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Camera Penale Veneziana “Antonio Pognic i”
Il Consiglio Direttivo della Camera Penale Veneziana, visti la delibera
adottata dal Direttivo della Camera Penale di Roma in data 8 ottobre 2015,
il comunicato stampa ed i documenti ad essa allegati, che vengono acclusi
alla presente costituendone parte integrante,
PREMESSO
- che la Camera Penale di Roma ha denunciato come il provvedimento con
il quale è stato fissato il calendario delle udienze afferenti il celebrando
processo denominato “Mafia Capitale” determini una violazione palese e
senza precedenti del diritto di difesa, sia per il numero delle udienze
settimanali, che per la presenza solo virtuale degli imputati;
- che, invero, con provvedimento del Presidente del Tribunale di Roma,
Sezione X Penale del 28 settembre 2015, è stato stabilito un calendario
provvisorio delle udienze che, per i mesi da novembre 2015 a luglio 2016 e
senza soluzione di continuità, prevede dai tre ai quattro giorni alla settimana
consecutivi d’udienza; si è, altresì, disposto procedersi al dibattimento a
distanza, ex art. 146 bis disp. att. c.p.p., nei confronti di 19 imputati detenuti
in varie carceri, sebbene uno solo di essi si trovi nel regime di cui all’art. 41
bis dell’Ordinamento Penitenziario, in nome della pretesa sussistenza di
gravi ragioni di sicurezza ed ordine pubblico, nonché dalla particolare
complessità del dibattimento con la necessità di evitare ritardi nel suo
svolgimento;
Presidente: VENEZIA – S. Croce, 367 - 30135 - Tel. 041/5237038 - Fax 041/5220795 Segreteria: VENEZIA – S. Croce 430 - 30135 - Tel. 041/5209155 - Fax 041/5203106
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CONSIDERATO
- che il diritto ad un processo equo, riconosciuto dall’art. 6, par. 3 della
Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dall’art. 111, co. 3 Cost.,
accorda, tra l’altro, ad ogni accusato il diritto di disporre “del tempo e delle
condizioni necessarie per preparare la sua difesa”, il quale, all’evidenza, verrebbe
conculcato dall’impossibilità di preparare adeguatamente la difesa a fronte
di un calendario delle udienze cadenziato nei termini di cui in premesse con
gli imputati detenuti in carceri anche molto distanti rispetto al luogo in cui
si celebra il processo;
- che, del pari, la partecipazione personale dell’imputato alle fasi del
processo a suo carico, costituisce un diritto che trova suo fondamento nella
facoltà riconosciutagli dall'art. 6, par. 3, lett. d), della Convenzione Europea
dei Diritti dell’Uomo di esaminare personalmente i testi a discarico e
controesaminare quelli a carico, rivolgendo direttamente richieste al giudice,
come previsto, pure, dall’art. 111, co. 3 Cost.: la presenza fisica
dell’imputato nel processo, infatti, assume importanza capitale per
garantirne, al contempo, la legalità e l’equità, in considerazione del suo
diritto ad essere ascoltato e alla necessità di verificare l’esattezza o meno
delle affermazioni della vittima e dei testimoni e non deve subire limitazioni
allorquando, come nel caso di specie, le ragioni di sicurezza ed ordine
pubblico, nonchè le considerazioni sulla complessità del dibattimento
addotte appaiono ictu oculi pretestuose;
- che il principio della ragionevole durata del processo non può essere
invocato una tantum e a piacimento, specialmente quando viene
strumentalizzato per comprimere, fino a sacrificare, il diritto di difesa;
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RITENUTO
di condividere, in virtù quanto più sopra esposto, le ragioni dell’astensione
proclamata dal Direttivo della Camera Penale di Roma, rifiutando qualsiasi
deriva del processo che sacrifichi sull'altare dell'efficientismo le garanzie ed i
diritti degli imputati, di fatto, anticipando la soluzione - già prospettata dal
Presidente della Commissione ministeriale per l'elaborazione di proposte
normative per il contrasto alla criminalità - della normale partecipazione al
processo delle persone detenute in carcere attraverso la videoconferenza,
del tutto inaccettabile per le ricadute sul diritto di difesa e sul giusto
processo, che ne risulterebbero irreparabilmente compromessi,
DELIBERA
all’unanimità, di esprimere la propria solidarietà e vicinanza alla Camera
Penale di Roma, riservandosi di assumere ogni più opportuna iniziativa ad
evitare che possa affermarsi un modello processuale, quale quello proposto
dalla vicenda romana, volto a ridurre l’esercizio del diritto di difesa a mero
simulacro.
Venezia, li 19 ottobre 2015.
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