Aterosclerosi
L’aterosclerosi è una patologia delle arterie, principale causa di malattie
cardiovascolari nei paesi più industrializzati.
E’ caratterizzata dall’accumulo di lipidi ed elementi fibrosi nella parete dei
vasi arteriosi (ateroma).
Evoluzione dell’ateroma
Strie lipidiche – compaiono precocemente (15-20 anni)
Monociti/macrofagi passano attraverso l’endotelio nell’intima efagocitano colesterolo e i suoi esteri.
Fibrocellule muscolari della tonaca sottostante proliferano econtribuiscono all’ispessimento della parete con la deposizione difibrina e matrice connettivale.
Placca fibrosa – struttura rilevata nel lume del vaso costituita da
Fibrocellule muscolari in proliferazione
Macrofagi ripieni di grasso fagocitato
Linfociti
Ateroma – caratterizzato dalla comparsa di un core necrotico con detriticellulari e depositi di calcio.
Formazione di trombi - per perdita del rivestimento endoteliale eattivazione di fenomeni coagulativi
Emorragia – per rottura dei vasi neoformati
Ulcerazione – per il ridotto apporto di O2 e di nutrienti.
Evoluzione dell’ateroma
CelluleSchiumose
StrieLipidiche
LesioneIntermedia Ateroma
PlaccaFibrosa
Lesione/rotturacomplicata
Disfunzione endoteliale
Prima decade Dalla terza decade Dalla quarta decade
Crescita dovuta principalmente all’accumulo di lipidiMuscolo liscio e
collageneTrombosi
Localizzazione delle lesioni
aterosclerotiche
Le lesioni aterosclerotiche
interessano principalmente
le arterie di maggior
calibro e si localizzano
preferenzialmente nei
punti di biforcazione dove,
turbolenze del flusso
creano condizioni favorenti
lo sviluppo della placca.
Ruolo dell’endotelio
Fattori di rischio
Fattori genetici – è una malattia multifattoriale, esistono forme a modalità ditrasmissione mendeliana.
Ipercolesterolemia familiare (dominante) in cui mutazioni nel gene per ilrecettore delle LDL determina elevati livelli plasmatici di LDL/VLDL.
Età – è tipicamente una patologia dell’età avanzata.
Sesso – prevalenza del sesso maschile che si riduce con la menopausafemminile
L’estrogeno ha proprietà anti-aterogeniche modificando i livelli di lipoproteineplasmatiche.
Dieta – ipercalorica e ricca in grassi.
Attività fisica
Fumo di sigaretta
Iperlipidemia – i livelli di lipidi associati a proteine (lipoproteine) circolantirappresentano uno dei principali fattori predisponenti.
Ipertensione – l’aumento della pressione arteriosa favorisce alterazioni del flusso,tra le cause che innescano lo sviluppo della placca aterosclerotica.
Diabete mellito – nella fase di scompenso metabolico è un importante fattore dirischio.
Trasporto dei lipidi nel sangue (1)
Trasporto dei lipidi nel sangue (2)
Assorbimento intestinale e trasporto dei lipidi esogeni a tessuti e fegato
La lipasi lipoproteica (secreta dagli adipociti e c. muscolari sotto stimolo
insulinico) si lega ai proteoglicani dell’endotelio dei vasi e agisce idrolizzando i
trigliceridi che sono assorbiti dai tessuti (adiposo muscolare)
I remnants tramite uno specifico recettore per Apo E, sono captati dal fegato. Il
colesterolo esogeno e utilizzato nella sintesi di ac. Biliari, membrane cellulari,
immeso in altre lipoproteine secrete dal fegato.
Trasporto dei lipidi nel sangue (3)
La sintesi endogena di lipoproteine si realizza nel fegato a partire da ac. grassi e colesterolo legati a remnants, LDL e IDL.
I lipidi sono assemblati con Apo B100 e fosfolipidi nelle VLDL e secreti in circolo.
In circolo, la LPL e la TGLE (lipasi epatica dei TG) concorrono al rilascio degli ac. grassi utilizzati dai tessuti ( IDL-> LDL). Le VLDL sono la principale classe di lipopropteine secrete dal fegato.
Pressoché tutti i tessuti hanno il recettore per Apo B100 che consente l’internalizzazione delle LDL e l’utilizzo del colesterolo (s. ormoni, s. membrane, ecc.)
Trasporto dei lipidi nel sangue (4)
Il colesterolo in eccesso viene
rimosso dai tessuti tramite le
HDL (trasporto inverso del
colesterolo).
Le HDL sono sintetizzate dal
fegato (e dall’intestino).
Raccolgono il colesterolo libero
(membrane cellulari) e quello il
eccesso di altre lipoproteine.
La lecitina-colesterolo acil-
trasferasi (LCAT epatica) si
lega nel plasma alle HDL e
esterifica il colesterolo.
Le HDL sono captate a livello
del fegato tramite il recettore
SR-B1 che favorisce
l‘internalizzazione selettiva
degli esteri del colesterolo
Eziopatogenesi della lesione
aterosclerotica (1)
Eziopatogenesi della lesione
aterosclerotica (2)
Eziopatogenesi della lesione
aterosclerotica (3)
Eziopatogenesi della lesione
aterosclerotica (3)
Il sangue
Il sangue è un tessuto a sostanza intercellulare liquida costituito da:
Cellule ematiche (45%)
• Eritrociti (emazie, globuli rossi)
• Leucociti
• Polimorfonucleati (granulociti neutrofili, basofili, eosinofili)
• Linfociti
• Monociti
• Piastrine
Plasma
• Acqua
• Proteine
• Nutrienti
• elettroliti
• Ormoni
• Cataboliti
Al di fuori dei vasi il sangue coagula. Il siero è il plasma privato delfibrinogeno.
