La diffrazione mediante raggi X è il metodo ideale per comprendere le strutture dei materiali
cristallini su una scala atomica. Essa permette quindi di stabilire le relazioni tra struttura e
proprietà chimico-fisiche del materiale investigato, oppure permette l’investigazione delle
relazioni tra struttura cristallina e condizioni termodinamiche nelle quali esso si forma.
Docente: Ernesto Mesto
e-mail: [email protected]
Website: www.geo.uniba.it/mesto.html
Diffrazione dei raggi X nei cristalli
Corso di laurea triennale in Scienza dei Materiali
a.a. 2017-2018
L’analisi strutturale
L’analisi strutturale dei cristalli si basa sui fenomeni di diffrazione causata
dall’interazione della materia con radiazioni di diversa natura aventi lparagonabili alle distanze interatomiche presenti nel cristallo (0.1 - 2 Å).
Sebbene la teoria della diffrazione è la stessa per tutti i tipi di radiazione
(raggi X, elettroni, neutroni, protoni, …) normalmente sono adoperati i raggi
X, elettroni e neutroni. In particolare, la radiazione cui si farà riferimento
nelle prossime slide è quella dei raggi X.
Ricordiamo che per il concetto di dualismo onda-particella (o dualismo onda-corpuscolo), espresso all'interno del
principio di complementarità, tutte le particelle elementari della materia, come l'elettrone o il fotone, mostrano una
duplice natura, sia corpuscolare sia ondulatoria.
Tale evidenza nasce dall'interpretazione di alcuni esperimenti compiuti all'inizio del XX secolo: ad esempio l'effetto
fotoelettrico, suggeriva una natura corpuscolare della luce, che d'altra parte manifestava chiaramente da tempo
proprietà ondulatorie attraverso i fenomeni della diffrazione e dell'interferenza (esperimento di Young).Il paradosso
rimase fino alla formulazione completa della meccanica quantistica, quando finalmente si riuscì a descrivere i due
aspetti in maniera unificata.
Cristallografia con laboratorio - a.a. 2017-2018
Solo per particelle di massa piccola (o momento p piccolo) si
possono evidenziare fenomeni ondulatori. Nel 1927, i fisici Clinton
Joseph Davisson e Lester Halbert Germer confermarono le previsioni
della formula di De Broglie dirigendo un fascio di elettroni contro
un reticolo cristallino e osservandone figure di diffrazione.
Esperimenti con risultati analoghi furono eseguiti diversi anni dopo,
come quello della variante dell'esperimento di Young condotta con
elettroni, protoni e particelle più pesanti (esperimento della doppia
fenditura).
Dualismo onda-particella
Louis de Broglie ipotizzò che, come la luce possiede proprietà corpuscolari e ondulatorie, tutta la materia abbia
anche proprietà ondulatorie: a un corpo con quantità di moto p = mv veniva infatti associata un'onda di
lunghezza d'onda:l=ℎ
𝑝(dive h è la constante di Plank).
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L'impiego dei raggi X nell'analisi dei materiali è dovuta in massima parte alla loro elevata penetrazione in molti
materiali; nella generalità dei casi è infatti vero che, per ottenere, con un’indagine non distruttiva, informazioni
analitiche o strutturali su di un campione, occorre che si verifichino contemporaneamente due fatti:
a) la radiazione penetri sufficientemente nel campione in modo da attraversarlo o perlomeno da penetrare
significativamente;
b) la radiazione deve interagire con gli atomi del materiale in maniera sufficientemente frequente da permettere
dall'esterno di osservare ciò che è avvenuto all'interno del campione.
Risulta evidente che la prima condizione è molto restrittiva per gran parte della radiazione elettromagnetica ed
elastica di bassa energia, fatte ovviamente le dovute eccezioni (NMR, ultrasuoni, ecc.). La seconda condizione può
essere verificata solo conoscendo i meccanismi di interazione delle radiazioni con la materia e la metodologia
seguita per dedurre l'informazione analitica o strutturale. E’ utile anche notare che le due precedenti condizioni
sono in contraddizione tra loro: se infatti vi è un maggior numero di interazione, quindi una maggiore probabilità
di interazione, la penetrazione del fascio risulterà minore.
Raggi-X
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La scoperta dei raggi X è avvenuta per caso: Roentgen (1895) durante un
esperimento per la produzione di raggi catodici si accorse di aver causato
fluorescenza in un minerale e la imputò a una nuova radiazione che chiamò X,
perché non ne conosceva la natura. Essa venne essenzialmente impiegata in tre
grandi campi:
Radiografia con raggi-X: è la tecnica che consente di ottenere immagini del
contenuto di un solido, in funzione della sua capacità di assorbirmento, mediante
impressione di un elemento sensibile (pellicola, schermo, ecc.) da parte di
radiazioni ionizzanti quali raggi X o raggi .
Metodi analitici che usano
i raggi X
Schema del processo di base della Fluorescenza dei raggi X
Schema del processo di base di una
radiografia a raggi X
Flurorescenza a raggi X: permette l’identificazione degli
elementi chimici che sono presenti, o compongono il
campione esaminato. Il principio prevede che impiegando
una radiazione X di energia ed intensità appropriate è
possibile creare, per effetto fotoelettrico, una vacanza
elettronica in un guscio interno dell’atomo di un elemento.
Tale posizione viene successivamente rioccupata da un
elettrone che appartiene ad uno dei gusci più esterni, che
nella diseccitazione produce un fotone che ha una energia
pari alla differenza tra le energie dell’elettrone nelle due
posizioni iniziale e finale.
Metodi analitici che
usano i raggi X
Prima di allora i cristallografi avevano giustamente supposto, ma solo
supposto, l’ordinamento periodico dei cristalli dalla morfologia, dalla
sfaldatura, dalle proprietà ottiche, ecc.
