N. 11 Novembre 2015
la rivista di maNageritalia
Mensile di inforMazione e cultura dei dirigenti, quadri e professional del terziario Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI - 2,20 (abbonamento annuo 16,50)
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tecNologia come sarà la spesa Nel 2020?
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food4miNdsscuola e lavoro:colmiamo il gap
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GENNAIO/FEBBRAIO 2015 3
Editorialea cura del presidente Manageritalia
3NOVEMBRE 2015
PROVE DI STABILITÀ
Come ogni anno in questo periodo, buona parte
della nostra attenzione è focalizzata sulla legge
di stabilità. Come (quasi) sempre accade, le aspetta-
tive vengono disattese ed emergono sorprese (di so-
lito spiacevoli), come quella recente sul mancato au-
mento dell’indicizzazione delle pensioni. Pensioni
che sono sempre, e sempre di più, il bancomat del
Paese, come stiamo apprendendo anche dalle propo-
ste dell’Inps al governo di questi giorni.
Al centro del dibattito sulla stabilità, tanto per cam-
biare, c’è l’argomento tasse. L’abolizione della Tasi,
infatti, focalizza il dibattito su un aspetto rilevante
ma non determinante ai fini di una reale innovazione
del sistema fiscale.
La pressione fiscale sulla categoria – come illustrato
nelle pagine che seguono – resta davvero insosteni-
bile. L’Italia ha bisogno di un fisco che metta tutti i
cittadini sullo stesso piano, punendo i furbi e pre-
miando i contribuenti onesti. Un fisco che misuri
complessivamente i redditi da lavoro, il patrimonio
e i consumi e smetta di far gravare la redistribuzione
della ricchezza e la progressività dei tributi solo sulle
spalle dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, in
primis noi. Costruire questo fisco è una sfida che
ci impegna costantemente. Una sfida che fa
parte del percorso per rigenerare l’econo-
mia e la società, dare giusto valore al lavo-
ro, adeguare il welfare ai nuovi scenari.
Uno dei fronti su cui da tempo ci bat-
tiamo, a questo proposito, ovvero l’occu-
pazione dei lavoratori maturi, è finalmen-
te diventato di attualità. Nella legge di
stabilità sono infatti previste misure per
mantenere l’occupazione degli over
60 incentivandone il part-time.
Prendiamo atto del passo in avanti,
pur sapendo che i dirigenti non sa-
ranno molto interessati dal provve-
dimento: il loro incarico è totalizzante e, di solito,
poco si concilia con una riduzione d’orario.
Le peculiarità del nostro ruolo professionale richie-
dono infatti politiche del lavoro e di welfare che
tengano conto delle specificità della categoria e sap-
piano rigenerarle e rimetterle in gioco. Per questo
cerchiamo di coinvolgere le istituzioni, la politica e le
imprese su un disegno di ampio respiro che valorizzi
la managerialità e la diffonda.
Tra i progetti in cantiere ricordiamo quelli per porta-
re competenze nelle piccole e medie imprese e nelle
start-up. Stiamo sviluppando la seconda fase del
programma avviato con il ministero dello Sviluppo
economico per portare export manager nelle aziende
e stiamo studiando l’introduzione di benefici fiscali e
contributivi per i manager che investono la liquida-
zione (e le competenze) in progetti imprenditoriali
innovativi.
Ci saranno delle novità anche sulle politiche attive.
Abbiamo deciso di sostenere con misure straordina-
rie i colleghi in difficoltà, chiedendo ai dirigenti in
attività un contributo extra di dieci euro sulla tessera
associativa del prossimo anno. Un piccolo ma signi-
ficativo aiuto per offrire percorsi volti alla riqualifi-
cazione e al reinserimento in azienda a centinaia di
manager disoccupati. Il modello è “Comincio… da
tre!”, il progetto costruito con le parti datoriali e so-
speso in questo periodo di latenza contrattuale; lo
sosteniamo con le nostre risorse, in attesa della firma
del nuovo contratto.
L’ambizione è mantenere sempre aggiornato il no-
stro welfare contrattuale, elemento distintivo fonda-
mentale per la stabilità del patto associativo, base su
cui appoggiarsi per dedicare tutte le energie al servizio
delle imprese e delle organizzazioni in cui operiamo.
Guido Carella
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Sommario
Fondo di previdenza Mario Negri
Associazione Antonio Pastore
CFMT Centro di formazionemanagement del terziario
Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali
MeNsile di iNForMAzioNe e CulTurA di MANAgeriTAliA Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato
5novembre 2015
Produttività & Benessere46 Anche il governo crede
nel nuovo lavoro
Fisco50 Spremuti come limoni
RuBRiche
16 Osservatorio legislativo
34 Mondo del lavoro
44 Non solo consumi
54 Di buon grado
55 Arte
56 Libri
57 Letture per manager
58 Lettere
MeNsile di iNForMAzioNe e CulTurA di MANAgeriTAliA Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato
N. 11 Novembre 2015
la rivista di maNageritalia
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food4miNdsscuola e lavoro:colmiamo il gap
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61
copertina 6 Ask Mit: risposte
a portata di click Formazione10 Scuola e lavoro:
colmiamo il gap
Marketing18 come aumentare i clienti
con la local search
Diritto22 un registratore in ufficio
Tecnologia26 come faremo la spesa
nel 2020?
#Prioritalia30 Ripartiamo da expo
Pensioni36 errare è umano,
perseverare è diabolico
intervista40 Marco Scorti Siemens, rivoluzione smart
è online su
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infoMANAgeR
Manageritalia
69 executive Professional una consulente
con una marcia in più
72 Quadri i quadri visti
dalle società di ricerca
Assidir74 il “compagno di viaggio”
degli associati
cfmt77 Prova d’orchestra
Copertina
novembre 20156
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novembre 20158
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9novembre 2015
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Formazione
NOVEMBRE 201510
Un progetto per evidenziare l’importanza delle competenze per crescere. Il Gruppo Donne Manager di Manageritalia Milano dà il via a un programma concreto per far dialogare scuola e aziende e aumentare la sinergia partendo da quello che serve oggi nel mondo del lavoro
DA ANNI i ma-
nager segnala-
no i gap for-
mativi dei gio-
vani che en-
trano oggi nel
mondo del lavoro, una grave inef-
ficienza per le imprese e il sistema.
Per questo Manageritalia da tem-
po ragiona su cosa fare, soprattut-
to oggi in un contesto dove le com-
petenze e le professionalità diven-
tano in parte obsolete in pochi
anni. A pochi giorni dalla fine di
Expo, poi, è bene ribadire che l’i-
struzione, intesa anche come ne-
cessità di nutrire le menti, è l’uni-
co modo per assicurare che dopo
aver colmato la fame fisica si operi anche per avere una vera crescita
economica e sociale.
Sulla base di queste premesse nasce il progetto “food4minds: formare
per crescere”, ideato dal Gruppo Donne Manager di Manageritalia Mi-
lano per dare risposte a un paese, l’Italia, dove il livello d’istruzione, mai
eccelso, sta oggi addirittura regredendo. Ma soprattutto per avere risor-
se fresche in linea con le richieste del mercato, aumentare occupabilità
dei giovani e competitività delle aziende.
food4minds: formare per crescereL’obiettivo del progetto? Avvicinare la scuola e il mondo del lavoro,
sempre più competitivo, aumentare dialogo e sinergia tra queste due
realtà mettendo i manager a fare da ponte. Il programma, a cui collabo-
ra anche la società di consulenza 4PValue, si articola su due piani che
procedono in sinergia, uno per le aziende e uno per le scuole (vedi ta-
Silvia Pugi
SCUOLA E LAVORO:COLMIAMO IL GAP
11NOVEMBRE 2015
tivi interni, definire le caratteristi-
che dei ragazzi da prendere in
stage e indirizzare la formazione
dei prossimi giovani da assumere.
Per la scuola, invece, la gap
analysis dà indicazioni su come
arricchire e orientare corsi e inse-
gnamenti opzionali, scegliere le
testimonianze dei manager e gli
stage dei ragazzi in azienda. Le
scuole, inoltre, grazie a una part-
nership tra Manageritalia e la so-
cietà di formazione Master Coder,
potranno sviluppare corsi di pro-
grammazione informatica attra-
bella a pagina 12). L’attività per le
aziende prevede una valutazione
organizzativa che produce come
esito l’analisi delle competenze e
una gap analysis su uno o due
processi/ruoli critici. L’attività
per le scuole parte dall’analisi del-
le competenze e dalla gap analysis
svolte in azienda per definire i lo-
ro progetti formativi.
Per le aziende, la gap analysis è il
modo per individuare le compe-
tenze richieste dal mercato, mette-
re a confronto una o più funzioni
aziendali, sviluppare piani forma-
SCUOLA E LAVORO:COLMIAMO IL GAP
L’obiettivo di food4minds è avvicinare la scuola e il
mondo del lavoro, mettendo i manager a fare da ponte
tra questi due mondi
verso i quali apprendere compe-
tenze di logica e problem solving.
