Projekt sofinanciran v okviru Programa čezmejnega sodelovanja Slovenija-Italija 2007-2013 iz sredstev
Evropskega sklada za regionalni razvoj in nacionalnih sredstev
Progetto finanziato nell'ambito del Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, dal
Fondo europeo di sviluppo regionale e dai fondi nazionali.
Ministero dell'Economia
e delle Finanze
Območna zbornica za severno Primorsko
E.I.N.E.
Digital Business Ecosystems Innovazione d’impresa ed Ecosistemi Digitali di Business
A C U R A D I L u i g i T e l e s c a e F r a n c e s c o B o t t o P E R I N F O R M E S T
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Table of Contents
Tabella delle definizioni .........................................................................................................4
Premessa...............................................................................................................................6
Innovazione d’impresa ed Ecosistemi di Business ...................................................................7
Ecosistemi Digitali come abilitatori di reti d’impresa ..............................................................9 Il modello Europeo di Ecosistemi Digitali......................................................................................................................9 Principi fondamentali e quadro concettuale di riferimento................................................................................ 10 Analisi dei ruoli e Governance degli Ecosistemi Digitali....................................................................................... 11 Il ruolo della Pubblica Amministrazione e delle Associazioni di Categoria.................................................. 12
L’implementazione degli Ecosistemi Digitali .........................................................................15 Architettura logica e tecnica............................................................................................................................................. 15 Componenti di base.............................................................................................................................................................. 16 Servizi di base e avanzati ................................................................................................................................................... 18 Integrazione con sistemi proprietari ............................................................................................................................ 19 Vantaggi tecnologici e analisi comparativa con altri sistemi informativi...................................................... 19 Vantaggi operativi e di business ..................................................................................................................................... 20 Sicurezza e Protezione dei dati ....................................................................................................................................... 21
Stato dell’arte: Progetti e Piattaforme disponibili.................................................................23 Digital Business Ecosystem (DBE) Project ................................................................................................................. 23 Open Negotiation Environment (ONE) ........................................................................................................................ 24 SEAMLESS ................................................................................................................................................................................ 26
Adozione regionale e casi studio ..........................................................................................27 Ecosistemi Digitali nelle Regioni .................................................................................................................................... 27 Casi di Successo Regionali ................................................................................................................................................. 28 Ecosistemi digitali nelle Aziende.................................................................................................................................... 29 CoopService .................................................................................................................................................................................. 29 Techideas....................................................................................................................................................................................... 29
Riferimenti bibliografici .......................................................................................................31
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Tabella delle definizioni
Ecosistema Digitale o
Digital Ecosystem (DE)
E’ un sistema socio-tecnico interdipendente in cui
diversi attori interagiscono in maniera dinamica
tra loro e con l’ambiente che li circonda, grazie ad
una infrastruttura di comunicazione
multimediale, libera e democratica che permette
la connessione puntuale di ogni singolo attore
senza prediligerne alcuno. Grazie all’ausilio di
tecnologia di comunicazione non proprietaria e
non centralizzata, e alla condivisione di modelli di
conoscenza e servizi avanzati, gli attori
dell’ecosistema possono migliorare la qualita’ di
comunicazione e di partecipazione alla comunita’
senza essere vincolati ad uno specifico strumento
tecnologico.
Ecosistemi Digitali di Business o
Digital Business Ecosystems
Piattaforma digitale Peer-to-Peer per ecosistemi
di imprese in grado di abilitare nuovi modelli
collaborativi e di business volte a migliorare le
performance aziendali e le transazioni di beni e
servizi on-line.
Architetture basati su modelli o Model
Driven Architectures (MDA)
Approccio di sviluppo software che offre delle
metodologie e linee guide specifiche espresse
come modelli. Facilita l’ingegnerizzazione di
soluzioni software flessibili, indipendenti da
piattaforme specifiche, interoperabili con sistemi
proprietari e facilmente adattabili al contesto
locale e di business. E’ stato standardizzato dall’
Object Management Group.
Information and Communication
Technologies (ICT)
Tecnologie dell’informazione e della
comunicazione.
Peer-2-Peer (P2P) Rete di computer punto-punto che non prevede
nodi prevalenti, ma equivalenti, ed e’ pertanto
paritaria. Crea uno strato di comunicazione
neutrale in grado di condividere contenuti o altre
risorse e permettere transazioni in rete.
Open Source Software (OSS) In informatica indica un software i cui gli
sviluppatori ne permettono il libero studio,
sviluppo e modifica in modo partecipativo, ma
secondo specifiche condizioni di condivisione o di
licenze d’uso.
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Middleware Insieme di programmi informatici che forniscono
uno strato di intermediazioni tra le risorse di
comunicazione e diverse applicazioni o
componenti software. Sono normalmente
utilizzate per lo sviluppo di sistemi distribuiti
complessi.
Cloud Computing Insieme di tecnologie che permette l’utilizzo di
risorse hardware e software in modo remoto
secondo diversi schemi di utilizzo.
Java Linguaggio di programmazione ad oggetti
sviluppato da SUN Microsystems, la cui
implementazione di riferrimento e’ libera. Il
linguaggio e’ indipendente dalla piattaforma,
contiene diverse librerie e strumenti e puo’
eseguire codice in sicurezza da remoto.
Pogramma Operativo Regionale (POR) Documento di programmazione regionale
promosso da una regione, e condiviso dalla
Commissione Europea, volto alláttuazione in
quella regione della politica comunitaria.
Fondo Europeo di Sviluppo Regionale
(FESR)
Uno dei fondi strutturali della Commissione
Europea per promuovere lo sviluppo regionale.
Prevede diversi tipi di investimenti: produttivi,
infrastrutturali e sviluppo locale/occupazione.
Partenarito Pubblico Privato (PPP) Forma di cooperazione tra la Pubblica
Amministrazione ed il modo delle imprese volta a
garantire lo sviluppo,il finanziamento, la
costituzione, l’aggiornamento e la gestione di
infrastrutture o servizi prioritari o di interesse
strategico.
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Premessa
Per evolvere e sopravvivere in un’economia di mercato le imprese necessitano di strumenti evoluti in
grado di potenziare la loro azione economica, favorendo la riduzione dei costi di gestione e la
massimizzazione dei margini operativi. Il processo di digitalizzazione aziendale favorisce un maggiore
dinamismo e l’ottimizzazione dei processi inter/intra aziendali, ma se per certi versi può essere
considerato una naturale evoluzione per le grandi organizzazioni, non è facile da mettere in campo nelle
piccole e medie imprese (PMI). Le PMI, infatti, abbisognano di strumenti leggeri, duttili e flessibili con
bassi costi d’accesso e in grado di facilitare l’interconnessione, in modo naturale e trasparente, delle
entità a loro connesse per aumentare le opportunità di business. Gli Ecosistemi Digitali o Digital
Ecosystems (DE), sviluppati nell’ambito di un ‘cluster’ di progetti europei, vogliono facilitare questo
processo di digitalizzazione attraverso un nuovo approccio e l’utilizzo di tecnologie informatiche
innovative, con particolare attenzione ai bisogni di filiera e delle PMI. Gli ecosistemi digitali sono la
soluzione naturale per le Piccole e Medie Imprese (PMI) per accedere al mercato globale attraverso
l’ICT, aumentando le performance aziendali e le opportunità di business.
