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Time: 04/06/17 00:33 IL_MATTINO - CIRC_NORD - 47 - 04/06/17 ----

47Cultura.SocietàNapoliDomenica 4 giugno 2017IlMattino

GiuseppinaDeRienzo

Due gallerie di figurefemminili, le MatresMatutae, o Madri diCapua come pure lechiamano:piùdicen-tocinquanta statue

di tufo datate dal VI al I secolo a.C. inesposizione permanente presso il Mu-seo Provinciale della storica cittadinacampana; e duecento foto di donne,femmesfatalesritrattedaHelmutNew-ton, fotografotedesconaturalizzato au-straliano (Berlino 1920-California2004), in mostra al Pan di Napoli fino alprossimo18giugno.

Leduerassegne,oltrealconfrontotraoppostitopoidell’eternofemminino,of-fronounaffondonellacoscienzacolletti-va, da quella arcaica e primigenia, aicambiamenti del vivere sociale, alleesplorazionideimeandridell’animo.Si-gnificativiancheiluoghidoverisiedonoledueraccolte,ognunaespressionedelpropriohumus:glispazidelPanaNapo-li e le sale di Palazzo Antignano (1450-

1454) di Capua. Cu-stodedelpiùimpor-tante campionariodi Matres Matutae -donne raccontatenel loro destino-es-senzadimadri-ediunvastolapidariumtraepigrafi,stele,re-sti di altari con iscri-zioniin oscoelapidisupietradiepocaso-prattutto romana, ilMuseo provincialecampano, già dalquattrocentescocor-tile segnala l’unicitàdiquellachefudefi-nita «altera Roma»,

Capua,fertile«terradilavoro»chehage-nerato, tra le straordinarie opere d’artevenute alla luce nel 1845 durante lavoriprivati nei pressi di Petrara (oggi Curti),anche le sue Madri. Scolpite in blocchidi ignimbrite in facies grigia, materialetipico del territorio campano, lo stuolodinutriciancoratraspiranounaidentitàpernullalimitante.Gambepossenti,ac-conciatelarghesullasedia-trono,comu-nicano fierezza. Percepibile addiritturailsorriso,ancheinchihasubìtoneltem-polacancellazionedelvoltoodell’inte-ra testa, lasciando intatti l’orgoglio diavereinpugnoilpoteredideterminare,controllare la vita, e il gesto ampio nelmostrare il prezioso dono: un’infioratadipiccolinatiadagiatisullebraccia.

Peccato che ad ammirare le Dee delMattinoedell’Aurora,ovverolegenitri-ci di uomini e cose, ci siano pochi, senonsparutivisitatorie,spesso,ildesertoneimesiinvernali,tantocheavoltelelu-

cisiaccendonogiustoperl’arrivodiunascolaresca. Chi capita alla biglietterianon troverà brochure ma solo qualcheilleggibile fotocopia. Per il Museo pro-vincialediCapua,orfanodellatutelasta-tale, si profila l’ennesima chiusura. LaProvincia di Caserta, preposta alla curadiqueibeni,senzaperòimezziperassol-vereagliobblighidiunanormalegestio-ne, non può che assistere impotente aunlentodeclino,nonostantel’offertadaparte della Regione di accollarsi i costidelpersonale.Afineannoilmuseoreste-ràsenzadirettore,eprivodiprogramma-zione,perpetuandocosìlealternevicen-de già vissute negli anni, dalla primaschiusadeiportoniil31maggio1874,aidanni della seconda guerra mondiale,airestauri,aicontinuiriordini,esucces-sivitentatividiriaprire:nel1933allapre-senzadiUmbertodiSavoia,nel1956 conunarisistema-zione delle stanze, finoall’inaugurazione del 2012conl’allorapresidentedellaRepubblica Napolitano.

MaleMatresMatutaere-sistono.Imperterrite,conti-nuano a emanare un’auradiappagantefertilità,palpa-bile non appena ci si avvialungo la strada per Capua.Tra erbe, fiori spontanei,sentierielacampagnaintor-

no, anche la corona di montagne gri-gio-celesti, in apparenza glabre ma co-riacee, preparano alla caparbia soliditàdi Palazzo Antignano. Una serenità ingran parte negata alle donne-simbolodiNewton,seguitedaunflussoregolareecontinuodivisitatori.Leduecentofotoinbiancoeneroeacolorimostranomo-delleofferteconesenzaindumenti,frut-todeiprimitrelibricheNewtonpubbli-còtralafinedeglianni‘70el’iniziodeglianni ‘80: «White Women», «Sleeplessnights»,«Bignudes»,compongonolun-gole saledel Panun variegatopercorsoche via via accompagna a una sorta didiscesa agli inferi. Oltre il nudo, l’eroti-smo,accennidiomosessualitàovoyeri-smo, e qua e là sprazzi di una (voluta)dozzinalelascivia, inalcunescened’in-terniHelmutnontrascuraneppureilcri-

