’imprenditore, dei suoi dipendenti>> e degli eventuali collaboratori; M. S. Spolidoro, op. cit., p. 696 ss. 14 Rif. Cit., nota 1 15 Per approfondimenti vedi G. Olivieri, op. cit., p. 336 ss.e p. 418 ss.
La cessione d’azienda o del ramo aziendale
13
singole entità facenti parte dell’azienda>>16. Occorrerebbe chiedersi in quest’ottica allora, se
il trasferimento di entità “non singolarmente cedibili/conferibili”, ma cedibili nell’ambito
dell’azienda pregiudichi l’effettiva formazione del capitale. Appare altresì evidente che
l’interesse di chi esercita un’attività d’impresa o meglio, di chi organizza un’azienda, non è
quello di trarre utilità e godimento diretto dai singoli beni, quanto piuttosto quello di trarre
un certo guadagno dalle “strumentalità” del complesso aziendale17.
Al di là delle differenti opinioni sopra citate, si riconosce (uniformemente) in dottrina che
dell’azienda facciano parte anche i rapporti contrattuali in base ai quali l’imprenditore <<si
procura la disponibilità di quei beni aziendali in senso stretto18…di cui egli non sia
proprietario>>19 e che per aversi trasferimento di azienda20 non debbano essere
necessariamente trasferiti tutti i beni che ne fanno parte21. Il vincolo da rispettare in tal
senso è rappresentato dalla non compromissione dell’unità economica aziendale fermo
restando che tra i beni di cui è possibile evitare il trasferimento rientrano - per esplicita
previsione di legge22 - la ditta ed il marchio23.
Ciò detto dovrebbe risultare evidente che le norme dettate per il trasferimento d’azienda si
possano (e debbano) applicare al trasferimento di un ramo aziendale.
Una volta accertata la definizione di cui all’art. 2555, cod. civ., è sufficiente considerare che il complesso di beni oggetto di trasferimento <<sia suscettibile di costituire il nucleo di un’azienda>>24 ed indipendentemente dal fatto che il “ramo” sia autonomamente gestito
nell’ambito dell’azienda dell’alienante25. Si può pertanto considerare “ramo d’azienda” una <<unità organizzativa, dotata di condizioni produttive patrimoniali e personali, che si configura come un sottosistema di operazioni della
16 A. Pisani Massamormile, “Conferimenti” cit., p. 230 17 Rif. Cit. nota precedente; l’A. ritiene in quest’ottica che le norme a tutela del “titolare” dell’azienda si ricavino <<non tanto dalla possibilità di agire in rivendica…quanto dalle disposizioni che tutelano i segni distintivi e la c.d. proprietà commerciale e da quelle che reprimono la concorrenza sleale>> 18 In particolare macchinari, locali, “strutturalmente inscindibili” dall’azienda 19 M. S. Spolidoro, op. cit., p. 698; si può a proposito distinguere tra contratti “aziendali” che servono a costituire l’azienda come <<complesso di beni organizzati>> ed hanno per oggetto il godimento di beni non appartenenti all’imprenditore e contratti “d’impresa” che sono <<frutto o comunque la manifestazione dell’attività dell’impresa>> 20 Per la giurisprudenza vedi Cassaz. Civile, Sez. Lav., 12 luglio 2002, n. 10193, in Le società, n. 11, 2002, con nota di V. Carbone: <<Si ha trasferimento di azienda…[omissis]…ogni volta che venga ceduto un insieme di elementi costituente un complesso organico e funzionalmente adeguati a conseguire lo scopo in vista del quale il loro coordinamento è stato posto in essere, essendo necessario e sufficiente che sia stata ceduta un’entità economica ancora esistente, la cui gestione sia stata effettivamente proseguita o ripresa dal nuovo titolare con le stesse o analoghe attività economiche; pertanto può configurarsi come trasferimento di azienda anche la cessione di singole unità produttive della medesima azienda, purché abbiano una propria autonomia organizzativa e funzionale, anche se una volta inserite nell’impresa cessionaria restino assorbite, integrate e riorganizzate nella più ampia struttura di quest’ultima, dovendosi accertare quale sia stato, secondo la volontà dei contraenti, l’oggetto specifico del contratto, e cioè se i beni ceduti siano stati considerati nella loro autonoma individualità o non piuttosto nella loro funzione unitaria e strumentale>>; vedi anche Cassaz. Civile, Sez. Lav., 23 luglio 2002, n. 10761, in Le società, n. 12, 2002, con nota di V. Carbone: <<può configurarsi un trasferimento aziendale che abbia ad oggetto anche i soli lavoratori…[omissis]…capaci di svolgere autonomamente…[omissis]…le proprie funzioni anche presso il nuovo datore di lavoro>> 21 Non appare infatti necessario che tutti i beni aziendali siano trasferiti, ma “solo” che il complesso alienato sia idoneo all’esercizio dell’impresa ed è per tale motivo che occorrerà valutare <<l’eventuale essenzialità di qualcuno dei cespiti aziendali al fine dell’esercizio dell’impresa>>, vedi A. Pisani Massamormile, “Conferimenti” cit., p. 244, nota 43; potrebbe anche ritenersi escludibile dal conferimento un elemento essenziale dell’azienda <<purché surrogabile nel quadro del conseguimento della stessa attività obiettiva>>, vedi M. S. Spolidoro, op. cit., p. 698 22 Artt. 2565 e 2573, cod. civ. 23 Nei quali di norma è concentrato un elevato valore di avviamento 24 M. S. Spolidoro, op. cit., p. 700 25 Non importa altresì che il “ramo” continui a godere di quella “autonomia aziendale” una volta passato nella sfera di disponibilità dell’acquirente
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gestione, la cui unitarietà è tale che le relazioni che si dispiegano tra quelle operazioni sovrastano nell’intensità e nella specie le relazioni che le avvincono alle restanti operazioni nel generale sistema di impresa>>26.
Quindi appare lecito affermare che la disciplina dei trasferimenti aziendali si applica <<a prescindere dalla qualificazione data dalle parti al negozio>> ed anche nei casi in cui le parti abbiano escluso il trasferimento di alcuni elementi aziendali, <<purché non sia compromessa
l’unità economica aziendale>>. Disciplina che si deve applicare anche al trasferimento di un ramo aziendale anche se in origine privo di autonomia in quanto considerato un’unità economica27 a prescindere dalla circostanza <<che per effetto del trasferimento ne sia
alterata la struttura o la individualità produttiva o commerciale>>28. Per quanto concerne gli obblighi giuridici da rispettare in merito alla forma negoziale da utilizzare relativamente alla cessione d’azienda, l’art.2556 c.c. impone che<<Per le imprese soggette a registrazione i contratti che hanno per oggetto il trasferimento o il godimento dell’azienda devono essere provati per iscritto[2725], salva l’osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda[1350] o per la particolare natura del contratto. I contratti di cui al primo comma, in forma pubblica o scrittura privata autenticata, devono essere depositati per l’iscrizione nel registro delle imprese, nel termine di trenta giorni, a cura del notaio rogante o autenticante>>. Quindi, è opportuno operare una distinzione tra forma necessaria per la validità del trasferimento e quella richiesta per rendere opponibili ai terzi l’operazione. In merito al primo punto si rileva che<< i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o la concessione in godimento dell’azienda sono validi solo se stipulati con l’osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda o per la particolare natura del contratto>>.29 Quindi, in mancanza di una disposizione normativa autonoma ed unitaria che regola la circolazione dell’azienda, il trasferimento di ogni singolo bene aziendale segue il regime dettato in via generale (ad esempio l’atto pubblico per i beni immobili). Per quanto concerne il secondo punto, per le sole imprese soggette a registrazione, cioè
soggette a pubblicità dichiarativa o costitutiva e non già a pubblicità notizia (ad esempio l’imprenditore agricolo), deve essere rispettato il dettato dell’art.2556 comma 2°. Il contratto in esame, come già menzionato, produce degli effetti ex lege: divieto di
concorrenza (ex art. 2557 c.c.); successione nei contratti (ex art.2558 c.c.); Crediti relativi all’azienda ceduta (ex art.2559);Debiti relativi all’azienda ceduta (ex art.2560 c.c.)
26 E. Cotta Ramusino, L. Rinaldi, La valutazione d’azienda, Milano, Il Sole 24 Ore, 2003, p. 42 27 L. Guatri, in Trattato sulla valutazione delle aziende, Milano, Egea, 1998, sottolinea come possa accadere che rami di azienda <<patrimonialmente ben definiti>> e quindi con una chiara autonomia gestionale <<vengano modificati nei loro preesistenti contenuti>> sia nell’aspetto patrimoniale <<aggiungendo o togliendo, in sede di formazione dell’apporto, alcune attività e passività>> sia nell’aspetto di gestione di un’area di affari <<aggiungendo o togliendo prodotti, mercati, clientela, strumenti e conoscenze tecnologiche, personale; e così via>> 28 Al fine di addivenire ad una più esatta definizione d’azienda soprattutto a livello “pratico” si potrebbero distinguere dei criteri interni ed esterni; i primi (preminenti rispetto agli altri) si fondano sulle caratteristiche strutturali dell’azienda e sulla sua organizzazione <<in rapporto all’impresa di cui è strumento>> per cui per individuare un’azienda o un ramo aziendale occorre <<porsi nella prospettiva dell’attività d’impresa>> che l’azienda o ramo di essa, consente di svolgere, arrivando a distinguere ad esempio le imprese di servizi da quelle di produzione; i secondi sono strumentali ai primi, fungono da conferma dei criteri interni ed hanno prevalentemente <<valore indiziario>> in quanto si fondano sulla qualificazione <<che l’alienante e l’acquirente (o il conferente) attribuiscono alla fattispecie>>; per approfondimenti vedi rif. cit. nota precedente 29 G.F.Campobasso,Diritto d’impresa,Torino, 1999, pag.146
La cessione d’azienda o del ramo aziendale
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Quindi a tutela dell’unitarietà dell’azienda, il nostro Codice Civile dispone che l’acquirente subentri
automaticamente <<nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda [“impresa”] stessa che non abbiano carattere personale>>30, senza necessità di ulteriori adempimenti formali e/o
contrattuali. Risulta chiara la volontà del legislatore di preservare la continuità della gestione
aziendale impedendo che questa venga compromessa dal mutamento del soggetto
economico/giuridico ed è sempre per tale motivo che, in deroga ai principi dettati in tema di
cessione dei contratti31, non è richiesto il parere favorevole del terzo contraente ceduto, il quale
non può opporsi al trasferimento. L’unica forma di tutela a favore del terzo riguarda la facoltà
concessagli di recedere dal contratto <<entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, [ma solo]
se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità dell’alienante>>32.
Inoltre, dalla normativa scaturisce l’impossibilità di trasferire automaticamente i contratti
cosiddetti personali, in quanto per il loro trasferimento saranno necessari sia l’espressa
pattuizione contrattuale tra alienante ed acquirente dell’azienda, sia il consenso del contraente
ceduto, ritornando così alla disciplina di diritto comune della cessione del contratto.
Per l’individuazione dei contratti suddetti è opinione prevalente che contratti personali, ai fini
dell’art.2558 c.c., siano quei contratti nei quali l’identità e la qualità personali dell’imprenditore
alienante sono state in concreto determinanti del consenso del terzo contraente.33
In relazione al trasferimento dei crediti all’acquirente il legislatore stabilisce che attraverso
l’iscrizione nel Registro delle imprese, ha effetto la cessione dei crediti relativi all’azienda
trasferita <<anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione>>34. Su questo
aspetto c’è chi ritiene che tale trasferimento debba avvenire di diritto e chi invece afferma il
contrario35. Non vi è dubbio poi che tra le parti può essere pattuita la cessione di tutti i
crediti relativi all’azienda oppure il trasferimento di questi può essere parziale <<precisando
espressamente [le parti] i crediti che intendono trasferire o fissando i criteri per
l’individuazione di quelli da trasferire>>36.
Per ciò che concerne i debiti anteriori al trasferimento dell’azienda, ed inerenti l’esercizio
dell’azienda ceduta, la normativa civilistica prevede che l’alienante non sia liberato <<se non
30 Art. 2558 (Successione nei contratti), comma 1, cod. civ.; sono considerati contratti aventi carattere personale quelli in cui la prestazione del conferente è stata considerata dalle parti contraenti al momento della loro stipulazione come <<infungibile, intendendo per tali non solo quelli nei quali è stata pattuita l’incedibilità, ma tutti i contratti rispetto ai quali si possa accertare che le qualità personali hanno costituito presupposto della stipulazione del contratto stesso>>; B. Quatraro, A. G. Mauri, op. cit., p. 442 31 L’art. 1406, cod. civ., in tema di cessione del contratto prescrive infatti che <<Ciascuna parte può sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite, purché l’altra parte vi consenta>> 32 Art. 2558, comma 2, cod. civ.; a commento della norma M. Paoloni, F. .M. Cesaroni, in op. cit., rilevano come la giusta causa debba esse dimostrabile oggettivamente e legata a situazioni patrimoniali o personali dell’acquirente <<la cui presenza sia tale da impedire la corretta esecuzione del contratto>>, ma in qualunque caso il terzo contraente <<non può pretendere di continuare il contratto con il cedente>> 33 in tal senso, muovendo dalla corretta premessa che l’esclusione della successione automatica trovi fondamento nell’esigenza di tutelare il terzo contraente, Auletta, Dell’azienda,pag.56;Colombo, l’azienda,pag.82; 34 Art. 2559, comma 1, cod. civ.; pure questa norma è da interpretare come volontà da parte del legislatore di non compromettere l’unitarietà dell’azienda anche se lo stesso articolo prevede a “temperare” la disposizione aggiungendo che <<Tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede all’alienante>> 35 Per approfondimenti vedi B. Quatraro, A. G. Mauri, op. cit., p. 443 ss. 36 Rif. Cit. nota precedente
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risulta che i creditori vi hanno acconsentito>>37. In questo caso il legislatore sembra abbia
voluto maggiormente tutelare l’interesse dei terzi creditori, anche se la responsabilità
dell’impresa cessionaria è limitata a quei debiti che risultino dalle scritture contabili tenute
correttamente38. Nel bilancio dell’impresa cedente dovrebbe trovare rappresentazione, tra i
conti d’ordine, il rischio ancora in essere in capo alla cedente di un ammontare pari alle
obbligazioni per le quali quest’ultima è ancora responsabile. Se, negli esercizi successivi si
dovesse prospettare il rischio effettivo di dover rispondere dei detti debiti, in bilancio la
relativa “passività presunta” dovrebbe essere opportunamente rappresentata39.
Ulteriore norma posta a tutela della continuità e della unitarietà dell’azienda riguarda il
divieto in capo al cedente (conferente) di svolgere, per un periodo di 5 anni dal
trasferimento, una nuova attività d’impresa che <<per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta>>40. Il legislatore sembra
ancora voler ribadire la volontà di salvaguardare la continuità di funzionamento dell’azienda
che potrebbe venir pregiudicata dall’eventuale attività concorrenziale esercitata dal cedente.
Si può a proposito ritenere che qualora la clientela dell’azienda ceduta abbia un proprio
autonomo valore, tale da essere preso in considerazione in sede di valutazione, il cedente sia
tenuto ad astenersi dal compiere attività concorrenziali che possano ledere l’integrità del valore
ad essa attribuita. All’opposto nel caso in cui l’entità in questione non sia dotata di un proprio
apprezzabile valore41, <<non sembra vi siano ragioni per impedire all’alienate di iniziare attività
concorrenti, laddove le parti convengano di derogare al disposto dell’art. 2557 c.c.>>42.
Il criterio della successione nei contratti trova ulteriore applicazione nei confronti dei rapporti di
lavoro stipulati dall’azienda conferente e ciò in quanto la legge stabilisce che <<in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con l’acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano>>43. E’ questa evidentemente una disposizione che ribadisce la
sensibilità del legislatore verso la tutela dell’unitaria azienda, ma che nello specifico sembra
soprattutto motivata dalla volontà di garantire i diritti dei prestatori di lavoro evitando che il
trasferimento, a qualsiasi titolo, dell’azienda comporti motivo di licenziamento.
37 Art. 2560, comma 1, cod. civ. 38 Art. 2560, comma 2, cod. civ.: <<Nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori>>; in dottrina vi è chi afferma che nel caso in cui le scritture contabili non siano tenute correttamente la responsabilità resta a carico dell’acquirente il quale si assume il rischio di acquistare un’azienda <<la cui contabilità sia tenuta irregolarmente>>; è poi opinione prevalente in dottrina che la società conferitaria non risponda dei debiti non risultanti dalle scritture contabili obbligatorie, anche se al momento dell’acquisto era nota l’esistenza di tali debiti; B. Quatraro, A G. Mauri, op. cit. 39 Fatta salva la possibilità di rivalersi nei confronti della conferitaria; per approfondimenti vedi G. Olivieri, op. cit., p. 350 ss.; R. Perotta, op. cit., p. 80 ss. 40 Art. 2557, comma 1, cod. civ. 41 Ad esempio perché l’azienda non è ancora funzionante o perché la “fedeltà” dei clienti è legata in modo esclusivo alle doti personali del cedente (quindi difficilmente trasferibile) 42 G. Olivieri, I conferimenti in natura nelle società per azioni.,Padova, 1989, p. 344 ss. 43 Art. 2112, comma 1, cod. civ.; al comma 2 e 3 lo stesso articolo prescrive: << (2) L’alienante e l’acquirente sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli artt. 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione dell’alienante dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro. (3) L’acquirente è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi, previsti dai contratti collettivi anche aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa dell’acquirente>>
La cessione d’azienda o del ramo aziendale
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Cessione d’azienda e conferimento
La cessione ed il conferimento d’azienda sono disciplinate in modo unitario, nel senso che anche per la seconda fattispecie saranno applicabili le norme codicistiche dettate in tema di circolazione d’azienda.
Invece, le differenze esistenti tra le due fattispecie sono riconducibili alle seguenti considerazioni: La prima differenza risiede nel tipo di corrispettivo da attribuire all’alienante, in quanto nella
cessione esso è dato, di norma, da una somma di danaro, mentre nel conferimento è rappresentato da azioni o quote della società conferitaria. Inoltre, nel caso di conferimento aziendale le parti non sono libere di determinare
autonomamente il corrispettivo, essendo tale valore indicato come limite massimo dalla relazione del perito ai sensi dell’art. 2343, cod. civ. Infatti, tale stima anche se non costituisce l’esatto valore attribuibile al conferimento in oggetto, <<certamente rappresenta
l’importo massimo attribuibile al conferimento in sede di determinazione del capitale della società destinataria dell’apporto>>44. Le parti quindi, a differenza di quanto avviene in caso di vendita, non possono negoziare il valore dell’azienda poiché risulta di preminente rilievo la
tutela degli interessi degli altri soci e dei terzi (per l’integrità del capitale). Sempre con riferimento a questo aspetto l’oggetto del trasferimento rimane circoscritto alle valutazioni dell’esperto, <<mentre nella cessione d’azienda si presume l’integrale
trasferimento di tutti i beni ed i rapporti facenti capo all’azienda stessa>>45, dovendosi l’esclusione di un determinato bene giustificare attraverso una specifica pattuizione. In caso di conferimento quindi in funzione del prevalente interesse dei terzi46 alla corretta
determinazione dell’apporto, si dovranno determinare i beni ed i rapporti che fanno capo all’azienda conferita <<dovendosi ritenere che solo quelli che sono oggetto della perizia, facciano parte del conferimento>>47.
44 B. Quatraro, A. G. Mauri, L’aumento di capitale con conferimento di beni in natura o di crediti,in Rivista dei Dottori Commercialisti,1993, pag. 440 45 R. Perotta,G. Garegnani, Il conferimento d’azienda., in le operazioni di gestione straordinaria,Milano,1999, pag. 80 46 E quindi non solo delle parti contraenti 47 B. Quatraro, A. G. Mauri, L’aumento di capitale con conferimento di beni in natura o di crediti,in Rivista dei Dottori Commercialisti,1993, p. 441
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LA CESSIONE D’AZIENDA a cura di Giuseppe La Scala, Emanuele Rossi,
Massimo Buongiorno, Gianni Lucchini e Luigi Belluzzo*
Fenomeno e cause di una operazione di M & AFenomeno e cause di una operazione di M & A
Fenomeni, transazioni, accordi attraverso cui si modifica la proprietà di una attività imprenditoriale svolta in forma societaria
Ragioni sottostanti ad una operazione di M & A
Crescere sul mercato estero
Acquistare all’estero un determinato know how
Ottenere economie di costi nonché una maggiore
competitività
FaseFase preliminarepreliminare di una operazionedi una operazione didi M & AM & A
Interesse reciproco per la eventuale conclusione di un accordo volto a trasferire, in tutto o in parte, una partecipazione societaria o una azienda
Un comportamento contrario a buona fede in sede di trattative può generare obblighirisarcitori da responsabilità precontrattuale ex art. 1337 e 1338 c.c.
Risarcimento del danno ex art. 2043 c.c.: qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che l’ha commesso a risarcire il danno
LE TRATTATIVE
Alternative adAlternative ad una operazioneuna operazione didi M & AM & A
Cessione di una partecipazione societaria
OPERAZIONE DI M & A
Compravendita della Azienda o della partecipazione
Conferimenti e scambi di partecipazioni
Aumenti di capitale riservati a nuovi soci
Fusioni e scissioni
1.
2.
3.
4.
Cessione dell’Azienda
* Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) ** disponibili sul sito www.euroconference.it ulteriori documenti sul tema oggetto di trattazione
**
La cessione d’azienda
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Acquisto di una partecipazione nella società che svolge attività di impresa (“Target”)
Acquisire un complesso di beni e subentrare nella attività di impresa svolta da un determinato soggetto tramite tali beni
ATTRAVERSO
Aquisto del complesso aziendale della Società “Target”
L’azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa (art. 2555 c.c.)
Acquisto del ramo di azienda
FinalitaFinalita’’ delle operazionidelle operazioni didi M&AM&A
Acquisto dell’intera azienda
ACQUISTO DI PARTECIPAZIONI SOCIALI
3. Gli amministratori provvedono ad iscrivere il trasferimento nel libro soci.
Adempimenti alla luce delle novità introdotte dal D.Lgs. n. 6 del 17.01.2003, concernente la riforma del diritto societario, le quali avranno efficacia a partire dal 1.01.2004:
1. L’atto di trasferimento avviene tramite scrittura privata autentica o atto pubblico.
2. L’atto di trasferimento deve essere depositato nel registro delle imprese da parte del notaio entro 30 gg. dalla sottoscrizione.
4. Con l’iscrizione il trasferimento ha effetto verso la Società e l’acquirente può esercitare i diritti amministrativi.
ACQUISTO DI AZIENDA
1. Forma del trasferimento:
L’atto è valido purché si rispettino le forme previste dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’Azienda medesima
A. CONTRATTI IN CORSO DI ESECUZIONE:
Subingresso automatico dell’acquirente nei contratti e prestazioni corrispettive ed in corso di esecuzione al momento del trasferimento, non aventi carattere personale ed inerenti l’organizzazione e l’esercizio dell’azienda salvo il diritto di recesso per giusta causa del terzo.
2. Effetti del trasferimento su:
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ACQUISTO DI AZIENDA (segue)
C. ATTIVITA’ DELL’AZIENDA:
Divieto di concorrenza verso l’alienante per 5 anni dal trasferimento
DEBITI l’alienante risponde dei debiti sorti prima del trasferimento salvo in caso in cui i creditori abbiano acconsentito alla sua liberazione
CREDITI efficaci dalla iscrizione del trasferimento nel registro imprese
B. CREDITI / DEBITI DELL’AZIENDA CEDUTA NEI CONFRONTI DEI TERZI:
Principali tipologie di acquisizione
2. Acquisto di azioni/quote: gli azionist i della soc ietà oggetto dell’acquisizione vendono le loro azioni/quote all’Acquirente per contanti e la società stessa diventa una partecipata dell’Acquirente.
1. Acquisizione di azienda (o ramo d’azienda): L’Acquirente compra tutte o parte delle att ivitàdi una società (Venditore) a fronte di un pagamento solitamente in contanti.
Venditore (società)
Acquirente
Azienda/Ramo d’azienda
Contanti
Trasferimento delle attività
Venditore (azionisti)Acquirente
Società oggetto dell’acquisizione
Contanti
Trasferimento delle azioni quote
La cessione d’azienda
La cessione d’azienda, intesa come complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa (Art. 2555 cod. civ.) è regolamentata dagli Art. 2557 ss. cod. civ. con riguardo a:
• successione nei contratti;
• crediti e debiti relativ i all’azienda ceduta;
• div ieto di concorrenza.
La cessione d’azienda
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La successione nei contratti
Art. 2558 Successione nei contratti
“Se non è pattuito diversamente, l'acquirente dell'azienda subentra nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda stessa che non abbiano carattere personale.
Il terzo contraente può tuttavia recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità dell'alienante.”
I crediti
Art. 2559 Crediti relativi all'azienda ceduta
“La cessione dei crediti relativi all'azienda ceduta, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione, ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell'iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese. Tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede all'alienante.
Le stesse disposizioni si applicano anche nel caso di usufrutto dell'azienda, se esso si estende ai crediti relativi alla medesima.”
I debiti
Art. 2560 Debiti relativi all’azienda ceduta
“L'alienante non è liberato dai debiti, inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta, anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito.
Nel trasferimento di un'azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l'acquirente dell'azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori.”
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I dipendenti dell’azienda ceduta
Il rapporto di lavoro continua con l'acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.
L'alienante e l'acquirente sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Il lavoratore può consentire la liberazione dell'alienante dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.
L'acquirente è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi, previsti dai contratti collettivi anche aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa dell'acquirente.
La cessione di ramo d’azienda
L’art. 2112 cod. civ. sostiene che:
“il ramo deve consistere in un’articolazione dell’attività economica dotata di una propria autonomia organizzativa già presso il cedente e che conservi nel trasferimento la propria identità”.
La giurisprudenza (Cass. 23 luglio 2002 n. 10761) riconosce che si tratta di ramo d’azienda anche dove l’oggetto della cessione sia prevalentemente costituito da personale a condizione che il personale stesso abbia acquisito un complesso di nozioni ed esperienze comuni e che sia in grado di svolgere autonomamente le proprie funzioni anche presso il nuovo datore di lavoro.
Alla cessione del ramo d’azienda si applica per analogia la stessa disciplina indicata per la cessioedell’azienda.
Si accompagna alla cessione la predisposizione di un bilancio di cessione dove vengono indicate le attività e le passività cedute e il valore dell’avviamento emerso con riferimento al ramo stesso.
• Perdita dei benefici fiscali e delle perdite pregresse
•Trattamento fiscale favorevole•Le passività e i collegati rischi passano all’acquirente
Venditore
•Rischi da potenziali passività impreviste•La rivalutazione delle attività è meno agevole•Gli accordi con i lavoratori non vengono chiusi
•Trasferimento automatico delle attività•Non serve consenso al trasferimento dei contratti
•I vantaggi fiscali vengono trasferiti•Non ci sono Imposte sul trasferimento di attività
Acquirente
Azioni
•Rischio di tassazione doppia•Imposte su guadagni da vendita di attività•Bisogno di chiudere le partite che non sono state vendute
•Mantiene la proprietà e l’iscrizione delle attività residuali
•Mantiene i benefici fiscali (i.e. perdite pregresse)
Venditore
•Perdita dei vantaggi fiscali•Perdita di proprietà intellettuali•Potrebbe avere bisogno di consensi al trasferimento dei contratti
•Permette un acquisto mirato delle sole attività di interesse
•Permette rivalutazione delle attività•Permette di rinegoziare gli accordi sindacali e sui benefit aziendali
Acquirente
Azienda/Ramo d’azienda
SvantaggiVantaggiAttoreTipo di acquisto
Acquisizione d’azienda o acquisizione di quote ?
La cessione d’azienda
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• Studio dell’operazione (trattativa)• Principali documenti “pre-contrattuali”
(conclusione di un accordo di riservatezza, sottoscrizione di lettera di intenti)
• Due Diligence (contabile, fiscale, legale)
• Sottoscrizione del contratto quadro di acquisizione con i patti parasociali in esso eventualmente contenuti
• Contratti ancillari
• Closing• Post-Closing (Verifiche)
Il processo di acquisizione – fasi*
FASE PRECONTRATTUALE
FASE CONTRATTUALE
FASE DI ESECUZIONE
I documenti pre-contrattuali
I principali documenti precontrattuali che vengono siglati nella fase di negoziazione sono:
– l’accordo di riservatezza che consente lo scambio di informazioni riservate (normalmente di natura commerciale) tra Acquirente e Venditore, tutelando il Venditore dal rischio di utilizzo improprio e di divulgazione a terzi delle informazioni stesse;
– l’accordo di esclusiva che consente al Venditore e all’Acquirente di decidere di proseguire le trattative in esclusiva. Conseguentemente, il Venditore non potrà più ricercare altri potenziali acquirenti e l’Acquirente non potrà più considerare altre società simili. Si può tuttavia prevedere che l’esclusiva valga in favore di una sola delle parti (generalmente l’Acquirente);
– la Lettera di Intenti (segue); - vedi approfondimento nelle pagine sucessive
– l’offerta vincolante/non vincolante (segue).
Accordi/impegni di confidenzialità
Elementi fondamentali• Definizione di “Informazione Riservata”;• Estensione degli obblighi agli advisors;• Comportamento da tenere in caso di richieste di comunicazioni provenient i da Autorità;• Durata (es. dodic i mesi o, se anteriore, sottoscrizione del contratto di acquisizione);• Restituzione/distruzione dei documenti riservati;• Legge applicabile e foro competente.
Previsioni Speciali• Disc laimers del Venditore;• Penali in caso di violazione dell’obbligo di riservatezza;• Registro delle persone che hanno accesso ad informazioni privilegiate.
* seguono approfondimenti specifici
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Accordo di Esclusiva
Caratteristiche
• L’ambito di applicazione dell’esclusiva deve essere ben definito;
• La durata è spesso molto breve (quattro/sei settimane);
• La disciplina delle conseguenze in caso di violazione presenta difficoltà negoziali e spesso viene omessa.
La lettera di intenti (segue approfondimento nelle pagine sucessive)
Funzione:Fissa gli elementi fondamentali della trattativa, e quindi solitamente contiene:
– descrizione dell’oggetto dell’operazione;– parametri economici dell’operazione;– struttura dell’operazione;– riservatezza;– esclusiva;– tempi;– foro competente e legge applicabile.
In particolare, le previsioni relative al prezzo contenute nella lettera di intenti sono spesso complesse e articolate. Esse vengono infatti replicate senza sostanziali modifiche nel contratto di acquisizione.
Caratteristiche:Normalmente ha solo valore precontrattuale. Occorre tuttavia dosare attentamente il grado di vincolatività.La conclusione dell’operazione descritta nella lettera di intenti è soggetta a Due Diligence.Le Parti possono quindi decidere di non proseguire nell’operazione, ma se proseguono difficilmente possono discostarsi dagli elementi fondamentali disciplinati nella Lettera di Intenti.
L’offerta vincolante/non vincolante
costituisce una mera manifestazione di interesse, condizionata all’esito positivo della Due Diligence e ad altri eventi indicati dall’offerente (es: autorizzazioni).
Offerta non vincolante Offerta vincolante
è un’offerta contrattuale a tutti gli effetti: contiene tutti gli elementi essenziali dell’operazione e la ferma volontà dell’Acquirente di effettuarla.Generalmente l’offerta vincolante contiene in allegato il contratto di acquisiz ione, già siglato dall’Acquirente.
La cessione d’azienda
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Due Diligence: Cos’è e a cosa serve? (segue approfondimento)
E’ l’attività diretta ad accertare i margini di rischio e le passività potenziali connessi all’operazione progettata.
Per l’acquirente consiste in un insieme di verifiche (non solo legali!) in funzione di:
‒ valutazione della società
‒ individuazione delle aree di rischio
‒ aggiustamento prezzo
valore delle attività e passività
flusso di cassa prevedibilenegoziazione
dichiarazioni e garanzie
gestione post-closing
Per il Venditore lo scopo è inverso: rendere note le reali condizioni della società oggetto dell’operazione a scopo di esonero da responsabilità.
Le aree di indagine nelle quali si svolge l’attività di verifica sono, generalmente, suddivise ed individuate come segue:
DocumentiDocumenti precontrattualiprecontrattuali
(i) business due diligence
(ii) due diligence legale
(iii) due diligence fiscale e contabile
(iv) due diligence finanziaria
(v) due diligence ambientale
(vi) due diligence specifica
La due diligence è una attività organizzata in team diretta a verificare la reale consistenza patrimoniale della società target nonché ad individuare i profili di rischio connessi all’operazione
DUE DILIGENCE
Due Diligence: come si esegue?
• La check-list; (vedi modello in allegato)
• I documenti vengono raccolti in una “Data Room” o inviati all’Acquirente;
• Viene predisposto un rapporto (c.d. “Due Diligence Report”) che contiene una sintesi dei riscontri delle verifiche effettuate;
• Il “Report” contiene:– Full report;– Executive Summary.
Approfondimenti su sito e pagine seguenti
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Il Contenuto del contratto
Se il contratto ha forma di semplice “compravendita” (scambio del complesso aziendale contro
corrispettivo in danaro):
nessuna specificità, se non quella derivante dall’oggetto della cessione.
Se è prevista la costituzione di una New.Co., il contratto prevederà generalmente:
• costituzione della New.Co. (tempi di assunzione delle delibere societarie, compimento delle attività stabilite etc. …);
• verifica delle eventuali condizioni, cui il closing è subordinato;
• descrizione delle principali clausole dell’atto di cessione che verrà sottoscritto al momento del closing, (determinazione del prezzo, dichiarazioni e garanzie, procedure di indennizzo);
• se è previsto l’ingresso del cedente nel capitale della societàcessionaria, accordi parasociali.
Il contratto di acquisizioneÈ il “cuore” dell’operazione di acquisizione e fissa tra le parti termini e condizioni di dettaglio dell’operazione, nonché, soprattutto, i limiti di responsabilità assunti dal venditore e dall’acquirente.
Struttura:
1) Parti2) Premesse3) Definizioni4) Oggetto5) Prezzo6) Condizioni per il closing7) Gestione interinale
8) Closing9) Dichiarazioni e garanzie10) Indennizzi (limiti e garanzie) 11) Non concorrenza12) Confidenzialità13) Legge applicabile e foro competente
1.Prezzo: può essere determinato quando nel contratto si indica tassativamente l’ importo
da corrispondere al venditore, determinabile se l’ importo dipende dall’applicazione di una
formula matematica (es. un mult iplo) i cui termini saranno noti al momento
dell’applicazione (es. valori di bilancio aggiornati), variabile se una parte dell’ importo è
legata al verificarsi di determinate condizioni (es. clausole di earn-out).
Le principali clausole contrattuali
La cessione d’azienda
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2.Dichiarazioni e garanzie: sono particolarmente importanti nelle acquisizioni di azioni/quote a tutela dell’acquirente. La dottrina e la giurisprudenza prevalente ritengono non estensibili al patrimonio della società compravenduta le garanzie tipiche della vendita in caso di (i) evizione, (ii) mancanza della qualità e (iii) vizi dei beni sociali. La giurisprudenza, ormai consolidata, infatti, afferma che le azioni/quote conferiscono al titolare solamente l’insieme di posizioni giuridiche favorevoli (diritti patrimoniali e diritti amministrativi) e sfavorevoli previste dalla legge, non un diritto di proprietà su una frazione del patrimonio sociale in quanto quest’ultimo fa capo unicamente alla società. Di conseguenza non disponendo l’acquirente dei rimedi legali previsti per il contratto di vendita, diventa fondamentale prevedere specifiche garanzie pattizie che riguardano in prevalenza:• Poteri e autorizzazioni;• Contratti;• Proprietà intellettuali;• Assicurazioni;• Imposte e tasse;• Contenzioso.
• L’Acquirente deve gestire maggiore complessità e un maggiore indebitamento
•Il Venditore deve sopportare il rischio di fallimento dell’Acquirente
•L’Acquirente può differire il pagamento del prezzo e dedurre gli interessi
DebitoAssicurato
Non AssicuratoConvertibile
•L’att ività può sostituire un significativo costo opportunità per l’Acquirente
•L’att ività potrebbe non essere facilmente liquidabile per il Venditore
•L’Acquirente minimizza l’uso di denaro contante;
Attività FisseImmobiliImpianti
Linee di produzione
•L’acquirente rischia di perdere l’azienda in caso di mancato pagamento
•L’Acquirente può differire il pagamento nel tempo
•Il Venditore rimane proprietario fino al pagamento dell’ultima rata (vendita con riserva d i proprieta, art 1523 ss. c.c.)
ContantiDifferuti
•L’Acquirente è protetto solo dagli accordi contrattuali
•Semplicità per l’Acquirente•Il Venditore non corre rischi di mancato pagamento
ContantiA pronti
ControProMezzo
Le modalità del pagamento del prezzo
(omissis)
Le parti espressamente danno atto che il prezzo, nella misura sopra indicata (ovvero: per la parte riferita a …) deve intendersi provvisorio, in quanto le stesse si riservano di determinarlo in via definitiva dopo che si sarà provveduto, in contraddittorio tra esse, alla formazione dell’inventario. Ferma restando l’efficacia traslativa immediata del presente atto, le parti reciprocamente si obbligano a provvedere alla determinazione del prezzo entro … mediante apposito atto da redigersi in forma pubblica o autentica. In mancanza di quanto sopra, si renderà applicabile il secondo comma dell’art. 1473 c.c. e pertanto la determinazione definitiva sarà effettuata da un terzo nominato, su richiesta di una delle parti, da …
(omissis)
VVerifica erifica delle consistenze di magazzinodelle consistenze di magazzino
Esempi e wording
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Altre clausole contrattuali1. Indennizzo: l’effettiva veridicità delle “dichiarazioni” è soggetta a clausole di indennizzo a
favore dell’Acquirente. Sono sono spesso soggetti a franchigie e limiti minimi (generalmente tra il 10% ed il 30% del prezzo di acquisto) e massimi (il valore totale del prezzo di acquisto) di indennizzo. Gli indennizzi sono assistiti da forme tecniche di garanzia (quali fideiussioni, depositi/escrow);
2. Non concorrenza: chi aliena un’azienda commerciale deve astenersi per il limite temporale massimo di 5 anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che possa - per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze - sviare la clientela dell’azienda ceduta.
3. Legge applicabile e foro competente: Libertà di scelta (Convenzione di Roma), applicazione di normative imperative;
4. Gestione interinale: Nel periodo “interinale” intercorrente tra la sottoscrizione del contratto preliminare e il “closing” (firma del contratto definitivo), la società oggetto dell’operazione è normalmente soggetta a limiti di operatività a tutela dello “status quo” (a titolo esemplificativo, fornire informativa specifica con riferimento ad operazioni di determinato ammontare, non assumere o licenziare dipendenti, non effettuare operazioni straordinarie, non distribuire utili e/o rimborsare finanziamenti soci).
L’earn-out è il meccanismo per il quale parte del prezzo pagato per un’acquisizione viene vincolato a futuri risultati dell’azienda acquisita.
Per l’Acquirente i benefici sono legati a:– copertura dei rischi da asimmetria informativa (mercato, redditività futura,
sinergie);– incentivo al management del venditore perché l’azienda raggiunga i risultati
prospettati nei piani;
Per il Venditore:– soluzione nelle situazioni in cui non c’è accordo sul valore dell’azienda (es.
investimenti in aziende in forte crescita)
Le clausole di earn-out
Un esempio applicativo (1)Motivo operazione : ricambio generazionale
Il fondatore desidera vendere l’azienda, ed è disponibile a gestirla ancora per un certo periodo prima lasciare definitivamente l’attività
Attività: operatore nazionale; distributore di contenuti audio e video per catene della grande distribuzione
Il fondatore è l’unica figura direzionale in azienda e intende creare un team che lo possa sostituire all’uscita
Per il triennio a venire, l’imprenditore ha predisposto un piano dai risultati aggressivi che si discosta notevolmente dai risultati raggiunti in passato
Motivo operazione : strategia di crescita per acquisizioni in EuropaAttività : operatore internazionale; distributore di contenuti audio e video per catene della grande distribuzione / locali pubbliciL’acquirente è interessato a Musica! all’interno del piano di espansione internazionale, ma non crede che i risultati proposti dall’imprenditore siano raggiungibili nei tempi previsti
La cessione d’azienda
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Un esempio applicativo (2)Piano di earn-out proposto per 100% azioni (ott. 06):1. valutazione del Valore d’impresa ad un multiplo (4 x) del MOL (EBITDA) medio della società negli anni:
– 2006, anno chiuso come realtà indipendente;– 2007, avvio dell’integrazione;– 2008, consolidamento dell’integrazione.
2. pagamento di 500.000 € il giorno dell’acquisizione;3. subordinazione del pagamento del residuo al riconoscimento dell’autonomia del team formato dal venditore
uscente.
Può ottenere un prezzo che sia legato ai risultati futuri, sui quali dimostra confidenza
• riconoscimento di un prezzo che guardi alle aspettative di elevati ritorni futuri
Il venditore è motivato a:• ottenere il massimo risultato economico• individuare i talenti che lo sostituiranno
• motivazione del venditore al raggiungimento degli obiettivi reddituali
• formazione da parte del venditore di un team in grado di sostituirlo completamente
BeneficiObiettivi
Acq
uir
ente
Ven
dit
ore
Closing
Al closing le attività da porre in essere sono essenzialmente:
• pagamento del prezzo, se convenuto in contanti al closing;
• trasferimento delle azioni (mediante “girata” o “giro” autenticati da banca o notaio) e delle quote mediante atto di Cessione autenticato da notaio;
• altri adempimenti correlati quali:
dimissioni amministratori/nomina nuovo CdA;
firma di eventuali contratti accessori;
prestazione delle garanzie;
registrazione trasferimento azioni/quote.
Post Closing
Successivamente al closing le parti possono essere ancora impegnate in attività“post-closing” che consistono in:
• aggiustamento prezzo e relative verifiche (a titolo esemplificativo, aggiustamento del prezzo in relazione al valore del Reddito operativo o del Margine operativo lordo, dei crediti, dei debiti, del magazzino);
• indennizzi relativi a violazioni delle garanzie e rappresentazioni;
• verifiche contabili (es. inventario magazzino);
• separazione di attività.
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I DOCUMENTI PRECONTRATTUALI a cura di Massimo Buongiorno*
1. La lettera di intenti
La complessità che contraddistingue la redazione di un contratto di compravendita di
partecipazioni societarie, tipicamente un contratto “a formazione progressiva”, sia dal punto
di vista sostanziale in merito all’accordo sull’oggetto del contratto, sia a livello formale, con
riguardo alla redazione del complesso contratto di acquisizione di partecipazioni e di altri
numerosi contratti ad esso collegati, porta ad una naturale dilazione dei tempi delle trattative
e delle negoziazioni precontrattuali.
Ne deriva che la prassi ha sviluppato tutta una serie di accordi di natura preliminare e dal
contenuto vario e articolato, volti a soddisfare principalmente l’esigenza di mettere per
iscritto la volontà delle parti e “fare il punto” di una trattativa complessa, separando le
questioni già accolte da quelle ancora in discussione. Tali accordi si traducono nella
sottoscrizione della cosiddetta lettera di intenti48. In realtà, nell’ambito della dizione “formazione progressiva del contratto”, si ricomprende una molteplicità di strumenti eterogenei di natura precontrattuale che, sebbene generalmente denominati dalle parti lettere di intenti, possono, a seconda del contenuto e della volontà delle parti, discostarsene per essere invece ricondotti in altre particolari tipologie di documenti. Al riguardo, giova anzitutto osservare che nell’ordinamento italiano non è individuabile una fattispecie tipica alla quale sia riconducibile la lettera di intenti, cosicché l’inquadramento della stessa, e in particolare delle sue conseguenze giuridiche, deve basarsi esclusivamente sul contenuto e sui criteri interpretativi di quella che debba ritenersi la volontà che le parti abbiano inteso manifestare attraverso la sottoscrizione di tale documento. E qui, nella pratica, sorgono sovente i primi problemi. Gli scopi per cui le parti ricorrono a tale tecnica giuridica negoziale sono infatti molteplici e assai diversi tra loro, e in particolare: • per “verbalizzare” gli accordi preliminari che possono essere dimenticati in transazioni
complesse; • per specificare gli obblighi di comportamento e la ripartizione delle spese fra le parti
nella fase antecedente l’eventuale stipulazione del contratto; • per “fare il punto” di una trattativa complessa, avendo cura di specificare se le parti
conservino o meno la facoltà di concludere o meno il contratto; • per “cristallizzare” un accordo già raggiunto su tutti gli elementi essenziali del contratto
da stipulare, lasciando ad un’intesa successiva gli aspetti prettamente accessori; • per documentare un accordo già definito anche nei suoi aspetti secondari, privo di
efficacia fino a quando non sia sottoscritto da coloro formalmente investiti del potere di rappresentare le parti, ovvero non sia intervenuta l’approvazioni di organi esterni o collegiali, quali l’autorità pubblica o il consiglio di amministrazione;
• per potersi procurare una prova documentale da far valere in un eventuale giudizio.
* Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) ** Per approfondimenti e fac simili si veda la dispensa della seconda giornata del Master Breve 2006/2007 “I contratti d’impresa: elementi fondamentali del contratto” da pagina 17 a pagina 28. 48 Sotto tale denominazione sono ricompresi: “heads of agreement, “memorandum of understanding”, “binders”, “protocol d’accord”, “protocollo d’intesa” etc.
**
I documenti precontrattuali
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Secondariamente, la qualità dei testi delle lettere di intenti, che sono sovente redatte senza
l’ausilio di legali, i quali intervengono generalmente in un secondo tempo per integrare gli
elementi di maggiore difficoltà, è spesso mediocre e destinata, quindi, a generare equivoci e
malintesi. In alcuni casi, come è stato correttamente osservato49, sono proprio le parti che
“confidano invece, più maliziosamente, di poter giocare con l’ambiguità giuridica dello
strumento adottato, riservandosi, a seconda del caso, di invocarne o ripudiarne
l’enforceability”. Si comprende, allora, come possa spesso accadere che vi sia difformità già
tra le intenzioni con cui le parti giungono a elaborare tale documento, nel senso che, con
inespressa riserva mentale, l’una andrà a sottoscriverlo nella convinzione dell’assoluta natura
non vincolante dello stesso, nel mentre l’altra parte procederà alla sottoscrizione nella
convinzione esattamente opposta. E il problema che spesso viene a porsi nell’esperienza
pratica è proprio da ricondursi alla natura vincolante o meno della lettera di intenti, sebbene
il ricorso al sistema giudiziario per risolvere tali dispute contrattuali avvenga, in realtà, in
misura minore di quanto la loro frequente adozione indurrebbe a ritenere. Le parti, infatti,
tendono per loro natura a collocarsi al di fuori del diritto oggettivo, in uno spazio, per così
dire, autonomo di abstention of law, per cui si vengono a subire, in caso di inadempienza, le
pressioni e le sanzioni di un ambiente “potente”, all’interno del quale vige una vera e propria
autoregolamentazione. Ciò nonostante, non sono comunque mancate alcune battaglie legali
sorte intorno all’interpretazione delle lettere di intenti, la cui natura mutevole impedisce di
giungere a una soluzione unitaria in merito alla questione della loro vincolatività. Così, alla
lettera di intenti è stata riconosciuta natura di semplice minuta o puntuazione50. Si può
parlare di “minuta o puntuazione” con riferimento a quel documento che le parti redigono
allo scopo di predisporre una traccia storica del contenuto delle trattative intercorse nonché il
programma dei punti da trattare. Sebbene talvolta la distinzione tra la minuta e la lettera di
intenti possa non essere così netta, così come la stessa giurisprudenza sembra
testimoniare51, dalla prassi si può in realtà affermare come la seconda sia volta a dare traccia
dell’esistenza di una trattativa in corso e delle regole che devono essere rispettate, mentre la
prima abbia una maggiore valenza di ordine probatorio e di documentazione dell’intesa
raggiunta. Dottrina e giurisprudenza, inoltre, concordano sul fatto che la redazione di una
minuta non costituisce fonte di obbligazioni e che quindi non può essere considerata
vincolante per la parti, le quali sono pertanto libere di recedere, salvo il limite della
responsabilità precontrattuale, costituito, ai sensi dell’art. 1337, dalla buona fede oggettiva.
Semmai, la stesura di tale documento agevola proprio la prova di un’eventuale culpa in contrahendo.
49 Cfr. CAPECCHI G., Il valore giuridico delle lettere di intenti, in Diritto. Commerciale. Internazionale., 2001, p. 383. 50 Così App. Roma, 9 marzo 1987, in Foro italiano., 1987, I, p. 1260. 51 “La lettera di intenti va qualificata al pari della cosiddetta puntuazione o minuta di contratto, come un mero atto precontrattuale, qualora, dall’accertamento della volontà delle parti, risulti che tale intesa sia stata sottoscritta al fine di manifestare o formalizzare l’intento di trattare o puntualizzare i termini della trattativa”. Così Trib. Milano, 26 giugno 1989, in Giur. It., 1990, I, 2, p. 90.
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Talvolta, poi, la lettera di intenti è stata qualificata come semplice dichiarazione bilaterale di
intesa in ordine allo stato delle trattative, priva di efficacia vincolante52.
Si è fatto altresì riferimento alla categoria del gentlemen’s agreement53, cioè del puro patto
d’onore, al quale le parti abbiano espressamente e consensualmente voluto negare qualsiasi
rilievo di vincolo giuridico e la cui violazione comporterebbe quale unica sanzione solo il
discredito morale e sociale che ne deriverebbe. Trattasi di una categoria, questa, ricompresa
nei sistemi di common law e ritenuta ammissibile dalla dottrina54, ma di cui è dato rilevare
scarso, se non nullo, uso nella pratica delle trattative finalizzata alla realizzazione di
operazioni di private equity.
È stato deciso in senso diametralmente opposto, invece, con una sentenza del Tribunale di
Bologna55, che ha riconosciuto a tale strumento negoziale natura di vero e proprio contratto
preliminare, ossia un contratto che, al di là della mera intitolazione ad esso attribuita dai
sottoscrittori, già contiene tutti gli elementi essenziali di un contratto che le parti si sono
impegnate a stipulare in futuro.
In tale prospettiva, si è dunque assistito all’insorgere di controversie volte ad accertare se
l’accordo già raggiunto su alcuni punti della trattativa fosse sufficiente a concretizzare un
contratto vero e proprio e costituire, dunque, una fonte di obbligazione, a prescindere dalla
volontà di una delle parti. La soluzione accolta dalla giurisprudenza sembra potersi
individuare essenzialmente nell’accertamento di due elementi determinanti affinché si possa
riconoscere o meno natura vincolante al documento precontrattuale. Dovrà esserci, in primo
luogo, un accordo avvenuto tra le parti sugli essentialia negotii56 dell’operazione posta in
essere, non rilevando il fatto che sia ancora in via di definizione l’intesa sugli elementi
secondari del contratto; in secondo luogo, occorre accertare la sussistenza della concreta ed
effettiva volontà delle parti di integrare il regolamento contrattuale al momento della
sottoscrizione del documento formalmente preparatorio o, al contrario, di differire la
conclusione del contratto ad una manifestazione di volontà. In tale prospettiva, assumono
quindi rilievo essenziale alcuni indizi, quali possono essere un particolare comportamento
concretamente tenuto dalle parti, ovvero elementi emergenti a livello documentale, che
lascino trasparire la volontà di non subordinare il perfezionamento del contratto ad un
successivo accordo su determinati elementi accessori. Tale impostazione ha trovato
accoglimento nel recente orientamento della Corte di Cassazione, che ha precisato come
“l’accordo su alcuni punti essenziali del contratto non esaurisce la fase delle trattative
perché, al fine di porre in essere un definitivo vincolo contrattuale, è necessario che tra le
parti sia raggiunta l’intesa sugli elementi, sia principali che secondari, dell’accordo, tranne il
caso che le parti abbiano dimostrato di non voler subordinare la perfezione del contratto al
52 Così App. Roma, 19 luglio 1986, in Foro italiano., 1986, I, p. 2284. 53 Così Trib. Crotone, 5 luglio 1999, in Giust. Civ., 2000, p. 1175ss. 54 Vedi CAPECCHI G., Il valore giuridico delle lettere di intenti, op. cit., p. 283 ss. 55 Così Trib. Bologna, 28 marzo 1985, in Nuova giur. civ. comm., 1986, I, p. 172. 56 Sono: 1) l’accordo; 2) la causa; 3) l’oggetto; 4) la forma.
I documenti precontrattuali
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successivo accordo su un determinato elemento complementare e sussidiario, nel qual caso,
data la comune intenzione delle parti, basta per la perfezione del contratto che il consenso
sia stato raggiunto sugli elementi essenziali del contratto stesso”57. Si può allora dire che il
criterio decisivo di qualificazione sembra essere, al di là della completezza o meno delle
pattuizioni fissate nel documento, la verifica dell’effettivo intento manifestato dalle parti, il
solo che, in ultima analisi, risulta idoneo a chiarire la vincolatività o meno dell’accordo
precontrattuale. Tale verifica dovrà essere condotta alla stregua dei canoni giuridici di
ermeneutica contrattuale disciplinati negli artt. 1362 ss. c.c. Si ricordi, da ultimo, una recente
sentenza della Suprema Corte che si è espressa, in maniera specifica, a riguardo dello
strumento contrattuale della lettera di intenti. Tale pronuncia sottolinea come “le parti che,
con riferimento ad una scrittura privata, abbiano per essa usata la formula “lettera di
intenti”, adottando un’espressione con cui, nel linguaggio commerciale, si esprimono i
propositi dei futuri contraenti nella fase delle trattative contrattuali che precede la
stipulazione di un negozio soltanto eventuale (e, pertanto, non doveroso per i sui
sottoscrittori), mostrano l’esclusivo intento di predisporre le clausole da recepire nel futuro
contratto nell’eventualità della positiva conclusione delle trattative stesse”58.
Sebbene quest’ultima deliberazione della Suprema Corte contribuisca, in qualche modo, a
rafforzare la tesi della non vincolatività attribuibile generalmente alla lettera di intenti, il
quadro fin qui delineato, piuttosto complesso e incerto, soprattutto nelle decisioni concrete
dei tribunali i cui esiti sembrano dipendere dalle circostanze di fatto di ogni singolo caso
concreto, suggerisce una certa prudenza e puntualità nella redazione di siffatto documento.
In primo luogo, per sua stessa natura, la lettera di intenti non dovrà rappresentare una
descrizione analitica e definitiva dell’accordo che si vuole stipulare, potendo, in caso
contrario, insorgere il rischio che possa considerarsi esistente un contratto definitivo. Al fine
di scongiurare tale rischio, sarà comunque fondamentale specificare sempre per iscritto che il
documento non integra un obbligo a contrarre né tanto meno un accordo definitivo, e che le
parti intendano pertanto rinviare la conclusione del contratto definitivo a un momento
successivo59.
Equivoci analoghi si ripresentano in tutti quei casi di lettere di intenti con cui le parti, di fatto,
verbalizzano la conclusione della trattativa, ma non intendono considerarsi ancora vincolate
dalle clausole concordate, dato che tale vincolatività resta subordinata al verificarsi di un
evento di varia natura, che può essere, come spesso accade, l’approvazione del Consiglio di
Amministrazione dell’azienda ovvero un’autorizzazione governativa60. Si renderà necessario
pertanto, ai fini di esigenze di certezza del diritto, specificare chiaramente quale sia la persona
57 Così Cass. 29 marzo 1995, n. 3705, in Mass ann., 1993, p 10. 58 Così Cass. 14 maggio 1998, n. 4853, in Contratti, 1998, p. 547. 59 Sono molte le formule a riguardo, tra le quali citiamo la seguente a titolo esemplificativo: “This letter of intent does not constitute any binding commitment for the parties with respect to the matters stated herein; the parties intend to continue negotiations with a view of reaching a mutually satisfactory agreement on the abovementioned basis or on a different basis”. 60 Proprio a causa della mancata autorizzazione di un ente governativo ebbe inizio, nel luglio del 1985, la disputa legale relativa alla vendita della SME alla Buitoni da parte dell’I.R.I, vero e proprio leading case in materia.
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o l’organo legittimato a vincolare efficacemente la parte da essi rappresentata e indicare,
altresì, entro quale termine tale manifestazione di volontà dovrà aver luogo. Gli stessi principi
devono valere allorché l’evento sia costituito dalla stipulazione di un contratto con un terzo da
parte di una o di entrambe le parti. Spesso, infatti, si riscontra nella prassi testi di lettere di
intenti che subordinano la loro efficacia all’ottenimento di un finanziamento, oppure alla stipula
di un accordo di fornitura o di un contratto di appalto. Si dovrebbe altresì specificare in
maniera analitica un eventuale obbligo per le parti di non porre in essere atti o comportamenti
incompatibili con il contratto in itinere e di fare del proprio meglio perché il procedimento di
approvazione si concluda favorevolmente. Ciò onde evitare rischi di eventuali dispute circa la
concreta portata del generale obbligo di buone fede durante le trattative.
Una volta precisato espressamente che il contenuto della lettera di intenti non ha carattere
vincolante, sarà poi ugualmente opportuno regolamentare il recesso dalle trattative, le
eventuali modalità che devono accompagnarlo perché esso possa considerarsi lecito e dei
rimedi risarcitori in caso di recesso illecito. In genere, si preferisce evitare di essere troppo
espliciti in materia di recesso, essendo l’argomento poco consono al clima di fiducia e
collaborazione che dovrebbe caratterizzare la fase negoziale, e ritenendo, allo stesso tempo,
che gli stessi effetti possano essere raggiunti in qualsiasi momento attraverso un
irrigidimento su determinate posizioni, tale da provocare il fallimento della trattativa. Tale
ragionamento potrebbe tuttavia rivelarsi molto penalizzante in quegli ordinamenti ove un
simile comportamento potrebbe essere considerato contrario al principio di buona fede
durante le trattative, soprattutto qualora intervenga in uno stadio particolarmente avanzato
delle trattative. Si ribadisce pertanto l’opportunità di precisare sempre in maniera espressa la
libertà di recesso.
Ora, osservato come l’accordo contenuto nella lettera di intenti, intesa in senso stretto, non è
vincolante e non pregiudica la possibilità di recedere dalle negoziazioni, ci si può allora
chiedere quale sia in concreto l’utilità di tale documento. In primo luogo, essa va ricercata
nell’esigenza di attribuire una veste più solida al principio di buona fede ex art. 1337 c.c.
Specificare determinati elementi della negoziazione in appositi documenti significa infatti
precostituirsi una prova, da utilizzare eventualmente in sede giudiziale, in merito allo stadio
di avanzamento delle trattative. In caso di mancato perfezionamento dell’accordo tale prova
potrebbe essere utile per individuare la legittimità dell’aspettativa di una parte in merito alla
conclusione del contratto e la relativa ingiustificabilità del recesso della controparte, salvo,
naturalmente, le parti non abbiano espressamente previsto la possibilità di recedere in
qualsiasi momento dalla negoziazione.
Accanto al problema del recesso, nella prassi le parti sono solite inserire nella lettera di
intenti ulteriori obblighi volti a garantire la regolarità e la correttezza della fase delle
trattative quali concrete estrinsecazioni del più generale obbligo di buona fede. Trattasi di
obblighi strumentali rispetto all’oggetto della negoziazione, che integrano quindi pattuizioni
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autonome e complete sottratte alla dichiarazione di non vincolatività e la cui violazione fa
sorgere una responsabilità di tipo contrattuale in capo alla parte inadempiente, con le dovute
conseguenze per quanto concerne gli obblighi risarcitori. Le più diffuse e rilevanti
obbligazioni autonome che sono generalmente inserite nelle lettere di intenti, ma che
possono anche costituire documenti a parte, consistono nei cosiddetti stand-still agreement e
confidentiality agreement, di cui si tratterà appositamente nel successivo paragrafo. Un
ulteriore accordo di natura contrattuale che le parti talvolta inseriscono prevede che una
parte conceda all’altra il diritto di prelazione in merito alla conclusione del contratto. La parte
che ha concesso la prelazione sarà quindi libera di non stipulare alcun contratto ma, ove
desideri procedere alla stipulazione dello stesso, dovrà preferire l’altra parte alle medesime
condizioni offerte da terzi di buona fede.
Infine, la lettera di intenti si rivela concretamente utile quale valida base per ottenere le
autorizzazioni a procedere da parte del consiglio di amministrazione e le necessarie
autorizzazioni governative.
2. Accordi di riservatezza
La redazione dell’accordo di riservatezza (o di confidenzialità) si propone di conseguire
sostanzialmente un duplice obiettivo. In primo luogo, con esso si vuole soddisfare l’esigenza
di garantire la necessaria riservatezza relativamente al contenuto del possibile accordo
definitivo, nonché relativamente alle informazioni che l’alienante deve trasmettere al
potenziale acquirente per consentire a quest’ultimo di approfondire l’analisi e la valutazione
della società; secondariamente, si vuole reciprocamente comunicare la serietà dell’interesse
a vendere, da una parte, e a comprare dall’altra.
È prassi inserire negli accordi di riservatezza, clausole contrattuali che prevedono sia obblighi
di non facere, sia obblighi di facere. Sottoscrivendo tali documenti, l’acquirente è
generalmente tenuto a considerare le informazioni ricevute come di natura riservata e
conseguentemente a non divulgarle, né farne uso differente da quello strettamente inerente
al processo di valutazione della società obiettivo e all’eventuale manifestazione di interesse.
Si impegnerà altresì a restituire, in ogni caso di interruzione definitiva della negoziazione,
tutta la documentazione ricevuta con riguardo alla società stessa. Relativamente agli obblighi
di facere, invece, si è soliti inserire una clausola61 secondo cui ciascuna parte si impegna a
proteggere tutte le informazioni riservate con lo stesso grado di attenzione che essa adotta
per la protezione delle proprie. Quest’obbligo presenta un grave rischio nella sua
formulazione, non essendo sempre vero che il destinatario delle informazioni adoperi un alto
grado di protezione nella tutela delle notizie confidenziali di sua proprietà. Andrebbe
61 Si riporta a titolo di esempio il testo che comunemente compone tale clausola: “… proteggere le informazioni riservate con lo stessa cura con la quale sono protette le proprie informazioni riservate”.
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precisato, allora, come tale obbligazione debba essere considerata come ulteriore protezione
valida nei casi in cui il destinatario delle informazioni applichi uno standard di riservatezza più
elevato, di cui avrà diritto di beneficiare anche chi ha fornito le stesse, e come la protezione
concessa attraverso i due principali obblighi di non facere costituisca, comunque, in ogni
caso una protezione minima inderogabile.
Spesso, inoltre, la parte che riceve le informazioni si impegna anche per conto dei propri
dipendenti e consulenti che, nell’ambito delle trattative, riceveranno le medesime informazioni.
Si tratta, in questo caso, di una promessa dell’obbligazione del terzo, ex art. 1381 c.c.
Naturalmente il terzo non sarà vincolato dalla promessa assunta dalla parte contraente,
rimanendo essa del tutto irrilevante in quanto res inter alios acta. Pertanto, qualora il terzo non
adempia all’obbligazione promessa dal contraente, quest’ultimo sarà tenuto a risarcire la sua
controparte. Ecco perché, in questi casi, la parte che divulga le informazioni riservate potrà
essere effettivamente tutelata soltanto se, all’impegno del datore di lavoro, segue uno specifico
impegno di riservatezza assunto da parte dei dipendenti e consulenti.
È comune poi inserire alcune limitazioni o esclusioni dell’obbligo di non divulgazione. In tal
senso, si è soliti precisare come venga meno il dovere di riservatezza qualora le informazioni
fornite in via confidenziale divengano successivamente di pubblico dominio, purché,
ovviamente, ciò non avvenga per inadempimento della parte tenuta a tale obbligo. Può
accadere, inoltre, di essere costretti a rendere nota l’informazione confidenziale a causa di un
provvedimento giudiziale. La divulgazione che avvenga in tali circostanze non genererà allora
alcuna responsabilità a carico della parte vincolata alla segretezza; tuttavia, alcuni accordi di
riservatezza prevedono che, nel caso venga emesso un provvedimento giudiziario, il
destinatario ne informi immediatamente il proprietario delle informazioni per consentirgli di
adottare le necessarie misure a tutela dei suoi diritti.
Per quanto concerne la durata dell’obbligo di segretezza, esso varia generalmente da tre a
cinque anni. Se tale impegno viene assunto per una durata indeterminata, sarà il giudice
competente, in caso di controversia, a stabilirne il termine. È però evidente che tale obbligo
non potrà superare il limite entro cui la divulgazione possa arrecare danno a chi ha fornito le
informazioni. È poi possibile distinguere la durata dell’accordo di riservatezza sulle
informazioni che vengono progressivamente trasmesse e la durata dell’obbligo di non
divulgazione che può sopravvivere al contratto. Il significato di tale possibile distinzione va
ricercato nella possibilità che le parti, ad un certo momento, possano desiderare che le
informazioni siano restituite al loro titolare, in virtù, ad esempio, dell’interruzione definitiva
delle trattative. Con la restituzione delle informazioni viene meno così lo stesso accordo, pur
rimanendo in vita l’obbligo di non divulgazione delle informazioni ricevute.
I documenti precontrattuali
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Ciò che è stato illustrato fin qui è, in un certo senso, quello che si può definire il contenuto
imprescindibile di un accordo di riservatezza. Spesso, peraltro, i testi più articolati
contengono anche una serie di clausole intese a proibire ulteriori usi indesiderati delle
informazioni fornite durante il negoziato, e che costituiscono, talvolta, delle semplici
esplicazioni di divieti già previsti a livello legislativo, altre volte, invece, dei nuovi obblighi veri
e propri. Appartiene alla prima categoria il divieto per l’acquirente di utilizzare le informazioni
di natura riservata al fine di acquistare o vendere azioni della società obiettivo, in violazione
della normativa vigente dettata in tema di insider trading.
Un altro aspetto che le parti, a volte, regolano durante la negoziazione riguarda la protezione
contro pratiche di storno di dipendenti. Si tratta, in altri termini, del divieto di fare offerte di
lavoro da parte del potenziale acquirente nei confronti del personale della società target,
comportamento che ben potrebbe, tra l’altro, assumere rilevanza sotto il profilo di
concorrenza sleale qualora ricorressero determinate condizioni. Tale clausola riveste
particolare importanza allorché l’operazione di investimento riguardi società nelle quali il
fattore umano riveste un ruolo chiave, come, per citarne alcune, società di engineering e di
software.. In questi casi, potrebbe essere forte la tentazione di individuare attraverso i
negoziati le persone di maggior valore per poi far loro delle offerte a condizioni vantaggiose,
potendo, in tal modo, conseguire sostanzialmente risultati analoghi a quelli raggiungibili con
l’acquisto di una partecipazione di controllo della società, ma con un costo di gran lunga
inferiore. Si comprende, pertanto, l’esigenza per chi tratta la vendita di una società o di una
sua parte di premunirsi contro tali rischi, obbligando la controparte, sin da subito, ad
astenersi dal fare proposte di assunzione ai dipendenti della società. Perché queste clausole
abbiano effetto, è comunque necessario che la loro durata superi quella dell’accordo che lo
contiene. È opportuno sottolineare, però, come non possa essere sempre garantita l’efficacia
pratica di tale clausola. Ben potrebbe, infatti, la controparte evitare il rischio di fare offerte
formali, e, con la connivenza del dipendente desideroso di trasferirsi, far apparire tale
trasferimento come avvenuto su iniziativa del dipendente stesso. Il problema si trasferirà,
allora, su un piano prettamente probatorio, in maniera non dissimile da quello che avviene in
tema di concorrenza sleale.
Come si è visto, dunque, nessuno dei precedenti accordi fa riferimento alle intenzioni delle
parti in merito alla trattativa, e, come già sottolineato, costituiscono dei veri e propri obblighi
di natura contrattuale vincolanti per le parti. Ne consegue che la loro violazione legittima la
parte lesa al risarcimento di tutti i danni subiti e non del solo interesse negativo, come
avverrebbe qualora operassero i principi della responsabilità precontrattuale. Peraltro, sul
piano pratico un’azione risarcitoria potrà essere avanzata solo in presenza di un chiaro e
dimostrabile utilizzo abusivo delle informazioni confidenziali; parimenti non sarà agevole la
prova e la determinazione dell’ammontare dei danni da ciò effettivamente derivanti. È per
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tale seconda ragione che le suddette clausole vengono generalmente accompagnate da
meccanismi sanzionatori idonei a svolgere la loro funzione deterrente, quale potrebbe essere
la previsione di una specifica penale ex art. 1382 c.c., che forfettizzi il danno senza, peraltro,
che l’importo ivi previsto risulti eccessivo, tale da costringere il giudice a ridurlo o a
dichiarare persino nulla la stessa penale.
Rilevante è, infine, lo strumento dell’arbitrato, certamente utilizzato dalle parti con grande
frequenza e preferito al tradizionale rimedio giudiziale, soprattutto in un ambito
particolarmente tecnico in cui permane un certo scetticismo sulla preparazione e sulle
capacità dei giudici di decidere le controversie.
3. Accordi di esclusiva
Ulteriore preoccupazione delle parti impegnate nelle trattative precontrattuali è quella di assicurarsi
che la controparte non intrattenga contemporaneamente altre negoziazioni con terzi per la
stipulazione del medesimo contratto, senza rilevare l’esistenza di queste trattative parallele.
Sul piano etico potrebbe apparire senz’altro riprovevole il comportamento di chi portasse
avanti un negoziato senza alcuna intenzione di addivenire alla stipula di un contratto, ma con
il solo scopo, ad esempio, di arrivare alla determinazione di un prezzo di riferimento
necessario per rendere operativa una clausola di prelazione stipulata in precedenza a favore
di un terzo, oppure al solo fine di creare una alternativa apparente agli occhi di un terzo con
il quale siano in corso negoziati paralleli e dal quale si intendano ottenere migliori condizioni.
Sotto il profilo prettamente giuridico, invece, l’unico limite alla possibilità di condurre diverse
trattative contemporaneamente senza informarne le controparti deriva dall’obbligo di buona
fede ex art. 1337 c.c., le cui incertezze applicative, però, inducono le controparti a tutelarsi
con la sottoscrizione di accordi chiamati di esclusica (o di stand-still secondo la terminologia
anglosassone), spesso costituiti da clausole inserite all’interno della lettera di intenti. Tali
accordi prevedono l’obbligo di una o di entrambe le parti, per un periodo determinato che di
solito non è superiore ad alcuni mesi ed è determinato per relationem con riferimento alle
trattative in corso, a non stipulare contratti preliminari o definitivi e a non intrattenere con
terzi, direttamente o indirettamente, per interposta persona o tramite società fiduciarie,
trattative, accordi, colloqui, discussioni relativamente alla vendita o all’acquisto di azioni della
società oggetto del negoziato.
Problematica è la questione inerente all’ammontare dei danni risarcibili in caso di
inadempimento, in quanto l’acquirente non potrà chiedere la manutenzione del contratto,
trattandosi di un obbligo di non facere, bensì soltanto il risarcimento dei danni subiti, ai sensi
dell’art. 1453 c.c. Anche in questo caso, naturalmente, vista la difficoltà di quantificare i
danni, risulta quanto mai opportuna la previsione di una clausola penale, che predetermini il
danno risarcibile, fatta salva la risarcibilità del danno ulteriore.
Fac simile lettera di riservatezza
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LETTERA DI RISERVATEZZA* (omissis)
Le Parti confermano che gli incontri e le verifiche effettuate e da effettuarsi sono dirette ad individuare un progetto di comune interesse teso all’operazione di acquisizione dell’azienda (o del ramo d’azienda) di titolarità della Società Beta, da parte della Società Alfa, per un prezzo non inferiore a Euro ___________.
Tutte le informazioni e tutte le documentazioni acquisite nel corso dell’esecuzione della trattativa dovranno considerarsi strettamente riservate e confidenziali e potranno essere messe a disposizione solo dei componenti del gruppo di lavoro ovvero ai loro immediati superiori, oltre che a consulenti incaricati della predisposizione del piano di fattibilità operativa.