Progetti pilotaNel corso dell’anno scolastico
2015-2016 partiranno tre progetti
Formazione
NOVEMBRE 201512
Le scuole, grazie a una partnership tra Manageritalia e la società di formazione Master Coder, potranno sviluppare corsi di programmazione informatica
pilota in Lombardia. Le aziende,
con risorse manageriali e compe-
tenze proprie, sono Nadella Italia,
Enterprise Hotel e Prodotti Gianni;
tra le scuole abbinate alle aziende
troviamo l’Istituto d’istruzione su-
periore Leonardo da Vinci, l’Istitu-
to alberghiero Carlo Porta e molte
altre ancora in fase di verifica e
approvazione. Il coordinamento
del progetto pilota è garantito da
un gruppo di manager volontari
del Gruppo Donne Manager e l’o-
biettivo futuro è diffondere il pro-
getto in tutto il territorio italiano.
Formazione fa rima con crescitaIl lancio di “food4minds: formare
per crescere” è avvenuto lo scorso
Per saperne di più: www.manageritalia.it >> eventi e iniziative >> food4minds email: [email protected]
Piccole-medie imprese
2 anni scolastici
4-5 giornate l’anno
Analisi delle competenze necessarie per essere competitivi in una delle funzioni dell’azienda
Verifica dei profili presenti in azienda rispetto alle competenze richieste dal mercato
Piano di formazione per il personale presente in azienda
Ragazzi in stage
Possibilità di indirizzare la formazione scolastica dei giovani da assumere eventualmente in futuro
Scuole di secondo livello (licei, istituti tecnici e professionali)
2 anni scolastici
4-5 giornate l’anno e il periodo di stage/apprendistato
Indicazioni su come orientare i corsi della scuola, con particolare riguardo per gli insegnamenti opzionali
Testimonianze di manager a scuola
Ottenimento di stage e apprendistati per gli studenti
A chi si rivolge
Durata
Impegno richiesto
Risultati
A
ZIE
NDA
SC
UOL
AIl programma
13NOVEMBRE 2015
2 ottobre a Milano, nel corso di un
convegno in cui sono state presen-
tate indagini internazionali e una
specifica su un campione di nostri
manager.
Le ricerche internazionali presen-
tate da Daniele Checchi, docente
di Economia del lavoro all’Uni-
versità Statale di Milano, non la-
sciano dubbi: la crescita economi-
ca di un paese è fortemente corre-
lata al livello di competenze misu-
rato su studenti e adulti, più che al
numero di quanti terminano gli
studi superiori e universitari. Un
elevato tasso di scolarità superiore
e universitaria è la condizione ne-
cessaria ma non sufficiente, per-
ché oltre alla quantità di anni pas-
sati a studiare, è fondamentale la
qualità della formazione ricevuta.
Oltre alla crescita, l’elevata scola-
rità incide su coesione ed equità:
benessere della popolazione, qua-
lità della partecipazione sociale e
innalzamento del capitale sociale.
Chi fa training on the job ha livel-
li di competenza più elevati, non
basta scegliere un indirizzo pro-
fessionale nella scuola secondaria.
Gli studi sulle competenze evi-
denziano anche che la possibilità
di accountability (per esempio at-
traverso esami centralizzati),
combinata con autonomia gestio-
nale delle scuole, produce esiti
migliori e la stratificazione preco-
ce degli indirizzi di scuola secon-
daria riduce la media e aumenta la
variazione degli esiti in termini di
competenza. La scolarizzazione
precoce (frequentazione della
scuola materna) accresce la capa-
cità di apprendimento e quindi la
formazione delle competenze.
Cosa dicono i managerNell’indagine di AstraRicerche
per Manageritalia effettuata a set-
tembre su quasi 1.200 dirigenti
italiani del settore privato e pre-
sentata durante il convegno da
Enrico Finzi, presidente di Astra-
Ricerche, i manager bocciano il
sistema formativo italiano, giudi-
candolo non meritocratico e inca-
pace di valorizzare le qualità de-
gli studenti migliori (68,3%). Il
40% degli intervistati nega che la
scuola prepari i giovani in modo
valido, secondo le necessità del
mondo del lavoro.
Esprimendosi invece su ciò che
occorre al Paese, i manager met-
tono in risalto la formazione con-
La crescita economica di un paese è fortemente
correlata al livello di competenze misurato su
studenti e adulti
Il Gruppo Donne Manager di Manageritalia
Milano nasce nel 1997 per promuovere la
partecipazione delle donne alla vita associativa
e valorizzarne il ruolo nel tessuto sociale, poli-
tico, economico e familiare del nostro Paese.
Da allora, la presenza delle donne in Manage-
ritalia è stata sempre crescente e il Gruppo è
diventato un punto di riferimento per la crea-
zione di una cultura della valorizzazione delle diversità di genere. Per saperne di più
sul Gruppo, sugli obiettivi e i successi http://bit.ly/gruppodonnemanager
Formazione
NOVEMBRE 201514
tinua durante tutta la vita profes-
sionale (97,5%): servono più di-
plomati che entrano nel mercato
del lavoro ma poi ampliano la
loro formazione in base alle ne-
cessità delle aziende e le loro atti-
tudini (94,3%). Dicono con forza
che serve più dialogo tra il mon-
do della scuola/università e il
mondo del lavoro per seguirne
meglio le esigenze (97,7%) e mag-
La riforma della scuola (legge 13 luglio 2015, n. 107 - Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione), nota come la
Buona Scuola, intende preparare meglio i ragazzi al mondo del lavoro con stage e materie di studio più vicine alle richieste
delle imprese, introducendo gli insegnamenti opzionali e i periodi di alternanza scuola-lavoro. Tutti gli studenti tra i 15 e i 19
anni dovranno dunque fare un’esperienza di lavoro: si tratterà di un totale di almeno 200 ore per i licei e 400 ore per gli istitu-
ti tecnici e professionali, da svolgersi nell’ultimo triennio, a
scelta durante l’anno scolastico o nel periodo di vacanza, in
Italia o all’estero.
Ogni scuola dovrà inserire nel proprio piano triennale di offer-
ta formativa (Ptof) dei corsi opzionali, che possono utilizzare
fino al 20% del monte ore annuale. I corsi potranno essere dei
potenziamenti e approfondimenti delle materie obbligatorie,
oppure degli insegnamenti su materie extra, vicine alle richie-
ste delle imprese, puntando a far acquisire agli studenti com-
petenze nuove, spendibili nel mondo del lavoro. Gli eventuali
insegnamenti opzionali scelti e le esperienze di alternanza
scuola-lavoro verranno inseriti nel curriculum dello studente,
daranno diritto a crediti formativi e concorreranno al voto fi-
nale dell’esame di Stato (maturità o diploma).
Rispetto al passato, l’alternanza diventa obbligatoria solo per le terze classi, per poi riguardare le quarte e le quinte. Per l’anno
scolastico 2015-2016 coinvolgerà 500.000 ragazzi, mentre a regime gli studenti coinvolti saranno circa 1 milione e mezzo.
Un modello a cui ispirarsi è quello della scuola tedesca, dove le aziende investono risorse di tempo importanti sugli studenti,
perché hanno capito che si tratta di investimenti redditizi. La sfida è realizzare programmi che davvero portino benefici alle
imprese, progetti in grado di mettere a frutto la voglia di fare dei ragazzi, orientando le scuole a svolgere progetti di interesse
delle aziende e utilizzando i laboratori come banco di prova per identificare i giovani più in gamba.
giore qualità dei docenti, anche
tramite nuovi criteri di selezione
(97,1%) e aggiornamento e quali-
ficazione (97,1%).
Ai giovani, per i manager carenti
sul fronte delle soft skill (proatti-
vità, gestione del tempo e capaci-
tà di decisione) e delle capacità
relazionali e manageriali, ma an-
che di competenze linguistiche e
digitali, suggeriscono soprattutto
di svolgere piccoli lavori, anche
non coerenti con il tipo di studio,
durante la scuola superiore/uni-
versità per capire il mondo del
lavoro (74,3%) e di studiare all’e-
stero, anche solo con l’Erasmus,
durante l’università (71,6%).
Quasi la metà suggerisce di non
fermarsi alla laurea, ma di sce-
gliere un master/formazione
post universitaria.
ANCHE LA RIFORMA DELLA SCUOLA PUNTA AL DIALOGO CON LE AZIENDE
15NOVEMBRE 2015
Tavola rotonda: quale istruzione per crescere?Dopo la presentazione nel detta-
glio del progetto da parte di
Claudia Lucarelli del Gruppo
Donne Manager e di Roberto Cu-
cumazzo, fondatore della società
partner 4PValue, attiva nella
consulenza di direzione e orga-
nizzativa per migliorare presta-
zioni e profitti, il convegno di
Milano si è concluso con una ta-
vola rotonda moderata dalla con-
sulente di carriera e giornalista
Luisa Adani.
Per Gabriele Toccafondi, sotto-
segretario al ministero dell’Istru-
zione, università e ricerca, «il pro-
getto di Manageritalia è lodevole
e in linea con i principi cardine
della Buona Scuola. La riforma è
infatti incentrata sull’alternanza
e sul dialogo scuola e mondo pro-
duttivo».
Secondo Irene Tinagli, commis-
sione Lavoro Camera dei deputa-
ti, «dobbiamo lavorare sulle com-
petenze che serviranno tra qual-
che anno, perché il mondo del
lavoro sta cambiando in modo
vorticoso e l’uso delle tecnologie
muta molti paradigmi».
