Progetto RiUscire Rete Universitaria SocioCulturale per l'Istruzione e il Recupero in Carcere
Key A2 - Cooperation for innovation and the exchange of good practices - Codice attività: 2014-1-IT02-KA204-003517 CUP (E62I14000310005)
Intellectual Output 05
Study Report: Good Practices Analysis Fase del progetto/Project phase Implementation Descrizione/Description Ricognizione di buone pratiche riguardanti i modelli ed i percorsi di: educazione linguistica e/o culturale per detenuti nei Paesi coinvolti; formazione per il miglioramento di competenze interculturali degli operatori coinvolti; aggiornamento/perfezionamento/formazione per docenti che operano in contesto penitenziario.
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(O5) The Study Report contains the results of the Good Practices collection and analysis carried out in the partner countries. They concern models for linguistic/cultural education for inmates; training for the improvement of intercultural communication skills for penitentiary staff and teachers. The analysis of the good practices has been conducted with the revision of the three anonymous referees. The results are widely descripted in the volume: A. Benucci, G.Grosso, Buone pratiche e repertori linguistici in carcere, 2017, Roma, Aracne. Report 2. Buone Pratiche: definizioni e campo di indagine
Il concetto di ‘buona pratica’, per la sua genericità è sempre stato di difficile definizione e ancora di più riguardo alla nozione che assume in contesto penitenziario europeo, al cui interno è possibile proporre una notevole varietà di tecnologie e azioni innovative da impiegare nell’istruzione, nella formazione e nella rieducazione sociale dei detenuti. Le buone pratiche sono sempre più evocate negli ultimi decenni in particolar modo in alcun ambiti come quello medico-‐sanitario o dell’industria e del commercio, in misura ridotta in ambito pedagogico e glottodidattico anche per l’innegabile difficoltà di riportarne i risultati con quantificazioni e qualificazioni ben determinabili in questo ambito di studio. Nel documento del portale al servizio delle camere di commercio e delle loro articolazioni
troviamo1: il concetto di buona pratica si utilizza per descrivere i risultati, i punti di forza e di debolezza, ed i processi di un qualsivoglia progetto o iniziativa in relazione alle sue linee operative, all’efficacia del suo svolgimento ed alle sue modalità di realizzazione. In questo senso, una pratica – un’idea progettuale, un approccio metodologico, una soluzione operativa – si connota come buona per l’efficacia dei risultati che ha consentito di raggiungere, per le sue intrinseche caratteristiche di qualità e innovatività, e per il contributo offerto alla soddisfazione del bisogno o alla soluzione dell’eventuale problema che l’ha fatta intraprendere. Le buone pratiche sono utili da condividere e divulgare nella misura in cui tali esperienze siano in grado di alimentarne di nuove in contesti diversi da quello originario, o rappresentino un riferimento efficace per trarre spunti, informazioni e soluzioni utili ad innestare sviluppi innovativi o implementazioni alle proprie iniziative, ovvero essere adattate – con le dovute accortezze -‐ al proprio contesto locale ed alle proprie esigenze interne. E’, questa, evidentemente una definizione in sé molto generica che può riferirsi a campi e a
circostanze diversificati. Gli attributi più ricorrenti nella definizione di ‘buona pratica’ si riferiscono direttamente o
indirettamente alla possibilità di un miglioramento della qualità del prodotto/azione e alla sua applicabilità in contesti e situazioni altri da quello originario. Si tratterebbe dunque di iniziative, progetti, azioni e politiche innovative che possono portare a tangibili miglioramenti nel campo in cui vengono applicate permettendo di raggiungere i risultati prestabiliti e che possono essere assunte a modello per altre pratiche in contesti nuovi e diversificati.
Altre definizioni di Buona Pratica sottolineano le caratteristiche dell’efficienza e dell’efficacia, secondo Cittadinanzattiva Onlus
si definisce buona pratica ogni iniziativa di successo volta a migliorare contestualmente l'efficienza (economicità) e l'efficacia (come modalità per soddisfare, in maniera adeguata, i bisogni e le aspettative dei cittadini) della gestione ed erogazione dei servizi
1 AGO (Apprendimento Gestione Organizzazione), Unioncamere 2016.
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mentre per il Beep Glossary (2003), invece, l’accento è posto sul carattere della trasferibilità e la
possibilità di trarre ispirazione per la creazione di nuove pratiche: the best examples of practice, e.g. which methods, tools, organisation, systems, technology, etc., were used to achieve the excellent performance seen. Such examples should also imply ease of transference to other situations where users have similar objectives and should facilitate learning by them. In Beep, best practice is the tool used to show how the best performers achieve their excellent results. Beep users find best practice by searching the Knowledge Base using characteristic indicators only, so that the user seeks inspiration and information. This is looking for Best Practice only and does not involve Benchmarking. The user is probably looking for ideas and inspiration as to how to do something he/she has not yet tried, thus has no need of Benchmarking. Nell’indagine del Centre for Educational Innovation dell’Università del Sussex learning to transfer practices is not just a one-‐sided thing that the originator does more or less effectively. It is also a reciprocal process that not only requires negotiation between those involved, but also significant engagement with the professional and student cultures of the participating institutions2. I fattori che favoriscono la trasferibilità di pratiche (di classe, organizzative e di management) da
un’istituzione scolastica all’altra riguardano dunque i rapporti tra i professionisti e gli istituti coinvolti che favoriscano lo scambio di esperienze e la fiducia nelle opinioni, l’idea e l’identità di insegnanti e istituzioni in merito ai propri ruoli e posizioni professionali dato che queste influiscono inevitabilmente sui processi collaborativi di condivisione delle pratiche, infine il grado di coinvolgimento del destinatario. La catalogazione delle Buone Pratiche del Fondo Sociale Europeo3, rivolta a tutti i soggetti coinvolti
nella ideazione/programmazione e valutazione di iniziative comunitarie, riconosce da una parte l’importanza dell’individuazione delle buone pratiche e della loro trasferibilità ma “evidenzia anche la difficoltà di “catturarle”entro parametri univoci e oggettivamente definibili […] tale difficoltà si rileva, in particolare, quando dalla teoria si passa all’effettiva creazione di cataloghi o raccolte di buone pratiche a livello comunitario o nazionale. Questo processo si scontra infatti con numerosi ostacoli che spesso rendono problematica la stessa individuazione dei criteri o delle linee guida per procedere alla loro selezione […] la sostanziale assenza di linee guida condivise tra i diversi paesi fa sì che nei database comunitari siano compresi progetti considerati come buone pratiche in un paese, ma che non sarebbero reputati tali se analizzati con i criteri di un altro” (2008: 11). Le raccolte di Buone Pratiche possono essere rivolte a soggetti con differenti statuti e avere natura
ben differenziata tra di esse comprendendo per esempio cataloghi per le attività di operatori, dati su eventi, analisi di risultati conseguiti in ambiti ben distanti tra di essi. Il macro ambito che qui maggiormente interessa è quello del contatto linguistico, socio-‐
(ri)educativo, culturale, didattico. Un modello di analisi già sufficientemente sperimentato e condiviso a livello educativo europeo è quello elaborato all’interno delle azioni del Progetto Redinter4 che, seppur con finalità scientifiche e pratiche ben distinte da quelle del Progetto RiUscire, con quest’ultimo condivide una parte della tipologia dei destinatari (insegnanti, studenti), ambienti di realizzazione con vocazioni simili (università, corsi scolastici, corsi di lingua), azioni di didattica delle lingue e delle culture. Si è quindi partiti dalla condivisione della definizione di buona pratica già elaborata dagli intercomprensionisti, molti dei quali si occupano di diffondere l’intercomprensione anche in ambiti di
2 M. Fielding, S. Bragg, J. Craig, I. Cunningham, M. Eraut, S. Gillinson, M. Horne, C. Robinson, J. Thorp 2005: 26. 3 M. Mancini, M. D’Angelo, L. Accogli (2008). 4 Il Progetto Redinter (Rede Europiea de Intercompreensao), chiuso nel 2013, ha costituito la prima rete tematica sull’IC creata all’interno delle reti
europee del Programma trasversale – Activité Clé n° 2; riuniva le istituzioni europee che si occupavano di IC ed era coordinata dell’Universidade Católica Portuguesa, Centro Regional das Beiras VISEU con la partecipazione di 27 istituzioni di vari paesi.
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svantaggio sociale, sottolineando da una parte la riconoscibilità dei loro risultati e la possibilità di reimpiego: «Le “Buone pratiche” in quanto attività pedagogica (progetto, linea-‐guida, materiali didattici, ecc.) dovrebbero permettere di raggiungere i risultati previsti grazie al loro valore riconosciuto, tale da costituire un modello, e poter essere riutilizzate con profitto in contesti nuovi e diversificati» (Benucci, 2011: 30). Per rendere il più possibile oggettiva la catalogazione delle pratiche e la loro classificazione, gli esperti di Redinter avevano elaborato 15 criteri di analisi, che hanno costituito anche la base per la ricerca in RiUscire, pur con le dovute cautele già evidenziate: Riteniamo che per poter utilizzare questi criteri nella valutazione delle BP si debbano tenere ben presenti difficoltà sia intrinseche che estrinseche del concetto stesso. Riguardo alle difficoltà intrinseche, è ormai chiaro che tali 15 criteri non possono essere sufficienti a delimitare il concetto di BP e non offrono garanzie di corretta categorizzazione. Cosa può significare il riconoscimento istituzionale nelle diverse realtà europee ed extraeuropee? E inoltre, come si può valutare l’efficacia di apprendimento in mancanza di un sillabo per l’IC a cui fare riferimento per valutare gli effettivi risultati raggiunti nella comprensione? (Benucci, 2015a: 211) Nonostante tutte le difficoltà a cui si è accennato trarre profitto dalle esperienze altrui è
fondamentale per lo sviluppo di politiche e pratiche di successo ed è inoltre necessario condividere tali esperienze che troppo spesso sono restate confinate all’interno della singola organizzazione/istituzione che le ha attuate e/o concepite, magari anche con successo. I 15 criteri di qualità per la valutazione delle buone pratiche in ambito penitenziario stabiliti dal
gruppo di ricerca RiUscire sono: efficacia, efficienza, livello di innovazione, accessibilità, facilità di organizzazione, riconoscimento istituzionale, sostenibilità, riproducibilità, coerenza con i principi ispiratori, efficacia di apprendimento, grado di coinvolgimento e di soddisfazione di insegnanti e apprendenti, esplicitazione della concezione e riflessione sul processo di apprendimento, sensibilizzazione al ricorso a preconoscenze5. La diffusione di buone pratiche e la loro realizzazione costituisce un valore aggiunto alla politica
rieducativa europea malgrado l’eterogeneità dei sistemi di detenzione, istruzione e formazione professionale presenti, oltre all’oggettiva l’impossibilità di individuare un unico approccio educativo, e costituisce un vantaggio non soltanto nei confronti del detenuto, ma anche nei confronti della società, in quanto, diminuendo il tasso di recidiva, diminuiscono anche le situazioni di pericolo per i cittadini stessi6. E’ possibile ad ogni modo, partendo dalla condivisione di esperienze e dalla collaborazione quali sono presenti in RiUscire, rintracciare caratteristiche comuni che permettano di considerare una pratica come ‘buona’ e pertanto trasferibile in contesti e paesi diversi. Almeno per il settore di interesse e per gli obiettivi che riguardano il Progetto7.
3. Modalità di classificazione, valutazione e analisi Ciascun partner ha provveduto alla ricognizione delle pratiche più diffuse nel proprio paese fino a
marzo 2016 tenendo presenti per la loro individuazione i 15 criteri stabiliti: le pratiche censite sono 22 per la Francia, 14 per il Portogallo, 20 per la Germania, 14 per la Spagna e 60 per l’Italia; in totale 130. Il Portogallo è il paese che ha creato più difficoltà nel reperimento di pratiche e progetti di
5 Criteri riportati nella Tab. 2. 6 L. Lochner, E. Moretti E. (2004). I vantaggi, come sostiene Del Sette nella sua tesi di laurea Magistrale “Le buone pratiche nelle carceri
italiane ed europee” a. a. 2015-‐216, sono evidenti anche a livello economico, è stato infatti dimostrato che nel Regno Unito i costi per i detenuti che reiterano il crimine costituiscono una percentuale rilevante del costo della criminalità per la società: lo studio condotto dal Matrix Knowledge Group (Lifelong Learning and Crime: An Analysis of the Cost Effectiveness of In Prison Educational and Vocational Interventions, IFLL Public Value Paper 2, Leicester, National Institute for Adult and Continuing Learning NIACE, 2009 http://www.niace.org.uk/lifelonglearninginquiry/docs/Public-‐value-‐paper-‐2.pdf) sostiene che per ogni sterlina investita nell’educazione in carcere, il beneficio economico di ritorno è equivalente a 2.50£, quindi più del doppio dell’investimento effettuato.
7 Per una più puntuale trattazione delle Buone pratiche in RiUscire si veda A. Benucci, M. Birello (2017) e S. Carmignani (2012).
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integrazione dei detenuti, questo Paese, infatti, pur avendo aderito ad alcuni progetti come ente partner, ed essere il capofila di un numero limitato di progetti appare come quello meno capace di dare visibilità alle, pur se scarse, iniziative presenti nei suoi penitenziari. D’altronde, secondo il dossier Immigrazione gli stranieri in questo Paese sono soltanto il 3,8% della popolazione (riferimento alla fine del 2015). Le buone pratiche e i dati sull’Italia sono molto più numerosi e dettagliati di quelle degli altri Paesi, e ciò non soltanto perché l’Università per Stranieri ne ha monitorato da tempo l’esistenza e la natura ma anche perché l’Italia sembra essere il Paese più capace di allestire e disseminare le pratiche, anche grazie ad una rete capillare di associazioni di volontariato ed enti che a vario titolo operano ormai da anni in carcere. In gran parte i progetti analizzati sono stati elaborati e finanziati all’interno del programma
comunitario Grundtvig, del Lifelong Learning Programme8, rivolto a istituzioni, persone, enti e organizzazioni che operano nel campo dell’istruzione degli adulti. Per la raccolta e la catalogazione delle pratiche è stata concepita una scheda di rilevazione (cfr. Tab.