La Società Alfa si impegna, anche a nome dei suoi incaricati e dei suoi professionisti, a non divulgare o utilizzare, se non per lo studio funzionale allo svolgimento del progetto di acquisizione, le informazioni e le documentazioni ricevute, per un periodo di ________ a decorrere dalla data odierna e garantisce comunque che il trattamento delle suddette informazioni e documentazioni avverrà con la medesima cura con cui vengono trattate le proprie informazioni riservate.
Tale impegno di riservatezza non opererà con riferimento a quelle informazioni e documentazioni: (i) che risultino oggetto di notizie pubblicate e rese disponibili al pubblico; (ii) che siano divenute pubbliche non per fatto riconducibile a una delle parti.
Le parti si impegnano espressamente per un periodo di _______ decorrenti dalla data della firma della presente, a non divulgare l’esistenza stessa del progetto; si impegnano altresì a non divulgare l’esistenza ed il contenuto di eventuali scritti che potranno essere tra di esse via predisposti, ivi compresi la presente scrittura, lettere di intenti, contratti preliminari e relative integrazioni o modifiche.
La Società Beta, per un periodo di ______ dalla firma della presente, si impegna altresì a non instaurare con soggetti terzi trattative finalizzate al raggiungimento di accordi commerciali uguali o anche soltanto analoghi o similari a quelli tra di esse in corso di approfondimento e sopra descritte.
Tutti i predetti obblighi si intendono estesi anche ai consulenti delle parti; la Società Alfa si impegna altresì a non prendere contatti di alcun genere con i dipendenti e consulenti della Società Beta, salvo autorizzazione scritta di quest’ultima.
(omissis)
* scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa) E’ inoltre scaricabile dal sito il fac simile di lettera di confidenzialità a cura di Massimo Buongiorno
file a
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LA DUE DILIGENCE a cura di Massimo Buongiorno *
1. Definizione e natura
Nella prassi contrattuale di acquisizioni azionarie, il prezzo della compravendita viene determinato
dalle parti con riferimento a quello che è il “valore” della società oggetto di acquisizione. Senza
addentrarci nella pur affascinante questione su che cosa debba intendersi per valore e di quali
componenti si debba tener conto per giungere a una sua esatta determinazione62, si vuole qui
illustrare quella che costituisce una delle fasi fondamentale e imprescindibili per la definizione del
prezzo finale, ovvero la cosiddetta due diligence.
Con il termine anglosassone due diligence, si fa riferimento alla procedura, o per meglio dire,
alle molteplici procedure, attraverso le quali si attua un processo di investigazione posto in
essere dal potenziale acquirente per reperire, acquisire ed organizzare in un sistema
coerente tutte quelle informazioni, di natura legale, patrimoniale, finanziaria ed economica,
necessarie a valutare la società oggetto dell’operazione, così da permettere all’acquirente di
determinare innanzitutto il suo effettivo interesse e, secondariamente, le relative condizioni
economiche e legali su cui stipulare il contratto. È dunque un processo volto ad agevolare
l’assunzione di decisioni informate circa un’opportunità di investimento, minimizzando in tal
modo la probabilità di errore e massimizzando il probabile ritorno dell’operazione.
In senso generale, gli scopi primari del procedimento di due diligence sono da ricercarsi,
innanzitutto, nell’individuazione e nell’analisi dei profili di rischio della società potenzialmente
oggetto dell’acquisizione (target) e dei suoi fattori critici di forza e di debolezza, tali da
consigliarne (o sconsigliarne) la stessa acquisizione.
Secondariamente, le procedure di verifica saranno mirate a conoscere la reale consistenza
patrimoniale-reddituale, attuale nonché potenziale, della target al fine di poter effettuare
nella migliore posizione possibile la propria offerta. Attraverso le investigazioni, si cercherà,
inoltre, di determinare le aree di rischio e di passività potenziali inerenti l’attività della
società, al fine di una migliore negoziazione dei contenuti delle rappresentazioni e garanzie
da inserirsi nel contratto di compravendita.
Infine le verifiche in sede di due diligence permetteranno di percepire le caratteristiche più
forti ed evidenti dell’ambiente e della cultura aziendale, quali, per esempio, la laboriosità
oppure l’estrema attenzione ai costi o, ancora, la lealtà professionale, che molto spesso si
rivelano avere un’importanza, ai fini del successo di una società, ben maggiore di quanto, di
fatto, dimostrino di dedicare gli operatori del settore.
* Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) 62 Per un approfondimento sul tema si veda, tra i tanti: CONCA V., Le acquisizioni, Egea, Milano, 2001, p. 96 ss; MASSARI M., Finanza aziendale. Valutazione, McGraw Hill, Milano, 1998.; ZANETTI L., La valutazione delle acquisizioni, Milano, Egea, 2000, p. 75 ss.
La due diligence
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In tal senso, sulla base delle diverse aree di investigazione, nella prassi d si distinguono
normalmente la:
• due diligence di business e finanziaria, finalizzata a perfezionare le scelte strategiche che
stanno alla base dell’acquisizione, valutando, da una parte, la natura del business nonché la qualità strategica e le relative prospettive di sviluppo della società target, e,
dall’altra, l’analisi storica e prospettica dei dati economici e finanziari;
• due diligence contabile e fiscale, volta sostanzialmente alla verifica delle scritture
contabili e del patrimonio netto contabile, e all’individuazione dell’esistenza di passività di
varia natura, potenziali o già esistenti, sia nell’ottica della stipulazione del contratto sia in
quella dell’ottimizzazione della struttura societaria da applicare per l’acquisizione stessa;
• due diligence legale, diretta ad analizzare tutti gli aspetti squisitamente legali della
società target, soprattutto in prospettiva di predisposizione del contratto d’acquisto, ma
anche in relazione alle problematiche connesse al diritto societario e del lavoro e ai
rapporti contrattuali in essere.
Lasciando ora ulteriori approfondimenti in tema di due diligence al lettore che vorrà
consultare il nostro sito viene qui di seguito riportata solo un check list di due diligence
CHECK LIST DUE DILIGENCE*
A. Informazione generale
1. Organigramma dell’Azienda con l’indicazione delle mansioni e delle responsabilità dei
dirigenti/dipendenti.
2. Elenco dei soggetti che possono impegnare l’Azienda verso terzi e dei relativi poteri conferiti
3. Libri contabili
4. Elenco dei beni (mobili ed immobili) di proprietà dell’Azienda e copia dei relativi atti di
provenienza
B. Licenze - autorizzazioni - certificazioni
1. Copia delle licenze, permessi, concessioni, autorizzazioni, iscrizioni e/o omologazioni
necessarie per lo svolgimento delle attività dell’Azienda.
2. Certificazioni di qualità (ISO 9000, GMP, ecc.), ove disponibili.
3. Contenzioso attuale e potenziale nei confronti della Società in materia amministrativa.
* a cura di Claudio Ceradini scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)
file b
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C. Diritti di proprietà industriale ed intellettuale
1. Informazione in merito a tutti diritti di proprietà industriale o intellettuale (quali brevetti,
marchi, diritti di autore, know-how, nomi commerciali, copyright, registrazioni sanitarie
ecc.) concernenti l’Azienda ed i prodotti aziendali, con copia di eventuali domande,
certificati di registrazione e relativi versamenti.
2. Copia di ogni accordo di licenza (attiva o passiva), acquisto, cessione e di ogni patto di
non-concorrenza e/o esclusiva concernente la proprietà industriale o intellettuale
dell’Azienda
3. Descrizione dei servizi di elaborazione dati/manutenzione di sistemi informatici e copia
dei relativi contratti
D. Contratti
1. Copia di ogni contratto che contenga clausole di limitazione al diritto di trasferimento
dell’Azienda ovvero che richieda il consenso di terzi
2. Copia dei contratti infragruppo e con parti interessate
3. Descrizione di ogni rapporto contrattuale non disciplinato per iscritto, ovvero copia dei
contratti, di durata superiore ad un anno (ovvero con durata anche inferiore ma con
clausola di rinnovo automatico), ivi inclusi senza alcun limite:
contratti di affitto, locazione, locazione finanziaria, compravendita a rate;
contratti per l’acquisto e la fornitura di beni o servizi;
offerte contrattuali presentate a clienti o ricevute da fornitori;
contratti di agenzia o di distribuzione;
contratti di finanziamento, mutuo;
contratti di appalto di servizi;
transazioni di vertenze o cause presenti, passate o potenziali.
4. Copia di ogni accordo, convenzione, proposta di accordo o convenzione con la pubblica
amministrazione.
5. Copia dei contratti di consulenza (rapporti con consulenti fiscali, legali, del lavoro, tecnici
e commerciali)lavoro autonomo, prestazioni d’opera anche intellettuale, servizi e simili
6. Garanzie, fideiussioni, o impegni di indennizzo da parte di o a favore dell’Azienda.
7. Utenze (per es. elettricità, gas, acqua, telefono ecc.).
8. Elenco delle polizze assicurative (indicante i principali rischi assicurati, valori assicurati,
massimali/limiti di indennizzo, franchigie, periodo di copertura, scadenza della polizza,
periodo di disdetta)
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E. Personale
1. Elenco del personale dipendente e copia delle relative lettere di assunzione
2. Copia del contratto di lavoro dei dirigenti
3. Copia dei contratti di collaborazione autonoma
4. Indicazione dei contratti collettivi nazionali applicati e copia degli eventuali accordi
aziendali applicati
5. Documentazione relativa a bonus, incentivi, fringe-benefits o altre forme di retribuzione
6. Documentazione relativa ad eventuali piani pensionistici, fondi di previdenza integrativa,
piani di compartecipazione (ad es. stock optino plans) o altri benefici previsti a favore
del personale dipendente
7. Elenco e descrizione degli eventuali patti di non concorrenza in essere con indicazione
delle mansioni dei clienti interessati, dell’ammontare dei compensi pattuiti e del
trattamento contributivo e fiscale applicato
8. Documentazione relativa agli adempimenti previsti dalla legislazione in materia di
sicurezza sul lavoro
9. Copia delle transazioni intervenute con il personale dipendente.
Documentazione relativa al contenzioso in essere.
F. Contenzioso
1. Elenco di qualsiasi contenzioso, procedimento e arbitrato di natura civile, penale,
amministrativa, tributaria e/o fiscale, pendente o minacciata
2. Descrizioni delle eventuali ispezioni o procedimenti in corso o minacciate aventi
enti/autorità governative.
G. Documentazione contabile
1. Immobilizzazioni Immateriali relative all’azienda: dettaglio delle immobilizzazioni in
essere al 31/12/2005. Aliquote di ammortamento applicate. Prospetto di calcolo degli
ammortamenti.
2. Immobilizzazioni Materiali relative all’azienda: dettaglio delle immobilizzazioni in essere al
31/12/2005. Aliquote di ammortamento applicate. Prospetto di calcolo degli ammortamenti.
Dettaglio delle garanzie reali sui cespiti. Dettaglio delle rivalutazioni in essere.
3. Partecipazioni ed altri titoli immobilizzati: Dettaglio delle partecipazioni al 31/12/2005
riferibili all’azienda. Bilanci delle società partecipate al 31/12/2005.
Documentazione relativa alla proprietà delle partecipazioni in essere: contratto di acquisto,
libro soci, quietanza di pagamento. Modalità di valutazione delle partecipazioni.
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4. Rimanenze di magazzino: Dettaglio del magazzino al 31/12/2004 e al 31/12/2005
dell’azienda su supporto informatico, evidenziando nel file del magazzino la giacenza iniziale,
l'acquisto, la vendita, la giacenza finale ed il costo di acquisto. Eventuale tabulato slow-
moving, evidenziando le merci che non si sono mosse da più di 6 – 12 – 18 mesi.
5. Dettaglio dei crediti in essere al 31/12/2005 e al 31/12/2004. Scadenziario alla data
odierna o a quella più prossima dell’azienda. Contratti relativi alle assicurazione crediti,
alle cessioni a società di factoring. Dettaglio del fatturato per cliente.
6. Dettaglio della voce altri crediti. Documentazione che giustifichi ed attesti l'esigibilità e il
titolo del relativo credito riferibile all’azienda.
7. Patrimonio Netto: trattandosi di un ramo di azienda, è sufficiente l’indicazione del netto
patrimoniale desumibile dalla situazione patrimoniale successivamente richiesta.
8. Fondi rischi ed oneri. Dettaglio formazione fondi e movimentazione dell’esercizio riferibili
all’azienda e copia della documentazione giustificativa.
9. Fondo TFR: Dettaglio del fondo in essere al 31.12.2005 riferibile all’azienda.
Movimentazione del personale in essere. Dettaglio degli ammortizzatori sociali se utilizzati.
Dettaglio degli stanziamenti relativi: bonus dirigenti e personale. Dettaglio ferie maturate e
non godute, mensilità aggiuntive contratti integrativi.
10. Fondi FIRR e FISC: dettaglio accantonamenti eseguiti al 31/12/2005 e per anno di
formazione in riferimento agli obblighi contrattuali e di legge.
11. Dettaglio dei premi relativi a clienti e relativa contrattualistica riferibili all’azienda.
12. Dettaglio dei debiti verso gli istituti previdenziali riferibili all’azienda. Pagamento dei
contributi INPS, dettaglio delle pendenze verso INPS se vi fossero.
13. Posizione finanziaria: dettaglio dei mutui, dei finanziamenti aperti, dei fidi in essere al
31/12/2005 e di quelli accesi alla data odierna e relative condizioni bancarie in essere,
piano di ammortamenti riferibili all’azienda. Dettaglio dei conti correnti in essere al
31/12/2005 e relative riconciliazioni bancarie. Dettaglio degli effetti in portafoglio al
31/12/2005 e dettaglio degli insoluti nel corso del 2005 e gennaio/febbraio 2006.
14. Dettaglio dei contratti di leasing in essere riferibili all’azienda. Calcolo degli effetti sulla
situazione patrimoniale della contabilizzazione dei leasing in essere.
15. Dettaglio degli strumenti derivati al 31/12/2005 e di quelli aperti alla data odierna
riferibili all’azienda.
16. Dettaglio dei conti d'ordine al 31/12/2005 riferibili all’azienda.
17. Dettaglio dei debiti fornitori. Scadenziario relativo ai fornitori riferibili all’azienda.
Stanziamenti al 31/12/2005 per diversa tipologia di costi (se relativa a servizi, materie prime,
lavorazioni ecc).
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18. Situazione patrimoniale ed economica riferibile all’azienda al 31/12/2005 ed al 31/12/2004.
19. Dettaglio dei contributi a fondo perduto riferibili all’azienda, se ricevuti, e relativa
documentazione.
20. Dettaglio dei movimenti riferibili all’azienda con società non residenti diversi da acquisti e
vendita merci.
21. Dettaglio dei componenti di reddito straordinario riferibili all’azienda.
22. Libri sociali. Copia/estratti dei verbali di assemblea e di consiglio per l’anno 2004, 2005 e
2006 in cui siano state deliberati e/o solamente trattati argomenti riferibili all’azienda.
23. Elenco Parti Correlate (ovvero soci e amministratori e società partecipate da soci o
amministratori di Spa e Holding Spa).
24. Elenco transazioni riferibili all’azienda e copia contratti con Parti Correlate come definite
al punto precedente.
25. Elenco e copia contratti pluriennali di acquisto in essere per acquisti di materie prime (e
servizi se esistenti) e di vendite.
26. Copia dell’organigramma riferibile all’azienda.
27. Copia delle procedure/processi interni riferibili all’azienda relativi al ciclo attivo, passivo e
logistico.
H. Dichiarazioni fiscali (per tutti gli anni accertabili)
1. copia delle dichiarazioni dei redditi UNICO della società con:
ricevute di presentazione,
quietanze di pagamento per IRPEG/IRES, IRAP ed IVA;
dettagli delle riprese operate;
copia bilanci di esercizio (bilanci sottoscritti e relazione sulla gestione).
2. copia di dichiarazioni relative a condoni e sanatorie, con ricevute di presentazione e di
pagamento,
3. Documentazione relativa alle operazioni straordinarie aventi per oggetto la società e
riferibili all’azienda, quali:
fusioni,
scissioni,
conferimenti e scorpori,
rivalutazioni e svalutazioni di attivo,
altre operazioni straordinarie,
documentazione di cui al punto 1 (dichiarazioni, bilanci, ecc.) delle società incorporate.
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IL CONTRATTO DI ACQUISIZIONE: UN ESEMPIO RECENTE COMMENTATO*
Si presenta un contratto preliminare di acquisto di più rami d’azienda inerenti un gruppo industriale, attivo nel settore alimentare, in condizioni di gravi difficoltà, per cui l’acquisizioni si pone l’obiettivo immediato di salvare il gruppo stesso e successivamente di ristrutturarlo e
riportarlo in bonis. La prima parte del contratto riguarda la definizione dei soggetti coinvolti, acquirente, venditore ed oggetto dell’acquisizione.
CONTRATTO PRELIMINARE DI ACQUISTO DI RAMO DI AZIENDA
TRA ALFA S.p.A., con sede legale in _____________, Via ________________ n. ____, capitale sociale di Euro _______________, i.v., codice fiscale e n. di iscrizione presso il Registro delle Imprese di ____________ n. _____________, P. IVA ______________, in persona del suo Legale Rappresentante dott. _______________, munito degli occorrenti poteri in virtù di delibera del Consiglio di Amministrazione in data ______________ (di seguito, “ALFA”),
(da una parte) E
BETA S.p.A., con sede legale in _____________, Via ________________ n. ____, capitale sociale di Euro _______________, i.v., codice fiscale e n. di iscrizione presso il Registro delle Imprese di ____________ n. _____________, P. IVA ______________, in persona del suo Legale Rappresentante dott. _______________, munito degli occorrenti poteri in virtù di delibera del Consiglio di Amministrazione in data ______________ (di seguito, “BETA” o “Concedente”);
E GAMMA S.p.A., con sede legale in _____________, Via ________________ n. ____, capitale sociale di Euro _______________, i.v., codice fiscale e n. di iscrizione presso il Registro delle Imprese di ____________ n. _____________, P. IVA ______________, in persona del suo Legale Rappresentante dott. _______________, munito degli occorrenti poteri in virtù di delibera del Consiglio di Amministrazione in data ______________ (di seguito, “GAMMA”),
E DELTA S.p.A., con sede legale in _____________, Via ________________ n. ____, capitale sociale di Euro _______________, i.v., codice fiscale e n. di iscrizione presso il Registro delle Imprese di ____________ n. _____________, P. IVA ______________, in persona del suo Legale Rappresentante dott. _______________, munito degli occorrenti poteri in virtù di delibera del Consiglio di Amministrazione in data ______________ (di seguito, “DELTA”),
* a cura di Giuseppe La Scala, Emanuele Rossi, Massimo Buongiorno, Gianni Lucchini scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa) ** disponibile sul sito la circolare n. 117/2006 del Consiglio Nazionale del Notariato su “I limiti ai poteri di rettifica dell’amministrazione finanziaria e valutazione catastale “automatica” dopo il “decreto Bersani” n. 223/2006 * Tratto da “La Circolare Tributaria” n.37 del 3 ottobre 2005 – Sistema d’Informazione Integrato – Euroconference Editore
file c
Il contratto di acquisizione: un esempio recente commentato
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E
EPSILON S.p.A., con sede legale in _____________, Via ________________ n. ____,
capitale sociale di Euro _______________, i.v., codice fiscale e n. di iscrizione presso il
Registro delle Imprese di ____________ n. _____________, P. IVA ______________, in
persona del suo Legale Rappresentante dott. _______________, munito degli occorrenti
poteri in virtù di delibera del Consiglio di Amministrazione in data ______________ (di
seguito, “EPSILON”),
(dall’altra parte)
(di seguito, congiuntamente: le “Parti”)
Segue una descrizione dettagliata della struttura del Gruppo Beta, indicando in particolare le
relazioni esistenti tra la holding e le altre società venditrici.
Premesso che
I. BETA, società operante nel settore alimentare, è titolare delle partecipazioni nelle società in
dettaglio indicate nel prospetto Allegato sub A al presente Contratto (di seguito “Gruppo BETA”):
(i) una partecipazione pari al 100% del capitale sociale di DELTA, che a sua volta detiene,
tra le altre, una partecipazione pari al 20% del capitale sociale di ZETA S.p.A., con sede in
_____________, Via _____________;
(ii) una partecipazione pari al 100% del capitale sociale di GAMMA;
(iii) una partecipazione pari al 95% di ETA S.p.A., con sede in __________, Via
_____________ n. __ (di seguito: “ETA”);
(iv) una partecipazione pari al 90% del capitale sociale di THETA S.p.A., con sede in
_________, Via ________________ (di seguito: “THETA”);
(v) una partecipazione pari al 100% del capitale sociale di IOTA GmbH, con sede in
_____________, ________________ (di seguito: “IOTA”);
(vi) una partecipazione pari al 100% del capitale sociale di KAPPAr S.p.A., con sede in
____________, Via _________________ (di seguito: “KAPPA”);
(viii) una partecipazione pari al 100% del capitale sociale di MU S.r.l., con sede in
_____________, Via ___________________ (di seguito: “MU”);
(ix) una partecipazione pari al 100% del capitale sociale di NU S.p.A., con sede in
_____________, Via ___________________ (di seguito: “NU”);
(x) una partecipazione pari al 100% del capitale sociale di OMICRON S.r.l., con sede in
_____________, Via ___________________ (di seguito: “OMICRON”).
II. In forza di rapporti contrattuali di distribuzione e logistica, appartiene al Gruppo BETA
anche EPSILON.
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Al punto III, il contratto descrive la situazione particolare delle società venditrici.
III. BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON sono in procinto di presentare dinnanzi al Tribunale di
[omissis], Sezione Fallimentare, ricorso per l’ammissione alla procedura di Concordato
Preventivo ai sensi dell’art. 160, comma 2, L.F., con cessione di tutti i beni ai creditori (di
seguito: la “Procedura di Concordato”).
Il punto IV indica che per il raggiungimento delle finalità precedentemente indicate si stipula
preliminarmente al contratto di acquisizione di ramo d’azienda, un contratto di affitto avente
per oggetto gli stessi rami. Il contratto di affitto viene fornito successivamente. La procedura
di stipulare un contratto di affitto prima dell’acquisizione è frequente in situazioni di crisi e
risponde all’esigenza di non interrompere le attività d’impresa e allo stesso tempo tutelare il
potenziale acquirente che diventerà proprietario dei rami d’azienda solo dopo avere verificato
che le società vengano ammesse alla Procedura di Concordato (mettendosi quindi al riparo
da azioni revocatorie).
IV. BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON, per meglio tutelare gli interessi dei creditori e dei
dipendenti e garantire così la continuità aziendale, hanno stipulato con ALFA un contratto di
affitto dei Rami di Azienda di BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON come individuati nei rispettivi
allegati sub B, C, D e E allo stesso contratto di affitto, condizionato sospensivamente alla
autorizzazione dei competenti organi della Procedura di Concordato entro 30 giorni dal
deposito della istanza di Concordato (di seguito: il “Contratto di Affitto dei Rami
d’Azienda”, allegato all’istanza di ammissione al Concordato Preventivo);
Il punto V è particolarmente importante poiché definisce le condizioni che vincolano il
contratto: come precedentemente indicato, si tratta dell’ammissione alla Procedura di
Concordato, che il contratto d’affitto dei Rami d’azienda venga autorizzato dalla Procedura e
stabilisce un termine di 30 giorni. Al medesimo punto si definisce anche in dettaglio, con
rimando agli allegati, la specifica attività economica svolta dagli stessi rami. Con questo
punto si conclude la parte iniziale del contratto finalizzate a fornire una chiara definizione
delle parti coinvolte e la situazione di contesto. Questa parte comune a tutti i contratti di
acquisizione. È particolarmente significativa nelle situazioni di crisi.
V. Sul presupposto che BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON vengano ammesse alla Procedura
di Concordato e che gli organi della suddetta Procedura autorizzino il Contratto di Affitto dei
Rami di Azienda entro 30 giorni dal deposito dell’istanza di Concordato, BETA, GAMMA,
DELTA e EPSILON hanno interesse a vendere - a condizione che sia intervenuta con
sentenza passata in giudicato l’omologazione della Procedura di Concordato (di seguito:
Il contratto di acquisizione: un esempio recente commentato
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l’“Omologazione”, intendendosi con tale espressione il provvedimento con cui si omologa il
concordato preventivo con riferimento a tutte le società BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON,
così come proposto per ciascuna di esse nell’istanza di ammissione alla Procedura di
Concordato) - a ALFA che, sulla base dei medesimi presupposti e alle medesime condizioni,
ha interesse ad acquistare, i Rami di Azienda aventi ad oggetto attività di produzione,
distribuzione e vendita di prodotti alimentari, come meglio individuati, per quanto riguarda il
ramo di azienda di BETA nell’Allegato sub BB (di seguito: il “Ramo d’Azienda di BETA”),
per quanto riguarda il ramo di azienda di GAMMA nell’Allegato sub CC (di seguito: il “Ramo
d’Azienda di GAMMA”), per quanto riguarda il ramo di azienda di DELTA nell’Allegato sub
DD (di seguito: il “Ramo d’Azienda di DELTA”) e per quanto riguarda il ramo di azienda di
EPSILON nell’Allegato sub EE (di seguito: il “Ramo d’Azienda di EPSILON” e, unitamente
ai Rami di Azienda di BETA, GAMMA e DELTA: i “Rami di Azienda”).
Date le premesse iniziali e gli allegati, che costituiscono a tutti gli effetti, parte del contratto
(art.1.1), il contratto ribadisce le condizioni di validità precedentemente indicate e contiene la
promessa di vendita e di acquisto da parte delle società coinvolte (art 2.2)
TUTTO CIÒ PREMESSO
Articolo 1 – Premesse ed Allegati
1.1. Le Premesse e gli Allegati costituiscono parte integrante e sostanziale del presente
contratto preliminare (di seguito: il “Contratto”).
Articolo 2 – Oggetto
2.1. BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON, sul presupposto che venga autorizzato il Contratto
di Affitto dei Rami d’Azienda entro il termine di 30 giorni dal deposito dell’istanza di
concordato e subordinatamente al verificarsi delle condizioni di cui al successivo articolo 8,
ciascuna per la parte di propria spettanza e congiuntamente fra loro promettono di vendere
a ALFA, che, sui medesimi presupposti e alle medesime condizioni, promette di acquistare,
per sé o per società dalla medesima controllata (di seguito: “ALFA”) da nominare entro 3
giorni dalla comunicazione dell’eventuale Omologazione da parte dei competenti organi della
Procedura di Concordato, i Rami di Azienda costituiti dal complesso dei beni organizzati per
l’esercizio delle rispettive attività di produzione e distribuzione di prodotti alimentari, meglio
descritti negli allegati sub BB (Ramo di Azienda di BETA”, CC (“Ramo di Azienda di
GAMMA”), DD (“Ramo di Azienda di DELTA”)e EE (“Ramo di Azienda di EPSILON”).
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Il seguente art 3.1 definisce il prezzo dell’acquisizione e questo è un punto che merita
maggiore approfondimento.
Premesso che, all’interno del contratto di compravendita, il prezzo, inteso come obbligazione
di pagare il prezzo e non come quantità di denaro corrispettivo della prestazione traslativa, è
da ritenersi, in primis, elemento essenziale, in quanto riconducibile all’oggetto del contratto
nonché penetrante nell’area della causa del contratto, e, secondariamente, elemento
qualificante, essendo la determinazione di un corrispettivo in danaro coessenziale alla figura
della vendita, è necessario precisato che il prezzo, pena la nullità del negozio, dovrà essere,
a norma dell’art. 1346 c.c., determinato o determinabile63. Il prezzo è determinato quando
l’obbligazione del compratore è specificamente individuata nella sua entità al momento della
stipulazione del contratto. Di contro, il prezzo sarà determinabile quando, al momento della
stipula, sono con precisione stabiliti soltanto i criteri in base al quale potrà essere
successivamente determinato l’ammontare della somma dovuta dal compratore al venditore.
Sulla base, in parte, di quest’ultima distinzione, autorevole dottrina64, facendo riferimento
alla prassi contrattuale, ha distinto le clausole di determinazione del prezzo in tre principali
categorie: a) clausole nelle quali il prezzo è fin dall’origine determinato in una precisa
espressione monetaria; b) clausole nelle quali il prezzo non è determinato, ma è
determinabile attraverso lo sviluppo di una formula; c) clausole nelle quali il prezzo è in parte
certo, determinato o determinabile, in parte eventuale, collegato al verificarsi di un
avvenimento futuro o incerto.
Le clausole del primo tipo sono ovviamente le più semplici e non danno adito ad alcun
problema di redazione contrattuale; è sufficiente ricordare come il prezzo talvolta possa
essere ancorato a specifici parametri monetari e come esso venga talvolta accompagnato
dalle disposizioni relative alle scadenze del pagamento, agli interessi da corrispondere in caso
di ritardo e ai mezzi di pagamento.
Come può essere agevolmente notato, nel contratto in esame si tratta di un prezzo
determinato secondo questa prima tipologia di clausola.
Per quanto concerne le clausole appartenenti alla seconda categoria, più spesso, nella prassi,
vengono previste clausole in cui il prezzo risulta essere parzialmente determinabile, essendo
in parte determinato in misura fissa dalle parti e in parte relegato all’applicazione di
parametri esterni oggettivi ovvero alla valutazione di un terzo arbitratore. Nel caso in cui il
prezzo sia determinabile sulla base di parametri esterni, le parti prevedono l’applicazione di
formule algebriche espressamente pattuite nel contratto e che si basano su indici
patrimoniali o di redditività che possono essere i più vari, come nel caso in cui si preveda di
determinare l’ammontare dovuto sulla base di un multiplo del Margine Operativo Lordo,
eventualmente rettificato. Sovente, il prezzo trova il proprio fondamento non solo in una 63 In tal senso, con riferimento ai contratti di compravendita azionari, si veda IUDICA G., Il prezzo nella vendita di partecipazioni azionarie, op. cit., 753 ss. 64 Cfr. DE ANDRÉ M., Le clausole relative al prezzo, in AA.VV., Acquisizioni di società e di pacchetti azionari di riferimento, Giuffrè, Milano, 1990, p. 183 ss.
Il contratto di acquisizione: un esempio recente commentato
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componente ancorata al patrimonio netto della società, ma anche in un’ulteriore
componente, un plusvalore su cui una delle parti riponga particolare attenzione, quale
potrebbe essere, ad esempio, il valore dell’avviamento. Una volta raggiunto l’accordo sulla
formula algebrica su cui poggerà la determinazione del prezzo, sarà poi necessario pattuire la
data della situazione patrimoniale di riferimento su cui effettuare le suddette valutazioni, i
criteri contabili da utilizzare per la valutazione delle singole poste di bilancio, soprattutto con
riferimento a quelle voci particolarmente delicate, quali magazzino e crediti e, infine, il
soggetto, che sarà generalmente una società di revisione, imputato a effettuare le
valutazioni patrimoniali necessarie per la determinazione del prezzo.
In certi casi, la prassi contrattuale prevede altresì la predisposizione di talune clausole
attraverso cui viene disciplinato un aggiustamento post closing, ovverosia un meccanismo
che permette un processo di revisione del prezzo post acquisizione, vincolando le parti a
versare, ovvero a restituire, una somma a titolo di conguaglio per eventuali variazioni della
situazione patrimoniale intervenute nel periodo intercorrente tra la data di stipula e il closing e accertate dalla società di revisione precedentemente nominata dalle parti in maniera
congiunta e irrevocabile..
Infine, è possibile che le parti abbiano pattuito un prezzo composto da una parte già
determinata, o determinabile secondo i criteri visti sopra, e una parte meramente eventuale,
sottoposta cioè a una condizione dipendente da un avvenimento futuro e incerto. Fermo
restando il divieto di sottoporre l’intero prezzo a condizione, pena la nullità dell’intero
contratto, nonché di prevedere ipotesi di condizione impossibile, illecita o, qualora di natura
sospensiva, meramente potestativa, tale avvenimento futuro e incerto potrà consistere in
qualsivoglia evento, quale, ad esempio, l’emanazione di un provvedimento autorizzativo della
pubblica autorità oppure la quotazione in borsa. Rientrano in tale categoria una tipologia di
clausole molto diffusa nella prassi, le cosiddette clausole di earn out, per mezzo delle quali
l’acquirente condiziona il pagamento di una parte del prezzo al raggiungimento, in un
determinato lasso di tempo successivo al closing, di determinati obiettivi da parte della
società negoziata. In altre parole, l’acquirente compra oggi e diviene proprietario di una certa
partecipazione pagando un prezzo iniziale, generalmente minore di quello richiesto dal
venditore, che successivamente potrà venire incrementato in funzione dell’effettivo
conseguimento dei risultati ipotizzati nel piano predisposto dal venditore stesso secondo
tempistiche e finalità preconcordate tra le parti.
In concreto, si distinguono due tipologie di earn out. Un primo tipo è costituito dagli
economic earn out, con cui il compratore si impegna a corrispondere, oltre alla somma
pattuita al closing, un ulteriore importo annuale, per un certo numero di anni, che sia pari a
una data percentuale del fatturato ovvero dei ricavi lordi generati dalla società dopo il
perfezionamento dell’acquisizione.
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Con i performance earn out, invece, l’acquirente subordina il pagamento di una parte del
prezzo al conseguimento, da parte della società, di determinati obiettivi annuali per un certo
numero di anni successivi al closing. A volte, la parte di prezzo condizionata viene legata al
conseguimento di un certo rendimento da parte dell’acquirente al momento del proprio
disinvestimento.
Diversi poi possono essere gli stessi strumenti per realizzare questi schemi. È possibile,
infatti, ricorrere all’utilizzo di prestiti obbligazionari convertibili, spesso associati ad un
contestuale investimento diretto anche in capitale di rischio. L’eventuale futura conversione
potrà, infatti, avvenire a valori predefiniti ma variabili in funzione dei risultati effettivamente
conseguiti, consentendo di giungere, in tal modo, a partecipazioni complessive che
riconducono a valori iniziali differenti. Potrà accadere, allora, che il valore di conversione del
prestito obbligazionario convertibile sia calcolato proprio in funzione del rendimento
prefissato dall’acquirente.
Un ulteriore strumento per raggiungere i medesimi scopi, possono essere, inoltre, gli accordi
di opzione a termine tra acquirente e venditore, anche questi strutturabili sul conseguimento
di un determinato rendimento.
Sono tutti strumenti, in definitiva, utili ed efficaci per superare l’iniziale differenza tra
venditore e acquirente e che si adattano tipicamente ai casi in cui sono previsti forti tassi di
crescita per l’azienda target, magari a fronte di performance storiche deludenti, dove
l’acquirente preferisce tutelarsi ancorando il prezzo al raggiungimento effettivo dei risultati
prospettati nei piani previsionali. Dall’altra parte, occorrerà tenere presente come l’adozione
delle clausole di earn out possa risultare piuttosto svantaggiosa per il venditore, potendo
l’acquirente, una volta subentrato nella gestione della società, intraprendere operazioni che,
seppur positive in un’ottica di lungo periodo, possono, negli esercizi immediatamente
successivi al closing, contrarre gli utili e privare, conseguentemente, il venditore della parte
di prezzo condizionata.
Nelle acquisizioni di rami d’azienda, si dovrà tenere presente che le clausole di
determinazione del prezzo normalmente tengono conto delle passività delle quali l’acquirente
si fa carico (nell’esempio presentato, il TFR) e che quindi il prezzo si intende come differenza
tra il valore attribuito ai rami ed alle passività cedute (art 3.1 (i)).
Alcune ulteriori precisazioni si rendono necessarie in merito alle clausole che regolano il
pagamento del prezzo. Tale punto può essere ricondotto a due basilari quesiti: con che cosa
si paga il prezzo e quando lo si paga.
Con riferimento al primo dei due interrogativi, il prezzo può essere pagato in denaro o
tramite assegni, siano essi assegni bancari ovvero assegni circolari; abbastanza frequente è il
caso in cui almeno una parte del prezzo viene pagato in natura, ad esempio, mediante azioni
od obbligazioni. In tal caso, ovviamente, la compravendita assumerà, in parte, la forma
giuridica della permuta.
Il contratto di acquisizione: un esempio recente commentato
53
Quanto al secondo quesito, certamente più interessante sotto il profilo delle soluzioni
progressivamente elaborate dalla prassi contrattualistica, è opportuno ricordare come l’art.
1498, comma 2, c.c. preveda che “in mancanza di pattuizione e salvi gli usi diversi, il
pagamento deve avvenire al momento della consegna e nel luogo dove questa si esegue”. Si
deve, pertanto, evincere che, in assenza di espresse disposizioni delle parti, il pagamento
dovrà effettuarsi contestualmente alla consegna dei titoli, che avverrà normalmente in sede
di closing. Tale disposizione, peraltro, è destinata ad avere una scarsa applicazione pratica,
non mancando mai, nei contratti di compravendita azionaria, una o più clausole volte a
determinare le modalità e la tempistica del pagamento del prezzo. A questo riguardo, le
alternative a disposizione possono essere tra le più disparate. Vi sono, infatti, clausole che
prevedono il pagamento di una parte del prezzo al momento della conclusione del contratto
e il versamento del saldo alla data del closing, ovvero ad un momento successivo allo stesso;
possono prevedersi clausole che impongono il pagamento dell’intero prezzo alla data del
closing, oppure, ancora, il pagamento in tale data di una parte della somma dovuta e il
versamento del saldo in un momento successivo. Ogniqualvolta il pagamento del prezzo
venga scisso in due o più momenti, sarà comunque opportuno precisare alcuni dettagli già in
sede di stipula del contratto. Innanzitutto, sarà utile per le parti stabilire le rate di prezzo e le
relative scadenze, specificando altresì la disciplina di eventuali interessi moratori o di
automatica decadenza dal beneficio del termine nel caso di inadempimenti parziali.
Secondariamente, è necessario che le parti adottino dei meccanismi di aggiustamento del
prezzo, che garantiscano l’acquirente in tutti quei casi in cui, successivamente alla stipula del
contratto, emergano, in sede di due diligence, difformità di segno negativo rispetto alla
situazione effettiva della società, tali per cui il prezzo della compravendita possa venire
proporzionalmente ridotto in correlazione delle minusvalenze individuate. In siffatte ipotesi,
le parti avranno a loro disposizione più di una modalità pratica con cui rendere operativo il
meccanismo di aggiustamento del prezzo. In primo luogo, qualora il prezzo sia già stato
pagato per intero, l’alienante potrà versare un conguaglio in denaro. Quando, invece, il
prezzo sia dovuto mediante più tranches di versamenti, le parti potranno disporre
contrattualmente la compensabilità del prezzo ancora dovuto con i crediti risarcitori vantati
dal compratore in forza delle garanzie precedentemente assunte dal venditore e risultate poi
non veritiere. Si deve sottolineare, a tal proposito, come tale possibilità debba essere
espressamente prevista dalle parti, le quali, in caso contrario, non potrebbero altrimenti
invocare la compensazione legale, non potendosi qualificare il credito vantato dall’acquirente
come liquido ed esigibile.
Una forma di tutela, infine, predisposta innanzitutto a favore del venditore è costituita dalle
normali garanzie di adempimento, che possono consistere, per esempio, in fideiussioni bancarie,
ancora meglio se a prima richiesta, che impone alla banca di pagare a prima richiesta del
beneficiario, senza poter richiedere la dimostrazione dei presupposti legittimanti il pagamento.
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Altre forme di garanzia utilizzate nella prassi riguardano le cosiddette lettere di patronage da
parte della società che controlla l’acquirente o della capogruppo, qualora il compratore faccia
parte di un gruppo particolarmente grande e florido dal punto di vista finanziario; oppure, la
costituzione in pegno delle azioni compravendute da parte dell’acquirente e a favore
dell’alienante.
Per concludere, infine, non va trascurato il fatto che le stesse garanzie fin qui viste possono
essere predisposte non soltanto a favore dell’alienante, bensì anche a tutela dello stesso
acquirente, affinché venga garantito il pagamento degli importi che il venditore sia
eventualmente tenuto a versare a titolo di indennizzo per la violazione delle cosiddette
rappresentazioni e garanzie.
L’art 3 (ii) definisce la forma di pagamento attraverso assegni circolari.
Articolo 3 – Prezzo
3.1. Il prezzo fissato per l’acquisto dei Rami di Azienda è pattuito in complessivi Euro
_______________,00 , da considerarsi unitario e inscindibile per tutti i Rami di Azienda e da
corrispondersi secondo i seguenti termini e modalità:
(i) mediante accollo dell’ammontare del Trattamento di Fine Rapporto dovuto,
rispettivamente, da BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON con riferimento ai dipendenti in essere
alla data dell’autorizzazione del Contratto di Affitto dei Rami di Azienda;
(ii) per la differenza tra il Prezzo complessivo di Euro ______________,00 e l’ammontare
del debito per TFR al quale si riferisce l’accollo di cui al precedente punto (i) a mezzo assegni
circolari alla data della sottoscrizione del contratto definitivo di vendita secondo quanto
previsto al successivo articolo 4.1
(di seguito, complessivamente: il “Prezzo”).
L’art. 4 definisce il termine entro il quale dovrà essere firmato il contratto definitivo,
costituendo il presente un preliminare di contratto.
Articolo 4 – Contratto Definitivo
4.1. Il contratto definitivo di acquisto dei Rami di Azienda (di seguito: il “Contratto
Definitivo di Acquisto dei Rami di Azienda”) verrà stipulato entro 15 (quindici) giorni
dal passaggio in giudicato dell’Omologazione, ovvero, fermo quanto previsto al successivo
articolo 8, nel diverso termine richiesto dagli organi della Procedura di Concordato (di
seguito: la “Data del Contratto Definitivo di Acquisto dei Rami di Azienda”).
Il contratto di acquisizione: un esempio recente commentato
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L’art. 5 determina i requisiti dei rami d’azienda e in particolare introduce le dichiarazioni e le
garanzie più avanti presentate nell’allegato BB1.
La rilevanza del tema delle dichiarazioni e delle garanzie è riconducibile all’esigenza che
sorge in capo all’acquirente di assicurarsi un’adeguata tutela allorché la consistenza
patrimoniale della società si riveli diversa, sotto il profilo sia qualitativo che quantitativo,
rispetto a quella prospettata dall’alienante e sulla quale l’acquirente aveva fatto affidamento.
Tale situazione va inquadrata nel più generale contesto della figura tipica del contratto di
compravendita, quale previsto e disciplinato dagli artt. 1470 ss. del Codice civile che prevedono
specifiche garanzie in relazione al bene compravenduto. Tale disciplina è direttamente
applicabile alle acquisizioni di azienda e di ramo d’azienda, mentre una situazione particolare si
presenta nel caso dell’acquisizione di partecipazioni azionarie e di quote.
Infatti, nel caso specifico, alla partecipazione acquisita con il contratto di compravendita, è
altrettanto vero che il cosiddetto bene mediato, cioè la società del cui capitale la
partecipazione è rappresentativa e che, rappresentando il vero interesse da tutelare,
dovrebbe costituire oggetto di concrete garanzie, di fatto riceve solo una parziale tutela da
parte dell’ordinamento italiano. È proprio per colmare questo vuoto legislativo che la prassi,
soprattutto di matrice anglosassone, ma ormai fatta propria anche dagli ordinamenti di diritto
civile, ha elaborato forme tipiche, e sostanzialmente standardizzate, di regolamentazione
convenzionale delle rappresentazioni e garanzie fornite dal venditore in merito alla effettiva
consistenza patrimoniale ed economica della società oggetto dell’acquisizione.
Prima di procedere nell’analisi delle clausole specifiche è opportuno valutare l’esperibilità
delle azioni previste dal Codice civile che potrebbero risultare utili qualora l’acquirente stesso
non si sia premunito, tramite l’inserimento nel contratto di specifiche clausole di garanzia,
contro i rischi di sopravvenienze passive e di insussistenze attive che vadano ad incidere
negativamente sul valore del patrimonio della società.
Sul punto occorre innanzitutto precisare come dottrina e giurisprudenza65 siano pressoché
unanimi nell’affermare come il contratto di acquisizione di azioni o di quote di società a
responsabilità limitata ha come proprio oggetto l’acquisto della proprietà, rispettivamente, delle
azioni o delle quote individuate nel contratto stesso e non mai, nemmeno indirettamente, della
corrispondente quota del patrimonio sociale. Ciò in quanto i beni sociali rimangono insensibili alla
negoziazione, continuando a rimanere di esclusiva proprietà della società, quale ente giuridico
dotato di personalità giuridica e, quindi, distinto dai suoi soci. In altre parole, le circostanze
attinenti alla consistenza e alla composizione del patrimonio della società o della sua redditività,
anche se economicamente rilevanti e incidenti sull’ammontare del prezzo pattuito, non si
65 Tra le molte, Cass. civ., 21 giugno 1974, n. 1836, in Giust. civ.,1975, I, p. 832; Cass. civ., 30 ottobre 1969, n. 3625, in Dir. fall., 1970, II, p. 439; Cass. civ., 29 marzo 1935, in Riv. dir. comm., 1935, II, p. 411; App. Milano, 15 marzo 1991, in Società, 1991, p. 969; Trib. Milano, 3 ottobre 1991, in Giur. comm., II, 1992, p. 434; Trib. Milano, 26 novembre 2001, in Società, 2002, p. 568. In dottrina si veda PANZARINI G., La tutela dell’acquirente nella vendita dei titoli di credito, in Riv. dir. comm., 1959, I, p. 252 ss; ROSSI G., Persona giuridica, proprietà e rischio d’impresa, Giuffrè, Milano, 1967, p. 18 ss; FERRI G., Le società, in Trattato dir. civ., 1987, p. 491 ss.; ANGELICI C., La circolazione della partecipazione azionaria, in Trattato delle s.p.a., II, Utet, Torino, 1991, p. 111 ss.
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riflettono sull’identità delle azioni, né assurgono a qualità essenziali del pacchetto azionario,
restando questo integro fintantoché rappresenti la partecipazione della società, qualunque
patrimonio le possa in ogni momento far capo. E non potrebbe essere diversamente nemmeno
nel caso in cui venga allegato al contratto di acquisizione il bilancio di riferimento, ipotesi,
peraltro, che si verifica pressoché nella totalità dei casi.
Come è stato autorevolmente proposto in dottrina da Ascarelli, il bilancio, in siffatti casi,
verrebbe assunto dalle parti quale elemento sulla cui base è determinato il valore delle
azioni, così da poter costituire qualità essenziali dei titoli azionari stessi. Tale tesi, però, non
ha avuto seguito in dottrina, in quanto, per poterla accettare, bisognerebbe dimostrare che
le situazioni risultanti dal bilancio siano, nella mentalità comune, da considerarsi essenziali in
relazione all’uso normale del titolo; ciò, tuttavia, risulta di difficile dimostrazione sulla base di
una duplice considerazione:
1. il bilancio è rilevante nella negoziazione ma non costituisce l’esclusiva base di riferimento
delle parti per la determinazione del prezzo, dal momento che nella prassi contrattualistica
si fa uso di metodi di tipo finanziario, reddituale e dei multipli;
2. si porrebbe il problema di individuare se e quando una qualsiasi difformità tra una o più
poste patrimoniali iscritte in bilancio e la reale situazione economico-patrimoniale della
società possa costituire la fattispecie del difetto di qualità essenziale dell’azione.
Dunque, in assenza di esplicite garanzie in merito alla consistenza patrimoniale previste appositamente nel contratto di compravendita, l’azione di risoluzione del contratto ovvero di riduzione del prezzo per vizi di cosa venduta ex artt. 1490-1492 c.c. non può trovare
applicazione al contratto di acquisizione, riferendosi esclusivamente ai vizi materiali della cosa venduta che incidono sulla idoneità della medesima a trasferire lo status di socio. Una ridotta consistenza economica della società non costituisce né può costituire un vizio della
partecipazione trasferita, dal momento che le azioni o quote trasferite rimangono di per sé idonee a consentire all’acquirente l’esercizio di tutti i diritti patrimoniali e sociali connessi alla qualità di socio trasferita con esse, in quanto le minusvalenze o le passività sociali
sopravvenute “non toccano, di per sé, alcuno dei diritti o delle facoltà in cui consiste la posizione giuridica del socio conseguita mediante l’acquisto delle azioni”66. A tutt’altra conclusione, invece, si deve pervenire ogniqualvolta si riscontrino dei vizi che propriamente
attengano ai titoli azionari, come nel caso, ad esempio, di azione emessa senza previa deliberazione assembleare o a seguito della stessa che risulti essere nulla o annullabile, oppure emessa in violazione della disciplina sul rapporto tra capitale sociale ed emissione di
azioni, oppure, ancora, emessa prima che siano state interamente liberamente quelle sottoscritte in precedenza67. In tali fattispecie, così come in tutte quelle in cui si riscontrano vizi analoghi, l’acquirente potrà invocare la tutela redibitoria per vizi della cosa venduta, a
condizione che, in presenza di un vizio facilmente riconoscibile, l’alienante abbia assicurato
l’inesistenza del vizio stesso.
66 SHERMI A., in Nota a Cass. civ., 10 febbraio 1967, n. 338, in Giust. civ., 1967, I, p. 457. 67 Per un’analisi approfondita si veda PANZARINI G., La tutela dell’acquirente nella vendita dei titoli di credito, op. cit., p. 252 ss.
Il contratto di acquisizione: un esempio recente commentato
57
Sulla base delle medesime considerazioni, non trova applicazione con riferimento al contratto
di acquisizione il rimedio legale applicabile alla fattispecie di aliud pro alio, che si riscontra
allorché non sussista coincidenza tra le cose sulle quali è intervenuto l’accordo di
compravendita e le cose effettivamente consegnate. La figura dell’aluid pro alio sarà, infatti,
invocabile dalle parti esclusivamente in caso di trasferimento di azioni di una società fallita o
in liquidazione anziché di una società in bonis e operativa, ovvero allorché siano trasferite
azioni o quote di una società il cui oggetto sociale sia diverso da quello prospettato
dall’acquirente durante la negoziazione, oppure, infine, nell’ipotesi di cessione di azioni
rappresentanti una frazione del capitale sociale inferiore a quella presupposta al momento
della contrattazione.
Le considerazioni sopra esposte si applicano anche con riferimento alla garanzia legale per
evizione, che impone all’alienante di risarcire il compratore delle conseguenze relative ad
interventi rivendicativi o espropriativi sul bene alienato da parte di terzi. Anche qui, infatti, è
chiaro che eventuali pretese di terzi su beni del patrimonio sociale non potranno essere fatte
rientrare nella garanzia legale per evizione, che riguarda esclusivamente l’oggetto della
compravendita, ovverosia l’azione come bene giuridico. E alla medesima conclusione
pervengono dottrina e giurisprudenza68 circa la possibilità o meno di invocare il rimedio
contemplato dall’art. 1497 c.c., che consente all’acquirente di ottenere, oltre al risarcimento
del danno, la risoluzione del contratto se “la cosa venduta non ha le qualità promesse ovvero
quelle essenziali all’uso per cui è destinata” 69.
Si sottolinea ancora come la qualità rilevante ai fini dell’applicabilità del rimedio legale consiste
in un elemento intrinseco al bene alienato. In tal senso, il rimedio ex. art. 1497 c.c. è esperibile
allorquando l’azione consegnata sia ordinaria anziché privilegiata, ovvero qualora le azioni
siano acquistate sul presupposto che esse rappresentino una diversa aliquota del capitale
sociale70. Diversamente, qualora fosse prestata dall’alienante una garanzia circa una specifica
consistenza e composizione del patrimonio sociale, ciò si rifletterebbe sulla posizione
contrattuale del venditore, in quanto renderebbe rilevante una qualità delle azioni oggetto della
vendita e comporterebbe, nel caso di un patrimonio sociale minore di quanto dichiarato,
l’applicazione delle disciplina stabilita con l’art. 1497 c.c., con il conseguente assoggettamento
dei diritti dell’acquirente ai termini di decadenza e prescrizione di cui all’art. 1495 c.c.
Con riferimento alla compravendita azionaria, presenta scarse possibilità applicative anche la
rescissione per lesione. Si pensi, infatti, ai presupposti dello stato di bisogno di una parte e
dell’approfittamento dall’altra, che, seppur astrattamente verificabili, appaiono quantomeno
improbabili nei casi di acquisizioni di partecipazioni societarie, soprattutto con riferimento alle
fattispecie emergenti nella prassi.
68 Cfr. Cass. civ., 21 giugno 1996, n. 5773, in Società, 1997, p. 33; Cass. civ., 10 febbraio 1967, n. 338, cit., p. 457. In dottrina, CORRADO R., I contratti di borsa, in Tratt. di dir. civ., Utet, Torino, 1960, p. 314; SCHERMI A.,op. cit., p. 459. 69 Si vede la sentenza Trib. Napoli, 11 marzo 2002, in I contratti, 2002, II, p. 1137. 70 Cfr. CERRATO M., Tutela dell’acquirente di partecipazioni azionarie in assenza di clausole di garanzia, in Società e diritto, 1993, p. 702 ss.
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Dottrina prevalente e giurisprudenza71 escludono, poi, la possibilità di avvalersi, in caso di
falsa rappresentazione della realtà circa la consistenza del patrimonio sociale, l’azione di
annullamento del contratto di vendita delle azioni invocando il vizio dell’errore, il quale,
essendo un errore sul valore, non può essere definito essenziale perché non cade su di una
qualità intrinseca dell’azione o della quota trasferita né sull’identità della stessa. Il valore
economico di un bene, infatti, non integra una qualità intrinseca del medesimo, atteso che i
valori attribuiti ai beni oggetto di una compravendita riflettono l’interesse e le valutazioni
soggettive delle parti e, quindi, fattori estrinseci rispetto al bene stesso. In secondo luogo, il
fatto stesso che la determinazione del prezzo della partecipazione dipenda non solo dalla
consistenza patrimoniale ma, in maniera significativa, anche da apprezzamenti del tutto
soggettivi dei contraenti fa sì che l’errore non possa essere considerato nemmeno
riconoscibile, venendo, così, a mancare anche il secondo dei presupposti necessari affinché si
possa legittimamente invocare l’annullamento del contratto.
Quando il compratore sia, invece, caduto in errore sulla situazione patrimoniale o reddituale
della società perché indotto dall’inganno e dalle false rappresentazioni fornite dal venditore,
sono invece pacificamente ammesse in dottrina72 l’annullabilità del contratto in caso di dolo
determinante ex art. 1439 c.c. ovvero, nel caso di dolo incidente, il risarcimento dei danni ex art. 1440 c.c. Tuttavia, se si riconosce la fattispecie dolosa solamente nelle ipotesi
tradizionali della machinatio intenzionale e fraudolenta del venditore, perpetrata attraverso
raggiri ed artifici, tale rimedio risulterà di scarsa efficacia, spettando all’acquirente il gravoso
onere di provare i requisiti del dolo73.
Da ultimo, nella ricerca di soluzioni diverse, occorre dar conto dell’applicabilità ai contratti di trasferimento delle partecipazioni sociali dell’istituto della presupposizione74. Al riguardo, la Corte di Cassazione ha precisato che “l’istituto della presupposizione ricorre quando una
determinata situazione di fatto o di diritto di carattere obiettivo, il cui venir meno o il cui verificarsi sia cioè del tutto indipendente dall’attività e dalla volontà delle contraenti e non costituisca oggetto di una loro specifica obbligazione, possa in mancanza di un espresso
riferimento ad essa nelle clausole contrattuali ritenersi tenuta presente dai contraenti medesimi nella formulazione del loro consenso come presupposto comune avente valore determinante ai fini del permanere del valore del vincolo contrattuale”75. L’utilizzo di tale 71 In dottrina si veda ASCARELLI T., In tema di vendita di azioni e responsabilità degli amministratori, in Foro it.,1953, II, p. 1638 ss; PANZARINI G., cit., p. 287. In giurisprudenza, tra le varie, Cass. civ.,29 agosto 1995, n. 9067, in Società, 1995, p. 1152; Cass. civ., 21 giugno 1996, n. 5773, in Mass. ann., 1996, p. 906. 72 Tra gli altri, GRECO P., Le società di comodo e la vendita delle loro azioni, in Riv. dir. comm., 1935, II, p. 121 ss.; FERRI G., op. cit., p. 493 ss.; IUDICA G., Il prezzo nella vendita di partecipazioni azionarie, in Riv. delle società, 1991, I, p. 750 ss. 73 Non è un caso, in effetti, che la giurisprudenza sia abbastanza scarna in tema, potendosi rinvenire soltanto due precedenti dove sia stato accolta l’azione di annullamento per dolo: App. Roma, 21 luglio 1933, in Riv dir. comm., 1935, II, p. 121 e Cass. civ., 29 agosto 1991, n. 9727, in Società, 1992, p. 763. Tale rimedio potrebbe avere maggiore spazio ammettendo la figura del dolo omissivo e della reticenza dolosa. Questa soluzione, invocata da alcuni si scontra peraltro con un atteggiamento piuttosto cauto della giurisprudenza. 74 Per un approfondimento di tale istituto si veda ANGELICI C., op. cit., p. 115; BELFIORE A., La presupposizione, in Trattato di diritto privato, vol. 9, 1998; FERRI G., Incidenza delle obbligazioni sociali nei rapporti fra cedente e cessionario di quota sociale, in Foro it., 1936, I, p. 719 ss.; COLOMBO C., Commento a sentenza Cass., 29-8-1991, n. 9227, in Corr. giur., 1992, p. 312 ss.; GRECO P., Le società di comodo e la vendita delle loro azioni, op. cit., p. 137 ss.; PANZARINI G., La tutela dell’acquirente nella vendita dei titoli di credito, op. cit., p. 292 ss. 75 Così Cass. civ., 3 dicembre 1991, n. 12921, in Giur. it., 1992, I, p. 2210.
Il contratto di acquisizione: un esempio recente commentato
59
rimedio, dunque, non può prescindere da concreti e rigorosi parametri probatori per evitare che esso possa costituire un escamotage di risoluzione del contratto sulla base di motivi meramente soggettivi. Si deve sottolineare, peraltro, come tale istituto sia di difficile
applicazione nei casi in cui la partecipazione acquisita non sia totalitaria, essendo ancor più gravoso l’onere di dimostrare che un determinato bene o posta patrimoniale sia stato assunto dall’acquirente quale presupposto condizionante del proprio consenso. A tal fine
potrebbero assumere rilevanza le premesse al contratto, spesso espressamente qualificate dai contraenti come parti integranti del contratto e contenenti degli elementi di fatto e soggettivi che possono certamente contribuire alla ricostruzione completa della volontà delle
parti. Ciò, in particolare, al fine di dare rilevanza giuridica ai motivi che hanno spinto le parti a stipulare il contratto di acquisizione. Volendo quindi concludere, appare alquanto chiaro che il ventaglio di strumenti giudiziali
messi a disposizione dell’acquirente di partecipazioni sociali è piuttosto esile, dovendosi affermare come i rimedi previsti dal codice civile in tema di vendita e di vizi del consenso siano tali da garantire l’acquirente, al di là delle poche eccezione viste sopra, soltanto in quei
pochi casi in cui l’evizione, i vizi, la mancanza delle qualità essenziali, l’errore sulla situazione economica e patrimoniale della società si riferiscano direttamente alle azioni o alle quote. Inoltre, anche qualora ricorrano gli estremi per poterli invocare, la risoluzione o
l’annullamento del contratto raramente rappresentano una soluzione adeguata rispetto alla patologia contrattuale concreta, rivelandosi, in molti casi, più appropriato un rimedio di tipo risarcitorio. Non si dimentichi poi come eventuali minusvalenze e sopravvenienze passive
ovvero una minore redditività emergano, generalmente, in un tempo successivo, anche di molti mesi, rispetto alla data di stipula del contratto, quando, cioè, l’acquirente potrebbe aver già modificato la struttura organizzativa, finanziaria o patrimoniale; ciò renderebbe poco utili
o addirittura non più esperibili i relativi rimedi legali. Infine, non devono essere trascurati tutti quegli oneri economici e di durata del giudizio che l’acquirente si deve accollare ogniqualvolta sia costretto a rivolgersi all’autorità giudiziaria o a un collegio arbitrale. Appare
del tutto evidente, pertanto, come l’acquirente possa tutelarsi realmente rispetto al rischio che il patrimonio della società acquisita risulti inferiore rispetto alla prospettazione dello stesso, soltanto attraverso l’inserimento nel contratto di acquisizione di apposite clausole di
garanzia nonché di specifiche indemnities. Le clausole di garanzie che vengono apposte nei contratti di acquisizione vengono normalmente definite dichiarazioni e garanzie senza che sia possibile effettuare una chiara
distinzione tra i due termini. Esse sono invece riconducibili a due tipologie specifiche: le clausole finalizzate a dichiarare e garantire al compratore la regolarità della
costituzione della società e dell’attività svolta nonché la piena e libera disponibilità delle
partecipazioni societarie in capo all’alienante. Tali garanzie riguardano poi specificamente i titoli oggetto di trasferimento, andando a tutelare l’acquirente in merito alla tipologia delle azioni acquisite nonché alla loro intera liberazione, alla percentuale
del capitale sociale trasferita, all’inesistenza di diritti di pegno di terzi o di vincoli di qualsiasi natura. Si tratta, in sintesi, di clausole volte a garantire, da una parte, l’identità
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e la qualità del bene compravenduto, dall’altra, la effettiva titolarità del bene e l’assenza di vincoli su di esso, riferendosi pertanto, come visto sopra, a situazioni già oggetto della tutela legale. Ciò non impedisce, peraltro, che le parti regolamentino le violazioni di tali
garanzie in maniera diversa rispetto a quanto previsto dalla disciplina legale, inserendo, ad esempio, una clausola risolutiva espressa efficace anche in caso di un solo inadempimento, ovvero una riduzione del prezzo, oppure, ancora, l’obbligo per
l’alienante di effettuare le prestazioni ancora dovute. Le parti, pertanto, potranno disporre della più ampia autonomia nel modulare i contenuti e le conseguenze delle clausole in esame;
le clausole di garanzia patrimoniale-reddittuale, hanno la funzione di “descrivere” e
garantire la situazione patrimoniale e finanziaria della società, le sue prospettive
reddituali e, in generale, tutta una serie di elementi e di situazioni giuridico-economiche
che fanno capo alla società e la cui sussistenza interessa all’acquirente. Viene in tal
modo data garanzia su tutti gli elementi che hanno concorso a determinare il prezzo e
che, riferendosi non tanto al bene oggetto della compravendita bensì al “bene mediato”,
non possono trovare tutela nella legge.
Le garanzie appartenenti alla seconda tipologia vengono tradizionalmente suddivise dalla
dottrina in clausole di tipo sintetico e clausole analitiche, e solo un’utilizzazione congiunta di
ciascuna delle due tipologie può, se non eliminare del tutto, comunque ridurre il più possibile
il rischio per l’acquirente di trovarsi privo di tutela.
Passando all’esame delle clausole che più frequentemente si ritrovano nei contratti di
acquisizione, è possibile sostenere come le clausole propriamente relative alla situazione
patrimoniale-reddituale della società rappresentino la garanzia centrale del contratto,
trattandosi, infatti, di clausole con le quali il compratore mira a soddisfare la fondamentale
esigenza dell’equa corrispettività tra prezzo pagato e valore del bene ottenuto.
Innanzitutto, l’alienante garantisce, attraverso una formula di tipo sintetico del tutto
consolidata, che il bilancio allegato rappresenta in modo veritiero e corretto lo stato
patrimoniale, economico e finanziario della società negoziata, che esso è stato altresì redatto
in conformità ai criteri di legge e ai principi contabili nazionali e contabili e che ai fini della
stima di determinate poste sono stati applicati i medesimi criteri o, eventualmente, quelli
diversi specificamente individuati.
Inoltre, certamente utile è la dichiarazione che il bilancio allegato è stato redatto in
conformità con i criteri e principi contabili utilizzati per la redazione dei bilanci precedenti a
quello di riferimento; così facendo, ci si tutela dal rischio che una eventuale variazione dei
criteri utilizzati per la redazione del bilancio di riferimento possa essere utilizzata per
occultare passività o minusvalenze delle voci attive che siano già emerse in capo alla società.
Tuttavia, tali garanzie non possono da sole assicurare all’acquirente l’effettività e
l’adeguatezza di alcune specifiche voci patrimoniali, non solo in termini quantitativi ma
Il contratto di acquisizione: un esempio recente commentato
61
anche, e soprattutto, sotto il profilo qualitativo. Tra le poste di bilancio che assumono
particolare rilievo nella determinazione dell’attivo sociale e che, pertanto, sono generalmente
oggetto di specifiche garanzie, vi è, ad esempio, quella relativa ai crediti di cui è titolare la
società, i quali, nonostante la previsione di appositi fondi, costituiscono un elemento per sua
natura fortemente aleatorio. A tal proposito, verrà inserita un’apposita clausola,
generalmente di tipo sintetico, con cui si garantisce l’entità, la certezza, la liquidità e
l’esigibilità di tutti i crediti nel complesso, ovvero soltanto di alcuni specificamente individuati,
nonché l’assenza e la non soggezione degli stessi a eccezioni o compensazioni.
Possono aversi, inoltre, clausole che impongono l’acquisto da parte del venditore dei crediti
rimasti insoluti, subordinandolo, evidentemente, a determinati termini e modalità cui debba
attenersi l’acquirente nella riscossione degli stessi. In alcuni casi, si decide di tutelarsi
ulteriormente mediante una garanzia in merito alla sufficienza e adeguatezza del fondo rischi
su crediti di bilancio.
Anche la posta dell’attivo costituita dal magazzino è spesso oggetto di una specifica
regolamentazione. La sua valutazione risulta, infatti, particolarmente delicata, sia per i diversi
criteri che possono essere utilizzati nella determinazione di tale posta, sia per il rischio che le
scorte rimangano invendute, ovvero che possano essere vendute solo a seguito di una
sensibile riduzione del prezzo non prospettata. Qualora, quindi, il magazzino costituisca un
elemento importante all’interno del complesso patrimoniale della società, sarà fondamentale
fornire, accanto alla specificazione dei criteri utilizzati, una descrizione qualitativa delle scorte
così come la garanzia da parte dell’alienante circa la loro vendibilità ad un determinato
prezzo. Frequente è poi la limitazione della responsabilità del venditore, sia per ciò che
concerne i crediti sia per quanto riguarda il magazzino, mediante la previsione di franchigie,
per evitare così di addossare inutilmente all’alienante ogni minimo scostamento dai valori
dichiarati, ancorché non rilevante.
Sempre per quanto attiene le poste attive, un ruolo importante spetta alle clausole,
solitamente di formulazione sintetica ed eventualmente integrate da disposizioni più
specifiche, che garantiscono come tutti i beni sociali, materiali e immateriali, indicati negli
allegati siano di esclusiva proprietà della società e senza alcuna sorta di vincoli. Si potrà,
ancora, garantire che i beni immobili siano conformi alla normativa urbanistica, che gli
impianti siano in buono stato, che vi sia un uso legittimo di know how, tecnologie, disegni e
progetti, spesso essenziali per l’impresa sociale.
È necessario, invece, soffermarsi un po’ più a lungo su ciò che concerne le garanzie relative
alla redditività della società. Nella determinazione del prezzo del pacchetto azionario, infatti,
la redditività, intesa in senso atecnico, comprensiva cioè di ogni elemento al quale nella
prassi contrattualistica l’acquirente fa riferimento per assicurarsi delle prospettive reddituali
future, gioca, molto spesso, un ruolo maggiore rispetto alla stessa consistenza patrimoniale.
Sotto questo profilo, peraltro, i testi contrattuali risultano carenti, anche se si comincia a
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riscontrare un’attenzione sempre maggiore in merito a questo tipo di clausole, che possano
garantire una certa “performance” della società. Nel chiedersi, dunque, se l’acquirente,
qualora non abbia inserito delle apposite garanzie nel contratto, possa avvalersi di qualche
rimedio di tipo legale, è stata prospettata la possibilità di ricorrere alla già menzionata teoria
della presupposizione, soprattutto laddove risulti incontestabile che il prezzo pattuito per
l’acquisto della partecipazione societaria superi sensibilmente il prezzo determinabile sulla
base del puro valore patrimoniale della società, rappresentando esso il risultato di una
valutazione fortemente condizionata dal cosiddetto goodwill. In realtà, in virtù della difficoltà
con cui potrebbe essere riconosciuta la presupposizione, soprattutto qualora la redditività sia
solo di poco inferiore a quella attesa oppure quando non si possa accertare che l’acquirente
abbia acquistato il pacchetto azionario esclusivamente in vista della redditività futura della
società, sarebbero, piuttosto, nel dolo contrattuale o nella responsabilità precontrattuale da
rinvenirsi i rimedi a favore dell’acquirente. Si potrebbe infatti sostenere che, nel caso in cui il
venditore non abbia informato l’acquirente della reale redditività della società pur
comprendendo come quest’ultimo si sia determinato all’acquisto nella erronea convinzione
dell’esistenza di certi presupposti, certamente decisivi per certi risultati storici ma non più
esistenti già al momento delle trattative, l’acquirente potrebbe invocare un risarcimento del
danno per il dolo di tipo omissivo o per la malafede precontrattuale dimostrata
dall’alienante76. Data, però, la debolezza e l’incertezza di tali argomentazioni nonché le
evidenti difficoltà sul piano probatorio a cui l’acquirente andrebbe incontro, appare
quantomai opportuno risolvere il problema sul nascere, ovvero mediante l’inserimento nel
contratto di clausole con le quale il venditore garantisce che, per un determinato numero di
futuri esercizi, l’utile netto, ovvero il fatturato o qualunque altro indice di redditività non
scenderà al di sotto di una determinata soglia, oppure tramite allegazione al contratto di
relazioni previsionali con minimi reddituali garantiti. È opportuno far notare come una simile
previsione possa risultare piuttosto rischiosa per l’alienante, che rimarrà vincolato anche in
un momento successivo alla perdita del controllo della società e, conseguentemente, di ogni
possibilità di influire sulla gestione sociale. Occorre aggiungere, infine, come si sia soliti
prevedere che la redditività garantita sia depurata di qualsiasi elemento di natura
straordinaria che abbia inciso sulla gestione anteriore e che la stessa rimanga circoscritta ad
un numero limitato di esercizi futuri77.
Altre clausole forniscono tutela in merito a minusvalenze dell’attivo e sopravvenienze o
plusvalenze passive. Generalmente, viene inserita una clausola di tipo sintetico con la quale
l’alienante garantisce che non si risconteranno in capo alla società minusvalenze o
sopravvenienze passive rispetto alla situazione patrimoniale così come prospettata nel 76 Sull’argomento si veda E. Panzarini, Cessione di pacchetti azionari, in Contratti del commercio, dell’industria e del mercato finanziario, a cura di F. Galgano, 1995, p. 324 ss. 77 Come esempio di clausola di garanzia di redditività di un contratto preso in esame si legge: “l’alienante garantisce un fatturato netto per l’esercizio x pari a euro[…], con una franchigia in diminuzione del 5%, rispetto alle previsioni di budget di cui all’allegato[…] purché l’acquirente prosegua la gestione della società alienata secondo la gestione attuata negli ultimi due esercizi”.
Il contratto di acquisizione: un esempio recente commentato
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bilancio di riferimento. Tali garanzie, che hanno la funzione di integrare, in un certo senso, la
garanzia di verità del bilancio, assicurando che il patrimonio indicato non ha subito nel tempo
diminuzioni che siano l’effetto di fatti o situazioni riferibili ad un momento anteriore alla
stipula del contratto, prevedono solitamente delle forme di limitazioni della loro operatività,
sia in termini temporali, sia in termini quantitativi attraverso l’inserimento di franchigie o di
previsioni secondo cui le minusvalenze attive e le sopravvenienze passive si compensino con
minusvalenze attive o sopravvenienze attive.