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Innovazione d’impresa ed Ecosistemi di Business
Il cambiamento del comportamento dei consumatori, la globalizzazione e le forti dinamiche di mercato
rendono le imprese, anche le più piccole e quelle di nicchia, più esposte alle forze di mercato. L’avvento
delle tecnologie digitali ha, infatti, favorito una maggiore permeabilità dei mercati alle influenze esterne
e rafforzato il ruolo del consumatore, che da attore passivo è diventato giudice dei prodotti e servizi
offerti dalle aziende.
Grazie ad Internet il consumatore si può informare in anticipo, prima di comprare, e grazie alla creazione
di nuovi canali di distribuzione, alla de-materializzazione di alcuni prodotti, ed al raffinamento dei
processi di logistica anche imprese che prima sembravano lontane dal mercato di riferimento, ora
possono vendere prodotti e servizi in tutto il mondo. Le imprese sono pertanto costrette a rivedere i
loro piani aziendali e le loro consuetudini e a comprendere il modo migliore per adattarsi a questo
nuovo scenario.
Il processo di digitalizzazione è dunque un passo fondamentale per favorire la permanenza delle realtà
aziendali sul mercato, sia per migliorare le relazioni con i clienti (favorendo un processo di rinnovamento
dell'immagine), sia per ottimizzare i processi interni e le relazioni con i fornitori e i partner (a favore di
una maggiore efficienza di sistema, di riduzione dei costi di transazione ed emersione di quelli nascosti).
La tecnologia deve favorire la digitalizzazione e l’evoluzione di quello che Moore (1993) ha descritto
come Business Ecosystem (ambiente ecosistemico di business), ovvero un ambiente dove le imprese co-
evolvono attraverso una fitta rete di relazioni cooperative e competitive (cluster di imprese) per
sviluppare nuovi prodotti o servizi (Moore 2003).
Figure 1: Ecosistema di Business (Moore)
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L’ecosistema digitale di business va, infatti, ben al di là dei confini abituali delle imprese, prendendo in
considerazione tutti gli attori della catena del valore ed i loro processi, relazioni e schemi di potere al
fine di ottimizzare le possibilità di crescita del sistema e non solo delle singole realtà. Questo perché
ogni singola azienda vive in relazione con le altre e l’ottimizzazione di processi in una singola impresa,
senza considerarne gli effetti nel suo ecosistema esteso, porta a benefici momentanei ma instabili
giacché dipendenti anche dalle performance dei terzi.
Pertanto, la trasformazione digitale, per essere efficace, dev’essere ben pianificata e implementata in
modo consapevole, per assecondare la crescita dell’ecosistema di business delle imprese senza però
bloccarne la crescita e l’evoluzione futura.
L’obiettivo dei Digital Business Ecosystems (ecosistemi digitali di business), o DBE, è quello di fornire
concetti e strumenti informatici innovativi e sostenibili per le PMI, in grado di facilitare la digitalizzazione
delle imprese e la messa in rete delle stesse all’interno di un ecosistema aperto di business,
permettendole di evolvere nel tempo e rispondere alle sfide del mercato.
Si tratta quindi di un’opportunità per tutte le aziende che approcciano il business in modo innovativo e
collaborativo, che vogliono confrontarsi per competere sul mercato e che non vogliono essere
dipendenti da una grande impresa che impone loro standard e sistemi per interloquire.
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Ecosistemi Digitali come abilitatori di reti d’impresa
Il modello Europeo di Ecosistemi Digitali
Sebbene le tecnologie dell’informazione siano migliorate notevolmente, il tasso di adozione da parte
delle imprese, soprattutto le Piccole e Medie Imprese (PMI), è molto basso. Questo fenomeno è
riconducibile al fatto che la maggior parte degli strumenti acquistabili sul mercato sono sviluppati
principalmente per le grandi imprese, quindi con barriere di accesso (cognitive ed economiche)
importanti per le PMI.
Infatti, nonostante le aziende cerchino ogni giorno di creare reti di relazioni volte a favorire la crescita
aziendale e mitigare il rischio d’impresa, esse non sono supportate da strumenti economici, leggeri e
flessibili in grado di rispondere in modo immediato ai loro mutevoli bisogni e alle relazioni dinamiche cui
sono sottoposte. Per sopperire a queste mancanze normalmente le PMI si appoggiano ai sistemi delle
grandi imprese creando numerose asimmetrie informative a discapito delle imprese più piccole.
Il modello dei Digital Business Ecosystem promosso in Europa è stato sviluppato all’interno del cluster di
progetti comunitari del 6° Programma Quadro denominato “Digital Business Ecosystems proprio con
l’obiettivo di sopperire a queste fragilità attraverso la creazione di strumenti aperti, leggeri, efficaci ed
efficenti in grado di:
• consentire la creazione e lo sviluppo di relazioni dinamiche fra imprese;
• promuovere un ambiente favorevole per il business e l’impresa on-line;
• facilitare il commercio elettronico;
• contribuire all’aumento delle capacità legate all’ ICT nelle PMI;
• aprire le imprese a nuovi mercati e modelli di cooperazione;
• aumentare il tasso di competitività aziendale;
• favorire lo sviluppo di servizi/applicazioni di business che migliorino la competitività
aziendale e che siano facilmente interoperabili con altri sistemi (anche proprietari).
Come
Figura 1: accoppiamento strutturale tra
BE e DE (Nachira, Dini e Nicolai, 2007)
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spiegato in precedenza vige una relazione di accoppiamento strutturale tra il Business Ecosystem (BE) ed
il Digital Ecosystem (Figura 1).
Un Digital Ecosystem è una infrastruttura software intelligente basata su architettura Peer-2-Peer
(P2P) distribuita e software Open Source (OS) che permette l’agevole sviluppo di servizi di business
per tutti i tipi di aziende ed il facile collegamento di tutti gli attori della catena del valore attraverso la
creazione di nuovi canali di comunicazione, distributivi e commerciali.
Principi fondamentali e quadro concettuale di riferimento
Il modello DE applicato al mondo business viene suggerito come l’ultimo e più innovativo anello di
adozione ICT per le imprese (Nachira, 2002). Il modello degli Ecosistemi Digitali di Business Europeo
differisce da quello Americano poiché abilita reti d’imprese a leadership dinamica, rispetto a quelli a
leadership fissa dominata da una grande azienda o integratore, che favorisce una maggiore
competitività di tutti gli elementi dell’ecosistema.
La leadership flessibile costituisce una caratteristica fondante degli ecosistemi digitali nella prospettiva
europea ed offre notevoli spunti di riflessione a diversi livelli interpretativi che coprono sia la sfera di
conoscenza che quella sociale.
• Raggruppamento Dinamico: A livello di network economico, si tratta di sostenere l’idea
democratica e liberale del cluster d’imprese non dipendente da singole unità ma dalla
sostenibilità della rete stessa e dalla capacità degli attori di sostituirsi per fare da traino
allo sviluppo economico del cluster. Così come il concetto di “network” applicato alle
imprese (imprese a rete), il “cluster” si riferisce all’aggregazione di PMI attorno ad una
varietà di interessi comuni e necessità. Differentemente dalle reti, i raggruppamenti o
clusters sono aperti a tutti e l’appartenenza agli stessi non è richiesta; è invece
necessaria la prossimità geografica e l’adozione di servizi coordinati. I clusters regionali
sono tipicamente statici e legati unicamente al contesto locale; i DE vogliono invece
sostenere il clustering esteso – in relazione con altri clusters locali - e dinamico in grado
di favorire maggiori opportunità di sviluppo e di business anche a livello locale.