Dopo di allora fu possibile non solo misurare le distanze fra piani
reticolari, ma localizzare la posizione degli ioni, degli atomi,ecc. e
quindi determinare le strutture. I Bragg (padre e figlio) nel 1914
risolsero la prima struttura, che fu quella del salgemma.La cristallografia a raggi X può localizzare ogni
atomo nella zeolite, un alluminosilicato utilizzato in
applicazioni come la purificazione dell'acqua.
Cristallografia mediante raggi X: sfrutta la diffrazione dei raggi X dai
cristalli per calcolarne le mappe di densità elettronica le quali, in pratica,
sono immagini della distribuzione dei costituenti del cristallo all’interno del
reticolo cristallino.
L’applicazione dei raggi X allo studio dei cristalli ha dato un grande impulso
alla mineralogia.
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Scattering
elastico
Fotone incidente
Effetto dell’irraggiamento da raggi X
Calore
Diffusione
Fascio trasmesso
Diffrazione coerente
Diffrazione incoerente
Effetto fotoelettrico +
Fluorescenza
Fotone incidente Scattering anelastico
elettrone
Elettrone
fotoespulso
Elettrone cade
nella lacuna
Fotone-X
secondario
Fotone-X
incidente
Sorgente di
raggi X
Campione
1 ° - elet t roni secondari
2 ° - raggi X di f luorescenza
l f luorescenza l x
Dif f r a z ione X
l diffrat t a = l X
Ef f e t t o Co m pt on
l Compt on > l X
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Interazione raggi X materia
Diagramma dell’interazione atomo-raggio X. P: Fotoionizzazione, A: Decadimento Auger (Coster-Kronig), F:
fluorescenza, SO: shake-off, S: elastic x-ray scattering elastico del raggio X.
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La diffrazione è un complesso fenomeno di diffusione e interferenza originato dall’interazione di
onde elettromagnetiche (raggi X) o particelle “relativistiche” (neutroni e elettroni) aventi
appropriata lunghezza d’onda (dell’ordine dell’Å) con un reticolo cristallino.
Il processo di diffusione (o scattering)
L’interazione di un’onda elettromagnetica con la materia avviene essenzialmente attraverso due
processi di scattering che riflettono il dualismo onda-particella della radiazione incidente:
Il fenomeno della diffrazione
1) scattering non-elastico: il fotone cede parte
della sua energia (Scattering Compton), la
radiazione diffusa risultante ha quindi
lunghezza d’onda maggiore di quella
incidente. Non essendoci alcuna relazione
fra radiazione incidente e radiazione
diffusa, questo tipo di scattering è definito
incoerente. Questo fenomeno non dà luogo a
processi di interferenza.Diffusione di un fotone da parte di un elettrone e diagramma vettoriale delle
componenti dei momenti di fotoni e elettrone
Δλ = 0.024 (1-cos 2θ)
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2) scattering elastico: i fotoni della radiazione incidente vengono deviati in ogni direzione
dello spazio senza perdita di energia (scattering Thomson) . Esiste dunque una precisa
relazione fra radiazione incidente e radiazione diffusa per cui il processo viene definito
coerente. Questo processo è alla base della diffrazione.
Il fenomeno della diffrazione
Fotone X incidenteScattering elastico
del fotone X
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Proprietà della radiazione elettromagnetica X
• Si propagano nel vuoto von velocità c pari a circa 300.000 Km/sec.
• I due vettori campo elettrico E e magnetico H sono disposti entrambi ortogonalmente alla direzione di
propagazione dell’onda, sono ortogonali fra loro e variano nel tempo con legge sinusoidale:
𝐸𝑖 = 𝐸0𝑖 exp 2𝜋𝑖n(𝑡 −𝑥
𝑐).
• L’indice di rifrazione dei raggi X è molto vicino
all’unità: per l = 2 Å e per le sostanze più dense a
differenza dall’unità dell’indice di rifrazione è
dell’ordine di 10-4. Pertanto i raggi X non possono
essere focalizzati attraverso lenti come la luce ordinaria
e gli elettroni.
Non si può parlare per
i raggi X, come per la
luce visibile e gli
elettroni, di
osservazione diretta dei
cristalli attraverso
strumenti equivalenti
ai microscopi ottici e
elettronici
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Proprietà della radiazione elettromagnetica X
Consideriamo per il momento una singola onda. Definiamo fronte d'onda il luogo dei punti dello spazio in cui
la radiazione ha la stessa fase. Nel caso di una sorgente puntiforme in un mezzo omogeneo e isotropo, in cui le
onde si propagano con la stessa velocità in tutte le direzioni, i fronti d'onda sono superfici sferiche concentriche,
il cui centro coincide con la sorgente ( onde sferiche ). Se consideriamo la sorgente a distanza molto grande, tali
sfere possono essere assimilate a superfici piane che si propagano parallelamente a se stesse ( onde piane ).
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Onda sferica E(t3)E(t2)E(t1)
E(r,t4)
E(r,t2)
E(r,t3)
Proprietà della radiazione elettromagnetica X
Consideriamo per il momento una singola onda. Definiamo fronte d'onda il luogo dei punti dello spazio in cui
la radiazione ha la stessa fase. Nel caso di una sorgente puntiforme in un mezzo omogeneo e isotropo, in cui le
onde si propagano con la stessa velocità in tutte le direzioni, i fronti d'onda sono superfici sferiche concentriche,
il cui centro coincide con la sorgente (onde sferiche). Se consideriamo la sorgente a distanza molto grande, tali
sfere possono essere assimilate a superfici piane che si propagano parallelamente a se stesse (onde piane).