Figura spesso una serie di clausole, perlopiù di natura sintetica, che si riferiscono ad aspetti
della società i quali, pur non afferendo direttamente ad alcuna delle poste di bilancio,
rivestono comunque una certa importanza, soprattutto in vista delle possibili sopravvenienze
passive che da esse potrebbero derivare. In tal senso, si devono allora ricordare le garanzie
di natura fiscale, in virtù delle quali il venditore dichiara di aver svolto fino al momento del
contratto e che svolgerà fino al closing la propria attività conformemente a quanto disposto
dalla legislazione fiscale. Nelle indemnity poi sarà inserito il vero e proprio obbligo di garanzia
con cui il venditore si impegna a rimborsare all’acquirente tutte le eventuali sopravvenienze
passive fiscali. Considerando il notevole lasso di tempo entro cui sono possibili gli
accertamenti da parte delle autorità per inadempienze riferibili anche ad esercizi precedenti,
è quantomai opportuno che la garanzia fornita da tali clausole abbia efficacia per un congruo
numero di anni successivamente alla stipula del contratto. Le garanzie di natura
giuslavoristico-previdenziale assicurano, invece, la regolare costituzione di tutti i rapporti di
lavoro in essere nonché il corretto adempimento di tutti gli obblighi contributivi derivanti
dalle disposizioni normative vigenti in materia del diritto del lavoro. Ci si tutelerà, inoltre, in
merito all’insussistenza di controversie pendenti che trovino la loro fonte in un contratto di
lavoro facente capo alla società o nella sua cessazione, mediante una clausola contenente la
dichiarazione dell’alienante di non essere a conoscenza di possibili circostanze che possano
fondatamente dare origine ad azioni giudiziarie con il conseguente rischio di passività per la
società. Infine, in questa categoria devono ricomprendersi, altresì, le clausole di garanzia
ecologico-ambientali, ovvero quelle dichiarazioni con cui il venditore assicura che la società
non ha violato alcuna normativa in materia ambientale, che essa ha ottenuto tutte le relative
licenze ambientali nonché tutte le concessioni, autorizzazioni, permessi amministrativi
necessari per il regolare svolgimento dell’attività, che le condizioni di sicurezza del lavoro
rispettino quanto disposto dalla normativa vigente, che gli impianti industriali e i mezzi di
produzione siano conformi alle leggi e ai regolamenti vigenti.
Da ultimo, rientrano nella tipologia analizzata, le garanzie convenzionali destinate ad
acquistare efficacia allorché si riscontrino difformità significative nella consistenza
patrimoniale della società tra la data di stipula del contratto e la data del closing. Infatti,
sebbene queste ultime non siano garanzie patrimoniali e reddituali in senso stretto, è
evidente quanto esse siano importanti per integrare la tutela dell’acquirente, in
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considerazione del fatto che la gestione interinale della società tra il momento della
sottoscrizione del contratto e la data del passaggio definitivo della proprietà del pacchetto
azionario è generalmente lasciata nelle mani dell’alienante. Le esigenze, dunque, saranno, da
un lato, quella di assicurare che la situazione risultante dal bilancio di riferimento non si
modifichi sostanzialmente per effetto della gestione interinale da parte dell’alienante;
dall’altro, quella che non vengano compiuti dalla società atti che possano compromettere le
stesse finalità dell’operazione, quali potrebbero essere, ad esempio, l’alienazione di un
marchio o la modificazione del capitale sociale.
Ai fini del presente contratto gli artt 5 e 6 unitamente all’allegato BB 1 molte delle clausole
descritte in precedenza volte a definire chiaramente i valori patrimoniali che costituiscono i
rami d’azienda ceduti (crediti, disponibilità liquide, rimanenze) al fine di rafforzare
ulteriormente la tutela sugli aspetti maggiormente critici.
Articolo 5 – Requisiti dei Rami di Azienda
5.1. Con la sottoscrizione del presente Contratto, BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON,
ciascuna con riferimento al rispettivo Ramo di Azienda, rilasciano a ALFA le dichiarazioni e
garanzie di cui agli allegati sub BB1, CC1, DD1 e EE1 che costituiscono, per patto espresso,
requisiti essenziali dei Rami di Azienda e presupposto e pattuizione essenziale per la stipula
del Contratto Definitivo di Acquisto dei Rami di Azienda.
Articolo 6 –Crediti ricompresi nei Rami di Azienda
6.1. Le Parti si danno reciprocamente atto del fatto che tra i beni componenti i Rami di
Azienda sono ricompresi, quali elementi essenziali:
(i) tutti i crediti in essere in BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON alla data del deposito della
istanza di ammissione alla Procedura di Concordato (di seguito: i “Crediti di BETA,
GAMMA, DELTA e EPSILON”), con l’unica eccezione dei crediti derivanti dalla esecuzione
delle Scritture Private sottoscritte in data 2 aprile 2004 da YOGOLAT S.r.l., rispettivamente,
con BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON;
e
(ii) le disponibilità liquide di BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON esistenti alla data di deposito
della istanza di concordato, con l’unica eccezione di quelle rivenienti dall’incasso dei crediti
derivanti dalla esecuzione delle Scritture Private sottoscritte in data 2 aprile 2004 da
YOGOLAT S.r.l., rispettivamente, con BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON, (di seguito: le
“Disponibilità Liquide”), restando inteso che dalle Disponibilità Liquide verranno prelevate
da BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON le somme che gli organi della Procedura di Concordato
richiederanno ai sensi dell’articolo 163 L.F. e che saranno reintegrate da BETA, GAMMA,
DELTA e EPSILON nel momento in cui sarà a queste ultime corrisposto il primo versamento
relativo ai canoni del Contratto di Affitto dei Rami di Azienda;
Il contratto di acquisizione: un esempio recente commentato
65
e/o comunque
(iii) tutte le somme rivenienti dall’incasso dei Crediti di BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON
fino alla Data del Contratto Definitivo di Acquisto dei Rami di Azienda.
6.2. Le Parti si danno reciprocamente atto del fatto che i Crediti di BETA, GAMMA, DELTA e
EPSILON sono indicativamente descritti negli Allegati sub A5, B5, C5 e D5 al Contratto di
Affitto dei Rami di Azienda,in relazione ai quali le Parti precisano che i Crediti di BETA,
GAMMA, DELTA e EPSILON sono riportati nei rispettivi allegati con riferimento alla data del
_____________ 2006 al lordo di premi, sconti e compensazioni, indipendentemente dalla
contabilizzazione di queste ultime, e che detti allegati non tengono conto dei crediti per
fatture ancora da emettere e di quelli relativi a crediti sorti successivamente alla data del
______________ fino alla data del deposito della istanza di Concordato, tutti comunque
ricompresi tra i Crediti di BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON.
Il comma 6.3 definisce le modalità attraverso le quali dovrà essere esercitata la gestione
interinale, ovvero il periodo di tempo che intercorre tra la firma del contratto preliminare e di
quello definitivo
6.3. Tra la data di sottoscrizione del presente Contratto e la Data del Contratto Definitivo di
Acquisto dei Rami di Azienda:
(i) BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON dovranno, ciascuna per la parte di propria spettanza,
depositare le Disponibilità Liquide e le somme rivenienti dall’incasso dei Crediti di BETA,
GAMMA, DELTA e EPSILON in apposito c/c vincolato in conformità alle istruzioni degli organi
della Procedura di Concordato fino all’avveramento delle condizioni sospensive di cui al
successivo articolo 7, ovvero fino al momento in cui sia definitivamente certo il mancato
avveramento delle stesse;
(ii) qualsiasi transazione relativa ai Crediti di BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON potrà
avvenire solo previo consenso scritto di ALFA
6.4. La cessione dei crediti di cui al presente articolo 6 è da intendersi pro – soluto con
espressa esclusione della garanzia sulla solvibilità dei debitori, ma con espressa garanzia
sull’esistenza dei Crediti di BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON con la precisazione che tale
garanzia non opera esclusivamente per una percentuale massima complessivamente pari al
5% dei Crediti di BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON nel caso in cui vi sia l’accoglimento di
fondate contestazioni relative a:
(i) minori quantità di merce effettivamente consegnata;
(ii) prezzi erroneamente addebitati in misura maggiore e/o scontistica applicata
erroneamente in misura minore del dovuto;
(iii) eccezioni sulla qualità e/o commerciabilità della merce.
BETA garantisce altresì l’esistenza delle Disponibilità Liquide.
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6.5. BETA garantisce che, alla Data del Contratto Definitivo, la sommatoria dell’ammontare
dei crediti da incassare e dell’ammontare delle disponibilità liquide esistenti alla stessa Data
sarà di importo almeno pari alla sommatoria dell’ammontare dei Crediti di BETA, GAMMA,
DELTA e EPSILON e dell’ammontare delle Disponibilità Liquide.
6.6. BETA si obbliga a depositare le somme rivenienti dagli eventuali pagamenti dei Crediti di
BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON in un apposito conto corrente o secondo quanto verrà
indicato dagli organi della Procedura di Concordato Preventivo e a versare a ALFA le somme
corrispondenti ai pagamenti dei predetti Crediti alla Data del Contratto Definitivo.
Data la natura particolare in cui versano le società venditrici, il contratto è soggetto a
condizioni sospensive volte a tutelare l’acquirente che sono chiaramente indicate nei seguenti
artt 7 e 8 (sull’interpretazione del contratto).
In questa sezione del contratto è opportuno svolgere alcune considerazioni in merito alle
cosiddette clausole di indemnity, che rappresentano il rimedio tipico predisposto a favore
dell’acquirente per il caso di difformità, rispetto alle garanzie prestate.
Con tali clausole le parti regolano le conseguenze, ovvero i rimedi da far seguire alla
violazione delle garanzie predisposte dalle parti nonché le modalità del procedimento con cui
poterli far valere. L’indemnity rappresenta, in altri termini, un rimedio prettamente
convenzionale, autonomo rispetto a quelli previsti dalla disciplina codicistica e sottratto, in
quanto tale, ai termini legali di prescrizione e decadenza, e si pone, quindi, quale mezzo di
tutela alternativo all’esperimento di azioni giudiziali, naturalmente nel rispetto delle norme
imperative di legge e con il concorrente operare dei rimedi legali eventualmente azionabili
nella concreta fattispecie. In tal modo, si viene a formare un contratto che si autorafforza,
all’interno del quale si prevedono e si disciplinano esplicitamente autonomi mezzi di tutela
con cui viene determinata e quantificata preventivamente la responsabilità dell’alienante,
evitando, al contempo, gli oneri, in termini economici e di tempo, che l’instaurazione di un
giudizio ordinario o arbitrale comporterebbe.
Il contenuto, per così dire, tipico delle indemnity si articola nell’enunciazione di due
fondamentali obblighi del venditore nei confronti del compratore: l’obbligo di tenere indenne
e/o di manlevare l’acquirente da ogni sopravvenienza passiva nonché da eventuali
insussistenze, anche parziali, di poste dell’attivo che si dovessero verificare in capo alla
società successivamente al trasferimento del pacchetto azionario quali conseguenze di un
qualsiasi inadempimento delle dichiarazioni e garanzie previste dal contratto, e l’obbligo, in
un certo senso residuale e di chiusura, di risarcire ogni altra perdita e danno comunque
occorrente alla società, che non si sarebbe verificato se la realtà delle situazioni fosse stata
conforme alle dichiarazioni contenute nelle garanzie contrattuali.
Il contratto di acquisizione: un esempio recente commentato
67
Occorre osservare che, se da una parte, lo strumento dell’indemnity si presenta di estrema
utilità e semplicità, dall’altra, servirà porre molta attenzione in sede di redazione del
contratto al fine di individuare con precisione il momento in cui si verificherà
l’inadempimento. Con tale clausola, infatti, si fa genericamente riferimento a qualsiasi
differenza rispetto alle dichiarazioni, laddove, invece, le garanzie del venditore si riferiscono
alle fattispecie più disparate. È chiaro, quindi, come la clausola di indemnity possa avere
davvero efficacia e fornire così una reale tutela al compratore soltanto qualora il contratto sia
stato redatto in modo tale da non far scaturire alcun dubbio in merito al momento in cui
sorge il diritto al risarcimento e al suo ammontare, senza che l’alienante possa in alcun modo
sollevare eventuali eccezioni dilatorie.
Per quanto concerne poi i meccanismi di rimedio all’inadempimento predisposti dalle parti,
essi possono essere i più vari, anche se quello che si potrebbe definire tipico della prassi
consiste nell’obbligo del venditore di indennizzare il danno subito dall’acquirente e
corrispondere a questi, pertanto, una somma di denaro di importo corrispondente
all’ammontare della minusvalenza attiva o della sopravvenienza passiva riscontrata in capo
alla società successivamente alla stipula del contratto di acquisizione azionaria. Tale obbligo
di indennizzo potrà poi concretarsi tramite il semplice pagamento della somma di denaro,
oppure, qualora il prezzo da pagare non sia stato ancora integralmente versato, mediante un
meccanismo di aggiustamento del prezzo, tale per cui il compratore potrà dedurre dalle
successive rate di prezzo l’importo di indennizzo dovutogli.
Nei casi più gravi, invece, ben potrà il compratore tutelarsi inserendo nel contratto una
clausola risolutiva espressa ex art. 1456 c.c., attraverso la quale verranno individuate le
clausole di garanzie o le altre statuizioni contrattuali all’inadempimento delle quali è collegata
la risoluzione automatica del contratto. Tale rimedio, per quanto possa sembrare estremo e
inopportuno, può risultare l’unico, tra i tanti, in grado di soddisfare realmente l’acquirente,
qualora gli inadempimenti o le insussistenze riscontrate siano tali da far venir meno
l’interesse stesso all’acquisizione. In ogni caso, al di là delle conseguenze di volta in volta
predisposte dalle parti, ciò che preme ribadire è come l’indemnity acquisti efficacia nel
momento in cui si dimostri la non veridicità delle dichiarazioni e delle garanzie rilasciate
dall’alienante, senza la necessità di indagare se e in quale misura ciò si sia tradotto in un
danno per l’acquirente risarcibile a norma di legge.
Ora, in forza dell’equo contemperamento degli interessi delle parti a cui le stesse tenderanno
nella negoziazione delle clausole di indemnity, il venditore potrà poi, in relazione naturalmente al
proprio “peso” contrattuale, limitare la portata dell’efficacia delle garanzie previste, sia in termini
economici che temporali. Assai di frequente, infatti, sono previsti limiti minimi e massimi
all’obbligazione risarcitoria, mediante la previsione di una franchigia minima o massima, con le
quali si determina l’importo o la percentuale di valore al di sotto o al di sopra dei quale le
eventuali minusvalenze o insussistenze di attivo devono considerarsi irrilevanti.
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Secondariamente, potranno essere inserite nel contratto clausole secondo le quali le garanzie
avranno una determinata durata, a partire dalla conclusione del contratto o dal closing,
ovvero saranno efficaci fino a una determinata data. In tal modo, si potranno soddisfare
alcune precise esigenze, quale, ad esempio, una durata maggiore con riferimento alle
garanzie relative alle sopravvenienze di carattere tributario e previdenziale, la cui validità
viene generalmente fatta coincidere con la scadenza del termine di prescrizione di ciascuna
azione esperibile dal fisco o da altro ente statale nei confronti della società. Altre clausole
prevedono, inoltre, che vi siano ulteriori limiti di tempo massimi entro cui le sopravvenienze
o misuvalenze debbano emergere perché possa riconoscersi una responsabilità in capo
all’alienante. Infine, è piuttosto frequente che le parti stabiliscano dei termini massimi entro i
quali dovranno essere denunciate le eventuali difformità, mediante la cosiddetta notice of
claim. Tra tali previsioni, rientrano quelle che impongono l’obbligo in capo all’acquirente di
informare “tempestivamente” o “immediatamente” il venditore di quanto emerso. In tale
ipotesi, è peraltro opportuno che le parti specifichino quando detti termini siano da
considerasi semplicemente indicativi ovvero veri e propri termini perentori di decadenza.
Da ultimo, va ricordato che generalmente il contratto di compravendita disporrà che, nella
determinazione della conseguenza dannosa a carico dell’alienante per effetto di eventi che
costituiscano violazione delle rappresentazioni e garanzie, siano preventivamente dedotte
innanzitutto talune poste, quali, ad esempio, eventuali fondi o accantonamenti già iscritti a
bilancio a fronte del rischio poi divenuto attuale e, secondariamente, l’ammontare di
eventuali risarcimenti che, a fronte del medesimo evento, la società possa ottenere, ad
esempio, sulla base di polizze assicurative in essere.
Articolo 7 – Condizioni sospensive
7.1. Il presente Contratto è condizionato sospensivamente al verificarsi di tutti i seguenti
eventi congiuntamente fra loro:
(i) intervenuta ammissione di BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON alla Procedura di
Concordato e autorizzazione, da parte dei competenti organi della Procedura, del Contratto
di Affitto dei Rami di Azienda entro 30 giorni dalla data di deposito della istanza;
(ii) intervenuta Omologazione, con sentenza passata in giudicato;
(iii) non contestabilità alla Data del Contratto Definitivo di Acquisto dei Rami di Azienda delle
dichiarazioni di cui agli allegati B1, C1, D1 e E1 al Contratto di Affitto dei Rami di Azienda;
(iv) intervenuta approvazione dell’operazione da parte dell’Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato ai sensi dell’art. 16 della legge 287/90.
7.2. Nell’ipotesi in cui non si verifichi anche una sola delle condizioni di cui al precedente
punto 7.1, il presente Contratto dovrà intendersi definitivamente privo di ogni efficacia e
nessuna Parte avrà nulla a pretendere dall’altra neanche a titolo di responsabilità
precontrattuale e/o extracontrattuale.
Il contratto di acquisizione: un esempio recente commentato
69
7.3. Con riguardo alla condizione di cui alla lettera (i) del precedente punto 7.1, qualora l’autorizzazione del Contratto di Affitto dei Rami di Azienda intervenga successivamente al 30° giorno previsto nella predetta lettera (i) ovvero gli organi della Procedura di Concordato
autorizzino o prospettino l’autorizzazione (anche attraverso l’inserimento di condizioni nei relativi provvedimenti) di contratti di affitto inerenti i medesimi Rami d’Azienda di contenuto diverso, anche se solo parzialmente, rispetto al Contratto di Affitto dei Rami d’Azienda, ALFA
potrà a suo insindacabile giudizio, e senza avere alcun obbligo né creare alcuna aspettativa al riguardo, decidere di procedere o meno alla stipula: (a) del Contratto di Affitto dei Rami d’Azienda autorizzato oltre il 30° giorno;
(b) del/dei contratto/i di affitto dei medesimi Rami d’Azienda di contenuto anche solo parzialmente diverso, e anche non comportante ulteriori oneri, rispetto al Contratto di Affitto dei Rami d’Azienda, considerandosi come avverata la condizione di cui al precedente punto
7.1., lettera (i), unicamente nel caso in cui ALFA decida di stipulare ed effettivamente stipuli nell’ambito della Procedura di Concordato i contratti di cui alle precedenti lettere (a) o (b) del presente punto 7.3. Resta comunque inteso tra le Parti che dal presente punto 7.3 non nasce
alcun obbligo in capo a ALFA di stipulare i contratti di cui alle precedenti lettere (a) e (b) del presente punto 7.3. e che nessuna responsabilità di natura pre-contrattuale, contrattuale e/o extra-contrattuale potrà essere alla medesima addebitata, anche in relazione al mancato
avveramento della condizione contenuta nel precedente punto 7.1, lettera (i), qualora, per qualsiasi ragione, essa ALFA decida di non addivenire alla stipula dei suddetti contratti di cui alle precedenti lettere (a) e (b) del presente punto 7.3.
Articolo 8 – Interpretazione del presente Contratto 8.1. Resta inteso che il presente Contratto non potrà in ogni caso essere configurato e/o
interpretato come garanzia prestata ai sensi dell’art. 160, comma 2, n. 1, L.F. così permanendo il carattere di Concordato Preventivo con cessione di tutti i beni ai creditori della Procedura di Concordato dovendosi ritenere come non voluto e non stipulato alcun patto che
possa anche in linea teorica alla predetta configurazione e/o interpretazione.
L’art. 9 contiene un insieme di clausole che richiedono la forma scritta per la
modifica/integrazione del contratto e la tassatività delle condizioni sospensive previste all’art.
7. Il comma 9.2 definisce come sempre accade in un contratto di acquisizione il Foro
competente per dirimere eventuali controversie legate al contratto.
Articolo 9 – Varie 9.1. Ogni modifica o integrazione al presente Contratto dovrà essere fatta per iscritto a pena di nullità, restando inteso tra le Parti che: (a) la rinuncia ad una o a più condizioni di cui al precedente articolo 7 deve essere fatta,
a pena di nullità, espressamente e per iscritto a firma dei legali rappresentanti delle Parti e deve contenere specifico riferimento al Contratto e alla relativa clausola che contiene la
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suddetta condizione, escludendosi rilievo ermeneutico a qualsiasi comportamento, anche omissivo, dichiarazione, atto, comunicazione, o fatto o tenuto da una Parte e/o dalle Parti;
(b) qualsiasi dichiarazione o comunicazione resa o effettuata a terzi, inclusi fornitori e/o
concessionari e/o rivenditori e/o distributori e/o mezzi di comunicazione di massa, nonché
qualsiasi documento comunque sottoscritto nell’ambito della Procedura di Concordato non
potrà mai essere interpretato come modifica o rinuncia ai termini e alle condizioni del
presente Contratto né, comunque, come rinuncia alle condizioni sospensive di cui al
precedente articolo 7.
9.2. Per eventuali controversie che dovessero sorgere tra le Parti, relativamente al
presente Contratto, il Foro competente in via esclusiva è quello di Roma.
____________, ____________
BETA S.p.A. ALFA S.p.A.
____________________ __________________
GAMMA S.p.A. DELTA S.p.A.
____________________ _________________________
EPSILON S.p.A.
__________________
ALLEGATO BB 1
RAMO DI AZIENDA DI BETA
A specificazione di quanto previsto all’articolo 2 del presente Contratto, al quale il presente è
allegato e del quale costituisce parte integrante e sostanziale, BETA, alle condizioni e
secondo i termini di cui al Contratto e subordinatamente al verificarsi delle condizioni di cui
all’articolo 7 del medesimo, promette di vendere a ALFA, che, alle medesime condizioni
promette di acquistare, il ramo d’azienda sito in ___________________________., gestito in
locali di proprietà della stessa BETA, e costituito dal complesso dei beni - organizzati per
l’esercizio dell’attività di produzione e commercializzazione di prodotti alimentari di seguito
specificati e meglio descritti nei singoli allegati:
(i) tutti gli immobili, impianti, i macchinari, le attrezzature, i mobili d’ufficio, i veicoli di
proprietà di BETA ivi inclusi i beni descritti a titolo esemplificativo sommariamente nel libro
cespiti che alla data odierna è aggiornato al ___________;
Il contratto di acquisizione: un esempio recente commentato
71
(ii) tutti gli immobili, impianti, i macchinari, le attrezzature, i mobili d’ufficio, i veicoli in
godimento a BETA oggetto dei contratti in essere alla data odierna;
(iii) i diritti esclusivi di proprietà, sfruttamento ed uso, su tutto il territorio nazionale e
estero, dei marchi descritti nell’allegato sub B2 al Contratto di Affitto dei Rami di Azienda,
insieme con i simboli correlati, e comunque di ogni marchio utilizzato (ovvero suscettibile di
potenziale utilizzazione o sfruttamento) da BETA in qualità di proprietaria di tali marchi o
denominazioni (in qualunque forma) per lo svolgimento delle attività svolte mediante il Ramo
di Azienda BETA, per tutte le classi merceologiche per le quali sono stati registrati (di
seguito: i “Marchi), e di ogni marchio utilizzato (ovvero suscettibile di potenziale
utilizzazione o sfruttamento) da BETA in qualità di licenziataria
(iv) tutti i diritti di autore ed i brevetti di cui BETA è titolare in dettaglio descritti
nell’allegato sub B3 al Contratto di Affitto dei Rami di Azienda e comunque di ogni brevetto
utilizzato (ovvero suscettibile di potenziale utilizzazione o sfruttamento) da BETA, in qualità di
proprietaria di tali brevetti per lo svolgimento delle attività svolte mediante il Ramo di
Azienda di BETA (di seguito: i “Brevetti”) e di ogni brevetto utilizzato (ovvero suscettibile di
potenziale utilizzazione o sfruttamento) da BETA in qualità di licenziataria;
(v) tutti i permessi, le autorizzazioni, i nulla osta, le concessioni e le certificazioni di qualità
in essere presso il Ramo di Azienda di BETA e comunque necessari, utili o opportuni per le
attività svolte mediante il Ramo di Azienda di BETA;
(vi) i contratti stipulati per l’esercizio dell’impresa e relativi al Ramo di Azienda di BETA, incluso il contratto di sponsorizzazione stipulato con SIGMA in data ____________ 2003 avente ad oggetto l’attività sportiva dell’atleta TIZIO ed il contratto stipulato con TAU SPORT
avente ad oggetto il Progetto BETA e con l’espressa esclusione di tutti i contratti di consulenza, di pubblicità, advertisement e sponsorizzazione eventualmente ancora in vigore alla Data del Contratto Definitivo di Acquisto dei Rami di Azienda;
(vii) i rapporti di lavoro subordinato con i dipendenti addetti al Ramo di Azienda di BETA indicati nell’allegato sub B4 al Contratto di Affitto dei Rami di Azienda ancora in essere alla Data del Contratto Definitivo di Acquisto dei Rami di Azienda;
(viii) i contratti di consulenza e/o collaborazione relativi ai signori CAIO, SEMPRONIO e MEVIO, se ancora in vigore alla Data del Contratto Definitivo di Acquisto dei Rami di Azienda; (ix) le disponibilità liquide e i Crediti di BETA esistenti alla data di deposito della istanza di
ammissione alla Procedura di Concordato e comunque tutte le somme rivenienti dall’incasso dei predetti crediti secondo quanto previsto all’articolo 6 del Contratto, oltre agli eventuali crediti rivenienti dalla domanda risarcitoria proposta nei confronti di OMEGA S.p.A. innanzi il
Tribunale di Milano; (x) le intere partecipazioni detenute da BETA nelle società ETA, THETA, IOTA, KAPPA, LAMBDA, MU, NU e OMICRON nelle misure rispettivamente indicate al precedente punto I
delle Premesse, già soggette al diritto di usufrutto ai sensi del Contratto di Affitto dei Rami d’Azienda, usufrutto che si estinguerà per confusione al momento della girata delle rispettive azioni o al trasferimento delle partecipazioni;
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e con espressa esclusione di tutti: (i) i debiti e le passività; (ii) gli obblighi che non siano strettamente inerenti i rapporti contrattuali ceduti (nel Contratto, complessivamente, il “Ramo di Azienda BETA”)
ALLEGATO BB 1
REQUISITI DEL RAMO DI AZIENDA DI BETA In aggiunta e senza pregiudizio rispetto ad ogni altra previsione del Contratto, cui il presente è allegato e del quale costituisce parte integrante e sostanziale, BETA dichiara e garantisce, con riferimento alla data odierna e alla Data del Contratto Definitivo di Acquisto dei Rami di Azienda, che il Ramo di Azienda BETA corrisponde ai seguenti requisiti: 1. Diritti di proprietà industriale e intellettuale Il Ramo di Azienda di BETA comprende la piena ed esclusiva titolarità in capo alla medesima BETA dei Marchi e dei Brevetti . I Marchi e i Brevetti sono liberi da ogni vincolo, onere o altra pretesa a terzi spettante concernente il loro sfruttamento e rispondono ai requisiti prescritti dalle normative applicabili ai fini della loro validità. Il Ramo di Azienda di BETA comprende la piena, esclusiva ed assoluta disponibilità dei diritti relativi ai Marchi e Brevetti con la precisazione che, in particolare, non ci sono altri contitolari e i diritti relativi ai Marchi e ai Brevetti non sono stati concessi in licenza a terzi e non ledono alcun diritto anteriore di terzi, salvo licenze tra BETA, GAMMA e DELTA. BETA dichiara che non sussistono situazioni o comportamenti di terzi che possano in qualunque modo compromettere il pieno ed esclusivo sfruttamento dei Marchi e dei Brevetti e che i Marchi ricomprendono tutti i marchi e le denominazioni comunque contenenti la denominazione BETA, derivazioni e sviluppi della stessa.. BETA si obbliga a non depositare domande di Marchi e Brevetti relative ai Marchi e ai Brevetti in classe merceologiche né a sfruttare i Marchi e i Brevetti in qualunque forma ed in qualunque modo, anche di fatto, per contraddistinguere prodotti o servizi ricompresi in
qualunque classe merceologica, attribuendo detta facoltà a ALFA che pertanto sarà libera di depositare domande di registrazione dei Marchi e dei Brevetti anche in classi merceologiche diverse da quelle oggetto delle attuali registrazioni e comunque di sfruttare tali Marchi e
Brevetti anche in via di fatto per contraddistinguere prodotti o servizi diversi da quelli oggetto delle registrazioni originarie. ALFA effettuerà a proprie spese la trascrizione della cessione dei Marchi e Brevetti e BETA
presterà la più ampia cooperazione a ALFA al fine di consentire la trascrizione medesima con piena efficacia ed opponibilità della stessa nei confronti dei terzi a tale scopo attribuendo espresso mandato irrevocabile e nell’interesse di ALFA affinché quest’ultima proceda con
l’espletamento delle relative formalità. 2. Immobili Tutti gli Immobili, unitamente alle parti comuni di competenza e pertinenze, sono e saranno alla Data del Contratto Definitivo nella piena, legittima, esclusiva ed incontestata proprietà di BETA e alla Data del Contratto Definitivo risulterà che:
Il contratto di acquisizione: un esempio recente commentato
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(i) gli Immobili sono stati costruiti in piena conformità alle relative concessioni edilizie e strumenti urbanistici e presentano una situazione, anche di fatto, regolare sotto il profilo catastale, urbanistico e sanitario e di agibilità, anche in relazione all'uso cui gli Immobili è destinato nel senso che non ne impedisce il trasferimento/commerciabilità e non ne diminuisce il valore; (ii) gli Immobili sono liberi e non sono gravati da pesi, ipoteche, privilegi, anche fiscali, vincoli di alcun tipo, rivendicazioni e diritti di terzi anche in virtù dell’Omologazione; (iii) gli Immobili sono esenti da vizi ed in stato di manutenzione idoneo rispetto all’uso cui sono destinati; (iv) gli Immobili sono conformi alle norme e prescrizioni in materia di tutela della sicurezza sul lavoro (incluse quelle di cui al D.Lgs. 626/94 e successive modifiche) ed alle norme in materia di tutela dell’ambiente e dell’incolumità pubblica; (v) non sussistono vincoli al trasferimento derivanti da sovvenzioni pubbliche. BETA precisa che tutte le dichiarazioni e garanzie di cui al presente punto 2 sono rese anche con riferimento all’immobile di proprietà di NU, sito in ________________. 3. Normative ambientali Il Ramo di Azienda di BETA è in regola con le disposizioni sia di carattere legislativo che amministrativo concernenti la materia ambientale ed in particolare con quelle relative alla sanità pubblica, alla protezione dell’ambiente, all’inquinamento (sia acustico che delle acque, della terra e dell'atmosfera), ai rifiuti ed al loro smaltimento ed in genere con tutte le norme vigenti in materia ambientale sia di fonte nazionale che comunitaria. Inoltre non vi è alcuna legge, provvedimento o regolamento, concernente la tutela dell'ambiente o la sicurezza, che prescriva lavori od investimenti a carico di BETA in misura complessivamente superiore a Euro _______________,00, né BETA ha ricevuto alcun ordine da parte delle competenti autorità in merito a quanto precede 4. Licenze e Permessi BETA è titolare di tutti i permessi, le autorizzazioni, i nulla osta, le concessioni e le certificazioni di qualità necessari per le attività svolte mediante il Ramo di Azienda di BETA. 5. Esonero da Responsabilità Anche per effetto dell’Omologazione del Concordato Preventivo non residuerà alcuna obbligazione a carico di ALFA, neanche a titolo di responsabilità solidale per i debiti, le obbligazioni e/o le passività di BETA relative al Ramo di Azienda di BETA e/o comunque derivante da qualsiasi tipo di atto, fatto e/o circostanza riferibile o comunque connesso al periodo precedente la Data del Contratto Definitivo.
*** Inoltre, con riferimento alla Data Odierna e fino alla data di efficacia del Contratto di Affitto dei Rami di Azienda BETA dichiara e garantisce che:
1. Diritti di proprietà industriale e intellettuale
I Marchi e i Brevetti sono stati da essa sfruttati in modo tale da evitare la decadenza per non
uso degli stessi nel territorio italiano.
2. Normativa in materia di sicurezza sul lavoro
Il Ramo di Azienda BETA è in regola con le disposizioni sia di carattere legislativo che
amministrativo concernenti la materia della sicurezza sul lavoro e la prevenzione degli
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infortuni. Non vi è alcuna legge, provvedimento o regolamento, concernente la materia della
sicurezza sul lavoro e la prevenzione degli infortuni che prescriva lavori od investimenti a
carico di BETA, né BETA ha ricevuto alcun ordine da parte delle competenti autorità in merito
a quanto precede;
3. Garanzie sulla qualità dei Prodotti
Tutti i prodotti del Ramo di Azienda di BETA sono conformi alle disposizioni normative in
materia e sono esenti da difetti e/o vizi che possano dar luogo a responsabilità di BETA
anche ai sensi del DPR 224/88. Non ci sono fatti, omissioni e/o contestazioni anche solo
potenziali che abbiano leso o possano ledere la reputazione di BETA in ordine alla qualità dei
prodotti;
4. Situazione Patrimoniale delle Società Partecipate
Non si saranno realizzati atti e/o eventi tali da determinare modifiche sostanziali alla
situazione patrimoniale, economica e finanziaria di ciascuna delle società ETA, THETA, IOTA,
KAPPA, LAMBDA, MU, NU e OMICRON, quale risultanti dalle rispettive situazioni patrimoniali
al ____________, tutte allegati sub B7. In particolare, dalla data di riferimento delle
situazioni patrimoniali al _____________ allegate sub B7 alla data di efficacia del Contratto
di Affitto dei Rami di Azienda non saranno stati compiuti atti eccedenti l’ordinaria
amministrazione, nè le società ETA, THETA, IOTA, KAPPA, LAMBDA, MU, NU e OMICRON,
hanno o avranno posto in essere attività, intrapreso trattative e/o formulato proposte per atti
eccedenti l’ordinaria, prudente e quotidiana gestione. Ciò eccezion fatta per le transazioni
stipulate nel marzo ______ tra ETA e THETA e OMEGA, con i connessi atti di compravendita
dei marchi X ed Y.
5. Dipendenti e Agenti
Il nome dei dipendenti di BETA e l’ammontare del TFR maturato per ciascuno di essi sono
esclusivamente quelli indicati nell’Allegato sub B4 (di seguito: i “Dipendenti”). Non esiste
alcun atto o fatto, né alcuna disposizione amministrativa o giurisdizionale che possa, sotto
alcun profilo, far sì che BETA sia tenuta ad effettuare assunzioni e/o reintegrazioni di
personale a tempo determinato o indeterminato. I Dipendenti sono regolarmente registrati
nei libri di BETA. BETA ha regolarmente applicato il Contratto Quadro Collettivo applicabile.
Non esistono pretese, contestazioni, procedimenti riguardanti alcun Contratto Quadro di
lavoro, o la cessazione di alcun Contratto Quadro di lavoro. Sono stati regolarmente
effettuati tutti gli accantonamenti di tutte le somme dovute in relazione ad eventuali rapporti
di lavoro per legge o per Contratto Quadro (compresi gli accantonamenti riguardanti le
indennità di fine rapporto e quelle riguardanti qualsiasi altra indennità dovuta in relazione a
rapporti di lavoro). BETA non ha alcun rapporto di agenzia e non esiste alcun rapporto con
persone diverse dai soggetti indicati nell’allegato B4 che possa dare loro diritto a rivendicare
la qualità di dipendente e/o agente di BETA.
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LA CESSIONE DI AZIENDA. ASPETTI CONTROVERSI: VENDITA CON PATTO DI RISERVATO DOMINIO,
CORRESPONSIONE IN LUOGO DEL CORRISPETTIVO CLASSICO DI UNA RENDITA VITALIZIA A FAVORE DEL CEDENTE
Tratto da Circolare Tributaria Settimanale Euroconference *
La cessione d’azienda è una fattispecie contrattuale che, avendo ad oggetto il trasferimento
di una “universalità”, composta di beni mobili e/o immobili - tra i quali figurano spesso cespiti
dal valore incerto, sottoposti a stime e congetture - incontra aspetti di notevole complessità,
sia sotto il profilo civilistico che sotto quello fiscale.
Secondo la lapidaria formulazione dell’art.2555 del c.c., “l'azienda è il complesso dei beni
organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa”.
Ciò significa che la nozione di “azienda” qualifica un insieme coordinato e tendenzialmente
inscindibile di beni, che sono finalizzati all’utilizzo, sotto la “supervisione” dell’imprenditore (il quale
può essere sia una persona fisica, sia una società commerciale o un altro soggetto, in quanto
esercente, anche in via surrettizia, attività d’impresa), per l’esercizio professionale di un’attività
economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi (art.2082 c.c.).
L'art.2556 c.c. dispone che "per le imprese soggette a registrazione i contratti che hanno per
oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell'azienda devono essere provati per
iscritto, salva l'osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni
che compongono l'azienda…".
La forma scritta è, quindi, richiesta solo ad probationem e non per la validità del contratto
medesimo.
Ai sensi del successivo art.2557, è precluso al cedente di iniziare una nuova impresa che "per l'oggetto, l'ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela". E’ sufficiente un danno potenziale per conseguire la risoluzione del contratto o l'inibitoria; in
ogni caso, le parti possono derogare alla norma in parola e prevedere:
- limitazioni al patto di non concorrenza (fino alla sua esclusione);
- limiti più ampi, purché il patto non impedisca ogni attività professionale
dell'alienante.
Opera comunque il limite tassativo di cinque anni dalla data del trasferimento.
Salvo pattuizioni contrarie l'acquirente subentra in tutti i contratti stipulati per l'esercizio
dell'azienda che non abbiano carattere personale (art.2558).
L’autonomia delle parti può stabilire deroghe alla regola del subentro “generale”, ma non in
materia di contratti di lavoro.
In particolare, il presente contributo intende esaminare due fattispecie che si possono
incontrare nell’ambito della cessione d’azienda, costituite dalla vendita accompagnata da
patto di riservato dominio e dalla corresponsione, quale remunerazione della cessione, di una
rendita vitalizia a favore del cedente.
* Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
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Patto di riservato dominio
Nei contratti di cessione d’azienda, l’eventuale rateazione del corrispettivo convenuto dalle
parti può assumere le seguenti forme:
• pagamento di rate di importo fisso a scadenze predeterminate, accompagnate da
emissioni di cambiali o pagherò;
• pagamento di rate ad importo variabile, percentualmente commisurate al fatturato che il
cessionario realizzerà per effetto dell’acquisizione dell’azienda.
Tra le forme di garanzie, finalizzate ad assicurare al cedente il regolare incasso delle rate
anche dopo la stipula del contratto di cessione, figura una particolare clausola, in forza della
quale il trasferimento della proprietà dell’azienda è subordinato all’integrale pagamento del
prezzo, ovvero al saldo dell’ultima rata pattuita.
La norma civilistica di riferimento è costituita dall’art.1523 c.c., il quale prevede che, nella vendita
a rate con riserva della proprietà, il compratore acquista la proprietà della cosa solamente con il
pagamento dell’ultima rata di prezzo, ma assume i rischi dal momento della consegna.
Tale clausola non è però sufficiente ad evitare la possibilità che, attraverso una successiva
alienazione dei beni aziendali acquisiti, il cessionario d’azienda neutralizzi la garanzia reale in
danno del cedente.
Occorre però considerare che il successivo art.1524, co.2 c.c., prevede la possibilità di
rendere opponibile ai terzi acquirenti la clausola di riservato dominio, a condizione che la
cessione venga trascritta in un apposito registro tenuto nella cancelleria del tribunale del
luogo in cui si trova il bene di valore superiore ad euro 15,49 (Lit. 30.000)78.
Va evidenziato che, comunque, l’apposizione della clausola di riservato dominio non rileva ai
fini dell’individuazione del momento in cui la cessione si considera effettuata (che rimane
pertanto la data di stipula del relativo atto).
Cessione d’azienda e costituzione di rendita vitalizia
Nell’altra ipotesi ricorrente da esaminare, l’azienda è ceduta a fronte di un corrispettivo della
cessione dell’azienda non determinato in misura fissa, ma consistente nella costituzione di
una rendita vitalizia a favore del cedente.
La rendita vitalizia è disciplinata dall’art.1872 e s.s. c.c., la tabella che segue compie una
breve sintesi di tali norme.
78 La L. n.1329 del 28.11.1965, con riguardo a macchine utensili o di produzione nuove con prezzo unitario non inferiore a 258,23 euro (Lit. 500.000), prevede l’onere di applicare un contrassegno visibile indicante il nome del venditore ed i dati che identificano la macchina e di trascrivere i contratti di vendita con riserva della proprietà nel registro del tribunale nella cui circoscrizione sono stati stipulati gli atti, ciò al fine di rendere il patto opponibile ai terzi acquirenti che abbiano trascritto successivamente.
La cessione di azienda. aspetti controversi: vendita con patto di riservato dominio, corresponsione in luogo del corrispettivo classico di una rendita vitalizia a favore del cedente
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Rendita vitalizia – norme civilistiche
mediante alienazione di un
bene mobile
mediante alienazione di un
bene immobile
a titolo oneroso
mediante cessione di capitale
la sua costituzione può avvenire:
a titolo gratuito mediante donazione o
testamento
alla durata della vita del beneficiario o di altra persona la sua durata può corrispondere
alla durata della vita di più persone
si tratta di un contratto consensuale a prestazioni corrispettive
è richiesta la forma scritta a pena di nullità, ai sensi dell’art.1350, n.10 c.c.
Nel vitalizio oneroso, in particolare, il cessionario, dietro l’alienazione di un bene, mobile o immobile, o di un capitale, si obbliga a corrispondere ad un altro soggetto una somma di denaro per l’intera durata della vita del beneficiario.
Se il bene ceduto, a fronte del quale è costituita la rendita vitalizia, è un’azienda commerciale (della quale sia trasferita la relativa gestione), si seguono le regole ordinarie. Dal punto di vista fiscale, la plusvalenza realizzata a seguito di cessione d’azienda è
considerata, ai sensi dell’art.86, co.2, reddito d’impresa. Ne consegue una situazione di doppia imposizione, la quale si realizzerebbe con la contemporanea tassazione:
• della plusvalenza da cessione d’azienda, da un lato; • (e) della rendita percepita dal medesimo soggetto, dall’altro. Allo stato, la tassazione Irpef insiste sia della plusvalenza da cessione d’azienda, ai sensi
dell’art.86, co.2, che della rendita percepita ai sensi dell’art.50, co.1, lett.h), del DPR n.917/86 (reddito assimilato a quello di lavoro dipendente). A supporto di tale soluzione, si considerino i seguenti argomenti:
• la cessione d’azienda contro costituzione di rendita vitalizia è considerata sicuramente una cessione a titolo oneroso ai sensi dell’art.86, lett.a), del Tuir, il cui corrispettivo, sia pure indeterminato, è costituito da una rendita;
• la rendita percepita costituisce una sorta di rendimento dell’investimento derivante dal capitale ceduto (azienda).
• I presupposti dell’imposizione su tali componenti reddituali sono quindi differenti, poiché:
• la plusvalenza rappresenta l’attualizzazione dei redditi futuri che saranno prodotti grazie all’azienda;
• la rendita deriva dall’atto di disposizione dell’investimento, cioè dal capitale ceduto.
In via generale, la plusvalenza è costituita dalla differenza tra il corrispettivo percepito e il costo fiscalmente riconosciuto dell’azienda ceduta (art.86, co.2, del DPR 22.12.1986).
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Nella fattispecie proposta, la determinazione della plusvalenza imponibile può risultare ardua, dato che il corrispettivo percepito è costituito da una rendita, il cui importo è variabile a seconda della durata della vita del beneficiario.
Si evidenzia, in particolare, la discrasia tra: • l’applicazione del principio di competenza, con riferimento alla plusvalenza realizzata, in ragione
del quale la rendita dovrebbe considerarsi conseguita nel medesimo periodo d’imposta;
• la regola incardinata nell’art.109, co.1, secondo periodo, del Tuir, in base alla quale i componenti di reddito dei quali, nell’esercizio di competenza, non sia certa l’esistenza o non sia obiettivamente determinabile l’ammontare, si considerano imponibili nel periodo
d’imposta in cui si realizzano tali condizioni. Nel caso della cessione d’azienda contro costituzione di rendita vitalizia, sembra però prevalere la tassazione della plusvalenza per competenza, atteso che:
1. l’esistenza della plusvalenza stessa appare certa (la cessione d’azienda risulta da un atto scritto); 2. l’ammontare della medesima appare determinabile, in quanto desumibile da dati
oggettivi, quali l’utilizzo di tabelle attuariali da cui si può prevedere la probabile durata
della vita del beneficiario per determinare la rendita e la conseguente plusvalenza. L’imposizione della rendita percepita può, invece, presentarsi in forma differenziata, secondo le caratteristiche soggettive del creditore.
In particolare: • se il beneficiario ha ceduto l’unica azienda posseduta, conseguentemente perdendo la
qualifica di imprenditore, l’imposizione avviene a titolo di reddito assimilato a quello di
lavoro dipendente; • se il cedente mantiene lo status di imprenditore (ciò che avviene quando oggetto della
cessione è un ramo d’azienda, ovvero quando la vendita riguarda una delle aziende
possedute), ci si potrebbe chiedere se la rendita sia inclusa tra i redditi d’impresa. Sottolineando che in merito alla rendita vitalizia non vi è una norma che preveda la natura di reddito d’impresa se conseguita nell’esercizio di un’attività d’impresa, come invece accade
per i redditi di capitale (art.48, co.1, del Tuir), si può ipotizzare un’indagine caso per caso, verificando se l’intento dell’imprenditore è quello di compiere l’operazione in funzione della propria attività per ottenere dei rendimenti, oppure se l’obiettivo è di investire parte del
proprio patrimonio personale. Una maggior sicurezza di fronte alle eventuali attività di controllo del Fisco potrebbe essere ottenuta attraverso l’esercizio dell’ordinario diritto d’interpello ai sensi dell’art.11 della L.
n.212 del 27.07.2000.
Applicazione dell’imposta di registro
Sia in relazione al patto di riservato dominio, che alla costituzione di rendita come remunerazione della cessione d’azienda, è obbligatorio un excursus sul trattamento al fine
dell’imposta di registro.
La cessione di azienda. aspetti controversi: vendita con patto di riservato dominio, corresponsione in luogo del corrispettivo classico di una rendita vitalizia a favore del cedente
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Si evidenzia, in particolare, che, ai sensi dell’art.27, co.1 e 3 del DPR n.131 del 26.04.1986, gli atti sottoposti a condizione sospensiva sono registrati con il pagamento dell'imposta in misura fissa.
Al verificarsi della condizione, o quando l'atto produce i suoi effetti prima dell'avverarsi di essa, si riscuote la differenza tra l'imposta dovuta secondo le norme vigenti al momento della formazione dell'atto e quella pagata in sede di registrazione; non sono considerati sottoposti
a condizione sospensiva le vendite con riserva di proprietà e gli atti sottoposti a condizione, che ne fanno dipendere gli effetti dalla mera volontà dell'acquirente o del creditore. Inoltre, l’art.46, co.1 e 2, dello stesso Testo Unico, integrato dal prospetto richiamato nella
stessa norma, dispone che: per la costituzione di rendite la base imponibile è costituita dalla somma pagata o dal valore dei beni ceduti dal beneficiario ovvero, se maggiore, dal valore della rendita;
per la costituzione di pensioni, la base imponibile è costituita dal valore della pensione; il valore della rendita o pensione è costituito: se si tratta di rendita perpetua o a tempo indeterminato, dal ventuplo dell'annualità;
se si tratta di rendita o pensione a tempo determinato, dal valore attuale dell'annualità, calcolato al saggio legale di interesse, ma in nessun caso superiore al ventuplo dell'annualità; se si tratta di rendita o pensione vitalizia, dall'ammontare che si ottiene moltiplicando
l'annualità per il coefficiente indicato nel seguente prospetto (allegato al Testo Unico), applicabile in relazione all'età della persona alla cui morte deve cessare.
Valore della rendita ai fini dell’imposta di registro
Età del beneficiario (anni compiuti) Coefficiente da 0 a 20 31,75
da 21 a 30 30,00
da 31 a 40 28,25
da 41 a 45 26,50
da 46 a 50 24,75
da 51 a 53 23,00
da 54 a 56 21,25
da 57 a 60 19,50
da 61 a 63 17,75
da 64 a 66 16,00
da 67 a 69 14,25
da 70 a 72 12,50
da 73 a 75 10,75
da 76 a 78 9,00
da 79 a 82 7,25
da 83 a 86 5,50
da 87 a 92 3,75
da 93 a 99 2,00
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CONTRATTO DI CESSIONE D’AZIENDA CON
PATTO DI RISERVATO DOMINIO* Tra il Sig. P.N., nato il (...), a (...) ed ivi residente alla via (...), cod. fisc. n. (...) e il sig. R.R. nato il (...), a (...) ed ivi residente alla via (...), cod. fisc. n. (...), si conviene e si stipula quanto: - il Sig. P.N. vende la propria azienda commerciale corrente in (...), via (...), esercente
l'attività di (descrizione attività), al Sig. R.R., che accetta; - nella cessione sono compresi tutto l'arredamento e suppellettili; il prezzo pattuito per la
cessione è di € (...) di cui € (...) per avviamento così calcolato: Reddito prospettico: Ultimi quattro redditi 200 (...) € (...) 200 (...) € (...) 200 (...) € (...) 200 (...) € (...) Totale (...) € (...): 4 = € (...)
* scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)
Rateazione del corrispettivo
Costituzione di rendita vitalizia a favore del
cedente
Patto di riservato dominio
La proprietà è trasferita solo con il pagamento dell’ultima rata
Problematiche fiscali: doppia imposizione in
capo al cedente
Rendita = reddito assimilato a lav. dip.
Plusvalenza da cessione = reddito d’impresa
TAVOLA 1: cessione d’azienda con patto di riservato dominio e con costituzione di rendita vitalizia
Cessione d’azienda
file d
La cessione di azienda. aspetti controversi: vendita con patto di riservato dominio, corresponsione in luogo del corrispettivo classico di una rendita vitalizia a favore del cedente
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(...) (Rendita media) Reddito prospettico (...) € (...)
meno compenso per opera personale imprenditore (...) € (...)
(...) € (...)
Capitale cessione azienda (...) € (...)
Arredamento e merce
Merce in magazzino (...) € (...)
Computer e accessori (...) € (...)
….. (...) € (...)
….. (...) € (...)
….. (...) € (...)
Avviamento (...) € (...)
Arredamento merce (...) € (...)
Totale valore (...) € (...)
L'acquirente trova di suo completo gradimento l'arredamento, nei cui confronti rinuncia a
qualsiasi contestazione o eccezione.
La cessione dell'azienda ha effetto immediato e da oggi stesso; tutte le spese ed oneri
aziendali di qualsiasi genere sono a carico del compratore.
Ai sensi dell'art.2557 c.c. il cedente si obbliga per (...) anni a non intraprendere nel territorio
del Comune di (...) altra attività del genere di quella esercitata dall'azienda ceduta, né in
proprio, né come socio, dirigente, dipendente o agente di società o ditte concorrenti.
La cessione di cui al presente atto viene effettuata con riserva della proprietà in capo alla
parte cedente fino all’integrale pagamento dell’importo, ai sensi dell’art.1523 c.c.. Tuttavia
ogni rischio sarà a carico della parte cessionaria sin dalla data odierna, con la consegna alla
parte cessionaria della suddetta azienda, nello stato in cui si trova, come visto e piaciuto
dalla parte cessionaria stessa.
Ai sensi dell’art.3 della L. n.1329 del 28.11.1965, il presente contratto di vendita con patto di
riservato dominio potrà essere trascritto nei Pubblici Registri, a cura e spese della parte
cedente.
La parte cessionaria non potrà, fino al passaggio di proprietà dell’azienda, alienare i singoli
macchinari o, comunque, disporne senza il consenso scritto della parte cedente.
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Le spese relative al presente atto sono a carico del compratore.
Redatto in (...) copie originali, letto, confermato e sottoscritto.
(...) li (...) (...)
(...)
Il sottoscritto notaio certifica che le firme apposte dai Sigg.ri (...) sono autentiche.
Il notaio
(...)
CONTRATTO DI CESSIONE D’AZIENDA
CON COSTITUZIONE DI RENDITA VITALIZIA*
Tra il Sig. P.N., nato il (...), a (...) ed ivi residente alla via (...), cod. fisc. n. (...) e il Sig. R.R.
nato il (...), a (...) ed ivi residente alla via (...), cod. fisc. n. (...), si conviene e si stipula
quanto:
- il Sig. P.N. vende la propria azienda commerciale corrente in (...), via (...), esercente
l'attività di (descrizione attività), al Sig. R.R., che accetta;
- nella cessione sono compresi tutto l'arredamento e suppellettili; il prezzo pattuito per
la cessione è di € (...) di cui € (...) per avviamento così calcolato:
Reddito prospettico:
Ultimi quattro redditi 200 (...) € (...)
200 (...) € (...)
200 (...) € (...)
200 (...) € (...)
Totale (...) € (...): 4 = € (...)
(...) (Rendita media) Reddito prospettico (...) € (...)
meno compenso per opera personale imprenditore (...) € (...)
(...) € (...)
Capitale cessione azienda (...) € (...)
Arredamento e merce
Merce in magazzino (...) € (...)
Computer e accessori (...) € (...)
….. (...) € (...)
* scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)
file e
La cessione di azienda. aspetti controversi: vendita con patto di riservato dominio, corresponsione in luogo del corrispettivo classico di una rendita vitalizia a favore del cedente
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….. (...) € (...)
….. (...) € (...)
Avviamento (...) € (...)
Arredamento merce (...) € (...)
Totale valore (...) € (...)
L'acquirente trova di suo completo gradimento l'arredamento, nei cui confronti rinuncia a
qualsiasi contestazione o eccezione.
La cessione dell'azienda ha effetto immediato e da oggi stesso; tutte le spese ed oneri
aziendali di qualsiasi genere sono a carico del compratore.
Ai sensi dell'art.2557 c.c. il cedente si obbliga per (...) anni a non intraprendere nel territorio
del Comune di (...) altra attività del genere di quella esercitata dall'azienda ceduta, né in
proprio, né come socio, dirigente, dipendente o agente di società o ditte concorrenti.
Si precisa che il prezzo della cessione verrà corrisposto mediante costituzione di rendita
vitalizia.
Tale rendita è costituita per tutta la durata della vita del beneficiario Sig. P.N.
Il Sig. R.R., costituisce in favore del Sig. P.N., beneficiario, una rendita annua di euro (...) da
pagarsi in rate mensili, entro il giorno tre del mese, al netto di imposte e tasse.
Per garantire tali pagamenti l’acquirente dà il suo consenso per l'iscrizione di ipoteca
convenzionale per la somma di euro (...) sul seguente bene immobile: (...)
Il creditore della rendita può richiedere la risoluzione del contratto nel caso che sia diminuita
tale garanzia.
Per quanto non previsto si rinvia agli artt.1872 e s.s. c.c..
Le spese relative al presente atto sono a carico del compratore.
Redatto in (...) copie originali, letto, confermato e sottoscritto.
(...) li (...) (...)
(...)
Il sottoscritto notaio certifica che le firme apposte dai Sigg.ri (...) sono autentiche.
Il notaio
(...)
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LA CESSIONE D’AZIENDA CON COSTITUZIONE DI RENDITA VITALIZIA: ASPETTI FISCALI
Tratto da Circolare Tributaria settimanale Euroconference *
Introduzione
Nel corso del presente lavoro verrà analizzata la questione della tassazione della plusvalenza
da cessione di azienda dietro corrispettivo di costituzione di rendita vitalizia. E’, infatti,
legittimo chiedersi se in una simile fattispecie debbano essere assoggettati a tassazione sia la
plusvalenza che la rendita79. E’ immediato notare come una conclusione del genere porterebbe
ad evidenti fenomeni di doppia imposizione.
La cessione di un’impresa dietro costituzione di rendita può essere vista come un
interessante veicolo per trasferire una piccola impresa artigiana di padre in figlio evitando
esborsi consistenti da parte dell’acquirente.
Il regime fiscale di una simile operazione, tuttavia, è piuttosto incerto.
Una decisione proveniente dalla IV sezione della Commissione Tributaria Regionale del
Veneto (n.140/04/01 depositata il 29 gennaio 2002), pur ammettendo la complessità
interpretativa della fattispecie, ha ritenuto che la particolare cessione de quo configuri, in
ogni caso, l’emersione di una plusvalenza tassabile, la quale, pur non essendo determinabile
in via immediata, non per questo può sottrarsi all’onere fiscale.
I singoli canoni del vitalizio, sostengono i giudici veneti, risultano parimenti imponibili,
secondo l’apposita disciplina stabilita dall’art.50 del DPR n.917/86, stante la duplicità del
presupposto impositivo.
Aspetti civilistici
Prima di affrontare compitamente gli aspetti fiscali, è opportuno evidenziare, sia pure
brevemente, alcuni aspetti civilistici della questione.
L’istituto giuridico della costituzione di rendita vitalizia a fronte dell’acquisto di un bene,
quantunque tipicizzato dal Legislatore, è di per sé particolarmente articolato nell’aspetto
civilistico. Il corrispettivo del contratto di cessione del bene è, infatti, rappresentato da un
rapporto obbligatorio di durata con prestazioni periodiche (le singole rate del vitalizio) che
vanno annoverate tra i frutti civili (ex art.820 c.c.). Sia la dottrina che la giurisprudenza sono
state sempre concordi nel ritenere che elemento essenziale del contratto sia l’alea. Questa si
concretizza, secondo consolidata giurisprudenza di Corte di Cassazione, come: l’assoluta
“situazione di incertezza circa il vantaggio economico o la perdita che potrebbe verificarsi nello svolgimento e nella durata del rapporto”80. E’ chiaro, infatti, che l’incertezza circa la
durata della vita residua del vitaliziato comporta l’assoggettamento dei contraenti al rischio di
* Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) 79 La plusvalenza verrebbe tassata come reddito diverso o reddito di impresa a seconda dei casi, mentre la rendita è tassata quale provento assimilato ai redditi di lavoro dipendente. 80 Corte di Cassazione, sez. II, sent. n.8287 del 28/07/1975 e n.4503 del 15/05/1996.
La cessione di azienda con costituzione di rendita vitalizia: aspetti fiscali
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un esborso/incasso anche notevolmente eccedente il valore del cespite oggetto di cessione,
oppure, nel caso opposto, l’ottenimento del bene per somme corrispondenti alla liquidazione
di poche rate, in caso di premorienza del beneficiario.
Sulla scorta di questi primi elementi risulta chiaro che procedere nell’esplicitazione dei profili
fiscali dell’operazione non è impresa facile, o meglio, si tratta di un’operazione da attuare con
estrema cautela e soprattutto avendo ben presenti i fondamenti stessi del diritto tributario.
Un primo elemento, non suscettibile di differenti soluzioni interpretative, in quanto derivante
direttamente dal dettato normativo, è la tassabilità delle rate del vitalizio quale reddito
assimilato a quello di lavoro dipendente ai sensi dell’art.50, co.1, lett.h) del DPR n.917/86. Al
contrario, una tematica che ha generato un vigoroso dibattito dottrinale e interpretativo (mai
purtroppo sfociato in sede giurisdizionale di legittimità) è l’emersione o meno di una
plusvalenza tassabile nel nostro caso.
Da una parte, infatti, troviamo due risoluzioni di Direzioni Regionali delle Entrate81, con le
quali l’Amministrazione Finanziaria, dopo anni di silenzio, nonostante il consolidarsi di
giurisprudenza sfavorevole alle maggiori pretese impositive, ha affermato che in caso di
alienazione di azienda con costituzione di una rendita vitalizia in capo al cedente si realizza
una plusvalenza tassabile ai sensi dell’art.86 del DPR n.917/86.
Le pronunce degli organi periferici in questione, partendo dal presupposto che le modifiche
normative apportate dall’art.11 della L. n.413/91 all’art.18, co.1 del DPR n.917/86 in vigore fino
al 31 dicembre 2003, dove in tema di tassazione separata delle plusvalenze da cessione
d’azienda ultraquinquennale il termine “percepito” era stato sostituito dai termini “conseguito o
imputato”, rappresentavano un’appostazione atta a trattare il caso di specie, concludono
sottolineando che la cessione d’azienda con vitalizio integra due presupposti impositivi autonomi:
il realizzo della plusvalenza (da determinarsi con tecniche attuariali) e il reddito del vitalizio.82
Sulla scorta di queste posizioni, la giurisprudenza di Commissione Tributaria Centrale,
chiamata più volte a pronuciarsi, ha provveduto, da parte sua, a consolidarsi nel senso di
non ammettere il realizzo di plusvalenze nel caso in questione83.
La giurisprudenza citata, infatti, ha sottolineato che l'indeterminatezza del corrispettivo
percepito (o meglio da percepire nel futuro) è tale che manca uno degli elementi
fondamentali per il calcolo della plusvalenza in caso di cessione a titolo oneroso. Mi riferisco
alla nota differenza tra corrispettivo conseguito e costo non ammortizzato dei beni (valore
fiscale dell'azienda nel nostro caso)84.
81 D.R.E. Lazio del 6 luglio 1996 n.13212 e D.R.E. Campania del 29 luglio 1997 n.5792. 82 Del tutto opposte le soluzioni proposte dalla dottrina, sia di fonte vicina al Ministero delle Finanze (Leo, Monacchi, Schiavo - Le imposte sui redditi nel Testo Unico – Giuffrè Editore 1996, pg. 986-987) che di matrice professionale (A. Ghini, Il fisco n.26/1986; P. Monarca, Corriere Tributario n.43/97; I. Passeri, Rassegna Tributaria n.1/1998; E. Jorio, Il Fisco n.12/1998; R. Damonte, GT-Rivista di Giurisprudenza Tributaria n.10/1998) o accademica (G. Falsitta, Padova, 1978), la quale in maniera quasi unanime ha escluso la possibilità che nella fattispecie possa individuarsi il realizzo di una plusvalenza in capo al cedente. 83 Commissione Tributaria Centrale, sez.III, n.89615 del 05/04/1967; Commissione Tributaria Centrale, sez.XXII, n.1206 del 15/02/1990; Commissione Tributaria Centrale, sez.V, n.3101 del 11/06/1997, Commissione Tributaria Centrale, sez.XXI, n.3384/99 del 26/05/1999. 84 Nello stesso senso C.T.P. Arezzo, sez.IV, n.149 del08/11/2001.
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Da parte loro, invece, le pronunce delle varie D.R.E. hanno sempre ribadito che non importa
la materiale percezione del corrispettivo (o la sua indeterminatezza ab origine) per
determinare in ogni caso una plusvalenza da cessione tassabile.
La tassabilità della plusvalenza di cessione
L’art.86 del DPR n.917/86, al co.2, così recita: “Concorrono alla formazione del reddito anche le plusvalenze delle aziende, compreso il valore di avviamento, realizzate unitariamente, mediante cessione a titolo oneroso.”. I presupposti per l’emergere di materia imponibile sono quindi:
- la cessione a titolo oneroso;
- il realizzo unitario della plusvalenza.
Circa il primo requisito occorre sottolineare che nel caso in questione lo schema contrattuale
tipico è costituito dalla compravendita il cui corrispettivo, invece di essere rappresentato
dalla grandezza certa “prezzo”, è quantificato tenendo conto dell’alea propria del vitalizio.
Non vi può quindi essere alcun equivoco circa il requisito dell’onerosità della cessione.
Di ben altro spessore interpretativo è stabilire se ci si trovi di fronte al realizzo unitario di una
plusvalenza. Il co.2 del già citato art.86 stabilisce che: “la plusvalenza è costituita dalla differenza tra il corrispettivo o l’indennizzo conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e il costo non ammortizzato.”. Mentre il secondo termine di confronto, ovvero, nel nostro caso, il valore fiscalmente
riconosciuto del complesso aziendale è un dato immediatamente esplicitabile, di particolare
difficoltà è la determinazione del corrispettivo conseguito, stante l’indeterminabilità
aprioristica della sommatoria delle rate del vitalizio che in concreto verranno corrisposte.
Si noti che tale indeterminatezza rileva anche sotto il profilo del difetto dei requisiti di certezza e
determinabilità della componente reddituale previsti dall’art.109, co.1 del DPR n.917/86, che
verrebbero soddisfatti, sotto il profilo dell’emersione di un reddito, solo nel momento in cui la
sommatoria delle singole rate del vitalizio (corrispettivo effettivamente conseguito) superi il
valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda85. Solo in tale momento, infatti, possiamo riscontrare
tutte le condizioni di legge previste per la nascita del presupposto impositivo in quanto risulta
una grandezza di segno positivo dalla differenza tra corrispettivo conseguito e il costo
fiscalmente riconosciuto dei beni, conformemente al principio di tassazione dell’effettivo
“incremento del patrimonio derivante da una fonte produttiva”86.
Tutti i ragionamenti finora fatti possono essere utilmente riscontrati esplicitando
maggiormente il concetto giuridico di “realizzo unitario della plusvalenza” sancito dall’art.86,
co.2 del Tuir. Ma qual è la portata giuridica del termine “realizzo”?
Secondo l’interpretazione dell’A.F., dopo le modifiche apportate dal DPR n.917/86 al
previgente DPR n.597/73, il Legislatore avrebbe inteso portare l’imposizione di tale 85 Si veda, in tal senso, M. Nussi, “L’imputazione del reddito nel diritto tributario”, Padova 1996. 86 Francesco Tesauro, “Istituzioni di Diritto Tributario”, volume II, UTET 1999.
La cessione di azienda con costituzione di rendita vitalizia: aspetti fiscali
87
componente di reddito nel campo del principio di “competenza” abbandonando il precedente
principio di “cassa”. Infatti, l’utilizzo di espressioni quali valore “realizzato” (art.16, lett.g, Tuir
in vigore fino al 31 dicembre 2003) al posto di valore “percepito” (art.12, lett.e del
previgente DPR n.597), avrebbe comportato una vera e propria rivoluzione, tanto da
significare che la plusvalenza è tassabile quando “maturata, determinata o imputata”.
A ben vedere però, in tema di componenti del reddito d’impresa, la differenza lessicale tra il
precedente art.54 del DPR n.597 e il successivo DPR n.917/86 non appare affatto
rivoluzionaria, anzi, il termine “percepito” non compare né prima, né dopo la riforma.
A nostro modo di vedere con il termine “realizzo unitario” si deve intendere il risultato
fiscalmente rilevante connesso alla cessione d’azienda. Esso deve concretizzarsi nell’effettivo
incremento di ricchezza in denaro o in natura (incremento patrimoniale netto) che si verifica
al momento della stipula.
In definitiva, all’interprete acuto e rigoroso non può sfuggire che l’inquadramento giuridico
riservato alla cessione d’azienda dagli artt.86 e 109 risulta comporsi in una struttura logica
ben salda: le plusvalenze delle aziende realizzate unitariamente mediante cessione a titolo
oneroso concorrono a formare il reddito (co.2); in tal caso, la plusvalenza è costituita dalla
differenza fra il corrispettivo conseguito e il costo non ammortizzato dei beni (co.2); nella
fattispecie però l’incertezza e la non oggettiva determinabilità del corrispettivo comportano
una tale indeterminatezza del quantum tassabile, che, in definitiva, esso non viene mai ad
esistenza nel mondo giuridico e perciò non può considerarsi “realizzato”.
L’art.163 del DPR n.917/86 e il problema della doppia imposizione
La contemporanea tassazione della presunta plusvalenza e delle singole rate del vitalizio,
risulta in palese contrasto con la disposizione di carattere generale prevista dall’art.163 del
Tuir, in base alla quale: “la stessa imposta non può essere applicata più volte in dipendenza
dello stesso presupposto”. Il cedente, infatti, verrebbe assoggettato allo stesso tributo due
volte pur in presenza, di fatto, di un solo reddito. Secondo le già citate risoluzione degli uffici
finanziari laziale e campano, invece, non vi è alcun profilo di doppia imposizione in quanto:
• in primo luogo, il divieto previsto dall’art.163 del DPR n.917/86 ha natura meramente
procedimentale poiché teso ad impedire che gli uffici pongano in essere una duplicazione
della propria attività amministrativa emettendo due o più atti di accertamento aventi ad
oggetto la medesima materia imponibile;
• in secondo luogo, la cessione d’azienda con vitalizio comporta l’emergere di due autonomi
presupposti impositivi (plusvalenza e rendita vitalizia) tant’è vero che quest’ultima veniva
tassata, in previgenza della modifica dell’art.48-bis [ora art.51] del DPR n.917/86 apportata
dal D.Lgs. n.47/00, al solo 60% del suo importo. Il restante 40% (non imponibile)
rappresenterebbe il ritorno del capitale e il plusvalore.
C E S S I O N E
D I
A Z I E N D A
88
A nostro parere il divieto di duplicazione dell’attività amministrativa in campo tributario va
ricercato nell’art.67 del DPR n.600/73 (Disposizioni comuni in tema di accertamento delle
imposte sui redditi) piuttosto che nell’art.163 del Tuir87.
Inoltre, pare corretto ritenere che se la tassazione del solo 60% del vitalizio fosse un
principio giuridico fissato proprio per impedire la doppia imposizione nel caso in questione,
non si comprende perché il Legislatore, con la modifica dell’art.48-bis del Tuir apportata dal
D.Lgs. n.47/00, in tema di riforma della disciplina fiscale della previdenza complementare,
abbia stabilito, a decorrere dall’1 giugno 2000, il prelievo sull’intero ammontare del vitalizio,
comportando, di fatto, la sconfessione legislativa delle già citate tesi dell’A.F..
L’adeguatezza degli strumenti utilizzati ai fini della determinazione della componente di reddito
Alcuna dottrina88 ha giustamente rilevato che esiste uno spinoso problema in merito alla
metodologia di determinazione della plusvalenza. Procedere, infatti, attraverso calcoli attuariali
per l’individuazione del valore normale della rendita, soluzione proposta dalle già citate
risoluzioni, comporta una sorta di riqualificazione giuridica dell’operazione, la quale sarebbe da
assimilare alla destinazione dell’azienda a finalità estranee all’impresa. Tale conclusione deriva
dalla lettura sistematica dei co.1, lett.c) e co.3 dell’art.86 del DPR n.917/86.
Si noti che, in effetti, nelle ipotesi di autoconsumo l’elemento rilevante ai fini della
determinazione della plusvalenza, da raffrontare con il costo non ammortizzato, non è
rappresentato dal corrispettivo conseguito (come previsto, per le cessioni a titolo oneroso, dal
co.2 della predetta norma), ma dal valore normale del bene. Concordemente alla predetta
dottrina, riteniamo illogico che la medesima fattispecie giuridica (cessione d’azienda a titolo
oneroso) possa essere riqualificata sotto l’aspetto del prelievo fiscale esclusivamente sulla base
della modalità di esecuzione della controprestazione (denaro, piuttosto che rendita vitalizia).
Esclusa quindi la riqualificazione della cessione dietro rendita vitalizia alla destinazione a
finalità estranee, l’unica conclusione ragionevole deve essere per la non tassabilità della
plusvalenza.
Altri aspetti trovano spazio nelle pagine successive
87 Art.67 – DPR n.600/1973: “La stessa imposta non può essere applicata più volte, in dipendenza dello stesso presupposto, neppure nei confronti di soggetti diversi. L'imposta personale pagata dal soggetto erogante a titolo definitivo a seguito di accertamento è scomputata dall'imposta dovuta dal percipiente il medesimo reddito”. 88 I. Passeri, citato in nota 3.