Per Enrico Loccioni, presidente
di Loccioni Group, il dialogo con
la scuola e la crescita dei giovani
in sinergia con i senior rappresen-
ta un vantaggio competitivo.
Laura Bruno, hr director Italia e
Malta di Sanofi, ha testimoniato
come la multinazionale lavori da
anni con le scuole, benché i ragaz-
zi manchino ancora oggi di capa-
cità espositive, di relazione e di
fare squadra. Secondo Livio Mar-
chiori, amministratore delegato
Nadella Italia (una delle aziende
pilota del progetto), svolgere con
professionisti e in modo struttu-
rato progetti come “food4minds:
formare per crescere” rappresen-
ta la via più efficace per permet-
tere alle aziende di comprendere
quali aree richiedano nuove ri-
sorse e attirare di conseguenza
nuovi talenti, mentre per Giorgio
Rembado, presidente Associa-
zione nazionale presidi, i numeri
dell’alternanza fanno ben sperare
sulla strategia per combattere la
disoccupazione giovanile e l’ini-
ziativa di Manageritalia è un pro-
gramma concreto per mettere in
pratica quanto previsto dalla ri-
forma della scuola.
«Manageritalia» ha chiarito Ma-
risa Montegiove, presidente Ma-
nageritalia Servizi e responsabile
del Gruppo Donne Manager, «ha
lanciato il progetto di sinergia
scuola-azienda spronata dai ma-
nager associati, che vedono i gio-
vani entrare in azienda privi del-
le giuste competenze e provano
sulla loro pelle come poi questo
freni la competitività delle loro
aziende sui mercati globali».
«Questo impegno dei manager
per migliorare il sistema formati-
vo e i suoi output è un dovere so-
ciale, ancor prima che l’egoismo di
avere risorse valide da plasmare
per competere e crescere», ha con-
cluso Roberto Beccari, presidente
di Manageritalia Milano.
Un momento della tavola rotonda: da sinistra Enrico Loccioni, Marisa Montegiove, Irene Tinagli, Gabriele Toccafondi, Laura Bruno.
a cura di Manageritalia
NOVEMBRE 201516
osse
rvat
orio
OSSERVATORIO LEGISLATIVO
REGIME FISCALE SPECIALE PER I LAVORATORI RIMPATRIATI
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decre-
to legislativo 14 settembre 2015, n. 147, con-
tenente “Disposizioni recanti misure per la crescita
e l’internazionalizzazione delle imprese”, entrato in
vigore il 7 ottobre.
Il provvedimento riguarda diversi ambiti della nor-
mativa tributaria ed è volto non solo all’internazio-
nalizzazione imprenditoriale ma anche ad attirare
investimenti stranieri nel territorio nazionale.
Tra gli altri, al fine di attrarre capitale umano quali-
ficato, all’art. 16 si prevede un regime di favore per
i lavoratori rimpatriati; viene stabilito che per tali
lavoratori, impiegati in ruoli direttivi o con alta
specializzazione, che trasferiscono la residenza nel
territorio dello Stato, impegnandosi a permanervi
per un periodo di almeno due anni, il reddito di
lavoro dipendente ivi prodotto concorre alla forma-
zione del reddito complessivo limitatamente al 70%
del suo ammontare.
Non sono previsti limiti di età, ma di livello di istru-
zione. Occorre infatti avere almeno una laurea alle
spalle e rivestire “una qualifica per la quale sia richie-
sta alta qualificazione o specializzazione”. È prevista
anche una soglia minima temporale: aver risieduto
all’estero per almeno cinque anni, prima del ritorno
in Italia. La norma, definita “regime speciale per la-
voratori rimpatriati”, si applica per un quinquennio.
Per la piena operatività della nuova normativa oc-
correrà attendere un decreto del ministero dell’Eco-
nomia e delle finanze che fisserà le disposizioni di
attuazione e le cause di decadenza dal beneficio.
Ricordiamo che ha una filosofia analoga, ma con
declinazioni pratiche diverse, la legge 238/10 (defi-
nita legge Controesodo) che si applica ai nati dopo
il 1° gennaio 1969 e abbraccia una platea profes-
sionale ampia, includendo tra i beneficiari i lavora-
tori dipendenti, i lavoratori autonomi e gli impren-
ditori, mentre la nuova norma approvata parla solo
di redditi da lavoro dipendente.
In termini di bonus fiscale, la legge 238/10 risulta
più conveniente (calcola come reddito imponibile
solo il 20% per le donne e il 30% per gli uomini),
tuttavia scadrà il 31 dicembre 2017. Dopo tale data,
senza ulteriori proroghe, resterà in vigore solo la
nuova norma.
Decreto legislativo 14/9/15, n. 147 “Disposizioni
recanti misure per la crescita e l’internazionalizza-
zione delle imprese”:
http://bit.ly/dir2-11-15Legge 30/12/10, n. 238 “Incentivi fiscali per il ri-
entro dei lavoratori in Italia”:
http://bit.ly/dir3-11-15
INCONTRI PER LA SESSIONE DI BILANCIO
Manageritalia ha avviato gli incontri in vista dell’iter del disegno di
legge di stabilità 2016. Abbiamo analizzato la possibilità di preve-
dere ulteriori sostegni per le start-up e le pmi innovative, in particolare
per l’introduzione di voucher che consentano alle pmi di avvalersi della
figura di un innovation manager e per agevolare l’investimento nel
capitale di start-up o di micro/piccole imprese degli incentivi all’esodo
di manager estromessi dal mercato del lavoro.
Disegno di legge di stabilità per il 2016:
http://bit.ly/dir1-11-15
17NOVEMBRE 2015
START-UP E PMI INNOVATIVE
INDAGINE SULLE PMI: PER ESSERE ECCELLENTI DEVONO AVERE MANAGER
Il ministero per lo Sviluppo economico ha diffuso i risultati di un’in-
dagine su un campione rappresentativo di mille piccole e medie
imprese “eccellenti”, con la principale finalità di approfondire la re-
cente performance congiunturale e i principali fattori di competitività,
il grado di conoscenza e di utilizzazione delle recenti misure di politi-
ca industriale adottate dal governo nell’ambito della direttiva comu-
nitaria relativa all’attuazione dello Small business act (Sba), il grado
di informatizzazione, le strategie di investimenti, le strategie di inno-
vazione e di internazionalizzazione. Da notare che tra i criteri di indi-
viduazione delle pmi eccellenti, per le quali non esiste una definizio-
ne univoca, sono state selezionate, da un universo di circa 61mila
imprese (tra i 10 e i 250 addetti) con un fatturato tra 2,5 e 50 milio-
ni di euro, quelle che superavano almeno due tra questi tre requisiti:
avere realizzato nel triennio 2012-2014 spese in r&s, avere un discre-
to livello di managerialità (presenza di almeno tre manager/quadri),
avere realizzato nel 2014 o programmato per il 2015 investimenti
innovativi. Tra le imprese selezionate, più dell’80% ha realizzato in-
vestimenti nel 2014 e ha annunciato l’intenzione di realizzarne entro
la fine del 2015. Il 96,7% ha ammesso di aver sostenuto investimen-
ti innovativi (di prodotto, di processo e di carattere organizzativo) nel
2015, mentre il 95,4% ha dichiarato il proposito di farlo l’anno
prossimo. Inoltre, il 56,3% delle imprese eccellenti ha comunicato di
avere svolto attività all’estero tra il 2012 e il 2014, per di più con
ottimi risultati: la quota di fatturato esportato è pari al 34,8%, con
una punta del 43,5% nella manifattura. Infine, il 38,3% delle impre-
se ha dichiarato di avere indirizzato le esportazioni verso nuovi mer-
cati, dei quali l’82% verso i paesi appartenenti all’area extra Ue.
D’altronde l’apertura verso i mercati esteri è una tendenza diffusa tra
le cosiddette imprese “eccellenti”.
Sintesi dell’indagine: http://bit.ly/dir5-11-15
I l ministero dello Sviluppo economico ha
pubblicato di recente due interessanti rap-
porti sulle micro, piccole e medie imprese.
Il primo, dal titolo “Small business act - Le
iniziative a favore delle micro, piccole e
medie imprese” (Sba), è il sesto rapporto
redatto dal Mise, con la finalità di analizza-
re le azioni intraprese dal governo italiano
per favorire l’attività economica di queste
imprese. Oltre a illustrare tutti i provvedi-
menti legislativi emanati a favore delle due
tipologie d’impresa, le start-up e le pmi in-
novative, il rapporto evidenzia come il lavo-
ro e la produzione si stanno evolvendo e i
Fablab, centri attrezzati per realizzare pro-
totipi e sperimentazioni, siano in crescita
costante: “Oggi, per molte imprese italiane,
il luogo della produzione sta diventando
sempre più un mix tra garage, bottega arti-
giana e laboratorio: dall’incontro tra tecno-
logia digitale e produzione personalizzata,
dal mix tra tecnologie di stampa 3D e crea-
tività tipica della produzione artigianale e
manifatturiera di alta qualità, può passare
la via di un nuovo ‘saper fare’ artigiano e il
rilancio della manifattura italiana attraverso
il connubio tra abilità artigiane, innovazioni
e design”.