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Onda sferica
E(t1)
x
y
z
v
Fronti d’onda
E(t2) E(t3) E(t4)
Onda piana
E(r,t1)
x
y
r
z
Fronti d’onda
I Raggi X
È nota come raggi X quella porzione dello spettro elettromagnetico con una lunghezza d'onda compresa
approssimativamente tra 10 nanometri (nm) e 1/1000 di nanometro (1 picometro).
Raggi X con una lunghezza d'onda superiore a 0,1 nm sono chiamati raggi X molli. A lunghezze minori, sono
chiamati raggi X duri.
Schema della propagazione di un’onda elettromagnetica,
dove il campo elettrico (E) e magnetico (H) sono
mutualmente perpendicolari tra loro e perpendicolari al
vettore di propagazione (k) dell’onda. La lunghezza
d'onda (l) è la distanza tra due creste o fra due ventri.
AmpiezzaI = KA2
E = hn = hc/l
n = c/l
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Un reticolo cristallino può essere approssimato ad un
reticolo di fenditure.
Quindi la fisica della diffrazione di raggi X si fonda in
parte sulla fisica della diffrazione di onde luminose da
reticoli di fenditure e sulla teoria della riflessione
"semplice".
L’analogia tra un atomo ed una fenditura deriva dal
fatto che l’atomo, come la fenditura che riceve una
certa onda incidente, diviene sorgente secondaria di
radiazione.
Il fenomeno della diffrazione
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A small scattering object is a secondary source
Slide gentilmente concessa dal dott. M. Zema dell’Università di Pavia.
Cosa è la diffrazione?
La diffrazione è un fenomeno che avviene quando un
onda incontra un ostacolo per la quale l’onda mostra
«in qualche modo» la capacità di «aggirare» l’ostacolo.
Un onda che incontra un ostacolo può essere «ribalzata»
dallo stesso, come avviene nel caso della riflessione, può
essere deviata dall’ostacolo, come nel caso della
rifrazione o può passare oltre un bordo o un apertura
come nel caso della rifrazione.
Il fenomeno della diffrazione dipende dalle dimensioni
relative tra la lunghezza d’onda dell’onda, l, e le
dimensioni dell’ostacolo, D.
l << D Effetti di diffrazione trascurabili
l ≈ D Effetti di diffrazione apprezzabili
Fenomeno della diffrazione illustrato secondo il principio di
Hugeyns-Fresnel: “Ogni punto di un fronte d'onda si
comporta a sua volta come una sorgente secondaria di onde
sferiche con la stessa frequenza della primaria. La forma con
cui evolve il fronte d'onda originario è data dalla
sovrapposizione dei singoli fronti d'onda secondari,
compatibilmente con gli eventuali ostacoli presenti”.
Onde
elettromagnetiche
Diffrazione della luce. La luce è un’onda
elettromagnetica (non meccanica, non ha
bisogno di un mezzo di trasmissione, si
trasmette anche nel vuoto)
La diffrazione dipende dalla lunghezza dell’onda e dalle dimensioni della fenditura o
dell’ostacolo: questo spiega per esempio, come mai il suono, che è un’onda meccanica, o le
onde sulla superfice dell’acqua come nella figura di sopra, riescono a girare intorno agli
angoli mentre la luce no. Gli effetti di diffrazione luminosa sono quindi molto piccoli rispetto
a quelli delle onde sonore o dell’acqua.
L'esperienza di ogni giorno ci porta ad osservare che quando un'onda incontra un'apertura o
l'estremità di un ostacolo, una parte delle onde prosegue in regioni dello spazio non direttamente
esposte alle onde incidenti, dato che dovrebbero viaggiare in linea retta.
Quando un’onda interagisce con:
Una singola particella
Un materiale cristallino
La particella diffonde il raggio incidente
uniformemente in tutte le direzioni
I fasci diffusi possono interferire tra loro
rafforzandosi lungo alcune direzioni originando
raggi diffratti.
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Cosa è la diffrazione?
Scattering di un particella
Il campo elettro-magnetico dell'onda X incidente
accelera la particella inducendo l'emissione di
radiazione della stessa frequenza dell'onda
incidente; in questo modo l'onda incidente viene
diffusa. Nel caso di una particella in moto non-
relativistico (cioè con velocità trascurabile rispetto a
quella della luce), la principale causa
dell'accelerazione della particella sarà dovuta al
campo elettrico dell'onda incidente mentre gli effetti
del campo magnetico della stessa possono essere
trascurati. La particella si muoverà nella direzione
del campo elettrico oscillante, generando radiazione
elettro-magnetica di dipolo.
Fotone X
incidente
Onda sferica diffusa
nelle tre dimensioni
La particella irradia in modo più intenso nelle direzioni perpendicolari al suo moto e in queste
direzioni la radiazione sarà polarizzata lungo la direzione del moto della particella. Pertanto,
in base alla posizione dell'osservatore, la radiazione prodotta in un elemento di volume può
sembrare più o meno polarizzata.
Supponiamo che nell’origine del nostro sistema di riferimento (x,
y, z) vi sia una particella materiale libera di carica elettrica e,
avente massa m e che un’onda elettromagnetica piana,
monocromatica con frequenza n e vettore campo elettrico Ei si
propaghi lungo l’asse x.
Il campo elettrico associato all’onda elettromagnetica è definito
dall’equazione: 𝐸𝑖 = 𝐸0𝑖 𝑒𝑥𝑝2𝜋𝑖n(𝑡 −𝑥
𝑐), dove Eoi è
l’ampiezza dell’onda, ed Ei è il valore del campo elettrico in x al
tempo t.