89
ASPETTI GIURIDICI DEL CONTRATTO D’AFFITTO D’AZIENDA a cura di Giorgio Gavelli e Barbara Lotti*
Natura e caratteristiche del contratto
Insieme con la cessione e la costituzione di usufrutto, l’affitto rappresenta uno strumento attraverso il quale può manifestarsi la circolazione dell’azienda. Infatti:
►► con la cessione, il cedente trasferisce al cessionario la titolarità dell’azienda, dietro pagamento di un corrispettivo;
►► con l’usufrutto, il proprietario conferisce all’usufruttuario il diritto di utilizzare e di
godere dell’azienda per un periodo determinato, senza modificarne la destinazione, dietro pagamento di un corrispettivo;
►► con l’affitto, il concedente trasferisce all’affittuario il diritto di godimento dell’azienda,
per un periodo di norma determinato, a fronte del pagamento di un canone periodico. Con l’affitto, quindi, non si trasferisce la titolarità dell’azienda89, e nemmeno si costituisce un diritto reale a favore dell’affittuario, ma semplicemente si trasferisce, a favore di
quest’ultimo, il diritto di godimento dell’azienda stessa. Il Codice Civile non detta una disciplina organica per il contratto di affitto d’azienda, in quanto l’art. 2562 si limita a rinviare alla disciplina prevista per l’usufrutto dell’azienda,
regolato dall’art. 2561. Tuttavia, per la disciplina del contratto, occorre fare riferimento alle disposizioni contenute in materia di affitto agli artt.dal 1615 al 1627 c.c. In particolare, l’art. 1615 c.c. definisce l’affitto come la locazione che ha per oggetto un bene (mobile o immobile) produttivo e statuisce che l’affittuario deve curarne la gestione in conformità della destinazione economica della cosa e dell’interesse della produzione. A lui spettano i frutti e le altre utilità della cosa locata. L’affittuario, dunque, oltre a non mutare la destinazione economica dell’azienda, deve destinare al servizio della cosa i mezzi necessari per la sua gestione produttiva. Per assolvere a tale obbligo, egli deve osservare le regole della buona tecnica (art. 1618 c.c.). L’inosservanza degli obblighi di corretta gestione dell’azienda comporta, secondo la dottrina più recente, la risoluzione del contratto per inadempimento dell’affittuario medesimo. Secondo la normativa civilistica l’affitto d’azienda è un contratto: ►► consensuale, in quanto il diritto di godimento dell’azienda si perfeziona con il semplice
consenso delle parti, comunque manifestato; ►► sinallagmatico, o a prestazioni corrispettive, poiché le prestazioni poste rispettivamente
a carico di una parte e a vantaggio dell’altra sono legate la un nesso di reciprocità;
►► ad esecuzione continuata e periodica, in quanto l’esecuzione si protrae nel tempo, con prestazioni continuative e ripetute.
* Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) Tratto da “La Circolare Tributaria” n.37 del 3 ottobre 2005 – Sistema d’Informazione Integrato – Euroconference Editore 89 Costante giurisprudenza sostiene che “il criterio discretivo tra locazione di immobile ad uso non abitativo e affitto di azienda è fondato, rispettivamente sulla valenza assorbente ed esclusiva dell’immobile nel primo caso e, viceversa, sulla sua considerazione funzionalmente paritaria e complementare con gli altri beni organizzati per l’azienda nel secondo caso” (Cass. sent. n. 10106 del 02/08/2000). Giurisprudenza e dottrina sono poi concordi nel ritenere inapplicabili al contratto di affitto di azienda le specifiche discipline che regolano il contratto di locazione (L. n. 392/78 cd. “equo canone” e L. n. 359/93 cd. “patti in deroga”), ed altresì la normativa sulla tutela dell’avviamento commerciale (L. n. 19/63).
A F F I T T O
D’ A Z I E N D A
90
La giurisprudenza ha fornito alcuni importanti chiarimenti in ordine alle caratteristiche che
deve possedere il complesso produttivo affinché si possa rinvenire un affitto di azienda: in
particolare, è stato affermato che, al momento della stipulazione del contratto, non è
necessario che siano presenti tutti gli elementi del complesso aziendale occorrenti per lo
svolgimento dell’attività, né è rilevante che l’attività sia temporaneamente cessata o che
questa venga iniziata direttamente dall’affittuario90. L’azienda potrebbe anche non essere
ancora attivata al momento della conclusione del contratto, dal momento che, per
configurarsi un contratto di affitto d’azienda, è sufficiente che la stessa sia astrattamente
idonea a produrre risultati e che non venga affittata per altro e diverso scopo.
Il concedente l’azienda mantiene un diritto di controllo sulla sua corretta gestione produttiva:
egli può accertare in ogni tempo, anche con accesso in luogo, se l’affittuario osserva gli obblighi che gli incombono (art. 1619 c.c.).
Se l’affittuario compie atti eccedenti i propri poteri, il concedente può ritenerli inefficaci nei
propri confronti; il terzo comma dell’art. 2561 c.c., prevede, che nel caso in cui l’affittuario
non adempia agli obblighi che l’articolo medesimo pone a suo carico o cessi arbitrariamente
la gestione dell’azienda, si applichi l’art. 1015 c.c., in tema di cessazione dell’affitto per abusi
dell’affittuario.
Ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 2561, infine, la differenza tra le consistenze di inventario all’inizio e al termine dell’affitto è regolata in danaro, sulla base dei valori correnti al termine dell’affitto. Secondo la giurisprudenza91, l’ultimo comma dell’art. 2561 riveste carattere
peculiare, perché, da un lato, attribuisce all’affittuario il diritto ad un’indennità commisurata
all’accresciuto valore delle consistenze, derogando alle più pesanti restrizioni indotte da una
“rude” interpretazione dell’art. 1620; dall’altro, definisce compiutamente, esaurendolo,
l’ambito delle pretese dell’affittuario a fine rapporto, eliminando quelle provenienti da
erogazioni di spese che, ancorché incrementative del valore dell’azienda, non costituiscano,
nei fatti, accrescimento di valore dei beni.
Ad ogni buon conto, si rileva di estrema utilità una previsione contrattuale tesa a disciplinare
compiutamente gli incrementi di valore dell’azienda operati dall’affittuario.
Nel contratto d’affitto d’azienda, le parti possono liberamente regolare le loro reciproche
obbligazioni, derogando alle disposizioni di legge, e integrandole con clausole che
introducono obblighi specifici inerenti particolari situazioni. Il potere di personalizzazione e di
adattamento del contratto alle concrete esigenze delle parti, deve però essere esercitato nel
90 In tal senso la sentenza della Cassazione n. 3184 del 14/05/1981, secondo la quale “la ricorrenza di un contratto di affitto di azienda, quale cessione del godimento di un complesso di beni organizzato per l’esercizio di una attività produttiva, postula la potenziale attitudine di tale complesso a realizzare la finalità economica cui è destinato, e non anche, quindi, l’esistenza di una concreta produzione in atto né la qualità di imprenditore del concedente. Pertanto alla configurabilità dell’affitto di azienda non è di ostacolo la circostanza che il concedente non abbia mai utilizzato il complesso aziendale in una propria attività imprenditoriale, e che l’esercizio dell’impresa debba essere iniziato dall’affittuario”. Cfr. Anche G. Cristofori, L’affitto di azienda: aspetti civilistici e fiscali, in “La crisi dell’impresa: soluzioni stragiudiziali e principali procedure concorsuali”, Ed. MAP Servizi S.r.l., 2004, pag. 101. 91 Sent. Cass. n. 3775 del 20/04/1994.
Aspetti giuridici del contratto d’affitto d’azienda
91
rispetto dei limiti derivanti dall’inderogabilità di determinate obbligazioni, che sono essenziali
ai fini della qualificazione del contratto come affitto.
Sono obbligazioni essenziali quelle che caratterizzano il contratto, in mancanza delle quali
ricorre una diversa fattispecie contrattuale. Si tratta del pagamento del canone, del
mantenimento della destinazione dell’azienda, della consegna della stessa da parte del
concedente in condizioni di idoneità allo svolgimento dell’attività. Sono invece nel potere
dispositivo delle parti: la regolamentazione degli obblighi di manutenzione, delle innovazioni
e delle addizioni, il momento della cessazione del contatto, la portata del divieto di
concorrenza o la sua deroga.
Forma e pubblicità del contratto
L’art. 6 della L. n. 310/93, ha modificato sostanzialmente il secondo comma dell’art.2556 c.c.,
stabilendo che i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento
dell’azienda, devono essere redatti in forma pubblica o per scrittura privata autenticata.
Tali contratti devono essere depositati entro trenta giorni per l’iscrizione nel registro delle
imprese a cura del notaio rogante o autenticante.
La modifica apportata all’art. 2556 c.c. impone al notaio l’obbligo di effettuare il deposito dell’atto
ai fini dell’iscrizione nel registro delle imprese, provvedendo, quindi, alla pubblicità commerciale.
La medesima disciplina si rende applicabile ai successivi accordi scritti aventi ad oggetto
modifiche alle clausole dell’originario contratto e alla sua estinzione.
Resta fermo che la forma scritta è necessaria solo “ad probationem” cioè ai fini della
pubblicità del contratto, che rende quest’ultimo opponibile ai terzi - oltre che per ottenere la voltura delle eventuali autorizzazioni amministrative - ma non “ad substantiam”, nel senso che il contratto produrrebbe effetti obbligatori tra le parti anche nel caso in cui fosse
stipulato in forma orale.
Obblighi delle parti contraenti
Quando il contratto di affitto è funzionale al godimento di un’azienda, le peculiarità dell’oggetto influenzano anche il contenuto dei diritti e doveri che il c.c. rispettivamente attribuisce e impone alle parti contraenti. In particolare sono a carico del concedente i
seguenti obblighi:
►► consegnare l’azienda in condizioni tali da poter servire all’uso pattuito;
►► provvedere alle riparazioni straordinarie che esulano dai normali oneri di conservazione della
destinazione economica del complesso aziendale affittato. L’art. 1621 c.c. stabilisce che sono a carico del concedente le riparazioni straordinarie, mentre quelle ordinarie (insieme alle spese di manutenzione), sono di regola a carico dell’affittuario (salvo patto contrario). A volte
può risultare difficile identificare la natura delle riparazioni per cui è necessario che quest’aspetto venga espressamente e dettagliatamente specificato nel contratto;
A F F I T T O
D’ A Z I E N D A
92
►► cooperare al fine di procedere alla temporanea intestazione delle autorizzazioni
amministrative in capo all’affittuario92;
►► non fare concorrenza all’affittuario (art. 2557 c.c.). Tale disposizione è volta a tutelare
l’affittuario in ordine alla consistenza economica ed alla capacità reddituale presente e
futura dell’azienda.
Sono a carico dell’affittuario i seguenti obblighi:
►► esercitare l’attività sotto la ditta che la contraddistingue (art. 2561 co. 1 c.c.), se il
concedente vi ha acconsentito93. In tal modo l’azienda continua ad essere identificata con
la persona del concedente e mantiene integro l’avviamento alla stessa connesso;
►► non modificare la destinazione economica dell’azienda;
►► provvedere alla conservazione dell’efficienza dell’organizzazione degli impianti e le
normali dotazioni di scorte (art. 2561 co. 2 c.c.);
►► corrispondere il canone dovuto, nei tempi e con le modalità stabilite contrattualmente.
Da ciò consegue che non è consentito all’affittuario ridimensionare l’attività o trasferire la
sede dell’azienda, ovvero mutare l’oggetto dell’impresa esercitata. Viceversa, avendo il
medesimo diritto di disporre dei beni dell’azienda, può per esempio vendere impianti,
macchinari e altri beni, nonché acquistarne altri, sempre che non vengano mutate la
consistenza e l’efficienza dell’azienda.
Non è, infine, consentito all’affittuario subaffittare l’azienda, senza il preventivo consenso del
concedente.
Le principali clausole contrattuali
Il divieto di concorrenza
L'art. 2557, primo comma, dispone che “Chi aliena l'azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall'iniziare una nuova impresa che per l'oggetto, l'ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell'azienda ceduta”. Il quarto comma dispone, inoltre, che “Nel caso di usufrutto o di affitto dell'azienda il divieto di concorrenza disposto dal primo comma vale nei confronti del proprietario o del concedente per la durata dell'usufrutto o dell'affitto”. Questa disposizione ha l’obiettivo di assicurare anche all’affittuario il godimento
dell’avviamento. Il divieto opera nella zona di azione commerciale dell’azienda oggetto di
affitto, con possibilità per le parti di ampliare o ridurre tale zona, purché la clausola non
impedisca ogni concreta attività del concedente nel settore economico in cui opera l’azienda
ricevuta in affitto.
92 Ci si riferisce, ad esempio, alle aziende dirette all’esercizio del commercio o della somministrazione di alimenti e bevande. 93 Il trasferimento della ditta, funzionale alla conservazione dell’avviamento soggettivo, deve essere oggetto di una distinta manifestazione di volontà da parte del locatore.
Aspetti giuridici del contratto d’affitto d’azienda
93
In caso di violazione del divieto da parte del concedente, l’affittuario può chiedere il risarcimento
del danno, ed in casi gravi la risoluzione del contratto. In ogni caso il contratto potrà, in deroga
al citato articolo, non prevedere il divieto di concorrenza o limitarlo a periodi inferiori.
Quanto all’oggetto del divieto di concorrenza, esso è limitato all'idoneità della nuova impresa
eventualmente avviata dal concedente a sviare la clientela di quella concessa in affitto. Ciò si
verifica non solo quando la nuova impresa produce beni o servizi dello stesso tipo, ma anche
beni o servizi sostitutivi dei precedenti, ovvero si tratta di impresa ausiliaria di impresa
concorrente.
Il divieto non opera qualora il concedente, pur esercitando un’attività concorrente, vi abbia
dato inizio prima della stipulazione del contratto di affitto94.
Crediti e debiti dell’azienda ceduta
In caso di cessione ed usufrutto d’azienda la sorte dei crediti è regolata dall’art. 2559 c.c. il
quale non richiama espressamente anche l’ipotesi di affitto di azienda. E’ dunque dubbio se
tale norma sia operante anche nel caso in esame o meno. La questione non è di poco rilievo
poiché l’art. 2559 c.c. deroga alla disciplina generale degli artt. 1260 e segg. c.c. circa le
formalità da rispettare.
Comunque, essendo entrato in vigore il Registro delle Imprese non sembra più necessaria la
notifica al debitore della cessione del credito facente parte dell’azienda. Occorre, quindi,
espressamente indicare nell’atto quali sono i crediti ceduti e regolamentare il trapasso,
eventuale, dei crediti sorti in vigenza dell’affittanza e tali alla data di cessazione degli effetti
giuridici del contratto.
Anche l’art. 2560 c.c., circa i debiti dell’azienda ceduta, non opera un espresso rimando al
caso dell’affitto d’azienda per cui è, quantomeno, dubbia la sua applicabilità nel caso di
specie. Sono previste due eccezioni circa i debiti derivanti da rapporti di lavoro subordinato
(art. 2112 c.c.) e i debiti di imposta (art. 66 DPR n. 602/73).
Il concedente resta unico responsabile verso i terzi per i debiti aziendali. Si ritiene, infatti, che la responsabilità solidale verso il creditore prevista dall’art. 2560 c.c. in tema di cessione d’azienda, non operi nei casi di trasferimento a titolo di affitto.
Anche in questo caso è, quindi, opportuno che le parti regolino contrattualmente le sorti dei
debiti sia nel passaggio iniziale dal concedente all’affittuario, sia nel passaggio inverso
operato al termine di cessazione degli effetti giuridici del contratto.
La successione nei contratti
Per quanto riguarda la successione nei contratti, ed in particolare la successione nei rapporti di
lavoro dell’azienda affittata, si applicano le disposizioni previste in tema di cessione d’azienda.
94 Cfr. Sent. Cass. n. 2112 del 30/03/1984
A F F I T T O
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94
Così la regola secondo la quale, salvo diversa pattuizione, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale, si applica anche all’affitto (art. 2558 c.c.).
L’affitto d’azienda produce, come effetto naturale, il trasferimento in blocco di tutti i rapporti contrattuali, non personali, inerenti la gestione aziendale, con la conseguente successione nei rapporti (art. 2558 c.c.). Quest’effetto si verifica a prescindere dalla conoscenza che
l’affittuario abbia, o possa avere, dell’esistenza e del contenuto dei singoli rapporti che gli sono trasferiti. Conseguentemente, la mancata indicazione dell’esistenza di un certo contratto da parte del
concedente e l’ignoranza di ciò da parte dell’affittuario, non impediscono che si verifichi la successione di quest’ultimo, nei rapporti derivanti dal contratto ignorato, con liberazione del concedente dagli obblighi relativi, sempre che il terzo contraente non eserciti la facoltà di
recesso riconosciutagli dal secondo comma dell’art. 2558 c.c. È buona norma procedere alla descrizione precisa, nel contratto di affitto d’azienda, dei contratti che necessariamente devono essere trasferiti, o che s'intendono in ogni caso trasferire.
La disposizione contenuta nell’art. 2558 c.c. limita la successione legale dell’affittuario ai "contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda", con esclusione, quindi, dei contratti stipulati dal concedente al di fuori di ogni rapporto con l'azienda e dei contratti che abbiano carattere personale.
Rientrano in quest’ultima casistica ad esempio i contratti professionali (es.: contratto con esperto tributario o con altro professionista) e le adesioni ad associazioni sindacali. Il concedente può disporre l’esclusione dal trasferimento di singoli contratti. L’esclusione non
è ammessa per i contratti indispensabili per l’esercizio dell’attività, in quanto relativi a beni essenziali dell’azienda. Occorre precisare che, per il secondo comma dell'art. 2558, il terzo contraente che vede succedere l’affittuario nel contratto stipulato a suo tempo con il
concedente, può recedere dal contratto stesso entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, qualora sussista una giusta causa, e salva in questo caso la responsabilità del concedente. Nel caso in cui il complesso aziendale affittato comprenda marchi, brevetti, o domini web, il
contratto di affitto deve espressamente prevedere l’identificazione degli stessi, nonché gli estremi delle relative registrazioni. Ai fini delle successive pratiche di voltura, infatti, sarà indispensabile produrre una copia dell’atto.
La tabella che segue evidenzia la sorte delle principali tipologie di contratto che, normalmente, vengono stipulati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa.
CONTRATTO DI
SOMMINISTRAZIONE
E’ il contratto stipulato, ad esempio, per la fornitura d’energia elettrica, gas e acqua, nonché il contratto per il servizio telefonico. L’affittuario subentra automaticamente al concedente. È necessario comunicare immediatamente il subentro agli enti interessati.
CONTRATTO DI
ASSICURAZIONE
L’affittuario subentra automaticamente al concedente. La compagnia di assicurazione ha facoltà di esercitare il diritto di recesso per giusta causa. È ammesso il patto contrario: in questo caso il concedente dovrà comunicare all’assicuratore la cessazione degli effetti del contratto, essendo venuto meno il rischio sull’utilizzo dei beni aziendali che era la causa del rapporto.
Aspetti giuridici del contratto d’affitto d’azienda
95
CONTRATTO DI
FINANZIAMENTO
Qualora il finanziamento sia stato interamente erogato, il concedente sarà
responsabile della restituzione nei confronti dell’Istituto di credito. Se il
finanziamento non è stato erogato, in tutto o in parte, ovvero nell’ipotesi di
contratti di apertura di credito, deve ritenersi che operi il subentro
automatico dell’affittuario nel contratto, con facoltà di recesso per la banca
in ipotesi di giusta causa. È, però, ammesso il patto di non trasferimento del
contratto. Insieme al debito di finanziamento, si “trasferiscono”, le garanzie
accessorie, sia quelle personali (ad esempio le fideiussioni), sia, ovviamente,
quelle reali (ipoteche, pegni).
CONTRATTO DI
FORNITURA
Questo contratto è caratterizzato dall’obbligo dell’imprenditore di effettuare
forniture costanti e periodiche, anche in esclusiva, ai propri clienti. Con
l’affitto dell’azienda, l’affittuario subentra automaticamente nel contratto
stipulato dal concedente, fermo restando il diritto di recesso per giusta
causa del contraente ceduto. È ammesso il patto contrario. Nel caso di
contratto di somministrazione con clausola di esclusiva a favore del
concedente, con divieto di cessione dell’esclusiva, si configura la fattispecie
di un contratto avente carattere personale e quindi non dovrebbe essere
applicabile il passaggio automatico, salva la possibilità di un’espressa
pattuizione in deroga al divieto di cessione.
CONTRATTO DI
AGENZIA
In questo contratto, opera il subentro automatico dell’affittuario, fermo
restando il diritto di recesso per giusta causa del contraente ceduto. È
ammesso il patto contrario. Non è applicabile il subentro automatico,
qualora nel contratto fra l’agente ed il concedente, vi fosse una clausola di
divieto di cessione del diritto di esclusiva.
CONTRATTO DI
LOCAZIONE
FINANZIARIA
Le incertezze interpretative sussistenti in dottrina in ordine alla natura
giuridica del contratto di locazione finanziaria (contratto atipico assimilato a
volte alla locazione, a volte al mutuo ed a volte alla vendita con riserva di
proprietà), comporta alcune difficoltà nell’inquadrare il contratto di locazione
finanziaria, fra quelli previsti dall’art. 2558 c.c., che si trasferiscono
automaticamente in capo al cessionario. Secondo una consolidata
giurisprudenza, si ha il trasferimento del contratto in capo all’affittuario,
salvo esplicita clausola contrattuale di esclusione. In considerazione però
delle diverse interpretazioni in dottrina, il comportamento più cautelativo è
quello di richiedere, prima di redigere il contratto di affitto, un’esplicita
accettazione del trasferimento da parte della società di locazione finanziaria.
È necessario indicare nell’atto, gli estremi del contratto di locazione
finanziaria trasferito.
CONTRATTO DI
COMODATO
Opera il subentro automatico dell’affittuario, fermo restando il diritto di recesso
per giusta causa del contraente ceduto. È ammesso il patto contrario.
CONTRATTO DI
CONSORZIO
Il contratto di consorzio si trasferisce con l’affitto dell’azienda, senza che sia
richiesto il consenso degli altri consorziati. Solo in presenza di una giusta causa
ed entro un mese dall’avvenuto trasferimento, gli altri consorziati possono
deliberarne l’esclusione dal consorzio (art. 2610 c.c.)
A F F I T T O
D’ A Z I E N D A
96
CONTRATTO DI
LOCAZIONE
Ai sensi dell’art. 2558 c.c. il cessionario subentra nel contratto d’affitto dell’immobile. Inoltre, a norma dell’art. 36 della L. n. 392/78 il conduttore (concedente dell’azienda) può: 1. stipulare con l’affittuario, un contratto di sublocazione dell'immobile,
qualora non sussista nel contratto originario specifico divieto. In tale ipotesi l’affittuario non ha rapporti con il proprietario dell'immobile ma unicamente con il concedente dell’azienda; ovviamente quest’ultimo continuerà a corrispondere i canoni di locazione al proprietario dell'immobile.
2. cedere il relativo contratto di locazione dell'immobile; ciò comporta per l’affittuario, l'assunzione di una posizione autonoma nei confronti del proprietario e del concedente dell’azienda.
Il contratto prosegue pertanto alle stesse condizioni e con la stessa durata, come se il cambiamento del soggetto conduttore non si fosse mai verificato. Ai sensi dell'art. 36, della Legge 392/78, cambia solo il soggetto obbligato al pagamento. In entrambi i casi il concedente dell’azienda deve inviare al proprietario dell'immobile la comunicazione, tramite lettera raccomandata con avviso di ricevimento, di avvenuta sublocazione o cessione del contratto. Per il principio della successione dei contratti previsto dall'art. 36 della L. 392/78, il proprietario dell'immobile può opporsi solamente per gravi motivi, da notificarsi al cessionario entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione. Secondo la dottrina, nel caso di trasferimento dell'azienda senza alcuna previsione in ordine al trasferimento del godimento dell'immobile, si deve in ogni caso ritenere attuata la cessione del contratto di locazione.
Scioglimento del contratto d’affitto d’azienda
Il contratto d’affitto d’azienda può estinguersi per una serie di cause generali di seguito elencate.
Estinzione La causa principale di estinzione del rapporto è la scadenza del termine, se stabilita nel
contratto. Il contratto può essere estinto, inoltre, ai sensi dell’art. 1616 c.c., con un “congruo preavviso” se il contratto non prevede una scadenza. Si verifica estinzione anticipata del
contratto in parola anche nei seguenti casi:
►► interdizione e inabilitazione e insolvenza dell’affittuario, salvo che al concedente sia prestata idonea garanzia (art. 1626 c.c.);
►► alienazione dell’azienda. L’art. 1625 c.c. stabilisce che i contraenti possono accordarsi sullo scioglimento dell’affitto nell’ipotesi di cessione dell’azienda. Il contratto può contenere un’opzione o una prelazione per l’acquisto dell’azienda, a favore dell’affittuario.
Con l’opzione il concedente dichiara di voler cedere l’azienda all’affittuario, e quest’ultimo ha facoltà, entro un determinato tempo, di accettare o no tale offerta. Con la prelazione
Aspetti giuridici del contratto d’affitto d’azienda
97
si attribuisce all’affittuario il diritto di essere preferito, alle stesse condizioni, a terzi, nell’eventuale acquisto dell’azienda. Tra le altre cause generatrici della cessazione del contratto d’affitto d’azienda si evidenzia anche la confusione (art. 1253 c.c.) istituto che
si verifica quando nella stessa persona si riuniscono le qualità di creditore e debitore della prestazione prevista nel contratto. Nel caso di specie, tale istituto emerge se l’affittuario va ad acquisire l’azienda presa in affitto;
►► scioglimento consensuale qualora l’affittante e l’affittuario sciolgano il contratto di comune accordo, in base a quanto disposto dall’art. 1372, co. 1, c.c.. Con la cessazione dell’affitto, i contratti ancora in vita tornano al proprietario, in quanto il
terzo comma dell’art. 2558 c.c. dispone che la successione nei contratti avvenga “per la durata dell’affitto”. Secondo parte della dottrina e della giurisprudenza più recente, per i debiti contratti dall’affittuario prima dello scioglimento del contratto non sussiste alcuna
responsabilità del locatore anche se vi sono interpretazioni contrastanti. Risoluzione Il contratto d’affitto d’azienda si risolve al verificarsi di una delle cause di seguito elencate:
►► inadempimento allorché l’affittuario non destini al servizio dell’impresa i mezzi necessari a garantire un corretto funzionamento dell’impresa ovvero cambia stabilmente
la sua destinazione economica (art. 1618 C.C.);
►► clausola risolutiva espressa, se disciplinata nel contratto (art. 1456 C.C.), con la quale si stabilisce che la violazione di particolari clausole contrattuali o la commissione di determinati
atti secondo modalità diverse da quelle stabilite causano la risoluzione del contratto;
►► impossibilità (art. 1463 C.C.) ed eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1467 C.C.) nel caso di modifica del rapporto contrattuale, a danno dell’affittante, conseguente
all’emanazione, ad esempio, di disposizioni di legge relative alla gestione produttiva o al sostenimento di spese che dovevano essere a carico dell’affittante;
►► vizi della cosa affittata non conosciuti o non facilmente riconoscibili dall’affittuario
(anche sopravvenuti), tali da diminuire apprezzabilmente l’idoneità dell’azienda stessa all’uso pattuito;
►► condizione risolutiva contenuta nel contratto al cui verificarsi si ha l’estinzione del
contratto. Fino a quando tale condizione non si avvera, l’affittuario può esercitare i diritti che derivano dal contratto ed il suo successivo verificarsi non pregiudica le operazioni già eseguite95.
Recesso Il recesso dal contratto d’affitto d’azienda consiste nella facoltà di sciogliere anticipatamente il contratto medesimo con la semplice dichiarazione del soggetto che vuole esercitarlo, ed è
consentito solo ed esclusivamente se trova giustificazione in una legge o in un accordo tra le parti. Il recesso può avere luogo nei seguenti casi:
95 D. Balducci, L’affitto di azienda, Ed. Fag Milano, 2004, pagg. 172 e 173.
A F F I T T O
D’ A Z I E N D A
98
►► se non è stata fissata la durata dell’affitto, ciascuna parte contraente può recedere dal contratto dando all’altra un congruo preavviso (art. 1616 co. 1 c.c.);
►► morte dell’affittuario: l’art. 1627 co. 1 c.c. stabilisce che, in caso di morte
dell’affittuario, l’affittante e gli eredi del primo possano recedere dal contratto,
►► entro tre mesi dalla morte, previa disdetta comunicata all’altra parte con preavviso di sei mesi (decorrenti dalla data del decesso);
►► gravi motivi o giusta causa se affittante ed affittuario predispongono una clausola contrattuale in cui sia disciplinato sia il recesso in presenza di gravi motivi o giusta causa, sia il recesso in assenza di gravi motivi o giusta causa.
Si precisa, infine, ad abundantiam, che la comunicazione con cui una parte dichiara di volersi avvalere del diritto di recesso, deve essere effettuata nei tempi e con le modalità previsti contrattualmente96.
Revocabilità del contratto di affitto di azienda
Premesso che l’istituto dell’affitto d’azienda, come strumento che permette la prosecuzione temporanea dell’attività in caso di procedura fallimentare è stato finalmente disciplinato dal
decreto legislativo di riforma fallimentare, ad oggi approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri, in questa sede preme sottolineare le conseguenze della stipula del contratto prima dell’apertura della procedura concorsuale.
Ciò presenta gravi profili problematici, perché esso può celare il tentativo dell'imprenditore di sottrarre l'azienda all'azione esecutiva concorsuale, intestandola formalmente a prestanomi o a familiari e proseguendo l'attività sotto altro nome. L'affitto potrebbe rendere più difficile
alla curatela l’acquisire all'attivo i beni aziendali e il privare l'imprenditore della materiale facoltà di disporne. In tali casi, il curatore può utilizzare gli strumenti che la legge fallimentare mette a sua
disposizione, in particolare, l’azione revocatoria di cui all’art. 67 L.F., al fine di acquisire l’azienda all’attivo fallimentare. Più precisamente, l’azione revocatoria potrà essere esercitata ai sensi del primo comma del citato art. 67 qualora il contratto stipulato nell’anno anteriore
alla dichiarazione di fallimento, preveda obbligazioni a carico del fallito che sorpassino di oltre un quarto la controprestazione ricevuta (art. 2 del D.l. n.35/05), tipicamente, quindi, nel caso di previsione di un canone di affitto non congruo rispetto al valore dell’azienda concessa
in affitto. Qualora, invece, il canone risulti allineato ai prezzi di mercato, sarà onere del curatore provare, in applicazione del secondo comma dell’articolo citato, che l’affittuario conosceva lo stato di insolvenza del debitore all’atto della stipula del contratto;stipula che, ai
fini dell’esperibilità dell’azione revocatoria, deve comunque essere avvenuta entro i sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento (art. 2 del D.l. n.35/05). Infine, la stipulazione del contratto con familiari o prestanomi consente l'esercizio dell'azione
di simulazione. 96 D. Balducci, L’affitto, op. cit., pag. 173.
Aspetti giuridici del contratto d’affitto d’azienda
99
Art. 104 bis Legge Fallimentare - Affitto dell’azienda o dei rami dell’azienda
Anche prima della presentazione del programma di liquidazione di cui all'articolo 104-ter, su
proposta del curatore, il giudice delegato, previo parere favorevole del comitato dei creditori, autorizza l'affitto dell'azienda del fallito a terzi anche limitatamente a specifici rami, quando appaia utile al fine della più proficua vendita dell'azienda o di parti della stessa.
La scelta dell'affittuario è effettuata dal curatore a norma dell'art. 107, sulla base di stima, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati. La scelta dell'affittuario deve tenere conto, oltre che dell'ammontare del
canone offerto, delle garanzie prestate e della attendibilità del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali, avuto riguardo alla conservazione dei livelli occupazionali. Il contratto di affitto stipulato dal curatore nelle forme previste dall'art. 2556, c.c., deve
prevedere il diritto del curatore di procedere alla ispezione della azienda, la prestazione di idonee garanzie per le tutte le obbligazioni dell'affittuario derivanti dal contratto e dalla legge, il diritto di recesso del curatore dal contratto che può essere esercitato, sentito il
comitato dei creditori, con la corresponsione all'affittuario di un giusto indennizzo da corrispondere ai sensi dell'articolo 111 n.l.
La durata dell'affitto deve essere compatibile con le esigenze della liquidazione dei beni. Il diritto di prelazione a favore dell'affittuario può essere concesso convenzionalmente, previa
espressa autorizzazione del giudice delegato e previo parere favorevole del comitato dei creditori. In tal caso, esaurito il procedimento di determinazione del prezzo di vendita dell'azienda, o del singolo ramo, il curatore, entro dieci giorni, lo comunica all'affittuario, il
quale può esercitare il diritto di prelazione entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione.
La retrocessione al fallimento di aziende, o rami di aziende, non comporta la responsabilità della procedura per i debiti maturati sino alla retrocessione, in deroga a quanto previsto dagli articoli 2112 e 2560 del codice civile. Ai rapporti pendenti al momento della retrocessione si
applicano le disposizioni di cui alla Sezione IV del Capo III del Titolo II. L'art. 104-bis detta una specifica disciplina per l'affitto dell'azienda o di singoli rami, in
precedenza non espressamente contemplata dalla l.f. ma esclusivamente dalle norme generali del codice civile e da specifiche norme inserite in ambiti diversi (art. 47 della legge 29-12-1990, n. 428, art. 3 legge 23 luglio 199 l,n. 223).
L'affitto è esperibile anche prima della presentazione del programma di liquidazione di cui all'art. 104-ter, in tal caso costituendo una parziale anticipazione del programma, da
confermarsi successivamente in sede di approvazione dello stesso; ovvero potrà prevedersi già in quella sede il recesso, per sopravvenute opportunità della procedura.
A F F I T T O
D’ A Z I E N D A
100
Nel caso in cui l'affitto preceda il programma di liquidazione, la proposta dovrà essere
formulata dal curatore, previo parere favorevole del comitato dei creditori, ed autorizzata dal
giudice delegato:
circostanza determinante risulta essere in tal caso, per espressa previsione, l'apparente utilità
dell'affitto per una più proficua vendita dell'azienda o di parti di essa. Il che può verifìcarsi
nell'ipotesi in cui i tempi occorrenti per la vendita non siano compatibili con la salvaguardia
dell'integrità dell'azienda, che - in carenza dei presupposti per l'esercizio provvisorio – verrebbe
altrimenti ad interrompere l'attività per effetto del dichiarato fallimento.
Si noti come sia necessario, nella previsione del legislatore della riforma fallimentare, l’esistenza della struttura organizzativa ed economica dell’azienda al momento della dichiarazione di fallimento: considerata, invero, la funzione conservativa della procedura il
curatore non potrebbe ricostruire ciò che è stato distrutto, avventurandosi in operazioni di riconversione o ristrutturazione aziendale, ma può recuperare l'economicità di ciò che esiste. Per questa stessa ragione è inammissibile, anche a seguito della novella, che l'esercizio
provvisorio possa avere funzioni di risanamento. La riforma prevedendo espressamente che il giudice delegato autorizza, su proposta del curatore, risolve ogni problema di configurazione, rendendo tuttavia meno agevole l'opzione
dell'affìtto prevedendo (a differenza di quanto si verifìcava nella prassi) il previo e vincolante parere del comitato dei creditori, come per l'esercizio provvisorio (art. 104, comma 1,1. fall.). L'istituto in esame esige che il contratto di affitto, previamente autorizzato dal G.D. e
acqu8isito il parere favorevole del comitato dei creditori venga stipulato adottando una serie di altre misure di sicurezza, sia nella scelta dell'affittuario sia nella previsione di clausole, condizioni e regole contrattuali finalizzate ad una corretta e proficua utilizzazione dell'istituto.
La necessità di disporre un procedimento di scelta che assicuri trasparenza e pluralità di concorrenti, identiche alla vendita, e di prevedere clausole contrattuali idonee a garantire che l'affitto endofallimentare sia giuridicamente ed economicamente compatibile con le finalità
liquidatorie della procedura, discende dal carattere comunque negoziale dell'istituto, che a differenza della vendita fallimentare è pur sempre un contratto, diretto alla conservazione delle attività della procedura cui non si applicano le regole coattive dell'esecuzione.
Il secondo comma dell'art.. 104 bis, 1. fall., sancisce che la scelta dell'affittuario è effettuata dal curatore a norma dell'art. 107, 1. fall., dettate per la vendita, sulla base di stima, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione
degli interessati. La scelta deve tenere conto, oltre che dell'ammontare del canone offerto, delle garanzie prestate e della attendibilità del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali, avuto riguardo alla conservazione dei livelli occupazionali.
Per quanto riguarda l'individuazione dei tratti caratteristici del potenziale affittuario, questa deve essere preceduta da un'accurata ricerca in modo da enucleare un tipo che dia agli organi del fallimento maggiori garanzie di affidabilità in ordine all'osservanza degli obblighi
tipicamente connessi al contratto di affitto, alle disponibilità finanziarie ed alle capacità di
Aspetti giuridici del contratto d’affitto d’azienda
101
esercitare la stessa attività economica di cui era titolare il fallito al fine di salvaguardare avviamento, struttura e funzionalità del complesso aziendale. Il contratto di affitto deve prevedere la prestazione di idonee garanzie per le tutte le
obbligazioni dell'affittuario derivanti dal contratto e dalla legge (art. 104 bis comma 3), al fine di evitare che il fallimento corra il rischio di non percepire i canoni pattuiti, di veder depauperati i valori aziendali, anche immateriali, di veder danneggiate o non adeguatemente
manutenute le attrezzature, i macchinari, gli eventuali beni immobili e di veder conservate le normali dotazioni di merci e scorte. Il legislatore della riforma dopo aver contemplato il diritto di recesso del curatore dal
contratto che può essere esercitato, sentito il comitato dei creditori, con la corresponsione all'affittuario di un giusto indennizzo da corrispondere ai sensi dell'articolo 111 n. 1, sancisce genericamente che la durata dell'affitto deve essere compatibile con le esigenze della
liquidazione dei beni. Quest'ultimo concetto deve essere inteso nel senso della previsione di un termine non eccessivamente lungo, al fine di evitare che la concessione del diritto di godimento a terzi possa ostacolare la vendita e per l'effetto anche la chiusura del fallimento.
Non appare inutile sottolineare che l'affitto endofallimentare dell'azienda è sottratto a qualsiasi regime vincolistico riguardante durata ed eventuali proroghe del contratto. Ciò innanzitutto perché anche la circolazione volontaria di complessi aziendali non è assoggettata
a disposizioni di questo tipo; e, poi, perché essendo il contratto di affitto stipulato dal fallimento, finalizzato al soddisfacimento di pubblicistiche esigenze processuali di amministrazione giudiziaria, temporanee nel sistema stesso della legge, norme speciali di
carattere vincolistico sarebbero inapplicabili pur se esistessero. L'art. 104 bis, 1. fall., prevede inoltre che il contratto di affitto vada stipulato dal curatore nelle forme previste dall'ari. 2556, c.c., per il trasferimento volontario. In virtù della legge 12 agosto 1993, n. 310, che sancisce l'obbligo di stipulare a fini probatori i contratti di trasferimento della proprietà di un'azienda o della sua concessione in godimento nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata, il contratto di affitto endoconcorsuale stipulato tra il curatore, come espressione del fallimento con la dovuta autorizzazione del giudice delegato, e l'affittuario, va rogato o autenticato da un notaio che deve poi provvedere a curare l'adempimento delle relative formalità pubblicitarie. Il notaio è chiamato a garantire non solo la legalità e l'autenticità del contratto, ma anche l'adempimento di quelle formalità pubblicitarie che rendono conoscibili e quindi trasparenti i contratti stessi, ivi compresa la comunicazione alla Questura competente per territorio dei dati relativi alle parti contraenti o loro rappresentanti, all'individuazione dell'esercizio e al prezzo della cessione (simili spunti in F. FIMMANO’, relazione del 09.02.06). In definitiva, l’istituto dell’affitto d’azienda appare in linea con la ratio e i principi ispiratori della riforma del diritto fallimentare, nell’ottica di salvaguardare i valori aziendali dell’impresa fallita, di potenziarli e svilupparli avuto riguardo agli interessi economico-patrimoniali del ceto creditorio ed alla migliore liquidazione dei beni produttivi dell’impresa insolvente. Di seguito riportiamo un fac simile di contratto di affitto di rami d’azienda
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CONTRATTO DI AFFITTO DI RAMI DI AZIENDA*
tra
ALFA S.p.A., con sede legale in _____________, Via ________________ n. ____, capitale
sociale di Euro _______________, i.v., codice fiscale e n. di iscrizione presso il Registro delle
Imprese di ____________ n. _____________, P. IVA ______________, in persona del suo
Legale Rappresentante dott. _______________, munito degli occorrenti poteri in virtù di
delibera del Consiglio di Amministrazione in data ______________ (di seguito, “ALFA”),
(da una parte)
E
BETA S.p.A., con sede legale in _____________, Via ________________ n. ____, capitale
sociale di Euro _______________, i.v., codice fiscale e n. di iscrizione presso il Registro delle
Imprese di ____________ n. _____________, P. IVA ______________, in persona del suo
Legale Rappresentante dott. _______________, munito degli occorrenti poteri in virtù di
delibera del Consiglio di Amministrazione in data ______________ (di seguito, “BETA” o
“Concedente”);
E
GAMMA S.p.A., con sede legale in _____________, Via ________________ n. ____,
capitale sociale di Euro _______________, i.v., codice fiscale e n. di iscrizione presso il
Registro delle Imprese di ____________ n. _____________, P. IVA ______________, in
persona del suo Legale Rappresentante dott. _______________, munito degli occorrenti
poteri in virtù di delibera del Consiglio di Amministrazione in data ______________ (di
seguito, “GAMMA”),
E
DELTA S.p.A., con sede legale in _____________, Via ________________ n. ____, capitale
sociale di Euro _______________, i.v., codice fiscale e n. di iscrizione presso il Registro delle
Imprese di ____________ n. _____________, P. IVA ______________, in persona del suo
Legale Rappresentante dott. _______________, munito degli occorrenti poteri in virtù di
delibera del Consiglio di Amministrazione in data ______________ (di seguito, “DELTA”),
E
EPSILON S.p.A., con sede legale in _____________, Via ________________ n. ____,
capitale sociale di Euro _______________, i.v., codice fiscale e n. di iscrizione presso il
Registro delle Imprese di ____________ n. _____________, P. IVA ______________, in
persona del suo Legale Rappresentante dott. _______________, munito degli occorrenti
poteri in virtù di delibera del Consiglio di Amministrazione in data ______________ (di
seguito, “EPSILON”), *a cura di Massimo Buongiorno Scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)
file f
Fac simile contratto d’affitto d’azienda
103
(dall’altra parte)
(di seguito, congiuntamente: le “Parti”)
PREMESSO CHE
I. BETA, società operante nel settore __________________, è titolare, tra le altre, delle
partecipazioni nelle seguenti società:
(i) una partecipazione pari al 100% del capitale sociale di DELTA, che a sua volta detiene,
tra le altre, una partecipazione pari al 20% del capitale sociale di ZETA S.p.A., con sede
in _____________, Via _____________;
(ii) una partecipazione pari al 100% del capitale sociale di GAMMA;
(iii) una partecipazione pari al 95% di ETA S.p.A., con sede in __________, Via
_____________ n. __ (di seguito: “ETA”);
(iv) una partecipazione pari al 90% del capitale sociale di THETA S.p.A., con sede in
_________, Via ________________ (di seguito: “THETA”);
(v) una partecipazione pari al 100% del capitale sociale di IOTA, con sede in
_____________, ________________ (di seguito: “IOTA”);
(vi) una partecipazione pari al 100% del capitale sociale di KAPPA S.p.A., con sede in
____________, Via _________________ (di seguito: “KAPPA”);
(vii) una partecipazione pari al 1,0526% del capitale sociale di LAMBDA (viii) una partecipazione pari al 100% del capitale sociale di MU S.r.l., con sede in
_____________, Via ___________________ (di seguito: “MU”);
(ix) una partecipazione pari al 100% del capitale sociale di NU S.p.A., con sede in _____________, Via ___________________ (di seguito: “NU”);
(x) una partecipazione pari al 100% del capitale sociale di OMICRON S.r.l., con sede in
_____________, Via ___________________ (di seguito: “OMICRON”). II. BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON sono in procinto di presentare dinnanzi al Tribunale
di [omisiss], Sezione Fallimentare, ricorso per l’ammissione alla procedura di
Concordato Preventivo ai sensi dell’art. 160, comma 2, L.F., con cessione di tutti i beni ai creditori (di seguito: la “Procedura di Concordato”).
III. BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON per tutelare gli interessi dei creditori e dei dipendenti
e garantire così la continuità aziendale hanno valutato l’opportunità di concedere in affitto ad ALFA, previa autorizzazione dei competenti organi della Procedura di Concordato entro 30 giorni dalla presentazione della relativa istanza, i rispettivi rami di
azienda, aventi ad oggetto attività di produzione, distribuzione e vendita di prodotti alimentari, come meglio individuati, per quanto riguarda il ramo di azienda di BETA nel contratto Allegato sub B (“Ramo di Azienda di BETA”), per quanto riguarda il ramo di
azienda di GAMMA nel contratto Allegato sub C (“Ramo di Azienda di GAMMA”), per quanto riguarda il ramo di azienda di DELTA nel contratto Allegato sub D (“Ramo di Azienda di DELTA”) e per quanto riguarda il ramo di azienda di EPSILON Allegato sub E
(“Ramo di Azienda di EPSILON”) (e, unitamente ai Rami di Azienda BETA, GAMMA e DELTA: i “Rami di Azienda”).
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TUTTO CIÒ PREMESSO
SI CONVIENE E SI STIPULA QUANTO SEGUE
Articolo 1 - Premesse e Allegati
1.1 Le Premesse e gli Allegati costituiscono parte integrante e sostanziale del presente
contratto (di seguito: il “Contratto”).
Articolo 2 - Oggetto
2.1 BETA, DELTA, GAMMA e EPSILON, ciascuno per la parte di propria spettanza e
congiuntamente fra loro concedono in affitto a ALFA, che accetta, per sé o per società dalla
medesima controllata, da nominare entro 3 giorni dalla comunicazione, da parte dei
competenti organi della Procedura di Concordato, dell’eventuale autorizzazione del presente
Contratto (di seguito: “ALFA”) i Rami di Azienda costituiti dal complesso dei beni organizzati
per l’esercizio delle rispettive attività di produzione e distribuzione di prodotti alimentari,
meglio descritti negli Allegati sub B (“Ramo di Azienda di BETA”), C (“Ramo di Azienda di
GAMMA”), D (“Ramo di Azienda di DELTA”) e E (“Ramo di Azienda di EPSILON”).
Articolo 3 - Attività e passività escluse 3.1 Rimangono in ogni caso esclusi dai Rami di Azienda, se non indicati negli Allegati sub B, C, D ed E, e non sono e non saranno compresi nei Rami di Azienda: (i) tutti i rapporti debitori e creditori, ivi compresi i ratei attivi e passivi, le attività, i diritti,
gli obblighi, le responsabilità, i debiti e/o le passività anche potenziali, ivi comprese quelle relative ai rapporti con i dipendenti e/o a imposte e tasse, sorti e riferentisi al periodo anteriore alla data di efficacia come definita nel successivo articolo 13 (di
seguito: la “Data di Efficacia”) del presente Contratto; (ii) i fondi di trattamento di fine rapporto relativi ai dipendenti addetti ai Rami di Azienda,
come indicati negli Allegati B, C, D ed E, per il periodo precedente la Data di Efficacia
del presente Contratto, salvo quanto previsto al successivo articolo 4; (iii) i negozi, i rapporti contrattuali pendenti, i contratti relativi ad attività di consulenza, i
contratti di pubblicità, advertisement e sponsorizzazione, stipulati da BETA e/o DELTA
e/o GAMMA e/o EPSILON, fermo quanto previsto al successivo articolo 5. 3.2 In particolare, per effetto delle esclusioni di cui al precedente articolo 3.1: (i) ALFA, subentrando ex art. 2112 c.c. in tutti i rapporti di lavoro ed in tutti i rapporti di
agenzia in essere per BETA, DELTA, GAMMA e EPSILON, alla Data di Efficacia, come descritti rispettivamente negli Allegati B5, C5, D5, E5 ed E5-bis, non risponderà di alcun debito di BETA, DELTA, GAMMA e EPSILON, compresi quelli maturati verso i
dipendenti (quali TFR, ferie, ratei tredicesima e quattordicesima, competenze ecc) e verso gli agenti (compresi quelli per eventuali accantonamenti) anche se non ancora determinato e/o scaduto, derivante da qualsiasi tipo di atto, fatto e/o circostanza
riferibile al periodo precedente la Data di Efficacia;
Fac simile contratto d’affitto d’azienda
105
(ii) ALFA non risponderà di eventuali debiti tributari e/o previdenziali (anche se non ancora
accertati) relativi alla gestione dei Rami di Azienda, né di alcun danno, perdita, passività
o elemento negativo di qualsiasi tipo, natura ed ammontare, che derivi da tale gestione
e/o comunque derivante da qualsiasi tipo di atto, fatto e/o circostanza riferibile al
periodo precedente la Data di Efficacia;
3.3 Restano a rispettivo carico di BETA, DELTA, GAMMA e EPSILON tutti i contenziosi, attuali
o futuri, ad oggi conosciuti o meno, derivanti da qualsiasi tipo di atto, fatto e/o circostanza
riferibile al periodo precedente la Data di Efficacia. 3.4 BETA, GAMMA, DELTA E EPSILON si obbligano a manlevare e tenere indenne la ALFA e
in relazione a qualsiasi pretesa avanzata da terzi in merito a qualsiasi tipo di atto, fatto e/o
circostanza riferibile all’attività esercitata precedentemente la Data di Efficacia.
Articolo 4 - Rapporti con il personale
4.1 Fermo restando quanto previsto ai precedenti articoli 2 e 3.2, alla scadenza, per qualsiasi
causa, del presente Contratto, il personale a quel momento in forza verrà trasferito
rispettivamente a BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON che si impegnano, sin da ora, ciascuna per il
proprio personale, a riassumerlo. ALFA provvederà a trasferire, rispettivamente, a BETA,
GAMMA, DELTA e EPSILON il relativo fondo T.F.R. maturato durante il periodo di affitto dei Rami
di Azienda e a corrispondere, rispettivamente, a BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON un
ammontare corrispondente a quello del relativo fondo trasferito in conformità alle disposizioni in
vigore, o, in caso di richiesta, a liquidarlo direttamente ai singoli dipendenti. 4.2 ALFA, per tutta la durata del presente Contratto e per un periodo di 6 (sei) mesi successivi alla data di scadenza del presente Contratto, si impegna a non promuovere atti diretti all’assunzione dei soggetti indicati negli Allegati B5, C5, D5, E5 ovvero a collaborare
con i soggetti di cui all’Allegato E5-bis. Articolo 5 - Subentro nei Contratti 5.1 ALFA, dalla Data di Efficacia, ai sensi dell’art. 2558 c.c. subentrerà nei contratti stipulati rispettivamente da BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON per l’esercizio dei rispettivi Rami di Azienda, inclusi il contratto di sponsorizzazione stipulato da BETA con SIGMA in data
_____________ 2006 avente ad oggetto l’attività sportiva dell’atleta TIZIO ed il contratto stipulato da BETA con TAU SPORT avente ad oggetto il Progetto BETA, e con espressa esclusione di tutti i restanti contratti di consulenza, di pubblicità, advertisement e
sponsorizzazione. 5.2 Le Parti convengono espressamente che ALFA avrà facoltà di subentrare in uno o più dei contratti esclusi ai sensi del precedente articolo 5.1, comunicando tale volontà, nel termine di
30 giorni dalla Data di Efficacia. Inoltre, ALFA, nel termine di 30 giorni dalla Data di Efficacia, previo consenso scritto di BETA e/o GAMMA e/o DELTA e/o EPSILON, potrà esercitare la facoltà di non subentrare in uno o più dei contratti relativi all’esercizio dei Rami d’Azienda.
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Articolo 6 - Utenze e Concessioni Amministrative
6.1 ALFA subentrerà nelle utenze necessarie per l’attività produttiva di BETA, GAMMA, DELTA e
EPSILON (incluse Energia Elettrica, Gas, Telefono, Acqua, Nettezza Urbana) intestate
rispettivamente a BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON, previo accertamento in contraddittorio dei
consumi alla Data di Efficacia e anche mediante la stipula di contratti nuovi.
6.2 Rimane inteso che fino alla Data di Efficacia ogni pagamento relativo alle utenze di cui al
precedente articolo 6.1 resta a rispettivo carico di BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON e ALFA
avrà facoltà di detrarre dal corrispettivo convenuto per l’affitto eventuali esborsi sostenuti a
fronte di rapporti debitori maturati a tale titolo anteriormente alla Data di Efficacia.
6.3 BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON si impegnano, ciascuna per quanto di propria
competenza, a svolgere ogni attività utile e necessaria al trasferimento e/o alla volturazione
in favore di ALFA di tutte le licenze o concessioni amministrative e di esercizio richieste per lo
svolgimento delle attività dei Rami di Azienda e delle utenze e si obbligano, inoltre, a fornire
tutta la documentazione necessaria al fine di garantire la piena disponibilità delle singole
componenti aziendali.
Articolo 7 - Mandato all’incasso
7.1 Al fine di una migliore realizzazione dei crediti commerciali in essere, BETA, GAMMA,
DELTA e EPSILON conferiscono, ciascuna con riferimento ai propri crediti, espresso mandato
a ALFA, che accetta, di procedere, in nome e per conto di BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON
medesimi, all’incasso, con obbligo di rendiconto a cadenza bimestrale, dei rispettivi crediti
esistenti alla Data di Efficacia (di seguito: i “Crediti di BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON”). Le
Parti precisano che negli Allegati B6, C6, D6 e E6 sono indicati rispettivamente i Crediti di
BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON alla data del ___________ 2006, al lordo di premi, sconti,
compensazioni e che detti allegati non tengono conto dei crediti per fatture ancora da
emettere, da intendersi ricompresi nel presente mandato, indicati per il loro valore
complessivo.
7.2 In esecuzione del mandato di cui al precedente articolo 7.1, ALFA è autorizzata ad incassare, in nome e per conto rispettivamente di BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON, i Crediti di BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON e a rilasciare le relative quietanze liberatorie. Al termine
di ogni bimestre, ALFA invierà un dettagliato rendiconto dei Crediti di BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON rispettivamente incassati per ciascuna delle sopra menzionate società, provvedendo contestualmente al relativo accredito a favore di BETA, GAMMA, DELTA e
EPSILON, in apposito/i conto/i corrente/i intestato/i alle suddette società e vincolato/i in conformità alle istruzioni degli organi della Procedura di Concordato fino all’avveramento delle condizioni sospensive del Contratto Preliminare Condizionato di Acquisto dei Rami di
Azienda di BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON, allegato all’istanza della Procedura di Concordato, ovvero fino al momento in cui sia definitivamente certo il mancato avveramento delle stesse. In caso di errato pagamento da parte dei clienti, ALFA, da una parte, e BETA
Fac simile contratto d’affitto d’azienda
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e/o GAMMA e/o DELTA e/o EPSILON, dall’altra, si impegnano ad effettuare bimestralmente una riconciliazione degli incassi dei Crediti di BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON eventualmente ricevuti a favore di società diversa dall’effettiva titolare del relativo credito,
rimettendo il saldo a favore di quest’ultima. 7.3 Qualora BETA e/o GAMMA e/o DELTA e/o EPSILON dovessero ricevere direttamente il pagamento di alcuno dei rispettivi Crediti, ciascuna di esse dovrà darne tempestiva
comunicazione a ALFA e avrà inoltre l’obbligo di accantonare le somme rivenienti dai suddetti pagamenti secondo le modalità indicate dagli organi della Procedura di Concordato nel conto corrente di cui al precedente articolo 7.2.
7.4 Rimane inteso che in caso di difficoltà e/o contestazioni in ordine ai Crediti di BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON, ALFA dovrà darne tempestiva comunicazione rispettivamente a BETA e/o GAMMA e/o DELTA e/o EPSILON e/o agli organi della Procedura di Concordato,
fermo restando che sarà cura, rispettivamente, di BETA e/o GAMMA e/o DELTA e/o EPSILON e/o degli organi della Procedura di Concordato procedere, ove ritenuto necessario, all’incasso dei Crediti di BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON in via giudiziale, a proprie spese.
7.5 Il mandato di cui al presente articolo 7 è da intendersi gratuito. Articolo 8 - Corrispettivo 8.1 Il corrispettivo annuo per l’affitto dei Rami di Azienda, congiuntamente fra loro, è fissato in complessivi Euro __________,00, oltre IVA, e verrà corrisposto come segue: (i) quanto a Euro ____________,00, oltre I.V.A., entro 20 (venti) giorni dalla Data di
Efficacia; (ii) quanto a Euro _____________,00, oltre I.V.A., entro il _____________; (iii) quanto a Euro _____________,00, oltre I.V.A., entro il _____________;
(iv) quanto a Euro _____________,00, oltre I.V.A., entro il _____________; (v) quanto a Euro _____________,00, oltre I.V.A., entro il _____________; (vi) quanto a Euro _____________,00, oltre I.V.A., entro il _____________;
Articolo 9 - Gestione dei Rami di Azienda 9.1 ALFA si obbliga a curare la gestione dei Rami di Azienda in conformità alla rispettiva
destinazione di ciascuno di essi, senza modificarne la destinazione e in modo da conservarne l’efficienza e l’integrità degli impianti, fermo restando che ALFA potrà intervenire liberamente sull’organizzazione e/o la gestione dei fattori produttivi di ciascun Ramo di Azienda.
Articolo 10 - Diritto di Ispezione e Concessione di Spazi e Servizi
10.1 BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON avranno, ciascuna con riferimento ai rispettivi
stabilimenti componenti ciascun Ramo di Azienda, diritto di visitare o far visitare i luoghi
dove sono svolte le attività relative ai rispettivi Rami di Azienda, preavvertendo ALFA con un
congruo anticipo e concordando con essa tempi e modalità, onde evitare intralci e
pregiudizio al normale funzionamento dell'attività stessa.
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108
10.2 ALFA concederà in comodato gratuito, rispettivamente a BETA, GAMMA, DELTA e
EPSILON, che, rispettivamente, accettano, idonei locali, che verranno individuati dalle Parti,
per la gestione delle operazioni della Procedura di Concordato e per la conservazione dei
relativi documenti. ALFA metterà gratuitamente a disposizione della Procedura di Concordato
la struttura contabile e le necessarie risorse umane per portare a termine gli adempimenti
amministrativi, fiscali e contabili di BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON nei modi e nei tempi
previsti dalla legge.
Articolo 11 – Requisiti dei Rami di Azienda
11.1 Con la sottoscrizione del presente Contratto, BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON, ciascuna
con riferimento al rispettivo Ramo di Azienda, rilasciano a ALFA le dichiarazioni di cui agli Allegati
sub B1, C1, D1 e E1 che costituiscono requisiti essenziali dei Rami di Azienda in considerazione
dei quali ALFA si è determinata alla stipulazione del presente Contratto.
Articolo 12 - Durata
12.1 La durata del presente Contratto è convenuta in 6 (sei) anni a decorrere dalla Data di
Efficacia di cui al successivo articolo 13.
12.2 ALFA potrà liberamente recedere dal presente Contratto, a mezzo comunicazione
scritta nelle forme della raccomandata A/R, con preavviso di almeno 6 (sei) mesi dalla data
in cui il recesso deve avere esecuzione.
Articolo 13 - Condizioni e data di efficacia
13.1 Presupposta l’ammissione di BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON alla Procedura di
Concordato, il presente Contratto è sottoposto alla condizione sospensiva della intervenuta
autorizzazione del presente Contratto da parte dei competenti organi della Procedura, entro il
termine di 30 giorni dalla data di presentazione della relativa istanza (rappresentando la data
di autorizzazione la Data di Efficacia del presente Contratto).
13.2 In caso di mancato avveramento della condizione sospensiva di cui al precedente
articolo 13.1, ovvero in caso di mancata ammissione di BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON
alla Procedura di Concordato, il presente Contratto dovrà intendersi definitivamente privo di
ogni efficacia e nessuna Parte avrà nulla a pretendere, ad alcun titolo, dall’altra, neanche a
titolo di responsabilità precontrattuale e/o extracontrattuale. 13.3 Il presente Contratto è altresì sottoposto alla condizione risolutiva della mancata
approvazione dell’operazione da parte della Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
ai sensi dell’articolo 16 della legge 10 ottobre 1990, n. 287.
13.4 In caso di avveramento della condizione risolutiva di cui al precedente articolo 13.3, il
presente Contratto dovrà intendersi definitivamente risolto e nessuna Parte avrà nulla a
pretendere dall’altra, a titolo di risarcimento danni.
Fac simile contratto d’affitto d’azienda
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Articolo 14 - Consegna dei Rami di Azienda
14.1 La consegna di ciascuno dei Rami di Azienda avverrà entro 3 giorni dalla Data di
Efficacia.
Articolo 15 - Divieti
15.1 ALFA non è autorizzata a costituire diritti a favore di terzi sui Rami di Azienda o su
singoli beni facenti parte dei Rami di Azienda. In particolare, è fatto espresso divieto a
ALFA di subaffittare e/o dare in comodato a terzi, in tutto od in parte, ciascun Ramo di
Azienda senza il preventivo consenso scritto, rispettivamente, di BETA, GAMMA, DELTA e
EPSILON e/o della Procedura di Concordato.
Articolo 16 - Riconsegna dei Rami D’Azienda
16.1 Alla scadenza, per qualsiasi causa, del presente Contratto, ALFA si impegna a restituire
i beni facenti parte dei Rami di Azienda, nello stato di normale efficienza in cui li ha ricevuti
rispettivamente da BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON, salvo il normale deperimento,
obsolescenza, consumo e logorio derivante dall’uso, senza onere alcuno per ALFA.
Articolo 17 - Prelazione
17.1 BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON, in ogni caso di cessione a terzi dei Rami di Azienda
e/o di un singolo Ramo di Azienda e/o di singoli elementi componenti gli stessi concedono,
congiuntamente e ciascuno per quanto di propria competenza, a ALFA, che accetta, il diritto
di prelazione all’acquisto.
17.2 BETA, GAMMA, DELTA e EPSILON dovranno, congiuntamente o ciascuno per quanto di
propria competenza, comunicare a ALFA le condizioni della cessione a terzi, indicando tutti gli
elementi essenziali del contratto, ivi compreso il nominativo dell’offerente. ALFA potrà
manifestare, nei 10 giorni lavorativi successivi la ricezione della suddetta comunicazione, la
propria volontà di esercitare il diritto di prelazione ad essa riservato e quindi di acquistare
quanto oggetto di cessione alle medesime condizioni convenute con il terzo.
Articolo 18 – Varie
18.1 Ogni modifica o integrazione al presente Contratto dovrà essere fatta per iscritto a
pena di nullità restando inteso tra le Parti che:
(a) la rinuncia ad una o a più condizioni di cui al precedente articolo 13 deve essere fatta,
a pena di nullità, espressamente e per iscritto a firma dei legali rappresentanti delle
Parti e deve contenere specifico riferimento al Contratto e alla relativa clausola che
contiene la suddetta condizione, escludendosi rilievo ermeneutico a qualsiasi
comportamento, anche omissivo, dichiarazione, atto, comunicazione, fatto o tenuto da
una Parte e/o dalle Parti;
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(b) qualsiasi dichiarazione o comunicazione resa o effettuata a terzi, inclusi fornitori e/o
concessionari e/o rivenditori e/o distributori e/o mezzi di comunicazione di massa,
nonché qualsiasi documento comunque sottoscritto nell’ambito della Procedura di
Concordato non potrà mai essere interpretato come modifica o rinuncia ai termini e alle
condizioni del presente Contratto né, comunque, come rinuncia alle condizioni di cui al
precedente articolo 13.
18.2 Le Parti, essendo i corrispettivi assoggettati ad I.V.A., chiederanno la registrazione del
presente Contratto a tassa fissa ex art. 40 D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 e successive
integrazioni e modificazioni.
18.3 Per eventuali controversie che dovessero sorgere tra le Parti relativamente al presente
Contratto, il Foro competente in via esclusiva è quello di Roma. Milano, lì ___________ 2006 BETA S.p.A. ALFA S.p.A.
_____________________ ___________________ GAMMA S.p.A. DELTA S.p.A.
______________________ _______________________________ EPSILON S.p.A.
______________________
* * * Le Parti convengono che il presente Contratto viene sottoscritto in forma privata e, entro 3 giorni
dalla data di autorizzazione da parte degli organi della Procedura di Concordato le stesse
procederanno, ai soli fini prescritti dall’art. 2556 cod. civ., a rinnovare la stipulazione del presente
Contratto di fronte a Notaio scelto da ALFA. La rinnovazione verrà effettuata soltanto a seguito
della predetta autorizzazione da parte degli organi della Procedura di Concordato. Milano, ___________ 2006 BETA S.p.A. ALFA S.p.A.
____________________ __________________ GAMMA S.p.A. DELTA S.p.A.
____________________ _________________________ EPSILON S.p.A.
__________________
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L’AFFITTO D’AZIENDA a cura di Giuseppe La Scala, Emanuele Rossi, Massimo Buongiorno e Gianni Lucchini*
Struttura dell’operazione
Proprietario (Locatore)
Terzo (Locatario)Azienda/Ramo
d’azienda Trasferimento temporaneo del godimento del ramo d’azienda
Canone
Disciplina giuridica
Art. 2562 Affitto dell’azienda (Art 2561 Usufrutto dell’azienda):“L’affittuario dell'azienda deve esercitarla sotto la ditta che la contraddistingue. L’affittuario deve gestire l'azienda senza modificarne la destinazione e in modo da conservare l'efficacia dell'organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte. (...)La differenza tra le consistenze d'inventario all'inizio e al termine dell‘affitto è regolata in danaro, sulla base dei valori correnti al termine dell‘affitto.”
Art. 2557 Divieto di concorrenzaIl locatore dell'azienda deve astenersi, per il periodo dell’affitto, dall'iniziare una nuova impresa che per l'oggetto, l'ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell'azienda ceduta.
Situazioni particolari
− Le parti possono contrattualmente regolare il trasferimento di proprietà dei beni che vengono acquistati durante l’affitto o l’usufrutto dell’azienda.
− Al termine del contratto di usufrutto o di affitto dell’azienda, le parti possono stabilire contrattualmente come disciplinare le differenze delle consistenze di inventario. La dottrina suggerisce di prevedere contrattualmente la quantif icazione degli scostamenti delle scorte e le eventuali modalità di pagamento degli stessi.
− In particolare, l’affittuario può rinunciare al proprio diritto di ottenere l’indennizzo per gli incrementi di valore delle consistenze. Si noti che la giurisprudenza (Cass. Civ., Sez. I, n. 3775/94) ritiene che l’affittuario non possa pretendere il pagamento dell'indennità di avviamento, essendo la stessa una qualità dell'azienda stessa e non una consistenze d'inventario.
* Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
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Affitto in situazioni di ristrutturazione
L’affitto di ramo d’azienda si associa spesso alla liquidazione
AD
PN
Azienda in crisiViene isolato e dato in affitto il ramo d’azienda che si ritiene possa avere un profittevole futuro operativo.
In azienda restano attività non strategiche e debiti
Obiettivo: chiudere in bonis la società di origine L’affitto dura 12 / 18 mesi, al termine dei quali il ramo è venduto e l’azienda di origine liquidata.Il periodo di affitto permette di condurre trattative private e di non danneggiare le attiv ità profittevoli (es: aziende alimentari non possono perdere clienti della grande distribuzione e interrompere ciclo produttivo)I canoni di affitto, la vendita delle attività non strategiche e il pagamento del ramo alla vendita permettono la chiusura in bonis
Il locatore gestisce il ramo con proprie competenze e risorse.
Al termine dell’affitto, il processo di ristrutturazione prevede la vendita del ramo.
Cautele da adottare: strutturare gli accordi in modo da non correre il rischio di vedere ceduto il ramo d’azienda a un investitore diverso dal locatore.
Affitto d’azienda o locazione
Per quanto concerne la distinzione relativa alla qualificazione del rapporto quale “affitto di ramo d’azienda” piuttosto che “contratto di locazione”, si noti l’unanime orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr. inter alia, Cass. Civ., Sez. II, n. 15210/05), la quale stabilisce che:“[……] la concessione del godimento di un locale adibito ad esercizio commerciale può integrare affitto di azienda ovvero locazione di un immobile munito di pertinenze, a seconda che, sulla scorta dell’effettiva e comune intenzione delle parti, in relazione alla consistenza del bene ed a ogni altra circostanza del caso concreto, risulti che l’oggetto del contratto sia un’entità organica e capace di vita economica propria, della quale l’immobile configura una mera componente, in rapporto di complementarietà ed interindipendenza con gli altri elementi aziendali ovvero sia, in via principale, l’immobile medesimo, ancorché dotato di accessori, come entità non produttiva”.
E’ possibile, dunque, qualificare il rapporto come un “affitto di ramo d’azienda” quando l’immobile non costituisce l’oggetto principale del contratto, ma solo una delle componenti aziendali (quali ad es. attrezzature ed impianti, licenze, avviamento commerciale con eventuale nome o marchio, etc.).
L’affitto d’azienda
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Affitto d’azienda o locazione – Centri Commerciali
Per quanto concerne l’“affitto” di negozi all’interno di centri commerciali, la giurisprudenza ha talvolta qualificato il rapporto come “locazione immobiliare commerciale” ovvero come “contratto atipico” caratterizzato in modo essenziale da elementi della locazione.
In particolare, la Corte di Cassazione con sentenza n. 7210/1994 nella causa Gross Market Lombardini/Sporteffeha stabilito che:
“….il contratto per cui è controversia aveva ad oggetto non già l’affitto di un’azienda, sebbene la semplice messa a disposizione di un’area destinata allo svolgimento dell’attività pattuita con facoltà di accesso da parte della clientela comune agli altri settori merceologici gestiti nell’ambito del mercato all’ingrosso, e la prestazione di servizi accessori; dunque, un contratto atipico caratterizzato in modo essenziale dagli elementi della locazione immobiliare, con l’inserimento di un ulteriore oggetto costituito dalla prestazione dei predetti servizi. […] Né ad ovviare alla conclusione può valere il dato che la Sporteffe rimanesse avvantaggiata dall’inserimento nell’ambito del Grossmarket e dell’avviamento di questo centro commerciale all’ingrosso. Ciò, per l’assorbente considerazione che tali elementi attenevano esclusivamente al centro commerciale Grossmarket e non si traducevano necessariamente in un elemento del distinto e separato settore gestito, autonomamente, dalla Sporteffe e dell’azienda della concessionaria”.
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L’AFFITTO D’AZIENDA DOPO LA MANOVRA BIS a cura di Giovanni Valcarenghi*
L’art. 35, co. 10 quater del D.L. n.223/06 esplicitamente prevede che:
Le disposizioni in materia di imposte indirette previste per la locazione di fabbricati si applicano, se meno favorevoli, anche per l'affitto di aziende il cui valore complessivo sia costituito, per più del 50 per cento, dal valore normale di fabbricati, determinato ai sensi
dell'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
L’apparente ratio della disposizione è quella di evitare ai contribuenti di utilizzare lo
strumento dell’affitto d’azienda quale strategia per rifuggire l’incremento della tassazione
delle locazioni di fabbricati (specialmente quelli strumentali); non va poi sottaciuto il fatto
che per nulla secondario appare l’intento di incremento del gettito, rilevabile
dall’individuazione del confine prescelto dal Legislatore (fabbricati superiori al “solo” 50% del
valore dell’intera azienda) per far scattare l’applicazione del più oneroso regime della
locazione rispetto a quello dell’affitto.
Due sono le colonne portanti della nuova prescrizione:
da un lato una condizione preliminare di salvaguardia o di accesso, che involge
meccanismi di confronto tra valori per nulla scontati;
dall’altro un necessario confronto tra due termini di paragone (carico fiscale dell’affitto e carico
fiscale della locazione di fabbricati) che determina la tipologia di imposizione da adottare.
I chiarimenti emanati dall’Agenzia, al riguardo, non sono pienamente esaustivi; infatti, nella
C.M. 27/E del 4 agosto 2006 (par. 3) si afferma che:
Il co. 10-quater dell'art. 35, in determinate ipotesi prevede che il nuovo regime di tassazione applicabile alle locazioni di fabbricati si estende anche alle locazioni di azienda, allo scopo di
evitare manovre elusive.