• Architettura a Modelli: A livello di modello di conoscenza aperta, l’Open Source,
insieme alle architetture a modelli (Model Driven Architectures o MDA), offrono la
possibilità concreta di codificare in modo semplice ed efficiente i processi aziendali
(interni ed esterni all’azienda), evitando effetti di lock-in da parte delle aziende che
producono software, favorendo una presa di conoscenza delle dinamiche aziendali e
l’automatizzazione di processi interni.
• Rete Aperta e Distribuita: A livello infrastrutturale, l’architettura aperta e distribuita,
che connota i DE, ha lo scopo di garantire la robustezza, la flessibilità e la non
dipendenza da singoli nodi relazionali e di business che potrebbero diventare un blocco
alla riconfigurazione dinamica del sistema rispetto agli indirizzi del mercato. Questo
implica che:
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o un singolo nodo non possa accedere a tutte le informazioni della rete di attori;
o la conoscenza formalizzata ed i servizi software siano trasferiti attraverso
architettura evolutiva ed intelligenza distribuita;
o il modello di governance sia decentralizzato.
• Auto-organizzazione ed evolutività: Gli ecosistemi digitali favoriscono l’evoluzione di
servizi autoadattanti, sulla base di necessità locali e opportunità globali. Gli agenti di un
DE a livello locale sono coinvolti in dinamiche sostenibili, nelle quali l’evoluzione del
ruolo degli attori di business avviene in maniera fluida, in relazione ad un contesto più
ampio.
• Software open source. Il software Open Source (OSS) è stato scelto quale standard per il
modello europeo di DE per le seguenti ragioni:
o è in linea con i principi cooperativi di condivisione della conoscenza;
o è basato sul modello di riuso del software e sulla cooperazione profonda tra
agenzie di sviluppo del software;
o ammette e favorisce la creazione di economie locali in relazione tra loro basate
sullo sviluppo di software globale/locale o glocale.
Analisi dei ruoli e Governance degli Ecosistemi Digitali
Per pianificare in maniera consapevole gli ecosistemi a livello locale, sono stati fatti numerosi studi socio
economici (DBE, OPAALS) che hanno identificato attori e ruoli per la creazione di ecosistemi digitali
regionali. Possiamo raggruppare i principali attori in tre classi:
• i creatori di opinione o Influencers;
• i catalizzatori locali o Regional Catalysts;
• gli utilizzatori o Adopters: divisi in “software developers” e “users”
Gli Influencers sono gli attori interessati a stimolare le PMI in una regione per migliorarne le prestazioni.
Tipicamente, sono i fautori delle politiche di sviluppo locali.
I Regional Catalysts sono gli attori che coordinano le attività di apprendimento e di costruzione di
comunià a livello regionale. Essi attivano e coordinano il gruppo degli attori locali, e sono tipicamente
agenzie di ricerca e innovazione.
Gli Adopters sono PMI che usano e/o sviluppano i servizi DE. I “software developers” si dividono in
“drivers” ed “implementers”, a seconda della manifestata capacità – o meno – di giocare un ruolo
cruciale nello sviluppo del DE. Gli “users” sono le agenzie che non sviluppano applicazioni e si dividono
in “discoveres” e semplici “users”, a seconda della attitudine più o meno attiva nello sviluppo del DE.
Questi ruoli costituiscono un riferimento di base per lo sviluppo di un DE attraverso un processo assieme
dall’alto e dal basso, descritto nella sezione 5.1. Più recentemente Botto e Passani (2007) hanno
suggerito di considerare lo sviluppo di un DE come parte di una strategia regionale che va oltre lo
specifico progetto, evidenziando, in questo modo, altri stakeholders, ruoli e processi di innovazione.
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Il modello di diffusione dei DE è basato su un approccio combinato top-down e bottom-up. Il primo
passo avviene quando un team – Regional Catalyst – inizia a proporre il modello ecosistemico ai decisori
politici e/o economici – Influencers – ed alle agenzie di sviluppo locale e Università, nonché alle reti di
PMI. Il primo obiettivo è quello di esporre i possibili effetti del DBE nello sviluppo socioeconomico
regionale.
Il ruolo delle agenzie pubbliche locali è fondamentale, poichè la creazione di un ecosistema regionale è
innanzitutto una decisione politica. Può essere necessaria l’allocazione di infrastrutture e risorse in
supporto a questa innovazione. Quindi il decisore pubblico individua le necessità e stanzia le prime
risorse necessarie, definendo in questo modo dall’alto il framework di riferimento per lo sviluppo locale.
Nel modello proposto, il ruolo della Pubblica Amministrazione e dei Catalizzatori regionali è
fondamentale per facilitare la comprensione e l’adozione dell’approccio e delle tecnologie. Inoltre, si
riscontra una centralità di attori facilitatori nel favorire una maggiore partecipazione degli attori locali
nella definizione delle priorità rispetto ai bisogni da raggiungere nel breve/medio periodo ed al
meccanismo d’incentivi per facilitarne la messa in opera.
Pertanto, il modello di adozione deve prevedere delle logiche di pianificazione tipicamente top-down
insieme ad altre di tipo partecipativo, chiaramente bottom-up. Tutto ciò con l’obiettivo di comprendere
in concreto i benefici reali da soddisfare ed il meccanismo di popolazione dell’ecosistema che deve
rispondere ad esigenze reali di mercato per essere sostenibile nel tempo.
A questo punto i catalizzatori regionali iniziano a sostenere il processo:
• identificano il settore industriale e il cluster con il quale iniziare, solitamente le PMI che
sviluppano software;
• identificano drivers e influencers;
• comunicano col cluster, facilitando la creazione/adozione della comunità e dei servizi.
In questa fase, la motivazione e le capacità di partecipazione delle imprese giocano un ruolo cruciale,
completando in maniera bottom-up il processo. Successivamente, il catalizzatore regionale e le agenzie
di sviluppo locale iniziano a suddividere le PMI, all’interno del settore e cluster individuato, in modo da
individuare quelle che:
• usano il DE;
• prendono parte attiva nello sviluppo dei componenti;
• contribuiscono, in base alle rispettive esperienze e capacità, alle attività di condivisione di
conoscenza, creazione di comunità, e sviluppo di software e servizi.
Il ruolo della Pubblica Amministrazione e delle Associazioni di Categoria
Nel modello proposto, il ruolo della Pubblica Amministrazione e dei Catalizzatori regionali è
fondamentale per facilitare la comprensione e l’adozione dell’approccio e delle tecnologie.
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Figure 2: Modello del processo di implementazione dei DE a livello locale
(Botto-Passani, Progetto OPAALS, 2009)
Lo studio sui DE ha evidenziato una notevole quantità di elementi, sia organizzativi che tecnologici, da
tenere in considerazione per l’adozione locale di questa innovazione. Alcuni di questi sono
particolarmente rilevanti, poiché parte integrante della definizione di DE. L’approccio pragmatico che
vogliamo adottare suggerisce che nulla è assolutamente indispensabile. Tuttavia è fondamentale
discutere approfonditamente sia la scelta che le eventuali modalità di adozione di questi principi a livello
locale. Da queste decisioni può, infatti, derivare un’innovazione che si distacca anche profondamente
dal modello ecosistemico proposto.
