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Capitolo 3
Sviluppo, disoccupazione
e inflazione: i fatti principali
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Crescita economica
• La crescita economica è definita come un aumento nella quantità e nella diversificazione dell’offerta di beni economici.
• Essa si basa su due condizioni necessarie:– progresso tecnologico;– adattamento istituzionale e ideologico.
• Lo sviluppo economico moderno, che inizia in Europa nel XVI secolo e accelera con la rivoluzione industriale inglese si distingue per la ricerca di metodi di produzione più efficienti e nuovi prodotti. Ha inoltre peculiari caratteristiche quantitative, strutturali e di diffusione internazionale.
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Caratteristiche quantitative
• Accelerazione nella crescita del PIL pro capite (Figura 3.1).
• Transizione demografica: aumento della popolazione (Figura 3.2) dovuto ad un abbassamento del tasso di mortalità, seguito da una stabilizzazione dovuta alla riduzione del tasso di natalità.
• Crescita della produttività, cioè dell’output per unità di input (Figura 3.4).
• Diminuzione delle ore mediamente lavorate (Figura 3.7).
• Trasformazioni nella composizione del tasso di occupazione (meno giovani e anziani, più donne).
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Caratteristiche strutturali
• Diminuzione di addetti e valore aggiunto dell’agricoltura in favore dell’industria e, successivamente, dei servizi (Tabella 3.1).
• Passaggio da piccole imprese familiari a grandi società.
• Trasformazione dei consumi: perdita di importanza dei consumi alimentari, in favore di istruzione, sanità e servizi alla persona.
• Mutamenti sociali e nei costumi: urbanizzazione (Tabella 3.2), scolarizzazione, passaggio dalla famiglia patriarcale a quella nucleare, ruolo della donna.
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Diffusione internazionale• Da un lato, i mezzi di comunicazione di massa hanno fatto sì che i
Paesi meno sviluppati imitassero quelli più sviluppati, creando un mondo sempre più omogeneo.
• Dall’altro lato, il divario tra Paesi sviluppati e resto del mondo si è spesso accresciuto (Tabella 3.3), invece di ridursi come ipotizzato nella teoria della convergenza di Abramovitz e David. Infatti vi sono due constatazioni contrastanti:– i Paesi poveri possono crescere più rapidamente dei ricchi,
adottando le tecnologie e i modelli organizzativi di questi ultimi;– questo potenziale si realizza solo se il Paese arretrato ha
congruenza tecnologica (le tecnologie dei Paesi sviluppati sono adatte anche al Paese inseguitore) e capacità sociale (in termini di istruzione, istituzioni, assetto giuridico, valori sociali e religiosi…).
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Mercato del lavoro: definizioni
• Occupato: persona con più di 15 anni che possiede un’occupazione o ha effettuato ore di lavoro nella settimana di riferimento.
• Disoccupato: persona con più di 15 anni, non occupata ed alla ricerca di un lavoro.
• NON Forze di lavoro: popolazione sotto i 15 anni, popolazione sopra i 15 anni che non ha e non cerca lavoro (sopra i 64 anni o in età da lavoro, come studenti, casalinghe, lavoratori scoraggiati).
• Tasso di attività: Forze di lavoro / Popolazione.• Tasso di occupazione: Occupati / Popolazione.• Tasso di disoccupazione: Disoccupati / Forze di lavoro
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Tasso di disoccupazione
• Il tasso di disoccupazione mostra variazioni: – nel tempo: sia in risposta a cambiamenti nel numero
di disoccupati (flussi in entrata e in uscita nel bacino della disoccupazione), sia a cambiamenti nella forza di lavoro.
– per classi di età, sesso, titolo di studio, ripartizione geografica (Tabella 3.5).
• Gruppi con alta disoccupazione, mostrano anche bassi tassi di attività (aumento dei lavoratori scoraggiati).
