Corso di laurea in Ingegneria MeccanicaSeminari professionalizzante sulla
Legislazione Ambientale
Coordinatore Prof. Franco Cotana
“La normativa vigente relativa alla riduzione di gas climalteranti derivanti dalla produzione di energia elettrica”
Dr. Simone Togni
Responsabile IVPC – Segretario Generale ANEV
Via Piemonte, 39 – 00187 ROMATel. +390642884432 – Fax +390642825850www.ivpc.com – [email protected]
www.anev.org – [email protected]
Università degli studi di Perugia21.1.2008
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I Meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto
I progetti Clean Development Mechanism (CDM)
Qual è il funzionamento del meccanismo di CDM?
Il meccanismo di Clean Development Mechanism (CDM) è uno dei meccanismi flessibili previsti dal
Protocollo di Kyoto (art. 12) che permette alle imprese dei paesi industrializzati con vincoli di emissione di realizzare progetti che mirano alla
riduzione delle emissioni di gas serra nei paesi in via di sviluppo senza vincoli di emissione.
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Lo scopo di questo meccanismo è duplice; da una parte permette ai paesi in via di sviluppo
di disporre di tecnologie più pulite ed orientarsi sulla via dello sviluppo sostenibile;
dall'altra permette l'abbattimento delle emissioni lì dove è economicamente più
conveniente e quindi la riduzione del costo complessivo d'adempimento degli obblighi
derivanti dal Protocollo di Kyoto.
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Le emissioni evitate dalla realizzazione dei progetti generano crediti di emissioni o CERs (Certified
Emission Reductions) che potranno essere utilizzati per l'osservanza degli impegni di riduzione assegnati.
Il funzionamento di un progetto CDM è il seguente:
1. Un'azienda privata od un soggetto pubblico realizza un progetto in un paese in via di sviluppo mirato alla
limitazione delle emissioni di gas serra.
2. La differenza fra la quantità di gas serra emessa realmente e quella che sarebbe stata emessa senza la
realizzazione del
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progetto (scenario di riferimento o baseline), è considerata emissione evitata ed accreditata sotto
forma di CERs
3. I crediti CERs possono poi essere venduti sul mercato e/o accumulati.Un esempio:
Una grande discarica ai margini di una città sudamericana rilascia in atmosfera notevoli quantità di metano dai
processi di decomposizione.Un progetto di miglioramento prevede di recuperare tali gas
e di sfruttarli in un impianto per la produzione di energia elettrica e la successiva commercializzazione. Le
emissioni di metano evitate possono generare crediti di emissione sotto forma di CERs rivendibili sul mercato.
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Ente Operativo Accreditato: un Ente Accreditato (DOE - Designated Operational Entity) per i CDM è un'entità giuridica o organizzazione
internazionale accreditata e designata dal Comitato Esecutivo in forma provvisoria, in
attesa della conferma della COP/MOP. Un Ente Accreditato ha due funzioni principali:
• Valida la proposta di un progetto CDM e ne richiede la registrazione;
• Verifica la riduzione di emissioni di un progetto CDM, la certifica e richiede al Comitato
Esecutivo (EB) il rilascio dei CERs.
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Quali sono i requisiti essenziali di un progetto CDM [2]?
Per i Paesi partecipanti:
a. I Paesi che partecipano ad un progetto CDM devono aver ratificato il Protocollo di Kyoto;
b.L'ammontare base assegnato di emissioni deve essere stato calcolato e registrato;
c. Il registro nazionale delle emissioni deve essere stato istituito;
d.L' inventario nazionale richiesto annualmente deve essere stato presentato;
e. Un sistema per la stima delle emissioni e dei bacini d'assorbimento deve essere stato stabilito;
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f. La comunicazione di informazioni aggiuntive sull'ammontare base assegnato di emissioni deve
essere stata effettuata; g.Fornire approvazione scritta di partecipazione
volontaria al progetto CDM.