Scattering da un elettrone libero
Quando il campo elettromagnetico investe la particella, il campo Ei eserciterà una forza F = e·Ei che sarà periodica di
frequenza n. Tale forza imprimerà un’oscillazione periodica alla particella (a= F/m = e·Ei/m) con frequenza n.
(non si considera il campo magnetico perché il suo modulo è trascurabile rispetto a quello del campo elettrico). Secondo
la teoria classica dell’elettromagnetismo, una particella carica in moto accelerato è sorgente di radiazione
elettromagnetica: il suo campo nel punto Q, definito dal vettore r, è proporzionale all’accelerazione e giace nel piano
(Ei, r). In Q si misurerà un campo elettrico Ed dovuto alla radiazione diffuso, dato da:
𝐸𝑑 = 𝐸0𝑑 𝑒𝑥𝑝[2𝜋𝑖n 𝑡 −𝑥
𝑐− 𝑖𝛼]
Dove a è un fattore di fase dovuto al ritardo con cui la carica riemette la «radiazione incidente» (per l’elettrone a =
p).Per cui questo fenomeno di diffusione è coerente, perché c’è una relazione di fase ben definita tra il fascio
incidente e quello diffuso.
r
y
x
z
Q
Diffusione Thomson
Thomson ricavò che: 𝐼𝑖𝑒𝑡ℎ = 𝐼𝑖𝑒4
𝑚2𝑟2𝑐4(1+𝑐𝑜𝑠22𝜃
2)
dove: Iieth = intensità della radiazione diffusa;
Ii = intensità della radiazione incidente;
e,m = carica (e = 1.602x10-19 Coulomb) e massa
( m = dell’elettrone);
2𝜃= angolo tra l'accelerazione della particella e
direzione del punto di osservazione distante r dalla
particella (angolo fra Ei e r).
r = distanza dell’elettrone dal punto di
osservazione.(il decadimento di 𝐼𝑖𝑒𝑡ℎ con r è
dovuto al fatto che la radiazione è diffusa in tutte
le direzioni. )
Quando i fotoni sono diffusi da elettroni differenti, possono interagire tra loro con una relazione di
fase ben definita tra radiazione incidente e radiazione diffusa (interferenza).
Nella diffusione coerente (effetto Thomson) la radiazione diffusa ha la stessa lunghezza d'onda di quella
incidente.
2q
r
y
x
z
Q
2q
j
r
y
x
z
Q
2° Caso: Fascio incidente completamente polarizzato con Ei
lungo y
L’angolo fra direzione di osservazione (r) e la direzione
di oscillazione Ei sarà:
j = 90 -2q, dove 2q è l’angolo fra la direzione
incidente e la direzione di osservazione.
Quindi risulterà che :
sen j = sen(90-2q) = cos(-2q) = cos (2q)
𝐼𝑒𝑡ℎ = 𝐼𝑖𝑒4
𝑚2𝑟2𝑐4𝑐𝑜𝑠22𝜃
Fattore di polarizzazione
J=90
r
y
x
z
Q
1° Caso: Fascio incidente completamente polarizzato con Ei
lungo z
L’angolo fra direzione di osservazione (r) e la direzione
di oscillazione Ei sarà: j = 90
𝐼𝑒𝑡ℎ = 𝐼𝑖𝑒4
𝑚2𝑟2𝑐4
Consideriamo tre casi in cui il fascio incidente è completamente
polarizzato con Ei lungo l’asse z, lungo l’asse y e non polarizzato:
Fattore di polarizzazione
3° Caso: Fascio incidente non polarizzato
Un fascio incidente non polarizzato può essere
decomposto in due fasci completamente polarizzati
in cui la direzione di oscillazione del campo
elettrico Ei sono rispettivamente lungo l’asse y e z.
Se Ii è l’intensità del fascio non polarizzato
incidente, Ii/2 sarà l’intensità di ciascun fascio
completamente polarizzato. Allora Ieth del fascio
diffuso a seguito del fascio non polarizzato sarà la
somma delle intensità:
e 𝐼𝑒𝑡ℎ = 𝐼𝑖𝑒4
𝑚2𝑟2𝑐4𝑐𝑜𝑠22𝜃
dei fasci diffusi a seguito dei due fasci componenti polarizzati, e cioè:
𝐼𝑒𝑡ℎ = 𝐼𝑖𝑒4
𝑚2𝑟2𝑐4(1 + 𝑐𝑜𝑠22𝜃
2)
dove il termine P = 1+𝑐𝑜𝑠22𝜃
2è chiamato «fattore di polarizzazione».
r
y
x
z
Q
Effetti della polarizzazione
• Se il fascio incidente è completamente polarizzato con Ei lungo l’asse z,
la radiazione diffusa è la stessa in tutte le direzioni.
• Se il fascio incidente è completamente polarizzato con Ei lungo l’asse y,
la radiazione diffusa varia nelle diverse direzioni ed in particolare è
massima nella direzione del fascio incidente ed è nulla in direzioni
perpendicolari al fascio incidente.
• Se il fascio incidente è non polarizzato, la radiazione diffusa è massima
nella direzione del fascio incidente ed è minima in direzioni
perpendicolari al fascio incidente.
Nella pratica si usano radiazioni polarizzate.
Inoltre la radiazione diffusa sarà sempre parzialmente polarizzata, anche se il fascio
incidente non lo è.
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L'esperimento di Young è quello con cui il medico e scienziato Thomas Young, nel 1801, dimostrò
la natura ondulatoria della luce, grazie alla realizzazione di due sorgenti coerenti di luce,
illuminando due fenditure parallele con una singola sorgente.
Ciascuna apertura si comporta come una sorgente secondaria di onde e la figura di interferenza, formata
da bande alternativamente oscure e chiare, si può osservare su uno schermo posto ad una certa distanza
dalle due fenditure.