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Disoccupazione frizionale e ciclica
• Disoccupazione frizionale, detta anche : è dovuta alle rigidità e imperfezioni strutturali del mercato del lavoro (disponibilità di informazioni, convenzioni sociali, mobilità, normativa) e non può essere ridotta nel breve periodo. La durata della disoccupazione e la frequenza della disoccupazione incidono su questo valore.
• Disoccupazione ciclica: eccede quella frizionale. I flussi in entrata ed uscita dal bacino della disoccupazione variano con il ciclo economico.
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Costi della disoccupazione
• Perdita di produzione e quindi perdita di reddito subito complessivamente dalla società. La legge di Okun (fig.3.8) stima che un incremento del 1% della disoccupazione corrisponde ad una riduzione del 2% del prodotto totale.
• Effetti redistributivi che possono aumentare i problemi sociali, poiché chi perde il proprio lavoro spesso appartiene già alle fasce più povere della popolazione. I sussidi di disoccupazione attenuano parzialmente questo problema.
• Perdita di capacità e competenze per chi rimane a lungo disoccupato, con crescenti difficoltà a trovare lavoro.
• Perdita di gettito d’imposta per lo stato.
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Inflazione
• L’inflazione è il tasso percentuale di aumento del livello generale dei prezzi:
• Quindi il livello dei prezzi attuale è pari a quello dell’anno precedente adeguato all’inflazione:
• In figura 3.11 gli effetti sull’inflazione degli shock petroliferi degli anni Settanta.
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Costi dell’inflazione attesa
• In caso di inflazione contenuta, i costi dell’inflazione perfettamente attesa sono ridotti. I contratti e le leggi tributarie che si protraggono nel tempo tengono già in considerazione il tasso d’inflazione.
• Vi sono solo due costi (non elevati):
– al crescere dell’inflazione, crescono i tassi d’interesse nominali e, quindi, il costo di detenere moneta. Questo riduce la domanda di moneta e accresce il “costo da consumo delle scarpe”;
– al crescere dell’inflazione aumenta l’utilizzo di risorse reali per aggiornare i prezzi: “costi di listino”.
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Costi dell’inflazione inattesa
• Redistribuzione della ricchezza che caratterizza le attività aventi un valore nominale fisso: moneta, titoli, depositi, contratti assicurativi, tributi con scaglioni di reddito e pensioni. Ad es. se l’inflazione cresce in modo inaspettato un debitore dovrà ripagare il suo debito ad un valore nominale che avrà un potere d’acquisto ridotto (si riduce il valore e il tasso di interesse reale delle attività, come mostra la tabella 3.8) ottenendo un vantaggio a scapito del creditore. Questi problemi possono essere attenuati indicizzando i contratti all’inflazione.
• Presenza del suddetto rischio: crea inefficienza nei processi decisionali perché alcune transazioni, appetibili se non vi fosse inflazione, non vengono effettuate.
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Obiettivo inflazionistico
• Per mantenere l’efficienza economica è necessario che alcuni salari aumentino e altri diminuiscano in termini reali.
• I lavoratori sono contrari a ridurre i salari nominali.
• Un tasso di inflazione basso, ma positivo, rende attuabile la riduzione del salario reale, senza modificare il salario nominale.
• Vi è dibattito tra gli economisti sull’utilità o meno della presenza di un piccolo livello di inflazione.
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Teoria del ciclo politico
• Gli elettori si preoccupano del livello di disoccupazione e inflazione e del tasso di variazione di questi due fenomeni (Tabella 3.10).
• I politici vorrebbero che al momento del voto l’economia fosse orientata nella giusta direzione, per avere più consensi.
• A inizio mandato i governanti attuano politiche economiche restrittive per ridurre l’inflazione, pagando un costo in termini di disoccupazione. All’avvicinarsi delle elezioni attuano politiche espansive per ridurre la disoccupazione, mentre l’inflazione è ancora bassa.
• Studi empirici su questa teoria hanno dato risultati contrastanti. D’altronde il governo non riesce a manovrare totalmente l’economia a causa della presenza di: possibili shock esterni, autorità indipendenti come le Banche Centrali, aspettative razionali, molteplicità di tornate elettorali…
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