La norma non opera in via generale ma impone che sia derogato il regime di tassazione previsto per la locazione di azienda quando si verifichino contemporaneamente due condizioni: a) il valore normale dei fabbricati, come determinato ai sensi dell'art. 14 del DPR n. 633/72,
sia superiore al 50% del valore complessivo dell'azienda; b) l'eventuale applicazione dell'Iva e dell'imposta di registro secondo le regole previste per
le locazioni d'azienda, unitariamente considerata, consente di conseguire un risparmio
d'imposta rispetto a quella prevista per le locazioni di fabbricati. Assonime, nella circolare 36 del 3 agosto 2006, si limita ad affermare che si tratta di una disposizione il cui ambito operativo risulta piuttosto incerto e che rischia comunque di
rivelarsi particolarmente onerosa nei riguardi di operazioni normalmente realizzate nella ordinaria pratica delle imprese, senza che possa ravvisarsi alcun effettivo intento elusivo.
* Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
L’affitto d’azienda dopo la manovra bis
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Prima condizione: la prevalenza del valore dei fabbricati
Per determinare l’applicabilità del regime antielusivo è necessario verificare, innanzitutto, la
prevalenza del valore dei fabbricati compresi nel patrimonio aziendale rispetto al valore
complessivo dell’azienda.
Dei due termini considerati, purtroppo, solo per uno (valore dei fabbricati) è indicato il
metodo di valutazione, vale a dire l’ormai abusato “valore normale” così come definito dall’art. 14 del DPR n. 633/72: il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per beni o servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio
di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui è stata effettuata l'operazione o nel tempo e nel luogo più prossimi, facendo riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe dell'impresa che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini della
Camera di commercio più vicina, alle tariffe professionali e ai listini di borsa. Tutto bene dal punto di vista teorico, grandi difficoltà dal punto di vista pratico97, posto che non sussistono precise ed univoche quotazioni degli stabili, se non generiche indicazioni elaborate
dalle borse immobiliari delle camere di commercio di concerto con l’Agenzia del territorio98. Supponiamo, per semplicità, di superare l’impasse ricorrendo ad una perizia di stima del fabbricato elaborata da un tecnico: nonostante ci si sia procurato il primo termine di
raffronto, bisognerà interrogarsi in merito all’altro, vale a dire quello individuato dalla norma come “valore complessivo dell’azienda”. Del tutto evidenti sono le possibili considerazioni: se il primo termine di raffronto è
(giustamente) da considerarsi secondo il suo valore attuale, non pare possibile mantenere ancorato il secondo a valori di libro, poiché così operando (specialmente nei casi di aziende esercitate da diversi anni), si rischierebbe di rendere inutile il lavoro.
Pertanto, pare logico e corretto determinare, per l’intera azienda, il valore corrente; ciò, per inciso, può comportare un ulteriore ostacolo: • da un lato ci si potrebbe limitare ad aggiornare i soli valori esplicitamente presenti nelle
scritture contabili dell’azienda o del ramo d’azienda trasferiti; • dall’altro, si potrebbe legittimamente osservare che, così come per gli immobili la norma
imponga di considerare eventuali plusvalenze latenti99, il medesimo criterio debba essere
seguito anche per l’intera azienda, con la conseguenza che non si potrebbe omettere di considerare anche la posta dell’avviamento, pur anche nel caso in cui lo stesso non sia esplicitato in contabilità.
Alla luce di quanto sopra sinteticamente esposto, pertanto, si dovrebbe giungere alla conclusione
che già la verifica della prima condizione appare tutt’altro che definita e, ciò che è peggio,
97 Le evocate difficoltà, peraltro, sono ormai di casa nel nuovo panorama tributario dei trasferimenti immobiliari, come può desumersi, ad esempio, dalla lettura dei novellati artt. 39 del DPR n.600/73 e 54 del DPR n.633/72. 98 A titolo esemplificativo si consenta il rinvio ad un recentissimo studio pubblicato sul sito del Ministero delle finanze relativo ai costi di costruzione ed ai valori di mercato degli immobili per l’anno 2005; elaborazioni su tali argomenti sono, a parere di chi scrive, la premessa per la creazione di un valore univoco di riferimento (giusto o sbagliato che sia) almeno in grado di fornire un primo orientamento per gli operatori. 99 Nella trattazione ci si riferisce al caso più frequente in cui i valori di libro sono inferiori rispetto al valore di mercato; tuttavia, a rigore di logica, potrebbe anche accadere il contrario, vale a dire incrociare un valore normale dei fabbricati inferiore a quello risultante dalle scritture contabili.
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passibile di sindacato da parte degli Uffici (ciò, naturalmente, tanto per la sola definizione del
valore normale dei fabbricati, quanto nella più complicata ipotesi della necessità di
determinazione del valore complessivo dell’azienda comprensiva di avviamento).
Non va poi trascurato il fatto che, determinandosi il regime fiscale direttamente in sede di
stipula dell’atto dinnanzi al notaio (o di autentica delle sottoscrizioni da parte dello stesso),
sarà necessario che le parti dichiarino il ricorrere o meno delle fattispecie indicate dalla
norma – presumibilmente sotto forma di autocertificazione – con la conseguenza che la non
veridicità di tali affermazioni possa essere punita (e ciò sarebbe davvero una beffa) con
sanzioni di tipo diverso da quello amministrativo - tributario.
Una ulteriore questione da analizzare è quella dell’affitto di aziende che comprendono al loro interno dei fabbricati detenuti dall’affittante non a titolo di proprietà, bensì, ad esempio, in forza di un contratto di locazione e concessi al conduttore a titolo di sub-locazione; in tali
casi, la norma trova applicazione? Da un punto di vista letterale si potrebbe affermare che il fabbricato detenuto non a titolo di proprietà non rappresenta un bene il cui valore concorre a formare l’attivo dell’azienda, con
la conseguenza che mancherebbe uno dei parametri di raffronto per verificare la condizione preliminare di accesso. Diversamente, si potrebbe argomentare che, se è vero che la sublocazione viene trattata ai
fini Iva come un contratto di locazione diretto, il medesimo criterio potrebbe essere applicato anche all’affitto di azienda. Come si evince in modo diretto, pur preferendo la prima chiave di lettura, appare urgente un
chiarimento dell’amministrazione sul punto.
Seconda condizione: la scelta del maggior carico fiscale
Ipotizzando la ricorrenza di un caso assai semplificato, in cui il valore del fabbricato sia
palesemente maggiore del 50% del valore dell’intera azienda ceduta in affitto, si tratta di individuare in modo corretto le imposte associate alle due ipotesi di base: affitto di azienda o locazione di fabbricati.
Per quanto attiene il carico fiscale dell’affitto d’azienda, è possibile riassumere i termini della questione nella tabella che segue:
Proprietario dell’azienda Tributi connessi
Imprenditore individuale che affitta l’unica azienda
Si produce l’effetto “congelamento” della partita Iva, con la conseguenza che i canoni vengono assoggettati ad imposta di registro proporzionale: • del 3% sui canoni (generici) • del 2% (ma ciò non è unanimemente ammesso) sulla
sola quota parte dei canoni riferibili al compendio immobiliare, oltre al 3% sulla restante parte, a condizione che si riscontrino specifiche ripartizioni del corrispettivo nell’atto
L’affitto d’azienda dopo la manovra bis
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• Imprenditore individuale che affitta un ramo d’azienda o una delle più aziende esercitate
• Soggetto societario
Il soggetto attivo agisce nell’ambito delle operazioni Iva e, ponendo in essere una prestazione di servizi: • applica l’Iva del 20% sui canoni • applica l’imposta di registro in misura fissa di 168 euro
Poiché la C.M. n. 27/E/06 evoca un concetto di carico fiscale complessivo Iva – registro, è
possibile affermare che, nel caso di unica azienda di imprenditore individuale il cui patrimonio
sia composto prevalentemente da fabbricati a destinazione abitativa, il carico fiscale
suesposto risulterebbe sempre superiore rispetto a quello delle locazioni semplici di
fabbricati. Queste ultime, infatti, scontano imposta di registro del 2%, misura che è inferiore
o, al limite, coincide con quella prevista per l’affitto d’azienda.
Qualora, invece, i fabbricati che compongono la maggior parte del compendio aziendale
siano di natura strumentale (il riferimento continua ad essere la semplice categoria catastale)
il calcolo potrebbe complicarsi, a seconda che si intenda confrontare esclusivamente la
posizione del soggetto proprietario, oppure anche quella del soggetto conduttore.
Analisi limitata al soggetto proprietario
Esempio
Poniamo, ad esempio, il caso di una azienda (composta prevalentemente da fabbricati
strumentali) che si intenda affittare al canone annuo di euro 250.000,00.
Limitando l’analisi alla situazione del proprietario ed ipotizzando che il conduttore non
subisca particolari limitazioni alla detrazione dell’imposta, si potrebbe ottenere una situazione
come quella esposta in tabella:
Regime dell’affitto
d’azienda
Locazione di fabbricati
in esenzione
(regime normale)
Locazione di fabbricati
soggetta ad IVA
(regime opzionale)
IVA REGISTRO IVA REGISTRO IVA REGISTRO
50.000 168 0 500 50.000 500
Appare evidente che la situazione più onerosa per il proprietario è quella della locazione di
fabbricato in regime opzionale Iva (carico complessivo 50.500), cui segue l’ipotesi dell’affitto
di azienda (50.168) ed infine quella della locazione di fabbricati a regime naturale di
esenzione (soli 500 euro).
Ciò tuttavia, potrebbe essere rimesso in discussione se si considerasse l’effetto provocato da
una rettifica della detrazione o dal pro rata in capo allo stesso soggetto proprietario;
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ipotizziamo, però, di tralasciare queste considerazioni che appaiono forse eccessive ed
esuberanti rispetto al senso generale della norma.
Una questione appare comunque evidente: se la norma afferma che si applicano le disposizioni in materia di imposte indirette previste per le locazioni di fabbricati, significa che
è necessario esplicitare un’opzione in sede di contratto per utilizzare il regime Iva? Ciò
parrebbe, a parere di chi scrive, fuori dalla normale logica del sistema che, ad onor del vero,
non richiede di operare alcuna ipotesi irrealistica, ma semplicemente di confrontare due
regimi. E, volendo forzare la mano, si dovrebbe affermare due regimi naturali.
Analisi estesa anche al soggetto conduttore Riprendendo l’esempio sopra utilizzato, si intende verificare cosa accade se si estende
l’analisi anche alla posizione del conduttore e, precisamente, al caso in cui lo stesso
detragga integralmente l’imposta; ciò comporta, in buona sostanza, che il carico Iva
potrebbe o meno divenire ininfluente nella considerazione se sussiste la possibilità di
integrale detrazione. Nella tabella, allora, l’Iva addebitata dal proprietario (inizialmente
indicata con il segno +) viene poi stornata con il segno (– ) a significare che l’operazione
rimane neutra.
Regime dell’affitto
d’azienda
Locazione di fabbricati in
esenzione
(regime normale)
Locazione di fabbricati
soggetta ad Iva
(regime opzionale)
IVA REGISTRO IVA REGISTRO IVA REGISTRO
50.000
- 50.000
168 0 500 50.000
- 50.000
500
In tale caso, l’imposta di registro applicata in misura fissa sul contratto di affitto di azienda
risulta sempre inferiore a quella percentuale (1%) richiesta sulla registrazione del contratto
di locazione di fabbricati strumentali; ciò vale tanto nel caso della esenzione, quanto in quella
della opzione per il regime Iva100.
Il caso diametralmente opposto è quello del conduttore che non detrae nulla; in tal caso si
avrebbero i risultati riportati nella solita tabella:
Regime dell’affitto
d’azienda
Locazione di fabbricati in
esenzione
Locazione di fabbricati
soggetta ad Iva
(regime naturale)
IVA REGISTRO IVA REGISTRO IVA REGISTRO
50.000 168 Non ammessa 50.000 500
100 Si omette, anche in questo caso, la considerazione di eventuali effetti di rettifica o di pro rata in capo al proprietario.
L’affitto d’azienda dopo la manovra bis
119
Dal confronto, risulta più onerosa l’ipotesi della locazione semplice, per effetto del maggior gravame di imposta di registro, applicata in modo proporzionale e non fisso. Come si vede, la casistica è assolutamente identica a quella del soggetto conduttore che detrae o a quella del paragrafo precedente ove si aveva riguardo esclusivamente alla situazione del proprietario, proprio perché il confronto è limitato all’imposta di registro. Ulteriori considerazioni potrebbero essere svolte analizzando l’ipotesi del conduttore che detrae parzialmente l’imposta, distinguendo il caso della detrazione inferiore o superiore al 25%, per ovvie connessioni con le regole delle locazioni semplici. Ipotizzando il conduttore con detrazione al 25% (per semplicità si ipotizza che non sussistano variazioni nella percentuale del pro rata), si avrebbe:
Regime dell’affitto d’azienda
Locazione di fabbricati in esenzione
Locazione di fabbricati soggetta ad IVA
(regime naturale) IVA REGISTRO IVA REGISTRO IVA REGISTRO
50.000 - 12.500
168 Non ammessa 50.000 - 12.500
500
Ancora una volta, dunque, il maggior carico di imposta di registro proporzionale determina una maggiore onerosità della locazione semplice rispetto all’affitto d’azienda. Ipotizzando, invece, la presenza di un conduttore con detrazione al 90% (per semplicità si ipotizza che non sussistano variazioni nella percentuale del pro rata), si avrebbe:
Regime dell’affitto d’azienda
Locazione di fabbricati in esenzione
(regime normale)
Locazione di fabbricati soggetta ad Iva
(regime opzionale) IVA REGISTRO IVA REGISTRO IVA REGISTRO
50.000 - 45.000
168 0 500 50.000 - 45.000
500
In questo caso, il maggior carico di imposta di registro proporzionale determina una maggiore onerosità della locazione semplice (regime opzionale) rispetto all’affitto d’azienda, solo se considerato congiuntamente alla quota parte di Iva indetraibile. Come si riscontra dagli esempi numerici sopra riportati, nella maggior parte dei casi la discriminante reale è la misura dell’imposta di registro, applicata in misura fissa od opzionale; si potrebbe allora ipotizzare – anche se ciò renderebbe banale la lettura della norma e superflua la sua strutturazione, oltre che inutile la precisazione dell’Agenzia della C.M. n.27/E/06 – di limitare l’analisi al diverso carico dell’imposta di registro. Sul punto, non resta che auspicare una precisazione in tal senso.
L’entrata in vigore della norma
Decidere se il “nuovo regime fiscale dell’affitto di azienda” sia questione che interessi esclusivamente i contratti stipulati a decorrere dal 12 agosto 2006101 oppure anche quelli in corso a tale data è una delle questioni più spinose.
101 In tal senso Tosoni – Portale, Affitto di azienda più caro, in Sole 24 ore del 17 agosto 2006; secondo altri, invece, sarebbe più corretto riferirsi alla registrazione avvenuta dal 12 agosto 2006 Busani.
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120
Da un lato, infatti, sembrerebbe di poter affermare che il regime fiscale del particolare contratto debba essere deciso e limitato al momento della sottoscrizione dello stesso, senza avere più riguardo ad eventuali modificazioni successive. D’altro canto, tuttavia, il contenuto letterale della norma, ove evoca l’applicazione delle disposizioni in tema di locazione di fabbricati, sembrerebbe richiedere anche un utilizzo non solo del maggior carico fiscale, ma anche delle disposizioni proprie di tali ultimi contratti che, come noto, subiscono le novità della manovra estiva anche se sono in corso di esecuzione. La questione non pare risolvibile se non con un preciso intervento chiarificatore da parte dell’Agenzia. A parere di chi scrive, tuttavia, è possibile giungere alla conclusione di arginare il nuovo meccanismo ai soli contratti di nuova stipulazione, tenendo in considerazione che ove si decidesse per l’applicazione del registro in misura proporzionale, lo stesso verrebbe ad essere integralmente prelevato dal notaio in sede di stipula dell’atto o di autenticazione delle firme. Ciò, pertanto, potrebbe significare che o si afferma che la corresponsione del tributo deroga alle usuali regole in tema di affitto di azienda (mutuando, invece, quella dei contratti di locazione di fabbricati) e, dunque, si indica la necessità di provvedere annualmente al versamento dell’imposta, oppure, come si crede sia più corretto, si individua nel perfezionamento del contratto un argine insuperabile dalla nuova disposizione normativa che, dunque, non andrebbe ad inficiare i contratti in corso. Tra la figura del contratto in corso e quello nuovo si colloca, poi, quella spuria del contratto già stipulato in passato ma con durata limitata (solitamente annuale) e facoltà di rinnovo illimitato per periodi di pari durata, salvo disdetta che una delle parti voglia inviare entro una certa data102. Anche in tale ipotesi, ferma la necessità di corrispondere l’imposta di registro propria dell’affitto d’azienda (se del caso), pare di potersi affermare che il contratto originario cui fare riferimento è solo uno, mentre l’estensione nel tempo degli effetti rappresenta unicamente una conseguenza giuridica delle originarie condizioni pattuite. Trattasi, nel caso, di un contratto “vecchio” (ovviamente qualora lo stesso sia stato stipulato ante 12 agosto 2006) in relazione al quale si possono riproporre le medesime problematiche già sopra esposte.
Altri aspetti trovano spazio nelle pagine successive
102 Il particolare strumento del contratto a durata limitata rinnovabile è sovente utilizzato per evitare di dover corrispondere anticipatamente l’imposta sui canoni futuri (pluriennali) senza possibilità di ottenerne il rimborso in caso di risoluzione anticipata; sul punto si confronti, tra l’altro, la CTP di Ferrara, ordinanza n. 211 del 14 novembre 2005 (in Bollettino Tributario 17/06, pag. 1420), con cui si solleva il dubbio di legittimità costituzionale della norma generale (art. 38 del DPR n.131/86) per presunta disparità di trattamento rispetto alla disciplina particolare delle locazioni e sublocazioni di fabbricati (art. 17 DPR n.131/86).
121
IL RAPPORTO DI AGENZIA. ASPETTI LEGALI a cura di Cristiano Bertazzoni*
Premessa
Il contratto d’agenzia ha ricevuto una consistente regolamentazione a livello europeo e
nazionale. Inoltre, gli Accordi Economici Collettivi (AEC), tipici dell’ordinamento italiano, sono
stati rinnovati nel 2002. In particolare, sono stati firmati dalle parti sociali quattro accordi
collettivi distinti: l’AEC per agenti e rappresentanti che collaborano con ditte commerciali,
stipulato da Confcommercio (AEC Commercio); l’AEC per agenti e rappresentanti delle
imprese industriali e delle cooperative, stipulato da Confindustria e Confcooperative (AEC
Industria); l’AEC per le piccole e medie imprese industriali aderenti alla Confapi (AEC
Confapi); l’AEC per agenti di commercio delle ditte artigiane stipulato da Confatigianato, CNA
e Casartigiani (AEC Artigianato).
Gli AEC sono vincolanti non solo per gli iscritti alle associazioni sindacali stipulanti, ma anche
per coloro che esplicitamente o implicitamente vi prestino adesione. Le parti, infatti, possono
fare riferimento agli AEC direttamente nel contratto ovvero, in modo implicito, possono
adottare un comportamento concludente, desumibile da una costante e prolungata
applicazione delle relative clausole ai singoli rapporti. In ogni caso, il comportamento delle
parti viene valutato in concreto, caso per caso.
La nozione di agente e di rappresentante di commercio
L’agente di commercio è il soggetto incaricato stabilmente da una o più imprese (preponenti)
di promuovere la conclusione di contratti in una determinata zona. Il rappresentante di
commercio, invece, è il soggetto incaricato stabilmente da una o più imprese di concludere
contratti in nome delle medesime in una determinata zona. Per comodità, ci si riferirà qui al
solo agente, intendendo tuttavia comprendere anche il rappresentante di commercio, cui la
disciplina del rapporto di agenzia è applicabile.
Il sub agente
Il sub agente è l’agente dell’agente. Il contratto di sub agenzia, quindi, è disciplinato dalle stesse
norme del contratto di agenzia. Il (sub) preponente, però, è agente di un altro preponente.
Infatti, il contratto di sub agenzia presuppone l’esistenza di un contratto di agenzia che ne
condiziona sia il contenuto sia le vicende. Pertanto, per esempio, lo scioglimento del contratto di
agenzia riverbera i suoi effetti anche sul contratto di sub agenzia.
Se non espressamente vietato dal contratto di agenzia, l’agente può liberamente nominare
uno o più sub agenti ma è responsabile nei confronti del preponente per i danni derivanti
dall’attività del sub agente. Se, invece, il contratto vieta la nomina di sub agenti tout court
* Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) ** disponibili sul sito www.euroconference.it ulteriori approfondimenti sul tema oggetto di trattazione
**
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ovvero senza il consenso del preponente, l’inadempimento dell’agente può portare anche al
recesso del preponente e alla cessazione del contratto.
Il sub agente non va confuso con l’agente di secondo livello, ossia legato direttamente al
preponente con un contratto di agenzia, ma la cui attività è coordinata e indirizzata da un
altro agente del medesimo preponente. In questo caso non vi è sub contratto ma due distinti
contratti con il preponente. Al contratto di sub agenzia si applicano sempre gli AEC
commercio, mentre all’agente di secondo livello si applicano gli AEC in base alla categoria di
appartenenza del preponente (industria, commercio, artigianato ecc.). (Clausola 15)
L’agente internazionale
Quando l’agente è straniero e non è iscritto alle associazioni stipulanti e il contratto di
agenzia viene sottoposto alla legge italiana, sorgono problemi relativi all’applicabilità degli
AEC. In particolare, gli AEC saranno applicabili solo se espressamente richiamati o in caso di
applicazione uniforme e costante delle relative clausole. In ogni caso, una clausola di rinvio
risolve qualsiasi problema. (Clausola 23.2)
I requisiti del contratto di agenzia
I requisiti del contratto di agenzia sono l’attività di promozione dei contratti, la
determinatezza dell’ambito territoriale o merceologico o clientelare in cui l’agente deve
svolgere la propria attività, la stabilità dell’incarico, l’onerosità del contratto e l’autonomia
organizzativa e gestionale dell’agente.
(Clausola 1)
L’attività tipica dell’agente è promuovere la conclusione di affari e, eventualmente,
concludere i relativi contratti in nome e per conto del preponente. Vi sono, poi, attività
complementari fra cui la promozione del prodotto, la pubblicità (Clausola 16),
l’individuazione del cliente, il contatto, l’illustrazione dei prodotti, in certi casi anche
l’assistenza post vendita e assistenza tecnica o l’organizzazione di sub agenti. (Clausola 11)
Tali attività, secondo gli accordi delle parti, possono costituire elementi necessari all’attività
tipica. In alcuni casi, vi sono soggetti che svolgono solo le attività complementari, come per
esempio, i propagandisti, gli agenti che svolgono attività di supervisione e coordinamento
ovvero solo di ricerca dei clienti.
La promozione degli affari deve essere condotta in via continuativa, ossia con stabilità. Il
requisito della stabilità rileva in sede sia contrattuale sia processuale. Nel primo caso, non è
sufficiente prevedere nel contratto che un soggetto non abbia obblighi promozionali per
sottrarlo alla disciplina dell’agenzia. Infatti, qualora, oltre al testo contrattuale, le parti
attribuissero al soggetto l’obbligo di svolgere un’attività continuativa, questi verrebbe
comunque qualificato come agente. Dal punto di vista processuale, si è posto il problema
dell’applicazione del rito del lavoro. Infatti, ricorrendo al giudice del lavoro, anche se per
Il rapporto di agenzia. Aspetti legali
123
ipotesi si trattasse di un procacciatore di affari, si riconoscerebbe il carattere continuativo del
rapporto. Per contro, nelle ipotesi in cui manchi il requisito della stabilità, è competente il
giudice ordinario.
Il rapporto nascente dal contratto di agenzia ha natura personale. Pertanto, di norma, è
incedibile. (Clausola 19)
Oggetto e modifiche al contratto di agenzia
L’oggetto del contratto di agenzia deve chiaramente indicare l’ambito territoriale (c.d. zona)
ovvero di clientela, i prodotti di cui promuovere la vendita, la provvigione e i compensi.
(Clausole 3 e 4)
Il contratto può essere modificato di comune accordo tra le parti. Tuttavia, nella prassi dei
contratti individuali, si prevedono clausole che attribuiscono a una delle parti, di norma il
preponente, il potere di modificare unilateralmente il contenuto del contratto, come per esempio
la zona o la provvigione. Il potere di modifica unilaterale, a condizione, che sia limitato e che sia
esercitato dal titolare con l’osservanza dei principi di correttezza e buona fede, può trovare
giustificazione nell’esigenza di bilanciare il rapporto contrattuale. Tuttavia, le clausole di
attribuzione del potere di modifica unilaterale sono da ritenersi di dubbia efficacia. Inoltre, la
giurisprudenza ne ha disconosciuto ripetutamente la validità. (Clausola 3.2). La disciplina collettiva, invece, prevede una speciale procedura per la modifica delle clausole
relative alla zona, alla clientela, ai prodotti e alle provvigioni. Infatti, gli AEC distinguono
diverse fattispecie in relazione all’incidenza economica della variazione. In particolare, la
variazione di lieve entità non incide per più del 5% sul contenuto economico del rapporto,
l’incidenza della variazione media è compresa tra il 5% e il 20%, mentre la variazione
rilevante ha un’incidenza superiore al 20%.
In concreto, per apportare una variazione di lieve entità è sufficiente una comunicazione
scritta del preponente da inviare all’agente, il quale non si può opporre. Per apportare una
variazione media, invece, il preponente deve comunicare per iscritto la modifica almeno due
mesi prima (quattro mesi se l’agente è monomandatario), salvo diversa decorrenza prevista
dalle parti. Se il preponente non rispetta il termine previsto, l’agente può recedere dal
contratto ovvero chiedere il risarcimento delle provvigioni perse per l’anticipata variazione.
Se l’agente recede, ha diritto a tutte le indennità previste per inadempimento del
preponente, compresa l’indennità di clientela. Se invece il preponente rispetta il termine ma
l’agente rifiuta la variazione, il primo può decidere se continuare il rapporto alle condizioni
precedenti ovvero recedere dal contratto.
Le variazioni rilevanti prevedono un preavviso che varia da tre a otto mesi, secondo il tipo di
agente (monomandatario o plurimandatario) e della durata del rapporto. L’agente può
rifiutare la proposta di modifica entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. Il
silenzio importa accettazione. In caso di rifiuto, la comunicazione funge da preavviso di
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124
cessazione del rapporto e il contratto si estingue, salvo che il preponente abbia
espressamente previsto che, in caso di rifiuto, intenda comunque proseguire il rapporto. Se il
contratto si estingue, si considera risolto su iniziativa del preponente, pertanto l’agente ha
diritto all’indennità suppletiva (vedi oltre).
Nel caso in cui il preponente apporti ripetutamente variazioni di lieve o media entità, al fine
di eludere la disciplina collettiva, l’agente può far valere in sede contenziosa la contrarietà ai
principi di lealtà e buona fede del comportamento del preponente e chiedere l’annullamento
delle modifiche ovvero il risarcimento del danno.
La forma del contratto
In base al secondo comma dell’art. 1742 del Codice Civile, il contratto di agenzia deve essere
provato per iscritto e ciascuna parte ha il diritto irrinunciabile di ottenere dall’altra un
documento sottoscritto che riproduca il contenuto del contratto e le clausole aggiuntive. In
concreto, nel caso di patti aggiuntivi assunti oralmente, ovvero nel caso di rifiuto di consegna
del documento sottoscritto, la parte che intendesse far valere il contratto o le modifiche, si
troverebbe nell’impossibilità di fornire la prova, in quanto ne è richiesta la forma scritta.
Inoltre, incapperebbe nel divieto di provare per testimoni e non vi sarebbe alcun documento
su cui fondare le proprie pretese. La norma in esame, quindi, non è cristallina e risulta,
pertanto, preferibile concludere sempre per iscritto sia i contratti sia le eventuali successive
modifiche. (Clausola 24)
Gli AEC impongono che, nei contratti tra parti aderenti ad associazioni stipulanti, venga
inserito l’espresso riferimento alle norme dell’accordo economico collettivo in vigore. Il
mancato richiamo, tuttavia, non esclude l’applicazione della disciplina collettiva, se le parti vi
abbiano fatto in concreto adesione nel successivo corso del rapporto.
Diritti e obblighi delle parti
Obblighi di carattere generale
L’agente ha l’obbligo di tutelare gli interessi del preponente e di agire con lealtà e buona
fede, nonché l’obbligo di seguire le istruzioni del preponente, nel rispetto dell’autonomia
organizzativa. Il preponente, invece, deve agire con lealtà e buona fede.
Obblighi d’informazione
L’agente deve fornire al preponente informazioni sulle condizioni di mercato e su ogni altro
aspetto utile per valutare la convenienza dei singoli affari. Pertanto, l’agente deve tenere
informato il preponente sui clienti visitati, sugli ordini raccolti, sugli affari conclusi e sulla
solvibilità dei clienti. Il preponente, per contro, non può pretendere dall’agente rapporti o
rendiconti periodici sull’attività svolta. In proposito, gli AEC prevedono che l’agente sia tenuto
Il rapporto di agenzia. Aspetti legali
125
a informare costantemente il preponente sulla situazione del mercato in cui opera ma non sia
tenuto a relazioni con periodicità prefissata sull’esecuzione delle proprie attività. In concreto,
è preferibile evitare di inserire nel contratto obblighi di rapporti periodici troppo minuziosi e
con intervalli temporali brevi. Inoltre, è sconsigliabile prevedere obblighi simili, al solo scopo
di invocarne pretestuosamente l’inadempimento. Infatti, l’inosservanza di obblighi
d’informazione troppo stringenti non costituisce per il preponente motivo di recesso per
giusta causa. (Clausola 2.3.) Il preponente deve mettere a disposizione dell’agente tutta la documentazione necessaria
relativa ai beni o ai servizi trattati, i marchi (Clausola 9) nonché, se previsto dalla tipologia
del prodotto, il c.d. campionario. Quest’ultimo può essere fornito gratuitamente, ma sotto la
responsabilità dell’agente per danni eccedenti il normale utilizzo o mancata restituzione,
ovvero a pagamento, con esclusione della responsabilità e della restituzione.
Il preponente deve altresì fornire all’agente le informazioni necessarie per l’esecuzione del contratto e sul lancio di nuovi prodotti o nuove strategie di mercato. Il preponente, inoltre, deve comunicare tempestivamente all’agente la diminuzione del volume delle operazioni
commerciali, l’accettazione, il rifiuto o la mancata esecuzione di un affare procurato, nonché le informazioni necessarie per verificare l’importo delle provvigioni liquidate. Gli AEC prevedono altresì che il preponente debba fornire all’agente le copie delle fatture inviate al
cliente. (Clausole 10 e 13) Obbligo di promuovere la conclusione di contratti L’agente assume l’obbligo di promuovere stabilmente la conclusione di contatti per conto del preponente attraverso regolari e continue visite e contatti con la clientela. L’inadempimento dell’obbligo di promozione può portare alla risoluzione del contratto. Tuttavia, per
circoscrivere l’adempimento, nella prassi, si inserisce nel contratto una clausola che preveda minimi di fatturato che l’agente si impegna a realizzare. In questo caso, se il livello di fatturato è stato concordato dalle parti in relazione alle possibilità di assorbimento del
mercato, il mancato raggiungimento del minimo comporta l’inadempimento dell’agente, salvo la prova della forza maggiore o delle cause imputabili al preponente. (Clausola 17) Nella prassi, l’inadempimento è regolato da una clausola risolutiva espressa con o senza preavviso.
Le parti possono altresì prevedere il mancato raggiungimento del minimo come motivo di recesso per giusta causa (c.d. recesso in tronco). Tale soluzione, tuttavia, non è da preferirsi in quanto il giudice potrebbe non ravvisare l’esistenza di motivi sufficienti per giustificare
l’applicazione del recesso in tronco e mantenere in vita il rapporto contrattuale (vedi oltre). Nella promozione dei contratti, l’agente deve proporre le condizioni, i prezzi, i termini di consegna o gli sconti fissati dal preponente. (Clausola 6) Proporre condizioni diverse da quelle
fissate dal preponente comporta la violazione di un obbligo contrattuale. In concreto, è possibile inserire nel contratto clausole che prevedano la riduzione proporzionale delle provvigioni o che pongano a carico dell’agente la differenza tra quanto fissato dal preponente e quanto negoziato
con l’acquirente. In ogni caso, il preponente può rifiutare l’ordine.
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126
Accettazione degli ordini
L’agente senza rappresentanza invia al preponente le proposte di contratto negoziate con i
clienti (c.d. ordini). Se il preponente accetta la proposta, il contratto si conclude. Al
preponente, quindi, spetta la decisione sulla convenienza dell’affare nonché la facoltà
insindacabile di rifiutare l’ordine. Il rifiuto pregiudiziale e sistematico, però, si scontra con il
principio di buona fede. In questo caso, l’agente ha diritto al risarcimento dei danni ed
eventualmente alla risoluzione del contratto. Di norma, nei contratti si prevede che gli ordini
possano essere rifiutati solo in base a determinate circostanze come l’insolvibilità del cliente
ovvero la mancanza del prodotto.
Il preponente, in ogni caso, ha l’obbligo di informare, entro un termine ragionevole,
dell’accettazione o del rifiuto o della mancata esecuzione di un affare. La norma, prevista
dall’art. 1749 del Codice Civile, è inderogabile. Nella prassi, si suole informare l’agente solo in
caso di accettazione. In realtà, tale comportamento, benché tacitamente ammesso dalle
parti, è lesivo dei diritti dell’agente. Pertanto, è preferibile che il preponente informi l’agente
anche del rifiuto.
Di norma, i contratti individuali prevedono un termine entro il quale il preponente deve
comunicare l’esito dell’ordine. In proposito, gli AEC stabiliscono che, se il contratto non
prevede un tale termine e ai soli fini del diritto alla provvigione, la proposta non rifiutata dal
preponente entro sessanta giorni dal suo ricevimento, si intenderà accettata. La norma è
comunque derogabile e le parti sono libere di prevedere un termine minore. (Clausola 5)
La zona esclusiva
Il preponente non può valersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona e per lo
stesso ramo di attività. All’agente, pertanto, spetta un diritto di esclusiva. Tale diritto,
tuttavia, è derogabile dalle parti sia con una clausola espressa sia con una tacita
manifestazione di volontà, desumibile dal comportamento delle parti al momento della
conclusione ovvero dell’esecuzione del contratto. In ogni caso, il preponente è libero di
effettuare vendite dirette anche nella zona esclusiva dell’agente, purché ne paghi la
provvigione all’agente stesso. Se, invece, per la medesima zona, il preponente ha nominato
più agenti, il diritto alla provvigione indiretta per le vendite dirette del preponente viene
meno. In pratica, se le parti hanno convenuto che il preponente può nominare altri agenti
nella zona, all’agente non spetta alcuna provvigione sulle vendite effettuate dal preponente.
(Clausola 18)
Non concorrenza e agente monomandatario
L’agente non può assumere l’incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli
affari di più imprese in concorrenza tra loro. Il divieto deve essere inteso sia nel senso di
prodotti concorrenti, sia nel senso di preponenti concorrenti. Tuttavia, in assenza di una
Il rapporto di agenzia. Aspetti legali
127
specifica norma contrattuale, la valutazione di prodotti o preponenti concorrenti deve essere
fatta in concreto, caso per caso. Si precisa che l’obbligo di non concorrenza va riferito solo
alla zona esclusiva dell’agente. Questi, inoltre, non può eludere l’obbligo attraverso l’utilizzo
di terze persone. (Clausola 12)
Le parti possono prevedere che l’agente operi esclusivamente per il proponente, con
l’espressa esclusione di ogni altra attività, anche non concorrente. In questo caso si parla di
agente monomandatario. Si precisa che è considerato monomandatario solo se il patto di
esclusiva è espresso. Per contro, un agente che operi di fatto solo per un proponente ma
senza alcuna previsione contrattuale, è considerato plurimandatario. La differenza rileva in
quanto gli AEC riservano al monomandatario una disciplina più favorevole.
Non concorrenza post contrattuale
L’art. 1751-bis c.c. stabilisce che il patto che limita la concorrenza da parte dell’agente dopo
lo scioglimento del contratto, deve farsi per iscritto. Esso deve riguardare la medesima zona,
clientela e genere di beni o di servizi per i quali era stato concluso il contratto di agenzia, e la
sua durata non può eccedere i due anni successivi all’estinzione del contratto. La clausola di
non concorrenza post contrattuale che non rispetti la forma scritta, le limitazioni di zona,
clientela e genere di beni o servizi ovvero che preveda un termine superiore a due anni, è
nulla e non vincola l’agente. (Clausola 12)
L’accettazione del patto di non concorrenza comporta, al momento della cessazione del
contratto, la corresponsione di un’indennità di natura non provvisionale, commisurata alla
durata del divieto, alla natura del contratto di agenzia e all’indennità di fine rapporto.
L’indennità è riservata agli agenti che esercitano in forma individuale, società di persone o di
capitali unipersonale e, se previsto dagli AEC, anche a società di capitali costituite
esclusivamente o prevalentemente da agenti commerciali. La determinazione dei parametri
per la quantificazione della indennità è lasciata alla negoziazione delle parti, pur tenendo in
considerazione gli AEC. In mancanza di accordo, l’indennità può essere quantificata in via
equitativa dal Giudice.
Gli AEC fissano criteri precisi per la determinazione dell’indennità, in base alla categoria di
appartenenza (Industria, Commercio, Artigianato ecc.).
La legge non prevede nulla circa le conseguenze del mancato rispetto del patto di non
concorrenza. Nella prassi, le parti prevedono che in caso di violazione della clausola di non
concorrenza, l’agente non abbia diritto all’indennità e che debba restituire quanto già
percepito a tale titolo. Inoltre, è spesso prevista anche una clausola penale. In proposito, gli
AEC Industria limitano l’importo massimo della penale al 50% dell’indennità, calcolata
secondo un’apposita tabella. La previsione di una penale esclude la richiesta del danno
ulteriore, salvo patto contrario.
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Insolvenza dei clienti e clausola star del credere
Oltre all’obbligo di informazione, sussiste a carico dell’agente l’obbligo generale di tutelare gli
interessi del preponente e, quindi, di preoccuparsi della solvibilità dei clienti. In particolare,
l’agente non può trasmettere ordini di clienti di cui conosce l’insolvenza ovvero di cui conosce
l’impossibilità di adempimento del pagamento. Nei casi dubbi, l’agente deve informare il
preponente, al quale spetta la decisione di accettare l’ordine. In caso di inosservanza, dolosa
o colposa, degli obblighi informativi, l’agente è inadempiente e risponde dei danni subiti dal
preponente. La responsabilità dell’agente, comunque, sussiste solo in caso di violazione degli
obblighi di diligenza verso il preponente (culpa in eligendo), mentre non è ravvisabile per il
solo fatto che il cliente sia risultato insolvente.
La responsabilità per insolvenza del cliente non deve essere confusa con la clausola dello star
del credere, Secondo cui, indipendentemente dal dolo o dalla colpa, l’agente è chiamato a
partecipare, entro determinati limiti, al rischio d’impresa, sopportando, in parte, le perdite
subite dal preponente a causa dell’inadempienza del cliente. Pertanto, la previsione della
clausola in parola non impedisce l’esercizio delle normali azioni contrattuali per
inadempimento.
L’art. 1746 comma 3 c.c. introduce il divieto di patti che pongano a carico dell’agente
eventuali responsabilità, anche solo parziali, per l’inadempimento del cliente, salvo che la
responsabilità sia riferita a singoli affari, di particolare natura e importo e individualmente
determinati. Inoltre, l’obbligo di garanzia non può essere superiore alla provvigione per
quell’affare e all’agente è dovuto un apposito corrispettivo. Come si evince, i requisiti ivi
previsti sono talmente stringenti da impedire l’applicazione dello star del credere, tanto che
ne è stata eliminata persino la menzione dagli AEC.
Tuttavia, soluzioni alternative allo star del credere sono ravvisabili sia nella violazione degli
obblighi di diligenza (culpa in eligendo) di cui sopra, sia in clausole in cui l’agente si impegna
a realizzare determinati obiettivi in materia di solvibilità o puntualità nei pagamenti dei clienti
di cui trasmette gli ordini. Per esempio, non incorrono nei divieti dell’art. 1746 comma 3 le
clausole con cui l’agente si impegna a raggiungere determinati obiettivi minimi in relazione al
numero di clienti solvibili. La sanzione per l’inadempimento di tali obblighi, però, non deve
essere il risarcimento dei danni al preponente, ma, per esempio, la risoluzione del contratto
per inadempimento ovvero la diminuzione proporzionale della provvigione ovvero ancora la
perdita di determinati benefici e vantaggi.
Riscossione dei crediti (c.d. incasso)
Salvo diverso accordo scritto, l’agente non può riscuotere crediti per il preponente, né
concedere sconti o dilazioni. Se il contratto di agenzia prevede fin dall’inizio la facoltà di
incassare i crediti, il corrispettivo per tale attività deve ritenersi compreso nella provvigione
pattuita. Se, invece, l’incarico di incassare viene conferito nel corso del rapporto contrattuale,
Il rapporto di agenzia. Aspetti legali
129
l’attività è da considerarsi accessoria e deve essere compensata separatamente. Gli AEC
prevedono regole specifiche circa le modalità di riscossione e i sistemi per i compensi
aggiuntivi. (Clausola 2.4)
Impedimento dell’agente
Secondo l’art. 1747 c.c., l’agente che non è in grado di eseguire l’incarico affidatogli deve
dare immediato preavviso al preponente. In mancanza, è obbligato al risarcimento del
danno. Il risarcimento, però, non è collegato alla mancata comunicazione ma all’effettivo
danno prodotto al preponente, su cui grava l’onere della prova. Nella fattispecie in esame
rientrano tutti quei fatti di carattere oggettivo o soggettivo che impediscono all’agente di
svolgere la propria attività, indipendentemente dalla propria volontà. Pertanto, sono
impedimenti la malattia, l’infortunio, l’invalidità, incendi, terremoti e tutti gli eventi. di portata
tale da impedire l’esecuzione dell’incarico di agenzia. L’impedimento è una causa legittima di
sospensione del contratto, senza responsabilità dell’agente. Sono, pertanto, esclusi gli eventi
frutto della volontà dell’agente.
Gli AEC, invece, non dettano regole generali ma prevedono singoli eventi che determinano il
temporaneo impedimento della prestazione: malattia, infortunio, gravidanza e puerperio. Si
osserva che per tali impedimenti sono previste coperture assicurative sia individuali sia
collettive, la cui trattazione, tuttavia, esula dalla presente analisi.
La durata del contratto
Il contratto a tempo determinato
Il contratto di agenzia può essere concluso a tempo determinato, sia con scadenza a data
certa (es. 5 maggio 2007) sia per un delimitato periodo (es. 5 anni dalla sottoscrizione del
contratto). Nella prassi, i contratti a tempo determinato prevedono spesso una clausola di
rinnovo. (Clausola 20)
Secondo l’art. 1750 comma 1 del Codice Civile, se le parti continuano a dare esecuzione al
contratto a tempo determinato anche dopo la scadenza, il contratto si trasforma a tempo
indeterminato.
Gli AEC prevedono specifiche norme in tema di applicazione della disciplina sull’indennità di
scioglimento e sulle indennità suppletive ai contratti a termine rinnovati o prorogati,
equiparandoli, di fatto, ai contratti a tempo indeterminato. Gli AEC, inoltre, prevedono che il
preponente debba informare l’agente con contratto a termine dell’eventuale disponibilità al
rinnovo o alla proroga. Tuttavia, per la mancata informazione non è prevista alcuna
sanzione.
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Il contratto a tempo indeterminato
In base all’art. 1750 comma 2 c.c., se il contratto di agenzia è a tempo indeterminato,
ciascuna delle parti può recedere dal contratto, dandone semplice preavviso, entro un
termine stabilito. La norma richiama il c.d. recesso ad nutum, principio generale applicabile a
tutti i contratti a tempo indeterminato, che nel rispetto dei termini di preavviso permette lo
scioglimento unilaterale e ingiustificato del vincolo contrattuale. La comunicazione del
recesso non è soggetta a particolari requisiti di forma. Tuttavia, il contratto prevede di norma
una forma determinata per la comunicazione (es. raccomandata A.R.). In questo caso, il
recesso non è valido se non viene rispettata la forma richiesta dal contratto. (Clausola 20) L’art. 1750 comma 3 c.c. prevede espressamente i termini di preavviso minimi applicabili al contratto di agenzia a tempo indeterminato. In particolare, il termine di preavviso non può essere inferiore a un mese per il primo anno di durata del contratto, a due mesi per il
secondo anno già cominciato, a tre mesi per il terzo anno già cominciato, a quattro mesi per il quarto anno compiuto, a cinque mesi per il quinto anno compiuto e a sei mesi per il sesto anno compiuto e per tutti gli anni successivi. Le parti sono, comunque, libere di prevedere
termini di preavviso maggiori. Inoltre, salvo diverso accordo delle parti, la scadenza del termine di preavviso deve coincidere con l’ultimo giorno di calendario. Gli AEC, invece, prevedono termini minimi di preavviso differenziati in base alla durata
complessiva del rapporto e in funzione dell’esclusiva. In particolare, per l’agente plurimandatario i termini per il preavviso variano da tre a sei mesi, mentre per il monomandatario, più favorevoli, variano da cinque a otto mesi.
La remunerazione dell’agente
La provvigione Benché sia possibile remunerare l’agente in forme diverse, la remunerazione normale è la
provvigione. Secondo la Direttiva europea, tutti gli elementi della retribuzione che variano secondo il numero o il valore degli affari sono considerati come costituenti una provvigione. Pertanto, rimborsi spese, compensi per attività accessorie, se proporzionali al valore
dell’affare, vengono considerati retribuzioni provvigionali. Infatti, il principio generale prevede che, salvo patto contrario, l’agente non abbia diritto al rimborso delle spese di agenzia. Pertanto, le spese sostenute per l’esercizio dell’attività, sono a carico dell’agente e
sono coperte dalla provvigione. Tuttavia, le parti possono prevedere nel contratto il rimborso di determinate spese. In proposito gli AEC Industria, prevedono che tutte le somme corrisposte, anche se a titolo di rimborso o di concorso spese, sono computabili agli effetti
dei vari istituti contrattuali e legali, e sono soggette alla contribuzione ENASARCO. Gli AEC Commercio, invece, stabiliscono che l’indennità di scioglimento viene computata su tutte le provvigioni e le altre somme, comunque denominate, per le quali è sorto il diritto al
pagamento in favore dell’agente. Per quanto riguarda la remunerazione delle attività accessorie, si richiamano i principi descritti in tema di incasso.
Il rapporto di agenzia. Aspetti legali
131
Il diritto alla provvigione
La provvigione matura solo se gli affari proposti dall’agente vengono accettati dal preponente,
con la conclusione di un contratto con il cliente. (Clausola 7.1) Tuttavia, l’agente non ha
diritto alla provvigione se il contratto con il cliente non viene eseguito per cause non imputabili
al preponente. Pertanto, la conclusione del contratto non fa sorgere il diritto alla provvigione
ma ne costituisce un presupposto necessario. Inoltre, perché nasca il diritto alla provvigione, vi
deve essere un nesso tra l’attività dell’agente e la conclusione dell’affare. In proposito, per gli
agenti non esclusivi, si distingue tra affari promossi direttamente dall’agente, affari conclusi dal
preponente senza l’intervento dell’agente, con clienti già acquisiti dall’agente ovvero con clienti
della zona o riservati all’agente. (Clausola 8)
Nel primo caso, l’agente ha diritto alla provvigione su tutti gli affari conclusi durante il
rapporto, quando l’operazione sia stata conclusa per effetto del suo intervento. Se l’attività
dell’agente porta alla conclusione di affari fuori dalla zona oggetto del contratto, il diritto alla
provvigione non è riconosciuto. Le parti, tuttavia, possono convenire in seguito, anche
tacitamente, di far rientrare l’affare concluso nell’alveo del contratto.
La provvigione, inoltre, secondo l’art. 1748 comma 2 c.c., è dovuta anche per gli affari
conclusi dal preponente con clienti già acquisiti dall’agente per affari dello stesso tipo o
appartenenti alla zona o alla categoria o al gruppo di clienti riservati all’agente. La norma
riconosce all’agente il diritto alla provvigione anche in assenza di un intervento diretto, ma al
contempo ne limita la portata. Per esempio, il contratto concluso tra il preponente e un
cliente già acquisito dall’agente per affari di tipo diverso da quelli previsti nel contratto, non
fa sorgere il diritto alla provvigione in quanto la norma in parola prevede che gli affari
debbano essere dello stesso tipo. Gli AEC Industria, in proposito, precisano che l’agente che
tratta in esclusiva gli affari di un preponente ha diritto alla provvigione anche per gli affari
conclusi senza il suo intervento, purché rientranti nell’ambito del mandato affidatogli.
Diversa, invece, è la situazione in cui la promozione e l’esecuzione di un affare interessino
zone o clienti affidati in esclusiva ad agenti diversi. Per esempio, l’agente, trattando con un
proprio cliente, promuove un affare che porta alla conclusione di un affare con un terzo nella
zona di un altro agente. In tali frangenti, gli AEC prevedono varie soluzioni che, tuttavia, non
risultano soddisfacenti nella gran parte dei casi. Infatti, non è possibile stabilire un principio
generale per disciplinare la miriade di diverse situazioni che, nella prassi, si possono
verificare. Si pensi, per esempio, alla difficoltà di retribuire l’attività di un agente per
promuovere affari con un organizzazioni che centralizzano gli acquisti, e stabilire la
provvigione dell’agente con esclusiva nella zona in cui si trova il singolo punto vendita.
Pertanto, è necessario analizzare caso per caso e prevedere specifiche clausole contrattuali,
in funzione delle zone, della tipologia di clientela e delle categorie merceologiche o di servizi.
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Affari conclusi dopo la cessazione del contratto
L’agente ha diritto alla provvigione sugli affari conclusi dopo la cessazione del contratto se la
proposta è pervenuta al preponente o all’agente in data antecedente ovvero se gli affari sono
conclusi entro un tempo ragionevole dalla data della cessazione del contratto e la conclusione
è da ricondurre prevalentemente all’attività dell’agente. In quest’ultimo caso, la provvigione è
dovuta all’agente precedente, salvo che da specifiche circostanze, risulti equo ripartire la
provvigione tra gli agenti intervenuti. La norma in parola risolve l’eventuale conflitto tra agente
precedente e agente successivo e non comporta alcun onere per il preponente.
Per l’ipotesi in esame, gli AEC dettano alcuni criteri per stabilire chiaramente se e quando la
provvigione sia dovuta. Per esempio, secondo quanto previsto dagli AEC Industria, alla
scadenza del contratto, l’agente deve informare il preponente, con una relazione scritta, delle
trattative aperte. Se una delle trattative indicate si conclude con un affare entro quattro mesi
dalla cessazione del contratto, la provvigione spetta all’agente cessato. Nel caso le trattative
non portino alcun risultato ovvero portino alla conclusione di un affare dopo quattro mesi
dalla cessazione del contratto ovvero ancora si concluda un contratto le cui trattative non
sono elencate nella relazione scritta, non sarà dovuta alcuna provvigione. Il termine previsto
dagli AEC, che fissa il “tempo ragionevole” in quattro mesi, può essere derogato dalle parti.
Nel caso di affari basati su contratti di durata (somministrazione, fornitura ecc.), in cui le
provvigioni sono ripartite su tutte le forniture effettuate nell’ambito dello stesso affare, è
preferibile definire contrattualmente i criteri per l’assegnazione delle provvigioni. Per esempio
è possibile stabilire che oltre un certo termine dalla cessazione del contratto, l’agente non
percepirà più alcuna provvigione, nemmeno per gli affari conclusi prima della cessazione del
contratto. (Clausola 14)
La maturazione della provvigione
L’art. 1748 comma 4 c.c. stabilisce che, salvo patto contrario, la provvigione spetta all’agente
dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la
prestazione, in base al contratto concluso con il terzo. Al più tardi ma inderogabilmente, la
provvigione spetta all’agente dal momento e nella misura in cui il cliente ha eseguito o
avrebbe dovuto eseguire la prestazione, qualora il preponente avesse eseguito la prestazione
a suo carico. Gli AEC riprendono la sostanza dei principi stabiliti dall’articolo in commento.
Secondo il criterio generale, quindi, il diritto dell’agente matura al momento in cui il
preponete esegue la propria prestazione o avrebbe dovuto eseguirla in virtù del contratto
con il cliente. La provvigione, pertanto, sarà dovuta anche in caso di inadempimento del
preponente, ma non in caso, per esempio, di forza maggiore ovvero di eccezione di
inadempimento. In caso di adempimento parziale, se il contratto ne prevede la possibilità, la
provvigione spetta sulla parte eseguita. In caso contrario, se l’adempimento parziale del
Il rapporto di agenzia. Aspetti legali
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preponente non è conforme al contratto e viene considerato inadempimento, l’agente
maturerà ugualmente e per intero il diritto alla provvigione.
Le parti possono derogare al criterio generale e stabilire che la provvigione maturi al
momento in cui il cliente esegue o avrebbe dovuto eseguire la sua prestazione. La deroga in
esame viene comunemente definita “clausola salvo buon fine”. In questo frangente, nel caso
in cui il preponente abbia regolarmente adempiuto ma il cliente non paghi, il diritto alla
provvigione per l’agente non matura. Per contro, nel caso in cui il cliente non esegua la
prestazione a causa dell’inadempimento del preponente, il diritto alla provvigione per
l’agente matura, sempre che l’inadempimento del preponente non sia riconducibile, per
esempio, a forza maggiore ovvero eccezione di inadempimento.
Nel caso di adempimento parziale del cliente, se il contratto ne prevede la possibilità, la
provvigione spetta sulla parte eseguita. In caso contrario, se l’adempimento parziale non è
conforme al contratto e viene considerato inadempimento, la provvigione non maturerà,
nemmeno in parte. (Clausola 7.3)
Gli affari conclusi e non eseguiti
L’art. 1748 comma 6 c.c. prevede che l’agente sia tenuto a restituire le provvigioni riscosse
solo nell’ipotesi e nella misura in cui sia certo che il contratto tra il cliente e il preponente non
avrà esecuzione per cause non imputabili al preponente. La norma in parola si applica
all’ipotesi in cui il pagamento della provvigione debba avvenire prima del momento in cui è
possibile verificare se il terzo abbia eseguito, per esempio, quando le parti hanno stabilito
che il diritto alla provvigione matura con la conclusione del contratto.
Affinché la provvigione non debba essere restituita, la mancata esecuzione deve essere
riconducibile a una causa imputabile al preponente, ossia un comportamento doloso o
colposo del preponente che abbia determinato la mancata esecuzione del contratto. La prova
dell’imputabilità al preponente deve essere fornita dall’agente.
Anche gli AEC, in tema di affari conclusi e non eseguiti, prevedono che la provvigione spetti
all’agente per gli affari che non hanno avuto esecuzione per cause imputabili al preponente.
Pertanto, se l’affare non ha esecuzione per cause imputabili al preponente, la provvigione
matura alla scadenza prevista. Se la provvigione, invece, è già stata corrisposta, non dovrà
essere restituita se la mancata esecuzione è dovuta a causa imputabile al preponente.
Se il preponente e il cliente si accordano per non dare, in tutto o in parte, esecuzione al
contratto, l’agente ha diritto, per la parte non eseguita, a una provvigione ridotta, secondo
gli usi o, in mancanza, dal giudice secondo equità. La norma in parola è dettata per il caso in
cui la mancata esecuzione non imputabile al preponente sia dovuta a motivi commerciali.
Pertanto, per esempio, qualora il preponente non possa eseguire per motivi di forza
maggiore e si accordi con il cliente per una fornitura diversa da quella prevista, l’agente non
avrà diritto alla provvigione sulla parte di contratto non eseguita.
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Il calcolo della provvigione
I criteri per il calcolo della provvigione sono lasciati alla negoziazione delle parti. Infatti, non
esiste alcuna norma, nemmeno collettiva, che stabilisca minimi provvigionali inderogabili ovvero
sistemi di calcolo obbligatori. Anche la determinazione della base su cui calcolare la provvigione
ha natura pattizia. Gli AEC Industria si limitano a vietare la deduzione, dal calcolo della base,
degli sconti di valuta accordati per condizioni di pagamento, ossia nel caso in cui il compratore
benefici di uno sconto di valuta per le particolari condizioni che l’acquirente offre.
Nella prassi vi sono vari metodi di calcolo della provvigione, idealmente distinti in sistemi a
percentuale e sistemi a cifra fissa. I primi sono i più diffusi, soprattutto per la maggiore
flessibilità delle percentuali rispetto ai mutamenti del mercato, alle variazioni dei prezzi e
all’inflazione. Di seguito si fornisce una sintetica analisi dei sistemi maggiormente utilizzati.
1 Percentuale fissa
La percentuale fissa è calcolata sul valore degli affari la cui conclusione è procurata
dall’agente. La percentuale fissa può essere applicata anche a singoli articoli o singoli
clienti. Le aliquote cambiano in base ai settori (industria, commercio, ecc), alle zone, alle
tipologie merceologiche, agli usi locali ecc. e variano dallo 0,5% al 30% e oltre.
2. Percentuale crescente
L’aliquota varia a seconda del valore dell’affare concluso. Per esempio, si prevedono aliquote
maggiori per vendite che superano un determinato valore. L’aliquota può variare anche in
funzione di determinati clienti ovvero del valore degli affari raggiunto in corso d’anno.
In questo modo, l’agente riceve una retribuzione più che proporzionale rispetto al volume
d’affari ed è incentivato a promuovere affari di valore sempre più alto.
3. Percentuale decrescente
È il caso inverso del precedente. All’aumento del valore dell’affare corrisponde un
decremento dell’aliquota. Il sistema è poco diffuso in quanto disincentivante. Si utilizza
soprattutto per calcolare la provvigione su un singolo affare in alcuni settori particolari
(grandi impianti e macchinari). Il contratto deve prevedere espressamente quando un
affare deve considerarsi singolo.
4. Cifra fissa per singole quantità di prodotto
Il sistema della percentuale fissa è meno dinamico e non mette al riparo l’agente dalle
variazioni di prezzo. La cifra fissa, comunque, può aumentare in funzione della quantità di
prodotto venduto, avvicinandosi, in questo modo, al sistema della percentuale crescente.
5. Sistema misto
Si prevede una percentuale (costante o differenziata) e premi a cifra fissa o crescente
che vengono riconosciuti all’agente quando il volume degli affari supera una determinata
quota. Il sistema misto presenta il vantaggio della flessibilità, data dalla percentuale, e
permette all’agente di beneficiare dei premi di produzione, funzionando da incentivo alla
promozione degli affari.
Il rapporto di agenzia. Aspetti legali
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6. Il sovrapprezzo
All’agente non viene riconosciuta né una percentuale né un fisso bensì solo il sovrapprezzo,
ossia la differenza in positivo tra il prezzo fissato dal preponente e il prezzo spuntato
dall’agente. Il sistema del sovrapprezzo, però, tende a provocare un aumento dei prezzi a
discapito dell’aumento della produzione. Pertanto, il sistema è ormai quasi in disuso.
Liquidazione e pagamento della provvigione
L’art. 1749 comma 2 c.c. prevede che il preponente consegni all’agente un estratto conto
delle provvigioni dovute, al più tardi l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre nel
corso del quale sono maturate. Entro lo stesso termine, le provvigioni liquidate devono
essere effettivamente pagate all’agente.
Una vota maturate come sopra descritto, nasce in capo all’agente il diritto alle provvigioni. La
liquidazione, quindi, avviene trimestralmente, con la compilazione da parte del preponente
del c.d. conto provvigioni, comprensivo di tutte le provvigioni maturate dall’agente nel corso
del trimestre. Entro trenta giorni dalla scadenza del trimestre, l’agente deve ricevere il conto
delle provvigioni e il relativo pagamento. I termini, per la redazione del conto e l’effettivo
pagamento, possono essere solo più brevi. In caso di ritardo nel pagamento di oltre 15
giorni, il preponente deve versare per tutti i giorni di ritardo un interesse in misura pari al
tasso ufficiale di riferimento. (Clausole 7.4 e 7.5)
Gli AEC prevedono che l’agente ha diritto ad anticipi sulle provvigioni. In particolare, gli AEC
industria stabiliscono che sulle provvigioni maturate, l’agente ha diritto ad anticipi, nel corso
del trimestre, nella misura del 70% del suo credito. Qualora sia convenuto il diritto alle
provvigioni a buon fine, l’agente può chiedere in alternativa, la liquidazione di anticipi nella
misura del 50% delle provvigioni riferite ad affari con pagamento a 90 giorni e nella misura
del 35% delle provvigioni riferite ad affari con pagamento a 90/120 giorni.
Nella prassi, è molto diffuso il sistema degli anticipi su base mensile. Alla chiusura del
trimestre vi è un conguaglio, anche nel caso di anticipi per affari “salvo buon fine”.
Lo scioglimento del contratto
Risoluzione e recesso
Nel contratto di agenzia, in presenza di un inadempimento della controparte di importanza
tale da non consentire la prosecuzione del rapporto, la parte non inadempiente può
sciogliere il contratto prima della scadenza, se a termine, ovvero senza osservare il
preavviso, se a tempo indeterminato. Si tratta, in questo caso, del principio generale di
risoluzione per inadempimento dei contratti di durata. Se il contratto prevede una clausola
risolutiva espressa, il contratto si scioglie automaticamente.
In applicazione in via analogica dell’art. 2119 c.c., invece, ciascuno dei contraenti può recedere
dal contratto prima della scadenza del temine, se in contratto è a tempo determinato, o senza
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preavviso, se il contratto e a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non
permetta la prosecuzione, anche provvisoria del rapporto. In questo caso, si tratta dell’istituto
del recesso per giusta causa (c.d. recesso in tronco). L’individuazione in concreto della nozione
di giusta causa che giustifica lo scioglimento è stata affrontata dalla giurisprudenza. In
proposito, si distingue tra scioglimento a iniziativa del preponente o dell’agente.
Nel primo caso, possono costituire giusta causa di recesso la sostanziale inattività
dell’agente, quando l’agente risulta irreperibile ovvero quando non risponde agli inviti del
preponente, lo svolgimento da parte dell’agente di attività concorrenti, la fornitura di notizie
del tutto inattendibili sui clienti, l’appropriazione indebita di somme incassate per il
preponente, avvalersi di sub-agenti nonostante il divieto contrattuale, la concessione di
sconti irregolari ai clienti, e molti altri.
Nel secondo caso, invece, il motivo più frequente di recesso in tronco su iniziativa dell’agente è
il mancato pagamento delle provvigioni, mentre, non appare sufficiente il semplice ritardo.
Altre ipotesi di recesso su iniziativa dell’agente sono la riduzione sostanziale della zona, il rifiuto
costante e sistematico di dare corso alle proposte dell’agente, il mancato controllo sulla qualità
dei prodotti da promuovere e molte altre. Il recesso per giusta causa, se richiesto su iniziativa
del preponente, deve essere comunicato tempestivamente dopo il verificarsi del motivo che lo
giustifica, benché, in materia, la giurisprudenza sia alquanto flessibile.
Nella prassi, anche giurisprudenziale, la risoluzione per inadempimento e il recesso per giusta
causa vengono sovente sovrapposti e talvolta confusi. Per contro, è importante distinguere le
due fattispecie, in quanto hanno applicazioni ed esiti differenti. Infatti, nei contratti si
incontrano di frequente clausole che consentono il recesso in tronco per la violazione di
determinati obblighi. Si citano, per l’agente, l’obbligo di non trattare prodotti concorrenti, di
non trattenere somme non dovute, il raggiungimento di minimi di fatturato ecc., per il
preponente, invece, il pagamento delle provvigioni e il rispetto dell’esclusiva. Il recesso,
però, prevede l’esistenza di una causa che non consenta la prosecuzione del rapporto.
Pertanto, le parti non possono elevare a “giusta causa” circostanze che non rispondono ai
requisiti dell’art. 2119 c.c.. Se le parti scelgono, invece, lo strumento della clausola risolutiva
espressa, il controllo sull’importanza del motivo che ha causato la risoluzione, è escluso.
Come già visto, infatti, nei contratti vengono spesso previste clausole risolutive espresse in cui
un determinato comportamento (inadempimento) costituisce motivo di risoluzione. In questo
caso, il giudice non può compiere alcuna indagine sull’entità dell’inadempimento rispetto
all’interesse dell’altro contraente, ma deve unicamente accertare se sia imputabile al soggetto
obbligato, quantomeno a titolo di colpa. Quindi, anche un inadempimento lieve, perché
previsto in una clausola risolutiva espressa, può essere motivo di risoluzione del contratto. Per
contro, l’identico comportamento, dedotto, però, come causa di recesso e non come motivo di
risoluzione, può anche non condurre allo scioglimento del rapporto. (Clausola 21)
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Il recesso ingiustificato e l’indennità di preavviso
Ove una parte receda senza il rispetto dei termini di preavviso o in assenza di un motivo
sufficiente, sarà tenuta a risarcire il danno all’alta parte. In proposito, si distinguono gli effetti
e la quantificazione del danno in base alla durata contrattuale.
Nel contratto a termine, infatti, il recesso ingiustificato non è efficace e il contratto rimane in
vita fino alla scadenza. Tuttavia, la parte che subisce il recesso in tronco non giustificato non
è in grado di imporre la continuazione del rapporto, in quanto il contratto ha natura
prevalentemente discrezionale. Si pensi, per esempio, che il preponente può scegliere di
accettare o rifiutare gli ordini. Pertanto, di fatto, l’obbligo di proseguire il rapporto si traduce
nel diritto al risarcimento del danno derivante dal recesso ingiustificato. Il danno, in questo
caso, consiste nel mancato guadagno per il periodo restante fino alla scadenza del contratto.
Nel contratto a tempo indeterminato, l’agente ha diritto di pretendere la prosecuzione del
rapporto fino alla scadenza del preavviso. Nondimeno, l’agente che subisce il recesso in tronco
non è in grado di imporre la continuazione, in quanto, come visto, non è realistico obbligare il
preponente a eseguire il contratto. Pertanto, in caso di recesso senza preavviso del preponente,
l’agente può pretendere il risarcimento del danno corrispondente alle provvigioni che l’agente
avrebbe guadagnato durante il preavviso. Stante la difficoltà di un tale calcolo, nei contratti si
prevede spesso una somma forfetaria definita indennità di preavviso.
Gli AEC dettano una disciplina minuziosa dell’indennità di preavviso. In particolare, la parte che intende porre fine al contratto deve corrispondere all’altra parte, in sostituzione del preavviso, una somma a titolo di risarcimento pari a tanti dodicesimi delle provvigioni
liquidate nell’anno solare precedente quanti sono i mesi di preavviso dovuto. Qualora il rapporto abbia avuto inizio nel corso dell’anno solare precedente, saranno conteggiati i successivi mesi dell’anno in corso, per raggiungere i dodici mesi di riferimento. Ove più
favorevole, si calcola la media retributiva sui dodici mesi immediatamente precedenti alla comunicazione del recesso. Se il rapporto dura da meno di dodici mesi, si calcola la media mensile delle provvigioni liquidate durante il rapporto. L’indennità di preavviso si calcola su
tutte le somme corrisposte in dipendenza del contratto, anche se a titolo di rimborso o concorso spese. Entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di preavviso, la parte non recedente può rinunciare in tutto o in parte al preavviso, senza l’obbligo di corrispondere
alcuna indennità. Altre cause di scioglimento Il contratto si scioglie altresì per mutuo consenso. In questo caso, le parti si accordano per risolvere consensualmente il contratto, pertanto non è dovuta alcuna indennità di preavviso. La cessazione dell’attività del preponente, inoltre, determina il venir meno del contratto di
agenzia. In questo caso, però, l’agente ha diritto al preavviso e, se prevista, all’indennità. Ugualmente, il contratto di agenzia si scioglie per fallimento del preponente e l’agente a ha diritto all’indennità suppletiva di clientela.
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Indennità di scioglimento del contratto
Premessa
Prima di passare all’analisi dei metodi di calcolo dell’indennità di scioglimento del contratto, è
opportuno premettere alcune considerazioni di carattere generale. Infatti, vi è un profondo
contrasto di legittimità tra la disciplina dettata dall’art. 1751 c.c. e quella prevista dagli AEC
2002. Senza addentrarsi qui nelle dispute dottrinali e giurisprudenziali che tuttora
imperversano, si cercherà di fornire un quadro generale ma esaustivo del problema.
In sostanza, se si ritiene che l’art. 1751 imponga un criterio di calcolo inderogabile, le parti
non saranno libere di concordare, né a livello collettivo né a livello individuale, soluzioni
diverse da quelle previste dallo stesso art. 1751. Se, invece, si ritiene che l’art. 1751
garantisca all’agente un trattamento minimo inderogabile circa l’ammontare dell’indennità e i
metodi di calcolo, gli AEC potrebbero essere in contrasto con la ratio dell’articolo. Se si
ritiene che tale contrasto esista, si pone il problema della totale inapplicabilità degli AEC
oppure della parziale integrazione con la norma codicistica. Su tali questioni si sono
interrogati giuristi e giudici, senza tuttavia, giungere a una soluzione univoca.
Semplicisticamente, o si ritiene che la disciplina degli AEC sia valida, e l’agente avrà diritto
all’indennità calcolata in conformità con questi, ovvero si ritiene che siano illegittimi, in
quanto contrari all’art. 1751, e l’agente non potrà pretendere nulla in base all’accordo
sindacale. La scelta, che spetta al giudice, di applicare l’art. 1751 non fa sorgere in capo
all’agente il diritto all’indennità nei casi in cui questa è prevista dagli AEC, come per esempio,
quando non c’è stato un apporto di clientela nuova ovvero in caso di recesso dell’agente
ovvero ancora in caso di recesso del preponente per giusta causa.
L’indennità secondo l’art. 1751 del Codice Civile
L’art. 1751 c.c. è applicabile nei rapporti con agenti stranieri e con agenti non iscritti alle
associazioni firmatarie degli AEC, nonché in tutti i casi in cui il giudice ritiene illegittima la
disciplina collettiva sull’indennità. L’art. 1751, prevede che all’atto della cessazione del
rapporto contrattuale, il preponente sia tenuto a corrispondere all’agente un’indennità.
Questa è dovuta solo se concorrono cumulativamente due condizioni. Il primo luogo, durante
la vita contrattuale, l’agente deve avere procacciato nuovi clienti ovvero deve avere
sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente ne riceva ancora
vantaggi sostanziali. In secondo luogo, l’ammontare dell’indennità deve essere equo, tenuto
conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde,
risultanti dagli affari con tali clienti.
L’indennità è dovuta anche se il rapporto cessa per morte dell’agente. L’indennità, invece,
non è dovuta in caso di recesso del preponente per giusta causa e in caso di recesso
dell’agente, salvo che tale recesso sia dovuto a circostanze attribuibili al proponente ovvero
da altri motivi quali età, infermità o malattia, per i quali l’agente non può proseguire l’attività.
Il rapporto di agenzia. Aspetti legali
139
L’indennità, inoltre, non è dovuta se l’agente, ai sensi di un accordo con il preponente, cede
a un terzo il contratto di agenzia. L’agente, poi, decade dal diritto all’indennità se entro un
anno dalla cessazione del rapporto, non comunica al preponente l’intenzione di far valere i
propri diritti. La concessione dell’indennità, comunque, non priva l’agente del diritto
all’eventuale risarcimento dei danni.
L’importo dell’indennità non può essere superiore all’indennità annua calcolata sulla base
delle retribuzioni medie riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni. Se il contratto ha meno
di cinque anni, l’indennità si calcola sulla media del periodo di durata del contratto.
Le norme previste dall’art. 1751 sono inderogabili a svantaggio dell’agente.