Per il progetto:
Il Paese ospitante deve confermare che il progetto CDM contribuisce al proprio sviluppo sostenibile; inoltre deve essere prevista nel progetto un'analisi
degli impatti ambientali e, se il paese ospite lo richiede, una valutazione di impatto ambientale
delle
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attività progettuali; in funzione di ciò sono esclusi tutti i progetti che hanno un impatto socio-economico ed
ambientale non-equilibrato;
Il progetto deve generare una riduzione delle emissioni di almeno uno dei gas regolati dal
Protocollo di Kyoto (Anidride Carbonica CO2, Metano CH4, Protossido di Azoto N2O,
Idrofluorocarburi HFC, Perfluorocarburi PFC, Esafluoruro di zolfo SF6);
La riduzione delle emissioni deve essere addizionale alla situazione che si avrebbe in assenza di tale
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progetto (scenario di riferimento- baseline), ovvero le emissioni reali dovute al progetto sono minori di quelle
che si sarebbero avute in assenza del progetto;Deve essere possibile valutare la quantità di emissioni
evitate attraverso misure, stime o altri metodi;Non ci sono restrizioni per le categorie di progetto, salva
l'esclusione dei progetti nucleari; Il progetto non deve utilizzare fondi pubblici dell'assistenza allo sviluppo ufficiale (Official
Development Assistance) e si deve poter affermare che il progetto, senza l'incentivo dei crediti, non sarebbe
realizzabile.[1]Il meccanismo CDM è regolato dagli Accordi di Marrakech, Decisione 17/CP.7 - Modalità e procedure per un CDM
[2]La lista completa dei requisiti si trova nell'Annesso, Sezione F, par. 31 della Decisione 17/CP.7
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Il ciclo dei progetti CDMQuale è il ciclo di un progetto CDM?
Lo sviluppo del progetto implica il coinvolgimento di attori a diversi livelli: alcuni
attori hanno un compito solo di indirizzo e formale, mentre altri devono contribuire
operativamente al progetto. Lo sviluppo del progetto si articola in due fasi, una progettuale
e una realizzativa, a loro volta suddivise in diverse attività:
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Fase progettuale Attività 1 - Idea progettuale e valutazione: il primo passo necessario per la realizzazione di un progetto CDM riguarda la valutazione dell'idea progettuale. E' necessario verificare se l'idea di progetto può, in linea di principio, rispettare i requisiti fondamentali richiesti dal Protocollo di Kyoto. A tale scopo si può
richiedere il servizio di assistenza dello Sportello Meccanismi del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, attraverso la compilazione
della Scheda di Pre-valutazione. Lo Sportello Meccanismi compie una valutazione preliminare dell'idea progettuale e offre assistenza per i passi
successivi.
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Attività 2 - Documento di progetto: il proponente prepara un documento di progetto CDM (CDM-PDD Project Design Document) che in particolare include:
• Una descrizione dettagliata dello scenario di emissione (baseline) del paese ospitante,
dell'addizionalità del progetto e del piano di monitoraggio delle emissioni;
• I commenti ricevuti da soggetti locali interessati;
• Un'analisi sugli impatti ambientali del progetto;
• Una descrizione dei benefici ambientali addizionali che il progetta potrà generare
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• Quali sono i vantaggi per un’azienda?
• L'impiego del CDM presenta molti vantaggi per l'Italia e le imprese italiane. Ciò soprattutto in
considerazione degli elevati costi che si dovrebbero sostenere per migliorare ulteriormente l'efficienza
energetica dei nostri processi industriali e ridurre le emissioni di gas serra: a parità di riduzione, è molto
meno oneroso intervenire nei paesi in via di sviluppo dove spesso sono presenti impianti caratterizzati da bassa efficienza ed obsoleti, rispetto ad interventi in Italia dove i costi marginali di abbattimento sono più
alti.
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Oltre ai già citati vantaggi per il nostro paese riguardo l'uso dei meccanismi flessibili in generale, i
vantaggi che un'azienda può ottenere dalla partecipazione ad un progetto CDM sono diversi: Miglioramento della redditività di un investimento
potendo contare sul ricavo che deriva dalla vendita dei CERs; Esplorazione e potenziale allargamento nei
nuovi mercati dei paesi emergenti; Riduzione dei costi di adempimento di misure nazionali potendo sfruttare
la differenza fra i costi marginali di abbattimento; Miglioramento dell’immagine aziendale percepita
dalla opinione pubblica
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Come posso quantificare il ricavo aggiuntivo?