1) composta da sezioni con più livelli di approfondimento, sia a carattere descrittivo sia analitico, inviata ai contatti che ciascun partner ha nel paese e inserita nel sito del Progetto, contenente la descrizione sintetica e anagrafica del progetto, la descrizione del materiale e le specifiche del progetto, dati informativi sui partecipanti al progetto e indicazioni per eventuali contatti, livello di reperibilità di eventuale materiale. Le pratiche possono essere anche suddivise in merito all’essere direttamente o indirettamente
rivolte al detenuto. Nella seconda categoria rientrano quelle destinate alla formazione di operatori e insegnanti del carcere, che vertono su aspetti strettamente legati alla professione come metodologia e pedagogia della gestione di classi multietniche, plurilinguistiche e multilivello per insegnanti oppure di sensibilizzazione all’intercultura e anche alla gestione dei fenomeni di razzismo, violenza fisica e psicologica per gli operatori9. I programmi di istruzione e formazione, le azioni rieducative e trattamentali presenti all’interno dei
penitenziari europei rivolti direttamente al detenuto afferiscono a tre macro categorie: - istruzione generale tramite corsi in cui vengono insegnate materie scolastiche (talvolta universitarie) come storia, scienze, letteratura, matematica, geografia, lingua del paese ospite, informatica oppure di prima e seconda alfabetizzazione in L2: la prima tipologia di questi corsi è erogata tramite i rispettivi sistemi scolastici e universitari mentre la seconda è per lo più affidata ad associazioni di volontariato o a enti che non afferiscono ai ministeri dell’istruzione e della ricerca; - istruzione e formazione professionale con corsi che mirano a fornire ai detenuti competenze, conoscenze e abilità necessarie per svolgere attività lavorative intramurarie o per entrare nel mercato del lavoro: questi progetti sono generalmente gestiti da cooperative e possono coinvolgere le aziende e le imprese del territorio; - istruzione non formale che verte soprattutto in attività per lo sviluppo di competenze trasversali necessarie ad aiutare il detenuto nella gestione della rabbia, della depressione, e di altri comportamenti connotati da disturbi della personalità, ma anche a praticare l’autostima e la fiducia in sé stesso. In genere riguardano l’arte, il teatro, la musica e tutto ciò che può essere di ausilio per la riflessione individuale e di gruppo, per apprendere ad interagire e puntano dunque al reinserimento affettivo nella società. Le pratiche raccolte dovevano comunque fondarsi su alcuni aspetti inerenti agli obiettivi prefissati
con RiUscire: -‐ percorsi linguistico-‐professionali; -‐ percorsi linguistici (L1-‐L2-‐LS);
8 Il Lifelong Learning Programme, o Programma di Apprendimento Permanente, è progettato dall’Unione Europea per consentire agli individui di
ricercare e prendere parte ad attività di apprendimento stimolanti in tutto il territorio comunitario, durante l’intero arco della loro vita. 9 Nel documento europeo sull’educazione e la formazione nelle prigioni europee a cura di J. Hawley, I. Murphy, M. Souto-Otero (2013) si affronta
la complessità della tipologie di pratiche circolanti nelle carceri europee e vengono riportati alcuni esempi di qualitatàn Prison education and training in Europe. Current state-of-play and challenges.
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-‐ parzialità delle competenze da sviluppare; -‐ trasversalità degli apprendimenti; -‐ valore di reinserimento sociale; -‐ percorsi di comunicazione (interculturale); -‐ percorsi di metodologia (glotto)didattica-‐educativa; -‐ percorsi di ricerca educativa; -‐ analisi e sviluppo dei bisogni formativi degli attori del contesto penitenziario; -‐ azioni di genere e pari opportunità; -‐ reti di progetti educativi relativi all’ambiente penitenziario; -‐ progetti finanziati con programmi europei o nazionali.
Tab. 1 -‐ Scheda di segnalazione di Buone Pratiche: progetti e attività in carcere su lingua italiana per stranieri e lavoro, progetti europei e italiani finanziati, progetti e corsi di formazione per personale, ecc. Ai fini della costituzione di una banca dati il più possibile esaustiva Vi chiediamo cortesemente se potete segnalarci iniziative o progetti
attinenti alle finalità del progetto che a vostro avviso sono di interesse. Finalità RiUscire
Descrizione del
materiale da inserire
nella banca dati
Le Buone pratiche devono essere: -‐ percorsi linguistico-‐professionali; -‐ percorsi linguistici (L1-‐L2-‐LS); -‐ parzialità delle competenze da sviluppare; -‐ trasversalità degli apprendimenti; -‐ valore di reinserimento sociale; -‐ percorsi di comunicazione (interculturale); -‐ percorsi di metodologia (glotto)didattica-‐educativa; -‐ percorsi di ricerca educativa; -‐ analisi e sviluppo dei bisogni formativi degli attori del contesto penitenziario; -‐ azioni di genere e pari opportunità; -‐ reti di progetti educativi relativi all’ambiente penitenziario; -‐ progetti finanziati con programmi europei o nazionali.
Dati informativi
sui partecipanti al progetto
Ente/soggetto responsabile: ……………………………..……. Data inizio: …………………………………………………… Data termine: …………………………………………………. Luogo di svolgimento: ..……………………………………… Responsabile dell’iniziativa: ..………….…………………….. Indicazioni per il contatto: …..……….………………………. Reperibilità del materiale su: -‐-‐-‐-‐-‐…………………….……….
Dopo aver raccolto tutte le schede delle pratiche si è proceduto alla loro valutazione ricorrendo a referee di differenti paesi e conoscenze linguistiche diversificate, non partecipanti al Progetto o ad altri in ambito penitenziario, dunque esperti esterni, ma con solide competenze nell’ambito della linguistica educativa e del contatto, della comunicazione, della didattica delle lingue, della valutazione di progetti e materiali didattici/operativi/scientifici. Per la valutazione delle singole Buone Pratiche è stata adattata la scheda già elaborata e
sperimentata dal Coordinatore di Riuscire per il Progetto Redinter (con i 15 criteri a cui si è accennato nel par. 2.2.) e composta da 10 criteri di analisi: - efficacia: i risultati conseguiti sono efficaci e in linea con gli obiettivi iniziali del progetto, nell’ottica di reinserimento sociale del detenuto; - efficienza: il bilancio tra risorse investite per la sua realizzazione e i risultati conseguiti è equilibrato e favorevole; - coerenza: garantisce una coerenza interna ed esterna tra le azioni attuate e gli obiettivi di reinserimento socio-professionale dei detenuti;
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- riproducibilità: è possibile trasferire il progetto in contesti locali e culturali diversi da quello di partenza; - grado di coinvolgimento e soddisfazione: i beneficiari del progetto si sentono coinvolti e sono soddisfatti delle attività intraprese e dei risultati conseguiti, e sviluppa un migliore atteggiamento nei confronti della diversità culturale e valorizzazione della stessa oppure una maggior fiducia nei confronti della possibilità di reinserimento professionale da parte dei detenuti; - innovatività: vengono utilizzate attività, metodologie e strumentazioni nuove e creative che stimolino la partecipazione dei beneficiari e di altri soggetti esterni al sistema carcerario; - accessibilità: misura il grado in cui l’organizzazione e la partecipazione da parte dei detenuti viene facilitata e resa possibile, anche a livello economico; - valore aggiunto: misura i cambiamenti prodotti all’interno del contesto penitenziario e i risultati conseguiti nella diminuzione del tasso di recidiva; - riconoscimento istituzionale: valuta se e in che modo la pratica venga riconosciuta e/o promossa a livello istituzionale; - sostenibilità: valuta se la pratica viene portata avanti sulla base di risorse già esistenti e allo stesso tempo se è in grado di continuare a produrre effetti e benefici oltre la durata dell’intervento.
Per ogni criterio i referee hanno assegnato un voto da 1 a 5, la media finale dei 10 criteri dà come risultato il voto complessivo della pratica.
Il modello di scheda utilizzato per la valutazione è il seguente:
Tab. 2 Scheda di valutazione delle Buone Pratiche in RiUscire per i referee
Numero PROGETTO
Criteri Definizione Risposte Punteggio
1. Efficacia Produce risultati in linea con gli obiettivi del progetto adeguati rispetto agli effetti diretti sui destinatari finali ed agli effetti indiretti sul contesto sociale in relazione al reinserimento lavorativo dei detenuti.
5
4
3
2
1
2. Efficienza Garantisce un bilancio favorevole tra risorse utilizzate per la sua realizzazione (esperti di problematiche linguistiche e di reinserimento socio-‐professionale di detenuti) e risultati conseguiti (effettive esperienze di reinserimento dei detenuti, realizzazione di percorsi di comunicazione interculturale).
5
4
3
2
1
3. Coerenza Garantisce una coerenza interna (tra attività, risultati e obiettivi) e esterna di riferimento, ovvero l’educazione degli adulti e le raccomandazioni dell’UE in merito al reinserimento socio –professionale dei detenuti stranieri.
5
4
3
2
1
4. Riproducibilità È possibile replicare alcuni aspetti del modello proposto in contesti nuovi, simili o diversi dal contesto in cui è stata realizzata originariamente (ad esempio, ad altre tipologie di target quali l’intera popolazione carceraria donne detenute o minori, o soggetti svantaggiati in generali, minoranze).
5
4
3
2
1
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5. Grado di coinvolgimento e soddisfazione
Elicita, stimola e favorisce le risorse tecniche, culturali e umane del target di riferimento, ovvero insegnanti, apprendenti detenuti e operatori penitenziari. Sviluppa attitudini positive (dirette e indirette) nei partecipanti, come ad es. un migliore atteggiamento nei confronti della diversità culturale e valorizzazione della stessa (nel caso degli operatori) oppure una maggior fiducia nei confronti della possibilità di reinserimento professionale da parte dei detenuti.
5
4
3
2
1
6. Innovatività Fornisce soluzioni nuove e creative a livello di prodotto e/o di processo (es. modalità di gestione, metodologia di monitoraggio e di valutazione, sistema di disseminazione dei risultati...). Stimola la partecipazione attiva dei beneficiari e di altri soggetti (contesto lavorativo, referenti istituzionali)? vengono forniti ai detenuti reclusi strumenti per lo sviluppo dell’autoimpiego. vengono sperimentate pratiche di integrazione fra politiche sociali, della formazione e del lavoro? Coinvolge attori sociali esterni al contesto penitenziario, come ad es. Università, imprese, istituti bancari, aumentando la capacità di creare reti.
5
4
3
2
1
7. Accessibilità Sono economiche e pratiche l'organizzazione e la partecipazione? L’organizzazione e la partecipazione dei detenuti stranieri reclusi, degli insegnanti e del personale penitenziario viene facilitata.
5
4
3
2
1
8. Valore aggiunto Produce qualche cambiamento nel contesto penitenziario e sociale. Contribuisce alla caduta/all’abbassamento del tasso di recidiva tra le persone detenute. Migliora le competenze degli insegnanti e del personale penitenziario nella gestione della diversità culturale.
5
4
3
2
1
9. Riconoscimento istituzionale
Valutare se la pratica è stata riconosciuta, rispettata o promossa a livello istituzionale e inclusa e utilizzata all’interno di una progettazione organica di interventi destinati al contesto penitenziario.
5
4
3
2
1
10. Sostenibilità È fondata su risorse (finanziarie, professionali, tecnologico-‐logistiche) esistenti o è capace di generare nuove risorse (per es. ci sarebbe qualcuno disposto a pagare per questo tipo di corso/materiale/progetto...). È capace di continuare a esistere o a produrre effetti anche oltre la durata dell'intervento.
5
4
3
2
1
Media punteggio
A questo punto si poneva il problema di stabilire la soglia che permettesse di considerare “buone” alcune pratiche rispetto ad altre ritenute solo “pratiche”: si è ritenuto opportuno valutare come “buone” solo le pratiche che in seguito al referaggio avessero ottenuto un punteggio medio non inferiore a 3,0. Il voto medio di ogni pratica è stato stabilito sulla base di dieci criteri di qualità che tenessero conto dei tratti intrinseci alla pratica, ma anche dei beneficiari e della considerazione da parte di enti esterni. Ben l’88,47% delle 130 pratiche analizzate è risultato “buono”; sono quindi state scartate le restanti
pratiche per procedere all’ulteriore analisi funzionale alla classificazione.
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Ai fini della definitiva classificazione si è proceduto ad individuare le azioni principali a cui si rivolgono le pratiche, ciò che ha permesso di raggrupparle per tipologia e quindi di poterle, pur se concepite per contesti e destinatari non coincidenti, confrontare. Queste azioni sono:
- lavoro sui linguaggi: comprende tutte le pratiche che mirano a far lavorare il detenuto sulle sue capacità di espressione grazie all’arte in generale e ad attività alternative come laboratori teatrali, di cinema, di danza e musica o di pittura e disegno;
- insegnamento L1-L2: corsi di L2 indirizzati a detenuti stranieri per l’apprendimento della lingua del posto, o di L1 indirizzati anche a detenuti nazionali con scarsi livelli di istruzione o a livelli di analfabetismo;
- comunicazione: progetti che puntano a facilitare la comunicazione e la condivisione di esperienze tra i partner coinvolti;
- trasversalità degli apprendimenti: progetti atti a promuovere la formazione dei detenuti attraverso percorsi multidisciplinari;
- arti plastiche: attività che danno ai detenuti la possibilità di confrontarsi con diversi materiali o forme d’arte (scultura, pittura, produzione di gioielli e oggettistica) e forme di espressione grazie alle quali il detenuto può distrarsi dalla sua condizione, ma anche esprimere sé stesso e quello che prova;
- ricostruzione sociale: attività di supporto al detenuto per il suo percorso di riabilitazione e reinserimento sociale; queste attività iniziano all’interno del carcere ma possono proseguire anche all’esterno, per esempio aiutando l’ex-detenuto a cercare lavoro o a mantenere i rapporti con la sua famiglia;
- formazione professionale: progetti che coinvolgono il detenuto, ma anche associazioni ed imprenditori esterni al sistema carcerario che decidono di investire su questo settore di manodopera; in questo modo il detenuto ha la possibilità di acquisire abilità pratiche e di riscattarsi e riacquisire la dignità attraverso il lavoro;
- formazione operatori penitenziari: rientrano in questo campo tutti i progetti che puntano alla formazione giuridica, interculturale e sociopedagogica di tutto il personale che opera all’interno dell’ambiente carcere, dalle guardie agli educatori, ma sono presenti anche progetti che abbiano come scopo l’informazione e la sensibilizzazione della società per la decostruzione dei pregiudizi nei confronti di detenuti ed ex-detenuti;
- corso di informatica: per dare ai detenuti la possibilità di acquisire le competenze informatiche di base che gli saranno utili in campo lavorativo, ma che possono sfruttare anche per la loro istruzione o per l’apprendimento a distanza;
- corso di scrittura: questi corsi si basano sulla considerazione che la scrittura è sempre stato un modo per aumentare nei detenuti la consapevolezza della propria condizione, del proprio passato e del tempo che scorre e per stimolare in loro la volontà di migliorare la propria vita, spesso consistono nella scrittura di lettere, racconti o articoli di giornale che parlino delle loro esperienze; tale abilità è poi, d’altronde, fondamentale in carcere dove gran parte della comunicazione formale passa per il canale scritto (cfr. le “domandine” nella realtà italiana10);
- istruzione (e-learning): ai detenuti viene data la possibilità di assistere (a discrezione delle strutture carcerarie e delle possibilità economiche dei singoli detenuti) a lezioni a distanza con l’aiuto di materiale telematico e tutor personali;
- corso di lettura: attività di lettura, di gruppo o singole, che stimolino la riflessione e la presa di coscienza da parte del detenuto sulla sua condizione e sulle motivazioni alla base dei suoi comportamenti.
10 Sulle “domandine” cfr. A. Benucci 2007a.
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I. 3.