Esame emocromocitometrico
E’ un esame di laboratorio fondamentale che valuta il numero totale erelativo delle cellule ematiche la cui variazione rispetto a valori di riferimentoè di utile indirizzo diagnostico.
Globuli rossi (4.4-5.9x106/mm3 M; 3.8-5.2x106/mm3 F)
Globuli bianchi (4500-11000/mL)
Piastrine (200000-400000/mL)
Formula leucocitaria
• Neutrofili (40-60%)
• Eosinofili (0-3%)
• Basofili (0-1%)
• Linfociti (15-45%)
• Monociti (2-7%)
Anomalie morfologiche
Volume medio globulare degli eritrociti (MCV) (80-100mm3)
Concentrazione emoglobinica corpuscolare media (MCH) (27-34pg)
Emoglobina corpuscolare media (MCHC) (31-36% per mL di sangue)
Emoglobina ed Ematocrito
La concentrazione dell’emoglobina (Hb) dipendesopratutto dal numero degli eritrociti.
13-18 gr./dL (maschio adulto)
11-16 gr/dL (femmina adulta)
L’ematocrito (Hct) rappresenta il volume occupato daglieritrociti rispetto al sangue intero.
42-52% (maschio adulto)
37-48% (femmina adulta)
Variabili che alterano gli intervalli di riferimento sono l’età,il sesso, il luogo di residenza, il fumo, la gravidanza.
Lo striscio periferico è un altro esame fondamentale nella
valutazione ematologica, che fornisce informazioni sulla
dimensione, morfologia e contenuto di emoglobina degli eritrociti,
ma anche dei leucociti.
L’emopoiesi
L’emopoiesi è un complesso processo proliferativo-differenziativo che porta allaformazione degli elementi figurati del sangue.
Si può distinguere una emopoiesi prenatale e una postnatale.
L’emopoiesi prenatale è a sua volta divisa in quattro fasi: mesoblastica,
epatica, splenica, mieloide.
Nella vita postnatale, ha luogo nel midollo osseo.
Tutte le cellule del sangue originano da:
Cellule staminali emopoietiche totipotenti
L’emopoiesi è regolata da numerose citochine (fattori di crescita emopoietici) chestimolano cellule bersaglio inducendone la proliferazione/differenziazione.
Eritropoietici (eritropoietina per la produzione di globuli rossi)
Mielomonocitari (granulociti e monociti)
Magacariocitici (piastrine)
Linfopoietici (linfociti)
Emopoiesi prenatale
Inizia alla seconda settimana nel mesoderma
del sacco vitellino (fase mesoblastica)..
Verso la sesta settimana di vita intrauterina
inizia la fase epatica. Gli eritrociti sono ancora
nucleati e verso l’ottava settimana compaiono
i leucociti.
Nel secondo trimestre inizia la fase splenica
che insieme a quella epatica va avanti fino al
termine della gravidanza.
La fase mieloide inizia verso la fine del
secondo trimestre e man mano che si sviluppa
il sistema scheletrico, il midollo osseo assume
un ruolo sempre più importante nella
produzione di cellule ematiche.
Il fegato (fase epatica) e la milza (fase
splenica) non partecipano alla emopoiesi
postnatale.
Emopoiesi postnatale: cellule
staminali emopoietiche pluripotenti
L’emopoiesi postnatale avviene quasi esclusivamente nel midollo osseo.
Tutte le cellule del sangue derivano da cellule staminali emopoietiche
pluripotenti (PHSC) che sono circa lo 0,1% di tutte le cellule nucleate del
midollo osseo
Le PHSC oltre a mantenere la loro popolazione possono produrre due
tipi di cellule staminali emopoietiche multipotenti (CFU-S e CFU-Ly)
Il tipo CFU-S è precursore della linea mieloide: eritrociti, granulociti,
monociti e piastrine
Il tipo CFU-Ly è precursore delle cellule della linea linfoide (cellule B e
T)
Le cellule progenitrici che derivano dalle CFU sono unipotenti, cioè
formano una sola linea cellulare
Le cellule precursori che derivano dalle progenitrici perdono la capacità
di autoriprodursi.
Eritropoiesi
Gli eritrociti come tutte le cellule del sangue sono soggetti ad un
continuo turnover (v.m. 120 giorni). L’eritropoiesi è la formazione dei
globuli rossi.
Ogni giorno deve essere sostituita una quantità di eritrociti pari all’1%
della massa circolante.
Tale produzione è resa possibile dalla presenza di due cellule
progenitrici unipotenti derivanti dal tipo CFU-S
Queste sono le BFU-E e le CFU-E dette unità eritrocitarie
Il differenziamento è indotto dalla eritropoietina, un ormone
glicoproteico prodotto principalmente dal rene.
L’eritropoietina ha un’emivita di 6-9 ore e agisce legandosi a
specifici recettori delle BFU-E che maturano in CFU-E e quindi in
proeritroblati che daranno infine gli eritrociti maturi.