Per poter pretendere l’indennità, l’agente deve provare l’esistenza dei requisiti imposti
dall’art. 1751 comma 1. Pertanto, deve essere provato sia l’apporto di clientela sia la
permanenza della stessa presso il preponente dopo la fine del rapporto. In assenza di tali
presupposti, non sorge in capo all’agente il diritto all’indennità. L’articolo in commento non
fornisce alcun criterio per la determinazione dell’ammontare dell’indennità ma indica
solamente un tetto massimo, pari alla media annua delle provvigioni degli ultimi cinque anni.
Anni Media provvigionale 1999 Euro 20.000 2000 Euro 24.000 2001 Euro 30.000 2002 Euro 32.000 2003 Euro 38.000
Max indennità Euro 28.800
Nella determinazione dell’ammontare, quindi, si seguono necessariamente elementi empirici,
quali l’importanza dei nuovi clienti apportati, i vantaggi ricavati dal preponente grazie ai
nuovi clienti, le provvigioni perse dell’agente, il contributo dell’agente allo sviluppo della
clientela, il comportamento dell’agente durante il rapporto e così via. Nella prassi, anche
giudiziale, si parte dal massimo dell’indennità e si determina una percentuale equitativa
tenendo in considerazione gli elementi empirici individuati. Tuttavia, data l’inevitabile
discrezionalità implicita nel metodo di calcolo equitativo, i risultati che si possono
raggiungere possono essere sensibilmente disomogenei. (Clausola 22)
L’indennità secondo gli AEC Industria
La disciplina collettiva dell’indennità di scioglimento del contratto di agenzia è costituita di
due elementi: l’indennità di risoluzione del rapporto e l’indennità suppletiva di clientela. La
prima è il tradizionale FIRR, accantonato presso il Fondo ENASARCO, che, però, non è
oggetto della presente trattazione. La seconda, invece, è la vera e propria indennità, che
deve essere corrisposta direttamente all’agente all’atto della cessazione del rapporto.
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Quest’ultima si compone di una parte calcolata proporzionalmente sulle provvigioni (c.d.
indennità suppletiva) e di una parte basata sull’incremento della clientela e/o del fatturato
(c.d. indennità meritocratica).
L’indennità suppletiva deve essere corrisposta all’agente, all’atto dello scioglimento del
contratto di agenzia, secondo le seguenti aliquote:
3% sull’ammontare globale delle provvigioni e delle altre somme dovute;
0,50% sulle provvigioni (max. Euro 45.000,00/anno) maturate dal quarto anno;
0,50% sulle provvigioni (max. Euro 45.000,00/anno) maturate dal sesto anno compiuto.
L’indennità suppletiva non è dovuta se il contratto si scioglie per un fatto imputabile
all’agente. Per contro, l’indennità è dovuta anche per i contratti a termine che giungono a
naturale scadenza e per la risoluzione consensuale.
L’indennità meritocratica, invece, si calcola sulla differenza tra le prime e le ultime
provvigioni. Se il rapporto ha avuto durata inferiore a 5 anni, si considerano le provvigioni del
primo e dell’ultimo anno. Se il rapporto ha avuto una durata da 5 a 10 anni, si considera la
media annua dei primi e degli ultimi due anni. Se il rapporto è durato più di 10 anni, si
considera la media annua dei primi e degli ultimi 3 anni. La differenza rappresenta
l’incremento delle provvigioni e viene definita “cifra differenziale”. Il rapporto percentuale tra
la cifra differenziale e la cifra iniziale fornisce il tasso di incremento applicabile al calcolo della
base dell’indennità. In ipotesi, in un rapporto inferiore a 4 anni, la media del primo anno è di
Euro 20.000, la media dell’ultimo anno è di Euro 30.000. La cifra differenziale è di Euro
10.000 (30.000 – 20.000). Il tasso di incremento è del 50% (20.000/10.000). L’indennità
meritocratica si calcola secondo lo schema seguente, in base al tasso di incremento:
Tasso di incremento Percentuale applicabile
sul valore annuo delle provvigioni
Inferiore al 100% 1%
Superiore al 100% 2%
Superiore al 150% 3%
Superiore al 200% 4%
Superiore al 250% 5%
Superiore al 300% 6%
Superiore al 350% 7%
La disciplina transitoria, applicabile ai contratti in corso alla sottoscrizione degli AEC e
stipulati prima del gennaio 2001, impone di considerare le provvigioni iniziali a partire dal
2001. In ogni caso, l’indennità meritocratica non può superare la differenza tra il massimo
dell’indennità ex art. 1751 c.c. (media provvigionale degli ultimi 5 anni) e la somma
dell’indennità di risoluzione e dell’indennità suppletiva. Infine, gli accordi collettivi prevedono
che il raffronto tra dati iniziali e dati finali deve tenere conto di eventuali variazioni in
Il rapporto di agenzia. Aspetti legali
141
aumento o in diminuzione, riguardanti il territorio, la clientela, i prodotti, le provvigioni, in
modo che tali variazioni non comportino né oneri né vantaggi per nessuna delle parti.
Pertanto, i dati iniziali e finali subiscono una rivalutazione. Segue uno schema di un’ipotesi di
calcolo in cui si rispettano i limiti dell’art. 1751 c.c., in cui le provvigioni si considerano già
rivalutate e in cui viene applicata la disciplina transitoria.
Anno Ammontare provvigioni
2000 15.000
2001 20.000
2002 25.000
2003 30.000
Provvigioni iniziali (disciplina transitoria) Euro 20.000 Provvigioni finali Euro 30.000 Differenza Euro 10.000 Tasso di incremento 50% Percentuale applicabile 1% Indennità meritocratica Euro 100
Come si nota, l’importo dell’indennità meritocratica è molto contenuto. In effetti, gli accordi collettivi, pur volendo dare risalto agli agenti più efficienti, hanno imbrigliato l’indennità in un sistema di calcolo aritmetico che, di fatto, ne riduce grandemente i presupposti concettuali e
le finalità meritocratiche. L’indennità secondo gli AEC Commercio Gli AEC Commercio prevedono una “indennità di fine rapporto” lievemente diversa rispetto agli AEC Industria. L’indennità, infatti, per gli agenti cui è applicabile l’accordo collettivo del commercio, è composta di tre emolumenti. Il primo è denominato Indennità di risoluzione
del rapporto, viene riconosciuto all’agente a prescindere da alcun incremento di clientela e/o del fatturato, e risponde al criterio di equità (è il tradizionale FIRR, accantonato presso il Fondo ENASARCO). Il secondo è denominato Indennità suppletiva di clientela e viene
riconosciuto ed erogato all’agente secondo modalità particolari che si vedranno in seguito. Anche questo secondo emolumento è riconosciuto a prescindere da alcun incremento di clientela e/o fatturato. Il terzo, infine, è denominato Indennità meritocratica ed la sua
erogazione è condizionata all’aumento del fatturato con la clientela esistente e/o all’acquisizione di nuovi clienti. Gli AEC Commercio prevedono che l’indennità suppletiva di clientela sia dovuta se il contratto
a tempo indeterminato si scioglie a iniziativa del preponente per fato non imputabile all’agente. Vi sono in proposito problemi di coordinamento con le norme c.c. per i contratti a tempo determinato non rinnovati, con l’ipotesi di recesso dell’agente per giusta causa e con
la risoluzione consensuale.
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L’indennità suppletiva deve essere corrisposta all’agente, all’atto dello scioglimento del
contratto di agenzia, secondo le seguenti aliquote:
3% sull’ammontare globale delle provvigioni e delle altre somme dovute;
0,50% sulle provvigioni maturate dal quarto anno;
0,50% sulle provvigioni maturate dal sesto anno compiuto.
A differenza con gli AEC Industria, non è previsto alcun massimale sulle percentuali spettanti
dopo il quarto e dopo il sesto anno. Per gli anni dal 1977 al 1988 si applica il 3% sul globale
più lo 0,50% dopo 3 anni. Per gli anni anteriori al 1977 non è dovuta alcuna indennità.
Il calcolo dell’indennità meritocratica è simile a quello previsto dagli AEC Industria. Solo le
aliquote sono differenti:
Tasso di incremento Percentuale applicabile
sul valore annuo delle provvigioni Fino al 33% 1%
dal 33% al 66% 2% Superiore al 66% 3%
Come si può notare, le norme per il calcolo dell’indennità meritocratica degli AEC Commercio
sono appiattiti rispetto agli AEC Industria, soprattutto in quanto prevedono l’unica aliquota
del 3% per incrementi superiori al 66%. Come già visto anche per gli AEC Industria, con
l’indennità meritocratica, la volontà delle parti sociali che hanno firmato gli AEC era quella di
assicurare agli agenti un aumento del trattamento di fine rapporto che fosse legato alla loro
efficienza. In realtà, la previsione di un’unica aliquota per incrementi superiori al 66% risulta
meno premiante proprio per gli agenti più validi e più produttivi.
MODELLO DI CONTRATTO DI AGENZIA*
La Società _______, con sede in _____, alla via ________, n. ____, iscritta presso il registro
delle imprese di _______ , al n. _____________, P. Iva n. _________, in persona del legale
rappresentante sig. _________, in qualità di __________ (in seguito denominata
"Preponente"),
e
Il sig. ________(ovvero la società _______), domiciliato in (ovvero con sede in _______)
iscritto presso il ruolo della Camera di Commercio di _______, codice fiscale / P. Iva
_____________________, (in seguito denominato "Agente")
* scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa) ** disponibile sul sito la circolare n. 117/2006 del Consiglio Nazionale del Notariato su “I limiti ai poteri di rettifica dell’amministrazione finanziaria e valutazione catastale “automatica” dopo il “decreto Bersani” n. 223/2006 * Tratto da “La Circolare Tributaria” n.37 del 3 ottobre 2005 – Sistema d’Informazione Integrato – Euroconference Editore
file g
Modello di contratto di agenzia
143
Premesso che:
- il Preponente è una società industriale che agisce nel campo __________ per la
produzione di _______________, come dalla lista contenuta nell'annesso Allegato A (di
seguito denominati "Prodotti");
- che il Preponente intende nominare un agente per promuovere le vendite dei Prodotti
nella zona esclusiva indicata nell'annesso Allegato B (di seguito denominata "Zona");
- che il Preponente è titolare dei marchi, destinati a contraddistinguere i Prodotti, indicati
nell’annesso Allegato C (di seguito denominati i "Marchi");
- che l’Agente, essendo in possesso di tutte le autorizzazioni richieste dalla legge
applicabile nella Zona e della necessaria conoscenza del mercato, intende prestare i
propri servizi al Preponente per la commercializzazione e la vendita dei Prodotti nella
Zona, alle condizioni e termini contenuti nel contratto che segue e negli annessi Allegati;
Tutto ciò premesso e formante parte integrale del presente contratto, le parti convengono e
stipulano quanto segue:
1 Agenzia
1.1 Il Preponente conferisce all’agente che accetta il mandato di operare per la
promozione, la commercializzazione e la vendita dei Prodotti nella Zona secondo i
termini e le condizioni del presente Contratto.
1.2 L’agente opererà in modo completamente indipendente, ciò nondimeno
conformandosi alle politiche commerciali del Preponente.
1.3 L’agente sopporterà tutti i costi e le spese sostenute nell'esecuzione del presente
Contratto, incluse, ma senza limitazione della generalità di quanto precede, le spese
di viaggio, alloggio, vitto, telefoniche, di telex, postali, segreteria, ecc.; nessuna di tali
spese sarà rimborsata o pagata dal Preponente.
2 Obblighi dell’Agente
2.1 L'Agente si obbliga a seguire con il massimo impegno la commercializzazione e la
vendita dei Prodotti nella Zona e a negoziare ogni proposta commerciale relativa. È
compito dell'Agente di condurre qualsiasi trattativa di natura tecnica e commerciale,
in ordine a prezzi e condizioni di vendita con i Clienti, nonché di fornire ogni
informazione disponibile relativa ai Prodotti. L'Agente dovrà cooperare con il
Preponente per una migliore penetrazione commerciale dei Prodotti nella Zona.
2.2 Dopo la conclusione di ogni contratto e durante l'esecuzione di questo, l'Agente dovrà
assicurare continuità di relazioni con i Clienti e assistere il Preponente, sollecitando
l'incasso dei crediti e l'adempimento di ogni altra obbligazione assunta dai Clienti.
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2.3 L'Agente tiene informato il Preponente, con la dovuta diligenza, sulla propria attività,
sulle condizioni di mercato e sulla situazione concorrenziale nella Zona. Egli risponde,
inoltre, a qualsiasi ragionevole richiesta di informazioni del Preponente. In proposito,
l'Agente è tenuto a trasmettere al Preponente rapporti trimestrali sull'attività svolta,
secondo il presente Contratto, nonché ogni altra informazione utile allo sviluppo delle
vendite nella Zona. Il Preponente ha il diritto di visitare i Clienti in ogni momento e
l'Agente dovrà cooperare per rendere tali visite quanto più proficue possibile.
2.4 L'Agente non è autorizzato a ricevere pagamenti per conto del Preponente, se non previa
autorizzazione scritta. Nei casi in cui l'Agente sia stato autorizzato a ricevere pagamenti
per conto del Preponente, egli dovrà rimettere a quest'ultimo le relative somme,
tenendole fino a quel momento depositate separatamente per conto del Preponente.
oppure
2.4 Gli incassi sono effettuati dal Preponente. Vengono conferiti all’Agente, caso per caso, incarichi di incassare, in particolare dai clienti morosi. Tali incarichi non possono interpretarsi in nessun caso come tacita abrogazione del presente articolo. Per tale
attività l’Agente non ha diritto ad alcun compenso, neppure a titolo di rimborso spese, essendosene già tenuto conto dello stabilire la misura delle provvigioni. Le somme incassate dovranno essere consegnate immediatamente al Preponente e non
potranno essere trattenute per alcun motivo, neppure in compensazione dei crediti vantati dall’Agente verso il Preponente. In caso di ingiustificata ritenzione da parte dell’Agente delle somme incassate per conto del Preponente, questi potrà ritenere il
contratto risolto in tronco per colpa dell’Agente, senza preavviso, fatto salvo il risarcimento del danno subito.
3 Prodotti 3.1 Il presente Contratto ha per oggetto i Prodotti fabbricati e/o venduti dal Preponente,
come descritti nella lista contenuta nell'Allegato A.
3.2 La lista dei Prodotti contenuta nell'Allegato A potrà essere modificata dal Preponente a sua discrezione. In qualunque momento, previa comunicazione all’Agente, il Preponente potrà inserire nel citato Allegato A i Prodotti che entreranno in produzione
o in vendita ed eliminare quelli di cui sia cessata la produzione o la vendita. 3.3 Il Preponente ha il diritto di non inserire nella lista dei Prodotti determinati prodotti
che, per ragioni commerciali, non sono considerati adatti al mercato della Zona. La
decisione del Preponente è vincolante per l'Agente.
4 Zona
4.1 Il presente Contratto, concerne la Zona indicata all'annesso Allegato A.
4.2 L'Agente è tenuto a eseguire il presente Contratto nell'intera Zona, in ogni parte della
quale eserciterà la sua attività, senza esclusioni o limitazioni di sorta.
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4.3 Fuori dalla Zona, l'Agente dovrà astenersi da qualunque azione commerciale e, in
particolare, non dovrà procurare né sollecitare Ordini, né pubblicizzare i Prodotti, né
promuoverne la vendita in alcun modo.
5 Ordini
5.1 Gli Ordini dovranno essere trasmessi per iscritto dall'Agente e non saranno vincolanti
per il Preponente, fino a che non siano accettati per iscritto da quest'ultimo. In
nessun caso, l'Agente avrà il diritto o il potere di concludere contratti di vendita per
conto del Preponente.
5.2 Il Preponente ha facoltà di accettare o rifiutare gli Ordini trasmessi dall'Agente, a
propria discrezione, e l'Agente non avrà alcun diritto a Provvigioni ovvero a indennità
di alcun genere per gli Ordini non accettati dal Preponente. Il Preponente non può,
tuttavia, rifiutare irragionevolmente gli ordini trasmessi dall'Agente. In particolare, un
reiterato rifiuto degli ordini contrario alla buona fede (es. effettuato al solo scopo di
ostacolare l'attività dell'Agente) dovrà considerarsi in violazione del presente
contratto.
5.3 È compito dell'Agente, prima di trasmettere gli Ordini, di indagare, con la diligenza
del mandatario, sulla reputazione commerciale dei Clienti e assumere ogni
informazione finanziaria disponibile. L'Agente deve trasmettere Ordini solo di Clienti in
buona situazione finanziaria. Ogni violazione dell'obbligazione che precede è
considerata colpa grave e darà luogo a risoluzione del presente Contratto.
6 Prezzi
6.1 Prezzi, modalità e condizioni di pagamento, termini di consegna sono fissati dal
Preponente, a sua discrezione. Il Preponente dovrà fornire all'Agente listini aggiornati
contenenti tutti gli elementi sopra indicati.
6.2 Il Preponente potrà modificare i listini a sua discrezione, comunicando la modifica
all'Agente per iscritto. Tali modifiche si applicheranno a tutti gli Ordini trasmessi o da
trasmettere dall'Agente, ma non a quelli già accettati dal Preponente .
6.3 A meno di autorizzazione scritta del Preponente, l'Agente non potrà proporre Prezzi o
condizioni di vendita dei Prodotti, diversi da quelli contenuti nei listini, concedere
sconti o dilazioni di pagamento, ricevere pagamenti e/o anticipi sulle fatture del
Preponente. Rimane nondimeno compito dell'Agente di sollecitare i pagamenti e di
adoperarsi per l'incasso dei crediti del Preponente.
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7 Provvigioni
7.1 Quale corrispettivo dei servizi resi in esecuzione del presente Contratto, il Preponente
riconosce all'Agente una Provvigione pari al ___ % del Prezzo dei Prodotti venduti
sugli Ordini trasmessi dall'Agente.
7.2 La Provvigione andrà calcolata sul Prezzo effettivo di vendita dei Prodotti, come
indicato nella fattura del Preponente , al netto dei costi di imballaggio, trasporto,
posta, dogana, imposte o tasse di qualsiasi natura e dedotte le somme
eventualmente incluse in fattura per interessi o rimborso spese.
7.3 Il diritto dell'Agente alla Provvigione maturerà all'atto del pagamento del Prezzo dei
Prodotti da parte del Cliente e in proporzione a tale pagamento. L'Agente non potrà
pretendere alcuna Provvigione né indennità per ordini non pagati integralmente dal
Cliente o annullati per causa di forza maggiore o per qualsiasi altra ragione al di fuori
del controllo del Preponente.
7.4 Il Preponente dovrà trasmettere all'Agente un dettagliato rendiconto delle
Commissioni maturate nel corso di ogni trimestre, entro 15 giorni dal termine del
trimestre di riferimento e dovrà pagare l'ammontare indicato in tale rendiconto entro
15 giorni dal ricevimento della relativa fattura da parte dell'Agente.
7.5 Ogni contestazione da parte dell'Agente relativa al rendiconto di cui al paragrafo precedente
deve pervenire al Preponente nei 15 giorni successivi alla ricezione del rendiconto da parte
dell'Agente e, in ogni caso, non successivamente alla fattura dell'Agente. Il decorso del
termine comporta decadenza dell'Agente da ogni diritto di reclamo.
8 Vendite dirette 8.1 L’Agente, agendo in qualità di agente di vendita, potrà proporre al Preponente la vendita
diretta dei Prodotti a taluni clienti nella Zona, nei casi in cui l'Agente stesso non possa effettuare tale vendita direttamente, a causa del rilevante ammontare, dei termini di
consegna o di altre circostanze, eccedenti il corso ordinario degli affari dell’Agente. 8.2 Il Preponente potrà accettare o rifiutare ogni proposta di vendita trasmessa
dall’Agente, a sua assoluta discrezione; nessun ordine potrà considerarsi accettato
prima della conferma d'ordine scritta del Preponente. 8.3 Qualora il Preponente accetti di effettuare direttamente la vendita proposta
dall'Agente, pagherà a quest'ultimo una provvigione del __% sul Prezzo dei Prodotti
venduti, al netto dei costi di imballaggio, carico e scarico, trasporto e assicurazione. La provvigione maturerà in favore dell’Agente in proporzione ai pagamenti del cliente e al momento di tali pagamenti. Nessuna provvigione sarà dovuta dal Preponente
all'Agente qualora la vendita non sia condotta a buon fine, per qualunque motivo ciò avvenga, ovvero qualora il cliente non paghi integralmente il prezzo dei Prodotti, comunque fino a compensazione della parte del Prezzo non pagata.
Modello di contratto di agenzia
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9 Marchi 9.1 Il Preponente concede all'Agente il diritto di utilizzare le ditte e i marchi indicati come
Marchi e descritti nell'Allegato C, annesso al presente Contratto. L'Agente avrà il
diritto di utilizzare i Marchi come segno distintivo per l'attività commerciale relativa al presente Contratto e in particolare per pubblicizzare e promuovere le vendite dei Prodotti, in ogni caso insieme con la dicitura "Agente autorizzato di .......".
Qualunque ulteriore o differente utilizzo dei Marchi dovrà essere autorizzato per iscritto dal Preponente.
9.2 Qualunque uso dei Marchi da parte dell'Agente dovrà corrispondere strettamente ai
criteri e alle politiche commerciali approvate o seguite dal Preponente . In ogni caso, l'Agente dovrà preservare e non danneggiare in alcun modo l'avviamento e la reputazione commerciale del Preponente.
9.3 L'Agente dovrà comunicare senza ritardo al Preponente ogni violazione dei Marchi nella Zona e fornire, a richiesta del Preponente, tutta la necessaria assistenza nei procedimenti promossi per reprimere tali violazioni.
9.4 Alla scadenza del presente Contratto, per qualsiasi ragione, l'Agente dovrà cessare immediatamente l’utilizzazione dei Marchi e distruggere o restituire al Preponente tutto il materiale pubblicitario, di cancelleria o di altra natura che riproduca o faccia
riferimento ai Marchi. 9.5 L'uso dei Marchi da parte dell'Agente, in forza della presente clausola, non sarà
considerato come una licenza a favore dell'Agente e l'Agente non sarà autorizzato a
utilizzare i Marchi al di fuori o oltre i fini del presente Contratto o per proprio esclusivo profitto o a trasferire a terzi il diritto qui previsto.
9.6 L'Agente riconosce che i Marchi sono di esclusiva proprietà del Preponente. Ogni
qualvolta si farà riferimento ai Marchi, come nel caso di cataloghi, listini, avvisi pubblicitari, ecc., una dicitura in caratteri leggibili dovrà informare il lettore dei diritti del Preponente sui Marchi.
9.7 È fatto divieto all'Agente di registrare o depositare i Marchi per proprio conto o di tenere qualunque comportamento o compiere qualunque atto al fine di ottenere diritti di qualunque natura sui Marchi, nella Zona o altrove, sia durante il periodo di validità del
presente Contratto che successivamente a questo. In ogni caso, l'Agente avrà l'obbligo di trasferire immediatamente al Preponente, senza corrispettivo o compenso, qualunque registrazione o diritto sui Marchi, ottenuto in violazione della presente clausola.
10 Informazioni 10.1 Il Preponente si impegna a fornire e rendere disponibili all'Agente tutte le
Informazioni necessarie o utili per la commercializzazione e la vendita dei Prodotti. 10.2 Per "Informazioni" ai sensi della presente clausola, si intendono le informazioni
tecniche, il know-how, disegni, modelli, fotografie, dati, descrizioni di materiali,
procedimenti e processi di fabbricazione, specifiche, standard di qualità e ispettivi e ogni altra indicazione relativa ai Prodotti o all'uso di questi.
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10.3 Le informazioni fornite dal Preponente devono rimanere confidenziali e l'Agente si
obbliga a mantenere la segretezza e a non rivelare o divulgare alcuna di esse a terzi,
né durante la validità del presente Contratto né in qualsiasi momento successivo.
Mediante apposita clausola da inserire in tutti i relativi contratti, l'Agente deve
imporre identico obbligo ai propri dipendenti, collaboratori e agenti e sarà
responsabile verso il Preponente dell'inadempimento di questi ultimi.
10.4 Alla scadenza per qualsiasi ragione del presente Contratto, l'Agente dovrà restituire al
Preponente tutte le Informazioni ancora disponibili.
(11 Assistenza post vendita (se prevista)
11.1 L'Agente si obbliga a prestare l'Assistenza post vendita per tutti i Prodotti venduti in
base al presente Contratto, in conformità ai termini e alle condizioni contenute nel
Certificato di Garanzia allegato al presente Contratto alla lettera D.
11.2 In conformità al Certificato di Garanzia, l'Agente dovrà sostituire o riparare, entro ___ mesi dalla consegna, i Prodotti che dovessero risultare difettosi per materiali o lavorazione, salvo che tali Prodotti non siano stati danneggiati dal Cliente, o non
siano stati erroneamente installati o usati, o che il difetto non sia riconducibile ad azioni od omissioni da parte del Preponente. L'Agente dovrà prontamente riferire al Preponente ogni reclamo avanzato dai Clienti, descrivendo dettagliatamente i difetti
rinvenuti e le misure prese al riguardo. 11.3 Ai fini dell'Assistenza post vendita, l'Agente dovrà mantenere a proprie spese uno
stock di Prodotti e di pezzi di ricambio, nonché un servizio di tecnici qualificati,
adeguato al volume e alla distribuzione delle vendite nella Zona. Il Preponente avrà diritto di ispezionare in ogni momento lo stock e il servizio e di richiedere all'Agente le modifiche che ritenga opportune per migliorare l'Assistenza post vendita.
11.4 Il Preponente rimborserà i costi sostenuti dall'Agente per l'Assistenza post vendita, in base alla tariffa anch'essa inclusa nell'Allegato D.
11.5 Il Preponente dovrà tenere l'Agente indenne da ogni e qualsiasi responsabilità,
perdita, danno, costo, spesa o pregiudizio nascenti da azioni o domande fondate su vizi e difetti dei Prodotti, salvo che tale responsabilità non sorga da negligenza od omissione dell'Agente o dal mancato o incompleto adempimento da parte dell'Agente
di obbligazioni nascenti dal presente Contratto. In ogni caso di reclamo o di azione, l'Agente dovrà astenersi dal fare qualsiasi ammissione o dall'offrire pagamenti o indennizzi di qualsiasi natura.)
12 Patto di non concorrenza 12.1 L'Agente si obbliga, per il periodo di validità del presente Contratto e per 2 anni dopo
la cessazione di questo, per qualunque ragione, a non compiere, quale Preponente, agente o distributore, né per proprio conto né in associazione con terzi, quale amministratore o procuratore, o come socio di qualunque società, attività
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commerciale o atti di commercio di qualsiasi natura, consistenti o connessi con la produzione, la vendita, la commercializzazione, la distribuzione o la promozione di qualunque prodotto simile o comparabile o che possa essere posto in concorrenza
con i Prodotti.
12.2 In considerazione delle suddette obbligazioni, il Preponente si obbliga a pagare
all'Agente una Provvigioni aggiuntiva del __ % (_____ per cento) sulle vendite
procurate in base al presente Contratto, da calcolarsi così come specificato nella
clausola "Provvigioni". (oppure: una somma forfetaria pari a _____________ per ogni
Anno contrattuale, da pagarsi il ________).
(13 Deposito (se previsto)
13.1 A richiesta del Preponente, l'Agente dovrà acquisire e mantenere nella Zona un
Deposito dei Prodotti e dei pezzi di ricambio relativi, la cui composizione e volume
medio sono indicati nell'Allegato E.
13.2 L'Agente è autorizzato a vendere direttamente ai Clienti i Prodotti e pezzi di ricambio
del Deposito ai Prezzi e alle condizioni di vendita indicate nei listini previsti alla
clausola "Prezzi". L'Agente dovrà trasmettere al Preponente le somme incassate dai
Clienti, dedotta la Provvigione, da calcolarsi secondo la clausola "Provvigioni".
13.3 Il Deposito rimarrà proprietà del Preponente fino all'avvenuto pagamento e verrà
custodito in uno spazio separato dai locali dell'Agente. L'Agente sarà responsabile per
la custodia del Deposito e dovrà assicurarlo contro tutti i rischi usuali a favore
dell'avente diritto.
13.4 Nessun corrispettivo o rimborso sarà dovuto dal Preponente all'Agente per i predetti
servizi, oltre a quanto già previsto dal presente Contratto.)
14 Affari in corso
14.1 L'Agente ha diritto alla Provvigione sugli ordini da lui trasmessi al Preponente o da
questi ricevuti da parte di clienti stabiliti nella Zona prima della data di scadenza o di
risoluzione del presente contratto e che diano luogo alla conclusione di contratti di
vendita entro i sei mesi successivi a tale data.
14.5 L'Agente non ha diritto ad alcuna provvigione sui contratti di vendita conclusi in
seguito a ordini ricevuti dopo la scadenza o la risoluzione del presente contratto,
salvo che l'affare sia da attribuirsi principalmente all'attività svolta dall'Agente durante
il periodo di vigenza del presente contratto e purché il contratto di vendita sia
concluso entro un termine ragionevole dalla scadenza o risoluzione del presente
contratto. L'Agente deve informare per iscritto il Preponente, prima del termine del
presente contratto, degli affari in corso che possano far sorgere il diritto alla
provvigione in conformità del presente articolo.
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15 Sub agenti
15.1 L'Agente ha facoltà di nominare uno o più Sub agenti, per settori della Zona, previa
autorizzazione scritta del Preponente. A tale scopo, l'Agente dovrà comunicare
preventivamente i nominativi dei Sub agenti al Preponente per l'approvazione. Questi
potrà rifiutare l'approvazione a sua discrezione.
15.2 Il Preponente dovrà concludere con i Sub agenti un contratto di sub agenzia
compatibile con le disposizioni del presente Contratto e trasmetterne una copia al
Preponente per l'approvazione, prima della conclusione. Il contratto di sub agenzia
dovrà imporre al Sub agente le medesime obbligazioni previste a carico dell'Agente
dal presente Contratto.
15.3 La nomina di Sub agenti, secondo la presente clausola, non avrà l'effetto di liberare
l'Agente da nessuna delle obbligazioni nascenti dal presente Contratto ma l'Agente
rimarrà obbligato per l'adempimento in solido con il Sub agente. L'Agente si riserva
espressamente di richiedere direttamente ai Sub agenti l'adempimento delle
obbligazioni nascenti dal contratto di Sub agenzia.
Oppure
15.1 L'Agente dovrà svolgere la sua attività senza ricorrere a sub agenti
16 Pubblicità
16.1 Per la promozione dei Prodotti, l'Agente attuerà ogni appropriata azione pubblicitaria
sulla Zona, attraverso giornali locali, radio, televisione o altri mezzi di comunicazione,
come preventivamente concordato con il Preponente o con l'agenzia pubblicitaria
nominata da quest'ultimo.
16.2 Il Preponente dovrà contribuire ai costi pubblicitari, rimborsando all'Agente, alla fine
di ogni Anno contrattuale, _____ % delle spese sostenute per la pubblicità nell’Anno
contrattuale, purché siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
(i) l'Agente, sulla base di regolari fatture, dovrà dimostrare una spesa per
pubblicità di non meno del ___% della somma totale pagata dal Preponente
nell'Anno contrattuale come Provvigioni, in base al presente Contratto;
(ii) la pubblicità realizzata dall'Agente dovrà essere conforme agli standard e alle
politiche commerciali approvate o seguite dal Preponente;
(iii) l'azione pubblicitaria dovrà riguardare esclusivamente i Prodotti ed essere
equamente distribuita nel tempo e sulla Zona.
16.3 L'Agente dovrà partecipare alle fiere del settore tenute nella Zona, con stands speciali
per i Prodotti. I costi di tale partecipazione saranno a carico dell'Agente.
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17 Volumi minimi di vendita
17.1 L'Agente si impegna a raggiungere nel primo anno contrattuale, un volume minimo di
vendita pari a ________ equamente distribuito sull'Anno contrattuale.
17.2 Il volume minimo di vendita, previsto per il primo anno contrattuale, sarà aumentato
per ogni anno contrattuale successivo del ___ %.
(oppure come segue:
primo anno ____%;
secondo anno ____%
ecc.)
17.3 Per la determinazione del volume minimo di vendita, verranno presi in considerazione
tutti gli Ordini trasmessi dall'Agente entro l'anno contrattuale di riferimento e
accettati dal Preponente anche successivamente alla scadenza dell'anno, senza tener
conto dell'effettiva consegna dei Prodotti al Cliente.
18 Esclusiva
18.1 Il presente Contratto ha carattere esclusivo per l'Agente. L'Agente si impegna a non
accettare altri incarichi di agenzia nella Zona e a non prestare direttamente o
indirettamente alcun servizio, consistente o connesso alla commercializzazione e/o
alla vendita sul Zona di beni eguali, simili o comparabili o suscettibili di essere posti in
concorrenza con i Prodotti.
18.2 Il presente Contratto ha carattere esclusivo per il Preponente. Il Preponente non
potrà nominare nessun altro agente per la commercializzazione e/o la vendita dei
Prodotti sulla Zona. Ciò non ostante, il Preponente si riserva il diritto di effettuare
vendite dirette dei Prodotti nella Zona, salvo l'obbligo tuttavia di pagare all'Agente la
stessa (oppure: il ___% della) Provvigione prevista all'articolo "Provvigioni".
19 Cessione
Il presente Contratto ha carattere personale sia per l'Agente sia per il Preponente e né il
Preponente né l'Agente potranno cedere a terzi alcuno dei diritti o delegare a terzi
l'adempimento di alcuna delle obbligazioni nascenti dal presente Contratto.
20 Durata del contratto
20.1 Il presente contratto è stipulato a tempo indeterminato ed entra in vigore il _______
20.2 Ciascuna parte potrà recedere dal presente contratto con un preavviso di almeno
quattro mesi da comunicarsi alla controparte per iscritto con un mezzo di trasmissione
che assicuri la prova e la data di ricevimento della comunicazione (es. lettera
raccomandata con ricevuta di ritorno, telex, corriere).
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20.3 Se il contratto ha avuto una durata maggiore di cinque anni, il termine di preavviso è di sei mesi. La fine del periodo di preavviso deve coincidere con la fine di un mese di calendario. Le parti possono convenire per iscritto un termine di preavviso più lungo.
Oppure 20.1 Il presente contratto entra in vigore il _______ e termina il ___________. 20.2 Il presente contratto si rinnova automaticamente di volta in volta per successivi
periodi di un anno, salvo disdetta di una delle parti da comunicarsi alla controparte per iscritto con un mezzo di trasmissione che assicuri la prova e la data di ricevimento della comunicazione (es. lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, telex, corriere)
almeno quattro mesi prima della rispettiva data di scadenza. 20.3 Se il contratto ha avuto una durata maggiore di cinque anni, il termine di disdetta è di
sei mesi. Le parti possono convenire per iscritto un termine di disdetta più lungo.
21 Risoluzione 21.1 Senza pregiudizio per le norme generali del diritto applicabile, relative alla risoluzione,
il presente Contratto sarà risolto di diritto nel caso in cui: (i) l'Agente accetti un'altra agenzia o presti qualunque servizio di intermediazione
nella Zona, per la promozione o la vendita di beni eguali, simili, comparabili o
suscettibili di essere posti in concorrenza con i Prodotti; (ii) l'Agente diriga la propria azione commerciale al di fuori della Zona; (iii) l'Agente conduca direttamente o indirettamente un'attività commerciale in
concorrenza con il Preponente; (iv) l'Agente nomini o comunque impieghi Sub agenti, senza l'approvazione del
Preponente;
(v) l'Agente utilizzi Marchi in forme non approvate dal Preponente o ne conceda l'utilizzazione a terzi;
(vi) l'Agente non raggiunga il volume minimo di vendite previsto per ciascun anno
contrattuale; (vii) l'Agente non si conformi ai listini dei Prezzi e alle condizioni di vendita fissate
dal Preponente , ma vi deroghi senza autorizzazione scritta del Preponente
ovvero quietanzi, saldi o riceva acconti sulle fatture o conceda sconti o dilazioni di pagamento;
(viii) l'ammontare delle somme non pagate dai Clienti, sugli Ordini trasmessi
dall'Agente, superi in un Anno contrattuale il ___ % del volume complessivo degli affari risultante dagli Ordini trasmessi dall'Agente e accettati dal Preponente nello stesso Anno contrattuale.
21.2 Il presente Contratto sarà altresì automaticamente risolto nel caso in cui intervenga qualunque cambiamento sostanziale nell'impresa dell'Agente, come per esempio, ma senza limitazione della generalità di quanto precede, a causa di morte, dimissioni,
recesso di soci, amministratori, dirigenti o collaboratori o scioglimento di società di persone ovvero, qualora l'Agente sia una società di capitali, nel caso di liquidazione,
Modello di contratto di agenzia
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volontaria o obbligatoria, di fusione o trasformazione della società e, inoltre, in ogni caso di insolvenza, cessazione o sospensione dei pagamenti, fallimento o procedura concorsuale cui l'Agente sia sottoposto.
21.3 Al verificarsi dell’inadempimento, la parte non inadempiente deve darne
comunicazione scritta all’altra parte, intimando un termine di 15 giorni per adempiere.
Decorso inutilmente tale termine, il contratto si intende risolto di diritto..
Oppure
21.1 Le parti convengono che l’inadempimento delle obbligazioni previste agli artt. 2, 4, 5,
7, 12, 18, 19 (…) comporta la risoluzione del presente contratto. La parte non
inadempiente, che intenda valersi della presente clausola, al verificarsi
dell’inadempimento, deve darne comunicazione scritta all’altra parte, intimando un
termine di 15 giorni per adempiere. Decorso inutilmente tale termine, il contratto si
intende risolto di diritto.
22 Indennità di clientela
22.1 L'Agente ha diritto a un’indennità di clientela se e nella misura in cui:
a) egli abbia procurato al Preponente nuovi clienti o abbia sensibilmente sviluppato
gli affari con i clienti esistenti e il Preponente continui a trarre sostanziali
vantaggi dagli affari con tali clienti e
b) il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del
caso, in particolare delle provvigioni che l'Agente perde e che risultano dagli
affari con tali clienti.
22.2 L'importo dell'indennità non può superare una cifra equivalente a un'indennità annua
calcolata sulla base della media annuale della remunerazione riscossa dall'Agente
negli ultimi cinque anni precedenti e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla
media del periodo in questione. L'Agente perde il diritto all'indennità se non la
richiede per iscritto entro un anno dalla fine del contratto.
22.3 L'Agente non ha diritto all'indennità nei seguenti casi:
a) Inadempimento dell’Agente ai sensi dell’art. 21 del presente contratto;
b) (…);
22.4 L'indennità di clientela prevista da questo articolo sostituisce qualsiasi compenso per
la perdita o i danni causati dallo scioglimento o dalla risoluzione del contratto, eccetto
i danni derivanti da inadempimento contrattuale.
Oppure
22.1 L'Agente non ha diritto ad alcuna indennità di clientela o risarcimento similare nel
caso di cessazione del presente Contratto. Questa disposizione non limita comunque il
diritto dell'Agente a pretendere il risarcimento di eventuali danni nel caso in cui la
risoluzione del contratto a opera del Preponente costituisca inadempimento.
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23 Legge applicabile e foro 23.1 Il presente contratto è soggetto alla legge Italiana. Per ogni controversia relativa
all’interpretazione e all’esecuzione del presente contratto, nonché per le azioni nascenti da rapporti regolati dal medesimo, è competente il Foro a norma dell’art. 409 c.p.c. e leggi successive.
23.2 Per quanto non espressamente previsto si fa espresso riferimento al Contratto Economico Collettivo di categoria, alle leggi speciali in materia e al codice civile.
Oppure 23 Legge applicabile e clausola compromissoria 23.1 Il presente contratto è soggetto alla legge Italiana. Ogni controversia relativa
all’interpretazione e all’esecuzione del presente contratto, nonché per le azioni nascenti da rapporti regolati dal medesimo, verrà risolta da un Collegio Arbitrale composto di tre membri (oppure: da un unico arbitro, nominato dal Presidente del Tribunale di _______). Ciascuna parte designerà un arbitro; il terzo arbitro, che fungerà da Presidente del Collegio Arbitrale, verrà nominato dai due arbitri designati dalle parti. Nel caso la parte convenuta non provveda a designare il proprio arbitro, entro 20 giorni dalla data di ricevimento della richiesta di arbitrato, contenente la nomina dell'arbitro della parte attrice, o gli arbitri nominati dalle parti non raggiungano un accordo per la designazione del terzo arbitro, entro 20 giorni dalla nomina dell'arbitro della convenuta, allora l'arbitro della convenuta o il terzo arbitro, secondo il caso, sarà designato da __________. L'arbitrato avrà luogo a __________, in lingua italiana e il Collegio arbitrale dovrà emettere la sentenza entro 180 (centottanta) giorni dalla data in cui tutti gli arbitri avranno assunto le proprie funzioni. Il lodo reso dal Collegio arbitrale, in conformità ai precedenti paragrafi, sarà definitivo e inappellabile.
24 CLAUSOLA FINALE 24.1 Il presente Contratto annulla e sostituisce ogni intesa od accordo anteriormente
intercorsi tra le parti. 24.2 Ogni modifica al presente Contratto, ivi compresi gli Allegati, deve rivestire la forma
scritta e dovrà essere sottoscritta dai rappresentanti debitamente autorizzati di entrambe le parti.
24.3 Ogni comunicazione da farsi secondo il presente Contratto deve effettuarsi a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno o con telegramma o telex agli indirizzi delle parti come sopra indicati o ad altri indirizzi che ciascuna parte abbia comunicato all'altra in forma scritta.
Sottoscritto a_______________________ il____________________________ IL Preponente L'Agente Le parti dichiarano di approvare specificamente le condizioni e le obbligazioni previste dagli artt. 1, 2, 4, 5, 7, 8, 10, 12, 15, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23.
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IL CONTRATTO DI AGENZIA a cura di Giuseppe La Scala, Emanuele Rossi, Massimo Buongiorno e Gianni Lucchini*
Nozione e forma
L’art. 1742 cod. civ. dispone:
“Col contratto di agenzia un parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata”.Il contratto di agenzia può essere concluso anche verbalmente o per fatti concludenti ma deve sempre essere provato per iscritto.
L’art. 1743 cod. civ. prevede un diritto reciproco di esclusiva per la zona prefissata:
“Il preponente non può valersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona per lo stesso ramo di attività; e l’agente non può assumere l’incarico di trattare, nella stessa zona e per lo stesso ramo, gli affari di più imprese in concorrenza tra loro.”
L’Agente
L’agente costituisce una categoria di ausiliare autonomo dell’imprenditore.
L’agente assume il nome di “rappresentante di commercio” quando, oltre a promuovere la conclusione dei contratti, ha anche il potere di concluderli in nome e per conto del preponente.
L’attiv ità di agente e di rappresentante di commercio può essere esercitata solo dagli iscritti in appositi ruoli tenuti dalle Camere di Commercio (Legge 204/85).
La funzione dell’agente è consentire la distribuzione capillare dei prodotti altrui in una determinata zona ed opera in autonomia valendosi di una propria organizzazione ed a proprio rischio
Obblighi dell’Agente
Art. 1746. Obblighi dell’agente:– Tutelare gli interessi del preponente ed agire con lealtà e buona fede;– Promuovere, nella zona assegnata, la conclusione di contratti per conto del
preponente; – Ampio dovere di informazione nei confronti del preponente.
Esempio clausola contrattuale relativa alla determinazione della zona di competenza:
“Il presente incarico è conferito all’agente per i seguenti territori da intendersi al medesimo affidati in via esclusiva: …………………………………….Eventuali variazioni di zona dovranno essere preventivamente concordate tra le parti e dovranno risultare per iscritto. Qualora l’agente accettasse eventuali riduzioni del territorio assegnatogli in via esclusiva, il preponente si impegna a liquidare al medesimo, entro e non oltre 45 giorni dalla data in cui detta diminuzione avrà effetto, tutte le indennità di sua competenza attinenti ai rapporti economici riferibili alla porzione di zona oggetto di riduzione”.
* Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
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Diritti dell’Agente
Art. 1748. Diritti dell’agente:
Il fondamentale diritto dell’agente è quello al compenso, normalmente costituito da una percentuale sull’importo degli affari (c.d. provvigione). Vale il rischio “buon fine” dell’affare: la provvigione diventa esigibile solo dal momento e nella misura in cui il preponente abbia eseguito la propria prestazione.
Contrattualmente può essere determinato un momento successivo dal quale matura il diritto alla provvigione per l’agente (tipicamente il momento dell’incasso da parte delpreponente).
Obblighi del Preponente
Art. 1749. Obblighi del preponente
– Informare l’agente, entro un tempo ragionevole, dell’accettazione o del rif iuto di un affare procurato e della mancata esecuzione;
– Corrispondere le provvigioni spettanti all’agente entro il mese successivo al trimestre in cui sono maturate;
– Consegnare all’agente un estratto conto, al fine di permettergli di verificare l’importo delle provvigioni;
– Corrispondere all’Enasarco i contributi assistenziali, spettanti all’agente.– Può essere contrattualmente prevista una clausola di preferenza, con riguardo a nuovi
prodotti.
Indennità di fine rapporto
Ai sensi dell’art. 1751 cod. civ:
– l’agente ha diritto di ricevere un’indennità di fine rapporto qualora il preponentecontinui a ricevere sostanziali vantaggi dalle relazioni di affari con la clientela procurate dall’agente;
– l’indennità deve essere equa e non può superare un’annualità di retribuzione, calcolata sulla media degli ultimi cinque anni o dell’eventuale minor periodo di durata del contratto;
– l’indennità non è dovuta quando il rapporto si sciolga per causa imputabile all’agente.
– l’art. 1751 cod. civ. non prevede le concrete modalità di calcolo dell’indennità di fine rapporto. A tale lacuna suppliscono gli Accordi Economici Collettiv i applicabili alle varie categorie di agenti.
Il contratto di agenzia
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Patto di non concorrenza
L’Art. 1751-bis cod. civ. stabilisce che il patto che limita la concorrenza da parte dell’agente dopo lo sciolgimento deve:
– essere redatto in forma scritta;
– non può superare i due anni di durata;
– deve riguardare la stessa zona, clientela e genere di beni o servizi oggetto del contratto;
Matura il diritto dell’agente ad un’indennità che, in mancanza di accordo, viene determinata dal giudice in via equitativa.
La Mediazione
L’art. 1754 cod. civ. dispone:
“E’ mediatore colui che mette in relazione due o più persone per un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, dipendenza o di rappresentanza”.
L’esercizio anche, occasionale o discontinuo, dell’attività di mediatore è subordinato all’iscrizione in appositi ruoli, istituiti presso le Camere di Commercio (Legge 39/89). L’attività di mediatore è incompatibile con l’attiv ità di lavoro autonomo o subordinato.
Le differenza tra mediatore ed agente
Indipendenza del mediatore: assenza di vincoli di collaborazione,dipendenza o rappresentanza.
Mancanza di stabilità dell’incarico del mediatore: in ogni momento il mediatore può disinteressarsi dell’incarico.
Piena libertà di azione del mediatore, anche se agisce su incarico di una parte.
Il mediatore non corre il rischio del “buon fine” dell’affare.
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Il Procacciatore d’Affari
Il procacciatore d’affari è colui che riceve da un’impresa l’incarico di promuovere contratti in suo nome, in una determinata zona, senza divenirne dipendente né subirne il potere di direzione.
E’ un rapporto di collaborazione atipico, non disciplinato né dal Codice Civile né da altre norme di legge e non esiste un ruolo o un albo abilitante per cui è normalmente classificato tra gli “intermediari del commercio”.Salvo il caso di prestazioni saltuarie e/o occasionali, il procacciatore è tenuto ad iscriversi nel Registro delle Imprese (allegando alla domanda di iscrizione la lettera di incarico) ed all’Inps.
La differenza tra procacciatore d’affari ed agente
Il procacciatore segnala potenziali occasioni d’affari ma non promuove veri affari.
Il procacciatore opera senza diritto di esclusiva.
Libertà dell’impresa: essa non ha l’obbligo di accettare l’affare segnalato dal procacciatore.
Mancanza di stabilità dell’incarico del procacciatore, sia in termini di durata che di ambito territoriale.
Occasionalità delle segnalazioni del procacciatore.
Assenza di vincoli di fedeltà al committente da parte del procacciatore.
La differenza tra procacciatore d’affari e mediatore
Professionalità: a differenza del procacciatore, il mediatore si rivolge stabilmente verso il mercato con un’attività organizzata in modo professionale.
Modalità operative: a differenza del procacciatore, il mediatore non segnala soltanto affari ma compie altre attività necessarie a portare l’affare alla propria conclusione.
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UNA SOLUZIONE DEFINITIVA AL PROBLEMA DELLA RILEVAZIONE DELLE PROVVIGIONI DEGLI AGENTI DI COMMERCIO?
a cura di Alessandro Corsini*
Premessa
Un titolo in forma dubitativa non è incoraggiante ma, in effetti, non si può essere certi che il
problema dell’imputazione a periodo delle provvigioni degli agenti di commercio, soprattutto
sotto il profilo del ricavo per detti soggetti, e meno sotto quello del costo per il preponente,
sia giunto a un punto finale. E ciò, si ritiene, essenzialmente per il fatto che la disposizione
civilistica che regola l’insorgere del diritto alla provvigione (art. 1748 c.c.), si presta a diverse
letture, anche se non pare affatto trascurabile considerare che la Corte di Cassazione, come
si dirà tra breve, ha preso una posizione chiara sul punto.
In ogni caso, in questo contributo, cercheremo di ripercorrere la storia recente del problema,
per vedere a quale punto si è arrivati oggi, ricordando che la vicenda è stata resa (di nuovo)
viva dalla R.M. n. 115/E dell’8 agosto 2005, cui è seguito un intervento di Assonime –
circolare n.10 del 3 marzo 2006 – e, infine, un’altra risoluzione dell’Agenzia delle Entrate che,
con la n. 91/E dello scorso 12 luglio, ha reso definitiva, almeno per ora, la sua posizione,
rettificando parzialmente quanto sostenuto con il precedente passaggio amministrativo, e
comunque consentendo di mettere un punto fermo alla questione.
Aspetti civilistici
Prima che fiscale, il problema dell’individuazione del periodo di competenza delle provvigioni,
soprattutto sotto il profilo del ricavo per l’agente, è di carattere civilistico, e sorge dalla
corretta interpretazione, in particolare, dei co. 1 e 4 dell’art. 1748 c.c.. Va detto, intanto, che
la norma attuale deriva dalle modifiche avutesi nel corso del 1999, per effetto del D.Lgs.
n.65 del 15 febbraio 1999, che è intervenuto in senso favorevole agli agenti.
Infatti, nella sua vecchia formulazione, il co. 1 dell’art. 1748 c.c. disponeva che “l’agente ha diritto alla provvigione solo per gli affari che hanno avuto regolare esecuzione”, con tale
espressione intendendosi il c.d. buon fine dell’affare per cui è intervenuta la mediazione. Tale
concetto era stato identificato, tanto dalla prevalente dottrina, quanto dalla Corte di
Cassazione103, nel momento del pagamento a favore del mandante da parte del suo cliente.
La ratio normativa era quella di evitare che l’agente promuovesse affari con clientela
scarsamente affidabile, e ciò si otteneva appunto subordinando il diritto alla provvigione al
pagamento da parte del cliente (del preponente). Non conforme all’approccio descritto era la
posizione dell’A.F. che, con la R.M. n. 934 del 26 maggio 1980, aveva affermato che il
momento di insorgenza del diritto alla provvigione si identificava con quello in cui “concluso il contratto tra committente e cliente, abbia luogo la fornitura che ne costituisce la prestazione, * Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) * Tratto da “La Circolare Tributaria” n.33 del 4 settembre 2006 – Sistema d’Informazione Integrato – Euroconference Editore 103 Sentenza n. 2311 del 15 aprile 1982.
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a nulla rilevando l’aspetto finanziario che regola la controprestazione del cliente”. In
sostanza, l’insorgere del diritto alla provvigione, sempre con riferimento alla vecchia
disposizione civilistica, era individuato dall’A.F. in un momento precedente rispetto a quello
rilevante secondo il c.c..
Diversamente dal passato, l’attuale formulazione dell’art. 1748 c.c., al co. 1 stabilisce che
l’agente “ … ha diritto alla provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento”. Al successivo co. 4, ancora, viene previsto che “salvo che sia diversamente pattuito, la provvigione spetta all’agente nel momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al contratto concluso con il terzo. La provvigione spetta all’agente, al più tardi, inderogabilmente dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico”. Quindi, muovendo dalle due disposizioni civilistiche ora richiamate, che a parere di chi scrive
non brillano ne per chiarezza ne per coordinamento, non si può nascondere che il diritto alla
provvigione sembra poter sorgere, anche in funzione di specifici accordi definiti tra agente e
preponente, in tre diversi momenti:
1. quello della conclusione del contratto tra preponente e suo cliente, essendo stata promossa dall’agente la conclusione di tale contratto;
2. quello dell’esecuzione della prestazione da parte del preponente, vale a dire la consegna della merce o la resa del servizio;
3. quello del pagamento al preponente da parte del cliente. La questione, in dottrina, è ampiamente dibattuta e, tra tutte, anche per esigenze di sintesi,
può essere utile ricordare la posizione di Assonime, portata dalla circolare n. 10 del 2006
che, pur in modo piuttosto cauto, porta a dire che la nuova disciplina va interpretata nel
senso di introdurre un nuovo criterio generale, volto a riconoscere all’autonomia privata la
possibilità di intervenire sul momento di insorgenza del diritto alla provvigione con apposite
pattuizioni contrattuali. In particolare, secondo Assonime, se la regola generale è quella di
individuare il diritto alla provvigione al momento della conclusione del contratto, è pur
sempre possibile che le parti decidano di posticipare la spettanza delle provvigioni ad un
momento successivo, che potrebbe essere l’esecuzione da parte del preponente fino, e
comunque non oltre, il momento del pagamento da parte del cliente104.
Tuttavia, sul punto, non va trascurato un importante passaggio giurisprudenziale105, che ha
avuto modo di interpretare la norma come segue, fornendo la (corretta) chiave di lettura per
coordinare il contenuto dei due commi dell’art. 1748:
104 Così Assonime: “…la maturazione del diritto alla provvigione da parte dell’agente non avverrebbe – come accade in qualsiasi altro contratto a prestazioni corrispettive – con il compimento della prestazione d’agenzia, ma solo alla conclusione di una vicenda a formazione progressiva nella quale l’esecuzione della prestazione da parte dell’agente dovrebbe essere integrata, affinché il diritto alla provvigione venga ad insorgenza, dall’evento/adempimento del cliente/terzo.” 105 Cassazione Sezione Lavoro, n. 5467 del 2 maggio 2000.
Una soluzione definitiva al problema della rilevazione delle provvigioni degli agenti di commercio?
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- il momento di acquisizione del diritto alla provvigione è quello in cui l’operazione
promossa dall’agente è stata conclusa tra le parti, quindi la conclusione del contratto;
- il momento di esigibilità è il momento in cui il preponente ha eseguito, o avrebbe dovuto
eseguire, la prestazione, e fatta salva ulteriore deroga esplicita.
A questo punto, non dovendosi necessariamente condividere quanto affermato dalla
Cassazione, ma comunque apprezzandone l’intervento, se non altro perché consente di
fissare un criterio univoco, si può dire che lo spazio per la discussione civilistica si restringe di
molto: per l’agente la provvigione matura alla conclusione del contratto; l’esecuzione da
parte del preponente e il pagamento da parte del cliente sono due momenti cui si può
ricollegare il solo aspetto finanziario del pagamento della provvigione, come detto già
maturata. E non è inopportuno ricordare che, a tale sentenza, si ispira l’Agenzia delle
Entrate, visto che vi si riferisce nell’ultima delle risoluzioni richiamate.
La posizione dell’Agenzia delle Entrate
Con la R.M. 115/E/05 l’Agenzia, con riferimento alla nuova normativa, si è espressa una
prima volta sul tema della corretta imputazione temporale delle provvigioni spettanti agli
agenti di commercio e, in misura residuale, sulla disciplina applicabile al soggetto
preponente. Anche in questo caso il punto di partenza è la corretta individuazione del
periodo di competenza in cui l’agente deve imputare i ricavi a reddito e, così, a tassazione. Il
riferimento normativo è, quindi, l’art. 109 co. 2 lett. b) del Tuir che afferma che i corrispettivi
delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione si considerano
sostenute, alla data in cui le prestazioni sono ultimate.
Della questione si è scritto molto, e qui ricordiamo solamente che, con questa risoluzione,
l’Amministrazione si è resa disposta a riconoscere nel solo momento della conclusione del
contratto l’effetto di far sorgere il diritto alla provvigione a favore dell’agente, attribuendo a
quelli dell’esecuzione del contratto da parte di preponente e cliente, il solo effetto di
regolazione dell’operazione dal punto di vista del pagamento. Osserva, infatti, l’Agenzia, che,
al momento della conclusione del contratto tra preponente e cliente, il compenso può
ritenersi certo sia nell’esistenza che in relazione alla sua oggettiva determinabilità. Qualora il
contratto preveda, affermano le Entrate, che “la provvigione spetta all’agente sugli affari conclusi, eseguiti ed andati a buon fine,… per le somme realmente incassate dalla ditta mandante”, tale clausola servirà solo a fissare la data del pagamento della provvigione in
relazione all’incasso delle somme dovute all’impresa preponente, ma non sarà idonea ad
individuare, ai fini fiscali, il momento di ultimazione della prestazione dell’agente e il
conseguente periodo d’imposta in cui le provvigioni maturate devono concorrere alla
formazione del reddito imponibile dell’agente stesso.
Fin qui nessun problema, pur sempre nel presupposto di condividere il punto da cui parte
l’Agenzia delle Entrate (la maturazione della provvigione si ha solo alla conclusione del
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contratto, il che è comunque una delle soluzioni possibili). Dove, in effetti, si è avuta la
scivolata, è stato sulla questione dell’imputazione della provvigione come costo da parte del
preponente. A tale proposito, infatti, la R.M. n. 115/E/05 ha affermato che, ai fini della
deduzione del costo da parte dell'impresa preponente, il momento di conclusione del
contratto (ultimazione della prestazione dei servizi d'agenzia) individua, ai sensi dell’art. 109,
co. 2, lett. b), del Tuir, anche il periodo d'imposta in cui dette provvigioni concorrono come
componente negativo alla formazione del reddito imponibile del mandante. A ribadire, quindi,
che, secondo le Entrate, l'impresa preponente potrà procedere alla deduzione del costo per
le provvigioni passive nello stesso esercizio in cui si stipula il contratto promosso dall'agente
che corrisponde, come più volte detto, a quello in cui tale ultimo soggetto rileva il ricavo.
Questo secondo passaggio è stato oggetto di critica da parte di molti commentatori, nel presupposto che il preponente, se vuole rispettare correttamente il principio di competenza, integrato dal principio di correlazione tra costi e ricavi, dovrà rilevare il componente negativo non
in funzione della conclusione del contratto, ma in funzione della consegna dei beni o della resa del servizio, in modo da correlare il costo per provvigioni al ricavo che da questo si è generato. E il problema, esistente in linea generale, si accentua in quelle situazioni in cui il contratto si
conclude in un esercizio e la consegna o la prestazione avvengono nell’esercizio successivo. In particolare, sul punto, può essere utile approfondire la questione richiamando ancora quanto argomenta Assonime, quando afferma che è evidente che l’impresa preponente deve
imputare i ricavi nell’esercizio in cui è eseguita la consegna dei beni o reso il servizio al cliente/terzo. Quindi, affinché l’impresa preponente possa effettivamente imputare il costo per provvigioni nella determinazione del risultato economico e dell’imponibile fiscale, è
necessario che sia rispettato anche il principio di correlazione con i relativi ricavi. A questo punto occorre distinguere le due situazioni che si possono verificare in concreto, già accennate più sopra:
1. tanto la conclusione del contratto quanto l’esecuzione della prestazione da parte del preponente si verificano nel medesimo esercizio;
2. l’esercizio nel quale avviene la fornitura da parte del preponente è diverso (successivo)
da quello in cui si verifica la conclusione del relativo contratto. Nel caso di cui al punto sub 2, proprio l’esigenza di rispettare il principio di correlazione costi-ricavi, richiede che gli oneri per le provvigioni dovute agli agenti siano imputati al reddito, da
parte dell’impresa preponente, nell’esercizio in cui si è eseguita la fornitura al cliente. Momento, questo, in cui, di fatto, maturano i ricavi dell’operazione. A conferma di ciò, l’Assonime nella circolare n.10/06 richiama il contenuto dei principi contabili nazionali nei
quali si afferma, rispettivamente, che “i costi devono essere correlati con i ricavi dell'esercizio. Detta correlazione costituisce un corollario fondamentale del principio di competenza ed intende esprimere la necessità di contrapporre ai ricavi dell'esercizio i relativi costi siano essi certi che presunti” (principio OIC 11), e che “le provvigioni … su vendite sono rilevate contestualmente al maturare dei relativi ricavi” (principio OIC 19).
Una soluzione definitiva al problema della rilevazione delle provvigioni degli agenti di commercio?
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Sulla base di questo quadro, l’Agenzia delle Entrate è ritornata dunque sulla questione dell’imputazione delle provvigioni degli agenti di commercio, analizzando ora la questione essenzialmente dal punto di vista del preponente, è ciò, come detto, con la R.M. n.91/E del 12
luglio 2006. L’Amministrazione ribadisce brevemente che, dal punto di vista dell’agente, il momento di imputazione della provvigione deve avere riguardo alla conclusione del contratto, a nulla
valendo gli altri momenti costituenti elementi propri del rapporto complessivo, e ciò richiamando la sentenza della Cassazione citata in nota. Ma afferma, altresì, che quanto detto con la risoluzione del 2005 a proposito della posizione del preponente, non ha validità
generale e, anzi, in ogni caso, che questo soggetto deve imputare il costo per provvigioni nell’esercizio in cui si rileva il ricavo di vendita, così aderendo alla tesi sostenuta da Assonime oltre che dalla totalità dei commentatori che avevano criticato il passaggio impreciso della
risoluzione dello scorso anno.
Riepilogo e schematizzazioni
Vi è sostanziale convergenza di opinioni sul fatto che il momento di rilevazione del ricavo per
l’agente è da ricondurre alla conclusione del contratto tra preponente e cliente del medesimo, poiché proprio questo evento è l’obiettivo dell’attività di agenzia. Sono sostanzialmente irrilevanti i fatti che riguardano l’esecuzione del contratto, vale a dire la
consegna del bene o la prestazione del servizio da parte del preponente ovvero il pagamento da parte del suo cliente. Dal punto di vista del preponente, il momento di rilevazione del costo per provvigioni è legato
non tanto all’imputazione della provvigione attiva da parte dell’agente, quanto all’esecuzione del contratto, quindi al momento in cui si consegna la merce o si presta il servizio, il che può avvenire o nell’esercizio in cui si è concluso il contratto, o in un esercizio successivo.
Di seguito proponiamo delle schematizzazioni: 1. il contratto si conclude nell’anno n, e l’esecuzione si ha altrettanto nell’anno n; l’agente
rileverà un ricavo per provvigioni attive come componente di competenza dell’anno n e il preponente rileverà un ricavo di vendita e un costo per provvigioni altrettanto nell’anno n
n n + 1
Conclusione contratto
Rilevazione provvigione
attiva
Esecuzione contratto
Rilevazione ricavo e provvigione
passiva
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2. Diversamente, se il contratto, concluso nell’anno n, ha esecuzione nell’esercizio n + 1,
l’approccio deve necessariamente cambiare. Infatti, non vi è dubbio che, se il contratto ha,
ad esempio, ad oggetto una fornitura di merci, il preponente rileva il ricavo di vendita
nell’esercizio di consegna o spedizione, quindi nell’esercizio n + 1. E, per il principio di
correlazione tra costi e ricavi – i costi vanno imputati all’esercizio nel quale sono imputati i
ricavi conseguiti grazie al sostenimento di detti costi – il preponente dovrà rilevare il costo
per provvigioni nell’esercizio n + 1, poiché il ricavo di vendita, conseguito grazie al
sostenimento del costo per provvigioni passive, è di competenza di detto esercizio.
In particolare, questo secondo schema descrive la situazione trattata dall’A.F. in modo non
corretto sotto il profilo dell’applicazione del principio di competenza e di correlazione tra costi
e ricavi, e poi rettificata con l’ultima risoluzione.
Per completezza, resta da affrontare la questione del trattamento contabile della provvigione
dovuta all’agente da parte del preponente, quando l’esecuzione del contratto avvenga
nell’esercizio successivo a quello di conclusione.
In nota Assonime ricorda che, appunto sotto il profilo contabile, la prassi, dal lato delle
imprese preponenti, si va orientando nel senso di adottare due possibili metodi alternativi per
realizzare tale differimento:
a) rilevare il costo per le provvigioni e sospenderne l’imputazione al conto economico fino a
che non siano realizzati i corrispondenti ricavi;
b) rinviare tout court la contabilizzazione di tale costo all’esercizio in cui si manifestino i
relativi ricavi.
Il caso sub b), quindi, non implica alcuna rilevazione contabile, diversamente dal caso sub a),
che potrebbe essere trattato come segue:
all’atto della maturazione della provvigione a favore dell’agente:
Costi per provvigioni a Debiti v/agenti
n n + 1
Conclusione contratto
Rilevazione provvigione
attiva
Esecuzione contratto
Rilevazione ricavo e provvigione
passiva
Una soluzione definitiva al problema della rilevazione delle provvigioni degli agenti di commercio?
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in sede di chiusura del bilancio, visto che per il preponente il costo non è di competenza, lo si
dovrà rendere irrilevante con la scrittura:
Costi anticipati a Costi per provvigioni
in sede di riapertura dei conti, si dovrà procedere all’imputazione per competenza del costo,
con una scrittura speculare a quella appena vista:
Costi per provvigioni a Costi anticipati
In conclusione, sembrerebbe che tutto sia assestato e definitivo ma, in realtà, la questione
resta alquanto fluida sotto il profilo civilistico, nel senso che il ricondurre il momento di
maturazione del diritto alla provvigione a favore dell’agente al momento della conclusione del
contratto, non sembra essere l’unica soluzione che deriva dall’art. 1748 c.c.. Quindi non è
possibile escludere a priori ulteriori sollecitazioni al problema esaminato, soprattutto se
dovesse farsi strada un diverso approccio civilistico alla questione. Questo spiega il punto
interrogativo che chiude il titolo.
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INDENNITA' DI CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI AGENZIA SECONDO LA RECENTE GIURISPRUDENZA
DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA Corte di Giustizia Europea, sentenza C-465/04 del 23/3/2006
a cura di Davide Cuomo*
Con sentenza C-465/04 del 23/3/2006, la prima sez. della Corte di Giustizia Europea si è
pronunciata sul contrasto giurisprudenziale riguardante la determinazione dell’indennità di
cessazione del rapporto di agenzia commerciale.
Tale contrasto è sorto in conseguenza delle due diverse interpretazioni dell’art. 1751 c.c., già
modificato dal D.lgs. 303/1991 in attuazione degli artt. 17 e 19 della Direttiva del Consiglio
18/12/1986, 86/653/CEE e successivamente modificato con D.lgs 65/1999 , in ulteriore
attuazione della richiamata Direttiva.
L’art. 17 di tale Direttiva, detta le condizioni rispettate le quali l’agente ha diritto all’indennità
di cessazione del rapporto, consistenti nell’aver procurato nuovi clienti al preponente o
nell’averne sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e nell’esserne derivati
sostanziali vantaggi al preponente dopo la cessazione del rapporto.
Secondo detto articolo, occorre altresì che l’indennità sia equa, tenuto conto di tutte le
circostanze del caso, con particolare riferimento alle provvigioni perse dall’agente in seguito
alla cessazione del rapporto.
L’art. 19 della Direttiva, stabilisce che le parti non possono derogare agli artt. 17 e 19, prima
della scadenza del contratto, a detrimento dell’agente commerciale.
Il diverso modo di interpretare le suddette disposizioni, confluite, per come detto, nell’art.
1751 c.c., si riflette inequivocabilmente sulla misura della indennità. Questa, infatti, ai sensi
della richiamata disposizione civilistica ( in tale inciso fedelmente attuativa della norma
comunitaria) non può essere superiore alla media delle provvigioni maturate negli ultimi
cinque anni di durata del rapporto o, nel caso minore durata, alla media delle provvigioni
maturate in corso di rapporto, mentre, ai sensi degli accordi economici collettivi alla cui
disciplina le parti rinviano nel contratto o in concreto applicati, viene calcolata secondo delle
percentuali fisse .
Secondo un orientamento della Suprema Corte, le condizioni poste dall’art. 1751 c.c. in
attuazione della citata direttiva, non possono essere oggetto di una valutazione ex ante ed in
astratto, ontologicamente inidonea a valutare l’indennità di cessazione alla stregua del
principio di equità e con riferimento a tutte le circostanze del caso, per come invece richiesto
dalla Direttiva 86/653/CEE (Cass. n.11189/02).
Di lì a poco la Corte ribaltò il su citato orientamento, considerando che l’applicazione della
normativa collettiva, valutata ex ante ed in astratto assicura all’agente, all’atto della
* Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) Tratto da pratica forense
Indennità di cessazione del rapporto di agenzia secondo la recente giurisprudenza della corte di giustizia europea
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cessazione del rapporto, il pagamento di un indennità pur in assenza dei presupposti indicati
nell’ art. 1751 c.c. risultando, pertanto, più favore all’agente. (Cass. n. 11791/02).
La Corte di giustizia Europea, nella sentenza in esame, rileva che la natura favorevole o
sfavorevole della deroga alle condizioni indicate nella norma Europea da parte di un accordo
collettivo, consistente nel prevedere un indennità dovuta all’agente a prescindere dalla
sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge, va effettuata ex ante, ossia al momento in
cui le parti la prevedono.
Da ciò ne deriva che una deroga alle citate disposizioni comunitarie è possibile solo se, ex
ante, alla cessazione del contratto essa risulterà favorevole all’agente.
Tale passo della sentenza della Corte di Giustizia, sembra confermare il richiamato
orientamento della giurisprudenza della Cassazione (cfr. Cass. 11791/02).
Tuttavia, il successivo inciso della sentenza, nel riferirsi all’ AEC ponte del 92, esclude che il
garantire, in ogni caso, l’indennità di cessazione in mancanza delle condizioni indicate
nell’art. 17 della direttiva, possa essere inteso di miglior favore per l’agente, e che spetta al
giudice di rinvio fare le verifiche del caso.
Orbene, dette verifiche, a parere dello scrivente, non possono che essere effettuate ex post,
con riferimento a tutte le circostanze del caso concreto. In caso contrario, non si
comprenderebbe la necessità di tali verifiche, da effettuarsi presumibilmente secondo il
criterio dell’equità, tenendo pertanto presenti tutte le circostanze del caso concreto.
La Corte prosegue specificando che solo nell’ipotesi in cui l’AEC ‘92 desse la possibilità di
cumulare, anche solo parzialmente, l’indennità con quella prevista nella Direttiva, esso
potrebbe essere qualificato più favorevole all’agente, ma tale possibilità viene esclusa dalla
dichiarazione a verbale delle parti firmatarie di detto AEC.
Ciò sembra legittimare pienamente gli AEC successivi ai c.d. “accordi ponte” del ‘92, posto
l’inserimento di un’indennità meritocratica, la cui determinazione è rimessa a modalità di
calcolo che nella maggior parte dei casi svilisce l’elemento meritocratico (cfr. art. 12, III AEC
26/2/2002 per il settore commercio e art. 11 II, B AEC 20/3/2002 per il settore industria).
La Corte conclude che l’indennità di cui all’art. 17 non può essere sostituita, in applicazione di
un accordo collettivo, da un indennità determinata secondo criteri diversi da quelli ivi indicati,
a meno che si provi che tale accordo assicuri all’agente commerciale, in ogni caso, un
indennità pari o superiore a quella che risulterebbe dall’applicazione di detta disposizione.
Tale ultimo inciso pare svuotare di contenuti innovativi la sentenza in esame, giacchè,
sussistendo le condizioni di cui all’art.1751, al preponente spetta provare il richiamo o la
concreta applicazione di un AEC al rapporto, mentre in assenza di tali presupposti all’agente
non resta che ottenere le indennità disciplinate dall’AEC, se applicabile al caso di specie,
salvo richiamare – aggiungo- la disciplina degli AEC erga omnes.