Buone Pratiche in Italia
di ANTONELLA BENUCCI 1. Detenuti e carcere in Italia
La presenza di stranieri nelle carceri è un fenomeno relativamente recente per il sistema penale e penitenziario italiano destinato ad aumentare nel futuro se non interverranno cambiamenti di rotta radicali nella politica di gestione dei flussi dell'immigrazione. Come è noto le modalità con le quali le direzioni penitenziarie si rapportano alla presenza di detenuti stranieri possono avere una notevole influenza sulla qualità dei rapporti interni agli istituti: una di queste è rappresentata senz’altro dal modo in cui queste persone vengono inserite negli istituti e di conseguenza da quale convivenza riescono ad instaurare con il resto della popolazione detenuta: infatti la soluzione adottata in alcune realtà di tenere separati i vari gruppi rischia invece di risolvere eventuali aspetti conflittuali, di coabitazione, di alimentare i problemi. Il sistema penitenziario italiano è regolato in base alle norme della legge 26 luglio 1975, n. 354 e dal
regolamento penitenziario del 2000 (DPR 230) in cui è presente un articolo, il n. 35, espressamente destinato alla popolazione penitenziaria di origine non italiana di cui si dovrebbe tenere conto almeno per affrontare i disagi generati dalle specifiche identità linguistiche e culturali. Le attività di istruzione e lavoro sono disciplinate dalla legge del 1975 negli articoli 19, 20 e 21 che si suddividono in progetti di educazione formale (i percorsi di studio paralleli a quelli del mondo libero) e di avviamento professionale o di trattamento in generale che possono essere svolti sia all’interno sia all’esterno della struttura (cfr. Carmignani 2012) sia presso le strutture pubbliche che private. Esistono anche progetti di azioni pensati per gruppi specifici di detenuti, come quelli destinati al genere femminile, a persone con disturbi di personalità, ai tossicodipendenti ecc.; sono molto meno presenti invece le attività trattamentali che coinvolgono la famiglia e il mondo di provenienza del detenuto. Secondo i dati riportati nel Dossier statistico immigrazione del 2016 il sistema penitenziario
italiano, a seguito della sentenza della corte europea dei diritti umani del 2015 e della condanna dei giudici di Strasburgo per le condizioni di detenzione degradante determinate dal sovraffollamento, ha avviato una serie di percorsi di riforme e tavoli di lavoro. Uno di questi tavoli è dedicato agli stranieri in carcere, coordinato da Paolo Borgna. Malgrado siano anni che chi si occupa di questioni educative in carcere abbia denunciato il problema, ancora una volta il Ministero della Giustizia propone a livello di intenti (per il futuro, ancora una volta, e non nell’immediato) iniziative che mirino a ridurre le barriere e anche a provvedere all’assunzione di una figura, di fondamentale importanza ma praticamente assente, quale è quella del mediatore culturale. Tra gli intenti segnalati c’è anche quello di formare operatori nella gestione del detenuto straniero, ciò in cui si adopera e si è adoperato almeno negli ultimi due anni la Direzione generale della formazione penitenziaria grazie anche all’opera della dottoressa Alessandra Bormioli che, tra l’altro, ha collaborato al progetto Riuscire11. Se è vero che la percentuale massima di detenuti stranieri in Italia si è avuta tra il 2009 e il 2010 con un valore di 37%, nei dati del 2016, dopo un leggero calo negli anni precedenti, si osserva un nuovo attestarsi su
11 Altre azioni di formazione per operatori penitenziari sono state condotte da ricercatori di RiUscire presso l'Università per Stranieri di Siena rispettivamente nel 2008 e nel 2014 /15.
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percentuali alte, 33,5%. Come è risaputo la presenza di stranieri in carcere in molti casi è dovuta ad un utilizzo della custodia cautelare molto meno frequentemente adoperata che per gli stessi procedimenti che riguardano le detenuti italiani. Gli stranieri nelle carceri italiane sono il 91,1% di coloro che devono scontare un residuo di pena inferiore a tre anni e che dunque, se fossero italiani potrebbero accedere a misure alternative alla detenzione. Ciò evidenzia una discriminazione tra italiani e stranieri che il dettato normativo non ha ancora risolto.
2. Le pratiche in Italia In Italia le pratiche specificamente destinate a detenuti stranieri sono poche, in molti casi sono costituite quasi unicamente da corsi di alfabetizzazione o dalla creazione di sportelli informativi e/o di orientamento 12. I dati raccolti con il Progetto RiUscire per l’Italia sono i più consistenti, anche per le pregresse
attività di ricerca che il capofila ha già svolto nell’ambiente penitenziario e per via della sua partecipazione diretta alla proposta e implementazione di alcune di queste pratiche13: le pratiche raccolte sono 60. La gran parte dei progetti trattamentali professionalizzanti di successo è situata presso gli istituti del Nord e del centro Italia, ma vi sono anche altre realtà di eccellenza nelle sud e nelle isole, in particolare si citano le attività del carcere di Augusta e di Siracusa, ma anche, come già sottolineato in altra sede (Benucci, 2015b), quelle delle colonie penali sarde. Tra queste pratiche il dato più rilevante, e che distingue l’Italia dagli altri paesi del Progetto, è che
31 riguardano la formazione professionale dei detenuti (anche se non sempre destinata nello specifico agli stranieri). Attraverso queste pratiche, non di rado condotte in stretta collaborazione con le imprese e le aziende esterne, è data la possibilità ai detenuti di produrre e anche vendere le merci. Tra le attività professionali più presenti troviamo delle pratiche che riguardano il settore della ristorazione e alimentare, come la BP: IT04 relativa alla pasticceria del carcere di Padova o la BP: IT 27 “Banda biscotti”, ma anche le cene galeotte di Volterra (BP: IT38). Sono comunque presenti in maniera significativa altre tipologie di lavoro come quella del progetto “Mille una bici” (BP: IT08) che prevede il recupero di biciclette raccolte dal Comune di Firenze, o di attività per prodotti agricoli biologici. Una sola di queste pratiche coniuga l’aspetto linguistico con quello professionale ed è quella che è stata organizzata e coordinata dallo stesso coordinatore del progetto RiUscire14. In seconda posizione, con percentuali ugualmente rilevanti, si trovano di lavori sui linguaggi e le
azioni destinate alla ricostruzione sociale. Tutte le altre pratiche si attestano su percentuali di inferiori. Sono soltanto 5 quelle destinate alla
formazione socio-‐pedagogica degli operatori penitenziari e non molte sono anche quelle che hanno per oggetto l’insegnamento della L1-‐L2, i corsi di scrittura e i corsi di apprendimento a distanza. Troviamo anche esempi singoli di attività finalizzate al miglioramento delle competenze comunicative, delle competenze trasversali e di corsi di scrittura. Mancano invece corsi di informatica o che utilizzino le arti plastiche.
12 Come più volte commentato, cfr. tra gli altri A. Benucci (2007a) e A. Benucci, G. I. Grosso (2015). 13 Per esempio la creazione di 14 Quaderni per percorsi di apprendimento linguistico-‐professionale (2015, a cura di A. Benucci, P. B.
Maiorano con la partecipazione di vari autori) e l’organizzazione di corsi di lingua settoriale ma anche di livello iniziale (A1 e A2), con il manuale “L’ora di italiano” a cura di A. Benucci, V. Bianchi, E. Tronconi (2010), la somministrazione di prove di certificazione (CILS –DEPORT), a partire dal 2001 con la partecipazione al progetto ITACAR “Italiano come L2 nella Casa Penale di Sollicciano (Firenze) – promosso da IRRE Toscana (2001-‐2003) e successivamente ma soprattutto con la gestione di progetti di ricerca e azioni di formazione: Potenziamento della comunicazione tra detenuti stranieri e operatori penitenziari I e II (2008-‐2010 e 2006-‐2008); IDRP -‐ Immigrazione, devianza, reinserimento e professione. Aspetti linguistico-‐culturali e criticità nell’accesso degli immigrati, detenuti e non, al mondo del lavoro (2010-‐2012); DEPORT “Oltre i confini del carcere: portfolio linguistico -‐ professionale per detenuti (2012-‐2015).
14 A. Benucci (2015c e 2015d).
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In generale nella situazione italiana si nota un proliferare di pratiche educative in carcere, tuttavia ciò che emerge è una generale mancanza di accordo tra singoli istituti e una differenziazione netta tra ciò che si riesce a realizzare nelle diverse regioni. Anche nel caso italiano la specifica attenzione alla formazione professionale degli stranieri è quasi del tutto assente e infatti difficilmente questi sono impegnati nelle attività lavorative sia intra che extra murarie. Ciò è dovuto senza dubbio oltre ad altri aspetti di natura normativa al loro livello di conoscenza della lingua italiana che mediamente non è sufficiente per svolgere correttamente attività professionali in cui è richiesta una pratica comunicativa funzionale alle attività stesse. D’altronde, come si è avuto modo di verificare con l’erogazione di corsi professionali sia nel corso del progetto DEPORT che in quello oggetto di questo volume, la disparità di livelli di istruzione e di competenza in L2, la comunque alta percentuale di mancanza di istruzione e di abitudini allo studio e alla concentrazione fanno sì che anche qualora il detenuto straniero sia fortemente motivato nel seguire il corso questi incontri tuttavia le difficoltà non irrilevanti per raggiungere i livelli di competenza linguistica necessari, che con il progetto RiUscire si intendono anche certificare con delle apposite prove costituite ai fini del rilascio del Portfolio. Si riportano qui sotto i dati di sintesi sulle Buone Pratiche italiane per macro tipologia.
Tab 1. Azioni Buone Pratiche Italia (tot. 60) Tipologia n. percent
uali Lavoro sui linguaggi 12 18,18% Insegnamento L1-‐L2 3 4,54% Comunicazione 1 1,51% Trasversalità degli apprendimenti 1 1,51% Arti plastiche 0 Ricostruzione sociale 7 10,60% Formazione operatori 5 7,57% Formazione professionale 31 46,96% Corso informatica 0 Corso scrittura 3 4,54% Istruzione (e-‐learning) 2 3,03% Corso lettura 1
.
3. Percentuali ed esempi di Buone Pratiche
Considerazioni aggiuntive vanno fatte riguardo alle percentuali che la situazione italiana ha registrato per ogni singolo criterio tra le 10 delle schede di valutazione compilate da parte dei referee.
Il criterio della riproducibilità è al primo posto con 4,08% di punteggio, seguito da quello del grado di coinvolgimento e soddisfazione con un 4,03% ma percentuali abbastanza alte vengono registrate anche per il principio della coerenza. Le buone pratiche italiane presentano quindi un potenziale di diffusione e di disseminazione e replica in altri contesti, diversi da quelli originali, e sono anche molto apprezzate da coloro a cui sono destinate. Bisognerebbe però a questo punto che intervenisse un’azione centrale e governativa per regolamentare e, soprattutto, permettere a queste preziose esperienze di non terminare con la fine dei progetti a cui sono associate o la cessazione dell’accordo con l’imprenditore che ha contribuito a implementarle. Il criterio con percentuali più basse registrate è infatti quello del loro riconoscimento istituzionale con una percentuale di 3,53% (ma in generale anche per le altre realtà, 3,33%) ma tutto sommato in linea con i risultati dello stesso criterio negli altri paesi, ad eccezione del Portogallo in cui i valori sono molto inferiori.
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Tra le pratiche analizzate si hanno alcuni esempi di eccellenza come per esempio il Polo penitenziario universitario (BP IT02) le attività di sartoria della BP IT22 del carcere di San Vittore oltre ad altre pratiche già citate nel settore della produzione alimentare e dolciaria. Nella realtà italiana non sono state valutate come buone sette pratiche, numero che apparentemente può sembrare alto ma se rapportato ai valori percentuali è in media con i casi non positivi registrati negli altri paesi del progetto.
In conclusione sembra che le pratiche italiane siano per lo più improntate alla strumentalità, alla praticità delle attività di recupero dei detenuti, ed è da notare una minore sensibilità rispetto alla Francia riguardo alla componente psicologica e relativa al recupero della personalità e di abilità trasversali.
A titolo esemplificativo si riportano due notizie di buone pratiche e una scheda compilata15. Titolo progetto: Teatro e carcere in Europa. Formazione, sviluppo e divulgazione di metodologie innovative Anno: 2004 Coordinatore: Italia Partecipanti: Francia, Germania, Spagna, Regno Unito Sito: n.d. Obiettivi: Lo scopo del progetto è integrare le esperienze del carcere in prigione nei diversi paesi europei, promuovendo così metodi di insegnamento e addestramento professionale alternativi rivolti ai detenuti, ma anche a coloro che lavorano con i detenuti.
Titolo progetto: Piccole storie, grandi speranze Anno: 2008 Coordinatore: Italia Partecipanti: Belgio, Polonia, Romania Sito: n.d. Obiettivi: Il progetto consiste in attività svolte all’interno degli istituti penitenziari per la produzione di materiali autobiografici per incoraggiare i detenuti a riflettere sulla loro vita passata e riprogrammare il loro futuro fuori dal carcere, con nuove prospettive e nuove opportunità. Titolo progetto: Memory and time: autobiography as an instrument for re-planning in consequence of an imprisonment Anno: 2009 Coordinatore: Italia Partecipanti: Belgio, Spagna, Polonia, Portogallo Sito: n.d. Obiettivi: Il progetto si basa sulla considerazione che la scrittura è sempre stato un modo per aumentare nei detenuti la consapevolezza della propria condizione, del proprio passato e del tempo che scorre e per stimolare in loro la volontà di migliorare la propria vita. Partendo da questa considerazione, il progetto mira a raccogliere le esperienze dei detenuti che, attraverso la narrazione della propria vita, dei propri pensieri e delle proprie esperienze, hanno deciso di cambiare per avere nuove e migliori prospettive e opportunità nel loro futuro.
Titolo progetto: Writing Theatre Anno: 2009 Coordinatore: Italia Partecipanti: Grecia, Romania Sito: n.d. Obiettivi: Il progetto nasce per far fronte al problema dell’abbandono scolastico, per dar modo ai detenuti di acquisire le qualificazioni necessarie per entrare nel mondo del lavoro. Il progetto si basa sul trasferimento delle conoscenze, delle tecniche relative alla scrittura di drammi e commedie usate per lavorare con detenuti adulti e per gli operatori sociali che lavorano con persone con disabilità. Lo scopo finale è far utilizzare i risultati ottenuti a insegnanti ed educatori che lavorano con giovani a rischio di abbandono scolastico. Tabella n. 1
RIUSCIRE IT58
EEPP
15 Si ringrazia Valentina del Sette per la collaborazione nella redazione di questi strumenti e nel commento relativo a questa sezione della ricerca.
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Descrizione sintetica del progetto
Progetto EEPP – E-learning Education for Prisoners and Prisoners Professionals L’obiettivo primario del progetto è stabilire e sviluppare un dialogo tra le organizzazioni penitenziarie e il personale e i docenti delle organizzazioni educative che lavorano con i detenuti sui problemi, le dinamiche e le esperienze correlate all’uso delle tecnologie e dell’apprendimento a distanza all’interno delle carceri.
Descrizione del materiale
- Apprendimento a distanza; - Comunicazione e scambio di informazioni e metodi tra diverse organizzazioni penitenziarie ed educative.