L’esperimento di Young
Nei due casi limite dell’interazione tra due onde aventi un vettore di propagazione (K) parallelo. L’interferenza
costruttiva di due onde in fase porta a un raddoppiamento dell’ampiezza, mentre un interferenza distruttiva tra due
onde completamente non in fase risulta in un ampiezza finale nulla, ovvere le due onde si estinguono.
Interferenza costruttuva e distruttiva di
onde
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Diffrazione
La trattazione sulla diffrazione e sull’interferenza che verrà in seguito presentata si baserà sulle condizioni di
Fraunhofer. La prima consiste, nel caso di singola fenditura, nella relazione:
𝑅 >𝑎2
𝜆dove, a: Dimensioni dell’ostacolo; R: distanza tra la sorgente puntiforme di luce e l’ostacolo; l: lunghezza d’onda
della luce
mentre la seconda richiede che la distanza D tra l’ostacolo e lo schermo di osservazione sia
𝐷 >𝑎2
𝜆Queste sono le condizioni per cui sia sull’ostacolo (fenditura, particella etc.) , sia sullo schermo di osservazione
l’onda incidente può essere considerata un’onda piana.
In realtà i fenomeni di diffrazione si possono dividere in due classi:
1) quelli in cui la sorgente della luce e lo schermo su cui andiamo ad osservare il risultato della diffrazione si
trovano a distanza infinita dalla fenditura, che sono classificati, per ragioni storiche, come "diffrazioni alla
Fraunhofer". In questo caso avremmo a che fare con onde piane e, quindi, con fronti d'onda paralleli.
2) quelli in cui la sorgente e lo schermo sono a distanza finita, che sono classificati come "diffrazioni alla
Fresnel", in cui avremmo a che fare con onde sferiche, e quindi con fronti d'onda divergenti.
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DiffrazioneE' evidente che i casi reali possono presentarsi solo sotto forma di diffrazione alla Fresnel, ma l'analisi
matematica sarebbe complicata dalla presenza di onde sferiche, per cui saremmo costretti a ricorrere ad
approssimazioni forzate. Nel caso di fasci luminosi possiamo, però, rendere il caso reale una diffrazione
alla Fraunhofer inserendo nel sistema due lenti convergenti sottili, a focale lunga:
Se la sorgente è posta ad una distanza corrispondente a quella focale della prima lente, i raggi incidenti su essa
saranno resi paralleli e le onde incidenti sulla fenditura saranno onde piane. Le onde diffratte, anch'esse piane, possono
essere focalizzate su uno schermo da una seconda lente che renderà convergenti i raggi paralleli incidenti. Le distanze
percorse dai vari raggi sono diverse, ma non cambia il loro cammino ottico, per cui si mantengono le relazioni di fase
relativa fra i raggi, come se ci mettessimo ad osservarle tutte dalla stessa distanza mentre arrivano paralleli tra loro. Per
ricavare le relazioni fra le grandezze in gioco facciamo riferimento alla figura seguente:
P0
P1
P1
Diffrazione da una singola fenditura
Il caso più semplice di diffrazione è rappresentato dalla
diffrazione da una singola fenditura, dove la fessura è di
dimensioni paragonabili alla lunghezza d’onda
dell’onda. Se la luce proveniente da elementi simmetrici
rispetto al centro della fenditura arriva al centro dello
schermo posto al di là della fenditura, come indicato ad
esempio dai raggi 1 e 2 in Figura, la loro luce arriva in
fase e subisce interferenza costruttiva. In questo caso si
avrà un massimo d’intensità di luce.
Consideriamo un’onda piana di lunghezza d’onda l che
viene difratta da una sottile fenditura di lunghezza a.
Consideriamo la differenza di cammino ottico tra due
raggi originati da punti a distanza a/2 l’uno dall’altro.
Per calcolare la posizione della prima frangia scura (P1)
sullo schermo di osservazione C posto a distanza D dalla
fenditura tale che D>>a, si consideri che le onde
originate nella fenditura sono in fase ed interferiscono
distruttivamente in P1, quindi in P1 arrivano con uno
sfasamento di l/2.
Diffrazione da una singola fenditura
Differenza di cammino, DL
Se D >> a è possibile considerare i raggi r1 e r2
paralleli (condizioni di Franhoufer).
Per ogni coppia di raggi che arriva in P1 la
differenza di cammino sarà
∆𝐿 =𝑎
2𝑠𝑖𝑛𝜃
Per avere interferenza distruttiva deve essere: ∆𝐿 =𝑎
2𝑠𝑖𝑛𝜃 =
𝜆
2, ovvero:
𝑎𝑠𝑖𝑛𝜃 = 𝜆
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(Condizione per il primo minimo)
Diffrazione da una singola fenditura
Per ogni coppia di onde secondarie provenienti da punti della fenditura separati da una distanza pari a a/2 si
verifica la condizione ottenuta sopra e sommando su tutte queste coppie di onde secondarie si ottiene la condizione
di interferenza distruttiva totale e perciò un minimo di intensità di luce sullo schermo:
𝑎𝑠𝑖𝑛𝜃 = 𝜆
A parità di lunghezza d’onda ldel fascio incidente, al diminuire dello spessore delle fenditura a, l’effetto di
diffrazione aumenta, ovvero aumenta l’angolo q a cui si trova il primo minimo, se a = l, allora q1 = 90° e il
massimo centrale copre tutto lo schermo.
Per grandi valori di a l’effetto di diffrazione diventa trascurabile.