Se anche registriamo un ritardo rispetto agli
altri paesi europei sul fronte dell’innovazio-
ne, nel periodo più recente, tuttavia, stanno
emergendo segnali di un certo “risveglio
tecnologico” da parte di molte imprese ita-
liane.
Da quando è stata istituita la nuova sezione
del registro delle imprese, hanno acquisito
lo status di start-up innovative, nella prima
decade di maggio 2015, 3.925 imprese. Gli
incubatori certificati sono 28, 21 dei quali
nel Nord, 6 nel Centro e 1 nel Mezzogiorno.
Le start-up innovative operano prevalente-
mente nel comparto dei servizi (oltre l’80%
delle imprese), in particolare nei settori del-
la consulenza informatica e produzione di
software (circa il 40% del totale start-up),
ricerca scientifica e sviluppo (il 17%), com-
mercio (4,5%). Solo poco meno del 17%
delle start-up opera nei settori dell’industria.
Il 56% delle start-up innovative è localizzato
al Nord, il 22% sia al Centro che nel Mezzo-
giorno.
Il rapporto conclude affermando che in re-
lazione agli incentivi, i primi riscontri sull’ac-
cesso alle misure agevolative sono positivi e
si registra un numero crescente di imprese
che si qualificano come start-up innovative
e accedono a una serie di strumenti volti ad
accrescerne il potenziale innovativo.
Il Rapporto Sba:
http://bit.ly/dir4-11-15
Marketing
Giulio Gargiullo
Le opportunità del digital marketing nel retail: nuovi canali, modalità di pagamento e customer service I
DATI sul comparto del
franchising presentati dal
Salone Franchising Milano
lo scorso 23 ottobre mo-
strano dei segnali incoraggianti.
Nel primo semestre del 2015 il
franchising ha fatto registrare
una crescita del fatturato pari a
+0,6% (rispetto allo stesso pe-
riodo del 2014), in linea con la
ripresa del pil
e dell’eco-
nomia italiana. I nu-
meri che ruotano attorno al
comparto sono di tutto rispetto:
COME AUMENTARE I CLIENTI CON LA LOCAL SEARCH
un giro d’affari complessivo pari
a 23 miliardi di euro; 180.000 im-
piegati nel settore; un fatturato
passato dai 21,5 miliardi del 2008
ai 23 miliardi del 2014, dopo un
lungo periodo di crescita zero
dovuta alla forte crisi economica
che non ha risparmiato nessun
settore dell’economia italiana. I
segnali di ripresa, dunque, si in-
travedono e fanno ben sperare.
I trend del franchisingIl centro studi Rds del
Salone Franchising
Milano ha antici-
pato inoltre alcuni
dati significativi
che ci fanno capire
qualcosa in più sul com-
parto e sulle prospettive che
ruotano attorno ad esso. La cre-
scita è trainata in particolar mo-
do da negozi sempre più specia-
lizzati: dal +3% del food (ri-
18 NOVEMBRE 2015
19NOVEMBRE 2015
Due chiacchiere con Luca Bove Uno dei principali esperti del local search marketing in Italia, offre consulenza a catene di negozi e franchising proprio per sfruttare il canale cosiddetto local search
Cos’è la local search e perché è impor-tante?
«Gli ultimi dati di Google parlano chia-ro: un utente su quattro effettua ricer-che con intento locale, una percentuale che raggiunge addirittura il 50% nel caso di ricerche effettuate su dispositi-vi mobile, quindi tendenzialmente on the go. Per ricerche con intento locale si inten-dono tutte quelle ricerche accompagna-te da un riferimento geografico esplici-to, ad esempio “negozio scarpe a Ro-ma”, oppure “ristorante a Milano” ecc., oppure ricerche di tipo “vicino a me”, che spesso vengono offerte in maniera implicita dagli strumenti che usiamo sugli smartphone. L’utente può cercare su internet non solo un’attività in generale (come ap-punto negozio di scarpe a Roma), ma più in dettaglio anche l’indirizzo speci-fico di una data attività (ad esempio, McDonald’s Stazione di Roma). Sem-pre su internet può consultare gli orari di apertura e di chiusura o il numero di telefono della sede. Inoltre, può perfino recarsi in loco sfruttando le app di na-vigazione».
Cosa significa tutto ciò?«Significa semplicemente che se uno store non è visibile tra i risultati di ri-cerca di Google, o meglio, tra i risulta-ti locali di Google, oppure nell’app Google Maps, sta perdendo una gros- Maps, sta perdendo una gros-sa fetta di mercato: i suoi potenziali clienti potrebbero rivolgersi alla con-correnza, di conseguenza le sue possi-bilità di crescita e di maggiori guada-gni vengono fortemente messi in di-scussione.Se un utente ti cerca e non ti trova si rivolge altrove. Se un utente ti cerca e ti
trova con informazioni errate, in ogni caso non ti raggiunge. È necessario che i franchisor investano nella promozione locale di tutte le varie sedi del proprio brand, in modo che ciascuna di queste sia ben visibile tra i risultati locali (Google Maps, app di navigazione, Local Pack, …), con dati e informazioni corrette e quindi facil-mente raggiungibile.È indispensabile poi che il sito web pos-sieda uno store locator ottimizzato, ov-vero una sezione del sito dedicata a tutte le sedi che costituiscono il franchi-sing o la catena di negozi. Lo store lo-cator di fatto sarà costituito dall’insie-me delle location page (questo è il nome tecnico usato da Google per definire il singolo punto vendita) riferite a ciascu-na sede, nelle quali l’utente potrà repe-rire una serie di informazioni utili: in-dirizzo, mappa integrata, orari di aper-tura, descrizione dell’attività, dello staff ecc. Inoltre, ciascuna sede dovrà avere una scheda Google + Local verificata e otti-mizzata così da favorire la promozione a livello locale, sfruttando il servizio messo a disposizione da Google per i proprietari che gestiscono più di 10 se-di: Google My Business Locations».
Ci sono categorie che più di altre bene-ficiano degli investimenti nel local se-arch marketing?
«Sì, sicuramente i ristoranti e tutte le attività legate al mondo della ristora-zione, come pub, pizzerie ecc., sono molto avvantaggiate dalla promozione locale in quanto più di altre vanno a intercettare un pubblico che cerca so-prattutto da dispositivi mobile e on the go, per cercare locali “nelle vicinanze” rispetto al punto in cui ci si trova. Di-
ciamo che è il target “locale” per eccel-lenza. Purtroppo, però, è ancora un settore in cui questo tipo di investi-menti scarseggia. È proprio per far comprendere gli enormi vantaggi che il local search marketing – ma più in generale il digital marketing – possono dare a questo tipo di attività, che ho deciso di scrivere insieme a Nicoletta Polliotto un libro dal titolo Ingredienti di digital marketing nella ristorazione, edito da Flaccovio Editore.Sicuramente però esistono anche altre categorie che potrebbero trarre enormi vantaggi dai risultati locali, come ad esempio le strutture alberghiere e turi-stiche, i centri estetici, benessere e salu-tistici o tutte le attività legate al mondo dell’abbigliamento e della moda. Penso ad esempio ai grandi marchi con sedi sparse in tutto il mondo. Ottimizzare la propria presenza online è di vitale im-portanza!».
Riusciamo a dare delle stime più o meno reali? Un investimento nel local search marketing quanto può portare concretamente?
«Se si investe in maniera mirata e op-portunamente ottimizzata le percen-tuali di crescita del fatturato possono raggiungere anche il 10%. Ottenere più clienti in sede significa maggiori gua-dagni e un incremento di fatturato. E con investimenti relativamente con-tenuti. Anche perché sono ancora in pochi che li fanno».
Marketing
NOVEMBRE 201520
storanti vegani, per celiaci, a
chilometro zero, birrerie, vendi-
ta di soli prodotti fritti, ristoran-
ti a tema) al +2,5% di abbiglia-
mento e accessori (abbigliamen-
to per bambini, camicerie, calze,
intimo).
La formula del franchising è già
ampiamente collaudata nel Nord
Italia, ma il dato significativo ri-
guarda il Centro e il Sud, dove è
in forte espansione.
Il ruolo delle donne è sempre più
determinante: il 33,15% del totale
dei 51.000 imprenditori in affilia-
zione sono donne, con un au-
mento del 20% dal 2008 al 2014.
I settori merceologici più scelti
dagli affiliati nel 2014 sono: abbi-
gliamento (22%), food (20%), ser-
vizi ai privati, cioè i servizi a do-
micilio o in negozio per la cura
della persona (19%), commercio
specializzato (17%), articoli per
la persona (10%), servizi per le
imprese (6%), prodotti per la casa
(3%).
Click retailIn questo contesto così articolato
qual è il ruolo che può svolgere il
digital marketing? Può servire a
dare ulteriore impulso e vitalità
all’intero comparto?