Dati informativi sui partecipanti al
progetto
- Dip. Sociologia e scienza della politica - Univ. di Salerno (Italia); - Casa di reclusione- ICATT (Italia); - Centrul de Reeducare Buzias (Romania); - CNRS Délégation Languedoc Roussillon (Francia).
Indicazioni per contatto
ttp://www.europeansharedtreasure.eu/detail.php?id_project_base=2009-‐1-‐IT2-‐GRU06-‐06471 (consultato il 05/05/2016)
Reperibilità del materiale delle buone pratiche
Sito web, rapporto finale e recensioni internazionali.
Descrizione del data base
FONTE: Da database progetto RiUscire.
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I. 4.
Buone Pratiche in Francia
di ANTONELLA BENUCCI 1. Detenuti e carcere in Francia
Le prigioni francesi (circa 200 stabilimenti) sono gestite dall’amministrazione penitenziaria che dal 1911 dipende dal ministero della Giustizia. La loro capacità di accoglienza nel 2014 era di 57.680 posti, con una maggioranza di detenuti di genere maschile su quello femminile, un costo medio a persona di circa 32.000 euro all’anno per lo Stato ed un impegno per favorire il loro reinserimento per prevenire il rischio di recidiva. Agli inizi del 2017 con 69430 detenuti ospitati è stato raggiunto un nuovo record di presenze contro i 58.664 posti disponibili: anche per il caso francese si può parlare di sovrappopolazione. L'amministrazione penitenziaria è composta di una organizzazione centrale, di servizi decentrati
(direzioni interregionali, stabilimenti penitenziari, servizi penitenziari di inserimento e libertà vigilata), di un servizio di impiego penitenziario (SEP) di competenza nazionale e dall'ENAP (Scuola Nazionale di Amministrazione Penitenziaria).
Gli stabilimenti penitenziari francesi sono suddivisi in maisons d'arrêt, istituti differenziati per pena (centri penitenziari, centri di detenzione, case centrali, centri di semi-libertà), stabilimenti penitenziari per minori, a cui si aggiunge uno stabilimento pubblico di salute nazionale ospitato all’interno della maison d'arrêt di Fresnes (istituto che è stato coinvolto nella ricerca di RiUscire). Le maisons d'arrêt accolgono soggetti con pene minori (inferiori ai due anni) o con giudizio non definitivo; i centri di detenzione ricevono detenuti con condanne definitive di lunga pena; le case centrali sono invece destinate a detenuti le cui caratteristiche fanno sì che siano considerati più difficili da reinserire.
Il servizio pubblico penitenziario francese ha la duplice missione di partecipare all’esecuzione delle decisioni e delle sentenze nel mantenimento della sicurezza pubblica e di favorire il reinserimento sociale dei soggetti in esecuzione di pena, compito che svolge in partenariato con enti pubblici o associativi.
Dal punto di vista del reinserimento e della preparazione all’uscita dal carcere la ricerca di legami con la società passa vocazionalmente dal lavoro e dalla famiglia di cui si occupano i servizi penitenziari d'inserimento e di libertà vigilata (SPIP) con misure trattamentali finalizzate.
Come in altre realtà oggetto della ricerca di RiUscire anche in Francia il sistema penitenziario è oggetto di giudizi sia a livello nazionale (per esempio i rapporti di inchiesta parlamentari del 2000, i richiami dell’Osservatorio internazionale penitenziario) o internazionale come i rapporti dell’ONU o del Comitato europeo di prevenzione della tortura (CPT) organismo, quest’ultimo, che nel 2007 ha denunciato trattamenti disumani e degradanti soprattutto per quanto attiene alle questioni dell’isolamento e della sovrappopolazione (fenomeno registrato maggiormente per gli stabilimenti che ospitano detenuti con pene brevi, quindi in cui più probabilmente si trovano gli stranieri). I problemi noti in altre realtà nazionali del sud d’Europa sono ben presenti anche nella realtà francese come per esempio la mancanza cronica di risorse e di mezzi. Dai dati di quattro anni fa (a disposizione quando è stato concepito il Progetto RiUscire) risultava che il tasso delle azioni di autolesionismo e suicidi manifestatisi nei penitenziari francesi era, in rapporto agli altri paesi del Consiglio d’Europa, il più elevato: due volte più della media europea.
La possibilità di accedere alla formazione culturale, elemento fondante di percorsi di reinserimento, non avviene in Francia sempre con facilità dato che la maggior parte dei detenuti è illetterata o analfabeta.
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Dunque anche se tutti gli istituti dispongono di una biblioteca questo servizio non sempre viene utilizzato malgrado i dati registrati in RiUscire (ma limitati alla sola popolazione straniera del campione) vedano la Francia al primo posto per l’utilizzo della biblioteca e i suoi detenuti siano tra i più grandi lettori (86%): ad ogni modo anche in Francia le biblioteche dei penitenziari possiedono scarsi contenuti multimediali, pochi periodici e soprattutto pochi testi in lingua straniera.
Gli SPIP si presentano come realtà con offerte variegate di opportunità riabilitative e programmano attività come atelier di pratiche artistiche di varia tipologia: arti plastiche, scrittura, audiovisivi, teatro, musica, di cui però non sempre vengono esplicitati i benefici attesi e gli obiettivi in termini di opportunità di recupero.
Circa la metà dei detenuti in Francia è in possesso di bassi titoli di studio (con tassi superiori alla media nazionale) e non dispone di una reale qualificazione professionale: la formazione dunque, di cultura generale o professionale, dovrebbe costituire uno strumento essenziale di reinserimento ma i dati registrati in RiUscire non evidenziano una particolare attenzione a questi aspetti. Sul piano dell’insegnamento i detenuti possono beneficiare di una formazione generale impartita da insegnanti dell’educazione nazionale mentre la formazione professionale è centrata a livello di pre-qualificazione sui settori dei servizi e delle costruzioni. Il lavoro è su base volontaria e non obbligatorio (articoli 717-3 e D432-1 e sgg. del Codice di procedura penale) e può svolgersi presso l’amministrazione penitenziaria stessa (pulizia, cucina, ristrutturazione di locali ecc.) o tramite la RIEP16: nelle officine e aziende di produzione (settore delle confezioni, lavorazione del metallo ecc.) e per/nelle imprese private consorziate con gli istituti penitenziari17.
2. Le pratiche in Francia
In Francia le pratiche più presenti, sebbene in percentuali non troppo superiori rispetto alle altre, sono quelle che riguardano il lavoro sui linguaggi – anche in questo caso, come già commentato nel Cap. I.2., si tratta per lo più di realizzazione di spettacoli teatrali come il Théâtre M.C. de Poissy (BP: FR03) o il Théȃtre de l’Opprimé – Festival MigrActions (BP: FR06). Seguono poi pratiche rivolte alla formazione professionale e alla ricostruzione sociale, tutte con una presenza pari al 18%, mentre subito dopo si trovano pratiche che riguardano le arti plastiche (15%). I dati raccolti evidenziano che in Francia viene data maggiore importanza alle attività che sarebbe possibile definire di istruzione e formazione informale, dunque sono privilegiate attività pratiche rispetto a corsi di natura più teorica come mostra la scarsa presenza di corsi di insegnamento di L1-‐L2 e soprattutto la assoluta assenza di specifici corsi di scrittura, lettura e insegnamento tramite e-‐learning. Tra le Buone Pratiche francesi si segnala, per le finalità in parte condivise con il Progetto RiUscire,
“Enlivrons-‐nous!” (BP: FR04) che prevede un insieme di azioni: l’insegnamento della L2 (FLE francese lingua straniera) per tutti i livelli, attività di comunicazione (interculturale) e mira alla trasversalità degli apprendimenti. Inoltre è degno di nota il progetto «J'étais, je suis, je serai» (BP: FR16) che sviluppa azioni per il
miglioramento della salute psico-‐fisica dei detenuti con la creazione di carte geografiche dipinte e sonore, attività molto originale e con nessun altro riscontro nella panoramica della Buone Pratiche raccolte in RiUscire.
A Parigi VII, nella sezione des Étudiants empechés, vengono svolte varie azioni come per esempio conferenze periodiche rivolte alle detenute, formazione alla realizzazione di prodotti audiovisivi, ed è anche presente anche un premio letterario «Esprits libres: lire malgré les murs» attribuito da una giuria di detenuti di genere femminile e maschile.
16 Régie industrielle des établissements pénitentiaires. 17 Per ulteriori dati si vedano tra gli altri D. Fassin (2015), L. Jacqua (2003).
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Le BP: FR07 e FR08 ISP “Grand Public” e “ISP Scolaires” sono un ottimo esempio di azioni di informazione e sensibilizzazione per la decostruzione di pregiudizi presso un pubblico adulto e scolastico. Qui di seguito si riportano i dati raccolti.
Tab.1 Azioni relative alle Buone Pratiche -‐ Francia Lavoro sui linguaggi 5 18,5% Insegnamento L1-‐L2 1 3,7% Comunicazione 2 7,4% Trasversalità degli apprendimenti 1 3,7% Arti plastiche 4 14,8% Ricostruzione sociale 5 18,5% Formazione operatori 3 11,1% Formazione professionale 5 18,5% Corso informatica 1 3,7% Corso scrittura 0 0 Istruzione (e-‐learning) 0 0 Corso lettura 0 0
3. Percentuali ed esempi di buone pratiche Tra le 22 pratiche analizzate per la Francia il criterio n. 5 “Grado di riconoscimento e soddisfazione”, è quello che presenta percentuali più alte (4,52 su un massimo di 5), soltanto una pratica è stata ritenuta al di sotto della soglia minima (3 su 5), il criterio n. 9, del “Riconoscimento istituzionale”, è quello con percentuali più basse. Ciò conferma un generale scolamento tra singole esperienze e adozione di protocolli condivisi a livello di amministrazione centrale, caratteristica non soltanto francese. A scopo esemplificativo si riportano i dati descrittivi delle schede di due buone pratiche ritenute valide per i finiti della ricerca qui descritta. Il progetto “Cyber bases” (BP: FR18), rilevante esempio di buona pratica applicata al sistema
penitenziario, è stato avviato nel 2007 dal Ministero della Giustizia francese e prevede la sperimentazione in carcere di un accesso sorvegliato a internet da parte dei detenuti, al fine di “colmare il divario digitale e l’analfabetismo”. Il vantaggio principale di questo progetto consiste nel contributo che esso può dare alla formazione dei detenuti andando a colmare lacune della loro formazione con azioni generalmente di difficile implementazione in carcere per via delle normative vigenti ma di vitale importanza per il reinserimento professionale nella attuale società informatizzata. Questi, infatti, possono, anche senza supervisione, accedere a siti web selezionati dal personale docente per svolgere degli esercizi online e usufruire di forme più attive di apprendimento. I vantaggi riscontrati e i risultati positivi raggiunti fino ad ora grazie a questo progetto hanno spinto organismi indipendenti di monitoraggio delle carceri a chiedere un allargamento di “Cyber bases” a tutte le carceri e una più ampia possibilità di accesso ad internet18.
Titolo progetto: Cyber Bases Anno: 2007 Coordinatore: Ministero della Giustizia francese Partecipanti: n.d. Sito: n.d. Obiettivi: Il progetto è stato avviato e gestito dal Ministero della Giustizia francese
18 L’analisi di queste due pratiche portate ad esempio è impostata sulla base dell’esposizione dalla tesi di Valentina del Sette.
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Al momento il progetto è portato avanti in sette carceri (per minori, uomini e donne). Un’altra pratica degna di menzione è la BP: FR20 per la finalità professionalizzante in essa insita.
Titolo progetto: Sharing experiences about prisoners LLL and employment after releasing Anno: 2008 Coordinatore: Francia Partecipanti: Belgio (ASBL APRES), Malta (European Prison Education Association – Malta Branch) Sito: n.d. Obiettivi: Scopo primario del progetto è la condivisione di esperienze e pratiche tra le organizzazioni partner, con particolare attenzione all’inserimento lavorativo dei detenuti o ex-‐detenuti dopo la fase di apprendimento e di formazione in carcere. Scopo finale è aiutare gli apprendenti a trovare la soluzione migliore per il reinserimento socio-‐professionale una volta fuori dal carcere.
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I. 5.
Good Practices in Portugal
di MANUELA RIBEIRO NIZA, CRISTINA GADALETA19
1. Inmates and penitentiary institution in Portugal
Speaking of Practice in the Portuguese prison context is speaking of an ongoing process, revised and adopted to every reality timeline.
As far as foreign inmates are concerned, the national prison situation is quite different from the other countries involved in the Riuscire project. In fact, practically all of the foreign inmates in the Portuguese prison system, are Portuguese speakers, coming from countries that integrated the former colonies until the 70's of the last century, and Brazil.
Despite of this sharing of the base language, in terms of specific language there are some impediments that imply a clear action of linguistic training.
This article aims to give an account of the various activities available to inmates in order to provide their social reintegration.
The school education / training of the prison population is ensured in all prison establishments under the terms of Joint Order No. 451/99, published in DR No. 127 of June 1, 1999. Until 1979, education was provided by Ministry of Justice technicians placed in prisons which accumulated teaching functions with other tasks in the area of education. Since 1979, the school /training in prisons, became jointly undertaken by the Ministries of Justice and Education. In the last two years, as a response to the educational needs of the prison population, the total number of inmates attending education is close to 3700, corresponding to 28% of the total of the prison population. At the same time, under the same legal diploma and insert in the educational project of each prison establishment, various extracurricular activities are implemented and extracurricular courses are offered, namely Portuguese language for Foreigners, Education for citizenship, Visual Arts, Music and Sports.
In Portugal, there are 48 prison establishments. Inmate population by gender: Women 6%; Men 94%.
The source of the data of Table 1, 2 and 3 is the Relatório De Actividades, Ministro da Justiça – Direção-Geral de Reinserção e Serviços Prisionais 2005-2015. Table 1. Age Distribution Age N. Men % Men N. Women % Women 16-18 11 0,5 0 0 19-20 37 1,6 3 1,4 21-24 237 10,5 29 13,7 25-29 471 20,8 42 19,8 30-39 755 33,4 73 34,4 40-49 510 22,5 40 18,9 50-59 194 8,6 17 8
19 Manuela Niza Ribeiro Universidade Fernando Pessoa; Cristina Gadaleta Università per Stranieri di Siena.
Il paragrafo 1 è di Niza Ribeiro, i paragrafi 2 e 3 sono di Gadaleta.