I requisiti sono:
• Distribuzione:
o livello organizzativo: l’ecosistema di business deve essere basato sulla distribuzione di
competenze e capacità;
o livello tecnologico: l’ecosistema digitale deve essere basato su architettura peer-2-peer
(P2P), che abiliti la distribuzione dell’ecosistema organizzativo.
• Leadership flessibile:
o livello organizzativo: l’ecosistema deve essere basato - o almeno tendere nel tempo -
alla leadership flessibile, sia in termini di impresa che di qualsiasi altro attore di
intermediazione locale, quale il Regional Catalyst. Il decisore pubblico ha facoltà di
inquadrare l’innovazione, di regolarne il funzionamento, ma non di intervenire negli
equilibri interni per avvantaggiare alcuni elementi.
o livello tecnologico: l’architettura P2P deve evitare singoli punti di controllo e fallimento.
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• Apertura:
o livello organizzativo: il cluster di imprese non deve essere soggetto a meccanismi di
affiliazione, ma la partecipazione deve essere aperta;
o livello tecnologico: le tecnologie devono essere basate su Software Aperto (OSS) per
garantire il fluido miglioramento, il riutilizzo e l’interoperabilità. Le infrastrutture
devono ugualmente essere basate su standards che garantiscono l’interoperabilità con
le infrastrutture esistenti e quelle future. Tra gli standards documentali deve essere
abilitato, al pari degli altri, il formato aperto (es.: odt). Il DE regionale deve potersi anche
relazionare con altri DE, in modo da permettere l’interscambio di moduli, servizi e
conoscenza.
• Autonomia ed evolutività:
o livello organizzativo: l’ecosistema di business deve essere il più possibile autonomo ed
auto-regolato in base alle capacità, disponibilità e conoscenze dei diversi elementi.
Questo non esclude il ruolo della governance pubblica, volta a facilitare lo sviluppo, la
sostenibilità, la dinamicità e la legalità del sistema.
o livello tecnologico: deve essere sostenuta sia la composizione autonoma di nuovi servizi
da altri servizi complessi o atomici, sia – per quanto possibile – la creazione di software
autocompilante.
Esistono alcuni requisiti non strettamente indispensabili consigliati per la creazione di DE. Questi punti
sono tuttavia consigliati da parte di diversi studi, e si suggerisce di motivare e specificare accuratamente
(a) la scelta di intraprenderli o meno, e (b) le modalità attraverso le quali sono stati adottati.
I requisiti sono:
• Sviluppo partecipato: si consiglia l’utilizzo di metodologie partecipate (ricerca azione, disegno
partecipativo) per la creazione di DE, in modo tale da:
a considerare e monitorare gli interessi e le morivazioni a livello locale,
b attivare l’utilizzo di incentivi di particolare rilevanza per gli attori locali – community
currencies (Tsatsou e Dini, 2008),
c generare innovazione in linea con gli effettivi interessi e potenzialità,
d generare apprendimento nel processo di progettazione,
e rimodulare l’innovazione allle necessità emergenti grazie al processo circolare iterato.
• Sinergia con altre innovazioni: si consiglia di ragionare e sviluppare i punti di interazione tra il DE
ed altre innovazioni in corso sul territorio, quale lo sviluppo di infrastrutture di rete pubbliche e
di servizi avanzati.
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L’implementazione degli Ecosistemi Digitali
Architettura logica e tecnica
La principale caratteristica del DE, cioè la possibilità di mettere in rete veri e propri ecosistemi o distretti
industriali elevandoli ad un contesto digitale capace di superare le limitazioni sia geografiche che
informatiche, dipende dalla combinazione di almeno tre approcci tecnologici fondamentali:
• Il primo approccio, è dato dalla rappresentazione dei processi di business per mezzo di
un’architettura basata su modelli (MDA), permettendo ad applicazioni indipendenti
l’una dall’altra di essere interoperabili anche se non necessariamente compatibili a
livello di componenti e senza dover neanche sapere la struttura interna dello specifico
applicativo.
• Il secondo approccio è giustificato dalla piattaforma Open Source di tipo distribuito o
Peer to Peer (come internet) che facilita la possibilità di ottenere interoperabilità in
sistemi complessi e l'opportunità di creare servizi produttivi su una piattaforma di
comunicazione aperta e non controllata da un singolo attore, pur con un altissimo livello
di sicurezza.
• Il terzo è una conseguenza dei primi due e consiste nel perseguimento di una
piattaforma orientata ai servizi, flessibile ed adattabile ai bisogno delle imprese in
grado di facilitare la composizione di servizi e il impiego rapido degli stessi. Basata su
architettura P2P e approccio MDA, l’infrastruttura service-oriented (SOA) permette la
creazione e la fruizione di servizi in maniera distribuita attraverso ambienti di
modellazione, configurazione ed esecuzione che abilitano i servizi e alimentano il
network di imprese.
La piattaforma a livello logico si divide pertanto in tre ambienti:
• un ambiente di modellazione (Factory) di processo o servizio;
• un ambiente di configurazione (Set-up) di processo o servizio;
• un ambiente di esecuzione (Exe) di processo o servizio.
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La
modellazione avviene in un ambiente separato, ospitato in locale o accessibile via web, dove vengono
descritti, progettati e sviluppati processi e/o servizi. L’ambiente di modellazione, o “Factory” (industria),
contiene molti strumenti ed editors per creare processi e/o servizi da template predefiniti già presenti in
un archivio distribuito – l’ambiente di conoscenza distribuita o (Distributed Knowledge Base o DKB). Una
volta modificato, il modello può essere ripubblicato all’interno dell’archivio mantenendo tutte le
informazioni di contesto necessarie per facilitarne l’adozione da parte degli utilizzatori finali.
Configurazione e messa in opera avvengono in un ambiente di esecuzione in cui vengono ospitati i
processi o servizi sviluppati in precedenza nell’ambiente di modellazione. Ha tre componenti: il punto di
accesso locale (o proxy), i componenti essenziali accessibili localmente, ed i servizi richiamabili dalla rete
– sia infrastrutturali che specifici delle PMI.
L’architettura funzionale degli ecosistemi digitali è composta di vari livelli. Il primo livello è di tipo
infrastrutturale e copre tutte le necessità di comunicazione e accesso ai dati secondo una logica
distribuita. Esso costituisce il middleware distribuito e aperto del DE. Il secondo livello è composto da
uno strato di servizi di base necessari per il funzionamento e per il popolamento dell’ecosistema digitale.
L’ultimo livello e quello dei servizi accessori che possono essere sviluppati da terzi e collegati al DE in
modo naturale e trasparente.