mine, senza rinunziare, die-troilparaventodellaprovoca-zione, al vezzo della misogi-nia, anche quando prova asparigliareunpo’lecarte.Co-me per alcune foto sistematein penombra, quasi isolatetra le altre. Quei pezzi di ani-male squartato e appeso aigancidiunmacello,sembra-no raccontare la prigione diun ruolo non scelto, soltantosubìto.Eppurelatrascrizionediqueldestinosegnatosomi-

glia a una adesione asettica, una vivise-zioneprogrammatasenzapathos.Con-dottaanziconmestizia.Comelavisionesenzasperanzadelteschiochesovrastaun diadema di diamanti. Conferma ilmessaggio sulla caducità delle cose lafrasedelCimbelinodiShakespeareusa-ta come didascalia. «Golden lads andgirlsallmust,aschimney-sweepers,co-metodust»(ragazzieragazzedorati,tut-tidevono,comespazzacamini,allapol-veretornare).

Certo,anchele MatresMatutaepos-sonoessereintesedentroi legaccidiununicoruolo.Ma,all’esercitoopulentodifattricicheaccolgonoilsolitariovisitato-re dal pianoterra del loro asilo, dà manforteun’altrascultura.Espostaalsecon-dopianodiPalazzoAntignano,unapic-colaterracottaastampodelIII secoloa.C., senza alcun riferimento a una desti-natamaternità,richiamasolobellezzaearmonia. Il suo nome è «Genio alatofemminile». Pare l’ultimo riconosci-mentoalleDeedelMattinoedell’Auro-ra. Una venerazione forse anacronisti-ca; desueto ormai il culto dedicato allafertilità, alla protezione della Madre edella sua prole. Chi deciderà del futurodellaMatresMatutaediCapua?L’augu-rioè chenontrovinoriparo inunsotto-scala. È già accaduto, a montagne di li-bripreziosiealtritesori.

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L a bellezza della classicità,del mondo antico, dellestatue,equelladellanatu-

ra, rappresentata dalla campa-gna: ne vien fuori un quadro digrandesuggestione,ediriman-doa tempi passati anchequan-do l’occhio del fotografo cogliepaesaggi contemporanei.

C’èmoltaIrpinia,enonpote-va essere diversamente, nellamostra fotografica «Georgi-che» (Suor Orsola Benincasa),il libro di Virgilio illustrato daOrtensio Zecchino, già mini-stro dell’Istruzione e dell’Uni-versità, storico del Diritto e do-cente di Storia delle IstituzionimedievalialSuorOrsola,attual-mente presidente di Biogem,l’Istituto di ricerche geneticheGaetano Salvatore con sede adArianoIrpino:centoleimmagi-ni in esposizione, realizzate indigitale,visibilinell’aladellacit-tadelladelsaperedicorsoVitto-rioEmanuelededicataallemo-stre,chedocumentanounfoto-grafo di lungo corso che peròpochi conoscevano come taleper la predominanza del suostatusdiesponentepolitico:na-sce negli anni ’70 la vocazionealla fotografia di Zecchino. Ilsuo lavoro, circa duecento im-magini (in mostra ce ne sonocento),serveaillustrareLegeor-giche, il volume che Virgilio de-dicò alla campagna italiana

(dalla natìaMantova alsuoperegrina-re per la peni-sola, la Sila, laPuglia, infineNapoli), pub-blicatadaIlCi-gno con testidiSergioPaga-no, prefettodell’Archiviosegretovatica-no e Lucio

d’Alessandro, rettore del SuorOrsola, 380 pagine.

«Lemiefotosonoscattatesulcrinale di due ere per fermarela storia e le storie dei paesaggirurali del Belpaese», raccontaZecchino: «La ruralità, che hacostituito il primo stadio dellacivilizzazione umana, e che fi-no a qualche decennio fa hapermeato - con la sua poesia ele sue asprezze - l’intera vita digranpartedellenostrecomuni-tà, ha ormai completamentecambiatovolto,perilmutatore-gime giuridico della terra, perla generalizzata diffusione del-lestrutturedibase,perl’avven-to delle tecnologie di supportoeperinuovi equilibrisocio-de-mografici realizzatisi negli ulti-mi decenni. La sua fisionomiaanticasiavviaormaiavivereso-lo nella memoria di un semprepiùristrettonumeroditestimo-ni, prima di entrare definitiva-mente nell’archivio delle cosedel passato. Le immagini rac-colte qui vogliono essere insie-me contributo di documenta-zioneeomaggioallaciviltàcon-tadina che, con le sue miseriemateriali e la crudezza impostadalle dure leggi della natura, èstata comunque madre d’ognisviluppoefontedifondamenta-licodicidieticaprivataepubbli-ca».