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60 and more
47 2,1 8 3,8
Table 2. Educational qualifications of the reclusive population by gender and nationality (3rd quarter of 2016)
Qualifications Foreigners/Men Foreigners/Women
N° % N° % Do not know how to read or write
54 2,4 6 2,8
Know how to read and write
92 4,1 17 8,1
1º Cycle of Basic Education
345 15,3 38 17,9
2º Cycle of Basic Education
371 16,4 19 8,9
3º Cycle of Basic Education
675 29,8 55 25,9
High School 564 24,9 44 20,8 Higher Education 133 5,8 16 7,6 Other Courses 4 0,2 4 1,9 Information non available 24 1,1 13 6,1
Table 3. Inmates by Nationalities
African Countries Men Women Angola (1) 197 9,2 5 2,4 Cape Verde (1) 676 31,7 25 11,8 Guiné 18 0,8 1 0,5 Guiné-Bissau (1) 164 7,7 5 2,4 Marrocos 47 2,2 2 0,9 Mozambique (1) 16 0,8 1 0,5 Nigéria 20 0,9 0 0,0 S.Tomé e Principe (1) 51 2,4 1 0,5 Outros 32 1,5 1 0,5
South-American Countries
Men Women
Argentina 14 0,7 1 0,5 Brasil (1) 298 14,0 64 30,2 Colombia 19 0,9 4 1,9 Venezuela 23 1,1 13 6,1 Others 18 0,8 14 6,6 European Countries Men Women Germany 9 0,4 1 0,5 Bulgaria 15 0,7 17 8,0 Spain 84 3,9 17 8,0 France 25 1,2 3 1,4 Great-Britain 22 1,0 0 0,0 Netherlands 18 0,8 3 1,4 Italy 25 1,2 5 2,4 Moldavia 23 1,1 1 0,5 Romenia 175 8,2 17 8,0 Russia 3 0,1 0 0,0 Ukraine 36 1,7 1 0,5 Others 46 2,2 10 4,7
(1) Countries of Portuguese Official Language.
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The prison establishments that supported this project, like almost all of the Portuguese counterparts, also promote the treatment of drug addicts, being equipped with a unit for it as well as an autonomous unit for inmates in open regime.
Given the integration policy promoted by the Directorate General of Rehabilitation and Prison Services, the education is ensured for the most part, the schools of the area.
All prison establishments have their own space for the school, which means classrooms and a library. The larger prison establishments also have a room equipped with computer equipment and an office for teachers.
1.1. Educational levels
The establishment of Santa Cruz do Bispo Prison produced a survey of educational needs and concluded that in the case of male area, the following courses became necessary:
- Basic Education: 1st cycle - Basic skills in language and culture; 2nd Cycle: Courses EFA B- (adult 2 education and training).
- 1 Foreign Language - Initiation to English: a total of 25 hours spread over 2 classes per week. Takes into account the importance of English as a privileged mean of communication; 2 Plastic Expression: This area contributes to an interrelationship between the school and the rest of the prison community and generates moments of social visibility through the different exhibitions organized throughout the year: Acrylic paint technique - 25 h, Oil painting technique - 25 h, Oil painting technique - development - 50 h (4 classes per week). 1.2. Information and communication Technologies Is intended to students of the first levels of education, as well as the entire prison population, given its significance both in school education, either on the appropriation of tools in order to employability: a) Word processor - 50 h, b) Spreadsheet - 50 h (4 classes per week).
Musical Education is composed of Vocal and instrumental expression - 25 h and Musical workshop - 25 h (2 classes per week).
This ensures the right to basic education for inmates and strengthens conditions to combat illiteracy. At the same time it promotes the awareness of citizenship and the autonomy in the use of knowledge and critical thinking.
As the practice/methodology to be implemented concerns, it is based on the differentiation, adequacy and flexibility of teaching practices and methodologies in order to motivate students to use information and communication technologies as transdisciplinary training. As for human resources and given the specificity of education in prison, namely the constant mobility, there will be a responsible teacher, throughout the year, for compliance and guidance of each student in their individual training itinerary. There will also be a teacher ensuring the functions of Pedagogical Mediator.
The mission of the ‘school’ within a Prison Establishment has assumed, over time, a preponderant role in the promotion of initiatives of socio-cultural scope implemented in articulation with the developed curricular projects.
These initiatives, although with a clearly ludic aspect, have an added pedagogical value. In fact, through some initiatives, the social sense of some commemorative dates is promoted; access to the various areas of expression; acquisition of habits of participation in different cultural initiatives; in the end, the main objective is the acquisition of personal and social skills.
In this context, the most important activities of the Portuguese calendar are promoted, which in relation to other cultures can also serve as a way of making the culture, history and social structure of the host country known.
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As these activities are considered "extra-curricular" when literacy situation further increased the specificity of the location and the characteristics of the students themselves, the realization of the initiatives becomes a complex and lengthy process, which involves teamwork.
Faced with this fact are considered non-teaching hours for the development of extracurricular activities and socio-cultural activities, as well as participation in meetings in the respective schedules of outstanding teachers. 1.3. Vocational Training / Reinsertion in Active Life Entities promoting are -Protocol Center for Vocational Training for the Justice Sector (C.P.J.), band Leiriconsulte and Profile. Courses in progress with double certification, school (9th grade) and professional; -Civil Locksmithing - Agricultural mechanization - Agricultural operator (horticulture / floriculture) - Electrician of installations - Coating Courses underway with professional certification: - Painting of civil construction - Electrician – Plumber.
A Vocational Training in a Real Job is provided by sector of activity such as: - Agricultural sector: a) agricultural and forestry, b) forestry and livestock, c) dairy production and goat
farming - Maintenance sector: cleaning, kitchen and laundry services.
1.4. Conclusion The same way that currently vocational training initiatives are considered essential for the qualification of resources and to increase employability "out side" are on the same way, in the prison context; although the condition of inmate overlaps the trainee one.
If unemployment is felt in society, even more it is felt in a prison context. If it focuses only on employability, it runs the risk of vocational training to become a disappointment because it may not become a job. So it is urgent to redefine the purposes of vocational training, especially in prison context.
2. Practices in Portugal
Analysing practices in Portuguese prisons it is possible to notice that there are three areas in which they operate: the majority of practices in prison context are addressed to foreign detainees, but there are also actions for prison staff and for teachers.
The data collected for the project RiUscire show that more than a quarter of practices in prison context is about professional training (28,6%), following activities for training of operators (21,4%), and it is also possible to point out that almost 15% of actions is about teaching Portuguese as a foreign language.
Actions for inmates aim to aid personal development and professional qualification, furthermore they are designed to support their social reintegration. For this reason, following the guidelines of Directorate General of Rehabilitation and Prison Services, in cases of the penalty exceeds one year, prison treatment is based on an Individual Rehabilitation Plan (PIR), which is periodically evaluated and updated. The individual plan of Rehabilitation aims at preparing for freedom, establishing appropriate measures and activities for the prison treatment of the inmates, particularly in the areas of education, training, work, and socio-cultural activities. Prisoners have an active participation in the preparation and implementation of their plan.
Table 1 shows the percentage of prisoners condemned with Individual Rehabilitation Plan approved by Internal Technical Council (ITC). This organ (ITC), that works inside every prison, shall be chaired by the Director of penitentiary institution and it is composed by the Chief of the Guards, the Higher Technician of Reeducation and Institute for Social Reintegration (I.R.S.).
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For 2015, the national average of prisoners with PIR was 85%. 20
Table 1. Condemned prisoners with Individual Rehabilitation Plan approved by ITC in 2015
SOURCE: Center for Program Management and Prison Treatment Activities (CCGPATP).
¹ It integrates the Chain of Support of Horta. ² Rate above 100% is justified by the divergence in the number of convicted prisoners with criteria for PIR. The value achieved must not exceed
100% and, in such situations, it has been reduced to 100% for the purposes of evaluation of results in the results maps by EP.
Job and extracurricular training activities are part of the Individual Rehabilitation Plan. Every good practice is oriented to provide opportunities for socio-professional reintegration of prisoners and to prevent criminal recidivism by creating integrated responses to the level of vocational guidance, skills development and socio-professional insertion of (ex) inmates.
A vast majority of good practices in Portugal are related to professional education, in order to give the opportunity to acquire more skills to gain more school and professional qualifications, with the goal of reentering or advancing in the labor market.
Job training are in different areas: Floriculture and Gardening (BP: PORT03, BP: PORT09), IT and new technologies (BP: PORT02) and hotel industry and catering (BP: PORT14). Every field represents a
20 Relatório de Atividades e Autovaliação 2015.
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professional sector in which detainees will be able to work positively and with competences after they have left prison. Some of these courses allow to obtain a qualification of the National Qualifications Catalogue or a final certification, useful to prove their skills and knowledge acquired during this training process. In few cases, the training program includes a period of internship to be carried out outside the penitentiary institution.
Along with professional orientation of educational interventions in prisons, there is a more specific work related to social reconstruction, a formation to integration (BP: PORT08), which is focused on the development of citizenship, human rights and values.
Despite the fact that many foreign detainees are Portuguese speakers, it is considered important to guarantee an access to Portuguese language teaching programs (BP: PORT07). The guiding principles governing the Portuguese penitentiaries allow the expression of cultural heritage of foreign prisoners or prisoners that belong to ethnic or linguistic minorities, but it is also consider significant – in order to alleviate any difficulties of social integration – promoting an improvement of Portuguese language21. In 2010, for 2390 foreign inmates – approximately 35% were Portuguese speakers – 279 have taken part of a course of Portuguese, and it is interesting to underline that in one case, in the Penitentiary of Lisbon, the course was held by volunteer inmates.
More than a quarter of actions for inmates are about Arts and creativity. These practices allow to promote the self-esteem, self-control and personal and civic formation of the inmates, by the artistic creation in the field of music, as BP: PORT12 (that introduce Opera in a juvenile detention centre), writing (BP: PORT06) and theatre (BP: PORT05). The projects aim to promote creativity and reflection on the relationship between art and life, contributing to the personal and interpersonal development of prisoners and their social integration in the local community, involving local artistic structures.
With the aim of reforming the Portuguese Prison System and following the need of a convergence with European standards, Directorate General of Rehabilitation and Prison Services started an ambitious process of organizational change through different projects addressed to prison staff. The objective is improving the conditions within the prisons, increasing training of operators, promoting social reintegration of (ex) inmates and encouraging an intercultural environment.
In particular way, the practice “Projeto de gestão integrada da população reclusa” (BP: PORT11) is concerned with integration and continuous accompaniment of detainees from their entry to the possible formalization of a PIR.
The project “Reclusão - Palco de reflexão e aprendizagem” (BP: PORT13) is part of a National meeting for teachers that work in prisons. The idea behind this training action is that teachers, who work in prisons, need to study and reflect on practices aimed at improving their professional performance and, above all, improving the educational outcomes of detainee students and their social reintegration.
Table 2. Typology and number of good practices in Portugal (total 14)
Languages - forms of expression 2 Teaching L2-L1 2 Communication 0 Transversality of learning 0 Plastic arts 0 Social reconstruction 1 Training for prison staff and teachers 3 Job training 4 IT course 1 Writing course 1 E-learning / Istruzione (e-learning) 0 Reading course 0
21 Cf. Art. 3, Code of Execution of Sentences and Privative Measures of Freedom, Law No 115, 12 October 2009.
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3. Percentages and sample of Good Practices
Between the criteria of evaluation of practices in Portugal the criterion of ‘coherence’ (4,28%) stands out and it’s higher than average of other European partners that take part in the project RiUscire. This criterion is followed by “level of involvement and satisfaction” (3,92%) and “reproducibility in other context” (3,78%), these last two criteria are in average with practices in other country. The criteria with the lowest-scoring (2,57%) are “added value”, “sustainability” and “institutional recognition”, the last one in average with other European practices.
Four out of fourteen practices go below the level of “satisfactory”, because they do not have a minimum score of 3. In general, it’s possible to notice that practices in Portugal have a low score compared to practices in other country.
The chart below shows the typologies of practices and their percentages.
Figure n.1 Da database progetto RiUscire.
By way of example, two good practices are analysed more in detail.
The first one is “Rumos de Futuro - da prisão para a inclusão” (BP: PORT01), a project that involved a total of 75 inmates, 20 families and 30 employers. It was part of the project EQUAL, a European Community initiative, which aim was to promote new ways of combating all forms of discrimination and inequalities in the labour market and to facilitate the social and occupational integration.
The second one concerns creativity and food, “Taste of freedom” (BP: PORT06). This practice was part of European project Grundtvig. The project’s main themes were the food as pleasure, culture, tradition, identity and lifestyle; the culture of health and the local production sustainability. The project was based on the interchange of food traditions and cultural values, through theoretical and practical activities. Prisoners and prison staff participated in all phases of the project, as actors and creators of a cultural journey through territories and tastes.
Title project: Rumos de Futuro - da prisão para a inclusão Years: 2005-2007 Coordinator: Centro de Estudos de Serviço Social e Sociologia, Universidade Católica Portuguesa; AERLIS – Associação Empresarial da Região de Lisboa e Vale do Tejo; ANJAF – Associação de Jovens para a Acção Familiar; ANJE – Associação Nacional de Jovens Empresários; CMS – Câmara Municipal de Sintra; Cidater – Cooperativa de Ensino e Cultura; DGSP / EPS – Estabelecimento Prisional de Sintra; SCMA – Santa Casa da Misericórdia da Amadora. Participants: Portugal Website: http://www.anjaf.pt/projecto.php?projectoID=31 Objective: This project had as general objective the experimentation of new methodologies in the approach to the processes of social reintegration of (ex) prisoners. Specifically, the project aimed to: create and test integrated orientation / training / insertion courses; evaluate systematically the development of activities, results and impacts, and the development of partnership and target groups; readapt the infrastructure for the functionality of the services, in order to get tailor-made answers.
Title project: Taste of freedom Years: 2013-2015
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Coordinator: Slow Food Monteregio, Italy; Cooperativa Beniamino Onlus, Italy; Panevezys Correction House, Lithuania; Cepa Las Palmas Cono Sur, Spain; Ayaş District Directorate of National Education, Turkey; Confar-Associação de Fraternidade Prisional, Portugal. Participant: Italy, Portugal, Spain, Lithuania, Turkey. Website: http://www.confiar-pf.pt/pt/cooking-for-freedom Objective: The main objective is to contribute to the integration of prisoners into society through a deeper knowledge of local culture and traditions. The specific objective are: educate for healthy diet and healthy eating; raise awareness of local products; spread the idea of a fair and sustainable consumption; discover and appreciate each culture through food; being aware of the differences among cultures; educate for active citizenship; bring out the inmates creativity through various activities related to food and local traditions (writing and painting activities); promote active and respectful collaboration with people from other countries; help making prisons more closely linked to the “outside” society.
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I. 6.
Good Practices in Germany
How to overcome the traditional barriers between the outside world and the internal reality of prisons
di VINCENZO PICOZZI22
1. Introduction This article has the aim to briefly show the situation of Germany from many points of view: political system, labor system, the prison system, best practices in prisons, education in prison, training and immigration. The areas of interest are many and also involve the situation of the Free State of Bavaria in particular: immigration, prisons, educational system, and professional training. 1.2. The project RiUscire and the German territory Initially, we mainly dealt with linguistic and cultural aspects, analyzing the situation and the actions within the German prison system. The project RiUscire23 has proven to be an important observatory of this reality. Germany is a nation that contributes a lot to the protection of prisoners' rights. It takes the directives of the Council of Europe24 in this area into account and in recent years has begun to develop actions and more specific research. The grounding reason of this attitude is the number of foreign immigrants living in Germany, a number that has highly increased in recent times. Germany, therefore, places itself at the forefront when it comes to the resolution of national and international issues.
Bavaria is the largest German state for its extent and one of the most populated and economically influent.
The Ministry of Justice of Bavaria manages the entire correctional system; within the ministry 25 employees deal with this matter in particular. Their tasks include: - the organization of the penal system; - personnel management; - staff training; - monitoring and budget evaluation; - controlling and management structures; - participation in legislation; - education and vocational training of prisoners; - gathering data and information concerning the penal system.