Eritrocita (6)
Proeritroblasto (1)
Eritroblasto ortocromatico (4)
Eritroblasto basofilo (2)
Eritroblasto policromatofilo (3)
Reticolocita (5)
Emocateresi
Gli eritrociti (v.m. 120 ± 20 gg) sono eliminati
dai macrofagi della polpa rossa della milza
(90% per emolisi extravasale, 10% per
emolisi intravasale).
I magrofagi della polpa rossa
1. Riconoscono gli eritrociti
eventualmente legati da Ab o fattori
complementari C3.
2. Fagocitano gli eritrociti vecchi
3. Fagocitano gli eritrociti con forma
anomale o anomalie di membrana
La ridotta deformabilità degli eritrociti vecchi ne impedisce il passaggio attraverso le
fenestrature spleniche e ne determina la distruzione ad opera dei fagociti.
Nell’ambito del processo emolitico avviene il catabolismo dell’emoglobina:
• Le catene globiniche sono ridotte ad aminoacidi
• L‘eme viene metabolizzato in Fe e protoporfirina che è poi metabolizzata in
birilubina.
Emoglobina
L’emoglobina è una proteina coniugata ad un gruppo prostetico (l’eme)
essenziale alla funzione di trasporto e cessione di O2 e CO2 degli eritrociti.
L’emoglobina è formata da:
4 Catene globiniche (a,b,g,d.e,z)
1 anello tetrapirrolico associato a ciascuna di esse
1 atomo di ferro per ciascun anello tetrapirrolico (coinvolto nel
trasporto dell’ossigeno)
Esistono diversi tipi di emoglobina che differiscono nel tipo di catene
globiniche:
Emoglobina dell’adulto (HbA [a2b2] e HbA2 [a2d2])
Emoglobina fetale (HbF [a2g2])
Emoglobina embrionale(HbE [z2e2])
Anemia
E’ una condizione di riduzione della concentrazione di Hb o di Hct.
Hb < 13.5 gr/dL (M)
Hb < 12.5 gr/dL (F)
Si riconoscono numerose forme di anemia e differente eziopatogenesi, tutte
caratterizzate da
Riduzione del numero dei globuli rossi
associata o meno a
Riduzione del contenuto di Hb
Segno clinico prevalente è:
L’ipossia (da ridotto apporto di O2)
Meccanismi compensatori attuati dall’organismo sono:
Aumento della portata circolatoria
Aumento della frequenza respiratoria
Classificazione delle anemie
La classificazione si basa sull’MCV (classificazione morfologica) e
sull’eziopatogenesi (es. emolitica, da carenza di Fe, ecc.).
In base alla morfologia si distinguono:
1. Anemie microcitiche - La più comune anemia microcitica è quella
da carenza di Fe.
2. Anemie normocitiche – La perdita di sangue è globalmente la
causa più comune.
3. Anemie macrocitiche - La più comune anemia macrocitica è
secondaria ad un deficit di ac. Folico e vitamina B12.
Anemia post-emorragica
Si instaura a seguito di un importante perdita di sangue
dipendente da:
Rottura di vasi arteriosi di medio/grosso calibro
Patologia del sistema dell’emostasi
Nelle forme acute la perdita di sangue avviene rapidamente,
mentre nelle forme croniche la perdita di sangue e modesta
ma perdura per un lungo periodo di tempo creando la
condizione di anemia
Frequente è il riscontro di sideropenia
Anemia da carenza di Ferro (1)
Il Fe è un oligo elemento essenziale, ma il suo accumulo può causare danni a diversi
organi (es. emocromatosi).
Il controllo delle quantità di Fe consiste nel limitarne l’assorbimento
La dieta fornisce in media 6 mg di Fe per 1000 calorie
Normalmente l’assorbimento è del 10% (circa
1mg/die) e si realizza a livello del duodeno.
Questa percentuale è aumentata in gravidanza,
nell’allattamento e in condizione di anemia.
Il Fe è assorbibile solo in forma ferrosa (Fe++) e viene
ridotto dalla Fe-riduttasi a livello dell’ epitelio
intestinale
Viene internalizzato tramite un trasportatore di metalli
bivalenti (DMT-1)
Il Fe-eme è trasportato tramite HCP-1
Il Fe presente nelle cellule intestinali è in parte legato
alla ferritina ed in parte esportato attraverso il polo
basale dalla ferroportina.
Anemia da carenza di Ferro (2)
Un importante meccanismo di regolazione della quantità di Fe immesso in
circolo coinvolge la regolazione della ferroportina presente in membrana.
Hepcidin è una piccola proteina (25 aa) prodotta dal fegato che si lega alla
ferroportina determinando la sua degradazione.
Anemia da carenza di Ferro (3)
La maggior parte del Fe è legato all’Hb, il rimanente alla mioglobina, in enzimi
contenenti il gruppo eme o negli epatociti come ferritina.
Il Fe viene eliminato dall’organismo solo tramite la perdita di cellule contenenti Fe.
Le anemie da carenza di Fe si instaurano quando perdita e utilizzazione del Fe
superano la velocità di assimilazione.