La quantificazione monetaria del ricavo aggiuntivo che si può ottenere da un progetto CDM dipende in linea generale da
due fattori:
• Il numero dei crediti generati (CERs) è pari alla differenza fra le emissioni ipotizzate in uno scenario di riferimento e le emissioni realmente monitorate durante il ciclo di vita del progetto. Lo scenario di riferimento (baseline) è quello che
si sarebbe avuto in assenza dell’attività progettuale. Il prezzo dei crediti non è fissato e sarà stabilito dal mercato anche in funzione delle altre unità del Protocollo di Kyoto.
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Esperienze pilota indicano che il potenziale range di oscillazione del prezzo è fra 3-10 €/TonCO2eq. Altri studi e
simulazioni numeriche effettuate indicano un prezzo variabile fra i 7 e i 40 €/Ton CO2 eq a secondo degli scenari ipotizzati.
Unitamente ai benefici derivanti dall'utilizzo dei progetti CDM, vi sono anche alcune voci di costo da tenere in considerazione
genericamente definite costi di transazione. I costi di transazione si compongono dei costi associati alla produzione
della documentazione di progetto, all'implementazione del piano di monitoraggio, alle procedure di valutazione e verifica, ai costi di registrazione e di eventuale intermediazione per la
vendita dei crediti. Tali costi costituiscono una piccola percentuale del ricavo aggiuntivo, anche se una loro
quantificazione
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monetaria dipende dalle dimensioni e tipologia del progetto.
Fig. 2 Illustrazione dei crediti generati da un progetto CDM
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Quali sono le tipologie di progetto ammissibili per il CDM?
Il Protocollo di Kyoto non limita le tipologie di progetti che possono essere registrati come progetti
CDM. In linea di principio tutti i progetti che portano una riduzione di emissioni di gas serra sono
potenziali progetti CDM.A fini puramente illustrativi, di seguito si riporta un elenco non
esaustivo di alcuni esempi di tipologie di progetti CDM basato sulle esperienze maturate ad oggi in
ambito nazionale ed internazionale.
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Settore - Esempi di progetti
1.(a). Produzione di energia (da fonti rinnovabili:
Conversione/costruzione di generatori di energia elettrica alimentati a biomassa/rifiuti;
costruzione d’impianti alimentati da fonti rinnovabili (e.s. eolico, mini idroelettrico, geotermico, solare);
Recupero degli scarti di lavorazione industriale a scopo energetico (e.s. industria della lavorazione del riso, del legno, dello zucchero,della torrefazione del
caffè)
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1.(b). Produzione d’energia da fonti non rinnovabili:
Interventi mirati al miglioramento dell’efficienza della generazione di calore (e.s.
ammodernamento boiler);
Interventi mirati al miglioramento dell’efficienza della generazione dell’elettricità (e.s.
riqualificazione di una centrale);
Conversione di centrali con combustibili fossili a minore intensità di CO2 (es. da carbone a
metano)
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2. Distribuzione d’energia:
Interventi mirati al miglioramento dell’efficienza della distribuzione di energia termica (e.s. ammodernamento rete o costruzione nuova
rete di teleriscaldamento);
o elettrica (e.s. riduzione perdite trasmissione)
3. Domanda finale d’energia:
Diffusione di apparecchiature ad alta efficienza (e.s. motori, lampadine, elettrodomestici,..);
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Costruzioni di eco-immobili
4.-5.-6.-7. Industrie manifatturiere, Industrie chimiche, Costruzioni, Produzione dei metalli:
Interventi mirati alla riduzione dei fabbisogni energetici dei processi industriali;
Interventi di miglioramento nell’efficienza di processi industriali (e.s. interventi di conservazione
dell’energia nell’industria cartaria, conversione e modifiche di processi nei cementifici, recupero gas di scarico nell’ambito della produzione dell’acciaio,
sostituzione di motori industriali)
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8. Trasporti: Interventi di riduzione delle emissioni attraverso la trasformazione di veicoli a gas naturale
9.-10. Emissioni diffuse da combustibili (solidi, liquidi e gas), Emissioni diffuse da produzione e consumo
di idrofluorocarburi e dell'esafluoruro di zolfo:
Riduzione delle perdite dai serbatoi di combustibile o dagli oleodotti11. Gestione e smaltimento rifiuti :
Recupero gas da discarica a fini energetici
12. Afforestazione e riforestazione: Riforestazione di aree abbandonate nei paesi in via di sviluppo
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Quali sono le tecnologie utilizzabili?