22 Otto-Friedrich Universität Bamberg. 23 www.riuscire.org. 24 The Common European Framework of Reference for Languages: Learning, Teaching, Assessment, is a guideline used to describe
achievements of learners of foreign languages across Europe. It was put together by the Council of Europe between 1989 and 1996. Its aim is to provide a method of learning, teaching and for all languages in Europe. In November 2001, an European Union Council Resolution recommended to use the CEFR to build up validation systems of language abilities. The six reference levels (A1, A2, B1, B2, C1, C2) are accepted for grading an individual's language proficiency. For the Syllbus of Italian as Forein Language see Benucci (2007b).
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All employees in the Bavarian legislation are obliged to preserve detainees in order to avoid a relapse into crime and prepare them for an effective social reintegration, and simultaneously maintaining all necessary measures to ensure the protection of its citizens.
As stated in art.2 entered into force the 1st January 2008: Der Vollzug der Freiheitsstrafe dient dem Schutz der Allgemeinheit vor weiteren Straftaten. Er soll die Gefangenen befähigen, künftig in sozialer Verantwortung ein Leben ohne Straftaten zu führen (Behandlungsauftrag)25.
Fulfilling these tasks requires great efforts from prison personnel, research, management of financial
resources and also the understanding and participation of free citizens in order to make the entire system function properly. Bavaria has built 36 prisons26 (21 independent ones and 15 affiliates) and 6 juvenile detention centers with 11.958 places: 11.056 for men and 902 for women. These data also include open structures (862 for men and 44 for women).
In recent years there has been a significant increase of employment in Bavarian prisons. Generally speaking, the number of prisoners increased by 29% compared to 1991. The most critical period lasted from early 2005 until mid-2007: starting from the end of January 2005 for the first time the number of prisoners reached and exceeded the 13.000 threshold. Numbers peaked in April 2005 with 13.113 inmates; by March 2015 the number had decreased again to 11.045 prisoners.
The main reasons for this development are: - the increase in investigations after the opening of Bavaria’s eastern borders; - a growing crime rate around the perimeter of this state, mainly due to drug dealing, - the presence of foreign prisoners. On the 31st of March 2015, the percentage of foreigners in Bavarian prisons was 32%. Data reveal that
the origin of these 2.434 foreigners is divided as follows: Turkey 16,9%; Romania 11,4%; Poland 7,2%; Italy 5,3%; Other countries 42,4%.
Of the 11,045 individuals who were arrested (on the 31st of December 2015) it is noted that: 8.459 prisoners are in preventive custody; 322 are younger than 21; 4.671 are older than 21 (max. 25).
In the effort to improve social rehabilitation of the condemned, Bavaria provides education and vocational training and the opportunity to work, so as to promote their reintegration into society after the sentence is served.
Prisoners can work thanks to the collaboration between institutions, companies and prison system. The employment situation as updated in 2013 is as follows: the average occupancy was 52,4% and the
remaining 47,6% were not interested in finding a job. Other details concerning the vocational training of inmates found that 52% of adult prisoners and 15% of
young prisoners complete their professional training. It should also be noted that a significant portion of the detainees did not complete schooling.
For this purpose, a program was created which allows prisoners to complete their studies. This project stems from an agreement between correctional facilities, the Ministry of Culture and professional schools dating back to 1980, which provides detainees with the opportunity to work and cooperate with local schools in order to achieve a certificate or a studying license for various degrees.
It is worth noting the presence of volunteers in the Bavarian prison system: they highly contribute to improving the lifestyle of inmates inside prison. In 2014 nearly 1500 free citizens were enrolled as volunteers in this system and dealt with forming recreational groups, organizing outdoor activities, advising
25 “The purpose of the sentence is to protect society from further crimes. This should allow the prisoner to lead a socially responsible life
in the future without further crimes”. 26 Prisons in Bavaria: Aichach, Amberg, Ansbach, Aschaffenburg, Augsburg-‐Gablingen, Bad Reichenhall, Bamberg, Bayreuth, Bernau,
Ebrach, Eichstätt, Erding, Erlangen, Garmisch-‐Partenkirchen, Hof mit Jugendarrestanstalt, Ingolstadt, Kaisheim, Kempten (Allgäu), Kronach, Landsberg a. Lech, Landshut mit Jugendarrestanstalt, Laufen-‐Lebenau, Memmingen, Mühldorf a. Inn, München, Neuburg a. d. Donau, Neuburg-‐Herrenwörth, Niederschönenfeld, Nürnberg mit Jugendarrestanstalt, Passau, Regensburg, Schweinfurt, Straubing mit Sicherungsverwahrung, Traunstein, Weiden i. d. OPf., Würzburg mit Jugendarrestanstalt, Bayerische Justizvollzugsakademie Straubing.
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prisoners who are in a situation of personal conflict, accompanying prisoners during outings and finally mediating the transition between the prison and the outside world.
The Bavarian system is, therefore, firmly trying to overcome the difficulties between its territory and detainees (particularly foreign prisoners).
2. The research
Thereafter, the research is focused on a practical analysis in direct contact with companies, institutions, and universities. In this regard, the contact between the University for Foreigners of Siena and the Otto-Friedrich University of Bamberg was especially important. The research within the project RiUscire casts light on 20 best practices within the German territory. The number of best practices is not high as in other countries because federal states like Bavaria already have inside their prison system practices in the range of education, professional training and recreational activities. The interested areas of best practices are very different. The data obtained show that those actions are mainly focused on language and writing skills; it is noteworthy that these actions outnumber those focusing on distance learning through e-learning technologies, and those concerning the teaching of L1 and L2.
3. Best Practices in Germany
The search for best practices in Germany was mainly conducted online. It became evident early on that a high number of best practices was to be found in Germany, yet its outreach was limited to the state’s territory itself, mainly due to an inefficient promotion within the network. To expand and make actions more accessible to other users, English is normally used as a language of communication and dissemination of content in addition to the original language of the territory, something that is not done in Germany, where the best practices discovered are all in German only.
The material has been translated in order to better understand the content of the actions and to transmit contents more efficiently inside the RiUscire project.
Three best practices found in the German territory will be further analyzed as examples: The first is called Bluespots Productions27. This project dates back to 2014 and mainly concerns the
prison of Augusta. Here, prisoners are involved in activities with volunteers from the outside. Together they stage small theatrical productions and organize workshops like classes in creative writing. The activities have a duration of one hour and a half and are held twice a week. The aim of this practice is to not only train prisoners in workshops, but mostly to make them interact both with other fellow detainees who directly experience their same condition and people who do not live in this environment. Great importance is given to establishing a serene and effective communication between inmates with the aim to make them reflect on their own person, their wishes and aspirations in relation to what could be a productive reintegration in the society.
The second practice dates back to 2010 and is called Kunst in Gefängnis28. The name already introduces the aim of the activities. This association was founded to create contacts between prisoners and music, painting, writing, photography, sculpture and movie-making. Through these actions prisoners are re-evaluated in a positive way, that is otherwise often overshadowed. This is of fundamental importance because inmates are in prison to serve a sentence, so that at the end of the re-education process, they may have learnt better attitudes and have a different self-awareness. This opportunity is often denied to inmates by companies, which relegates ex-prisoners to the lower classes of society. This practice, therefore, has a
27 http://www.bluespotsproductions.de. 28 www.kunstimgefaengnis.de.
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very positive scope and a very interesting aim; in fact there’s a high number of prisons participating in the project which makes it clear that the reproducibility of this practice is high29.
The last practice has been in place in Germany for many years, specifically since 1974: the Telematics University of Hagen30. There is plenty of information about the actions undertaken within this project but so far it was not possible to find and identify its participants. Already in 1974, prisoners were given the opportunity to study, thanks to two different types of participation: full-time (40 hours per week) or part-time (20 hours per week). This reflects the fact that prisoners’ demands for education are variable: there are prisoners who see education as a real opportunity to improve their standard of living, thus deciding to use almost all their free hours during the whole week on studying. Another very interesting factor is the variety of courses provided by the university. They organized and recognized graduation programs for inmates in mathematics, informatics, electronic engineering, economics, history, political science, social science, sociology, philosophy, ancient and modern literature, law, psychology, education science. Detainees are at the center of their educational process starting from the choice of their curriculum. Detainees are also given the opportunity to (at the discretion of the prison facilities) attend lessons with a teacher, try distance learning with the help of electronic material and, if they are allowed to go outside, to be able to take part in workshops lasting maximal two days. This is a significant element in the educational project of a prisoner because they do not only lay attention on education (which still remains the main goal) but also on the growth of their individuality, as well as creating bonds between prisoners, workers and the outside world.
The identified practices focus on the rehabilitation of the prisoner in various forms but mostly on the growth of their own critical awareness.
4. Final analysis of the best practices
For the classification of the best practices the RiUscire project has created a schedule with six sections in order to analyze and better describe them.
The board is divided as follows: brief description of the project (title, year, context, program context); description of the material (aim, innovative aspects, description); data of the participants; contacts; availability of teaching material; database description.
This stage of collecting data was followed by the evaluation phase of every single best practice with a schedule which includes 10 analysis criteria (see II.1 by Benucci).
Data identified for the German territory show that the best practices that have achieved a higher score are those related to writing classes and those who work on the language; not only because they are more numerous than the others, but also because these practices establish oral communication and writing skills as a key objective. These practices show a more significant development because they put the individual (in this case the prisoner) in the center of the project, giving to him a role and an importance that is often forgotten. With this attitude they can learn not only to communicate but also to relate with others, thus promoting the growth of a mature individuality both from the professional point of view but mainly also in relation to their skills and individual characteristics that define the essence of each person.
From a formal point of view, these practices can be considered “best practices” because both have an average score of 4. 3. The practice, however, which does not fully meet the criteria to be defined as "best" is the one linked to the visual art world: average score of 2.7. Most likely because of a difficult reproducibility in different contexts. Maybe because of a real difficulty in prisoners to relate to a world so far away from them, often perceived as "ephemeral" and not linked to a real opportunity to help them in a future reintegration into society. Between these two intervals all other practices that have achieved good results in the evaluation are placed: 12 of 20 practices have an average score that varies from 3.0 points to 3.9, while 7
29 Participating prisons: Zeithain (Ger), Dresden (Ger), Chemnitz (Ger), Leipzig (Ger), Waldheim (Ger), Torgau (Ger), Zwickau (Germany),
Bautzen (Germany), Görlitz (Ger), Regis-‐Breitingen (Ger). 30 www.fernuni-‐hagen.de.
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out of 20 practices have a high score that ranges from 4.0 points and a maximum of 4.3. The situation for Germany is therefore positive because although the number of good practices observed is not the highest, almost all fully reflect the criteria set out by the project RiUscire. Inside the best practices identified it is obvious that the evaluation criteria that has reached a high score of 4 out to 5 in the majority of cases is reproducibility. This is very important because the RiUscire project pursues the aim of cooperation between prisons.
5. Results
Germany, therefore, is a nation that has many positive aspects within the prison system. Many are the actions created to make life easier in prison for detainees and they often involve not only the latter but also penitentiaries employees or even third-figures like volunteers or often the family members of prisoners. As seen from the data obtained so far, the professional education and training education are vital elements in German prisons because it does not only help the inmate to make to live a better and efficient life inside the structure, but also favors a future successful reintegration to society by educating the inmates themselves. Human relations are in the foreground, in an effort to create an environment that overcomes the traditional barriers between prisoner-prison prisoner-operator but more importantly between outside-world and internal world. These data show us a bright future both for prisoners and for all prison workers, also in relation to the networks that Germany is building with other countries in projects like RiUscire.
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I. 7.
Buone Pratiche per l’educazione interculturale e interlinguistica
1. Introduzione Il lavoro di raccolta delle buone pratiche è stato uno degli assi portanti del progetto RiUscire. Come già messo in evidenza dai contributi precedenti in questo volume, ha infatti permesso di avere una panoramica sulle principali azioni che si svolgono nelle carceri dei paesi partner del progetto, azioni sia indirizzate ai detenuti stranieri che agli operatori penitenziari. Fra le pratiche raccolte all’interno del progetto, almeno la metà sono classificabili come buone pratiche che puntano all’educazione interculturale e interlinguistica.
Ma cosa si intende con questi due termini? I molteplici documenti dell’Unione Europea che affrontano l’argomento dell’integrazione degli immigrati
nei paesi europei inseriscono l’educazione interculturale sia dei cittadini autoctoni che degli immigrati tra gli aspetti di fondamentale importanza per determinare una convivenza basata sul rispetto reciproco e arricchente per entrambe le parti.
Nella Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli per un’educazione plurilingue e interculturale (2016) vengono definite come segue la competenza plurilingue e interculturale:
La competenza plurilingue e interculturale è definita come la capacità di usare un ampio e diversificato repertorio di
risorse linguistiche e culturali per soddisfare bisogni comunicativi o interagire con l’altro e di far evolvere e arricchire questo stesso repertorio. La competenza plurilingue rinvia al repertorio di ogni parlante, composto di risorse acquisite in tutte le lingue conosciute o apprese e relative alle culture legate a queste lingue (lingua di scolarizzazione, lingue regionali o minoritarie o della migrazione, lingue straniere moderne o lingue classiche); la pluriculturalità designa la capacità di costruire relazioni con diversi gruppi sociali e di partecipare alle loro culture acquisendo le competenze linguistiche necessarie. La competenza interculturale designa la capacità di fare esperienza dell’alterità e della diversità culturale, di analizzare questa esperienza e di trarne profitto. A partire da tale definizione, sono state selezionate tra le buone pratiche censite all’interno di RiUscire
tutte quelle che in ciascun Paese avevano come obiettivo principale proprio l’educazione plurilingue e interculturale.
Perché la necessità di progetti di questo tipo in carcere? 2. Le buone pratiche rilevate
Come già trattato negli articoli precedenti, la convivenza fra detenuti di diverse lingue e culture all’interno delle carceri d’Europa determina la necessità di migliorare gli strumenti per la gestione di questa diversità attraverso specifici progetti. Fra essi spiccano naturalmente i progetti mirati a facilitare la comunicazione interculturale e interlinguistica, di cui si cercherà di rendere conto in questo contributo. La percentuale di progetti classificati come “buona pratica” nel campo dell’educazione interculturale e interlinguistica varia molto a seconda del paese partner. In Germania è stata rilevata una sola buona pratica con l’obiettivo di migliorare la competenza linguistica dei detenuti stranieri, “Literacy and life skills in prison” (BP: GER 12, punteggio ottenuto dopo la revisione dei referee 3,6). In particolare, lo scopo del progetto di cui la Germania è capofila, con la Romania come partner, è quello di analizzare e migliorare i corsi e i materiali disponibili per l’alfabetizzazione e lo sviluppo di competenze all’interno delle carceri in diversi Paesi europei.
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Il progetto è finanziato dal programma Grundtvig, parte del Lifelong Learning Programme. Ha prodotto un sito web con esempi di materiali in uso, una bibliografia sull’istruzione in carcere.