L’anemia sideropenica evolve nelle seguenti fasi:
1. Progressiva deplezione delle riserve di Fe
2. Successiva fase di eritropoiesi in carenza di Fe (la sintesi di Hb si mantiene fino
a che la sideremia non scende al di sotto dei 50 mg/dL e la saturazione della
transferrina al <20%)
3. Fase anemica con riduzione dell’ematocrito e dell’Hb, microcitosi e ipocromia.
Anemie macrocitiche (megaloblastiche)
Si caratterizzano per la maturazione di eritrociti con volume corpuscolare aumentato.
La causa principale è un difetto nella sintesi del DNA che altera il processo maturativo
degli eritrociti portando alla formazione di eritrociti di dimensioni superiori alla norma
(megalociti).
Sono causate da:
Carenza di Vitamina B12
Carenza di acido Folico
Uso di farmaci che interfersicono con la sintesi del DNA
Si riconoscono:
Rare forme ereditarie (deficit di enzimi coinvolti nella biosintesi delle basi azotate)
Forme acquisite (principalmente da carenza di vitamina B12/ac. folico)
• Ridotta assunzione alimentare
• Alterato assorbimento intestinale
• Alterazioni nel trasporto ematico della vitamina (transcobalamina)
• Riduzione dei depositi per aumento del fabbisogno (tumori, gravidanza)
Anemia da carenza di vitamina B12/ac.
folico
La carenza di vitamina B12 e di ac. Folico determinano la stessa alterazione
ematologica in quanto agiscono sulla stessa via metabolica necessaria alla
sintesi di purine e pirimidine.
L’uomo non può sintetizzare la vitamina B12 e la fonte è rappresentata dai cibi di
origine animale (fabbisogno giornaliero 5-30 mg/die)
Il fegato contiene riserve di cobalamina sufficienti per 3-4 anni di carenza
vitaminica.
L’apporto dietetico è sempre sufficiente tranne che nei vegetariani stretti (vegani)
e la carenza è sempre dipendente da un difetto di assorbimento (anemia
perniciosa su base autoimmune).
L’ac. Folico è ampiamente disponibile nella dieta con un fabbisogno di 50 mg/die,
fabbisogno fortemente aumentato in gravidanza ed in periodi di accresciute
esigenze metaboliche.
Il ridotto apporto si osserva negli alcolisti, negli anziani, in presenza di dieta
squilibrata.
In epoca gestazionale la carenza di ac. Folico si associa ad un aumento di deficit
di fusione del tubo neurale.
Anemie da difetti genetici nella
sintesi dell’emoglobina
Le anemie da alterazioni molecolari ereditarie dell’emoglobina sidistinguono in:
Emoglobinopatie (alterazione della struttura primaria dell’Hb)
Talassemie (riduzione o assenza di sintesi di una o più cateneglobiniche)
EMOGLOBINOPATIE
Sono state ad oggi identificate numerose varianti (>400) in funzione
della variazione aminoacidica presente nella catena globinica (a/b).
Le modalità di trasmissione sono tipicamente recessive.
Anemia falciforme
L’anemia falciforme è una delle forme più note in cui la mutazione è la
sostituzione Glu->Val nella b-globina.
Gli eritrociti tendono ad assumere una caratteristica forma a falce in quanto
l’Hb tende a formare aggregati.
Le molecole di Hb in condizioni di de-ossigenazione polimerizzano e
precipitano nell’eritrocita, deformandolo a forma di falce
Sintomi clinici legati a:
Anemia emolitica cronica
Asplenia (infarti splenici)
Fenomeni vaso-occlusivi piccoli e grossi vasi (crisi dolorose, danno
d’organo). Causa più importante di morbidità e mortalità.
La condizione di eterozigosi protegge dalla malaria.
Talassemie
Sono caratterizzate da mancata o ridotta sintesi di catene globiniche. Le formepiù comuni vedono coinvolte le catene a e b.
Talassemia a
Il cromosoma 16 ha due copie dei geni per la globina a. Per l’assetto diploidedel nostro genoma esistono quindi 4 copie del gene funzionalmente attive.
a° (assenza di sintesi di una o più catene a)
a+ (ridotta di sintesi di una o più catene a)
Gli omozigoti a°a° muoiono durante lo sviluppo intrauterino o alla nascita (HbBart 4 globine g).
Talassemia b
b° (assenza di sintesi di catene b)
b+ (ridotta di sintesi catene b)
Gli omozigoti b°b° o b+b+ producono un’emoglobina priva o con poche catene b.Alla nascita continuano a produre HbF (a2g2) e presentano un’anemia moltograve con presenza di eritrociti irregolari a cui si sommano nel tempo numerosecomplicanze. Il ricorso a ripetute trasfusioni attenua il normale decorso dellamalattia.
Geni delle globine
MECCANISMI MOLECOLARI CHE
PRODUCONO LE TALASSEMIE
1. Delezione genica (per
lo più a Talassemia)
2. Mutazione della
regione “promoter”
3. Anomalie dello splicing
4. Mutazione del segnale
di poliadenilazione
5. Interruzione prematura
(Mutazione non senso
e frameshift)
6. Emoglobine instabili
1 12
3 3 4
5
6
Talassemia a
Sono state descritte moltissime mutazioni che, a diversi livelli possono
interferire con la sintesi delle catene b.
Le mutazioni possono produrre carenza (b0) o diminuzione (b+) delle catene b.