Cosi come per le tipologie di progetto, anche per quanto riguarda le tecnologie non vi sono linee
guida che portano a favorire o ad escludere particolari tecnologie. L’unica tecnologia
esplicitamente esclusa è quella nucleare. Gli unici due requisiti previsti per le tecnologie utilizzabili
sono:
1.Effettiva riduzione delle emissioni di gas serra
2.Possibilità di monitorare le reali emissioni con una metodologia standard o sviluppata appositamente.
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Quali sono i Paesi in cui è possibile realizzare un progetto CDM?
Sono tutti i Paesi non compresi nell’Annesso 1 della Convezione Quadro delle Nazioni Unite
sui Cambiamenti Climatici - UNFCCC (identificabili con i Paesi in via di sviluppo) che hanno ratificato il Protocollo di Kyoto.
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PROBLEMATICHE RELATIVE ALLA COMPLETA ED ESAUSTIVA ATTUAZIONE DELLA
DIRETTIVA COMUNITARIA 2001/77/CE
Tra i tutti i provvedimenti attuativi che hanno visto la luce e che abbiamo analizzato, si deve evidenziare come analizzando le
principali problematiche si evince che uno dei principali motivi che ha comportato l’insufficiente sviluppo della produzione di energia da fonte rinnovabile nel mercato interno dell’elettricità rispetto agli
obiettivi indicati e derivanti dagli impegni assunti in sede nazionale, comunitaria ed internazionale, è la mancanza di un quadro normativo
organico. A tal riguardo si rende necessario un tempestivo intervento volto al coordinamento di questo settore.
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La riorganizzazione delle innumerevoli norme a vario titolo e dai vari enti deputati alla regolamentazione del sistema elettrico nel suo
complesso, si rende oramai presupposto irrinunciabile per una seria politica di sviluppo di questo importante settore, dando garanzia ai soggetti operatori che tale opera non comporti la sospensione delle
attività in essere. Una analisi anche superficiale delle normative esistenti sulla materia infatti evidenzia chiaramente la confusione e la disomogeneità, quando non addirittura la contrapposizione, di alcune previsioni vigenti che vanno ad annullarsi tra loro rendendo di fatto
inefficaci o addirittura di effetto contrario, norme che nella loro ratio originaria avrebbero dovuto agevolare lo sviluppo delle fonti di
energia rinnovabili.
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Tale situazione è nel nostro paese resa ancor più marcata dalla differente vocazione dei numerosi soggetti deputati all’emanazione di tali norme,
nonché dal gran numero di soggetti titolari di potestà normative, regolatorie e di controllo nello specifico settore. Se si considera inoltre che tutti i
soggetti che hanno “voce in capitolo” su tale materia, hanno principalmente riguardo per le questioni riguardanti l’energia nel suo complesso e mai specificamente per le fonti rinnovabili in quanto tali, e
cioè con riferimento alle questioni di carattere ambientale correlate alla produzione di energia, si evidenzia maggiormente la difficoltà di
raggiungere quelle armonizzazioni necessarie.Questa realtà è stata oltretutto aggravata dal recente trasferimento della
potestà legislativa concorrente concessa a seguito della riforma del titolo V della Costituzione alle Regioni, a seguito della quale ci si è travati ancor più nella situazione paradossale di una impossibilità di fatto di realizzare una politica energetica rinnovabile coerente e razionale, basata su analisi
serie e corrispondente agli impegni assunti.