Una prima risposta ci viene pro-
prio da Antonio Fossati, ceo di
Rds, che organizza il Salone
Franchising Milano insieme a
Fiera Milano. Ecco le sue parole:
«Il mondo del retail sta cambian-
do rapidamente, basti pensare
alle nuove tendenze del click &
collect stores (acquisto su inter-
net e ritiro in negozio), l’omnica-
nalità (cioè il ricorso a tutti i ca-
nali dai dispositivi mobili e il pc
al punto vendita, dai chioschi
multimediali al direct mail) dello
slowpay (nuovo servizio di pa-
gamento in tre mesi senza inte-
ressi), del servizio al cliente svi-
luppato al massimo come fattore
chiave della vendita. Il franchi-
sing è dentro questo trend, per
questo abbiamo sviluppato nel
salone una nuova area, chiamata
“R+++”».
Il ruolo di internet, della multica-
nalità e più in generale del digital
marketing non “risparmia” nem-
meno il comparto del franchi-
sing, tutt’altro. Se opportuna-
mente sfruttato, il digital marke-
ting può rivelarsi uno strumento
indispensabile ai fini della cresci-
ta dell’intero comparto, sia lato
franchisor sia lato franchisee (ov-
vero degli affiliati).
Penso, ad esempio, alle grandis-
sime opportunità che il local se-
arch marketing, parte integrante
del digital marketing, può dare ai
singoli store, a prescindere dalla
categoria merceologica di riferi-
mento.
Abbigliamento Food
Servizi ai privati
Commerciospecializzato
Articoli per la personaServizi per
le imprese
22% 20%
19%
17%
10%6%
3%
Prodotti perla casa
Franchising: i settori merceologici principali
UN SORRISO SANOÈ UN GIOIELLODA INDOSSAREOGNI GIORNO.
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Senza titolo-1 1 23/01/15 12.06
Diritto
NOVEMBRE 201522
È LEGITTIMO registrare
una conversazione ne-
gli ambienti di lavoro
senza avvertire il diret-
to interessato? Di recente, proprio
su questo tema, è intervenuta
un’interessante sentenza della se-
zione lavoro della Corte di cassa-
zione (n. 27424 del 2014). La sen-
tenza ribadisce che il dipendente è
autorizzato a registrare la conver-
sazione con il proprio datore di
lavoro se ciò è necessario per far
valere un proprio diritto in tribu-
nale in un eventuale procedimento
sia civile sia penale, anche conside-
rando che i suoi colleghi, una volta
chiamati a esporsi concretamente,
difficilmente arriveranno a com-
promettersi per difendere la posi-
zione del collega vessato, con il ri-
schio di attirare le antipatie di su-
periori e pari grado e subire even-
tuali ritorsioni.
Il problema della privacyLa registrazione del colloquio tra
persone presenti effettuata da un
soggetto che partecipi alla con-
versazione costituisce una valida
prova nel corso di un processo,
senza che tale condotta comporti
la violazione della privacy dei
UN REGISTRATOREIN UFFICIO
Corinne Ciriello
Quando è possibile registrare di nascosto una conversazione all’interno degli ambienti di lavoro? Le sentenze della Cassazione su alcuni casi recenti
soggetti registrati. Questo perché
la registrazione di un colloquio
avvenuto sul posto di lavoro non
è considerabile un illecito sia dal
punto di vista civile che discipli-
nare. Tale condotta non presup-
23NOVEMBRE 2015
cesso, in nessun caso può essere
considerata illecita, neanche da un
punto di vista disciplinare.
Il supremo giudice del lavoro con-
ferma un orientamento già espres-
so dalle sezioni unite in sede pena-
È vietato registrare di nascosto sul luogo di lavoro le conversazioni private dei
propri colleghi
pone in sostanza una violazione
contrattuale del rapporto fiducia-
rio tra datore e dipendente.
Non c’è neppure una violazione
sotto il profilo penale: l’art. 51 del
codice penale esclude la punibili-
caso esaminato, poi, la registrazio-
ne fatta per fornire prova delle an-
gherie subite sul posto di lavoro
costituisce anche esercizio del di-
ritto del lavoratore alla tutela della
sua salute e del diritto di difesa.
tà di un’attività diretta a tutelare
l’esercizio del proprio diritto di
difesa. Pertanto, dal momento che
la registrazione della conversazio-
ne con queste caratteristiche costi-
tuisce una prova valida per il pro-
le: è legittima la registrazione di
conversazioni purché chi registra
sia presente alla conversazione.
L’“intercettazione” perseguibile
penalmente avviene solo quando
chi registra non è presente. Nel
Largo alle cimici?Ci sono tuttavia delle eccezioni: è
vietato ad esempio registrare di
nascosto sul luogo di lavoro le con-
versazioni private dei propri colle-
ghi, anche nel caso in cui il dipen-
dente si veda costretto a procurarsi
le prove di una condotta mobbiz-
zante ai propri danni. La suprema
Corte di cassazione (sentenza n.
26143 del 21 novembre 2013), nel
pronunciarsi rispetto alla vicenda
di un medico che aveva registrato,
di nascosto, frammenti di conver-
sazione tra colleghi, raccolti negli
spogliatoi o nei locali di lavoro di
comune frequentazione in viola-
zione del loro diritto alla riserva-
tezza, per poi utilizzarli in sede
giudiziaria per supportare la de-
nuncia di mobbing contro il prima-
rio dell’ospedale, ha ritenuto giu-
stificato e legittimo il licenziamen-
to in tronco del dipendente sulla
base del fatto che un comporta-
mento di questo genere è da consi-
derarsi illecito, in quanto lesivo del
Diritto
NOVEMBRE 201524
vati – ma anche dei colleghi che
avevano subito un’intollerabile in-
vasione della propria sfera privata.
La Corte afferma che il “clima di
mancanza di fiducia che si era venuto
a creare nei confronti del ricorrente”
aveva comportato il venir meno di
un elemento “indispensabile per il
miglior livello di assistenza” e, quin-
di, per garantire la “qualità del ser-
vizio” della struttura sanitaria nel-
la quale erano avvenuti i fatti, “con
grave e irreparabile compromissione
anche del rapporto fiduciario che
avrebbe dovuto permeare il rapporto
tra il dipendente e l’azienda ospedalie-
ra datrice di lavoro”.
In altri termini, la Corte sostiene il
principio di diritto secondo cui il
venir meno della fiducia ha rile-
vanza non solo nei rapporti tra
datore di lavoro e dipendente, ma
anche nei rapporti tra i dipenden-
ti, in particolare quando tale ele-
mento permea le mutue relazioni
di un gruppo di lavoratori, la cui
sintonia e reciproca fiducia condi-
zionano la prestazione lavorativa
nel suo insieme.
Quando il contenuto della registrazione è determinante per il giudiceMa vediamo altri casi. In modo di-
verso la suprema Corte si è espres-
sa nella sentenza n. 10430 del 2007
su una lavoratrice a tempo deter-
minato che, in giudizio, aveva pro-
dotto come prova una cassetta re-
gistrata per dimostrare l’esistenza
di un clima di “particolare ostilità”
nei propri confronti (la registrazio-
ne documentava il colloquio tra lei
e il datore di lavoro in occasione
della richiesta delle ferie) tale da
indurla a dimettersi prima della
scadenza del contratto, con conse-
guente danno economico.
La Corte, nel confermare la sentenza
di accoglimento delle istanze della
lavoratrice, ha stabilito che l’acquisi-
zione della prova si era svolta lecita-
mente e che, più in generale, il giu-
dice possa legittimamente formare
il proprio convincimento sulla base
delle registrazioni audio, qualora da
queste emergano elementi utili a
formare un giudizio e/o alla rico-
struzione dei fatti di causa.
Per concludere, la giurisprudenza
prevede che il lavoratore, vittima di
comportamenti vessatori, per di-
mostrare il mobbing o, in generale,
per fare valere i propri diritti, possa
avvalersi di registrazioni audio che
rivestano i requisiti di legge senza
incorrere in alcuna sanzione.
La Corte di cassazione afferma il principio di diritto secondo cui il venir meno della fiducia ha rilevanza non solo nei rapporti tra datore di lavoro e dipendente, ma anche nei rapporti tra i dipendenti
diritto alla riservatezza dei lavora-
tori sul luogo di lavoro. Il medico
licenziato aveva quindi tenuto un
comportamento tale da integrare
un’evidente violazione del diritto
alla riservatezza dei suoi colleghi,
“avendo registrato e diffuso le loro con-
versazioni intrattenute in un ambito
strettamente lavorativo alla presenza
del primario e anche nei loro momenti
privati svoltisi negli spogliatoi o nei
locali di comune frequentazione”, uti-
lizzandole strumentalmente per
una denuncia di mobbing, rivelata-
si, tra l’altro, infondata.
La mancanza di fiduciaQuest’ultima pronuncia rivela un
principio particolarmente innova-
tivo e punta i riflettori sull’instau-
rarsi di un clima di sfiducia nei
confronti del medico che aveva
tenuto la condotta descritta, non
solo da parte del datore di lavoro
– per l’oggettiva gravità dei fatti
addebitatigli e puntualmente pro-
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Tecnologia
Novembre 201526
Marco Lucarelli
La vendita al dettaglio di prossima generazione prende forma grazie al digitale e alla robotica. Il caso Coop presentato all’Expo
C oMe caMbierà il
nostro modo di fare la
spesa al supermerca-
to? Quali sono i trend
tecnologici del settore consumer
retail? La visita al padiglione ex-
po di coop è stata l’occasione per
un tuffo nel futuro digitale, appli-
cato in questo caso al settore food.
accenture, multinazionale della
consulenza strategica e tecnologi-
Come faremo la spesa nel 2020?
cezione è di fare un passo indietro
nel tempo e un salto quantico in
avanti, nel futuro più digitale. il
passo indietro è dato dal recupe-
ro della vecchia concezione di
mercato, dove tutte le merci sono
ca, oltre ad essere partner ufficia-
le di expo 2015, ha realizzato pro-
prio per coop il primo supermer-
cato del futuro.