Componenti di base
I principali componenti infrastrutturali sono:
Figure 3: Ambienti degli ecosistemi digitali
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• Rete P2P (P2P Persistency Layer): è lo strato di che collega tutti i nodi della rete e favorisce la
messa in relazione di tutti gli attori dell’ecosistema. La rete P2P permette di essere facilmente
istallabile anche su nodi non dedicati, non soffre di singoli punti di fallimento, è ridondante,
affidabile e riesce a supportare una topologia dinamica (mesh, start o altro) sulla base delle
necesssità. All’interno della rete si consolidano alcuni nodi che per stabilità e erogazione di
servizi a terzi offrono un ruolo importante, ma non esclusivo. I legami di servizio possono infatti
modificarsi nel tempo e non sono vincolati a relazioni di potere ma piuttosto e efficacia di
servizio. Parte dell’infrastruttura P2P sono le Distributed Hash Tables (DHT) che utilizzano un
meccanismo di routing altamente strutturati basato su delle “chiavi” per limitare l’impatto .
Esistono diverse implementazioni dell’architettura P2P all’interno del cluster dei progetti
europei sugli ecosistemi digitali.
• Sistema di archivio distribuito (Distributed Storage System): permette una generica e
distribuita capacità d’immagazzinamento dati nel DE. Quando si usa un contenuto nella rete
P2P, esso genera degli identificatori attraverso i quali lo stesso contenuto può in seguito essere
recuperato da altri nodi nel network tutto ovviamente assecondato da sistemi di sicurezza,
privacy e accesso all’informazione.
Figure 4: Architettura di riferimento degli ecosistemi digitali
(DE Village Brochure)
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• Sicurezza della rete e dei dati: questo componente di servizio offre la possibilità di creare dei
canali sicuri di comunicazione tra i nodi della rete che ospitano dati importanti blindando
l’esecuzione dei servizi. Tecniche di anonimizzazione dei dati (log) creati a runtime e tecniche di
accesso ai dati basati su sistemi eperti di profilazione complementano la messa in sicurezza dei
canali di comunicazione.
• Registro distribuito e semantico (Distributed and Semantic Registry): usato per pubblicare
descrittori dei servizi e dei modelli, è composto da documenti XML che posso essere letti da tutti
i nodi della rete secondo meccanismi di accesso dati distribuiti. Si tratta della directory
distribuita per l’ExE.
• Ambiente di conoscenza distribuita (Distributed Knowledge Base o DKB): fornisce la
memorizzazione distribuita che abilita la progettazione ispirata al’Object Management Group
Model Driven Architecture (OMG MDA) www.omg.org; www.omg.org/mda. Essa permette la
permanenza, l’interrogazione ed il recupero di modelli e metamodelli (modelli che descrivono
modelli) in formato XML. I contenuti sono locati nei nodi che già contengono dati
semanticamente simili, per migliorare l’efficienza delle interrogazioni. La Knowledge Base è
usato dalla Service Factory per salvare e condividere ontologie, modelli in Business Modelling
Language (BML) e modelli in Semantic Services Language (SSL), modeli di negoziazione e di altri
processi.
Servizi di base e avanzati
Il DE abilita una serie di servizi di base per le PMI. Alcuni servizi di base sono importanti per assolvere
alla configurazione business dell’ecosistema ed in aggiunta servono a facilitare la fase di avviamento e di
popolamento di un ecosistema:
• Gestione Contatti,
• Pagine Gialle Prodotti e Servizi,
• Servizi di Reputazione e Fiducia,
• Servizi di Social Networking,
• Servizi raccomandazione,
• Servizi Semantici e (Multi)Linguistici,
• Servizi di Negoziazione e Contrattualistica,
• Servizi di Pagamento e Fatturazione,
• Servizi di gestione e monitoraggio dei contratti,
• Interfacce Utente (Web e Mobile) e Portali.
I servizi linguistici diventano servizi di chiaro supporto all’internazionalizzazione delle PMI, spesso
ostacolata da palesi difficoltà culturali ed operative (scarsa familiarità con le lingue e con le prassi di
commercio internazionale).
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Molti sono i servizi sviluppati dal cluster dei progetti europei sui DE, ma dev’essere segnalato che
all’interno del cluster sono stati utilizzati approcci tecnologici diversi, anche se tutti in linea con i principi
di alto livello del modello e tutti interoperabili. Un esempio è costituito dal progetto ONE (Open
Negotiation Environment) www.one-project.eu che oltre a fornire una piattaforma DE innovativa basata
su un network P2P stabile, in quanto sviluppato su tecnologia webservices, ha elaborato servizi
innovativi di Negoziazione, Raccomandazione, Reputazione e Trust che massimizzano le opportunità di
business delle PMI. ONE può essere facilmente interconnessa ad altre piattaforme di servizio, quali ad
esempio quella sviluppata nel progetto SEAMLESS (che ha sviluppato servizi semantici avanzati)
www.seamless-eu.org, che a sua volta si appoggia su un’infrastruttura diversa, ma compatibile rispetto a
quella di riferimento dei DE.
Integrazione con sistemi proprietari
Nonostante i DE offrano numerose opportunità da un punto di vista tecnologico ed il fatto che la loro
adozione aumenterebbe in modo importante la capacità produttiva delle imprese, non è pensabile
ipotizzare un’adozione dei DE svincolata dai sistemi già in uso da parte delle PMI. Pertanto, tutte le
implementazioni dei DE offrono delle interfacce web aperte ed interoperabili API (Interfaccia di
Programmazione di un'Applicazione) con sistemi terzi già in uso nelle aziende che non possono essere
abbandonate senza alti sforzi economici e organizzativi (vedi ad esempio sistemi di logistica, vendita e
planning delle risorse).
In questo contesto gli ecosistemi digitali estendono le funzionalità dei suddetti strumenti e possono
essere integrati in modo naturale, ampliando le opportunità di interoperabilità ed integrazione di
processi. Ad esempio, possiamo ipotizzare che un sistema di gestione clienti (CRM) connesso
all’infrastruttura dei DE possa accedere a tutti gli utenti del DE tramite un servizio di negoziazione
pubblicato sulla piattaforma, accedendo di fatto ad un nuovo canale distributivo e aumentando così le
possibilità di vendita di prodotti in stock verso glu attori che sono interfacciati. Il proprietario
dell’azienda potrà accedere all’ecosistema e al servizio di negoziazione in modo trasparente e
direttamente dall’applicativo che è solito utilizzare oppure potrà accedervi tramite l’interfaccia grafica
offerta dalla piattaforma.
Vantaggi tecnologici e analisi comparativa con altri sistemi informativi
Possiamo pensare alla piattaforma degli ecosistemi digitali come un’evoluzione delle Service Oriented
Architectures (SOA) e del Cloud Computing. E’ stato infatti coniato il termine Ecosystem Oriented
Infrastructures (EOI) che va oltre i concetti delle SOA, che vengono fusi con quelli più evoluti delle
piattaforme ecosistemiche.
L’EOI, infatti, aggiunge una semantica evoluta alla descrizione dei servizi e offre un repository distribuito
per i modelli (UML/MDA) che ne facilita l’adozione e l’utilizzo. La rappresentazione a modelli permette,
infatti, di avere delle rappresentazioni astratte di modelli funzionali che posso evolvere nel tempo
(XML/XMI) non rimanendo statiche come nelle SOA. Alla rappresentazione a modelli viene poi associata
l’architettura dinamica con archivi di contenuti distribuiti, rete P2P che permette l’integrazione di
diverse isole o comunità ed ha la capacità di stabilire un tunnel sicuro anche quando uno dei due nodi di
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comunicazione coinvolti subisce un'operazione di NAT per raggiungere l'altra entità coinvolta nella
comunicazione (NAT transversal).