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La Corte, conclude che nell’ambito indicato nell’art. 17 n. 2, riguardante le condizioni
richieste per l’indennità, gli Stati membri godono di un potere discrezionale che sono liberi di
esercitare, con particolare riferimento al criterio dell’equità.
In definitiva, a parere dello scrivente, non si è certamente di fronte ad una pronuncia che
stravolgerà il sistema degli AEC finora in uso, salve possibili modifiche che rendano maggiore
effettività all’elemento meritocratico in funzione del rispetto del criterio dell’equità, così
attuando una maggiore armonia con lo spirito della direttiva e di questa sentenza.
Sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 23 marzo 2006
Nella causa C-465/04,
Honyvem Informazioni Commerciali Srl
contro
Mariella De Zotti,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. K. Schiemann, K. Lenaerts, E.
Juhász ed E. Levits (relatore), giudici,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione degli artt. 17 e 19 della
direttiva del Consiglio 18 dicembre 1986, 86/653/CEE, relativa al coordinamento dei diritti
degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti (GU L 382, pag. 17; in
prosieguo: la «direttiva»).
2. Tale domanda è stata proposta nell'ambito di una controversia tra la Honyvem
Informazioni Commerciali Srl (in prosieguo: la «Honyvem») e la sig.ra De Zotti in ordine
all'ammontare dell'indennità di cessazione del rapporto dovuta a quest'ultima a seguito della
risoluzione del suo rapporto da parte della detta società.
Contesto normativo
Normativa comunitaria
3. L'art. 17 della direttiva dispone:
«1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie per garantire all'agente commerciale,
dopo l'estinzione del contratto, un'indennità in applicazione del paragrafo 2 o la riparazione
del danno subito in applicazione del paragrafo 3.
2. a) L'agente commerciale ha diritto ad un'indennità se e nella misura in cui:
– abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti
esistenti e il preponente abbia ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;
Indennità di cessazione del rapporto di agenzia secondo la recente giurisprudenza della corte di giustizia europea
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– il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in
particolare delle provvigioni che l'agente commerciale perde e che risultano dagli affari con
tali clienti. Gli Stati membri possono prevedere che tali circostanze comprendano anche
l'applicazione o no di un patto di non concorrenza ai sensi dell'articolo 20.
b) L'importo dell'indennità non può superare una cifra equivalente ad un'indennità annua
calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall'agente commerciale
negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del
periodo in questione.
c) La concessione dell'indennità non priva l'agente della facoltà di chiedere un risarcimento
dei danni.
(...)
6. La Commissione sottopone al Consiglio, entro 8 anni a decorrere dalla notifica della
direttiva, una relazione dedicata all'attuazione dell'articolo 30 e gli sottopone, se del caso,
proposte di modifica».
4. L'art. 19 della direttiva prevede:
«Le parti non possono derogare, prima della scadenza del contratto, agli articoli 17 e 18 a
detrimento dell'agente commerciale».
Normativa nazionale
5. Gli artt. 17 e 19 della direttiva sono stati trasposti nell'ordinamento interno dall'art. 1751
del Codice civile italiano (in prosieguo: il «Codice civile»). A seguito dell'adozione del decreto
legislativo 10 settembre 1991, n. 303 (Supplemento ordinario alla GURI n. 221 del 20
settembre 1991), la formulazione di tale disposizione nazionale è stata modificata ed è ormai
fondata su quella dei detti articoli della direttiva. Analogamente all'art. 17 di quest'ultima,
essa rispecchia un indirizzo meritocratico quanto al calcolo dell'indennità a cui l'agente
commerciale ha diritto dopo la cessazione del suo rapporto.
6. Il 27 novembre 1992 la Confcommercio (Organizzazione rappresentativa delle imprese del
settore del commercio, del turismo e dei servizi) e la FNAARC (Organizzazione
rappresentativa degli agenti e rappresentanti di commercio) hanno concluso un accordo
collettivo (in prosieguo: la «convenzione del 1992») il cui contenuto è del seguente tenore:
«I.
In riferimento a quanto previsto dall'art. 1751 cod.civ., come modificato dall'art. 4 D.Lgs 10
settembre 1991, n. 303, ed in particolar modo al principio dell'equità, in tutti i casi di
cessazione del rapporto, verrà corrisposta all'agente o rappresentante un'indennità, la misura
della quale sarà pari all'1% sull'ammontare globale delle provvigioni maturate e liquidate
durante il corso del rapporto.
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La suddetta aliquota base sarà integrata nelle seguenti misure:
A. Agenti e rappresentanti con obbligo di esclusiva per una sola ditta:
– 3% sulle provvigioni fino a L. 24 milioni annui;
– 1% sulla quota di provvigioni tra L. 24 000 001 e L. 36 milioni annui.
B. Agenti e rappresentanti senza obbligo di esclusiva per una sola ditta:
– 3% sulle provvigioni fino a L. 12 000 000 annui
– 1% sulla quota di provvigioni tra L. 12 000 001 e L. 18 000 000 annui.
(…)
Le parti si danno reciprocamente atto che con quanto sopra hanno inteso soddisfare il
criterio di equità, di cui al già citato art. 1751 cod. civ.
II.
Sempre in attuazione dell'art. 1751 cod. civ., in aggiunta alla somma di cui al precedente
punto I della presente normativa verrà corrisposto un ulteriore importo così calcolato:
– 3% sulle provvigioni maturate nei primi 3 anni di durata del rapporto di agenzia;
– 3,50% sulle provvigioni maturate dal 4° al 6° anno compiuto;
– 4% sulle provvigioni maturate negli anni successivi.
(…)
Dichiarazione a verbale
Le parti confermano che le presenti disposizioni collettive in materia di trattamento di fine
rapporto di agenzia, applicative dell'art. 1751 cod. civ., costituiscono complessivamente una
condizione di miglior favore rispetto alla disciplina di legge. Esse sono correlative e
inscindibili tra di loro e non sono cumulabili con alcun altro trattamento.
(…)».
7. Secondo l'accordo del 1992, il calcolo dell'indennità alla quale l'agente commerciale ha
diritto dopo la cessazione del suo contratto è quindi fondato, contrariamente ai criteri
enunciati agli artt. 17 della direttiva e 1751 del Codice civile, nella sua versione modificata
dal decreto legislativo 10 settembre 1991, n. 303 (in prosieguo: l'«art. 1751 del Codice
civile»), su percentuali fisse delle provvigioni percepite dal detto agente commerciale e sulla
durata del contratto di agenzia.
La controversia nella causa principale e le questioni pregiudiziali
8. La Honyvem ha risolto, a far data dal 30 giugno 1998, il contratto concluso con la sig.ra
De Zotti. Ai sensi della sua clausola 10, il detto contratto «è sottoposto alle disposizioni del
codice civile, alle leggi speciali riguardanti il mandato di agenzia, agli accordi economici
collettivi riguardanti il settore commerciale (...)».
Indennità di cessazione del rapporto di agenzia secondo la recente giurisprudenza della corte di giustizia europea
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9. Ritenendo che il calcolo dell'indennità di cessazione del rapporto dovesse essere fondato
sull'accordo del 1992, la Honyvem ha proposto alla sig.ra De Zotti di liquidarle la somma di
ITL 78 880 276 a titolo della suddetta indennità.
10. Ritenendo che tale somma fosse insufficiente, il 12 aprile 1999 la sig.ra De Zotti ha
proposto un ricorso dinanzi al Tribunale di Milano per ottenere la condanna della Honyvem a
versarle la somma di ITL 181 889 420 in applicazione dei criteri sanciti all'art. 1751 del
codice civile.
11. Essendo stato respinto il detto ricorso del Tribunale di Milano in accoglimento della tesi
della Honyvem, la sig.ra De Zotti ha interposto appello dinanzi alla Corte d'appello di Milano.
Tale giudice ha accolto l'appello e ha riconosciuto all'interessata il diritto ad un'ulteriore
somma di ITL 57 000 000 in applicazione dell'art. 1751 del codice civile.
12. La Honyvvem ha proposto ricorso dinanzi alla Corte suprema di cassazione contro la
sentenza pronunciata dalla Corte d'appello di Milano. Tale società ha in particolare sostenuto
che il rinvio al principio dell'autonomia della volontà delle parti e, di conseguenza, agli
accordi collettivi è espressamente autorizzato dall'art. 1751 del codice civile nel caso in cui
questi ultimi prevedano condizioni più favorevoli per l'agente commerciale rispetto a quelle
risultanti dall'applicazione del regime previsto dalla normativa di legge. La valutazione del
carattere più favorevole dell'indennità prevista dalla normativa collettiva dovrebbe effettuarsi
ex ante. Orbene, dato che il regime istituito dall'accordo collettivo garantisce in ogni caso il
beneficio di un'indennità all'agente commerciale, bisognerebbe concluderne che esso è più
favorevole a quest'ultimo di quello istituito dall'art. 1751 del codice civile.
13. La sig.ra De Zotti ha proposto un ricorso in cassazione incidentale in quanto l'indennità di
cessazione del rapporto ad essa dovuta avrebbe dovuto corrispondere, in applicazione dei
criteri sanciti all'art. 1751 del codice civile, ad un'indennità di ammontare vicino a quello
chiesto in primo grado.
14. Risulta dalla decisione di rinvio che né la giurisprudenza né la dottrina italiana sono
giunte a conclusioni unanimi in ordine alla legalità dell'accordo del 1992.
15. Di conseguenza, la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il procedimento
e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se, alla luce del tenore e delle finalità dell'art. 17 della direttiva e, eventualmente, dei
criteri che esso offre riguardo alla quantificazione dell'indennità dal medesimo prevista, il
successivo art. 19 [sia] interpretabile o meno nel senso che la normativa nazionale di
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attuazione della direttiva può consentire che un accordo (o contratto) collettivo (vincolante
per le parti di determinati rapporti) preveda, invece che un'indennità dovuta all'agente nel
concorso delle condizioni previste dal paragrafo 2 dell'art. 17 e liquidabile secondo criteri
desumibili dal medesimo, un'indennità che, da un lato, sia dovuta all'agente a prescindere
dalla sussistenza dei presupposti di cui ai due trattini della lett. a) di detto paragrafo 2 (e,
per una parte dell'indennità stessa, in ogni caso di risoluzione del rapporto), e, dall'altro, sia
quantificabile non già secondo i criteri ricavabili dalla direttiva (e, ove del caso,
nell'ammontare massimo dalla medesima precisato), ma secondo i criteri predeterminati
dall'accordo economico collettivo. E cioè un'indennità che sia determinata (senza alcun
riferimento specifico all'incremento degli affari procurato dall'agente) sulla base di
determinate percentuali dei compensi ricevuti dall'agente nel corso del rapporto, con la
conseguenza che l'indennità stessa, anche in presenza nella misura massima, o in misura
elevata, dei presupposti cui la direttiva collega il diritto all'indennità, in molti casi dovrebbe
essere liquidata in misura inferiore (anche molto inferiore) a quella massima prevista dalla
direttiva e, comunque, a quella che avrebbe potuto essere stabilita in concreto dal giudice,
se egli non avesse dovuto attenersi ai parametri di calcolo di cui all'accordo economico
collettivo, invece che ai principi e ai criteri di cui alla direttiva.
2) Se il calcolo dell'indennità [debba] essere compiuto in maniera analitica, mediante la stima
delle ulteriori provvigioni che l'agente presumibilmente avrebbe potuto percepire negli anni
successivi alla risoluzione del rapporto, in relazione ai nuovi clienti da lui procurati o al
sensibile sviluppo da lui procurato degli affari con clienti preesistenti, e [l']applicazione solo
successiva di eventuali rettifiche dell'importo, in considerazione del criterio dell'equità e del
limite massimo previsto dalla direttiva, oppure se siano consentiti metodi di calcolo diversi, e,
in particolare, metodi sintetici, che valorizzino più ampiamente il criterio dell'equità e, quale
punto di partenza dei computi, il limite massimo specificato dalla direttiva»
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione pregiudiziale
16. Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l'art. 19 della
direttiva debba essere interpretato nel senso che l'indennità di cessazione del rapporto
prevista all'art. 17, n. 2, della direttiva può essere sostituita, in applicazione di un accordo
collettivo, con un'indennità determinata secondo criteri diversi da quelli fissati da
quest'ultima disposizione.
17. Si deve rilevare, in via preliminare, che l'interpretazione degli artt. 17 e 19 della direttiva
dev'essere considerata con riferimento all'obiettivo perseguito da quest'ultima e al sistema
da essa istituito (v., in questo senso, sentenze 2 ottobre 1991, causa C-7/90, Vandevenne e
Indennità di cessazione del rapporto di agenzia secondo la recente giurisprudenza della corte di giustizia europea
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a., Racc. pag. I-4371, punto 6, e 12 dicembre 1996, causa C-104/95, Kontogeorgas, Racc.
pag. I-6643, punto 25).
18. Al riguardo è pacifico che la direttiva miri ad armonizzare le normative degli Stati membri
concernenti i rapporti giuridici tra le parti di un contratto di agente commerciale (sentenze 30
aprile 1998, causa C-215/97, Bellone, Racc. pag. I-2191, punto 10, e 13 luglio 2000, causa
C-456/98, Centrosteel, Racc. pag. I-6007, punto 13).
19. Come risulta dai suoi 'considerando' secondo e terzo, la direttiva mira a tutelare gli
agenti commerciali nelle loro relazioni con i preponenti, a promuovere la sicurezza delle
operazioni commerciali e a facilitare gli scambi di merci tra Stati membri ravvicinando i
sistemi giuridici di questi ultimi in materia di rappresentanza commerciale. A tal fine, la
direttiva prevede in particolare norme che disciplinano, ai suoi artt. 13-20, la conclusione e
l'estinzione del contratto di agenzia (sentenza 6 marzo 2003, causa C-485/01, Caprini, Racc.
pag. I-2371, punto 4).
20. Per quanto riguarda l'estinzione del contratto, l'art. 17, n. 1, della direttiva istituisce un
sistema che permette agli Stati membri di optare tra due soluzioni. Infatti, questi ultimi
devono prendere le misure necessarie per garantire all'agente commerciale, dopo l'estinzione
del contratto, un'indennità determinata secondo i criteri di cui al n. 2 dello stesso articolo,
ovvero il risarcimento del danno con riferimento ai criteri definiti al n. 3 di tale norma.
21. La Repubblica italiana, la cui normativa nazionale era precedentemente fondata in larga
misura su accordi collettivi, ha optato per la soluzione prevista al detto art. 17, n. 2.
22. Secondo la giurisprudenza della Corte, il regime istituito dagli artt. 17-19 della direttiva
presenta, in particolare sotto il profilo della tutela dell'agente commerciale dopo l'estinzione
del contratto, un carattere imperativo (sentenza 9 novembre 2000, causa C-381/98, Ingmar,
Racc. pag. I-9305, punto 21).
23. La Corte ne ha concluso che una preponente non può eludere le dette disposizioni con il
semplice espediente di una clausola sulla legge applicabile, senza che sia stata sollevata la
questione se tale legge applicabile abbia operato o meno a scapito dell'agente commerciale
(citata sentenza Ingmar, punto 25).
24. Per quanto riguarda l'art. 19 della direttiva, occorre anzitutto ricordare che, in forza di una
giurisprudenza costante, i termini impiegati per istituire esenzioni ad un principio generale
sancito dalla normativa comunitaria, come quello risultante dal regime indennitario previsto
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all'art. 17 della direttiva, vanno interpretati in senso restrittivo (v., in questo senso, sentenza 18
gennaio 2001, causa C-150/99, Stockholm Lindöpark, Racc. pag. I-493, punto 25).
25. Si deve rilevare poi che l'art. 19 della direttiva prevede la possibilità per le parti di
derogare alle disposizioni dell'art. 17 di quest'ultima prima della scadenza del contratto, a
condizione che la deroga prevista non sia sfavorevole all'agente commerciale. È quindi
giocoforza constatare che la natura sfavorevole o meno della detta deroga dev'essere
valutata al momento in cui le parti la prevedono. Queste ultime non possono convenire una
deroga di cui esse ignorano se essa si rivelerà, alla cessazione del contratto, a favore ovvero
a scapito dell'agente commerciale.
26. Una siffatta interpretazione è altresì corroborata dall'obiettivo e dal carattere del sistema
istituito dagli artt. 17 e 19 della la direttiva, quali precisati ai punti 19 e 22 della presente
sentenza.
27. Occorre pertanto inferire dalle considerazioni che precedono che l'art. 19 della direttiva
dev'essere inteso nel senso che una deroga alle disposizioni dell'art. 17 di quest'ultima può
essere ammessa solo se, ex ante, è escluso che essa risulterà, alla cessazione del contratto,
a detrimento dell'agente commerciale.
28. Ciò si verificherebbe, per quanto riguarda l'accordo del 1992, nell'ipotesi in cui potesse
essere dimostrato che l'applicazione di tale accordo non è mai sfavorevole all'agente
commerciale, in quanto esso garantirebbe sistematicamente a quest'ultimo, alla luce di tutti i
rapporti giuridici che possono essere instaurati tra le parti di un contratto di agenzia
commerciale, un'indennità superiore o almeno pari a quella che risulterebbe dall'applicazione
dell'art. 17 della direttiva.
29. Il solo fatto che il detto accordo possa essere favorevole all'agente commerciale nel caso
in cui quest'ultimo abbia diritto, in applicazione dei criteri di cui all'art. 17, n. 2, della
direttiva, solo ad un'indennità molto ridotta, o addirittura non abbia diritto ad alcuna
indennità, non può bastare a dimostrare che esso non deroga alle disposizioni degli artt. 17 e
18 della direttiva a detrimento dell'agente commerciale.
30. Spetta al giudice del rinvio procedere alle verifiche necessarie a tal fine.
31. Infine, si deve rilevare che solo nell'ipotesi in cui l'accordo del 1992 desse la possibilità di
cumulare, anche solo parzialmente, l'indennità calcolata secondo le disposizioni di tale
accordo con l'indennità prevista dal regime istituito dalla direttiva esso potrebbe essere
Indennità di cessazione del rapporto di agenzia secondo la recente giurisprudenza della corte di giustizia europea
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qualificato favorevole all'agente commerciale. Tale possibilità è tuttavia espressamente
esclusa dalla dichiarazione a verbale delle parti firmatarie del detto accordo.
32. Alla luce di tutte queste considerazioni, occorre risolvere la prima questione dichiarando
che l'art. 19 della direttiva dev'essere interpretato nel senso che l'indennità di cessazione del
rapporto che risulta dall'applicazione dell'art. 17, n. 2, della direttiva non può essere
sostituita, in applicazione di un accordo collettivo, da un'indennità determinata secondo
criteri diversi da quelli fissati da quest'ultima disposizione a meno che non sia provato che
l'applicazione di tale accordo garantisce, in ogni caso, all'agente commerciale un'indennità
pari o superiore a quella che risulterebbe dall'applicazione della detta disposizione.
Sulla seconda questione
33. Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se il calcolo
dell'indennità di cessazione del rapporto debba essere effettuato in maniera analitica, come
previsto dall'art. 17, n. 2, della direttiva, o se altre modalità di calcolo, che accordino in
particolare un più ampio spazio al criterio dell'equità, siano autorizzate.
34. Al riguardo si deve rilevare che, benché il regime istituito dall'art. 17 della direttiva sia
imperativo e fissi un ambito (citata sentenza Ingmar, punto 21), esso non fornisce tuttavia
indicazioni dettagliate per quanto riguarda le modalità di calcolo dell'indennità di cessazione
del rapporto.
35. Così, la Corte ha dichiarato che, all'interno di tale ambito, gli Stati membri possono
esercitare il loro potere discrezionale quanto alla scelta delle modalità di calcolo dell'indennità
(citata sentenza Ingmar, punto 21). La Commissione ha sottoposto al Consiglio, così come
essa era tenuta in forza dell'art. 17, n. 6, della direttiva, la relazione sull'applicazione dell'art.
17 della direttiva del Consiglio relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri
concernenti gli agenti commerciali indipendenti, presentata dalla Commissione il 23 luglio
1996 [COM(96) 364 def.]. Tale relazione fornisce informazioni dettagliate per quanto
riguarda il calcolo effettivo dell'indennità e mira a facilitare un'interpretazione più uniforme di
tale art. 17
36. Si deve pertanto risolvere la seconda questione nel senso che, all'interno dell'ambito
fissato dall'art. 17, n. 2, della direttiva, gli Stati membri godono di un potere discrezionale
che essi sono liberi di esercitare, in particolare, con riferimento al criterio dell'equità.
Sulle spese
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37. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un
incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le
spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
1) L'art. 19 della direttiva del Consiglio 18 dicembre 1986, 86/653/CEE, relativa al
coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti,
dev'essere interpretato nel senso che l'indennità di cessazione del rapporto che risulta
dall'applicazione dell'art. 17, n. 2, di tale direttiva non può essere sostituita, in applicazione di
un accordo collettivo, da un'indennità determinata secondo criteri diversi da quelli fissati da
quest'ultima disposizione a meno che non sia provato che l'applicazione di tale accordo
garantisce, in ogni caso, all'agente commerciale un'indennità pari o superiore a quella che
risulterebbe dall'applicazione della detta disposizione.
2) All'interno dell'ambito fissato dall'art. 17, n. 2, della direttiva 86/653, gli Stati membri
godono di un potere discrezionale che essi sono liberi di esercitare, in particolare, con
riferimento al criterio dell'equità.
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GLI ACCORDI CONTRATTUALI TRA IMPRESE a cura di Giuseppe La Scala, Emanuele Rossi, Massimo Buongiorno e Gianni Lucchini*
A.T.I.La Associazione Temporanea di Imprese (ATI) si realizza attraverso il conferimento ad una capogruppo di un mandato speciale collettivo per la presentazione di una offerta unitaria e per rappresentare le imprese riunite nei rapporti esterni.
L’A.T.I. è regolata dalla legge n. 406/91, emessa in attuazione della Direttiva CEE n.89/444. Opera esclusivamente nel settore degli appalti pubblici: attraverso questa forma associativa si è voluto infatti dare la possibilità anche alle piccole imprese di eseguire - in forma congiunta - opere o, comunque, operazioni economiche che per la loro onerosità o complessità tecnica, organizzativa o finanziaria, e per i relativi rischi, potevano essere realizzate solo da imprese di grandi dimensioni.
Associazione in partecipazioneCon il contratto di associazione in partecipazione, l'associante attribuisce all'associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto.
La partecipazione può essere rappresentata anche da ricavi. Al tal riguardo, si noti che la più recente giurisprudenza (Cass.Civ, Sez. Lav., n. 1420/02) ha sancito che “elemento costitutivo essenziale [di tale contratto] è la pattuizione a favore dell' associato di una prestazione correlata agli utili d'impresa, e non ai ricavi, i quali ultimi non sono in sé significativi circa il risultato economico effettivo dell'attività d'impresa”.
La gestione dell'impresa o dell'affare spetta all'associante.
Il contratto può determinare quale controllo possa esercitare l'associato sull'impresa o sullo svolgimento dell'affare per cui l'associazione è stata contratta.
L'associato ha diritto al rendiconto dell'affare compiuto, o a quello annuale della gestione se questa si protrae per più di un anno.
Salvo patto contrario, l'associato partecipa alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili, ma le perdite che colpiscono l'associato non possono superare il valore del suo apporto.
La Joint-venture
La Corte di Cassazione (sent. n. 6757/2001) ha stabilito che con il termine “joint venture” si indicano:
“forme di associazione temporanea di imprese finalizzate all’eserciz io di un’attiv ità economica in un settore di comune interesse, nelle quali le parti prevedono la costituzione di una società di capitali, con autonoma personalità giuridica rispetto ai ‘converters’, alla quale affidare la conduzione dell’iniz iativa congiunta”.
Si distingue poi tra:– “Joint venture societaria”, consiste nella costituzione di un soggetto giuridico
autonomo, cui le aziende associate imputeranno l’azione comune;– “Joint venture contrattuale” è caratterizzata da un accordo-base cui afferiscono una
serie di accordi accessori (es. accordi di protezione del marchio, di cessione del know-how, contratti di assunzione, ecc.).
* Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
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Struttura
Le società contraenti trasferiscono le attività aziendali alla Joint Venture attraverso forme alternative quali:
– la cessione di ramo d’azienda;– il conferimento di ramo d’azienda;– la scissione di attività, passività e patrimonio netto
La Joint venture societaria
A B
JV
Funzioni alternative di una Joint Venture
Nuovo ProdottoProdotto Esistente
Introduzione di prodotti stranieri in mercati esistentiRafforzamento del business
Diversificazione del businessIntroduzione di prodotti esistenti in nuovi mercati
Nu
ovi
Mer
cati
Mer
cati
Esi
sten
ti
La Joint-ventureNella Joint venture societaria è essenziale determinare:
– corporate governance: il contratto dovrà indicare le modalità con cui vanno assunte le decisioni e la possibilità di entrata di nuovi soggetti. Ove si preveda che la jointventure compia autonomamente operazioni, quali vendita o acquisto di beni o servizi, partecipazione a gare di appalto, sarà necessario fissare le regole per la rappresentanza verso l'esterno.
– clausole di dead-lock: e cioè clausole utilizzate nella prassi internazionale per indicare le modalità di risoluzione di una situazione in cui i veti incrociati dei soci impediscano agli organi sociali della joint company di deliberare in merito alla gestione della società;
– accordi divisione utili: il contratto dovrà indicare le regole da adottarsi in casi di profitti o perdite.
– controversie: il contratto dovrà contenere un efficiente sistema di gestione del contenzioso, intendendo come tale non solo le liti vere e proprie, ma anche ogni dissidio che dovesse insorgere fra i contraenti.
Fac simile raggruppamento temporaneo di imprese
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RAGGRUPPAMENTO TEMPORANEO DI IMPRESE (per imprese mandatarie)
* * *
Mandato speciale ed irrevocabile con rappresentanza
dalla [ ] e [ ]
a [ ] TRA
[ ], con sede legale in ________n. ________, P.I. e C.F. _________, iscritta al Registro delle Imprese presso la C.C.I.A.A. di _________ al n. ________ ed al R.E.A. al n.
___________, in persona di _________ , nato a _______il _______, C.F.________, residente in ______, investito degli occorrenti poteri per quanto infra in forza di __________, di seguito denominata “_________” o "Impresa Mandataria"
E [ ], con sede legale in ________n. ________, P.I. e C.F. _________, iscritta al Registro delle Imprese presso la C.C.I.A.A. di _________ al n. ________ ed al R.E.A. al n.
___________, in persona di _________ , nato a _______il _______, C.F.________, residente in ______, investito degli occorrenti poteri per quanto infra in forza di __________, di seguito denominata “_________”
E [ ], con sede legale in ________n. ________, P.I. e C.F. _________, iscritta al Registro delle Imprese presso la C.C.I.A.A. di _________ al n. ________ ed al R.E.A. al n.
___________, in persona di _________ , nato a _______il _______, C.F.________, residente in ______, investito degli occorrenti poteri per quanto infra in forza di __________, di seguito denominata “______”;
[ ] e [ ] nel prosieguo potranno altresì essere denominate congiuntamente "Imprese Mandanti” o, separatamente ciascuna “Impresa mandante” PREMESSO CHE:
i) la società ______ ha indetto, con il bando di gara n. ________ ai sensi dell’art. 21 comma 3 della Direttiva 93/38/CEE, un invito a gara a procedura _________ per _____________;
ii) [ ], [ ] e [ ] intendono presentare offerta nell'ambito della suddetta gara d'appalto sotto forma di Raggruppamento Temporaneo di Imprese.
TUTTO CIO' PREMESSO, SI CONVIENE QUANTO SEGUE: 1. COSTITUZIONE DEL RAGGRUPPAMENTO TEMPORANEO DI IMPRESE 1.1. Tra [ ], [ ] e [ ] viene costituito un raggruppamento di imprese con carattere
temporaneo ed occasionale, circoscritto all'oggetto indicato all'art. 2.1.
1.2. Il presente raggruppamento di imprese non ha personalità giuridica e non determina, di per sé, organizzazione o associazione tra le imprese riunite, ognuna delle quali conserva la propria autonomia ai fini della gestione e degli adempimenti
fiscali e degli oneri sociali.
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2. OGGETTO DEL RAGGRUPPAMENTO TEMPORANEO DI IMPRESE
2.1. L'oggetto del presente Raggruppamento Temporaneo di Imprese è espressamente
circoscritto: i) alla partecipazione alla gara di cui alle premesse e, in caso di
aggiudicazione dell'appalto, all'esecuzione della fornitura ed eventuali prestazioni
complementari ed accessorie, nel rispetto delle condizioni e dei termini di cui al contratto
di fornitura che verrà sottoscritto con la Committente; ii) alla partecipazione alla
trattativa privata eventualmente instaurata dalla Committente e, in caso di conclusione
del contratto di fornitura, all'esecuzione della fornitura ed eventuali prestazioni
complementari ed accessorie, nel rispetto delle condizioni e termini di cui al contratto di
fornitura che verrà sottoscritto con la Committente, incluse le previste opzioni e la
fornitura di ricambi inerenti al progetto in essere.
3. CONFERIMENTO DI MANDATO SPECIALE CON RAPPRESENTANZA
3.1. Nell'ambito del Raggruppamento Temporaneo di Imprese di cui all'art. 1, [ ] e [ ]
conferiscono mandato speciale ed irrevocabile con rappresentanza a [ ], che
accetta.
3.2. [ ], nella sua qualità di impresa mandataria del Raggruppamento Temporaneo di Imprese, è abilitata ad intrattenere rapporti con la Committente, in nome e per conto delle imprese riunite, per la presentazione dell'offerta e, in caso di aggiudicazione
dell'appalto, per la stipulazione del contratto di fornitura e successiva esecuzione della medesima e delle eventuali prestazioni complementari ed accessorie, in conformità al contratto di fornitura stipulato con la Committente ed a quanto indicato al punto 2.1.
3.3. In particolare, viene conferita procura al [carica] dell’impresa mandataria affinché possa, a titolo esemplificativo e non esaustivo: i) presentare, in nome e per conto delle imprese riunite, la richiesta di partecipazione e l'offerta per la gara d'appalto di
cui alle premesse; ii) stipulare, in nome e per conto delle imprese riunite, con ogni più ampio potere, tutti gli atti contrattuali necessari per l'affidamento, la gestione e l'esecuzione della fornitura oggetto della gara d'appalto di cui alle premesse; iii)
sottoporre la fornitura all'esame della Committente, ottenere l'approvazione ed apporre il benestare sulle fatture emesse dalle imprese mandanti; iv) stare in giudizio, anche in nome e per conto delle imprese mandanti, nei confronti della Committente;
v) procedere a trattativa privata, partecipare a detta trattativa privata con ogni più ampio potere di negoziare e stipulare tutti gli atti necessari per l'affidamento, gestione ed esecuzione della fornitura; vi) incassare e disporre per l’incasso delle
somme dovute, secondo il disposto contrattuale, sia in acconto che a saldo, esonerando l’Ente appaltante e i suoi funzionari da qualsiasi responsabilità per i pagamenti effettuati all’impresa.
3.4. Il mandato è gratuito ed irrevocabile. La sua eventuale revoca, anche per giusta causa, non avrà effetto nei confronti della Committente.
Fac simile raggruppamento temporaneo di imprese
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4. DIRITTI DELLA COMMITTENTE
4.1. Dal momento della comunicazione alla Committente del presente contratto, la
Committente potrà avvalersi di tutti i diritti e facoltà ad essa attribuiti dal presente
contratto e dalla legge, senza necessità di specifica accettazione.
4.2. Dal momento della comunicazione alla Committente del presente contratto, ogni
modifica allo stesso e/o al Raggruppamento Temporaneo di Imprese richiederà il
consenso unanime delle imprese riunite e la previa approvazione della Committente.
4.3. L'offerta delle imprese riunite comporterà la loro responsabilità solidale nei confronti
della Committente [in caso di ATI orizzontale] (oppure la responsabilità solidale della mandataria nei confronti della Committente per tutte le obbligazioni assunte dalle mandanti, in aggiunta alla responsabilità di ciascuna impresa mandante per la parte di commessa di propria competenza [in caso di ATI
verticale] per tutte le obbligazioni derivanti dalla partecipazione alla gara d'appalto e
successiva fornitura in caso di aggiudicazione della gara o trattativa privata.
4.4. In caso di fallimento dell'impresa mandataria, la Committente avrà la facoltà di
proseguire il contratto di fornitura con le imprese mandanti; in tal caso, le parti
concordano sin d’ora che la qualifica di capogruppo mandataria, con il gradimento
dell’Ente appaltante, verrà assunta da [ ] nei modi previsti dall’art. 23, commi 8-
11, D.Lgs. n. 158/1995 [per i settori esclusi, es. ferroviario] (oppure dall’art. 94 del D.P.R. 554/1999) [in caso di appalto di lavori]. In caso di fallimento di una
impresa mandante, l'impresa mandataria avrà facoltà di eseguire il contratto di
fornitura direttamente o tramite altra o altre imprese mandanti.
5. DURATA DEL RAGGRUPPAMENTO TEMPORANEO DI IMPRESE
5.1. Il presente Raggruppamento Temporaneo di Imprese si scioglierà automaticamente,
senza necessità di alcuna formalità:
5.1.1. in caso di legittimo annullamento, in via definitiva, del bando di gara di cui alle
premesse;
5.1.2. in caso di mancata aggiudicazione della fornitura al Raggruppamento Temporaneo di
Imprese in sede di gara d'appalto, così come in sede di esclusione dalla eventuale trattativa
privata con medesimo oggetto;
5.2. il presente Raggruppamento si scioglierà altresì automaticamente, senza necessità di
alcuna formalità, all’avverarsi delle seguenti condizioni:
i) con l'anticipata risoluzione del contratto di fornitura;
ii) con l'adempimento, da parte delle imprese riunite, del contratto di fornitura e la
definizione di tutte le eventuali pendenze e controversie relative all'esecuzione del
contratto stesso.
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6. COMUNICAZIONI
6.1.1 Tutte le comunicazioni effettuate dalla capogruppo mandataria alle Imprese mandanti
ed al Committente, si intenderanno senz’altro inviate dalla stessa nella sua qualifica di
capogruppo mandataria.
6.1.2 Tutte le comunicazioni ricevute da [ ] dalla Committente in relazione alla commessa
di cui alle premesse, anche se non esplicitamente indirizzate alla stessa quale
capogruppo mandataria, si intenderanno rivolte a tutte le imprese del
Raggruppamento.
7. REGOLAMENTO INTERNO AL RAGGRUPPAMENTO TEMPORANEO DI IMPRESE
7.1. Si allega al presente atto pubblico sotto la lettera B) il Regolamento Interno del
Raggruppamento Temporaneo di Imprese per farne parte integrante e sostanziale.
[Luogo] _________
________________
________________
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ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE - PROFILI CIVILISTICI a cura di Stefano Chirichigno e Marco Paganuzzi*
Natura del contratto
L’associazione in partecipazione, come noto, costituisce un contratto su cui molto si è
discusso in passato e si continua a discutere. Le incertezze derivano, in particolar modo, da
due ordini di motivi: il primo motivo è la scarna disciplina normativa dettata in materia, dove
la libertà affidata ai contraenti è particolarmente accentuata; la seconda incertezza è, invece,
connessa alla particolare natura del contratto de quo, che sembra caratterizzata ora da
elementi tipici di determinate categorie di contratti, ora da quelli di un diverso tipo, sicché
l’associazione in partecipazione viene da taluni ricondotta nell’ambito dei contratti associativi,
dagli altri annoverata tra i contratti di scambio. Sicuramente, si può affermare che trattasi di
un contratto consensuale, poiché l’eventuale mancata effettuazione dell’apporto costituisce
una patologia attinente all’adempimento dell’obbligazione assunta al momento della stipula
del contratto. La gran parte della dottrina, ormai, peraltro, ricostruisce l’associazione in
partecipazione come un contratto di scambio, sinallagmatico ed aleatorio. In siffatta
prospettiva, le considerazioni che verranno svolte con riferimento alla disciplina tributaria
dovranno correttamente essere intese come espressione dell’autonomia del Legislatore
tributario nella qualificazione dei rapporti, è bene sottolinearlo, ai soli fini (impositivi) di
specifico interesse.
La natura di contratto aleatorio è riscontrabile con ogni evidenza nel fatto che l’associato
corrisponde un apporto all’associante, nella speranza di poter partecipare ad utili futuri,
attesi, ma tutt’altro che certi. Qualora tali utili non dovessero venir conseguiti dall’impresa
dell’associante o nell’affare, l’associato non avrà diritto ad alcunché né, tantomeno, potrà
ripetere quanto apportato all’associante. Si discute, in dottrina, se, qualora l’associante si
avveda che la prosecuzione della gestione possa risultare antieconomica per l’impresa, egli
possa invocare la disciplina dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione. Anche optando
per una soluzione positiva, appare evidente la rischiosità insita nel contratto in esame, e per
l’associante e per l’associato, ancor più alla luce delle difficoltà probatorie connesse
all’eventuale dimostrazione di una simile eventualità.
La disciplina, enunciata nell’art.2551 c.c., è indicativa nel senso di ritenere tale negozio un
contratto di scambio, stabilendo ciò che certamente è fuori discussione e, cioè, che è solo
l’associante ad assumere rilevanza nei confronti dei terzi ed a rispondere verso gli stessi con
il proprio patrimonio che ricomprende anche l’apporto dell’associato, a seguito del contratto
di associazione in partecipazione e secondo il titolo con il quale è stato posto in essere
l’apporto stesso.
La funzione di scambio del contratto di associazione in partecipazione, ha condotto parte della dottrina, ma non la giurisprudenza, a ritenere del tutto avulso da qualsiasi vincolo di
* Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) Tratto dallo speciale della “La Circolare Tributaria” del 2 febbraio 2004 – Sistema d’Informazione Integrato – Euroconference Editore
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strumentalità, rispetto all’impresa o all’affare dell’associante, l’apporto dell’associato, che, esattamente come per tutti gli altri contratti di scambio (e contrariamente a quelli associativi), costituirebbe esclusivamente il corrispettivo dell’utilità che l’associante si
impegna ad attribuire, senza alcuna necessità che, invece, l’apporto debba essere funzionale (e in concreto a ciò destinato dall’associante) allo svolgimento dell’attività dell’associante, in relazione alla quale l’associato possa vantare una quota di utili. Qualora si convenisse su
queste considerazioni (che non fanno altro che portare alle estreme conseguenze l’interpretazione che vuole l’associazione in partecipazione inquadrata tra i contratti di scambio), ne conseguirebbe che non sarebbe dato di individuare limiti particolari alla natura
dell’apporto derivanti dalla suddetta strumentalità, cosicché esso apporto dovrà esclusivamente essere conforme ai requisiti di cui all’art.1346 c.c.106. Non si devono, dimenticare, tuttavia, quando l’apporto sia costituito da prestazioni di attività lavorativa, le
conseguenze che derivano dalla normativa di diritto del lavoro che è bene attenta a disciplinare ciò che appartiene alla propria sfera di influenza escludendo per ciò stesso, come documenta una cospicua giurisprudenza, la sussistenza di un contratto di associazione in
partecipazione in favore del riconoscimento del vincolo di subordinazione. Forma
La legge non prevede particolari requisiti di forma con i quali il contratto debba essere posto
in essere; tale libertà, tuttavia, dovrà naturalmente essere poi verificata in concreto (come per ogni contratto traslativo) in relazione alla natura dell’apporto, come nel caso, ad esempio, di un contratto di associazione in partecipazione che preveda l’apporto da parte
dell’associato di beni immobili, contratto che dovrà sottostare alle disposizioni di cui all’art.1350 c.c. e dovrà, pertanto, rivestire forma scritta. Requisiti
Con riferimento ai requisiti soggettivi si deve, anche qui, evidenziare come sia dato espungere in proposito dalla legge poche indicazioni né, del pari, risultano riscontrabili
particolari limiti, all’interno dell’ordinamento tutto. Sebbene non sia stata ripresa la disposizione di cui all’art.233 cod. comm., si ritiene comunemente, anche sulla scorta di quanto affermato nella relazione del Guardasigilli, che il contratto di associazione in
partecipazione possa esser posto in essere anche dalle società. Naturalmente, inoltre, possono costituire oggetto di apporto le prestazioni d’opera. Ai sensi dell’art.2550 c.c., l’associante, salvo diverso accordo con l’associato, non può
attribuire altre partecipazioni, per la stessa impresa o per lo stesso affare, ad altri soggetti senza il consenso dei precedenti associati. In generale, per le modificazioni soggettive si seguono le regole che presiedono alla cessione di azienda. Qualora sia una società ad aver
106 Ex art.1346 c.c.: “L’oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile”.
Associazione in partecipazione Profili civilistici
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assunto le vesti di associante, le modificazioni soggettive di questa sono, di regola, irrilevanti, salvo diversa pattuizione dei contraenti.
Si ritiene generalmente, in accordo con la giurisprudenza, che il contratto in esame non
necessariamente deve avere effetti reali, sicché ogni indicazione in tal senso dovrà essere
individuata dalla ricognizione della volontà delle parti, come manifestatasi nel caso concreto.
L’apporto può, dunque, essere effettuato a titolo diverso dal trasferimento della proprietà.
Rimane fermo, peraltro, che l’apporto di denaro non potrà che comportare l’acquisto della
proprietà da parte dell’associante: sebbene la disciplina specifica dell’associazione in
partecipazione nulla dica al riguardo, ciò deriva necessariamente dai principi generali
desumibili con riguardo ai beni fungibili [come per il contratto di mutuo (1814 c.c.) e per il
deposito irregolare (1782 c.c.)]. Eventuali incertezze, dunque, possono sussistere in
presenza di contratti che prevedano l’apporto di beni non fungibili e consumabili, per i quali,
come detto, si dovrà ricorrere all’analisi della volontà contrattuale.
Quanto appena rilevato, tuttavia, non è privo di conseguenze, in ordine, prima di tutto,
all’esatta definizione della nozione di associazione in partecipazione. Accedendo a siffatta
interpretazione, infatti, si esclude, per ciò stesso, che la partecipazione alle perdite per
l’associato, ove queste ci siano, costituisca un elemento essenziale del contratto di
associazione in partecipazione (anche al fine di distinguerlo dal contratto di cointeressenza).
L’art.2553 c.c. stabilisce che “salvo patto contrario, l’associato partecipa alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili, ma le perdite dell’associato non possono superare il valore del suo apporto”. Il primo inciso della disposizione riportata è fonte, infatti, di notevoli
incertezze in ordine al fatto che possa essere riferito ad entrambi gli elementi di seguito
riportati (e, cioè, la partecipazione alle perdite in generale e la misura della stessa
partecipazione) ovvero solamente al fatto che la partecipazione alle perdite dal parte
dell’associato debba avvenire, salvo patto contrario, appunto, nella stessa misura nella quale
avrebbe partecipato agli utili.
La concessione di un bene in godimento quale apporto dell’associato in un contratto di
associazione in partecipazione implica, di diritto, l’impossibilità di partecipare alle perdite
dell’impresa o dell’affare dell’associante, in quanto quest’ultimo è tenuto, comunque, alla
restituzione del bene. L’associato, certo, non conseguirà alcun utile, ma ciò, sebbene
costituisca una perdita economica in senso lato, non può certo essere considerato una
partecipazione alle perdite in senso tecnico. Lo stesso può essere ripetuto con riferimento ad
apporti di attività lavorativa in cui, nel caso prospettato, l’associato perderebbe tutto il
proprio apporto (magari anche solo perché l’impresa è in pareggio). Alla luce di quanto
illustrato, dunque, la nozione di perdite dovrebbe essere intesa in senso più ampio, fino a
ricomprendere anche solo la mancata partecipazione agli utili.
La scarna disciplina normativa dell’associazione in partecipazione richiede che l’apporto sia
valutato dalle parti, così come anche che sia determinata la quota di partecipazione agli utili.
Tali elementi, infatti, devono considerarsi essenziali per la validità del contratto. Qualora si
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186
considerasse il contratto in esame un contratto associativo, si potrebbero individuare, in
mancanza di indicazioni, anche indirette, delle parti, elementi utili nella disciplina delle
società. Tale mancanza risulterebbe fatale, accedendo, invece, alla tesi prevalente, che
condurrebbe inevitabilmente alla nullità del contratto. Non è, infatti, dato riscontrare nella
disciplina delle obbligazioni o dei singoli contratti un criterio per la determinazione della
misura della prestazione dovuta.
Obblighi e facoltà dell’associante
Altro oggetto di discussione in dottrina è costituito dalla prestazione dell’associante, qualora
questa non sia desumibile dalla volontà delle parti. Si ritiene in giurisprudenza che la
partecipazione dovuta all’associato, in mancanza di diverso accordo, sia connessa agli utili di
esercizio e non di bilancio. Si tratta, in vero di una sottile distinzione che, tuttavia, non può
essere trascurata: la ratio è di tenere indenne l’associato che, di certo, non ha voce in
capitolo nella redazione del bilancio in merito agli effetti delle valutazioni (per quanto
corrette) che inevitabilmente incidono sul risultato bilancistico. In tale prospettiva
dovrebbero, ad esempio, restare escluse le plusvalenze dipendenti da rivalutazione
monetaria, le sopravvenienze indipendenti dalla gestione dell’impresa, gli utili di precedenti
esercizi riportati a nuovo, ed, in genere, tutti i riparti anticipati del patrimonio netto sociale.
Vero è che non è agevole desumere dal silenzio del contratto una volontà delle parti così
fortemente derogatoria, rispetto ai riferimenti più usuali e di comune conoscenza.
Si dovrà procedere, pertanto, alla determinazione dell’utile (di esercizio o di bilancio che sia),
dal quale ricavare la parte spettante all’associato, provvedendo successivamente a calcolare
l’utile distribuibile con il concorso degli elementi sopra segnalati (si deve rilevare, in
proposito, che la responsabilità, di cui all’art.2551 c.c., pone lo stesso conflitto di interessi
che sussiste tra usufruttuario e nudo proprietario di partecipazioni, potendosi, talvolta,
contrapporre l’interesse dell’associante a patrimonializzare e quello dell’associato alla
percezione degli utili). Occorre distinguere, tuttavia, il caso nel quale al termine dell’esercizio
l’impresa sia risultata in utile ovvero in perdita: è solo nel primo caso, infatti, che il credito
dell’associato acquisisce quei caratteri di liquidità ed esigibilità che consentono all’associato
medesimo di pretendere la corresponsione della propria quota di utili (senza che l’associante
possa destinarla ad accantonamenti di sorta). In caso di perdita, invece, l’associante non
potrà richiedere alcunché all’associato, la cui prestazione si esaurisce nell’apporto, e la
partecipazione alle perdite sarà calcolata esclusivamente al termine del rapporto in cui, se
del caso, l’apporto eventualmente da restituire subirà la necessaria falcidia. Rimane, tuttavia,
fermo il fatto che, qualora in un esercizio si siano riscontrate delle perdite, gli utili
dell’esercizio successivo dovranno essere utilizzati per ripianare dette perdite, altrimenti
l’associato non verrebbe a soffrire di queste ultime.
Associazione in partecipazione Profili civilistici
187
L’art.2552 c.c., nello stabilire che la gestione dell’impresa spetta all’associante, non stabilisce
se tale attività gestoria costituisca un preciso obbligo dell’associante. In proposito, deve
ricordarsi quanto rilevato con riguardo alla natura aleatoria del contratto in esame.
L’aleatorietà si sostanzia, infatti, nel rischio, che una parte si assume, che avvenimenti futuri
ed incerti possano incidere sulla prestazione alla stessa spettante. Tale rischio, tuttavia, non
contempla che lo stesso contraente debba sopportare i rischi derivanti dalla colpa della
controparte che si verificherebbe nel caso questi venisse meno ad un preciso obbligo. Non
può non rilevarsi, infatti, che la prestazione in questione deve necessariamente ritenersi
dedotta nel contratto assieme all’obbligo di corrispondere la quota di utili. Quest’ultimo,
infatti, deve essere adempiuto e l’adempimento, come noto, deve essere effettuato in
maniera completa e corretta. La nozione accolta in dottrina ed in giurisprudenza, in tema di
adempimento, impone che l’obbligato ad una determinata prestazione si ponga, per quanto
nelle sue possibilità, nella condizione di poter adempiere correttamente curando, dunque,
anche tutti i presupposti a tal fine necessari: in tal senso, si dovrebbe concludere che la
prestazione che grava sull’associante impone a quest’ultimo di dedicarsi alla gestione
dell’impresa o dell’affare.
A conferma di quanto appena affermato, si deve rilevare come la legge prevede che all’associato è consentito controllare l’associante in forme determinabili convenzionalmente e che, comunque, l’associante debba redigere rendiconto relativo alla gestione dell’affare o
dell’impresa. In quest’ultimo caso il rendiconto deve essere annuale (e/o relativo alla parte di anno durante la quale si è protratta la durata del contratto). La legge non prevede, dunque, una normativa particolarmente accurata in materia, cosicché, alla luce di quanto evidenziato
ed in mancanza di diverso accordo, il controllo dell’associato non sarà limitato nei modi e nei tempi al rendiconto, ma potrà investire in generale, tutto quanto concerne l’esecuzione e l’esatto adempimento della prestazione dovuta, nel corretto bilanciamento del rispetto degli
interessi in gioco (in particolare, da una parte quello costituito dal potere-dovere di gestione e dall’altro al corretto adempimento, secondo quanto più sopra illustrato). Un ulteriore aspetto di interesse riveste la possibilità da parte dell’associante di attribuire
poteri gestori, dell’impresa o dell’affare, all’associato. In generale, si può affermare che una simile eventualità non è incompatibile con il contratto di associazione in partecipazione, in quanto può ben darsi che, fermo il principio della responsabilità verso i terzi del solo
associante, non può negarsi la possibilità che accanto al contratto in esame si accosti un contratto di mandato o una preposizione institoria, sulla base dei quali trovino la loro fonte ed il loro limite le responsabilità dell’associato eventualmente a ciò chiamato. Eventuali limitazioni
scaturiranno, allora, dalla possibilità che tali fattispecie possano risultare incompatibili con il contratto di associazione in partecipazione, come, ad esempio, nel caso in cui associante sia una società che affidi la propria gestione all’associato violando le norme sull’amministrazione
delle società ovvero nel caso in cui si verifichi una situazione riconducibile all’esistenza di una società di fatto (in particolare per la costituzione di un fondo comune).
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LE CLAUSOLE DI SCIOGLIMENTO DELLA JOINT VENTURE SOCIETARIA
a cura di Cristiano Bertazzoni*
Introduzione
Lo scioglimento della joint venture societaria può avvenire per ragioni di natura fisiologica,
quali l’espirazione del termine, il raggiungimento dello scopo o la comune volontà delle parti,
oppure per motivi legati alla patologia del rapporto, quali l’inadempimento, lo stallo
decisionale (c.d. deadlock) o l’eccessiva onerosità sopravvenuta (c.d. hardship).
Nella trattazione che segue, vengono prese in esame le clausole contrattuali relative allo
scioglimento della joint venture societaria, prestando particolare attenzione ai c.d. “rimedi
interni” al contratto per superare la fase patologica del rapporto, senza però estinguere la
società (c.d. Joint Venture Company – per brevità di seguito “JVC”).
Clausole di durata e di inadempimento
La joint venture societaria, di norma, non è destinata ad avere una durata predeterminata.
Proprio perché le parti decidono di dare vita ad una società che funga da veicolo per la
realizzazione del loro progetto, è consueto che il contratto abbia, quantomeno nelle loro
intenzioni, una durata indeterminata.107
Se le parti indicano, invece, una durata predeterminata perché il loro progetto prevede che la
joint venture debba sciogliersi entro una certa data, allo scadere del termine, il contratto
cesserà di avere effetti e si potranno verificare due eventi:
dissoluzione della joint venture (una delle parti diventa l’unica socia della JVC);
dissoluzione della JVC (scioglimento della joint venture e liquidazione della società).
Oltre allo scadere del termine, però, la JVC può sciogliersi anche anticipatamente. Infatti,
possono verificarsi alcuni eventi che pregiudichino la collaborazione tra le parti e ne facciano
diventare impossibile la prosecuzione.
In particolare, le cause che possono condurre allo scioglimento anticipato della joint venture
sono legate:
A vicende interne delle parti (fallimento, trasformazione, acquisizione ecc.);
All’inadempimento di una delle parti delle obbligazioni derivati dal contratto;
Al verificarsi di situazioni di stallo decisionale (c.d. Deadlock).
Il contratto di joint venture, di norma, disciplina e prevede il verificarsi di tali eventualità e,
per quanto possibile, ne fornisce una soluzione. In particolare, il verificarsi di uno di tali
eventi, benché nella pratica possano essere i più vari, conduce inevitabilmente verso uno dei
seguenti risultati alternativi: * Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) 107 Si osserva che generalmente i contratti a durata indeterminata prevedono quale naturale conseguenza, la possibilità del recesso ad nutum, ossia anche senza un giustificato motivo. Pertanto, è sempre preferibile che il contratto di joint venture indichi una durata che permetta alle parti di incontrarsi, anche solo per fare il punto della situazione, e rinnovare il contratto per un altro termine.
Le clausole di scioglimento della joint venture societaria
189
L’uscita dalla joint venture di una delle parti;
La liquidazione della società;
Il coinvolgimento di un terzo (arbitro o esperto) cui le parti sottopongono la questione e
alla cui decisione si rimettono (c.d. final binding decision).
Per esempio, nel caso in cui una delle parti sia stata dichiarata fallita o, comunque, sia stata
sottoposta a una procedura concorsuale, l’altra parte può avere interesse a far sopravvivere la
joint venture e ad acquistare le partecipazioni della fallenda controparte. Oppure, nel caso in cui
una parte venga assorbita da un gruppo diverso e, magari, concorrente, l’altra parte può non
essere interessata a continuare la collaborazione e desideri uscire dalla joint venture.
Se, invece, una delle parti non mantenga quanto si è obbligata a fare con il contratto, la
parte non inadempiente, dopo aver invitato la controparte ad eseguire la propria prestazione,
può decidere di ricorrere all’arbitrato e far dichiarare risolto il contratto.
In relazione alle vicende interne delle parti, uno dei casi che vengono disciplinati dal
contratto principale è il c.d. Change of Control che si verifica quando una delle parti della
joint venture subisca un cambiamento nel controllo societario. Come noto, infatti, le parti
della joint venture sono di norma società. Pertanto, un cambiamento della proprietà di tali
società (mutamento dell’azionista di riferimento o cessione del pacchetto di maggioranza)
può riverberare effetti anche sulla joint venture.
Le parti della joint venture, quindi, attraverso un sistema di clausole put/call, si riservano di
norma la possibilità di uscire dalla JVC ovvero di ottenerne la piena proprietà, acquistando le
partecipazioni della parte che ha subito il cambio di controllo.
In tema di inadempimento, invece, si osserva che la clausola risolutiva del contratto di joint venture deve prevedere l’inadempimento di quali obbligazioni possa portare:
alla risoluzione anticipata del rapporto, oppure
alla procedura di conciliazione, oppure
alla procedura di esclusione della parte inadempiente.
In sostanza, il contratto di joint venture deve fornire una definizione di inadempimento tale
da provocare l’applicazione di uno dei rimedi contrattuali (c.d. Material default). Inoltre, il
contratto di joint venture può elencare specificamente una serie di obbligazioni contrattuali, il
cui inadempimento conduca inevitabilmente a una delle soluzioni sopra ricordate, ossia
l’uscita dalla joint venture di una parte (non necessariamente quella inadempiente), la
risoluzione del contratto e il conseguente scioglimento della joint venture, oppure
assegnazione a un terzo della soluzione della questione.
Qualsiasi rimedio preveda il contratto principale, è sempre preferibile che la parte non
inadempiente debba formalmente invitare l’altra parte ad adempiere entro un congruo termine
(c.d. diffida ad adempiere). L’invito deve stabilire che, trascorso inutilmente il termine fissato, la
parte non inadempiente potrà attivare uno dei meccanismi previsti dal contratto.
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190
La clausola di stallo decisionale
Come anticipato, una delle situazioni che può crearsi nella joint venture con più frequenza, è
lo stallo decisionale (c.d. Deadlock) ossia l’impossibilità per le parti (o per i loro
rappresentanti in seno al Consiglio), di raggiungere un accordo.
In particolare, lo stallo decisionale corrisponde al caso in cui l’organo preposto a prendere le
decisioni (assemblea o Consiglio di amministrazione) non sia in grado di deliberare a causa di
un disaccordo tra le parti o tra i membri del Consiglio di amministrazione.
Lo stallo si verifica sia nelle joint venture in cui vi sono solo due parti e la loro partecipazione è
egualitaria, sia nelle joint venture non egualitarie, nel caso in cui il socio di minoranza eserciti il
diritto di veto su una delle questioni riservate alla decisione della maggioranza qualificata.
Infatti, di norma il veto imposto dal co-venturer di minoranza blocca l’adozione di una
delibera, ma non è sufficiente a costringere il Consiglio ad adottarne una diversa, creando
così una situazione di impasse, che impedisce al Consiglio di funzionare.
Si osserva che molti disaccordi tra le parti nella gestione della joint venture possono essere
risolte a livello manageriale dal Consiglio di amministrazione della JVC, secondo i principi
dell’ordinaria amministrazione, con decisioni prese a maggioranza semplice.
Nella prassi, è possibile che il contratto di joint venture non preveda specifici meccanismi di
decisione sui disaccordi tra le parti, lasciando semplicemente la questione alla libera
negoziazione, e prevedendo la possibilità di un recesso unilaterale (c.d. Way out clause), o
dello scioglimento della JVC nel caso in cui non venga raggiunto un accordo.
Tuttavia, la maggior parte dei contratti di joint venture prevede specifiche procedure per la
gestione di tali situazioni in un’apposita clausola (c.d. Deadlock clause), che si attiva quando
si manifesta un conflitto inconciliabile tra le parti sulla gestione della joint venture.
Di norma, la sola esistenza della clausola e le conseguenze della sua applicazione fungono da
incentivo per le parti alla sopravvivenza della joint venture e per uscire dallo stallo con la negoziazione. Una clausola di stallo decisionale, di norma, prevede:
una definizione degli eventi che rappresentano uno stallo; la definizione e le fasi del processo formale di risoluzione dello stallo.
Vi sono molte definizioni di “stallo”. Di norma, la clausola fa riferimento a specifici eventi
(c.d. Triggering events) quali le materie che richiedono uno specifico consenso delle parti (es. maggioranza qualificata), la manifestazione di una volontà contraria alla soluzione del disaccordo, alcuni comportamenti specifici (es. assenza alle assemblee per far mancare i
quorum), o particolari situazioni quali, per esempio, la cessione delle partecipazioni, oppure anche specifiche circostanze legate al progetto (es. la gestione di un marchio comune). La clausola può imporre alle parti un primo tentativo di negoziazione in buona fede, per
risolvere il dissidio, una volta che gli animi si siano “raffreddati” (c.d. Cooling-off phase). Se tale primo approccio non dovesse avere esito positivo, viene attivata una delle procedure “automatiche” previste dal contratto.
Le clausole di scioglimento della joint venture societaria
191
Uno dei meccanismi automatici è la c.d. escalation o move-up phase, ossia un tentativo di
soluzione interna attraverso il deferimento della decisione agli amministratori delegati delle
parti, oppure agli amministratori delle società controllanti (c.d. Parent companies). Lo scopo della escalation è di trasferire la decisione a un livello manageriale superiore, in
modo da evitare eventuali personalizzazioni del dissidio.
In alternativa, oppure nel caso in cui nemmeno il management delle Parent companies sia in
grado di risolvere il disaccordo, la decisione può essere rimessa ad un terzo (arbitro o
esperto del settore) (c.d. side-move phase).
Si osserva, tuttavia, che il deferimento della soluzione del dissidio a un arbitro o a un esperto
si presta solo per un limitato tipo di disaccordi, soprattutto di carattere materiale, quali per
esempio una controversia di natura commerciale o sul valore dei conferimenti in natura.
In alternativa, la clausola può prevedere che possa direttamente essere decretata la
dissoluzione della joint venture ossia l’uscita di una parte e la concentrazione delle
partecipazioni in un unico soggetto (c.d. Joint venture dissolution), oppure lo scioglimento e
relativa liquidazione della JVC (c.d. Joint Venture Company dissolution).
3
1
ManagementParent companies
Management JVC
ManagementCo-venturers
Dissolution
4
Arbitro Perito2 2
Uscita diuna parte
Scioglimentodella JVC
Soluzionedel dissidio
4
In caso di stallo decisionale, non è possibile imputare a una delle parti le cause della
dissoluzione. Pertanto, è necessario che il contratto principale preveda un meccanismo che
possa assicurare un equo contemperamento degli interessi delle parti.
La clausola hardship
Una particolare menzione, infine, merita la clausola di revisione obbligatoria (c.d. Hardship
clause), la quale disciplina i casi in cui, per ragioni estranee alle Parti, avvengano sostanziali
alterazioni nell’equilibrio economico del contratto che rendono le obbligazioni di una parte
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192
eccessivamente onerose ovvero ne diminuiscono grandemente il valore. Nel caso in cui si
verifichi una tale situazione, la clausola hardship obbliga le parti a rivedere il contratto.
In sostanza, si prevedono gli eventi che possono innescare l’applicazione della clausola,
indicando a titolo esemplificativo talune specifiche ipotesi, oppure formulando un principio
generale che definisca tali eventi come assolutamente imprevedibili, al di fuori del potere di
controllo delle parti, e tali da alterare sostanzialmente l’originario equilibrio contrattuale. La
clausola, in particolare, può regolare il modo in cui le parti devono documentare o accertare
l’esistenza di tali eventi.
Infine, la clausola stabilisce un procedimento che le parti sono obbligate a seguire per
rinegoziare in buona fede i contenuti dei loro accordi.
Tale procedimento prevede, di norma, una fase di denuncia della parte che ha subito
l’evento. Tale fase è seguita dall’accertamento dell’effettiva sussistenza dell’evento invocato
e dalla rinegoziazione dell’accordo.
Se anche la rinegoziazione dovesse fallire, alle parti non rimane che ricorrere a uno dei
rimedi previsti dal contratto per lo scioglimento della joint venture.
La clausola hardship non deve essere confusa con la clausola di forza maggiore. Nel primo
caso, infatti, la prestazione di una delle parti diviene eccessivamente onerosa, mentre nel
secondo caso la prestazione diviene impossibile.
Nel primo caso, poi, il rimedio contrattuale è la rinegoziazione, mentre nel secondo è la
risoluzione. Infine, mentre la clausola di forza maggiore è applicabile alla generalità dei contratti,
la clausola di hardship è tipica dei contratti di durata particolarmente complessi quali il contratto
principale di joint venture societaria o i contratti di trasferimento di tecnologia.
I rimedi interni
Nella pratica dei contratti internazionali, si sono sviluppati, in particolare, tre sistemi per
permettere alle parti di uscire dalla condizione di impasse causata da uno stallo decisionale o
da una situazione di hardship, senza patirne eccessive conseguenze.
Tali mezzi, alquanto particolari, sono contraddistinti da nomi altrettanto curiosi. Il primo di
tali meccanismi è noto come Russian roulette, ed è basato su una opzione call/put
“ribaltabile”. La clausola prevede che una parte possa notificare all’altra:
l’intenzione di vendere le proprie partecipazioni (opzione put) oppure;
l’intenzione di acquistare le partecipazioni della parte notificata (opzione call).
La notifica deve indicare il prezzo di vendita/acquisto. La parte che ha ricevuto la notifica ha
due possibilità:
Le clausole di scioglimento della joint venture societaria
193
accettare la proposta e acquistare/vendere le partecipazioni al prezzo indicato, oppure;
ribaltare l’opzione della notificante ossia nel caso in cui la parte notificante avesse
esercitato l’opzione put, la parte notificata dichiara a sua volta di voler vendere allo
stesso prezzo e, viceversa, nel caso in cui la parte notificante avesse esercitato l’opzione
call, la parte notificata dichiara a sua volta di voler acquistare allo stesso prezzo.
La possibilità di ribaltare l’opzione funge da incentivo per la parte offerente a indicare un
prezzo adeguato.
1
Parte B
Parte A
Notifica la venditaa Euro X per azione
Acquista le azioni d i AB diventa unico socio
4
3 3Rifiuta
la proposta di A
B vende le proprie azioni ad Aper Euro X per azione.A diventa unico socio
Accettala proposta di A
2
4
Questo tipo di clausola può sembrare una soluzione equa ed è stata storicamente molto
utilizzata nelle joint venture con sole due parti. In pratica però è utilizzabile solo per le joint
venture a partecipazione egualitaria e quando entrambe le parti si trovano nella posizione di
poter acquistare le partecipazioni dell’altra. Inoltre è aperta alla manipolazione della parte
che, per esempio, è a conoscenza delle difficoltà finanziarie dell’altra. In questo caso
potrebbe provocare uno stallo, notificare la “roulette” e acquistare le partecipazioni dell’altra
parte molto probabilmente ad un prezzo iniquo.
Una variante della Russian roulette, molto nota e spesso utilizzata nei contratti di joint
venture, è la c.d. Mexican o Texas shoot-out. In questo caso, una parte ha solo il diritto di
acquistare le partecipazioni (opzione call) dell’altra parte. Anche in questo caso, la notifica
deve indicare il prezzo di acquisto. La parte che riceve la notifica ha due alternative:
Accettare e vendere le proprie partecipazioni;
Rilanciare, offrendo di acquistare le partecipazioni della notificate ad un prezzo maggiore
di quello notificato.
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194
A questo punto, anche la parte offerente ha la possibilità di rilanciare.
1
Parte B
Parte A
Notifica l’opzione calla Euro X per azione
Vende le azioni e A diventa unico socio
4
3 3 Rifiutala proposta di A
B rilancia l’acquisto delle azioni d i A
per Euro X + 1 per azione.
Accettala proposta di A
2
4
Anche A rila ncia: possibile astao meccanismo Selaed bid
5
Se entrambe le parti decidono di rilanciare, onde evitare rilanci continui e l’innalzamento
ingiustificato del prezzo, le parti possono ricorrere a due sistemi. La clausola può prevedere
che la partecipazione venga messa all’asta oppure che le parti propongano un’offerta
all’interno di una busta chiusa (c.d. Sealed bid). Il sistema delle buste chiuse è utilizzato anche autonomamente: per uscire dall’impasse
ciascuna parte ha il diritto di esercitare un’opzione put sulla partecipazione dell’altra. Nelle
buste chiuse vengono sigillate le rispettive offerte. Al momento dell’apertura, chi ha proposto
l’offerta più alta ha l’obbligo di acquistare la partecipazione dell’altra al prezzo indicato nella
propria busta.
Conclusioni
Nei contratti di joint venture societaria, vi è la tendenza a permettere che la JVC non venga
travolta dalla controversia, ma possa continuare a operare anche quando il rapporto tra le
parti sia cessato.
Pertanto, è frequente che nei contratti vengano inserite clausole come quelle ora analizzate
che, attraverso un sistema di opzioni call/put, permettono l’uscita di uno dei co-venturers e,
allo stesso tempo, la prosecuzione dell’attività della JVC.
Si osserva, però, che i rimedi interni hanno natura obbligatoria e che, pertanto, se le parti
non convengono sul loro utilizzo, l’unica via d’uscita rimane il ricorso ai c.d. rimedi esterni,
ossia all’arbitrato o alla giurisdizione ordinaria, secondo quanto previsto dal contratto.
195
LA CESSIONE DEL CREDITO a cura di Giuseppe La Scala, Emanuele Rossi, Massimo Buongiorno e Gianni Lucchini*
La cessione del credito(art. 1260- 1267 c.c.)
Art. 1260 c.c.: “Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito anche senza il consenso del debitore, purchè il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge.
La cessione del credito come negozio a “causa variabile” (compravendita – garanzia –appalto di servizi gestionali).
Irrilevanza del consenso nella cessione di credito – divieti di cessione (artt. 1260 -1261 c.c.)
Documenti e accessori (artt. 1262 – 1263 c.c.)
La cessione del credito
L’ opponibilità della cessione al ceduto: notif ica (anche non a mezzo ufficiale giudiziario) –accettazione – prova della conoscenza (art. 1264 c.c.) “pagare male” e dover ripetere.
La prevalenza della cessione tra terzi: anteriorità della notifica o dell’ accettazione (art. 1265 c.c.);
La garanzia dell’ esistenza del credito (art. 1266 c.c.): cessione “pro soluto”;
La garanzia della solvenza del ceduto (art. 1267 c.c.): cessione “pro solvendo”;
La cessione del credito e il factoringAlcuni punti essenziali nel passaggio dal mero negozio di cessione al contratto di factoring(la L. 52/91 come contratto per gli imprenditori) sono riassumibili nei seguenti:
– la causa di “management” e la causa di “finanziamento”;
– l’ anticipazione come eventualità … “normale”; il rovesciamento della previsione di cui all’ art. 1267 c.c. (il pro solvendo come standard)
– la cessione pro soluto come strumento della assunzione da parte del factor del rischio di insolvenza dei debitori ceduti “approvati” (la causa “assicurativa”;
– le relative commissioni speciali;
– gli eventuali “cap” e la decadenza della garanzia del factor;– la cessione di massa, anche di crediti futuri; i suoi limiti temporali;
– l’ indicazione del debitore ceduto ed i conseguenti automatismi (art. 1472 c.c.);
– “essere debitori ceduti” e le relative cautele: la richiesta di accettazione e di riconoscimento incondizionato del debito;
– factoring e fallimento.
* Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
C E S S I O N E
C R E D I T O
E
F A C T O R I N G
196
Il contratto di mutuo
L’ Art. 1813 cod. civ. definisce:“Il mutuo di denaro come contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di denaro (…) e l’altra si obbliga alla restituire altrettante cose della stessa specie e qualità”.Si tratta di un contratto di credito ad esecuzione istantanea e non ripetuta. Il contratto si configura come contratto “reale” dove l’ elemento della consegna è essenziale. Una volta perfezionato il contratto si verifica il trasferimento di proprietà della somma (art. 1814 cod. civ.). Differenze con l’ apertura di credito in C/C; La somma oggetto del mutuo passa in proprietà e non costituisce la misura della disponibilità di scoperto. E’ dunque aggredibile dai creditori (il caso del pignoramento presso terzi).Il mutuo è un contratto naturalmente oneroso e prevede la natura compensativa degli interessi (art. 1815 cod. civ.).
Altri contratti di finanziamento
Sulla base dello schema giuridico del mutuo, le istituzioni di credito hanno sviluppato differenti contratti di finanziamento che contengono le seguenti clausole principali:
– modalità di restituzione: ammortamento a rate costanti, pagamento periodico dei soli interessi e termine finale per il capitale; mutuo “bullet”;
– modalità di determinazione dell’interesse dovuto: fisso/variabile, nominale/reale;
– le garanzie prestate a favore dell’ impresa mutuataria: reali/personali, della società (impresa)/di terzi;
– conseguenze per l’ ipotesi di inadempimento (art. 1819 cod. civ.);
– decadenza dal beneficio del termine (Artt. 1186 e 1819 c.c.) inadempimento, sopravvenuta insolvenza indipendente dall’ adempimento, diminuzione delle garanzie, rimborso anticipato.
Soggetti e struttura di un contratto di finanziamento
La cessione del credito
197
I principali covenant contrattuali
Funzione:I covenant contrattuali svolgono la funzione di limitare la libera disponibilità dei flussi finanziari da parte delle imprese debitrici e di mantenere allineato il costo del finanziamento alle condizioni di svolgimento dell’attività d’impresa.
Tipologie:Le tipologie possibili di coventant sono molto varie, essendo lasciate all’accordo tra le parti.Tra i coventant finanziari figurano:– Previsioni in merito al rapporto tra Debiti Finanziari Netti e MOL: ove tale rapporto
dovesse crescere al di sopra di un valore predefinito (solitamente tra 2,5 e 3) viene incrementato il costo del debito sulla base di uno schema predefinito;
– Previsioni in merito al rapporto Reddito Operativo/Oneri finanziari;– Limiti alla distribuzione dei div idendi.
I covenant non finanziari possono comprendere le clausole più varie:Alcune di esse sono assurti quasi a standard nella contrattualistica più articolata.