Durante la visita a questo super-
mercato iper-tecnologico, la per-
27Novembre 2015
Durante la visita a questo supermercato
iper-tecnologico, la percezione è di fare un
passo indietro nel tempo e un salto
quantico in avanti,nel futuro più digitale
dire come tutti i computer siano
sempre connessi a internet e i da-
ti, aggiornati in tempo reale, sia-
no immagazzinati nella nuvola
del cloud.
Siamo così pigri da non aver vo-
glia di prendere il prodotto dallo
scaffale per metterlo nel carrello?
ecco venirci in aiuto la robotica.
Sempre nel supermercato hi-tech
è all’opera un braccio robotizza-
to che, mentre scegliamo como-
visibili a colpo d’oc-
chio e possono essere
soppesate e valutate
per capirne qualità e
provenienza.
rispetto al vecchio
mercato cambia però il modo.
infatti, come se fossimo davanti
a uno schermo di “Minority re-
port”, basterà indicare un pro-
dotto presente sullo scaffale per
vedere comparire sul monitor
informazioni sulla storia del pro-
dotto, ingredienti, valori energe-
tici, impatto ambientale e soprat-
tutto se contiene sostanze alle
quali potremmo essere allergici.
L’interazione gestuale con i pro-
dotti è resa possibile dalla tecno-
logia di Microsoft Kinect, un sen-
sore di movimenti molto sofisti-
cato e utilizzato anche nei video-
giochi.
Se poi passiamo dagli scaffali del
mercato a quelli del reparto frigo,
anche qui potremo, con un sem-
plice gesto della mano, ottenere
tutte le informazioni su valori
nutrizionali e paesi di provenien-
za della merce esposta. inutile
Tecnologia
Novembre 201528
damente i prodotti dal nostro
tablet, riempie per noi il cestino
con il quale ci dirigeremo poi alla
cassa.
Il neuromarketing è diventato realtàLe neuroscienze lavorano da an-
ni allo studio dei movimenti ocu-
lari durante la scelta dei prodotti.
che cosa guardiamo? cosa ci
colpisce di più di un prodotto? il
colore della confezione, la for-
ma? Quali sono le caratteristiche
che ci spingono a effettuare l’ac-
quisto?
Durante la visita al supermercato
coop si ha l’impressione che que-
sti studi siano diventati realtà.
ogni nostra interazione con i
prodotti esposti è tracciata ed è
immediatamente disponibile per
fini statistici. Quanti hanno os-
servato quel dato prodotto? Di
questi, quanti sono passati all’ac-
quisto?
Per chi si occupa di marketing
nella grande distribuzione e di
analisi dei dati, tutto questo rap-
presenta una miniera di infor-
mazioni utili per comprendere
comportamenti e scelte dei con-
sumatori.
Fare acquisti ai tempi della realtà virtualeSe pensavate di avere già visto tut-
to durante questa visita, vi sbaglia-
te. Vi mancano ancora gli acquisti
nel negozio virtuale sviluppato
sempre da accenture in collabora-
zione con la società avanade. Nel
negozio virtuale si “entra” dopo
aver indossato un paio di visori 3D,
una volta prese le misure del nuo-
vo ambiente nel quale ci stiamo
muovendo, sarà sufficiente muo-
vere le mani per scorrere prodotti,
esplorarne caratteristiche e infor-
mazioni oltre, ovviamente, a poter-
li acquistare.
esausti da tanta tecnologia? Vi
meritate un tranquillo rientro a
casa dove, ad aspettarvi in cucina,
troverete un frigorifero pieno, an-
che se vi siete dimenticati di fare
la spesa: connesso a internet, avrà
provveduto a ordinare i vostri
prodotti preferiti oltre a recapitar-
li a casa tramite un drone. Fanta-
scienza? Ne riparliamo tra qual-
che anno, neanche tanto in là.
Nel negozio virtuale si “entra” dopo aver indossato un paio di visori 3D. Una volta prese le misure del nuovo ambiente sarà sufficiente muovere le mani per scorrere prodotti, esplorarne caratteristiche e informazioni oltre, ovviamente, a poterli acquistare
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#Prioritalia
novembre 201530
A pochi giorni dal-
la chiusura e nel pie-
no delle ormai celebri
code che hanno affol-
lato il sito espositivo milanese,
#prioritalia non è mancata. ha vo-
luto mostrare in un tale contesto
globale il suo impegno civile e la
sua innovazione sociale, rilancian-
dosi attraverso nuovi obiettivi.
per farlo ha scelto sabato 17 otto-
bre all’interno di cascina Triulza,
lo spazio dedicato in Expo 2015
alla società civile e proprio per
questo destinato a restare perma-
nente.
L’evento “Manager&Sociale: cre-
scere insieme” è partito dai risulta-
ti dell’indagine sulla responsabili-
tà dei manager verso la società e lo
sviluppo di intelligenza sociale re-
alizzata su un campione di 400 ma-
nager in collaborazione con Mana-
geritalia, Astraricerche e osserva-
torio Socialis, da cui è emerso che
per il 92% di loro il ruolo professio-
nale implica una maggiore respon-
sabilità nei confronti dello svilup-
po della società italiana.
perché? per mettere a disposizio-
ne competenze molto qualificate
(lo pensa il 59%), farsi portavoce
delle necessità altrui presso inter-
locutori privilegiati (38%), mette-
re a disposizione il network pro-
fessionale e relazionale esterno
all’azienda (31%), offrire consu-
lenze gratuite (25%).
La ricercaQuasi tutti i manager sottolineano
anche quanto sia importante che il
numero e le azioni di forme orga-
nizzate della società (terzo settore
e altre) continuino a crescere in ita-
lia, soprattutto perché questo pro-
cesso di crescita contribuisce alla
diffusione di valori ed esempi po-
sitivi (58%), stimola il senso civico
(55%), induce l’impresa a compor-
tamenti socialmente responsabili
(38%), risponde in maniera più
capillare alle necessità del territo-
rio e delle comunità locali (38%),
offre opportunità reali a chi non ne
ha (20%). Ma anche e soprattutto
perché il welfare pubblico è sem-
pre più debole (45%).
RipARtiAmo dA ExpoDalla Cascina Triulza, il padiglione dedicato alla società civile, #Prioritalia rilancia il suo programma per aggregare e valorizzare le forze vitali e produttive del Paese
Eliana Sambrotta
31novembre 2015
Per il 92% dei manager il ruolo professionale
implica una maggiore responsabilità nei
confronti dello sviluppo della società italiana
professionali di chi opera in questo
ambito con la formazione (52%),
migliorare le proposte progettuali
(40%), creare e mettere a disposi-
zione indicatori di affidabilità
(32%), migliorare le capacità di ren-
dicontazione (22%) e acquisire infi-
ne competenze professionali attra-
verso il recruiting (13%).
Manager&Sociale: crescere insiemeL’evento ha visto una folta parteci-
pazione e numerosi interventi di
coerenza con que-
sto, #prioritalia af-
fianca all’attività
strategica e di gui-
da del consiglio
direttivo (formato
da esponenti delle
associazioni di ma-
nager costituenti
cida, Federmana-
ger, Fenda, Fidia e
M a n a g e r i t a l i a )
quella di stimolo di un board di
giovani costituito da otto under35,
alcuni dei quali presenti all’incon-
tro del 17 ottobre, che già si distin-
guono per un ruolo importante a
livello economico e sociale. come
gement italiano, organizzarla, dar-
le identità e riconoscibilità. Voglia-
mo far emergere il lato solidale,
generoso e dinamico del manage-
ment italiano, il suo impatto co-
struttivo sulla società». proprio in
Da sinistra: Stefano Cuzzilla, presidente Federmanager, Marcella Mallen, presidente #Prioritalia, e Guido Carella, presidente Manageritalia.A lato una parte del junior board con la presidente Mallen e a destra un momento della tavola rotonda.
diversi relatori, a partire da quello
della neo presidente Marcella Mal-
len, che ha sintetizzato la missione
di #prioritalia nella «valorizzazio-
ne della voglia di “dare” del mana-
Affinché crescano le forme organiz-
zate della società si suggerisce di
creare momenti di incontro e di
scambio tra profit e non profit
(54%), rafforzare le competenze
#Prioritalia
novembre 201532
Jacopo Mele – a soli 23 anni è digi-
tal life coach in guedado, realtà
leader in strategia di impresa,
brand identity e brand reputation
– che definisce l’innovazione socia-
le come «una rampa di lancio che
rappresenta la storia, da cui parte
un aereo che rappresenta il nostro
viaggio che si va a fertilizzare nelle
varie atmosfere, innovandosi per-
ché incontra nuove nubi, quindi
conosce nuove persone, aziende,
cittadini, insomma, persone, per-
sone, persone che si fertilizzano tra
loro e condividono l’innovazione
senza limiti».
per Francesca Buttara, che invece
in #prioritalia si occupa di co-
municazione&media relation, in-
novare socialmente vuol dire «co-
struire un ponte tra chi ha una
buona idea e chi ha la capacità
economica, progettuale, relazio-
nale di adottare e realizzare
quell’idea dandole poi le gambe
per farla camminare da sola».