In Catalogna sono state invece rilevate un numero maggiore di buone pratiche collegate all’educazione interculturale e interlinguistica. In particolare, all’educazione interlinguistica sono stati dedicati vari progetti. Il primo, “Lectura fàcil: nivells inicials” (BP: SP01, punteggio 4,7), aperto a studenti che presentino delle difficoltà nella lettura e nella comprensione del catalano, riguarda il miglioramento delle competenze linguistiche in questa lingua, con il limite però che a questo progetto non possono prendere parte gli studenti che non hanno una conoscenza di base di questa lingua. L’obiettivo principale del progetto è quello di migliorare le competenze linguistiche in catalano sia come lingua di lettura che come lingua di comunicazione veicolare nel quotidiano. I materiali di lavoro sono costituiti dai libri presenti nella biblioteca dell’Istituto penitenziario.
Il secondo progetto censito in Catalogna è intitolato “Xerrades multiculturals” (BP: SP04, punteggio 4,8) e ha il doppio obiettivo di affrontare tematiche relazionate con la multiculturalità da un lato, e di sviluppare le competenze sociopragmatiche dei partecipanti dall’altro.
Il terzo progetto attuato in Catalogna, “Sin Barreras” (BP: SP09, punteggio 3,7) prevede da parte dei Paesi partner la condivisione di esperienze nel campo dell’educazione indirizzata ad adulti a rischio di emarginazione ed esclusione sociale, con l’obiettivo finale del reinserimento sociale dei destinatari di questi interventi. Punta a creare all’interno degli istituti un ambiente di rispetto e valorizzazione della diversità culturale, con l’obiettivo dell’integrazione sociale dei detenuti immigrati. Anche questo progetto, di cui la Spagna è capofila e che ha come partner Francia e Norvegia, è finanziato dal programma Grundtvig che fa parte del Lifelong Learning Programme.
Fra le buone pratiche censite in Italia sono state inclusi i progetti IDRP e DEPORT (BP: IT06, BP: IT07, punteggio 5), realizzati dall’Università per Stranieri di Siena. Entrambi i progetti avevano come obiettivo principale lo studio e il miglioramento della comunicazione nell’ambiente pluriculturale del carcere e ruotavano su tre assi: la formazione linguistico-professionale dei detenuti stranieri, la formazione dei docenti e la formazione degli operatori penitenziari. I progetti, pur essendo indirizzati in primo luogo a interventi sul territorio toscano, hanno registrato l’interesse di altri PRAP regionali (Sardegna, Sicilia, Campania, Veneto), che si sono resi disponibili ad ampliare le possibilità di raccogliere dati al fine di costituire un corpus che potesse rapportare la situazione toscana a quella più generale italiana e garantire la replicabilità della proposta di ricerca toscana, che è venuta così configurarsi come esempio di eccellenza di ricerca nel contesto penitenziario italiano. L’apprezzamento del progetto da parte del Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria (DAP) e dell’Istituto Superiore di Studi Penitenziari (ISSP), manifestatosi anche attraverso la concessione del patrocinio delle attività del progetto confermano il valore della proposta di ricerca e delle azioni in essa contenute.
Un'altra buona pratica è costituita dal progetto educativo attuato nel carcere femminile di Venezia-Associazione “La gabbianella” (BP: IT09, punteggio 3,1). È questa una buona pratica che valorizza l’educazione interculturale dei piccoli ospiti che vivono con le madri detenute.
Nell’ottica del sostegno alla genitorialità, soprattutto della genitorialità fragile, si fa carico dell’accompagnamento dei bambini del nido del carcere femminile della Giudecca fino all’asilo comunale nella stessa isola di Venezia. Da due anni, all’interno del nido del carcere, la stessa associazione persegue un Progetto Educativo in cui sono previste attività che favoriscano i rapporti tra mamma e bambino, ne facilitino la comunicazione e aiutino la socializzazione di piccoli e mamme con l’esterno. Durante le ore che le psicologhe passano con le mamme, vengono affrontati temi che vanno dall’educazione dei figli all’educazione alimentare. In particolare l’educazione alimentare passa attraverso l’organizzazione di feste di compleanno e merende, stimolando le mamme a preparare alimenti sani per i propri bambini e raccogliendo le loro ricette, provenienti da diversi paesi. Si valorizza quindi la cultura e la tradizione culinaria delle madri dei bambini presenti al nido.
Altre buone pratiche censite in Italia riguardano laboratori di attività artistiche, nella fattispecie il teatro, e che coinvolgono trasversalmente le competenze linguistiche.
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Nella Casa Circondariale di Roma Regina Coeli è infatti attivo, da anni, il laboratorio teatrale “Arte Studio”, Associazione Culturale riconosciuta (BP: IT52, punteggio 3,7). L’attività è rivolta sia a detenuti italiani che a stranieri, che rappresentano il 70% del totale.
La partecipazione dei detenuti stranieri al laboratorio teatrale accresce l’apprendimento della lingua italiana. Un forte coinvolgimento si ottiene grazie all’espediente voluto dalla regia di ripetere una stessa battuta del testo sia nella lingua italiana che nelle lingue madri dei detenuti, espediente che valorizza la pluralità linguistica e culturale presente in carcere.
Sempre all’interno del carcere di Regina Coeli vengono svolti da anni corsi di alfabetizzazione linguistica e di istruzione primaria (BP: IT11, punteggio 3,9) realizzati dai docenti tenuti dal Centro Territoriale Permanente, 21° Distretto, che sono stati opportunamente adattati alle caratteristiche dell‘istituto penitenziario. In particolare, il detenuto/studente aderisce a un “ patto formativo” che ha l’obiettivo di motivarlo e responsabilizzarlo. I corsi attualmente realizzati presso Regina Coeli sono quelli di italiano per stranieri Livelli A1 e A2 e di preparazione al conseguimento della licenza della scuola primaria e della scuola secondaria di I grado. Come avviene nelle classi delle scuole per adulti, i gruppi si presentano eterogenei, sia per età anagrafica dei partecipanti che per provenienza. Una parte considerevole degli iscritti è analfabeta sia in italiano che nella lingua del Paese d’origine. Ai corsi destinati ai detenuti si affianca un altro aspetto di questa buona pratica, ovvero la formazione linguistica in inglese del personale penitenziario, che quotidianamente entra in contatto con una popolazione costituita al 70% da detenuti stranieri.
Anche fra le buone pratiche censite in Francia sono presenti progetti artistici che hanno fra gli obiettivi principali l’inclusione sociale e l’educazione interculturale. È questo il caso del progetto “Festival Migractions” (BP: FR06, punteggio 3,9) festival di teatro dell’oppresso arrivato alla decima edizione che persegue proprio la finalità di celebrare diverse forme di espressione culturale, diventando luogo di incontro e di scambio di esperienze di artisti internazionali attraverso la proposta di spettacoli teatrali, di danza, di musica o di lettura.
E proprio la lettura è al centro del secondo progetto, “Enlivrons nous!” (BP: FR04, punteggio 4) attuato nella casa di reclusione di Poissy, che prevede l’insegnamento del francese come L2 a tutti i livelli, principalmente con l’obiettivo di migliorare l’abilità della comprensione scritta. Il progetto prevede incontri con scrittori e poeti all’interno della casa di reclusione.
Per quanto riguarda il Portogallo, non sono presenti buone pratiche riguardanti nello specifico l’educazione interculturale e interlinguistica, se escludiamo la presenza di corsi di portoghese per stranieri, non rilevati effettivamente come una vera e propria buona pratica.
3. Conclusioni Sebbene, come già detto, sia fondamentale che progetti e azioni di educazione interculturale e
interlinguistica vengano implementati nel contesto penitenziario europeo per migliorare la convivenza all’interno del carcere, come emerge dalla rilevazione essi non sono diffusi come dovrebbero nelle carceri.
Soprattutto si rileva la mancanza di strumenti che permettano la diffusione e la condivisione di questi progetti, in modo che essi possano diventare esempio per altre realtà penitenziarie. Il progetto RiUscire risponde, fra gli altri, anche all’obiettivo di colmare questo gap di informazioni.
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I. 8.
Buone Pratiche nei penitenziari europei: criticità ed esempi di eccellenza
di ANTONELLA BENUCCI
1. Le Buone Pratiche nei Paesi del Progetto RiUscire: analisi globale delle tipologie più presenti
Le pratiche risultate ‘buone’ sono state classificate secondo l’elenco descritto in I. 2. e sono così suddivise: il 35% è stato considerato come progetti per la formazione professionale – tra i quali giardinaggio/manutenzione di aree verdi, settore della ristorazione e sartoria/manufatti, in prevalenza -‐, il 19,2% come lavori sui linguaggi in cui prevalgono attività teatrali, l’11,7% ha lo scopo di favorire la ricostruzione sociale, il 10,8% è indirizzata alla formazione, aggiornamento e riqualificazione degli operatori penitenziari, il 6,7% riguarda l’insegnamento della L1 o della L2, il 5,8% è costituita da sono dei corsi di scrittura, il 5% riguarda attività che promuovo la comunicazione in generale, il 4,2% è relativo ad arti plastiche -‐ perlopiù pittura e disegno-‐, alla trasversalità degli apprendimenti è invece dedicato il 3,3%, così come a quelle di istruzione nel campo dell’e-‐learning, molto meno presenti i corsi di informatica con solo il 2,5% di pratiche31. Risulta evidente che la maggior parte delle pratiche raccolte mira alla formazione professionale dei
detenuti anche se solo in pochissimi casi prevede una esplicita attenzione agli stranieri, presente quasi unicamente in Italia. Le pratiche che sono state riunite sotto l’etichetta “lavori sui linguaggi” sono presenti in percentuali
significative tuttavia in questo gruppo, come già notato, prevalgono attività che possono essere ricondotte all’ambito della realizzazione di spettacoli teatrali, considerate unanimemente molto utili per aiutare il detenuto nel percorso di riabilitazione dato che permettono di esternare le emozioni, i sentimenti ma anche di imparare a cooperare e a confrontarsi con gli altri. Rientrano in questa tipologia anche attività che riguardano il disegno, la danza, la musica, l’opera e la produzione di manufatti che favoriscono la capacità di espressione nel campo delle arti in generale. I dati raccolti in merito al settore dell’insegnamento della L2 sono in percentuali poco elevate
mentre, data la presenza non proprio irrilevante di detenuti stranieri nelle realtà esaminate, ci si sarebbe aspettati un numero maggiore di corsi di lingua e magari anche di cultura del Paese ospitante. Inoltre, anche se non è stato oggetto della ricerca di RiUscire, è noto che sovente anche i detenuti autoctoni non possiedono competenze elevate nelle loro L1, dunque alla formazione linguistica dovrebbero invece essere dedicate maggiori risorse: come si è visto soltanto poco più del 6,7% delle pratiche analizzate è indirizzato al potenziamento delle competenze linguistiche dei detenuti, che siano in L1 o L2. E’ evidente che i paesi di RiUscire non hanno ancora recepito le numerose direttive e raccomandazioni del Consiglio d’Europa nonostante la crescente consapevolezza del ruolo fondamentale che giocano la capacità di comunicazione e il potenziamento del plurilinguismo non unicamente per il raggiungimento delle cittadinanza europea ma anche e soprattutto per la crescita intellettiva e della persona, meta di ogni azione di rieducazione in carcere (e non soltanto in questo luogo). L’esigua presenza di corsi di insegnamento L2 destinati a detenuti stranieri poi, dato che corrisponde ad una delle finalità del Progetto, se da una parte conforta confermando l’adeguatezza
31 Per quanto riguarda le azioni delle Buone Pratiche, va tenuto conto che una stessa pratica può rientrare tra più azioni, anche se si è cercato, quando possibile, di considerare solo quella principale.
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degli obiettivi di RiUscire in quanto innovativi e capaci di incidere nello specifico campo di azione dei sistemi penitenziari europei colmando lacune esistenti, dall’altra è motivo di preoccupazione perché è la spia della notevole carenza di riflessione che linguisti, sociolinguisti e glottodidatti hanno dedicato a questo specifico ambiente che invece si configura sempre più, come si è visto nella sezione I del volume, come plurilinguistico e interculturale, con potenzialità ancora inesplorate. Un motivo per questa situazione può essere attribuito al fatto che di carcere tradizionalmente si occupano giuristi, criminologi, psicologi e talvolta pedagogisti. Crea perplessità anche il fatto che i detenuti stranieri sovente vengano inseriti in corsi di
alfabetizzazione in cui sono presenti madrelingua con livelli di scolarizzazione molto bassi o inesistenti e che tali corsi siano tenuti da docenti che, pur possedendo una solida esperienza di insegnamento, non hanno una formazione all’insegnamento di una L2. I paesi più all’avanguardia da questo punto di vista sono la Spagna (Catalogna) e l’Italia, forse anche per via del fatto che in Catalogna le problematiche della identità linguistica sono avvertite come fondanti per l’esistenza della regione e che la questione della diversità linguistica e culturale in Italia è più radicata che in altri Paesi per la caratteristica stessa del suo repertorio linguistico e a causa della sua storia politica e linguistica, basti pensare che non più tardi della fine degli anni ’70 lo spazio linguistico italiano registrava non meno di 130 lingue32 e che la dialettofonia nelle carceri italiane è sempre stata elevata. Praticamente assenti (con eccezioni in Francia e Italia) sono di conseguenza le attività educative
miranti a sviluppare nei detenuti interesse e motivazione all’apprendimento in quanto processo di maturazione e quindi capacità di assumere responsabilità rispettando gli impegni e le scadenze assunti. Eppure gli studi su motivazione, autodeterminazione e creatività ne evidenziano l’importanza per lo sviluppo di atteggiamenti e comportamenti di inclusione sociale. Infatti nei dati risultanti dall’analisi dei questionari rivolti ai detenuti che sono stati commentati nella Parte I di questo volume, emerge una bassa motivazione allo studio in generale (QDet D17) quale che sia la causa che gli intervistati dichiarano perché anche la difficoltà di concentrazione è riconducibile alla mancanza di volontà nello svolgere una azione qualsiasi. Del tutto assenti nel campione di RiUscire sono pratiche che mirino a sviluppare nei detenuti la
capacità di agire con consapevolezza e appropriatezza interculturale in un evento comunicativo. Per raggiungere questo scopo occorrerebbe conoscere sia i codici verbali sia alcuni valori culturali che generano aspetti problematici a livello mentale, di comunicazione, di contesto, sociopragmatici: problemi purtroppo molto rilevanti nelle comunicazioni che vigono in carcere dato che, in particolare, gli aspetti socio pragmatici determinano il successo di un'interazione in quanto espressione non della competenza teorica ma della performance (intesa come capacità di realizzare interazioni appropriate rispetto al contesto, come viene concepita dall’etnometodologia della comunicazione (cfr. gli studi di Hymes). Le percentuali più basse del campione RiUscire sono quelle relative a corsi specifici per il
miglioramento delle abilità di lettura, sia in L1 che in L2, che invece necessiterebbero di maggiore attenzione da parte di coloro che organizzano attività trattamentali perché sono comunque state segnalate tra i bisogni dichiarati dai detenuti sia al di fuori che all’interno del carcere. Nonostante la diffusione di nuove tecnologie nei paesi europei del progetto e del loro impiego
nell’ambito educativo del mondo ‘libero’ pressoché per tutti i livelli di istruzione, risultano ancora pochi i progetti finalizzati all’insegnamento delle nuove tecnologie informatiche nei penitenziari. Indubbiamente questo potrebbe essere imputabile alle caratteristiche normative che connotano la detenzione ai fini della sicurezza ma più probabilmente sono attribuibili alla scarsa disponibilità di strumenti informatici stessi e di misure di controllo del loro impiego.