pa.es.© RIPRODUZIONE RISERVATA

“Lucia Valenzi«Mio padre non ha maismesso di seguiresia la politica che l’arteafricana»

La riflessione

Matres e Nudes, i destini dell’arteDeserto il museo di Capua con le antiche statue di tufo, folla per gli scatti di Newton al Pan

L’allarmeIl disinteressedi istituzionie pubblicocausaun declinoche sembrainarrestabile

Al Suor Orsola

Zecchinofotografoineditoper Virgilio

PasqualeEsposito

L ’arte come forma di dialogoper favorire lo sviluppo dellaconvivenza civile, della condi-

zione sociale, della politica, che puredeve tendere allo stesso obiettivo: c’èlastoria,oltrechelavita, diValenzi, lasua etica, la sua visione filosofica e ci-vile nella mostra «L’Africa di Mauri-zio-Oggetti africani della CollezioneValenzi» in corso al Rettorato (viaChiatamone, ingresso gratuito, finoal 30 luglio) de L’Orientale, nella se-zione museale di Palazzo Dumesnil,promossa dalla Fondazione Valenzicon il patrocinio dell’assessorato co-munale alla Cultura.

In mostra ci sono 13 maschere, 7scultureeun poggiatesta,maiespostifinora, e altri documenti, provenientidall’Africa centrale e occidentale, diproprietà di quello che resta uno deipiù apprezzati (anche da parte di chiideologicamente era posizionato sualtri versanti) sindaci della città, oltreche artista e intellettuale di grandespessore. Le opere sono databili trafine Ottocento e primi del Novecen-to, per la prima volta hanno lasciatol’abitazione di Valenzi in via Manzo-nidopoesserestateinventariateestu-

diate. Il sindaco-artista le acquisì inpartedurantealcunideisuoiviaggiinAfrica, altre gli furono donate.

Sono opere che documentano ilgustoelacuriositàdiValenzi,manoncoinvolgono lo stile o l’attività artisti-cadelpittoreValenzi,chenontrasferìnei suoi quadri segni evidenti di arteafricana. C’è un suo dipinto, «Estatetunisina»,manonrisentediispirazio-ni all’«arte nigra», piuttosto c’è unchiarorimandoalleavanguardiefran-cesi e tedesche. Un omaggio, insom-ma,alleatmosferedellacittàincuiVa-lenzi era nato, ma un marchio, unostile, decisamente europeo.

Diversa, quindi, l’attenzione cheValenzi ha riversato con lo sguardodell’uomo e dell’intellettuale che se-gue i fenomeni sociali, civili e politici,come risulta da questa esposizionesu quest’arte africana collezionatanel corso degli anni, sulle mascheresia zoomorfe che antropomorfe, cheprovengonodall’Africacentrale(Ma-li, Burkina Faso, Coosta d’Avorio).

LuciaValenzi,chepresiedelaFon-dazione intitolata a suo padre, spiegache la sua vita, i suoi interessi e la suaattività politica «come si evince an-che in questa mostra, sono una testi-monianza della possibilità di un con-

creto e profondo dialogo tra le civiltà.Compagnodi cella diindipendentistiarabi, segretario della commissioneEsteri del Senato o sindaco, non hamai smesso di seguire sia l’arte che lapolitica africana e questi oggetti co-me i documenti esposti lo dimostra-no. Sono infinitamente grata a tutti idocentienondell’Orientalechesiso-no impegnati per la realizzazione diquesta mostra che era un mio vec-chio sogno».

A sua volta Elda Morlicchio, retto-rede L’Orientale-e curatricedelpro-gettoconlacollaborazionedeidocen-ti Maria De Vivo (Storia dell’arte con-temporanea), Cristina Ercolessi (Sto-ria dell’arte africana) e Andrea Man-zo, responsabile della sezione africa-nadelmuseodell’ateneo-tieneasot-tolineare il valore di «una mostra chesancisce l’attenzione del nostro ate-neo verso ogni forma di sapere, maanche di arte, in grado di mettere incomunicazione mondi e sensibilitàin apparenza lontani e distanti. Sia-mo grati a Lucia Valenzi che ha sceltoun luogo simbolo di incontro tra leculture per esporre per la prima voltaquesto prezioso patrimonio di ma-schere, sculture, poggiatesta».

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Il maestroLo sguardo delvoyeur in 200foto di donne inbianco e nero

Suggestioni Una foto di Zecchino

La mostraL’ex ministroillustra le«Georgiche»con immaginidell’Italiacontadinache resiste

LacollezioneMaschere,sculture edocumentimai esposti

A Palazzo Dumesnil

L’Africa di Valenzi, in mostra il dialogo di civiltà

VisioniAl centro una delleMatres Matutaedel museo di Capuatra una foto di HelmutNewton esposta alPan e una visitatriceche si soffermadavanti a un altro deinudi dell’autoreesposti a Napoli sinoal 18 giugno

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