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Si rende pertanto necessaria, nell’ottica del perseguimento della politica ambientale di riduzione delle emissioni di gas climalteranti scelta
dal Governo Italiano con la ratifica del Protocollo di Kyoto, l’assunzione delle responsabilità da tale scelta derivanti e fino ad oggi elusa.
Alla luce della gravosa individuazione di obiettivi di riduzione di inquinanti derivanti dal trattato internazionale siglato a Kyoto, e della
Direttiva Comunitaria 2001/77/CE recepita con D. Lgs. 387/03 e le recenti innovazioni portate dalla legge finanziaria 2008, nonché delle prossime
decisione della Commissione Europea, il Governo dovrà necessariamente provvedere a farsi carico del rispetto di questi impegni onde evitare
pesanti quanto inevitabili sanzioni sia amministrative sia economiche da parte dei soggetti preposti alla verifica dell’ottemperamento degli impegni assunti; tale azione si ritiene debba comportare la riappropriazione da parte del Governo centrale del coordinamento degli incentivi e delle
azioni amministrative poste in essere sia per quanto riguarda quelle già in essere, sia per quanto riguarda quelle in corso di emanazione.
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La prima parte dell’opera dovrà servire a verificare la coerenza tra le innumerevoli normative, regolamenti, azioni, iniziative, meccanismi e misure a diverso titolo esistenti, con gli obiettivi esistenti; la seconda
parte deve consentire, da oggi e per il futuro, l’armonizzazione di qualsiasi atto emanato in tema di produzione di energia da fonti
rinnovabili, o a tale argomento correlato, e la cui coerenza con la politica governativa dovrà necessariamente essere verificata
preventivamente, per il tramite della sottoposizione ad un organo tecnico delegato, onde evitare che la mancata attuazione dei piani
individuati di promozione delle fonti rinnovabili e di riduzioni delle emissioni avvenga non per una dichiarata scelta di politica energetica
ma per la mancanza dell’organizzazione delle misure necessarie e sufficienti al loro raggiungimento.
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In tale senso l’opera di verifica della coerenza delle misure esistenti od in corso di emanazione dovrà essere vagliata dal Governo stesso che solo in tal modo avrà la possibilità di intervenire con le iniziative eventualmente decise per mantenere gli impegni assunti in sede internazionale.
L’organo di consultazione in questione, peraltro previsto proprio dalla Direttiva Comunitaria 2001/77/CE e proprio con queste funzioni, sembra essere chiaramente l’Osservatorio nazionale
sulle fonti rinnovabili e l’efficienza negli usi finali dell’energia, che “è composto da [..] esperti della materia e di comprovata esperienza” e che peraltro prevede esplicitamente
lo svolgimento di tutte le attività di coordinamento, consultazione e proposizione che si ritiene debbano essere
prontamente poste in essere dal Governo;
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in tale ottica si ritiene necessario che l’emanazione dei provvedimenti futuri, di qualsiasi genere e connessi a qualsiasi titolo
alla promozione della produzione di energia da fonti energetiche rinnovabili nonché dell’efficienza energetica e della riduzione delle
emissioni da questi derivanti, passi preventivamente dall’analisi consultiva di tale organo il quale dovrebbe evidenziare eventuali
discrasie con la politica energetica ambientale e gli obiettivi assunti a livello governativo in ogni sede.
Concludendo si ritiene che il non più giustificabile ritardo nelle politiche ambientali di riduzione dei gas climalteranti e di incremento della produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili debba essere rapidamente superato con un’azione efficace e decisa
senza la quale il fallimento della politica energetica delle fonti rinnovabili del nostro paese sarà inevitabile.