PARI PASSUÈ una clausola tramite la quale il debitore attesta che le obbligazioni contratte verso il mutuante, in rapporto al rimborso del prestito e alle garanzie concesse, pongono quest'ultimo in una posizione di parità nei confronti degli altri creditori dello stesso prenditore.
CROSS DEFA ULTE’ la clausola secondo la quale qualora il prenditore o un suo garante o una società facente parte del suo gruppo, non onorino alla scadenza un impegno nei confronti di terzi, il contratto contenente detta clausola è da considerarsi rescisso, con l'imposizione per il prenditore di rimborsare subito le somme eventualmente percepite (ipotesi “allargata” di decadenza dal beneficio del termine)
CHA NGE OF CONTROL E’ la clausola che condiziona all’ assenso del creditore il cambiamento di controllo nella società prenditrice.Ciò a pena di decadenza dal beneficio del termine.
NEGA TIVE PLEDGEClausola che stabilisce che il debitore non possa offrire i beni posseduti ad alcuno in garanzia senza l’autorizzazione del creditore.
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IL FACTORING: 10 DOMANDE E 10 RISPOSTE*
* Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
Le diverse componenti del factoring
Il factoring è una composizione di diversi servizi:
Amministrazione, gestione e incasso dei crediti.
Assistenza legale nella fase di recupero dei crediti.
Valutazione dell'affidabilità della clientela.
Garanzia del buon fine delle operazioni.
Anticipo dei crediti prima della relativa scadenza.
Il factoring come servizio
E' possibile tradurre in pochi aggettivi semplici le caratteristiche principali del factoring? Ne
proponiamo alcuni come stimolo a ragionare e a ricercare una propria immagine mentale del servizio:
COMPONIBILE Il factoring è una composizione personalizzabile di servizi
REGOLAMENTATO Il factoring gode di un inquadramento giuridico che lo
disciplina.
AMICO Il factoring si affianca all'impresa e al debitore e fa da ponte;
aiuta l'impresa sul piano gestionale e nei rapporti con il
cliente: la solleva da attività costose
TRASPARENTE Il pagamento del servizio di factoring è basato su una
commissione e, qualora sia previsto un anticipo dei crediti,
su interessi.
CALCOLABILE Il factoring consente di calcolare i vantaggi e prendere
decisioni a ragion veduta
Confronto con altri strumenti finanziari
Il factoring non è direttamente confrontabile con gli strumenti finanziari tradizionali, quali ad
esempio il credito bancario, in quanto nel factoring è presente la componente di gestione dei crediti, ed è diversa la natura delle relazioni con la clientela.
PACCHETTO DI SERVIZI GESTIONALI Il factoring è costituito da un pacchetto di servizi, finanziari e non, che aiutano l'impresa sul piano gestionale e nei rapporti con i clienti.
Il factoring: 10 domande e 10 risposte
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RAPPORTI DIRETTI CON ENTRAMBE LE PARTI La presenza di relazioni dirette con entrambi i soggetti del rapporto commerciale sottostante (il creditore cedente il credito ed il debitore), costituisce un elemento peculiare
dell'operazione di factoring.
RELAZIONE DURATURA Il Factor è orientato ad una relazione duratura, piuttosto che ad una specifica transazione. In
questo modo è in grado di produrre informazioni rilevanti e significative relative ai crediti oggetto dell'operazione ed ai relativi debitori.
Il factoring: descrizione tecnico-funzionale
Per descrivere un servizio dal punto di vista tecnico-funzionale non bastano pochi aggettivi anche perché le sue caratteristiche dipendono dalle politiche dei singoli operatori. Una via è quella di presentare per ogni servizio una serie di attributi confrontandoli con quelli
degli altri servizi.
PRO SOLUTO DOMESTICO
COSA E' Trasferimento, dal fornitore al Factor, del rischio di insolvenza
commerciale del debitore.
A COSA SERVE Garantire il pagamento delle insolvenze a data certa - Coprire il rischio
al 100% - Coprire l'insolvenza - Fornire informazioni sui debitori -
Gestire i debitori
A CHI SERVE Aziende che producono o commercializzano beni e/o servizi.
PRO SOLUTO IMPORT/EXPORT DIRETTO
COSA E' Trasferimento, dal fornitore al Factor,del rischio di insolvenza commerciale del debitore.
A COSA SERVE Garantire il pagamento delle insolvenze a data certa - Coprire il rischio al 100%
- Coprire l'insolvenza - Fornire informazioni sui debitori - Gestire i debitori
A CHI SERVE Aziende importatrici e/o esportatrici di beni e/o servizi di buon contenuto qualitativo con clientela export di valido livello.
PRO SOLVENDO IMPORT/EXPORT DIRETTO
COSA E' Gestione del credito commerciale
A COSA SERVE Gestire i debitori - Valutare i debitori - Fornire assistenza legale -
Anticipare il corrispettivo delle cessioni di credito
A CHI SERVE Aziende con un numero ristretto di debitori di elevato standing e con
valore medio di fattura elevato.
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PRO SOLVENDO DOMESTICO
COSA E' Gestione e finanziamento di crediti commerciali.
A COSA SERVE Gestire i debitori - Valutare i debitori - Fornire assistenza legale -
Anticipare il corrispettivo delle cessioni di credito.
A CHI SERVE Aziende industriali e commerciali che intrattengono rapporti di fornitura
con clientela continuativa.
PRO SOLVENDO DOMESTICO RATEALE
COSA E' Gestione ed eventuale credito commerciale derivante da vendite con
modalità di pagamento rateizzato.
A COSA SERVE Gestire debitori - Ottenere anticipazioni - Ottimizzare gli incassi -
Recuperare crediti da debitori morosi
A CHI SERVE Aziende produttive e/o commerciali che vendono, con modalità di
pagamento rateizzato, ad un elevato numero di compratori
prevalentemente privati.
1. Il Factoring è un'alternativa al finanziamento bancario?
Il Factoring è uno strumento per gestire professionalmente i crediti
Il Factoring è un supporto gestionale ed una tecnica finanziaria, rivolti a soddisfare le
esigenze di gestione dei crediti di fornitura da parte delle imprese.
Il Factoring comprende diversi servizi:
amministrazione, gestione e incasso dei crediti
assistenza legale nella fase di recupero dei crediti
valutazione dell’affidabilità della clientela
anticipo dei crediti prima della relativa scadenza
garanzia del buon fine delle operazioni
Il Factoring non è dunque un’alternativa al credito bancario, ma certamente presenta
una componente finanziaria che può essere utilizzata in via complementare alle altre
fonti di finanziamento a disposizione dell’impresa.
2. A quali imprese può essere utile il Factoring?
Il Factoring è utile per tutte le imprese che vogliono affidare ad uno specialista la gestione
ed il controllo del portafoglio crediti
La necessità del Factoring si manifesta quando vi è uno squilibrio tra le esigenze della politica
di credito commerciale dell’impresa (relative ai termini e condizioni di pagamento da
Il factoring: 10 domande e 10 risposte
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concedere alla clientela che ne acquista i prodotti/servizi; ai fondi da impegnare per
"sostenere" finanziariamente le dilazioni concesse; alle forme di regolamento; al controllo del
rapporto; alle procedure di incasso e recupero dei crediti ) e le risorse che l’impresa può
mettere autonomamente in campo.
La domanda potenziale è dunque costituita dalle imprese che manifestano un "fabbisogno di
Factoring" connesso alla sua connotazione gestionale (amministrazione, controllo,
riscossione, assicurazione dei crediti) e finanziaria (valutazione della clientela, integrazione
delle linee di credito tradizionali grazie allo smobilizzo anticipato dei crediti).
Nel mercato italiano il Factoring coinvolge attualmente un’ampia gamma di settori
merceologici ed imprese di ogni dimensione.
Secondo l’indagine sulla domanda di Factoring delle imprese italiane, le imprese più
"giovani", le imprese in fase di forte espansione, le imprese con attività fortemente
stagionali, e più in generale i soggetti nei quali la gestione del capitale circolante costituisce
un aspetto strategico dell’attività fanno un uso più intenso del Factoring.
3. Quali sono le modalità più idonee di utilizzo del Factoring?
Il Factoring privilegia una relazione duratura con l’impresa in modo da poterla affiancare
nelle funzioni amministrative, organizzative e finanziarie relative alla gestione dei crediti che
sorgono nell’esercizio dell’attività
Il Factoring è tipicamente orientato ad una relazione duratura con il cliente, piuttosto che ad
una specifica transazione, in modo da poter affiancare l’impresa nelle funzioni
amministrative, organizzative e finanziarie relative alla gestione dei crediti.
Le operazioni oggetto dell’intervento tipico degli operatori del Factoring (società di Factoring
e banche) si inseriscono in rapporti di natura commerciale e sono accompagnate dalla
cessione di crediti d’impresa. Il Factoring può riguardare anche crediti futuri, in relazione a
contratti ancora da stipulare, crediti relativi a operazioni finanziarie, crediti di natura fiscale.
Il Factoring può inoltre riguardare i crediti dei fornitori nazionali (gli esportatori) verso gli
acquirenti esteri ed i crediti dei fornitori esteri verso i debitori nazionali (gli importatori).
L’esigenza di recupero degli insoluti è all’ultimo posto tra le motivazioni del ricorso al
Factoring da parte delle imprese italiane.
4. Quali sono i principali vantaggi del Factoring?
Velocità e sicurezza nei tempi di erogazione dei fondi, contributo alla gestione dei crediti,
garanzia del buon fine dei crediti dell’impresa sono i principali vantaggi del Factoring
apprezzati dalla clientela.
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Sono questi i tre principali elementi di soddisfazione indicati dalle imprese oggetto
dell’indagine sulla domanda di Factoring, le quali mostrano un livello di soddisfazione nel
rapporto di Factoring più che soddisfacente nella maggior parte dei casi.
Dal punto di vista finanziario, in particolare, il Factoring consente, sempre ad opinione delle
imprese, di soddisfare necessità di fondi di natura temporanea, di ottimizzare la
programmazione degli incassi, e di facilitare la crescita del fatturato.
Il Factoring è comunque un servizio ad elevato grado di personalizzazione, in relazione alle
caratteristiche ed alle esigenze manifestate dalla clientela.
5. Qual è il grado di diffusione del Factoring tra le imprese ?
Il Factoring è ancora uno strumento poco conosciuto dalle imprese, che pure lo utilizzano
con buona frequenza
In realtà le imprese conoscono poco le caratteristiche del Factoring. Ciò dipende
dall’insufficiente cultura finanziaria, così come dalla non adeguata informativa messa in atto
dalle banche e dalle società di Factoring.
Il Factoring è peraltro uno strumento ormai consolidato nell’ambito del sistema economico e
finanziario. Esso è presente in Italia da più di trent’anni e coinvolge decine di migliaia di imprese.
In generale, le imprese che dispongono di una più consolidata esperienza relativa al ricorso
al Factoring, ne apprezzano di più i vantaggi e le specificità e ne fanno, in ultima analisi, un
uso "corretto", che si manifesta anche in giudizi di convenienza metodologicamente più
corretti e sostanzialmente più favorevoli. Le imprese che conoscono e/o utilizzano meno (o
male) il Factoring sono sovente vittima dei luoghi comuni in argomento, esprimono giudizi
sommari, non sempre adeguati alla situazione reale del mercato del Factoring, e raramente
sfruttano le opportunità che il ricorso al Factoring può proporre.
Una larga parte delle imprese utilizzatrici oggetto dell’indagine sulla domanda di Factoring in
Italia ritiene utile continuare in futuro il rapporto di Factoring ritenendo anche che lo
strumento sia destinato a svilupparsi nell’ambito dei rispettivi settori di appartenenza.
6. Quali effetti produce il ricorso al Factoring sui costi di gestione dell’impresa?
Il Factoring può consentire un risparmio nei costi che l’impresa sostiene per la gestione dei
crediti di fornitura, grazie all’esternalizzazione delle relative attività di valutazione, amministrazione e controllo.
Il Factoring può consentire un risparmio nei costi che l’impresa sostiene per la gestione dei
crediti di fornitura.
Il factoring: 10 domande e 10 risposte
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Affiancare l’impresa nella gestione dei crediti commerciali significa gestire, secondo una logica di outsourcing una funzione che richiede elevata specializzazione: l’impresa viene così alleggerita dei relativi costi di struttura, che vengono sostenuti dal factor (società di
Factoring o banca) con maggiore economicità, grazie alle economie di scala che caratterizzano, ad esempio, la raccolta di informazioni sui debitori ceduti, ed alle sue competenze di specialista nella gestione dei crediti.
Il Factoring consente inoltre di trasformare costi fissi connessi alla gestione diretta del credito in costi variabili (la commissione di Factoring).
Certamente la possibilità di pervenire ad una sostituzione dei costi tradizionali di gestione dei
crediti con il costo del Factoring , esternalizzando le attività di amministrazione e controllo dei crediti ed affidandole al Factoring, dipende dall’estensione nel tempo e nello spazio del ricorso al Factoring ed è quindi più probabile in un uso duraturo ed esteso del Factoring da
parte dell’impresa.
7. Come si calcola il costo reale del Factoring?
Il Factoring è un servizio più complesso e a maggiore valore aggiunto rispetto al credito
bancario. Per valutarne la convenienza i termini di confronto adeguati sono il costo medio dei
finanziamenti ed il costo di gestione interna del credito commerciale.
Il Factoring non è direttamente confrontabile con strumenti finanziari tradizionali, quali ad esempio
il credito bancario, in relazione alla presenza della componente di servizio gestionale.
Il ricorso al Factoring comporta infatti il sostenimento di due ordini di costo:
il costo finanziario (interessi), relativo al finanziamento implicito nel pagamento del credito
prima della scadenza; gli interessi praticati dal factor sono in linea con i tassi del mercato,
tenuto conto delle caratteristiche della clientela e del rischio delle operazioni.
il costo amministrativo (commissione), relativo alla gestione ed eventualmente alla garanzia
di buon fine del credito; la commissione dipende dalla tipologia di servizi offerti e dalle
caratteristiche (scadenze, importi, ecc.) dei crediti ceduti.
La convenienza del ricorso al Factoring dipende allora dal confronto tra oneri amministrativi e
finanziari tradizionali e oneri di Factoring.
E’ inoltre importante valutare la destinazione dei flussi finanziari liberati attraverso lo smobilizzo dei crediti. I fondi finanziari anticipati grazie al Factoring possono essere infatti utilizzati dalle imprese per rimborsare debiti in essere, oppure per finanziare lo sviluppo delle vendite.
Il "finanziamento dello sviluppo" attraverso il Factoring ne sottolinea i vantaggi e le caratteristiche peculiari ed è infatti più utilizzato nella realtà del mercato dalle imprese più giovani, con forti prospettive di crescita e dalla clientela che manifesta una più marcata
soddisfazione del Factoring.
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8. Quali sono gli effetti del ricorso al Factoring sulla gestione d’impresa ?
Il Factoring produce effetti positivi su diverse aree dell’attività d’impresa, interessate dalla gestione del credito commerciale. Il Factoring produce numerosi effetti sull’attività dell’impresa, interessando le aree coinvolte
dalla gestione del credito commerciale:
La contabilità Il Factoring comporta una semplificazione della contabilità clienti, una sostituzione di costi fissi
con costi variabili, un alleggerimento delle poste di bilancio che riguardano il capitale circolante
La politica commerciale
Il ricorso al Factoring può condurre ad un aumento del volume d’affari dell’impresa, grazie
alla possibilità di smobilizzare crediti non ancora scaduti e quindi di liberare risorse finanziarie
per lo sviluppo dell’attività
La politica finanziaria
Il ricorso al Factoring comporta un aumento della velocità di circolazione del capitale
d’esercizio, attraverso un accorciamento del ciclo monetario (dal pagamento degli acquisti
delle materie prime all’incasso delle vendite dei prodotti finiti) e riduce il fabbisogno
finanziario dell’impresa.
L’organizzazione
Il Factoring comporta una modifica delle funzioni dedite al rapporto con la clientela,
concentrandone l’azione sugli aspetti produttivi e commerciali.
9. Il ricorso al Factoring segnala che l’impresa ha difficoltà finanziarie o di rapporto con i propri clienti?
La cessione dei crediti nell’ambito di un rapporto di Factoring è un fatto normale della vita
aziendale ed, anzi, un segno che l’impresa fornitrice è "gestionalmente" valida e
all’avanguardia.
Al contrario, la cessione dei crediti nell’ambito di un rapporto di Factoring è un fatto normale della
vita aziendale ed, anzi, un segno che l’impresa fornitrice è "gestionalmente" valida, cioè attenta al
governo dei propri crediti ed alla programmazione dei flussi di cassa ad essi conseguenti.
La CEE ha raccomandato agli Stati membri di facilitare presso le imprese la diffusione del
Factoring, quale strumento utile ad una più efficace gestione dei crediti oggetto delle
transazioni commerciali.
Solo chi non conosce il Factoring tende, in alcuni casi, a considerarlo uno strumento
finanziario marginale e/o di recupero di crediti problematici e di conseguenza attribuisce il
ricorso al Factoring alla presenza di problemi di finanziamento e di deterioramento della
Il factoring: 10 domande e 10 risposte
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qualità del portafoglio crediti, associandolo in ultima analisi ad una situazione di difficoltà
dell'impresa.
Ad ogni modo, nella realtà solo una piccola parte delle imprese ha avuto problemi con la
propria clientela una volta che questa è stata ceduta nell’ambito di un rapporto di Factoring.
10. Quali sono i rapporti tra Factoring e attività bancaria?
Il Factoring è un complemento ideale dei rapporti tra banca e impresa
Il Factoring è uno strumento per gestire professionalmente i crediti, utilizzato da imprese
attente al governo delle proprie relazioni con i clienti ed alla programmazione dei flussi di
cassa conseguenti.
Esso non è un "concorrente" del credito bancario, ma anzi presenta una componente
finanziaria che può essere utilizzata in via complementare alle altre fonti di finanziamento a
disposizione, in un’ottica di diversificazione del passivo dell’impresa. Una banca moderna
valuta quindi favorevolmente il ricorso al Factoring della propria clientela.
Secondo l’indagine sulla domanda di Factoring delle imprese italiane sono proprio le banche
uno dei principali canali di conoscenza del Factoring da parte delle imprese.
Le banche sono inoltre le promotrici delle più iniziative di Factoring nel nostro Paese, attraverso sia
la costituzione di società di Factoring specializzate sia lo svolgimento diretto dell’attività.
In effetti il Factoring può essere un elemento non indifferente di consolidamento dei legami
di clientela, dato che esso privilegia una relazione duratura con l’impresa, in modo da poterla
affiancare durevolmente nelle funzioni amministrative, organizzative e finanziarie relative alla
gestione dei crediti.
Scaricabile dal sito www.euroconference.it il fac simile di factoring
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CONTRATTO STANDARD DI PROPOSTA DI FINANZIAMENTO BANCARIO AD UN’IMPRESA*
* Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
Art. 1 Preammortamento. Sino alla data di inizio del periodo di ammortamento fissata al
01.07.2004 saranno dovuti gli interessi di preammortamento al tasso iniziale del
3,30% che dovranno essere pagati alle scadenze del 30.09.2003 – 31.12.2003 –
31.03.2004 e 30.06.2004.
Art.2 Ammortamento. Il rimborso avverrà in n. 16 rate trimestrali variabili posticipate
comprensive di capitale e interessi, di cui la prima avrà scadenza il 30.09.2004 e
l’ultima il 30.06.2008.
Art. 3 Tasso di interesse. Il tasso di interesse annuo nominale convertibile trimestralmente
al quale viene regolato il presente mutuo sarà del 3,30% sino alla scadenza della
prima rata di preammortamento. Le variazioni di tasso interverranno a far inizio da
detta scadenza e ad ogni scadenza di rata, con effetto sulle rate successive. Il tasso
verrà determinato applicando una maggiorazione di 1,15 punti al parametro di
riferimento indicato al successivo art. 4 del presente contratto. Sulle rate scadute e
non puntualmente onorate, nonché sugli interessi ed accessori insoluti, verrà
applicato un tasso di mora pari al parametro di riferimento maggiorato di quattro
punti. Su tali interessi non viene applicata la capitalizzazione periodica.
Art. 4 Parametro di riferimento. Il parametro di riferimento da utilizzare per le variazioni di
tasso è rappresentato dal tasso “EURIBOR A SEI MESI”, inteso come la media
aritmetica semplice, arrotondata allo 0,05 superiore, dei tassi interbancari EURIBOR a
sei mesi, determinati con divisore 365 (366 per anno bisestile) pubblicati su “Il Sole
24 Ore” relativi al mese precedente la decorrenza di ciascuna rata con effetto sulla
rata stessa.
Art. 5 Tasso sostitutivo. Qualora non fosse disponibile detto parametro, il tasso di interesse
da applicarsi farà riferimento al tasso Prime Rate della banca mutuante.
Art. 6 Decadenza e risoluzione. Nelle ipotesi di cui all’art. 1186 c.c. incorrete nella
decadenza del termine. La Banca, inoltre, avrà diritto di risolvere il contratto ai sensi
dell’art. 1456 c.c. per mancato pagamento anche di una sola delle rate, per il
verificarsi a Vostro carico di protesti, procedimenti cautelari o esecutivi, per
compimenti di atti determinanti diminuzione del Vs. Patrimonio. Nei casi di decadenza
o di risoluzione la Banca avrà il diritto di esigere l’immediato rimborso dell’intero suo
credito per capitale, interessi ed accessori, e di agire nei Vs, confronti nei modi e con
le procedure ritenute più opportune.
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Contratto standard di proposta di finanziamento bancario ad un’impresa
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Art. 7 Recesso anticipato. La Banca ha altresì la facoltà di chiedere in qualsiasi momento,
con comunicazione scritta e con preavviso di 15 giorni, l’estinzione anticipata del
mutuo ed il pagamento integrale di quanto dovuto per capitale, interessi ed accessori.
Art. 8 Interessi di mora. Verificandosi le ipotesi di cui agli artt. 6 e 7, sulle somme dovute
alla Banca decorreranno, dalla comunicazione di risoluzione del contratto o decorso il
preavviso della richiesta di rimborso anticipato, gli interessi di mora come determinati
dall’art. 3.
Art. 9 Spese e commissioni. In fase di erogazione Vi sarà addebitata, a titolo di spese di
istruttoria, una commissione UNA TANTUM di € 250,00. Alla scadenza di ogni rata si
applicherà una commissione, attualmente pari a € 0,00 (Euro Zero). A titolo di
recupero spese per inoltro informativa, Vi sarà addebitata una commissione
attualmente pari a € 1,09, oltre alla tariffa postale vigente.
Art. 10 Imposte e tasse. Ogni spesa, imposta e tassa anche di registro relativa al presente
contratto è a Vs. carico.
Art. 11 Competenza territoriale. Per qualsiasi controversia il Foro competente e in via
esclusiva quello di (indicazione della località).
Art. 12 Aventi causa e successori. Tutte le obbligazioni da Voi assunte si intendono costituite
con vincolo solidale ed indivisibile anche per i Vs. aventi causa o successori a
qualsiasi titolo.
Art. 13 Domicio. Ogni comunicazione verrà data al domicilio segnato in indirizzo, salvo
eventuali variazioni da comunicarci a mezzo lettera raccomandata R.R.
Art. 14 Regolamento delle ragioni di debito e di credito. L’erogazione della somma avverrà in
unica soluzione mediante accredito sul c/c n. (....) da Voi intrattenuto presso la
nostra filiale di (....). Resta inteso che Vi impegnate irrevocabilmente, in quanto
anche nel Vs. interesse, a mantenere acceso, per tutta la durata del finanziamento, il
suddetto rapporto di c/c od altro avente le medesime caratteristiche ed a costituirvi le
disponibilità necessarie per l’addebito delle singole rate alle scadenze previste,
nonché per ogni altro importo previsto, autorizzando sin d’ora la Banca ad eseguire
detti addebiti.
Vogliate darci conferme ed approvazione di quanto sopra.
Firme
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LA RESPONSABILITÀ PER DEBITI TRIBUTARI NELLA CESSIONE D’AZIENDA
a cura di Paolo Meneghetti*
Nelle seguenti pagine a completamento di quanto in precedenza analizzato un breve focus su alcuni aspetti di carattere fiscale che riteniamo meritino una particolare attenzione, ben consapevoli che ciò non è esaustivo, data l’ampiezza e l’importanza dei temi affrontati.
Attraverso il contratto di cessione d’azienda una parte trasferisce ad un’altra il proprio sistema aziendale, ovvero una parte di esso. Proprio con riferimento a tale operazione è interessante effettuare alcune considerazioni circa la responsabilità per debiti tributari. In particolare, ci soffermeremo sul disposto dell’articolo 14 del D.Lgs. n. 472/1997 il quale stabilisce che, sotto il profilo fiscale, “il cessionario è responsabile in solido, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell'azienda o del ramo d'azienda, per il pagamento dell'imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell'anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore”. Tra le operazioni di cessione cui fa riferimento l’articolo 14 devono essere ricomprese sia quelle avvenute a titolo oneroso sia quelle avvenute a titolo gratuito. L’interpretazione estensiva della norma in commento porterebbe poi a ricomprendere tra le fattispecie idonee a far sorgere la responsabilità di cui all’articolo 14 del D.Lgs. n. 472/1997 anche l’operazione di donazione d’azienda, di permuta e di datio in solutum.108 La disposizione in commento risulta poi applicabile anche nel caso di conferimento d’azienda.109 L’equiparazione tra cessione d’azienda e conferimento d’azienda è infatti consolidata sia in campo civilistico sia in campo tributario110. Al contrario, tale norma non pare essere applicabile nel caso di affitto d’azienda, ovvero di affitto di ramo d’azienda, e di usufrutto d’azienda. Un problema ampiamente dibattuto nel passato consiste nell’individuazione del momento in cui si manifesta l’insorgenza della responsabilità del cessionario; in particolare, il dibattito si incentrava sull’indispensabilità, o meno, dell’esistenza di un atto dal quale risultasse l’avvenuto trasferimento dell’azienda. In merito il Ministero delle Finanze111 aveva chiarito che “per configurarsi la responsabilità del cessionario non è indispensabile che il trasferimento dell'azienda risulti da apposito atto materiale, essendo invece sufficiente che si renda applicabile l'imposta di registro per presunzione di cessione (salvo prova contraria) desunta, ai sensi dell'art. 15, comma 1, lett. d) del Testo Unico approvato con D.P.R. n. 131/1986, dalla continuazione della stessa attività commerciale nel medesimo locale o in parte di esso, da cambiamenti nella ditta, nell'insegna o nella titolarità dell'esercizio ovvero da altre presunzioni gravi, precise e concordanti”. Un punto che va rilevato nel disposto normativo è l’ampliamento temporale della responsabilità del cessionario che non è limitata alle violazione commesse nell’anno di
* Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
109 Per la verità sul punto si è diversamente pronunciata la Direzione regionale Piemonte ( Circ. 6 del 18.6.1998), ma le motivazioni addotte sono assai fragili. Sintomatico è che a distanza di otto anni da quella pronuncia l’Agenzia delle Entrate non l’abbia fatta propria con una circolare. 110 Si vedano ad esempio l’articolo 9, c. 5, Tuir e la sentenza della Corte di Cassazione n. 12.739 del 21.12.1998. 111 Circolare Min. Fin. Dip. Ent. Dir. Centr. Accertamento 10-07-1998, n. 180/E/98/110100.
La responsabilità per debiti tributari nella cessione d’azienda
209
cessione e nei due precedente, ma è estesa anche a quelle contestate nel medesimo periodo anche se riferite a precedenti violazioni. Sempre in merito alla temporalità della responsabilità va rimarcata la problematica della responsabilità del cessionario concernente le violazioni in tema di tassabilità della plusvalenza
emergente dalla stessa cessione. Il problema è delicato, ma sembra potersi propendere per una soluzione negativa, cioè favorevole al contribuente. Motivo di questa conclusione può essere ravvisato nella circostanza che la violazione inerente la tassazione della plusvalenza
non viene commessa dal cedente nell’anno di cessione, bensì nell’anno successivo, in occasione della predisposizione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno di cessione. Prima di quel momento nessuna infrazione viene commessa in ordine alla tassazione della
plusvalenza. Ma se così è non si vede come possa essere coinvolto nella responsabilità l’acquirente, stante la limitazione temporale ben precisa alle violazioni commesse nell’anno di cessione (e nei due antecedenti).
In generale, è possibile affermare che la responsabilità del cessionario d’azienda invocata dalla citata norma costituisce una deroga al principio di personalità della responsabilità, rispondendo alle esigenze di mantenimento di garanzie patrimoniali nei confronti dell’Erario.
Le caratteristiche della responsabilità del cessionario sono, in breve, così riassumibili: natura di garanzia patrimoniale: come abbiamo già avuto modo si affermare, la
responsabilità del cessionario non ha natura sanzionatoria, bensì di garanzia
patrimoniale del credito vantato dall’Erario; responsabilità solidale: la legge sancisce esplicitamente che il cessionario, vale a dire
il soggetto che non ha posto in essere comportamenti dai quali è emerso il debito
tributario, è solidalmente responsabile nei confronti dell’Erario; sussidiarietà: il cessionario è solidalmente responsabile dei debiti tributari fatto salvo il
beneficio della preventiva escussione del cedente; l’obbligazione del cessionario è inoltre limitata
al debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli Uffici dell'Amministrazione finanziaria e degli enti preposti all'accertamento dei tributi di loro competenza;
limiti di valore: il cessionario è solidalmente responsabile nei confronti dell’Erario entro
i limiti del valore dell’azienda, ovvero del valore del ramo d’azienda, ceduti; limiti temporali: il cessionario è responsabile per le violazioni che sono state
commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti; la responsabilità
si estende poi a quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo, anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore.
Dalla lettura della norma è poi evidente che il Legislatore prevede, nel caso della cessione
del ramo d’azienda, una delimitazione della responsabilità del cessionario ai soli debiti relativi al ramo ceduto. In tal senso recita l’articolo 14 comma 1 del D.Lgs 472/97. Questo passaggio normativo è senza dubbio sensato anche se nel concreto risulterebbe poi
estremamente difficile imputare un determinato debito tributario ad un certo ramo d’azienda piuttosto che ad un altro; in merito alla difficoltà riscontrabile nell’attribuzione di un determinato debito tributario ad un certo ramo d’azienda deve comunque essere ravvisato
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che l’onere della prova dovrebbe comunque ricadere, a parere di chi scrive, sull’Amministrazione finanziaria, soggetto che vanta la pretesa tributaria. Va ulteriormente segnalato che il limite della responsabilità del cessionario è fissato dal
valore dell’azienda o del ramo azienda ceduto. Dato che la norma parla di valore e non di prezzo, deve ritenersi il tetto della responsabilità del cessionario dipenda dalla valutazione dell’azienda, cosi come essa risulta dagli atti dell’Ufficio, e solo in mancanza di accertamento
di valore il limite debba essere riconosciuto in quello fissato dalle parti in atto. In questa direzione depone, peraltro la Circ. 180/E del 13.7.1998. Un ulteriore particolare degno di nota è rappresentato dalla possibile applicazione del citato
articolo 14 nel caso in cui la cessione d’azienda sia realizzata nel corso di svolgimento di procedure fallimentari. In merito, il Ministero delle Finanze112 si è espresso stabilendo l’esclusione dell’applicabilità della responsabilità solidale del cessionario ex articolo 15.
Secondo quest’ultimo, infatti, “la "ratio" e la stessa lettera della norma sembrano di univoco significato, nel senso di essere riferite esclusivamente alle cessioni su base volontaria o negoziale e non già a quelle con evidenti profili pubblicistici, quali appunto le vendite di che trattasi”. Il comma 4 stabilisce poi che “la responsabilità del cessionario non è soggetta alle limitazioni previste … qualora la cessione sia stata attuata in frode dei crediti tributari, ancorché essa sia avvenuta con trasferimento frazionato di singoli beni”. In base al comma 5, la frode si presume, salvo prova contraria, se il trasferimento è effettuato nei sei mesi successivi alla constatazione di una violazione penalmente rilevante e suscettibile di radicare l'azione corrispondente (e cioè se l'azione penale è proponibile in quanto non ostano cause che ne impediscono l'esercizio, come per esempio la prescrizione del reato). Nella sostanza, la responsabilità del cessionario non è soggetta ad alcuna limitazione, sia che si tratti di frode concretamente accertata (la cui prova deve essere sempre fornita dall'Ufficio) sia che si tratti di frode semplicemente presunta e non vinta da prova contraria. Da ultimo va ricordato che il cessionario può conoscere con precisione il contenuto della sua responsabilità solidale tramite il rilascio del certificato relativo ai carichi tributari pendenti del cedente. L’entità di questi carichi costituisce il limite quantitativo della responsabilità del cessionario e, laddove emergesse che non vi sono carichi tributari in capo al cedente (ovvero se entro 40 giorni dalla richiesta il certificato non venisse rilasciato), il cessionario deve ritenersi esonerato da qualunque responsabilità. In questo senso merita attenzione notare che non solo il cessionario “ufficiale”, ma anche il promissorio cessionario può richiedere il certificato. Così peraltro si ‘e pronunciata la Circ. 180/E/98, con l’ulteriore osservazione che tale richiesta deve essere avallata (per ovvi motivi di riservatezza) dal promittente cedente. Nel contempo va segnalato che eventuali violazione commesse tra la data di rilascio del certificato e la data di effettiva cessione dell’azienda, violazione che evidentemente non compaiono nel certificato, ricadono nella responsabilità del promissorio cessionario.
112 Risoluzione ministeriale Min. Fin. Dip. Ent. Dir. Centr. Accertamento 12-07-1999, n. 112/E/1999/84670.
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TRATTAMENTO FISCALE DELLE VARIAZIONI DI VALORE DEI BENI CONCESSI IN AFFITTO D’AZIENDA
a cura di Paolo Meneghetti*
Il codice civile113 impone all’affittuario l’obbligo di “gestire l’azienda senza modificarne la destinazione e in modo da conservare l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte”. Parimenti, l’eventuale “differenza tra le consistenze d’inventario all’inizio e al termine dell’usufrutto114 è regolata in danaro, sulla base dei valori correnti al termine dell’usufrutto”. L’obbligo di reintegrazione dell’eventuale perdita di valore dell’azienda al termine del periodo di affitto, previsto contrattualmente, viene meno qualora le parti definiscano contrattualmente la volontà di derogare alle disposizioni di cui supra, escludendo così l’obbligo imposto all’affittuario di conservazione del valore dei beni aziendali. La scelta di derogare al principio di cui all’articolo 2561 c.c. operata dalle parti del contratto dà luogo ad un diverso trattamento, sia a livello civilistico sia a livello fiscale, dell’ammortamento dei beni strumentali dell’azienda concessa in affitto. 1a ipotesi: conservazione efficienza dei beni aziendali In questo caso, il soggetto locatore dovrà interrompere la contabilizzazione delle quote di ammortamento riferibili ai beni facenti parte dell’azienda a decorrere dalla data in cui l’affitto d’azienda è operativo. Per contro, lo stanziamento delle quote di ammortamento continuerà in capo all’affittuario. Le quote di ammortamento accantonate dall’affittuario dovranno essere iscritte in un “fondo di ripristino efficienza impianti” nella voce B.13 del conto economico115. L’articolo 102, c. 8, del Tuir116, stabilisce quindi la possibilità, per l’affittuario, di portare in deduzione dal proprio reddito le quote d’ammortamento così stanziate. A tal fine le quote d’ammortamento sono calcolate sul costo storico dei beni così come risultanti dalla contabilità del soggetto locatore. La deduzione delle medesime sarà possibile:
per il costo che non risulta ancora ammortizzato; considerando già dedotto il 50% delle quote relative al periodo di ammortamento già
trascorso, qualora il locatore non abbia tenuto regolarmente il registro dei beni ammortizzabili, ovvero altro libro o registro tenuto in base alle disposizioni mirate alla semplificazione della tenuta delle scritture contabili per determinati soggetti.
Per quanto attiene l’IRAP le quote di ammortamento stanziate sono deducibili nella stessa misura prevista per le imposte dirette117. Alle medesime conclusioni si perviene qualora si sposi la tesi118 che prevede la corretta collocazione delle quote d’ammortamento nella voce B.10 del conto economico.
* Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) 113 Articolo n. 2561 c.c. 114 L’articolo 2652 c.c. stabilisce che le disposizioni dell'articolo 2561, recante disposizioni generali circa l’usufrutto d’azienda, si applicano anche nel caso di affitto dell'azienda. 115 In tal senso anche la Nota Min. Fin. Dip. Ent. Dir. Reg. Entrate Emilia Romagna 07.10.1996, n. 42.049. 116 Per le aziende date in affitto o in usufrutto le quote di ammortamento sono deducibili nella determinazione del reddito dell'affittuario o dell'usufruttuario. Le quote di ammortamento sono commisurate al costo originario dei beni quale risulta dalla contabilità del concedente e sono deducibili fino a concorrenza del costo non ancora ammortizzato ovvero, se il concedente non ha tenuto regolarmente il registro dei beni ammortizzabili o altro libro o registro secondo le modalità di cui all' articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 435, e dell' articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 9 dicembre 1996, n. 695, considerando già dedotte, per il 50 per cento del loro ammontare, le quote relative al periodo di ammortamento già decorso. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano nei casi di deroga convenzionale alle norme dell' articolo 2561 del codice civile, concernenti l'obbligo di conservazione dell'efficienza dei beni ammortizzabili. 117 A tal fine si vedano le modifiche apportate alla disciplina dell’IRAP apportate dal D. Lgs. n. 506/1999 e la C.M. n. 148/E del 2000.
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OBBLIGO DI CONSERVAZIONE DELL’AZIENDA
AFFITTO D’AZIENDA
BdE
LOCATORE AFFITTUARIO
NO ammortamentiRilevazione
ammortamenti
II.DD.NO deduzione ammortamenti
Deduzione ammortamenti
IRAPNO deduzione ammortamenti
Deduzione ammortamenti
Come anticipato, il codice civile stabilisce poi che l’eventuale “differenza tra le consistenze d’inventario all’inizio e al termine dell’usufrutto è regolata in danaro, sulla base dei valori correnti al termine dell’usufrutto”. L’importo del conguaglio, così determinato, andrà ad incidere direttamente sul bilancio dell’affittuario. Quindi, l’affittuario rileverà una sopravvenienza attiva, ovvero una sopravvenienza passiva, qualora, rispettivamente, le quote accantonate risultino superiori, ovvero inferiori, all’importo del conguaglio. Per meglio esplicitare questa ipotesi vediamo con i seguenti esempi le situazioni che possono verificarsi. 1) Valore dei cespiti fiscalmente riconosciuto al momento della cessione in affitto
dell’azienda = 100. Accantonamenti stanziati e dedotti dall’affittuario = 50. 1 A) Conguaglio = 50 Per l’affittuario si ha una situazione di pareggio tra il debito accantonato pari a 50 e la somma versata al locatore. Tale situazione non presenta alcun rilievo di carattere fiscale poiche non vi è passaggio a conto economico: dare Fondo ripristino 50 Avere Banca 50 Per il locatore si registra una perdita patrimoniale posto che l’azienda aveva un valore di 100 e viene restituita con un valore di 50. La perdita è compensata dall’incasso della somma di 50. Pertanto si fronteggiano nel conto economico due valori uguali e contrari che rendono neutrale fiscalmente l’operazione. 1 B) Conguaglio = 0 ( o comunque inferiore al fondo accantonato) Per l’affittuario l’eliminazione del Fondo ripristino genera una sopravvenienza attiva pari a 50, imponibile. La scrittura contabile sarà: Dare Fondo Ripristino 50 Avere Sopravvenienza attiva 50 118 Si vedano le posizioni assunte dalla D.R.E. di Piemonte e Lombardia, oltre alla Circolare n. 34/2000 di Assonime.
Trattamento fiscale delle variazioni di valore dei beni concessi in affitto d’azienda
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Peraltro questo elemento imponibile genera a sua volta un elemento deducibile uguale e contrario in capo al locatore ( sempre che sia un imprenditore beninteso), nel senso che egli registra una perdita di valore dell’azienda pari a 50 non reintegrata dal conguaglio in denaro. 1 C) Conguaglio = 100 ( o comunque superiore al fondo accantonato) Per l’affittuario si genera una sopravvenienza passiva derivante dall’esborso di una somma superiore al fondo accantonato. Tale sopravvenienza deve ritenersi fiscalmente deducibile. La scrittura contabile sarà: Dare Sopravvenienza passiva 50 Fondo Ripristino 50 Avere Banca 100 Per il locatore si ha una sopravvenienza attiva tassabile pari a 50 poiché egli riceve l’azienda che registra un depauperamento di 50 a fronte di un conguaglio pari a 100. 2a ipotesi: deroga alla conservazione dell’efficienza dei beni aziendali Nel caso in cui le parti abbiano derogato al principio che sancisce l’obbligo di conservazione dei beni aziendali da parte dell’affittuario, sarà sempre il concedente a continuare l’ammortamento relativamente ai beni facenti parte dell’azienda concessa in affitto. La rilevazione degli ammortamenti avverrà quindi secondo i criteri ordinari, imputando le quote di ammortamento alla voce B.10 del conto economico. Ai fini delle imposte dirette il concedente potrà portare in deduzione dal proprio reddito gli ammortamenti stanziati a conto economico. Ciò, ovviamente, qualora egli abbia mantenuto, anche a seguito della stipulazione del contratto di affitto d’azienda, la qualità di imprenditore. In caso contrario, il concedente non potrà portare in deduzione dal proprio reddito gli ammortamenti stanziati, non avendo questi rilevanza fiscale. Rilevanza fiscale si manifesterà solamente nell’ipotesi in cui, a seguito del deperimento dei beni oggetto del contratto d’affitto d’azienda e di un’eventuale vendita dell’azienda medesima, si origini una minor plusvalenza. Allo stesso tempo l’affittuario non potrà portare in deduzione le quote d’ammortamento ai fini IRAP, oltre alle somme eventualmente accantonate per la manutenzione/sostituzione dei beni.
NO OBBLIGO DI CONSERVAZIONE DELL’AZIENDA
AFFITTO D’AZIENDA
BdE
LOCATORE AFFITTUARIO
NO ammortamentiRilevazione
ammortamenti
II.DD. NO deduzione ammortamenti
Deduzione ammortamenti
IRAP NO deduzione ammortamenti
Deduzione ammortamenti
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CONTRATTO DI AGENZIA INDENNITA’ SUPPLETIVA DI CLIENTELA
a cura di Paolo Meneghetti e Matteo Balzanelli*
Dopo la rassicurante posizione espressa dall’Amministrazione finanziaria con la risoluzione n. 59/E del 09.04.2004, nella quale si afferma l’assoluta legittimità della deduzione per competenza degli accantonamenti relativi alla predetta indennità suppletiva di clientela operati dal soggetto mandante, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24973 del 24.11.2006, ha riabbracciato la tesi sfavorevole alle imprese e cioè l’assoluta indeducibilità delle quote accantonate per competenza, con rinvio della deduzione al momento della effettiva erogazione. Che la questione fosse dubbia lo testimoniano le numerose pronunce giurisprudenziali e di prassi che si sono succedute nel tempo, ancorché prima della recente sentenza della Corte la vicenda pareva – ma tale sensazione viene oggi sconfessata - essersi risolta a favore della deducibilità per competenza delle quote accantonate in ciascun esercizio. Nozione civilistica Sulla base della disposizione contenuta nell’articolo 1751 del codice civile al momento della cessazione del rapporto di agenzia, il preponente, oltre a dover riconoscere un'indennità di scioglimento del contratto o di risoluzione del rapporto di agenzia, commisurata alle provvigioni che l'agente ha maturato durante il rapporto, può essere tenuto a riconoscere a favore dell'agente una ulteriore indennità, conosciuta come indennità suppletiva di clientela. Tale indennità, che spetta all'agente per l'apporto fornito al preponente in termini di nuova clientela o di sviluppo di quella esistente, è dovuta solamente al verificarsi delle seguenti condizioni: • contratto a tempo indeterminato; • contratto che si scioglie ad iniziativa del preponente per fatto non imputabile all'agente, o
in caso di dimissioni dell'agente, dovute a invalidità permanente e totale, o, ancora, per decesso dello stesso.
L'importo complessivo dell'indennità suppletiva di clientela è costituito dalla somma delle quote maturate per ogni anno di durata del rapporto di agenzia, calcolate applicando le aliquote previste dai vigenti Accordi economici collettivi (AEC) alle provvigioni liquidate annualmente.
* Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
Viene corrisposta alla cessazione del rapporto qualora :
Non è dovuta nelle ipotesi in cui :
Il contratto si sciolga per fatto non imputabile all’agente o rappresentante
Il preponente continui a ricevere notevoli vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti
L’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti
Il preponente risolva il contratto per inadempienza imputabile all’agente, la quale, per la sua gravità, non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto
L’agente receda dal contratto, a meno che sia giustificato da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze attribuibili all’agente, per le quali non può più essergli ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell’attività
INDENNITA’ SUPPLETIVA
DI CLIENTELA
L’agente cede a un terzo, in base ad un accordo con il preponente, i diritti e gli obblighi che ha in virtù del contratto d’agenzia
Contratto di agenzia Indennità suppletiva di clientela
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Disciplina in capo al soggetto mandante
La situazione precedente
Con l’avvento del DPR 917/86 (noto come TUIR) il trattamento in capo al preponente o
mandante degli accantonamenti relativi a indennità per la cessazione di rapporti di agenzia
ha comportato un significativo mutamento normativo.
Infatti, l'art. 105 c. 3 del TUIR estende espressamente il regime di deducibilità previsto per
gli accantonamenti di quiescenza e previdenza per il personale dipendente anche agli
accantonamenti relativi alle indennità di cui all'art. 17, c. 1 lett. d) del TUIR, e cioè alle
"indennità per la cessazione dei rapporti di agenzia".
Tale mutamento, tuttavia, non ha eliminato i contrasti interpretativi in merito alla deducibilità
degli accantonamenti relativi all'indennità suppletiva di clientela.
Storicamente l'Amministrazione finanziaria119 ha da sempre sostenuto che l'accantonamento
in questione fosse indeducibile in quanto trattasi di accantonamento relativo ad oneri futuri
e incerti che quindi non soddisfa il requisito della certezza, condizione necessaria per la
deducibilità dei componenti negativi del reddito d'impresa.
Alla posizione sfavorevole dell'Amministrazione si è contrapposta l'interpretazione di parte
della dottrina e della giurisprudenza di merito prevalente, secondo le quali con l'art. 105 c. 3
del TUIR, è stato introdotto il principio generale della deducibilità degli accantonamenti di
tutti i tipi di indennità per la cessazione dei rapporti di agenzia, e, quindi, anche di quelli
relativi alle indennità suppletive di clientela. Secondo tale tesi il richiamo al principio della
certezza di cui all'art. 109 del TUIR risulta inadeguato, in quanto tale principio ha vigore
esclusivamente nei casi in cui le disposizioni relative ai singoli componenti positivi e negativi
del reddito d'impresa non contemplino una disciplina specifica.
In tema di deducibilità degli accantonamenti, l'art. 107 c. 4 del TUIR affermando che "non sono ammesse deduzioni per accantonamenti diversi da quelli espressamente considerati dalle disposizioni del presente capo", vale a dire le disposizioni relative ai redditi di impresa,
valorizza i principi di tipicità e tassatività. Ciò significa che sono deducibili gli accantonamenti
espressamente previsti dalla legge, senza che il requisito della certezza rivesta alcun rilievo.
Chiarita quindi la prevalenza del principio speciale di tipicità degli accantonamenti sul
principio generale di certezza, il problema della deducibilità o meno degli accantonamenti
relativi all'indennità suppletiva di clientela deve essere risolto - in base a parte della dottrina
e alla giurisprudenza prevalente - non in base alla certezza del costo in esame, bensì
unicamente verificando se il legislatore ha espressamente incluso l'accantonamento relativo
all'indennità suppletiva nel novero degli accantonamenti deducibili.
Secondo i sostenitori di questa teoria, la risposta al quesito in oggetto non può che essere
positiva se si considera che l'art. 105 c. 3 del TUIR statuisce la deducibilità degli
accantonamenti relativi alle indennità contemplate dall'art. 17 c. 1 lett. d), e che tra le 119 Si veda la risoluzione ministeriale n. 9/120 del 21 luglio 1980.
A S P E T T I F I S C A L I
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indennità rientranti nella formulazione ("indennità per la cessazione dei rapporti di agenzia")
utilizzata da tale articolo - come costantemente riconosciuto dalla Amministrazione
finanziaria, e confermato dalla dottrina prevalente - vi è sicuramente anche l'indennità
suppletiva di clientela.
Il cambio di rotta dell’amministrazione finanziaria (la RM 59/E)
Con la richiamata risoluzione n. 59/E del 09.04.2004 l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto la
piena deducibilità degli accantonamenti operati a titolo di indennità suppletiva di clientela,
ricomprendendo gli stessi tra quelli per indennità di cessazione del rapporto di agenzia
disciplinati dall’art. 105 del TUIR. L’amministrazione finanziaria ha, infatti, ritenuto che, al pari
di quanto previsto per gli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto del personale
dipendente, la cui misura è determinata ai sensi delle disposizioni dell’articolo 2120 del Codice
civile, anche gli accantonamenti per l’indennità di fine rapporto di agenzia devono essere
quantificati in conformità alle disposizioni civilistiche di cui al richiamato articolo 1751 del
Codice civile, nonché alla specifica disciplina contenuta nell’Accordo economico collettivo,
stipulato proprio al fine di “dare piena ed esaustiva applicazione” al citato articolo 1751. Tali
criteri di determinazione dell’indennità per la cessazione dei rapporti di agenzia, stante il
riconoscimento fiscale degli accantonamenti civilistici in parola (direttamente ricavabile dal
combinato disposto degli art. 105, c. 4, e art. 107, c. 1 del TUIR), rilevano anche ai fini fiscali.
Dal momento che la deduzione è consentita nel rispetto del limite massimo previsto
dall’articolo 1751, terzo comma, del Codice civile l’accantonamento ai fondi per indennità di
cessazione del rapporto di agenzia, valorizzato nelle diverse componenti sopra descritte
(indennità di risoluzione, indennità suppletiva e, se ne ricorrono i presupposti, indennità
meritocratica), sarà fiscalmente riconosciuto nei limiti del predetto importo massimo. Più
precisamente, sarà fiscalmente deducibile l’importo, calcolato anno per anno ipotizzando la
cessazione di tutti i rapporti di agenzia in essere per causa non imputabile all’agente o
rappresentante.
Il passaggio della RM 59/E/2004
A nulla rileva, ai fini della deduzione dell’accantonamento dell’esercizio, la circostanza che talune componenti della complessiva indennità di cessazione abbiano natura aleatoria: ci si riferisce, in particolare, all’indennità suppletiva di clientela, dovuta soltanto nel caso in cui il vincolo contrattuale si scioglie ad iniziativa della casa mandante per fatto non imputabile all’agente o rappresentante, ovvero in caso di dimissioni dell’agente o rappresentante dovute a vecchiaia, invalidità permanente e totale o per conseguimento della
pensione di vecchiaia
Contratto di agenzia Indennità suppletiva di clientela
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La misura degli accantonamenti per indennità di fine rapporto di agenzia - distintamente
individuata dalla specifica disciplina di settore per le diverse categorie di emolumenti di cui
l’indennità stessa si compone - sebbene sia determinata nel quantum secondo criteri statistici
che tengono conto delle probabilità di cessazione dei rapporti per fatto imputabile all’agente
(ipotesi che consentirebbe al preponente di corrispondere solo alcuni degli emolumenti
accantonati), assolvono, a tutti gli effetti e senza distinzione, la funzione propria degli
accantonamenti di quiescenza e previdenza, vale a dire sostituire il mancato reddito
derivante dalla cessazione del rapporto.
Va infatti ribadito che la deduzione ai fini tributari dell’accantonamento in questione trova
legittimazione direttamente nelle disposizioni dell’articolo 105, comma 1, che espressamente
consente la deduzione “… nei limiti delle quote maturate in conformità alle disposizioni
legislative e contrattuali che regolamentano il rapporto di lavoro…”.
La deduzione degli accantonamenti in parola, sempre in conformità a quanto avviene per gli
accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto del personale dipendente, è operata,
nei singoli esercizi, secondo il criterio di competenza.
Con riferimento all’effettiva erogazione dell’indennità, si precisa, inoltre, che nell’ipotesi in cui
nell’esercizio si verifichi la cessazione di uno o più rapporti di agenzia, occorrerà confrontare,
con riferimento a ciascun rapporto cessato, l’indennità effettivamente liquidata con quella
dedotta nei precedenti esercizi, con la conseguenza che, se l’indennità liquidata risulta
maggiore di quella accantonata, la differenza sarà dedotta dal reddito; nel caso in cui,
invece, l’indennità liquidata risulta minore di quella accantonata, la differenza genera una
sopravvenienza attiva da assoggettare a tassazione.
Nell’ipotesi in cui gli accantonamenti degli esercizi precedenti non sono stati dedotti
fiscalmente, in quanto ripresi a tassazione con una variazione in aumento in sede di
dichiarazione, l’intera indennità effettivamente liquidata sarà fiscalmente deducibile
attraverso una variazione in diminuzione ai sensi dell’art. 109 c. 4, lett. a), del TUIR.
Le motivazione dell’indeducibilità (sentenza Cass. 24973 del 24.11.2006)
Nella motivazioni della sentenza n. 24973 del 24.11.2006, la Corte di Cassazione sconfessa
quanto affermato nel recente passato sia dalla medesima Corte (sentenza n. 10221 del
27.06.2003) che dall’Agenzia delle Entrate (RM 59/E del 09.04.2004).
Si riportano di seguito le considerazioni critiche espresse nella recente sentenza n. 24973 con
riferimento ai due provvedimenti che, al contrario, avevano concluso per la deducibilità degli
accantonamenti secondo il principio di competenza.
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Le critiche alla sentenza della Cass n. 10221 del 27.06.2003
• l’articolo 105 c. 1 del TUIR (in precedenza art. 70) consente la deducibilità alle sole
“quote maturate nell’esercizio” ed inoltre la cessazione del rapporto di lavoro rappresenta
– al contrario dell’indennità di fine rapporto – solo una condizione di esigibilità (Cass. n.
16826 del 10.08.2005);
• il diritto alla percezione dell’indennità non matura in costanza del rapporto di lavoro in
quanto trova la sua fonte genetica solo nell’eventuale illegittimità dello scioglimento del
rapporto di agenzia e, quindi, in un evento futuro che è, per definizione, insussistente al
momento dell’accantonamento,
• il richiamo a “meri criteri statistici” testimonia l’inammissibilità di una forma di
assicurazione del rischio che si presenta solo eventuale.
Le critiche alla RM 59/E/2004
• la natura aleatoria dell’erogazione esclude la possibilità di considerare maturata nell’anno
una quota della stessa;
• il momento della maturazione dell’indennità non può che coincidere con il sorgere del
diritto alla percezione e quindi con la cessazione del rapporto;
• l’ammettere che al momento della corresponsione - in caso di indennità liquidata minore
di quella accantonata - la differenza genera una sopravvenienza attiva da assoggettare a
tassazione (nel caso contrario, invece, una differenza deducibile) , significa confermare
implicitamente la non inerenza di quanto accantonato in vista della futura corresponsione
dell’indennità.
A sostegno della indeducibilità delle quote accantonate in ciascun esercizio, invece, la Cassazione, nella sentenza n. 24973 del 24.11.2006, richiama i principi già espressi in due precedenti pronunce della Corte (n. 7690 del 16.05.2003 e n. 24448 del 18.11.2005) nelle quali si afferma che:
“ l’indennità … suppletiva di clientela, che ha origine e disciplina esclusivamente collettiva, è.. dovuta solo se, il contratto a tempo determinato si scioglie ad iniziativa della casa mandante per fatto non imputabile all’agente, viene corrisposta dal preponente, è ragguagliata alle provvigioni relative agli affari conclusi ed è soggetta a particolari regole e limitazioni, previste dagli AEC succedutesi nel tempo, che non trovano corrispondenza nella disciplina legale della indennità di fine rapporto”
“l’indennità in questione in quanto connotata, per la disciplina collettiva che la regola, dall’incertezza dell’obbligo del preponente alla sua corresponsione, costituisce, in pendenza del rapporto di agenzia, un costo meramente eventuale sia nell’an che nel quantum e, come tale, (non accantonabile fiscalmente e, quindi) non deducibile dal reddito d’impresa, manifestando, invece, la qualità di componente negativo deducibile solo nell’esercizio in cui venga concretamente corrisposta”.
Contratto di agenzia Indennità suppletiva di clientela
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Disciplina dell’agente
Diversamente da quanto affermato sul tema della deducibilità in capo al soggetto mandante,
il trattamento dell'indennità suppletiva in capo all'agente non ha subito nel tempo alcuna
modifica. Più precisamente, le "indennità per la cessazione dei rapporti di agenzia", ai sensi
dell'art. 53 c. 2 lett. e) del TUIR, rientrano nella categoria dei redditi di lavoro autonomo, e,
in base all'art. 17 c. 1 lett. d) TUIR, sono assoggettate a tassazione separata.
Va peraltro, ricordato che l'art. 6 c. 1 Legge 388 del 2000 ha modificato il testo originario della
norma richiamata, estendendo il beneficio della tassazione separata – in passato limitato alle
indennità percepite dalle persone fisiche - alle indennità percepite dalle società di persone.
INDENNITA’
SUPPLETIVA
TASSABILE IN CAPO ALL’AGENTE
IN BASE A ARTT. 17-53 TUIR
Trattamento ai fini IVA
Sotto il profilo dell’IVA è necessario definire la natura dell'indennità suppletiva di clientela: il
quadro normativo vigente consente di affermare il carattere prevalentemente risarcitorio di tale
indennità, che troverebbe conferma nel diritto dell'agente alla percezione dell'indennità nelle
ipotesi di recesso da parte del preponente per causa non imputabile all'agente medesimo.
Il tal senso si è espressa anche la DRE Lombardia con nota del 31 luglio 1999, prot.
55585/95, nella quale è stato precisato che, tenuto conto della natura essenzialmente
risarcitoria dell'indennità suppletiva di clientela e considerato, conseguentemente, che
l'indennità stessa non può essere qualificata come corrispettivo dovuto per una prestazione
di servizio, essa consiste in un indennizzo non correlato ad una prestazione e relativo
all'utilità che l'agente ha apportato all'azienda del mandante, rappresentata soprattutto dal
procacciamento e dalla conservazione della clientela.
Per mancanza del requisito oggettivo, quindi, l'indennità medesima non è assoggettabile ad Iva.
INDENNITA’
SUPPLETIVA
NATURA RISARCITORIA = ESCLUSA DA IVA
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ATI – SOGGETTIVITÀ TRIBUTARIA a cura di Paolo Meneghetti*
Fornire una definizione generalmente accettata del contratto di associazione temporanea di imprese risulta estremamente complesso. La Corte dei Conti120 ha precisato che l’ATI rappresenta “una particolare realtà, provvista di peculiari caratteri oggettivi, di uno specifico nucleo di rapporti, di limitate e determinate finalità, non rinvenibili nel loro complesso assetto in qualsivoglia altro modulo di tipo associativo”. Per dirla con la Cassazione121, trattasi di un “contratto associativo atipico, distinto dal contratto di società, con il quale le parti pongono in essere un vincolo soltanto interno, non esteriorizzato e senza patrimonio né impresa, avente per oggetto la gestione in comune di un appalto di cui una delle parti risulti aggiudicataria; tale contratto appare diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela, rientrando in quelle forme contrattuali diverse ed, anzi, frequenti nell’attività economica delle imprese come combinazioni d’affari, talvolta temporanee e limitate ad uno o ad alcuni specifici rapporti, per lo più inerenti all’esercizio di opere pubbliche”. Nella sostanza, attraverso l’associazione temporanea di imprese, i soggetti aderenti manifestano l’intenzione di destinare ad una iniziativa economica solamente una parte della loro organizzazione d’impresa, mantenendo ciascuno la propria autonomia ed individualità. Il raggruppamento temporaneo di imprese può essere:
orizzontale; verticale; misto.
L’ATI orizzontale viene generalmente contratta qualora due o più imprese esercenti la medesima attività intendano aggiudicarsi un’opera per la quale, singolarmente, non possiedono i requisiti di natura economica necessari. In tale ipotesi, risulta indifferente per l’appaltante la ripartizione dei lavori tra la associate e la responsabilità di queste ultime si intende solidale nei confronti dell’appaltante. L’ATI verticale viene invece stipulata qualora le attività richieste per l’esecuzione dell’opera risultino scorporabili. In definitiva, la finalità della concentrazione di imprese consiste nell’integrazione di capacità tecniche ed esecutive distinte. Caratteristica di questo tipo di raggruppamento consiste nella limitazione della responsabilità di ciascuna impresa alla parte dei lavori che esegue, con l’eccezione della responsabilità solidale della mandataria. .Non ci soffermeremo sui requisiti tecnico-amministrativo richiesti per l’aggiudicazione dell’appalto in quanto esulano dalle finalità dell’intervento. L’ATI mista122 può ricorrere quando alcune imprese che sono parte di un’ATI verticale formano un sub-raggruppamento orizzontale ed eseguono la parte prevalente dell’opera, mentre le restanti, facenti parte del raggruppamento principale, si occupano ciascuna della parte scorporabile assegnatagli. Altro caso è quello di alcune imprese, parti di un’ATI verticale, formano un sub-raggruppamento orizzontale ed eseguono una parte scorporabile diversa da quella prevalente del raggruppamento principale. * Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) 120 C. Conti, sez. contr., 30.05.1990, n. 32. 121 Cass. 24.02.1975, n. 681. 122 L’ammissibilità di tale fattispecie è stata confermata dall’Autorità per vigilanza sui lavori pubblici con la determinazione n. 377 del 5.11.001: “… nell’ipotesi di appalto di opere pubbliche che preveda, oltre ai lavori della categoria prevalente, anche parti scorporabili dell’opera, è infatti consentita la partecipazione di associazioni temporanee sia in via orizzontale sia in linea verticale. La possibilità di associazioni di cd. tipo misto non è quindi esclusa dalla normativa vigente che, pertanto, ammette che la mandataria assuntrice delle lavorazioni della categoria prevalente sia un ‘ATI orizzontale e che la mandanti assuntrici delle lavorazioni di categorie diverse dalla prevalente siano anche più di un’impresa per ognuna di queste categorie, semprechè riunite in raggruppamento orizzontale”.
ATI – Soggettività tributaria
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Stabilito che per le imprese mandati sussiste una responsabilità solidale è quindi necessario chiedersi se questa consiste in una vera e propria coobligazione solidale nell’adempimento della prestazione primaria ovvero come garanzia fidejussoria. Le opinioni rilevabili in dottrina sono differenti ma, senza addentrarci nello specifico delle discussioni, riteniamo di poter concordare con quella parte che vede tale responsabilità come mera garanzia fidejussoria. L’associazione temporanea di imprese si fonda, tra le imprese che vi aderiscono, sulle regole generali del mandato. Le imprese che vi aderiscono sottoscrivono quindi un contratto di mandato con il contestuale conferimento ad una di esse del potere di rappresentanza nei confronti del soggetto appaltante, la mandataria. A questo punto pare opportuno osservare che il Ministero delle Finanze123 ha più volte affermato che “il rapporto di mandato” – rapporto che viene definito tra i soggetti aderenti dal contratto dall’ATI – “non determina di per sé organizzazione o associazione tra le imprese riunite, ognuna delle quali conserva la propria autonomia ai fini della gestione e degli adempimenti fiscali e degli oneri sociali e, conseguentemente, sulla correttezza degli adempimenti contabili e fiscali eseguiti ed eseguibili da ciascuna impresa in dipendenza dell’esecuzione dell’opera appaltata”. È quindi da condividere, a parere di chi scrive, la tesi invalsa in dottrina secondo la quale l’associazione temporanea di imprese non costituisce un soggetto passivo d’imposta a sé stante. Ne consegue che ogni impresa aderente sarà responsabile in proprio per eventuali debiti tributari. Differente è invece il caso in cui le imprese facenti parte di una associazione temporanea di imprese costituiscano una società consortile ai fini dell’esecuzione unitaria dell’opera. In una siffatta ipotesi, la società consortile, essendo un soggetto passivo di imposta, risponderà in proprio per quanto attiene gli obblighi contabili e fiscali cui è tenuta. È altresì opportuno rilevare che la società consortile, così costituita, non subentra nel rapporto contrattuale posto in essere dalle singole imprese costituitesi in associazione temporanea. A tal proposito si riporta uno stralcio della R.M. del Ministero delle Finanze 20.08.1998, n. 106/E/1998/17860: “…si fa presente che il citato articolo 26 del decreto legislativo n. 406 del 1991, consente, in effetti, la costituzione di società, anche consortile, tra le imprese riunite al fine dell' esecuzione unitaria, totale o parziale dei lavori. La società a tal fine costituita subentra - recita il richiamato articolo 26 - senza che ciò costituisca ad alcun effetto subappalto o cessione di contratto, nell' esecuzione totale o parziale del contratto, ferme restando le responsabilità delle imprese riunite. La norma, come è evidente, consente alla società consortile di subentrare esclusivamente nell' esecuzione del contratto e non anche nel rapporto contrattuale posto in essere dalle singole imprese con la stazione appaltante. La società consortile esecutrice dei lavori, quindi, avrà relazioni dirette solo con terzi e con le imprese riunite le quali mantengono i rapporti derivanti dall' originario contratto con la stazione appaltante nei cui confronti, come già chiarito con la Risoluzione ministeriale 1-8-1987 n. 460487, sono tenute ad emettere fatture per gli importi di propria spettanza. La società deve, invece, emettere, per i costi sostenuti, fatture nei confronti delle singole imprese riunite in proporzione alle rispettive quote”.
123 R.M. del Ministero delle Finanze n. 445923 del 11.11.1991 e n. 9/782 del 17.11.1983.
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CREDITI – MINUS DA NEGOZIAZIONE E MINUS DA VALUTAZIONE
a cura di Paolo Meneghetti*
L’azienda, nel corso della sua esistenza, si trova spesso nella condizione di effettuare
operazioni che sono mirate all’ottenimento di risorse liquide. Tra la moltitudine dei servizi
erogati dagli istituti di credito si colloca l’operazione di cessione del credito.
Attraverso la cessione del credito l’impresa cede i crediti vantati nei confronti dei propri
clienti a società terze, le società di factoring. Le imprese si avvalgono con sempre maggior
frequenza di tale schema contrattuale al fine di ottenere risorse liquide, ed al fine di
incassare almeno una parte del credito, a fronte del realizzo di una perdita su crediti
riconosciuta fiscalmente.
La cessione del credito può avvenire attraverso due differenti modalità: la cessione pro
soluto e la cessione pro solvendo.
Quando la cessione del credito avviene pro soluto, il credito viene ceduto all’acquirente ad un
valore inferiore rispetto a quello nominale. In questo caso si verificherà, in capo al cedente,
una minusvalenza da negoziazione certa, determinata, e di conseguenza deducibile.
Esempio Valore nominale del credito = € 100.000 Valore ceduto = € 90.000
Minusvalenza da negoziazione = € 10.000
Ad onor del vero, sia la prassi ministeriale124 sia la giurisprudenza125, hanno escluso tout
court la possibilità che la cessione del credito pro soluto possa dare origine ad una
minusvalenza deducibile, ex articolo 101 del Tuir, in capo al cedente. Tale minusvalenza
risulterebbe infatti deducibile solo nel caso in cui sia stata esperita, da parte del cessionario,
la procedura esecutiva di recupero del credito senza alcun successo, ovvero nel caso in cui il
creditore ceduto si trovi in stato di procedura concorsuale.
Quanto sostenuto da Corte di Cassazione e da Ministero delle Finanze ha poi trovato il parere contrario della C.T.P. di Sassari126, la quale ha ribadito alcuni dei principi invalsi in dottrina. In particolare, la C.T.P. di Sassari, sostenendo la tesi favorevole alla deducibilità delle
minusvalenze derivanti dalla cessione del credito pro soluto, ha affermato che la cessione del credito pro soluto per un prezzo inferiore al valore nominale del credito origina una “perdita da negoziazione”, ovvero una “minusvalenza da realizzo”, ex articolo 101, c. 1, Tuir.
* Pezzo aggiornato al 29/12/2006 (Quarta giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) 124 R.M. 13.03.1982, n. 9/634. 125 Si veda, ad esempio, Cass. n. 7555 del 2002; in questa occasione la Suprema Corte aveva avuto modo di ribadire che la cessione del credito pro soluto non configura l’esistenza di elementi certi e precisi, non rilevando fiscalmente la perdita rilevata. L’esistenza di elementi certi e precisi si manifesta infatti allorché sia stata esperita, da parte del cessionario, la procedura esecutiva di recupero del credito senza alcun successo, ovvero nel caso in cui il creditore ceduto si trovi in stato di procedura concorsuale. In aggiunta la Corte aveva precisato che la cessione dei crediti pro soluto ad un prezzo di molto inferiore al loro valore nominale non esonera il cedente a documentare con precisione la certezza della perdita rilevata. 126 Sentenza 11.06.2004, n. 67.
Crediti – Minus da negoziazione e minus da valutazione
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Il trattamento fiscale delle minusvalenze derivanti da valutazione è differente. L’articolo 106 del Tuir stabilisce infatti che le perdite su crediti sono deducibili solamente per la parte che eccede l’ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti nei precedenti esercizi, qualora derivino da elementi certi e precisi. L’articolo 101, c. 5 , Tuir, stabilisce quindi che, in ogni caso, le perdite su crediti sono deducibili se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali127. La tesi della deducibilità delle minusvalenze da cessione del credito quale minusvalenze da negoziazione ha trovato ampio risalto in dottrina. La differenza tra minusvalenza da negoziazione e da valutazione negoziazione è di tutta evidenza, al punto che aderendo a questa convincente tesi non vi sarebbe più alcun distinguo tra l’istituto della cessione pro soluto e quella pro solvendo: in entrambi i casi la perdita deriva dalla negoziazione ed è in tal senso assolutamente certa e determinabile. Poi nel caso della cessione pro solvendo, alla perdita già certa si può aggiungere un ulteriore elemento negativo per il cedente rappresentato dall’azione di regresso eseguita dal cessionario del credito che ha potuto riscuoterlo per insolvenza del debitore. Si veda questo esempio: Credito = 100 Cessione pro solvendo al valore di 90 > perdita da negoziazione certa e precisa al momento della cessione = 10. Successivamente il cessionario dimostra l’avvenuto incasso per 70 addebitando l’importo di 30 al cedente tramite azione di regresso. Per il cedente alla perdita di 10 si somma la perdita di 30, somma che comunque non poteva che incrementare la perdita originaria.
MINUSVALENZA
CESSIONE DEL CREDITO
DA NEGOZIAZIONE
DA VALUTAZIONE
DEDUCIBILI II.DD. DEDUCIBILI
• per parte eccedente svalutazioni ed accantonamenti dedotti
precedentemente
• se elementi certi e precisi 127 Il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
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La quinta giornata del Master Breve – Area Giuridica, affronterà il seguente argomento:
LA GESTIONE DEL RAPPORTO SOCIO/SOCIETA’: FASE COSTITUTIVA E CLAUSOLE STATUTARIE
Secondo il seguente calendario:
MILANO (1^ ed) 06 febbraio 2007
MILANO (2^ ed) 07 febbraio 2007
BRESCIA 07 febbraio 2007
VERONA 08 febbraio 2007
TREVISO 09 febbraio 2007
VENEZIA 09 febbraio 2007
TORINO 13 febbraio 2007
GENOVA 14 febbraio 2007
ALESSANDRIA 14 febbraio 2007
PESARO 15 febbraio 2007
ROMA 16 gennaio 2007
FIRENZE 20 febbraio 2007
BOLOGNA 20 febbraio 2007
BERGAMO 21 febbraio 2007
UDINE 22 febbraio 2007
VICENZA 27 febbraio 2007
CAGLIARI 28 febbraio 2007
Per ulteriori informazioni telefonare allo 045/8201828 o consultare il sito www.euroconference.it