Il meccanismo patogenetico dell’anemia e dovuto alla riduzione dell’HbA ed allo
squilibrio tra catene a e b.
La riduzione di catene b, porta a una sintesi compensatoria di catene d e g con
aumento di HbF e HbA2.
Talassemia “minor” è un tratto talassemico asintomatico con microcitosi e
modesta anemia (eterozigosi b+)
Talassemia “major” (m. di Cooley) è la forma più grave (omozigoti o doppi
eterozigoti per difetti b0)
I segni compaiono dopo i 6 mesi (switch catene g) con anemia grave ritardo
di crescita e dello sviluppo ed alterazioni a carico di più organi.
Talassemia intermedia (eterozigoti b0, omoziogoti b+) in cui la sintesi di catene
b non è particolarmente compromessa.
Anemia di grado moderato che non necessita di trasfusioni.
Talassemia b
Leucocitosi e leucopenie
Sono alterazioni del numero dei globuli bianchi
Leucocitosi (aumento)
Leucopenia (riduzione)
Possono interessare una qualsiasi delle popolazioni cellulari
della serie bianca e possono essere distinte in:
Assolute (se riferite al numero totale dei leucociti)
Relative (numero totale invariato ma varia la formula
leucocitaria).
Leucemie (1)
Le leucemie sono neoplasie che interessano le cellule emopoietiche. Le due
principali varianti sono quella mieloide e linfoide.
Si caratterizzano per:
Blocco del processo maturativo
Proliferazione intramidollare dl clone di cellule neoplastiche
Frequente passaggio di cellule tumorali nel sangue
Per le leucemie si distinguono:
Forme acute
• Sono caratterizzate da un inizio improvviso, presenza di blasti (cellule
immature) nel sangue periferico e nel midollo (> 30%).
Forme croniche
• Inizio insidioso, presenza di cellule mature nel sangue periferico, minore
concentrazione di blasti nel midollo ed evoluzione lenta.
Il processo leucemico origina dalla trasformazione maligna di una singola cellula
mieloide o linfoide, seguita da espansione del clone trasformato.
Leucemie (2)
L’incidenza delle diverse forme di leucemia varia con
l’età:
Forme acute – nel bambino e nel giovane
Forme croniche – nell’ adulto e nell’anziano.
Come nella patogenesi di ogni tumore, è implicata
l’attivazione di oncogeni (p53, N-ras, C-fos).
Nelle leucemie si verificano numerose anomalie
cromosomiche, alcune delle quali con significato
patogenetico:
Crom. Phi (t9:22) – formazione di un gene
chimerico (fusione bcr-abl)
• E’ presente nel 100% delle leucemie mieloidi
croniche (LMC) e nel 25% delle leucemie
linfoblastiche acute (LLA)
Espressione di una proteina di fusione p210bcr/abl
(tirosin chinasi costitutivamente attiva).
Linfomi
La trasformazione neoplastica di cellule linfoidi con coinvolgimento principale dei
linfonodi viene definita linfoma.
La principale suddivisione dei linfomi e tra :
Linfoma di Hodgkin (MH) – 40% dei linfomi maligni
• Leggermente più comune nell’uomo rispetto alla donna
• Correlazione tra MH e positività per infezione da virus Epstein-Barr (EBV)
• Colpisce più frequentemente soggetti giovani.
Linfomi non Hodgkin (LNH) – 60% dei linfomi maligni
• Sono tumori primari del tessuto linfoide che si oroginano frequentemente dailinfonodi.
• Linfoadenopatia persistente non dolorosa è presente nei 2/3 dei pazienti(deve essere distinta da altre situazioni benigne).
• Classificazione complessa con 4 classi principali:
1. A Linfociti B immaturi (precursori)
2. A Linfociti B maturi (periferici)
3. A Linfociti T immaturi (precursori)
4. A Linfociti T maturi (periferici) o a linfociti NK
Emostasi
L’emostasi è il meccanismo fisiologico che presiede al processo di
coagulazione del sangue in presenza di condizioni che determinano la
fuoriuscita di questo dal letto vasale.
L’emostasi è regolata dal corretto equilibro omeostatico tra azione di
Fattori pro-coagulativi
Fattori anti-coagulativi
In essa si distinguono tre distinti meccanismi che operano in maniera
sinergica:
Contrazione della muscolatura liscia della parete del vaso danneggiato
(vasocostrizione)
Adesione delle piastrine e formazione del tappo piastrinico
Attivazione del fibrinogeno in fibrina e formazione del coagulo di fibrina.
Ruolo dell’endotelio
Le cellule endoteliali svolgono una funzione anticoagulante se integre e procoagulante
se lese:
La funzione anticoagulante si esplica attraverso la sintesi:
dell’attivatore tissutale del plasminogeno (tPA) che attiva la trasformazione del
plasminogeno in plasmina (enzima fibrinolitico).
di glicosaminoglicani (eparino-simili) che aumentano l’attività dell’antitrombina III
(ATIII), proteina prodotta dal fegato e neutralizzante i fattori della coagulazione.
di prostaciclina I2 (PGI2) dall’ac. arachidonico che causa vasodilatazione e inibisce
l’aggregazione piastrinica
di trombomodulina che concorre all’attivazione della proteina C, inibitore della
coagulazione.