Il middleware aperto basato su tecnologia P2P potrebbe facilitare l’interoperabilità e la messa in rete di
applicativi eterogenei presenti all’interno dell’impresa favorendo una vera e propria trasformazione
digitale. Il DE inoltre offrirebbe la possibilità di interfacciare i processi aziendali con quelli di terze parti in
modo trasparente senza però costringere gli attori all’adozione di una singola tecnologia comune che ne
limiterebbe la libertà di azione.
Allo stesso tempo l’approccio a modelli permetterà alle imprese di codificare i loro processi interni,
facilitando la messa in opera, il controllo (impatto aziendale) e la revisione di suddette procedure in
modo flessibile e intuitivo, evitando la dispersione della conoscenza ed un maggior controllo sui processi
all’interno del proprio ecosistema di business.
L’ecosistema favorisce anche la riduzione delle tempistiche di sviluppo set-up delle tecnologie. Le
aziende software, infatti, non dovendo ri-sviluppare il middleware ogni volta, possono focalizzarsi alla
creazione di servizi a valore aggiunto direttamente collegati al core business delle imprese favorendo
una focalizzazione degli investimenti e riducendo i costi nascosti dovuti alla mancata interoperabilità
delle tecnologie.
In Genere il DE :
• è formato da una piattaforma peer to peer (P2P) Java-based (l’implementazione del P2P
e delle tecnologie utilizzate può variare da progetto a progetto);
• necessita di una rete standard TCP/IP;
• funziona con qualsiasi sistema operativo (come Microsoft Windows e Linux)
• vi si può accedere tramite rich client o attraverso un semplice browser (accedere al DE
non necessita di particolari apparecchiature al di là di un semplice PC/Laptop o smart
phone);
• consente alle PMI di installare un nodo della piattaforma sui loro server (non servono
server nuovi) per connetterli in modo sicuro con i loro sistemi di Enterprise Resource
Planning (ERP) e altri sistemi di management specifici per le aziende.
Vantaggi operativi e di business
L’utilizzo dell’infrastruttura e dei servizi dei DE offre numerose opportunità di riduzione dei costi
operativi, attraverso un migliore uso delle tecnologie istallate, per le imprese adottanti. I DE possono
portare ad una riduzione complessiva del costo della potenziale integrazione degli applicativi e del costo
di produzione e sviluppo del software.
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Tutto ciò è in grado di favorire le imprese locali in diversi modi. In primis le barriere di costo d’ingresso
vengono abbattute grazie alla disponibilità di un medium aperto, senza alcun costo di utilizzo per la
pubblicazione di servizi in rete, e capace di supportare sforzi cooperativi (divisione dell’onere di
integrazione fra più attori e non duplicazione del costo per ogni attore della filiera, come avviene con il
software proprietario).
In seconda battuta, la possibilità di ottenere un middleware interoperabile su cui costruire applicativi
capaci di rispondere ad esigenze locali di gruppi di impresa, distretti, pubblica amministrazione o gruppi
di interesse in genere, permette il distacco dalle multinazionali del software (che contribuiscono
all’aumento del costo di sviluppo delle piccole e medie imprese locali), l’aumento dei margini di profitto
delle stesse e all’apertura di nuovi mercati, grazie all’ingresso in un canale europeo per la diffusione dei
servizi e del software.
Sicurezza e Protezione dei dati
Sebbene da un punto di vista tecnologico il DE sia assolutamente sicuro, poiché offre sicurezza sia da un
punto di vista della comunicazione (le transazioni avvengono su canale sicuro) che di profilazione utente
e anonimizzazione dei dati, il tema della protezione dei dati personali deve comunque essere preso in
considerazione in quanto collegato alle pratiche interne delle aziende o dei cluster.
Ogni volta che sono raccolti dati personali relativi alle persone con cui si lavora in collaborazione in altre
imprese o dai clienti (quali nomi, indirizzi, occupazione, …) da vari canali bisogna analizzare bene il
trattamento di questi dati, considerando la normativa vigente, e la condivisione degli stessi all’interno
dell’ecosistema di business.
Il progetto Peardrop http://www.peardrop.eu , parte del cluster dei progetti sugli ecosistemi, ha
identificato per gli ecosistemi digitali transfrontalieri (cioè condivisi da più attori economici appartenenti
a paesi diversi) le seguenti criticità e soluzioni:
“
• I DBE transfrontalieri possono fare riferimento alla direttiva Europea sulla protezione dei dati (1995) se le aziende non trovano un accordo nella legge vigente, dal momento che la direttiva è stata adottata in maniera diversa nei diversi stati membri.
• Le peculiarità di un DBE devono essere analizzate in relazione al quadro legale che lo governa. Questa analisi aiuterà gli implementatori del DBE ad affrontare le contraddizioni o l’impatto sulla rilevanza della legge per la protezione dei dati.
• È necessaria una chiara identificazione degli attori coinvolti nel DBE e dei loro ruoli e responsabilità se si occupano di raccogliere, elaborare, controllare dati. Questa azione mira ad assicurare che vengano rispettati i principi legali per la protezione dei dati e che ogni membro sia consapevole dei rispettivi ruoli e responsabilità.
• Classificate i diversi livelli di elaborazione dei dati nel DBE e stendere un documento che contenga le regole che governano ogni step del processo.
• Potrebbe essere saggio individuare una persona responsabile per la protezione dei dati per il DBE in generale, che assicuri che siano prese le necessarie precauzioni nell’implementazione del DBE e che siano rispettati i diritti di tutela dei dati”
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Peardrop suggerisce anche la possibilità di costituire una vera e propria organizzazione (ad esempio
un’associazione o un consorzio/ATI) per affrontare queste tematiche ed in modo da poter competere e
stipulare contratti con terze parti. Ovviamente l’associazione o consorzio/ATI ha senso solo se la
governante dell’ecosistema è prettamente locale (ad esempio un distretto produttivo) e non è
totalmente permeabile a realtà esterne.
Un punto di attenzione sottolineato da Pearldrop è la necessità di sottoscrivere comunque un codice di
condotta comune che può essere codificato in un Accordo di Consorzio e che dovrebbe prevedere
almeno i seguenti punti:
“
• Obiettivi del consorzio(inclusione in un piano di sviluppo regionale del territorio) • Condizioni di appartenenza (procedure, quote associative…) • Frequenza degli incontri • Costituzione di un comitato di gestione ( finzioni, membri, designazione) • Distribuzione dei compiti fra i membri del consorzio • Gestione finanziaria • Questioni di confidenzialità e IPR • Soluzione dei conflitti (interni and esterni) • Affidabilità dei membri • Legge applicabile e giurisdizione
“
Per maggiori dettagli, si faccia riferimento alla peardrop document library.
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Stato dell’arte: Progetti e Piattaforme disponibili
I progetti europei che hanno portato avanti la ricerca e l’implementazione degli ecosistemi digitali sono
stati diversi ed hanno tutti contribuito, negli anni, alla sofisticazione dei concetti e delle tecnologie sin
ora sviluppate.