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Diffrazione da una singola fenditura
Si può applicare la condizione precedente anche alla
situazione in cui la differenza di cammino sia pari a un
mezza lunghezza d’onda per onde generate da punti
distanti a/4 fra loro. In questo caso avremo il minimo di
intensità al second’ordine P2:
Differenza di cammino ottico:
𝑟2 − 𝑟1 = 𝑟3 − 𝑟2 = 𝑟4 − 𝑟3 =𝑎
4𝑠𝑖𝑛𝜃 =
𝜆
2
𝑎𝑠𝑖𝑛𝜃 = 2𝜆(Minimo di secondo d’ordine)
D
2y
Diffrazione da una singola fendituraIterando il procedimento si ottiene che:
𝑎𝑠𝑖𝑛𝜃𝑚 = 𝑚𝜆 (𝑐𝑜𝑛 𝑚 = 0, 1, 2, 3 … )con:
a: spessore della fenditura; qm: angolo dal centro della figura di diffrazione all’ m-esimo minimo
l: lunghezza d’onda della luce; m: ordine del minimo
In particolare, la distanza del minimo dal centro
dello schermo può essere calcolata considerando
che, poiché nella condizione di Fraunhofer gli
angoli sono molto piccoli, si può utilizzare
l’approssimazione sinq = tanq e per la
trigonometria si ha che:
𝑡𝑎𝑛𝜃 =𝑦
𝐷dove
y: distanza dal centro della figura di diffrazione
dall’m-esimo minimo
D: distanza dello schermo dalla fendituraPer piccoli valori di q:
𝜃 ≈ 𝑡𝑎𝑛𝜃 ≈ 𝑠𝑖𝑛𝜃 =𝑦
𝐷; ma 𝑎𝑠𝑖𝑛𝜃 = 𝑚𝜆, per cui:
𝑦 ≈𝑚𝜆𝐷
𝑎⇒ 2𝑦 ≈
2𝑚𝜆𝐷
𝑎(2y: ampiezza del massimo di ordine zero)
Diffrazione da una singola fenditura
http://www.walter-fendt.de/ph6it/singleslit_it.htm
Cristallografia con laboratorio - a.a. 2017-2018
l1 = 685 nm
l2 = 415 nm
Diffrazione da una singola apertura
circolare
L’interazione della luce con un foro circolare di diametro D paragonabile alla l della radiazione incidente genera
una figura di diffrazione formata da cerchi luminosi (disco di Airy) e scuri alternati. La trattazione matematica
della diffrazione di Fraunhofer da fenditura circolare presenta difficoltà di calcolo eccessive.Si ricordi solo che la
posizione angolare del primo punto ad intensità nulla vale:
𝑠𝑖𝑛𝜃𝑚 = 1.22𝑚𝜆
𝐷(𝑐𝑜𝑛 𝑚 = 1, 2, 3 … )
dove: D = diametro della fenditura; qm = angolo dal centro della figura di diffrazione all’ m-esimo minimo
l = lunghezza d’onda della luce; m = ordine del minimo
D=2r0
a) Piccole particelle
Ampi angoli di diffrazione
Segnali deboli
b) Particelle grandi
Piccoli angoli di diffrazione
Segnali forti
r0r0
Diffrazione di una singola particella
Criterio di Rayleigh
Due sorgenti luminose puntiformi sono risolubili se la
loro distanza angolare è tale che il massimo centrale
della figura di diffrazione di una coincide con il primo
minimo (m = 1) della figura di diffrazione dell’altra.
Approssimando sinqR con qR (siamo in presenza
di angoli piccoli), si ottiene:
𝜃𝑅 ≈ 𝑠𝑖𝑛𝜃𝑅 = 1.22𝜆
𝐷
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Il primo minimo della curva blu è
esattamente sul massimo della
curva rossa
(Criterio di Rayleigh)
Diffrazione da una singola fenditura
rettangolare
a~b~λ
𝑦 ≈𝑚𝜆𝐷
𝑏𝑥 ≈
𝑛𝜆𝐷
𝑎
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Diffrazione da due fenditure con
ampiezza trascurabile
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Consideriamo due fessure identiche (S1 e S2) sufficientemente piccole, vicine
e distanziate di d (figura di sotto); quando la luce passa attraverso le due
fenditure, esse agiscono come se fossero due sorgenti puntiformi di luce
coerente e le due onde emesse dalle fenditure interferiscono tra di loro. Se
mettiamo uno schermo oltre le fenditure (figura di fianco) si osservano su di
esso una serie alternata di bande illuminate e scure, dette frange di
interferenza, corrispondenti ai massimi e ai minimi di interferenza.
Nella condizione di Fraunhofer (q ≈ q’) si ricava che
gli angoli a cui corrispondono i massimi
dell’interferenza sono dati dalla relazione:
d𝑠𝑖𝑛𝜃 = 𝑚𝜆Inoltre, per piccoli valori di q:
𝜃 ≈ 𝑠𝑖𝑛𝜃 ≈ 𝑡𝑎𝑛𝜃 =𝑦
𝐷da cui si ricava che:
𝑦 =𝑚𝜆𝐷
𝑑
S1
S2
d
D
y
qq’
Di conseguenza, poiché al massimo
sin = 1 d = l
Realisticamente, sin <1 d > l
Cioè la distanza tra le fenditure (analoga alle distanze interplanari in un cristallo)
deve essere dello stesso ordine, ma un po’ più grande, della lunghezza d’onda della luce
Poiché nei cristalli le distanze interatomiche variano 0.1 - 2 Å
Dobbiamo usare radiazione con l = 0.1 - 2 Å
Vanno bene raggi X, elettroni e neutroni!