La funzione procoagulativa si traduce:
nella possibilità per le piastrine, in presenza della lesione endoteliale, di venire a
contatto con il collagene sottoendoteliale lamina basale.
nell’attivazione del fattore di von Willebrand (vWF) che lega le piastrine al collagene
e attiva l’aggregazione piastrinica
liberazione della tromboplastina tissutale (TF o FIII) che attiva il fattore VII nella via
estrinseca della coagulazione.
Bilancio emostatico
Trombosi
Normale Ipocoagulabilità
Emorragie
Ipercoagulabilità
Evoluzione del processo
emostatico
Inizia quando il sangue viene a contatto con sostanze diverse da quelle presenti sulla superficie endoteliale delle pareti dei vasi.
Emostasi primaria• rapida formazione di un tappo piastrinico a livello della lesione• avviene in pochi secondi• fondamentale per arrestare la fuoriuscita di sangue dai vasi
capillari e dalle venule
Emostasi secondaria
• attivazione del sistema della coagulazione formazione della
fibrina rafforza il trombo emostatico primario
• richiede alcuni minuti
• importante soprattutto per bloccare la fuoriuscita del sangue
dai vasi di calibro maggiore
Fattori coinvolti nell’emostasi
Vasi
Piastrine
Fibrinolisi / inibitori
Proteine della
coagulazione
Fasi del processo emostatico1- Vascolare contrazione Riduzione lume
muscolatura vasale vascolare
2- Piastrinica - adesione
- risposta biochimica Formazione- shape change tappo- degranulazione piastrinico- aggregazione
3- Coagulativa attivazione di Formazione proteasi plasmatiche coagulo fibrina
4- fibrinolitica attivazione sistema Dissoluzionefibrinolitico coagulo
RIPARAZIONE LESIONE VASCOLARE
FASE VASCOLARE
Primo evento del processo emostatico
Contrazione cellule tunica media
Stimolazione nerva vasorum
Rilascio endotelina (endotelio)
Rilascio serotonina piastrinica
VASOCOSTRIZIONE UTILE A RIDURRE
MOMENTANEAMENTE LA PERDITA DI
SANGUE
Piastrine
Le piastrine sono cellule prive di nucleo e di forma ovoidale/tondeggiante di circa30nm di diametro e v.m. 7 giorni. Il loro numero oscilla tra 200.000-400.000/mL.
La cellula è dotata di una ricca struttura citoscheletrica che, ancorata allamembrana, modula la forma cellulare.
Sono presenti recettori di membrana per il riconoscimento dei segnali cheattivano l’adesione e aggregazione piastrinica.
• Recettori per il fibrinogeno
• Recettori per il collagene
• Recettore per il fattore di von Willebrand
L’adesione piastrinica è indotta dal sangue a contatto con l’endotelio danneggiatoe/o i tessuti sottoendoteliali ed è attivata da citochine prodotte e rilasciate dallecellule endoteliali.
Produzione di molecole di adesione che consentono l’adesione delle piastrineall'endotelio
Produzione di prostaglandine, trombossani e leucotrieni
Aumento della concentrazione intracellulare del Ca (apertura dei canali per ilCa).
Fase piastrinica
Contatto del sangue con sostanze non endoteliali attivazione piastrinica
adesione delle piastrine alla matrice extracellulare esposta (collagene) mediante recettori specifici e passaggio da una forma discoidale (discociti) ad una forma sferica (sferociti) con protrusione di pseudopodi (“shape change”)
secrezione con liberazione di molecole ad attività vasocostritrice e/o pro-aggregante (serotonina, tromboxano TXA2, adenosindifosfato (ADP) e ioni calcio)
aggregazione:
• mediata principalmente dall’ADP e dal TXA2
• porta alla formazione di un aggregato piastrinico di crescenti dimensioni (tappo emostatico piastrinico o primario)
• in seguito alla produzione della trombina e della fibrina il tappo emostatico primario si trasformerà in una massa di piastrine saldate irreversibilmente tappo emostatico secondario o definitivo
Il ruolo del metabolismo dell’ac.
Arachidonico L’attivazione della fosfolipasi A2 piastrinica
innesca importanti processi metabolici a
carico dell’ac. Arachidonico.
E’ particolarmente attiva la via della ciclo-
ossigenasi (COX-1 piastrinica) con
produzione di:
Endoperossidi (PGH2)
Trombossano A2 (TXA2) che stimola
l’aggregazione piastrinica e la
vasocostrizione.
Nell’endotelio integro è invece attiva la
COX-2 endoteliale con produzione di:
Prostaciclina (PGI2) e cAMP che stimolano
la vasodilatazione inibendo l’aggregazione
piastrinica.
Aspirina e FANS agiscono inibendo
preferenzialmente la COX-1 piastrinica.
Coagulazione
La coagulazione del sangue è espressione dell’attivazione di una cascataenzimatica in cui i fattori coinvolti sono normalmente presenti nel sangue in unaforma inattiva.
L’obiettivo è:
Conversione della protrombina in trombina
Conversione del fibrinogeno in monomeri di fibrina che si aggregano formandoun reticolo insolubile che ingloba le cellule plasmatiche e costituisce il coagulo.
Successivamente, mediata dalla capacità contrattile delle piastrine, ha luogo la
Retrazione del coagulo - è allontanata la parte liquida del sangue (siero).