Precursore del cluster è stato il progetto DBE che ha fatto da apripista per tutto il cluster ed ha
sviluppato una serie di concetti e tecnologie che sono servite a tutti gli altri progetti come ad esempio
ONE, CONTRACT e SEAMLESS. Attualmente i progetti del cluster sono terminati, ma a parte DBE che ha
fornito gli strumenti ed i concetti per far progredire il cluster, le tecnologie sviluppate iniziano ad essere
utilizzate sia a livello aziendale sia da aziende software per erogare servizi ai loro clienti. Di seguito
riportiamo una breve sintesi dei principali progetti del cluster.
Digital Business Ecosystem (DBE) Project Il Digital Business Ecosystem (DBE) project è stato il più grande progetto Open Source mai finanziato
dalla Commissione Europea (finanziato con 10 milioni di euro all'interno dell’ Information Society
Technologies e più in particolare nel cluster dei Digital Ecosystems all'interno della Direzione ICT for
Networked Businesses) con l'obiettivo di creare un'infrastruttura software Open Source altamente
interoperabile in grado di favorire la messa in rete e digitalizzazione delle PMI contribuendo allo stesso
modo allo sviluppo del mercato dei piccoli produttori di software locali.
Il DBE è un ambiente software “internet based” sul quale possono essere sviluppate ed utilizzate
applicazioni business che possono essere integrate con altre creando un vero e proprio ecosistema di
scambio fra i vari attori presenti sulla piattaforma (sia come sviluppatori software sia come utilizzatori
finali).
Figura 2: Schema dei servizi infrastrutturali del DBE (Kennedy, 2007)
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Il software sviluppato all’interno del progetto offre piattaforma peer to peer (P2P) Java-based, un
ambiente di modellazione MDA dei modelli di business per le imprese, e offre un layer semantico sui
servizi che funziona come una sorta di “pagine gialle” elettroniche che aiutano a trovare il servizio
giusto in ogni specifica occasione. Attualmente il codice del progetto e disponibile in Open Source ma
non viene mantenuto dalla comunità.
Open Negotiation Environment (ONE)
Il progetto ONE, progetto di 2 Milioni di Euro finanziato dalla Commissione Europea, ha l’obiettivo di
offrire una piattaforma Business-to-Business aperta, distribuita (P2P) non governata da un
intermediatore di filiera.
ONE offre servizi avanzati di negoziazione, affiancati a servizi di social networking, raccomandazione e
reputazione, al fine di supportare le imprese durante la fase di procurement di risorse (attraverso la
negoziazione con i fornitori), nella fase commerciale (per negoziare o gestire le transazioni con i clienti)
ma anche nella fase strategica per supportare la creazione di accordi di impresa o accordi tra più parti
(accordo commerciale, creazione di venture, risoluzione negoziale di contratti).
ONE offre, infatti, un ambiente di esecuzione delle negoziazioni multi modello, in grado di gestire diversi
protocolli di negoziazione (dalle aste alle contrattazioni pure) in contemporanea ed è pertanto molto
flessibile ai bisogni delle aziende che non sempre seguono un unico processo. L’approccio a modelli
offre inoltre la possibilità di usare la piattaforma sia nella fase di approvvigionamento sia in quella
commerciale e permette di cambiare modelli senza alcun impatto sul codice software (nessun costo di
sviluppo software vuol dire minori costi di configurazione e attivazione del servizio).
Figure 5: Architettura semplificata della piattaforma di negoziazione
(ONE Project, DE Village)
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Questa soluzione va ben al di là dalle soluzioni presenti sul mercato che normalmente inseriscono la
logica di negoziazione all’interno del codice sorgente di una piattaforma di marketplace, risultando così
rigide, non trasparenti (difficile sapere se le negoziazioni favoriscono qualcuno) e non appropriate al
contesto mutevole del mercato e alle esigenze delle PMI.
Proprio per queste ragioni, e per i costi di accesso elevati, normalmente le piattaforme disponibili sul
mercato sono sviluppate per le grandi aziende e istallate in modo centralizzato presso l’integratore della
catena del valore che controlla non solo la piattaforma ma anche tutti i dati e le informazioni scambiate
creando delle forti asimmetrie informative a discapito delle PMI.
L’ambiente P2P sviluppato in ONE è basato su web services e risulta essere molto stabile. ONE può
essere visto come un’evoluzione del progetto DBE a livello infrastrutturale, poiché è riuscito ad adottare
tutti gli insegnamenti di quel progetto e a fornire un ambiente stabile di esecuzione per le PMI. Il codice
di ONE è rilasciato in dual licence (GPL e Commerciale); è mantenuto e sarà supportato a breve da
un’azienda nata da alcuni membri del consorzio originario del progetto. Attualmente, ONE è utilizzato
dall’azienda Coopservice, una grossa azienda cooperativa attiva nel settore del facility management.
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SEAMLESS
SEAMLESS (Small enterprises accessing the electronic market of the enlarged Europe by a smart service
infrastructure), progetto parte del cluster dei progetti europei dell’unità ICT for Enterprise Networking,
vuole fornire un supporto informatico a basso costo, distribuito gratuitamente alle aziende dalle proprie
associazioni di categoria o dalla camera di commercio, in grado di creare in modo veloce ed efficiente
una rete di scambio di informazioni e di prodotti con altre aziende, allo scopo di superare i vincoli
territoriali e linguistici e creare un unico mercato virtuale europeo. SEAMLESS si basa sul concetto di
mercato elettronico unico europeo e nello sviluppo di una rete d’imprese, soprattutto piccole e medie,
che legano la propria sopravvivenza all’allargamento dei propri spazi di mercato.
Il progetto offre una rete SOA (Service Oriented Architecture) istituzionale, i nodi sono istallati presso le
camere di commercio, in grado di erogare servizi economici e semplificati per le PMI che permettono lo
scambio d’informazioni fra aziende operanti in diversi stati. Per supportare la collaborazione tra entità di
business che parlano diverse lingue, SEAMLESS ha definito un framework ontologico che permette di
ottenere interoperabilità semantica fra le informazioni scambiate fra l’entità che invia le informazioni e
quella che le riceve.
Perché ciò avvenga, il ruolo delle associazioni di categoria e delle camere di commercio non è solo
quello di ospitare l’infrastruttura, ma anche di servire da vero e proprio mediatore linguistico e
organizzativo che crea le condizioni per una migliore cooperazione tra le imprese locali e quelle estere
attraverso l’arricchimento dell’ontologia riguardante le aziende operative nel suo network.
La piattaforma ha completato la fase di sperimentazione ed è in fase di collaudo in altri Paesi. Rispetto
alle altre piattaforme non ha una vera e propria rete P2P, ma ha sviluppato strumenti linguistici più
evoluti.
Figure 6: Architettura semplificata progetto SEAMLES
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Adozione regionale e casi studio
Ecosistemi Digitali nelle Regioni
Il DE è stato sperimentato in diverse regioni europee con più o meno successo, sulla base del
coinvolgimento reale delle aziende, al di là della sperimentazione scientifica. In generale possiamo dire
che per implementare il DE a livello locale è necessaria una Partnership Pubblico Privata (PPP)
importante che debba riuscire a interpolare i bisogni regionali di sviluppo locale con quelli più operative
delle imprese che normalmente sono meno interessati ad aspetti strategici (soprattutto le PMI) in
quanto, normalmente subissate da micro problematiche e mancanza di risorse umane da allocare su
progetti di questo tipo.