Diffrazione da un reticolo ottico
Diffrazione da due fenditure con ampiezza
non trascurabile
figura di diffrazione e
l’ampiezza risultante sullo
schermo è composta da frange
d’interferenza di ampiezza
variabile modulata dalla figura
di diffrazione. L’immagine sotto
mostra l’andamento dell’inten-
Se, invece, la fenditura ha ampiezza non trascurabile a l, le frange di interferenza sono modulate dalla
sità in una figura d’interferenza ottenuta facendo passare luce monocromatica attraverso due fenditure di larghezza
a la cui distanza d supera di 4 volte la larghezza a.
Figura di interferenza fra sorgenti
puntiformi di distanza d
Figura di diffrazione ottenuta con una
sola fenditura di larghezza a
(linea continua sottile)
Intensità misurata
(linea continua spessa)
sinq
1𝜆
𝑑2
𝜆
𝑑3
𝜆
𝑑4
𝜆
𝑑5
𝜆
𝑑6
𝜆
𝑑7
𝜆
𝑑…−1
𝜆
𝑑−2
𝜆
𝑑… 0
Diffrazione da due fenditure con ampiezza
non trascurabile
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Massimo centrale
(ordine zero) Massimo d’interferenza del primo
ordine (d senq = l)
Struttura fine dovuta
all’interferenza
Distanza dei minimi di
diffrazione legata
all’ampiezza «𝒂» delle
fenditure
Profilo dovuto alla diffrazione
Distanza dei minimi di interferenza legata
alla separazione «𝒅» delle fenditure
Primo minimo di diffrazione
(a senq = l)
0
1(l/d)-1(l/d)
2(l/d)
3(l/d)
4(l/d)
5(l/d)
6(l/d)
7(l/d)
8(l/d)
9(l/d)
10(l/d)
11(l/d)
12(l/d)-12(l/d)
-11(l/d)
-10(l/d)
-9(l/d)
-8(l/d)
-7(l/d)
-6(l/d)
-5(l/d)
-4(l/d)
-3(l/d)
-2(l/d)
1(l/a) 2(l/a) 3(l/a)-3(l/a)
-2(l/a) -1(l/a)
sinq
Figure di diffrazione con i fasori
Cristallografia con laboratorio - a.a. 2017-2018
Source: https://www.youtube.com/watch?v=NazBRcMDOOo
La figura di diffrazione di una singola fenditura e della doppia fenditura spiegata con i fasori
Diffrazione da N fenditure con ampiezza
non trascurabile
Le immagini seguenti mostrano in sequenza la figura d’interferenza ottenuta con due fenditure quando:
𝑎 =1
4𝑑 𝑎 =
1
6𝑑 𝑎 =
1
9𝑑
La diminuzione della larghezza 𝑎 della fenditura produce la diminuzione dell’intensità della figura
d’interferenza al punto tale che a partire da un certo valore non si vedrebbe più niente.
Per ovviare a questo si può
aggiungere alla fenditura di destra
(o sinistra) una terza alla stessa
distanza d delle prime due e poi
una quarta e così di seguito.
2 fenditure 3 fenditure
5 fenditure 8 fenditure
Diffrazione da reticolo di diffrazione
Cristallografia con laboratorio - a.a. 2017-2018
Se si continua ad aggiungere fenditure si realizza quello
che viene chiamato un reticolo di diffrazione: un insieme
di N fenditure uguali, parallele ed equidistanti d.
Negli stessi punti in cui due fenditure producevano
interferenza costruttiva la si ottiene ancora (la
differenza di percorso è sempre un multiplo della
lunghezza d’onda).
La posizione dei massimi è data dall’equazione:
𝑑𝑠𝑒𝑛𝜃 = 𝑚𝜆dove 𝑑 è la distanza tra due fenditure adiacenti, detta
passo del reticolo.
Nelle zone intermedie si ottengono massimi secondari
che aumentano di numero man mano che si aggiungono
fenditure ma diminuiscono di intensità; quelli principali
invece aumentano di intensità ma diventano sempre più
puntiformi.
L’andamento dell’intensità prodotta da un
reticolo di diffrazione con numerose
fenditure consiste di stretti picchi
contrassegnati dal numero d’ordine m
Diffrazione da reticolo di diffrazione
Cristallografia con laboratorio - a.a. 2017-2018
Singola apertura circolare con
dimetro «piccolo»
Singola apertura circolare con
dimetro «medio»
Singola apertura circolare con
dimetro «grande»
Set 4x5 di piccole
aperture circolari
piccole come in (a)
Tante piccole aperture
circolari del dimatero
di (a)
Fenditura Pattern di diffrazione
Quali tra queste
situazioni rappresenterà
meglio il fenomeno della
diffrazione nei cristalli?
Notazione
Cristallografia con laboratorio - a.a. 2015-2016
In queste dispense sarà adottata la seguente notazione:
Siano 𝑟1 e 𝑟2 due vettori, allora:
𝑟1 ∙ 𝑟2 denota il prodotto scalare tra i vettori 𝑟1 e 𝑟2 mentre 𝑟1 ∧ 𝑟2 denota il prodotto vettoriale.
Il modulo di 𝑟 sarà indicato con | 𝑟| o con r.
Siano 𝑆1 e 𝑆2 due matrici,𝑆1𝑆2 sarà il loro prodotto (righe per colonne).
Si distinguerà anche tra matrici delle coordinate e vettori. Per esempio, in un sistema di riferimento [𝑂, 𝑎, 𝑏, 𝑐], il
vettore posizione 𝑟 potrà essere scritto come:
𝑟 = 𝑥 𝑎 + 𝑦𝑏 + 𝑧 𝑐 = 𝑎 𝑏 𝑐𝑥𝑦𝑧
= 𝐴𝑋
dove:𝑋 è la matrice delle coordinate e 𝐴 è la matrice che rappresenta i vettori basi del sistema di riferimento.