L’attivazione del sistema della coagulazione può avvenire attraverso due vie cheportano entrambe all’attivazione della trombina:
Via intrinseca – innescata dall’attivazione del fattore XII (Hageman) a seguito delcontatto con superfici cariche negativamente o comunque diversedall’endoteliocita (ruolo fisiologico non pienamente definito).
Via estrinseca – innescata dal danno della parete vasale che porta al rilascio dinumerose sostanze (tromboplastina tissutale) che nell’insieme attivano il FattoreVII (è la via fisiologicamente più attiva)
La presenza di ioni Ca ha un ruolo essenziale nell’attivazione di molti dei fattoricoagulativi.
La sintesi dei fattori della coagulazione (proteine) ha luogo negli epatociti e richiedeun adeguato apporto di vitamina K.
Componenti del sistema della
coagulazione
I fattori della coagulazione sono serino-proteasi presenti nel sangue in
forma di zimogeni, i quali vengono attivati “a cascata”, fino alla
formazione del reticolo di di fibrina.
Fanno eccezione il fattore V ed il fattore VIII (cofattori), ed il fibrinogeno,
che non sono serino-proteasi.
Gli ioni Ca2+, ed i fosfolipidi delle superfici cellulari, in particolare i
fosfolipidi della superficie delle piastrine, hanno un ruolo critico
nell’attivazione delle cascata coagulativa.
Come altri analoghi sistemi multi-proteasici (sistema del complemento,
sistema fibrinolitico), anche il sistema della coagulazione si “organizza”
spazialmente e funzionalmente su “fasi solide” rappresentate dalle
superfici cellulari, dove gli ioni Ca hanno la funzione di favorire
l’interazione tra enzima, eventuale cofattore e fosfolipidi.
Fattori della coagulazioneFattore Denominazione Emivita Sintesi
I fibrinogeno 5gg fegato
II protombina 2-3gg fegato
III tromboplastina ubiquitaria
IV calcio
V proaccelerina 1gg fegato,endotelio,megac.
VII proconvertina 5h fegato
VIII f.antiemof. A 15h fegato,reni
IX f.antiemofilico B 20h fegato
X f. Stuart 2gg fegato
XI f.antiemofilico C 2gg fegato
XII Hageman 2gg fegato
XIII f.stabilizzante la
fibrina
5gg Fegato,megacariociti
Funzioni della vitamina K
La vitamina K catalizza la carbossilazione dell’ac. glutammico
presente nei precursori dei fattori K-dipendenti, che sono privi
della capacità di fissare gli ioni Ca2+, mentre acquistano tale
capacità dopo la formazione dell’acido g-carbossiglutammico.
I fattori della coagulazione K-dipendenti sono: la protrombina, il
fattore VII, il fattore IX ed il fattore X.
I farmaci antagonisti della vitamina K (dicumarolici),
anticoagulanti indiretti, sono in grado di inibire la carbossilazione
dell’ac. glutammico, determinano l’arresto della sintesi e
l’accumulo di fattori inattivi che interferiscono negativamente con
l’attivazione del fattore X.
Regolazione della coagulazione
I meccanismi di controllo della coagulazione sono indispensabili per evitare che il
sangue coaguli spontaneamente e per impedire eccessi coagulativi sproporzionati
rispetto alla lesione vascolare.
1 ml di sangue è potenzialmente capace di indurre in 15 secondi la coagulazione di
tutto il sangue.
I meccanismi principali che intervengono sono:
1. Flusso sanguigno
2. Inattivazione delle proteasi e dei cofattori da parte di inibitori fisiologici
• Antitrombina III (AT-III)
• Proteina C/Proteina S
• Tissue Factor Pathway Inhibitor (TFPI)
• C1-inattivatore
• alfa2-macroglobulina
• alfa1-anti-tripsina
3. Demolizione dei prodotti della coagulazione
• Attivazione del sistema fibrinolitico
Inibitori fisiologici della
coagulazione (1) Antitrombina III (ATIII) è una proteasi serinica (prodotta dal fegato) che inibisce
la trombina, il fattore Xa e, in minor misura, i fattori IXa, XIa e XIIa
La sua attività inibitoria è modesta ma viene enormemente amplificata
dall’eparina e dai glicosaminoglicani eparino- simili (eparansolfato) presenti
sulla superfice degli endoteliociti.
L’attività anticoagulante è quindi localizzata sull’endotelio integro.
TROMBINA
SITO CATALITICO ATIII
CENTRO REATTIVODELL’INIBITORE
Siti lisinici
EPARINA
+
L’ eparina velocizza lareazione di oltre 3 ordinidi grandezza, quindi si stacca e catalizzal’interazione di altre duemolecole
EPARINA
Inibitori fisiologici della
coagulazione (2) La proteina C è una proteina plasmatica vitamina K-dipendente che acquisisce il
suo effetto anticoagulante legata alla trombina.
Il legame alla trombina è mediato dalla trombomodulina, un proteoglicano
transmembrana presente sulla superficie degli endoteliociti
La proteina C attivata inattiva i fattori V e VIII a stimola la fibrinolisi
L’azione proteolitica della proteina C è stimolata dalla proteina S un cofattore
plasmatico vitamina K-dipendente.