Tra gli altri protagonisti della mat-
tinata, condotta dal giornalista
Sky gianluca Semprini, anche ro-
berto panzarani, docente di inno-
vation management all’Universi-
tà Lumsa di roma, che ha sottoli-
neato come «l’innovazione socia-
le, quella che vuole mettere in
campo, sviluppare e moltiplicare
#prioritalia, si ha quando nuove
idee che funzionano, sviluppate,
organizzate e realizzate da perso-
ne (consumatori, cittadini, ma an-
che istituzioni e organizzazioni)
danno soluzioni a bisogni sociali
ancora insoddisfatti». gli esempi
possono essere tanti e vanno
dall’imprenditorialità sociale
all’educazione a distanza, dai mo-
vimenti per il riconoscimento dei
diritti delle donne alle riforme sa-
nitarie e pensionistiche, dai nuovi
modelli di sostenibilità alle prati-
che collaborative sui codici open-
source. riparte così l’attività di
#prioritalia, finora particolarmen-
te centrata sull’iniziativa 1.000
manager per 100 progetti.
è un’associazione nata per valorizzare l’impegno civile della comunità manageriale e coinvol-gere il tessuto vivo e produttivo del Paese nell’aspirazione di un’Italia migliore. Fondata nel 2012 dalle organizzazioni dei dirigenti, dei quadri e delle alte professionalità italiane (Cida, Federmanager, Fenda, Fidia e Manageritalia), ha sviluppato un’attività di supporto a organiz-zazioni non profit e amministrazione pubblica e alcune proposte concrete per il Paese. Oggi si assume la responsabilità diretta di operare nella società civile per promuovere e realizzare una visione di sviluppo attraverso il dialogo e la partnership con alcuni interlocutori strategici che svolgono un ruolo attivo nel sistema sociale, culturale ed economico.
Per ulteriori informazioni su chi è, cosa fa, come si muove #Prioritalia naviga il nuovo sito www.prioritalia.it, dove troverai anche il video dedicato all’evento del 17 ottobre.
Innovare socialmente vuol dire costruire un ponte tra chi ha una buona idea e chi ha la capacità economica, progettuale, relazionale di adottare e realizzare quell’idea dandole le gambe per farla camminare da sola
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Mondo del lavoroMondo del lavoro
NOVEMBRE 201534
positiva, bisogna continuare a “stare sul mercato”, perché il mon-do del business e la professione sono in continua evoluzione. Se è negativa, il manager non deve ab-bassare la guardia ma continuare a migliorarsi con le linee guida indi-cate e che riterrà più opportune.
Come allenarsi?Oggi i manager hanno una respon-sabilità trasversale su target e obiettivi plurimi contemporanea-mente: quelli macro-aziendali, del proprio ruolo/funzione/business unit e del proprio personale svilup-po professionale.Occorre quindi lavorare a 360° su se stessi: conoscenze e tecnicalità, skill manageriali per l’interno dell’organizzazione e skill relazio-nali con l’esterno.L’aiuto di un executive coach oggi può essere decisivo per poter ana-lizzare il proprio equilibrio tra com-petenze richieste dal mercato e possedute; e predisporre azioni di potenziamento delle competenze alla luce dei gap. Senza dimentica-re lo skill coaching sui temi relazio-nali/networking. Se si è particolar-mente predisposti, si può iniziare ad agire autonomamente con alcu-ne linee guida.
Quali aziende target?La scelta delle aziende alle quali rivolgersi dipende dal background e dagli obiettivi. Ma deve essere chiaro che per chi è cresciuto in multinazionali estere si aprono strade in parte diverse da chi non ci è mai stato, così come per chi è
Nell’era della disruption, fare carriera è rimasta solo un’e-spressione, a maggior ra-
gione con il progressivo inserimen-to nei talent pool manageriali di elementi di diversity e di genera-zioni nuove con altre aspettative. In aziende sempre meno piramida-li e verticistiche, il manager più che fare carriera deve valorizzarsi, pen-sando alla propria crescita profes-sionale nell’ottica del self deve-lopment. Questa concezione di carriera si basa quindi più sulle competenze e il networking che non sulle progressioni prestabilite o sulle conoscenze.Crescere professionalmente signi-fica osservarsi con consapevolezza nei propri comportamenti organiz-zativi e nelle proprie azioni mana-geriali, chiedere feedback a capi, colleghi, collaboratori e coach.Quindi, bisogna prestare attenzio-ne alle soft skill, avere un business plan e un posizionamento di se stessi, del brand yourself. In sintesi, fare self career management.
Apprendimento continuoL’apprendimento continuo serve per essere allineati al mercato e attenti al proprio benessere mana-geriale. Bisogna partire dalla defi-nizione dei propri obiettivi, identi-ficazione delle competenze per raggiungerli e valutazione del loro possesso.Se ci viene posta la domanda “se esco da questa azienda sono in grado con il mio background at-tuale di riposizionarmi adeguata-mente sul mercato” e la risposta è
Cosa deve fare oggi un manager per gestire al meglio la sua professionalità?
Fabio Ciarapica
MANAGER OGGI: ISTRUZIONI PER L’USO
Per la versione
integrale
dell’articolo
http://bit.ly/dir6-11-15
35NOVEMBRE 2015
vissuto in aziende imprenditoriali. E anche il new business e la startup sono delle opportunità, ma non per tutti.
Estero? Un mustLe esperienze all’estero sono sem-pre un nice to have dall’Erasmus universitario in poi. A certi livelli manageriali sono invece un must. Denotano apertura mentale, capa-cità di rischio, acquisizione di com-petenze distintive. Ma l’opportuni-tà dell’estero o l’esperienza va va-lutata e sfruttata al meglio.
Diversity esperienziale?Start-up, m&a, eventi “particolari” ma sempre più frequenti: sono fonti decisive di arricchimento, an-cora una volta se contestualizzate in un percorso coerente e lineare, per settore o macro settore. Posso-no certamente rappresentare la svolta (anche se rischiosa) di una carriera. O la definitiva scelta di essere consulente o imprenditore.È ovvio che il background di ognu-no e l’esperienza specifica fanno la differenza.
Cosa cercano oggi le aziende?Teoricamente, virtuosamente, do-vremmo dire: cultura digitale, capa-cità di fare coaching interno all’a-zienda, contributo culturale. Capa-cità di innovare se stessi e il proprio contesto di influenza. E, soprattutto per le aziende italiane, proattività, senso di responsabilità e di apparte-nenza.In pratica oggi le aziende, anche le
più stabili, cercano manager pron-ti ad affrontare il rischio e a saper-lo gestire nei suoi elementi finan-ziari e tecnologici, ovvero innova-zione di prodotti e servizi, non per il puro gusto di cambiare ma per i bisogni di innovazione e risposta agli imprevisti richiesti oggi dal mercato.
Networking tra il dire e il fareIl networking con il solo obiettivo di intercettare opportunità, quindi per ricollocazione, è una pratica che non paga alla lunga, ma sem-pre più nemmeno nel breve. Il rice-vente si accorge di questo obiettivo strumentale e ne diffida, magari inconsapevolmente. Il networking “per imparare e condividere” è più nobile, ma anche concretamente utile. L’abbinata chiave è networ-king e collaboration.
Reputazione“Build your professional brand” è uno slogan sempre più attuale, a maggior ragione con l’espansione esponenziale del social professional networking, sia professionale gene-ralista (LinkedIn ovviamente ma an-che Xing nei paesi di lingua tedesca, Viadeo in quelli francofoni, Dajie in Cina) che – in alcuni settori – già orientatosi a community verticali.La reputazione è importante, nel senso che i manager devono co-struirsi un’effettiva sicurezza in se stessi e nelle proprie risorse che consenta di non dover necessaria-mente rispondere a banali aspetta-tive altrui.
DigitaleIl digitale è un’altra parola chiave dei nostri tempi che qualcuno confonde con una skill tecnologi-ca social (essere uno smanettone smart…). Oggi, da people manager devi saperti orientare tra il nuovo che avanza apprezzando (e sfruttan-do) nuove o più junior (genera- zionali appunto) professionalità emergenti. Da manager alla ricerca di oppor-tunità, invece, devi saperti orienta-re informandoti. Sapendo che il digitale è già (qua-si) una base imprescindibile e data per scontata come gli economics, che sappiamo quanto sia pericolo-so dare per scontato, ma che co-munque non viene più indagata puntualmente. Quindi, anche per il digital in quanto “competen-za”, si può aprire uno scenario paradossale di “scontata dimenti-canza”.