Intermini vettoriali, consideriamo due diffusori puntuali nelle posizioni O e O’ (due particelle cariche). Se un’onda piana
li investe, questi diventano sorgenti di onde sferiche secondarie che interferiscono fra loro. Sia 𝑠0 il versore associato alla
direzione di propagazione dei raggi X incidenti ed 𝑠 il versore associato alla direzione di propagazione dei raggi diffusi
lungo la quale vogliamo studiare i fenomeni di interferenza.
La differenza di cammino ottico tra i raggi diffusi in O e O’ lungo la direzione S sarà:
(differenza di cammino) = 𝐵𝑂 + 𝐴𝑂 = 𝑟 ⋅ ( 𝑠 − 𝑠0)
Interferenza tra onde
diffuse
𝑠0
O’
O
𝑟
A
B
q
q
q
𝑠0 𝜆
𝑟∗
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(differenza di cammino) = 𝐵𝑂 + 𝐴𝑂 = 𝑟 ⋅ ( 𝑠 − 𝑠0)
dove 𝑟 è il vettore che va da O a O’.
Infatti:
𝐵𝑂 = 𝑟 ⋅ 𝑠
𝐴𝑂 = − 𝑟 ⋅ 𝑠0𝐵𝑂 + 𝐴𝑂 = 𝑟 ⋅ 𝑠 − 𝑟 ⋅ 𝑠0 = 𝑟 ⋅ ( 𝑠 − 𝑠0)
𝑟 e 𝑆0 hanno verso opposto.
Quindi la differenza di cammino ottico tra i raggi diffusi dai diffusori in O e O’ lungo la direzione 𝑆 sarà:
(differenza di cammino ottico ) = (𝑑𝑖𝑓𝑓𝑒𝑟𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑖 𝑐𝑎𝑚𝑚𝑖𝑛𝑜)
𝜆=
𝑟⋅( 𝑠−𝑠0)
𝜆
Interferenza tra onde diffuse
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La differenza di fase d fra l’onda diffusa in O’,
nella direzione definita dal versore 𝑠, e quella
diffusa in O, nella stessa direzione, è:
𝛿 = 2𝜋 ∙ 𝑑𝑖𝑓𝑓𝑒𝑟𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑖 𝑐𝑎𝑚𝑚𝑖𝑛𝑜 𝑜𝑡𝑡𝑖𝑐𝑜
𝛿 =2𝜋
𝜆 𝑟 ⋅ 𝑠 − 𝑠0 = 2𝜋 𝑟∗ ⋅ 𝑟
dove
𝑟∗ =1
𝜆( 𝑠 − 𝑠0 )Se l è molto più grande della distanza r tra i due
diffusori, la differenza di fase d fra le onde sarà
praticamente nulla e quindi non vi saranno fenomeno
di interferenza apprezzabili.
Il modulo di 𝑟∗sarà:
𝑟∗ =2𝑠𝑒𝑛𝜃
𝜆Dove 2q è l’angolo fra le direzioni dei Raggi X
incidenti e quella di osservazione.
Infatti dalla figura in alto:
𝑟∗ = 𝑠
𝜆𝑠𝑒𝑛𝜃 +
𝑠0𝜆
𝑠𝑒𝑛𝜃 =2𝑠𝑒𝑛𝜃
𝜆Si ricordi che: 𝑠0 = 𝑠 ≡ 𝑣𝑒𝑟𝑠𝑜𝑟𝑖 (cioè, il loro modulo vale 1)
La differenza di cammino, D, e la differenza di fase Dj
sono legate dalla relazione: Dj = 2p D/l
𝑠0
O’
O
𝑟
A
B
q
𝑠0 𝜆
𝑟∗
Se tracciamo dei piani normali a 𝑟∗ passanti per O e O’ (QQ’ e GG’ sono le tracce di questi piani)
possiamo anche considerare la diffrazione come ottenuta per riflessione speculare rispetto a questi piani.
Q
Q’
G
G’
Interferenza tra onde diffuse
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Quindi, il fenomeno della diffrazione è analogo all’interferenza della
luce con un reticolo ottico.
Lungo alcune direzioni (direzione 3) i fasci diffratti A e B si trovano
esattamente sfasati di mezza lunghezza d’onda: si ha interferenza
distruttiva e lungo la direzione 3 si avrà intensità nulla.
Lungo le direzioni 1 e 2 i due fasci sono in fase e avremo un massimo
di intensità lungo quelle direzioni.
Tra le direzioni 1 e 2 avremo tutte le gradazioni
intermedie.
Se però considero un reticolo ottico devo
considerare non solo 2 fasci ma milioni, questo fa si
che si abbia una grande intensità esattamente per
le direzioni 1 e 2 e intensità praticamente nulla
per tutte le altre.
Scattering RX
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Le direzioni lungo le quali si osserva un’interferenza
costruttiva dipendono da:
La lunghezza d’onda della luce incidente 𝝀La distanza 𝒂 dei nodi del reticolo
Perché i fasci 1 e 2 siano in fase deve valere la
seguente condizione:
AB= l, 2l, 3l, ….., nlma dal momento che:
AB= a sin Allora:
𝒂 sin𝜽 = 𝒏 𝝀
Considerazioni:
• se 𝒂 < 𝝀 osservo solo la diffrazione di ordine zero (sin 1)
• se 𝒂 » 𝝀 i vari ordini di diffrazione sono così ravvicinati da dare un continuo.
Scattering RX
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Il passo del reticolo è l’analogo dei parametri della cella elementare nei cristalli
e determina la geometria della diffrazione
La larghezza delle fenditure determina l'intensità diffratta
Il numero totale di fenditure determina il numero e l’intensità dei riflessi
satellite o massimi secondari di diffrazione
Analogie fra diffrazione della luce e diffrazione
di raggi x
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