Superficie cellula endoteliale
Trombomodulina
TrombinaProteina CProteina S
Proteina C attivataVaVIIIa
Degradazione proteolitica estensiva del Va e del VIIIa,primariamente sulla superficie piastrinica, ma anche su quella endoteliale e leucocitaria
Ca++
Inibitori fisiologici della
coagulazione (3) L’inibitore della via del fattore tissutale (Tissue Factor Pathway Inhibitor TFPI) è
una proteina che circola nel plasma legata a lipoproteine.
Si lega anche ai glicosaminoglicani sulla superficie degli endoteliociti (può
essere rilasciata dall’eparina.
E’ secreto dalle piastrine attivate dalla trombina
Il TFPI blocca l’attivazione del fattore X da parte del complesso TF-VIIa, inibendo
quindi la via estrinseca della coagulazione.TFVIIa
IX IXa
X Xa
VIIIa
Via comune
TFPI
Xa
TFPI + XaIl TFPI, dopo aver reagito con ilfattore Xa, neutralizza il fattoreVIIa, inattivando la via estrinsecadella coagulazione
Fibrinolisi
La fibrinolisi è il processo che determina la disgregazione ed il
riassorbimento del coagulo.
E’ principalmente indotta dall’attivatore tissutale del plasminogeno (tPA)
prodotto dalle cellule endoteliali
Il tPA induce la conversione del plasminogeno (presente nel coagulo
come precursore inattivo) in plasmina.
La plasmina è una serino-proteasi che agisce digerendo il reticolo di
fibrina riducendolo a frammenti peptidici a basso peso molecolare
(fibrinopeptidi).
Plasminogeno e plasmina si localizzano sulla fibrina ed anche il tPA
agisce solo sul plasminogeno legato alla fibrina, limitando l’azione
fibrinolitica al reticolo di fibrina.
Inibitori della plasmina (PAI, alfa2-antiplasmina) presenti in circolo,
limitano la sua potente attività proteasica.
Bilancio emostatico
Trombosi
Normale Ipocoagulabilità
Emorragie
Ipercoagulabilità
TROMBOSI
Processo patologico che dà luogo
alla formazione di una massa
semisolida, chiamata TROMBO,
formata dai costituenti del
sangue, all’interno del sistema
vascolare.
Tale massa aderisce alla parete
del vaso almeno in un punto e si
forma quando l’individuo è ancora
in vita.
Rappresenta l’estensione
patologica del normale processo
emostatico
PATOGENESI DEI TROMBI
Triade di Virchow (1856)
1. Fattori meccanici legati
ad alterazioni del flusso
sanguigno
2. Alterazioni dell’endotelio
della parete vascolare
3. Alterazioni dei
componenti ematici
dell’emostasi
LA TROMBOGENESIa b
cd
1 2
34
5
6 7
8
99
10
Le cellule endoteliali (1) vengono danneggiate,
con esposizione delle fibre collagene
sottoendoteliali (2), cui aderiscono le piastrine (3).
Le piastrine aderiscono l’una con l’altra sul
punto di lesione formando un aggregato (4).
La contemporanea attivazione del sistema
emocoaugulativo porta alla formazione del
reticolo di fibrina (5). Le cellule endoteliali
vengono così stimolate a liberare l’attivatore
tissutale del plasminogeno (6).
Il coagulo (7) , ormai retratto e in parte digerito dal
sistema fibrinolitico, va incontro a un processo di
organizzazione per proliferazione dei fibroblasti (8),
infiltrazione di granulociti neutrofili e di macrofagi (9),
con possibile ricanalizzazione parziale da parte dei
capillari neoformati (10).
Alterazioni del flusso sanguigno
Turbolenza del flusso sanguigno con formazione di vortici (maggior
responsabile di trombosi arteriose e cardiache)
punti di biforcazione
zone di stenosi severa, comprese le placche aterosclerotiche
Rallentamento del flusso sanguigno da stasi (maggior responsabile di trombosi
venose)
1. CAUSE GENERALI:
• Insufficienza cardiaca congestizia (insufficienza del cuore destro).
• Sindromi da iperviscosità (policitemia, anemia falciforme)
2. CAUSE LOCALI:
• Vene degli arti inferiori (dilatazioni varicose, ostacolato deflusso per
prolungata immobilizzazione, ridotta attività muscolare, occlusione del
drenaggio venoso).
• Cuore e grandi vasi (aneurismi, patologie della valvola mitrale,
fibrillazione atriale, infarto del miocardio)
Alterazioni patologiche della
coagulazione
Alterazioni ereditarie o acquisite nelle tappe del processo della coagulazionepossono determinare una patologia emorragica.
Forme ereditarie (da mancata sintesi di un fattore della coagulazione)
• Emofilia A (dipendente da un deficit totale o parziale del fattore VIII) ècausata da mutazioni del gene F8 sul cromosoma X è una patologiagenetica X-linked recessiva.
• Emofilia B (dipendente da un deficit del fattore IX) con analogomeccanismo di trasmissione ereditaria.
Forme acquisite
• Ipovitaminosi K
un ridotto apporto di vitamina K (dieta o flora batterica) determina unaridotta sintesi epatica dei fattori della coagulazione (VII, IX, X eprotrombina).
• Epatopatie (che riduca la capacità di sintesi dei fattori dellacoagulazione)
• Terapia anticoagulante
• Malattie autoimmuni.
L’albero genealogico della
Regina Vittoria…
Emophilia: The Royal Disease
… ha coinvolto le più importanti
monarchie europee.
Science 2009