32 Cfr. l’intervento di M. Vedovelli al Convegno del Progetto RiUscire “Il sistema penitenziario e i detenuti stranieri: problematiche, risorse e
prospettive” 26-27 maggio 2017.
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E’ piuttosto bassa anche la percentuale di pratiche indirizzate agli operatori penitenziari e a tutte le altre persone che lavorano all’interno delle strutture penitenziarie. Pur condividendo e giustificando la priorità accordata ad azioni rieducative rivolte ai detenuti si ritiene comunque necessario sviluppare una maggiore sensibilità nei confronti delle problematiche che quotidianamente devono affrontare coloro che per motivi professionali agiscono nel contesto penitenziario. Infatti è fondamentale, affinché il percorso di riabilitazione possa essere portato a termine con successo, che anche queste persone abbiano la possibilità di acquisire oltre a quelle più tecniche relative alla professione, anche determinate competenze socio-‐pedagogiche, comunicative e interculturali. Per gestire il rapporto con detenuti stranieri è necessario formarsi agli aspetti della comunicazione e dell’interculturalità (lingue e culture degli stranieri), essere sensibili a rilevare i comportamenti relativi alla diversità culturale ma anche potenziare la conoscenza – ovviamente non specialistica-‐ delle dinamiche del contatto linguistico da parte dei detenuti stranieri33. E’ da notare, inoltre, seppur rarissima sia la loro occorrenza, la presenza di pratiche che mirano alla
sensibilizzazione e alla informazione dei cittadini liberi, per favorire la decostruzione di pregiudizi sul mondo del carcere e sulle figure dei detenuti ed ex-‐detenuti; tra i paesi del Progetto la Francia mostra di essere quello con maggiore attenzione verso questi aspetti. Si conferma l’adeguatezza delle finalità del Progetto Riuscire nel predisporre azioni di educazione
dei detenuti improntate all’ ”agire concreto” e all’apprendimento strumentale poiché i dati sulle Buone Pratiche mostrano che nel contesto penitenziario vengono privilegiate le attività che implicano un agire pratico da parte del detenuto, probabilmente anche a causa di una preferenza per questa tipologia di attività da parte dei detenuti stessi, che sono più motivati a seguire corsi che assicurino loro una attività lavorativa nel futuro.
2. Considerazioni generali
Nella classificazione delle Buone Pratiche in base alle loro azioni principali e alla loro valutazione da parte dei referee sono state ottenute percentuali illustrative delle qualità possedute in base ai dieci criteri stabiliti. Le pratiche che hanno ottenuto i punteggi più alti sono quelle dedicate alla formazione
professionale, anche se questo fatto è probabilmente dovuto all’alto numero di tale tipologia di pratica, mentre in proporzione le pratiche di lavoro sui linguaggi sono quelle che hanno ottenuto le votazioni meno alte: su 21 pratiche di lavoro sui linguaggi, 18 hanno ottenuto un voto medio inferiore a 4. Le attività di insegnamento L1-‐L2, invece, sebbene più rare, hanno ricevuto voti medi superiori a 4 in 6 casi su 10, per cui presentano dei buoni risultati a livello qualitativo più che quantitativo. Si riporta di seguito la tabella riassuntiva dei punteggi delle pratiche in base alla loro azione. Nella
prima colonna sono state selezionate tutte le pratiche che avessero ottenuto dei voti medi superiori a 3, e dunque classificabili come ‘buone pratiche’, ma inferiori a 4; nella seconda colonna sono state selezionate le pratiche con voti medi superiori a 4, quindi le pratiche che possiamo considerare ‘migliori’. Infine, nell’ultima colonna, sono state calcolate le percentuali complessive di tutte le pratiche considerate ‘buone’34.
Tabella 2. Distribuzione delle pratiche nei Paesi FR (22) POR
(14) GER (20)
CAT (14)
IT (60) TOT (130)
Lavoro su 5 2 5 0 12 23
33 Finalità ben evidenti tra l’altro nella Raccomandazione CM/Rec 2012 rispondenti a necessità registrate tra le esigenze espresse dagli operatori
stessi, come chi scrive ha potuto osservare nel corso degli ultimi dieci anni circa in Italia con le attività organizzate in progetti che includevano anche un aggiornamento per gli operatori penitenziari.
34 La predisposizione delle tabelle di analisi si deve a V. Del Sette, a C. Gadaleta e a S. Carluccio, alle quali va il personale ringraziamento di chi scrive.
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linguaggi (22,7%) (14,3%) (25%) (20%) (19,2%) Insegnamento L1-‐L2
1 (4,5%)
2 (14,3%)
1 (5%)
3 (21,4%)
3 (5%) 8 (6,7%)
Comunicazione 2 (9%) 0 1 (5%)
2 (14,3%)
1 (1,6%)
6 (5%)
Trasversalità degli apprendimenti
1 (4,5%)
0 0 2 (14,3%)
1 (1,6%)
4 (3,3%)
Arti plastiche
4 (18,2%)
0 2 (10%)
0 0 5 (4,2%)
Ricostruzione sociale
5 (22,7%)
1 (7,1%)
2 (10%)
0 7 (11,6%)
14 (11,7%)
*Formazione operatori*
3 (13,6%)
3 (21,4%)
1 (5%)
3 (21,4%)
5 (8,3%)
13 (10,8%)
Formazione professionale
5 (22,7%)
4 (28,6%)
2 (10%)
3 (21,4%)
31 (51,6%)
42 (35%)
Corso informatica
1 (4,5%)
1 (7,1%)
1 (5%)
0 0 3 (2,5%)
Corso scrittura 0 1 (7,1%)
3 (15%)
1 (7,1%) 3 (5%) 7 (5,8%)
Istruzione (e-‐learning)
0 0 2 (10%)
0 2 (3,3%)
4 (3,3%)
Corso lettura 0 0 0 1 (7,1%) 1 (1,6%)
2 (1,7%)
FONTE: data base RiUscire.
Tabella 3. Punteggi per categorie Da 3 a 4 (79) BP 4 a 5 (51) Da 3 a 5 (130) Lavoro su linguaggi 18 (22,8%) 3 (6,4%) 21 (16,2%) Insegnamento L1-‐L2 4 (5,1%) 6 (12,8%) 10 (7,7%) Comunicazione 4 (5,1%) 2 (4,3%) 6 (4,6%) Trasversalità degli apprendimenti
2 (2,5%) 2 (4,3%) 4 (3,1%)
Arti plastiche 1 (1,3%) 3 (6,4%) 4 (3,1%) Ricostruzione sociale 6 (7,6%) 5 (10,6%) 11 (8,5%) Formazione operatori*
10 (12,6%) 5 (10,6%) 15 (11,5%)
Formazione professionale
24 (30,4%) 17 (36,2%) 41 (31,5%)
Corso informatica 3 (3,8%) 1 (2,1%) 4 (3,1%) Corso scrittura 5 (6,3%) 3 (6,4%) 8 (6,2%) Istruzione (e-‐learning)
1 (1,3%) 3 (6,4%) 4 (3,1%)
Corso lettura 1 (1,3%) 1 (2,1%) 2 (1,5%) FONTE: data base RiUscire.
Il paese con pratiche inferiori alla soglia minima di 3 stabilita è l’Italia con un totale di 9 pratiche seguito
dal Portogallo, con 4 pratiche che non sono state considerate come “buone”, mentre la Francia e la Germania ne hanno soltanto 1; tutte le pratiche segnalate per la Catalogna sono state considerate “buone”. Va detto tuttavia che le pratiche censite per l’Italia sono in assoluto le più numerose e quindi se si va ad analizzare il dato in percentuale è il Portogallo a risultare il Paese con la maggior presenza di pratiche sotto la soglia stabilita.
3. I criteri delle schede di valutazione
Progetto RiUscire Rete Universitaria SocioCulturale per l'Istruzione e il Recupero in Carcere
Key A2 - Cooperation for innovation and the exchange of good practices - Codice attività: 2014-1-IT02-KA204-003517 CUP (E62I14000310005)
Le attività trattamentali che sembrano funzionare di più sono quelle di natura espressiva e quelle che sono in grado di proporre al detenuto degli obiettivi finali di natura pratica, in cui rientrano sia le attività di tirocinio o di lavoro stesso, ma anche la produzione di manufatti e di prodotti della sfera delle “arti”. Si tratta di attività fortemente motivanti per il detenuto perché gli permettono di mettersi in gioco e di creare i presupposti, sia di ordine pratico che psicologico, per migliorare le sue condizioni di vita una volta scontata la pena, al rientro nella società. I criteri di valutazione che sono risultati maggiormente presenti nel campione sono: la
riproducibilità e il grado di coinvolgimento e soddisfazione, rispettivamente con una media di 4.12% e 4.11%, tutti gli altri criteri si attestano con punteggi medi che vanno da 3.33% a 3.93%. Merita una specifica considerazione il criterio della riproducibilità35, criterio che costituisce uno
degli obiettivi del Progetto RiUscire la cui rete intende essere un modello di condivisione che possa in futuro coinvolgere altri paesi europei affinché le esperienze che hanno avuto un esito positivo possano essere estese ad altre realtà in un dialogo sempre più proficuo. La maggior parte delle pratiche analizzate ha ottenuto un punteggio superiore a 4 mostrando dunque di possedere le qualità per essere trasferita in paesi e contesti penitenziario diversi: si tratta di una buona base per la costruzione di pratiche comunitarie. Di non secondaria importanza è anche l’indice di gradimento da parte dei beneficiari dei progetti,
dato importante di cui tener conto, poiché soltanto se il detenuto e l’operatore si sentono coinvolti e percepiscono con chiarezza di essere assistiti nei loro percorsi di riabilitazione o di aggiornamento si creano le condizioni per il generale miglioramento di tutte le attività che hanno luogo all’interno dell’ambiente penitenziario. E tuttavia andrebbe verificato anche se i progetti siano efficaci a lungo periodo perché i percorsi formativi proposti nelle carceri spesso si rivelano come esperienze di passaggio, frammentarie, e raramente continuano ad essere valide e ad avere effetto quando il detenuto esce dal carcere. E’ importante puntualizzare che, nonostante le pratiche relative all’insegnamento linguistico siano
poche, hanno tutte ottenuto dei punteggi ottimi, ad indicare che malgrado la consapevolezza dell’importanza della componente linguistica e culturale nella formazione dei detenuti sia stata acquisita recentemente, la strada intrapresa con DEPORT e RiUscire presenta importanti sviluppi futuri. Si riportano qui di seguito le percentuali relative ai dieci criteri di analisi. Tabella 4 Punteggi dei criteri di analisi N. criterio IT CAT PORT GER FR media percentuali 1 efficacia 3,90 4,14 3,42 3,7 3,81 3,79 2 efficienza 3,80 4,00 2,92 3,75 4,00 3,7 3 coerenza 3,93 3,86 4,28 3,9 3,71 3,93 4 riproducibilità 4,08 4,14 3,78 4,15 4,38 4,12 5 grado coinvolgimento e soddisfazione
4,03 4,21 3,92 3,8 4,52 4,11
6 innovatività 3,63 3,29 2,78 3,55 3,67 3,37 7 accessibilità 3,66 3,93 2,71 3,6 3,71 3,52 8 valore aggiunto
3,78 3,64 2,57 3,8 3,90 3,54
9 riconoscimento istituzionale
3,53 3,86 2,57 3,6 3,14 3,33
35 Su questo si veda M. Fielding et al. (2005).
Progetto RiUscire Rete Universitaria SocioCulturale per l'Istruzione e il Recupero in Carcere
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10 sostenibilità 3,92 3,71 2,57 3,35 3,90 3,45 FONTE: data base RiUscire.
4. Conclusioni e scenari futuri
Si evidenzia, anche in virtù dei diversi contesti nei quali le azioni di educazione in prigione si realizzano nei paesi del progetto (ma anche in tutta Europa) che hanno istituti numericamente diversificati, percentuali di detenuti stranieri varie e con distinti profili, che non vi può essere un singolo approccio per la concezione e l’erogazione di pratiche educative e formative che possa essere applicato con gli stessi risultati attesi in tutti i paesi36. Basti pensare ad esempio che mentre in Germania e in Portogallo è il Ministero delle Giustizia che gestisce centralmente la formazione di operatori, docenti e detenuti, in Italia la formazione degli insegnanti è di competenza del MIUR. Tuttavia un numero non irrilevante di caratteristiche costituisce elemento di eccellenza comune dato che sono ispirate a politiche fondate su una forte collaborazione tra gli attori implicati e permettono al recluso di capitalizzare gli apprendimenti che ha iniziato o perfezionato durante la reclusione e premiano gli investimenti fatti ma il carattere che più emerge da questa piccola indagine mostra che l’individualizzazione dei percorsi educativi è vincente. L’erogazione di corsi modulari e di mono unità è la maggiore risorsa di successo, la qual cosa conforta nel proseguire nella somministrazione di mini corsi linguistico-‐professionali, che, come del resto altri tipi di mini-‐corsi modulari, non garantiscono la piena educazione ma costituiscono invece un potente strumento di avviamento alle attività future e per far comprendere che quegli apprendimenti potranno costituire una risposta ai loro bisogni e aspirazioni futuri e avervi un impatto. Possibili aree per futuri progetti sono: -‐ impiego di un approccio multi-‐agency e multi-‐faced per capire il ruolo dell’educazione nello sforzo
riabilitativo; -‐ in rapporto ai costi effettivi dell’educazione in prigione comprendere i benefici del lifelong
learning per prigionieri; -‐ come possano essere usate in modo compatibile con la sicurezza; -‐ comprendere specifici bisogni di sottogruppi di prigionieri per concepire azioni educative e
formative in merito ai loro bisogni; -‐ comprendere i benefici di facilitating arts in prigione; -‐ valutazione della qualità delle misure e azioni esistenti per identificare quelle che costituiscono
“buone” o “migliori” pratiche; -‐misure europee contro la dispersione e per favorire la capacità di replicare le pratiche sotto forma
di standard condivisi.
36 Altre indicazione per procedere in questa analisi sono reperibili in altri documenti quali per esempio: per il Portogallo il Relatório de actividades
2009 Ministèrio da Justiça Direcção-Geral dos Serviços Prisionais, Relatório de actividades 2010 volume I e II Ministèrio da Justiça Direcção-Geral dos Serviços Prisionais, Relatório de actividades e Autoavaliação 2014 Direcção-Geral dos Serviços Prisionais del Ministério da Justiça Lisboa; in Grifo Cunha (2013); in Costelloe, Langelid (2011); Heard 2016; Hawley, Murphy, Souto-Otero (2013); Delvaux, Dubois, Megherbi 2009. Per l’Italia si vedano le pubblicazioni a cura di Antigone.
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