Per far sì che azioni di questo tipo posano prendere piede è necessario capire in modo preciso gli
strumenti ed incentivi che la parte pubblica deve istituire per favorire un investimento anche da parte
delle aziende. Le regioni europee hanno ambiti di competenza diversi e diversi gradi di autonomia per
avviare un’azione innovatrice sul territorio e promuovere partnership pubblico private. Normalmente,
con l’elaborazione del POR (Programma Operativo Regionale) le regioni possono favorire la messa in
opera del DE attraverso un approccio concertato, che porti insieme tutti gli attori socio-economici della
Regione.
In particolare le regioni possono allocare una parte del loro stanziamento FESR (Fondo Europeo di
Sviluppo Regionale), per gli assi strategici di intervento e per classi di azioni proposte per ogni asse, sulla
base di una analisi socio-economica regionale e di una strategia predeterminata. Ad esempio, come ci
spiegano gli analisti del progetto Pearldrop, “la Regione Aquitania ha integrato nel POR articoli espliciti
sull’uso del DBE, per incrementare la competitività dei territori, che consentiranno agli implementatori
del progetto DE di trovare, a certe condizioni, fonti di finanziamento FESR”.
Nonostante il ruolo del pubblico sia fondamentale per facilitare l’adozione di un piano di sviluppo locale,
riteniamo che l’azione privata da parte di gruppi di imprenditori illuminati, facilitati da associazioni di
categoria o camere di commercio, possa essere una via molto più efficace e meno burocratica e possa
essere orientata direttamente al perseguimento di un obiettivo di business concreto facile da
comprendere per le SMEs.
E’ importante sottolineare che i DE sono stati utilizzati in diversi settori, dal turismo al faciliti
management, dal tessile alle costruzioni, dal biomedicale al e-government.
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Casi di Successo Regionali
Fra i casi regionali di maggiore impatto vorremo citare l’esempio della regione Aquitania, che, come
analizzato nel progetto Pearldrop, “ha definito un “programme d’actions innovatrices”, in cui ha
determinato gli obiettivi e l’intensità dell’aiuto, che viene erogato sotto forma di sovvenzione ad attività
che promuovano azioni innovative e che vengono selezionate tramite una “call” (invito a presentare
proposte). Il programma definisce le regole relative a chi può rispondere al bando, le tipologie di azioni
ed i tipi di costi che possono essere finanziati, i criteri di valutazione (qualità, caratteristiche tecniche,
qualità estetiche e funzionali, …)
Nella Regione Aquitania, in particolare, il PASI (Pôle Aquitaine pour la Société de l’Information) raccoglie
i principali attori pubblici coinvolti nel processi decisionali relativi alle ICT e questo organo informale
definisce le azioni strategiche per il fondi FESR. L’unione di attori chiave attorno al tavolo del PASI rende
possibile una maggiore coerenza nelle azioni strategiche sulle ICT delle Regione Aquitania”.
Altro esempio positivo è quello della regione di Aragona in Spagna, che attraverso il Dipartimento di
Economia del Governo Regionale, ha deciso sulla ripartizione dei fondi FESR favorendo il potenziamento
del DE locale con l’obiettivo di ridurre il digital divide e incrementare le opportunità di sviluppo locale. Le
varie linee di progetto sono gestite da enti diversi: l’Instituto Tecnológico de Aragón gestisce almeno
due linee di progetto, ovvero “Innovaragon” e “DOCUP.”
In Italia varie regioni, (Lazio, Emilia Romagna, Trentino) hanno adottato il DE in modo diverso e con vari
piani operativi. L’unica regione che ha allocato finanziamenti in modo strutturato volti allo sviluppo del
DE è stata la regione Lazio, la quale ha allocato dei fondi FESR per lo sviluppo del turismo e del settore
software, ma il cambio di governatore e l’instabilità politica ne ha rallentato l’adozione. L’Emilia
Romagna ha invece preferito una partecipazione più sperimentale orientata a progetti europei per
sviluppare il network di relazioni pubbliche private e per aumentare i servizi sviluppati sulla piattaforma
SEMALESS nella logistica integrata.
In Trentino invece il governo locale ha supportato in modo leggero la comprensione del fenomeno DE ed
ha finanziato due azioni sperimentali:
• una rivolta alla creazione di un modello organizzativo, ed informativo che utilizzi i DE
come meccanismo per favorire collaborazione Pubblico Privata in Regione (Taslab)
attraverso lo sviluppo di progetti congiunti tra le aziende locali, i centri di ricerca e gli
attori pubblici;
• l’altra rivolta alla creazione di una azienda software che porterebbe il prototipo
sviluppato dal progetto ONE in commercializzazione.
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Ecosistemi digitali nelle Aziende
CoopService
Coopservice, azienda cooperativa leader in Italia nel settore del facility management, ha adottato i DE
attraverso progetto ONE, per supportare i processi di negoziazione all’interno della sua filiera al fine di
migliorare i propri margini operativi e organizzare meglio i processi di ingegnerizzazione dell’offerta per i
bandi pubblici.
Coopservice ha partecipato al progetto sin dalle fasi iniziali, in cooperazione con la sua associazione di
categoria Lega Coop/ANCST in quanto lo ritiene strumento essenziale per la realizzazione del mercato
interno del comparto servizi. La Direttiva Servizi prevede che tutti i rapporti tra imprese e PP.AA.
debbano avvenire per via elettronica; la piattaforma è quindi coerente con tale impianto. E, soprattutto,
come detto in comunicato congiunto Lega Coop/ANCST Coopservice, “la piattaforma potrà aiutare i
contatti tra le imprese, quasi un market place, e facilitare la reciproca conoscenza, per praticare sinergie
di tipo permanente o legate a singole opportunità, eliminando potenzialmente le difficoltà di conoscenza
e di rapporto e abbattendo i costi dei contatti e delle intese. Non a caso Ancst/Legacoop ed altre
importanti associazioni cooperative di Francia e Spagna hanno intenzione di approfondire simili modalità
di rapporto tra le cooperative reciprocamente associate.”
ONE sarà a breve integrato con i sistemi interni di Coopservice ad in particolare con la piattaforma
PANT@.
Techideas
Techideas http://www.techideas.es è una piccola azienda software Spagnola che ha adottano i concetti
degli ecosistemi a pieno, focalizzando la propria offerta commerciale sugli stessi, ed ha deciso di
partecipare in modo attivo ai più importanti progetti Europei sui DE. Durante questo processo di
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maturazione Techideas è riuscita a sviluppare un prodotto innovativo ed interessante, Sironta
http://www.sironta.com, in grado di facilitare la collaborazione remota fra persone o organizzazioni per
mezzo di una piattaforma ICT, multipiattaforma (gira su windows, Linux, Mac) P2P che mette insieme
strumenti Open Office con strumenti di social network (chat e multiroom) e data sharing.
Il prodotto è stato adottato dalla comunità di Open Office ed è stato selezionato fra gli strumenti
sviluppati dalle PMI europei più interessanti alla fiera europea dell’ICT (ICT2010) organizzata dalla
Commissione Europea.
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