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PROIEZIONE DEI COSTI DERIVANTI DALL’APPLICAZIONE O DALLA MANCATA
APPLICAZIONE DI KYOTO
Per fare un esempio che possa chiarire quanto sia poco lungimirante attendere ulteriormente nella promozione
della produzione di energia da fonti rinnovabili nel nostro paese, segue uno studio sui costi che il sistema
Italia affronterebbe in caso di applicazione della Direttiva Comunitaria 2001/77/CE e dei costi dovuti
alle penalità in caso invece di mancato raggiungimento degli obblighi assunti solo relativamente all’eolico.
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Obblighi derivanti dalla Direttiva Comunitaria 2001/77/CE:
25 % del consumo lordo al 2010.
Partendo dal dato del 1997 in cui la produzione di energia da FER è stata pari a 46,46 TWh equivalente
al 16% sul consumo interno lordo di 290 TWh, si dovrà arrivare alla produzione di almeno 85 TWh da
FER che corrisponderanno al 25 % del consumo previsto di circa 380 TWh al 2010, considerando
inoltre che nel 2007 si sono prodotti circa 54 TWh di energia da FER pari al 17 % del CIL (357 TWh).
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In tale contesto, la produzione di energia da fonte eolica è stata, nel 2006 pari a 3,5 TWh a fronte di
una potenza totale installata passata da 1.718 MW a inizio anno a 2.123 MW a fine 2006.
Calcolando pertanto la progressione delle installazioni durante il periodo considerato, e il continuo
aumento dell’efficienza degli aerogeneratori, si può con assoluta cautela considerare una producibilità media annua di circa 2 TWh di energia elettrica
prodotta ogni 1.000 MW di potenza eolica installata.
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Considerando inoltre che la crescita delle installazioni di tali impianti nei paesi che hanno emanato
normative a garanzia per gli operatori del settore, sono dell’ordine di 2.000 MW all’anno (Germania,
Spagna, USA), e che certamente ciò non dipende dal potenziale eolico degli stessi che non è superiore a quello italiano. Ritenuta largamente sostenibile una
crescita progressiva della potenza installata che consenta il raggiungimento di circa 14 TWh a fronte
di circa 7.000 MW al 2010, e considerando che l’apporto delle altre fonti potrebbe concorrere per
almeno altri 10 TWh, ciò consentirebbe di raggiungere l’obiettivo previsto dalla Direttiva
Comunitaria
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anche qualora i dati dovessero essere rivisti in senso più gravoso, per quanto riguarda l’aumento dei consumi,
come sembra ipotizzare il GRTN.In conclusione si può affermare che solo grazie ad una
decisa regolamentazione che consenta il coordinamento e la razionalizzazione della normativa vigente, e la conseguente eliminazione delle barriere esistenti allo sviluppo delle fonti rinnovabili, l’eolico
potrebbe contribuire in maniera significante al raggiungimento degli obiettivi preposti e in un mix di
fonti rinnovabili permettere l’adempimento dell’obbligo assunto.
Si allegano delle tabelle esplicativa con tutti i dettagli numerici di quanto sopra esposto.
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* **Considerando tutta la filiera del proceso processo produttivo egestionale.
NOTAConsiderando i costi evitati per l'acquisto dei crediti di emissione a20 €/Ton e per le sanzioni da mancata produzione da FER (40€/Ton dal 2005 al 2007 - 100€/Ton dal 2008 al 2012)
BIBLIOGRAFIA:
Decreto Legislativo 387/03
Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità.
Direttiva Comunitaria 2001/77/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità.
Decreto Legislativo 79/99
del 16 marzo 1999 recante attuazione della Direttiva
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Comunitaria 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica.
Decreto MICA 11/99
recanti direttive per l’attuazione delle norme in materia di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui ai commi 1,2 e 3 dell’articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79.
Legge 120/02
recante la ratifica ed esecuzione del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l’11 dicembre 1997.
Delibera CIPE 123/02
recante revisione delle linee guida per le politiche e
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misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra.
Libro Bianco
per la valorizzazione energetica delle fonti rinnovabili
Legge 9/91
recante norme per l’attuazione del nuovo Piano energetico nazionale.
Legge 10/91
recante norme per l’attuazione del nuovo Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili delle fonti rinnovabili di energia.
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