Must beGli assi portanti della managerialità odierna sono, sinteticamente: pre-sidio degli economics, orientati al saving, al crisis management, al cash management; people mana-gement, sempre più diretto, duale/di team, e sempre meno di gruppi larghi/di funzioni; integrità mana-geriale, stimolata dal fatto che sono richieste azioni ad alto rischio di deprimere tale integrità: le aziende hanno bisogno di giocatori e attori molto credibili, la cui forza morale si percepisca anche nei momenti peggiori.
Pensioni
NOVEMBRE 201536
Ancora una volta il governo fa cassa con le pensioni. Per copriresul piano finanziario le nuove misure introdotte dalla legge di stabilità 2016 sul versante pensionistico, viene prorogata di altri due anni la norma sull’indicizzazione delle pensioni
L A MANOVRA FINANZIARIA per il 2016 contiene
alcune importanti novità sui temi dell’occupazione e
della previdenza. Un’innovazione negativa, che Mana-
geritalia insieme a Cida sta fortemente contrastando, è
la norma che prevede la proroga, per il biennio 2017-
2018, di quanto già previsto per il triennio 2014-2016
dalla legge 147/13, emanata dal governo Letta sul blocco della perequa-
zione delle pensioni.
Le altre norme previdenziali contengono misure sull’invecchiamento
attivo e sugli esodati ma, come è noto, è del tutto assente la normativa
sulla flessibilità in uscita, materia che il governo ha rinviato al prossimo
anno, e che invece va faticosamente avanti come iter parlamentare.
Se la misura del part-time per i 63enni dimostra che il governo sta pren-
dendo consapevolezza del problema della permanenza forzata al lavoro
causata dalla riforma pensionistica del 2011, appaiono invece deludenti
le altre disposizioni normative sul fronte previdenziale e del lavoro.
L’intervento sugli esodati, per quanto lodevole, risolve solo parzialmen-
te il problema; inoltre non si riduce la pressione fiscale sulle pensioni,
ma viene solo estesa l’area esente dalla tassazione.
Infine, la misura agevolativa per le nuove assunzioni appare molto ti-
mida rispetto a quella dello scorso anno, che ha invece contribuito, più
del Jobs act, ad aumentare la stabilità dei contratti di lavoro.
Di seguito le novità più rilevanti.
Proroga del blocco dell’indicizzazione delle pensioniNel 2017 sarebbe dovuta essere ripristinata la norma della legge 388/2000
che prevedeva la rivalutazione per fasce (100% sull’importo mensile fino
a 3 volte il minimo Inps, 90% da 3 e 5 volte il minimo, 75% oltre il quin-
tuplo del minimo).
Un meccanismo decisamente più favorevole della cosiddetta “norma
a cura di Manageritalia
ERRARE È UMANO,PERSEVERARE
È DIABOLICO
37NOVEMBRE 2015
sei volte l’indicizzazione è fino al
50% e sopra le sei volte al 45%.
Opzione donnaLa legge 243/04 ha consentito, in
via sperimentale e fino al 31 dicem-
bre 2015, la cosiddetta “opzione
donna”, ovvero il pensionamento
anticipato per chi ha 57 anni di età
(58 se lavoratrice autonoma) e 35
anni di contribuzione, ma con il cal-
colo per il trattamento pensionisti-
co solo con il metodo contributivo.
Successivamente l’Inps aveva dato
un’interpretazione restrittiva della
norma, che aveva escluso numero-
se lavoratrici dalla sua applicazio-
ne perché aveva compreso nella
data di scadenza (31 dicembre
2015) anche la finestra mobile.
Ora, con il disegno di legge di sta-
bilità 2016, viene data la possibilità
di godere dei benefici della predet-
ta norma alle lavoratrici che entro il
31 dicembre 2015 maturano i requi-
siti adeguati agli incrementi della
speranza di vita, ovvero a coloro
che hanno 57 anni e 3 mesi se dipen-
denti, 58 anni e 3 mesi se lavoratrici
autonome, indipendentemente da
Letta” vigente fino a tutto il 2016,
che comporta un aumento non per
fasce ma sull’intero importo, basa-
to su un indice di incremento de-
crescente con il crescere della pen-
sione.
L’utilizzo della norma Letta era
stato prefigurato, inizialmente, co-
me clausola di salvaguardia nel
caso in cui non fossero risultate
sufficienti le risorse messe in cam-
po per le tre misure pensionistiche
introdotte dal disegno di legge di
stabilità (part-time, esodati e “op-
zione donna”).
Nella stesura definitiva del prov-
vedimento, il governo ha invece
deciso di utilizzare tale proroga
come copertura finanziaria di
quelle misure.
Ricordiamo che la norma Letta
prevede la rivalutazione piena de-
gli assegni previdenziali fino a tre
volte il minimo (pari a circa 1.500
euro), mentre per quelli sopra tre
volte e fino a quattro volte l’indi-
cizzazione è del 95%, sopra quat-
tro volte e fino a cinque volte il
minimo la rivalutazione si abbassa
al 75%, sopra cinque volte e fino a
quando decorre la pensione. La
platea si aggira intorno a 36mila
persone e il costo complessivo
dell’estensione dell’opzione supe-
ra i 2 miliardi di euro.
Part-time in uscita dal lavoroIl disegno di legge di stabilità intro-
duce una misura a favore dell’in-
vecchiamento attivo.
I lavoratori del settore privato con
contratto di lavoro a tempo indeter-
minato, che matureranno entro il 31
dicembre 2018 il diritto al tratta-
mento pensionistico di vecchiaia,
potranno ridurre l’orario del rap-
porto di lavoro in misura compresa
tra il 40 e il 60%.
La riduzione dell’orario, concor-
data con contratto individuale, dà
diritto alla contribuzione figurati-
va da parte dello Stato per la parte
http://pensioni.manageritalia.it
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Pensioni
NOVEMBRE 201538
Pensioni
ro e a 8.000 euro per gli over 75.
Siamo lontani dalla richiesta di al-
leggerimento fiscale per i pensiona-
ti avanzata da anni da Managerita-
lia: la misura viene compensata,
come si è detto, dalla proroga del
blocco della perequazione, una for-
ma di solidarietà “intercategoriale”.
Settima salvaguardia per i lavoratori esodatiLe disposizioni vigenti prima del-
la riforma del sistema previden-
ziale del 2011 continueranno ad
applicarsi ad alcune categorie di
soggetti che maturano i requisiti
per il pensionamento dopo il 31
dicembre 2015, complessivamente
circa 26.000 soggetti, più 5.000 del-
le salvaguardie precedenti.
Siamo lontani dalla cifra indicata
dal ministero del Lavoro, ovvero
49.500 potenziali fruitori, ma la mi-
sura comunque viene incontro a
una discreta fascia di lavoratori
che erano stati penalizzati dall’im-
provviso innalzamento dell’età
pensionabile della riforma previ-
denziale del 2011.
Sgravio contributivo per assunzioni a tempo indeterminatoViene rifinanziato lo sgravio con-
tributivo per le nuove assunzioni
con contratto a tempo indetermi-
nato introdotto dalla legge di sta-
bilità dello scorso anno, ma al 40%
fino a un limite massimo di 3.250
euro all’anno, con la durata di 24
mesi per le assunzioni effettuate
nel 2016. L’esonero viene applica-
to ai lavoratori che nei sei mesi
precedenti non siano risultati oc-
cupati a tempo indeterminato
presso qualsiasi datore di lavoro.
L’agevolazione è stata quindi no-
tevolmente ridotta; in tutto l’a-
zienda che assume nel 2016 rispar-
mierà 6.500 euro, mentre se lo fa-
cesse nel 2015 risparmierebbe in
tre anni più di 24.000 euro.
Premi di produttività L’art. 14 del disegno di legge di
stabilità prevede incentivi fiscali
per i premi aziendali legati alla
produttività.
Alle somme erogate a tale titolo
dall’impresa in esecuzione di con-
tratti aziendali o territoriali sarà
applicata un’imposta sostitutiva
del 10%, fino a un massimo di
2.000 euro l’anno (2.500 per le
aziende che “coinvolgono pariteti-
camente i lavoratori nell’organiz-
zazione aziendale”).
Di tale agevolazione potranno be-
neficiare i titolari di reddito da la-
voro dipendente di importo non
superiore a 50.000 euro.
I premi di risultato dovranno esse-
re collegati a incrementi di produt-
tività, redditività, qualità, efficien-
za e innovazione.
Voucher aziendali per il welfareIl disegno di legge di stabilità pre-
vede nuovi interventi in tema di
welfare aziendale riformando la
relativa disciplina di trattamento
mancante, nonché a un’integrazio-
ne mensile da parte dell’azienda
corrispondente alla contribuzione
previdenziale a carico del rappor-
to di lavoro sempre sulla parte
mancante.
Sottolineiamo che la misura non
corrisponde al modello della staf-
fetta generazionale avviata in
questi anni a livello regionale per-
ché non c’è la condizionalità
dell’assunzione di un giovane di-
soccupato.
I lavoratori del settore privato con contratto di lavoro a tempo indeterminato, che matureranno entro il31 dicembre 2018 il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia, potranno ridurre l’orario del rapporto di lavoro in misura compresa tra il 40 e il 60%
D’altra parte, proprio l’obbligo di
assumere un giovane aveva deter-
minato l’insuccesso dell’iniziativa,
perché le imprese affermavano che
non potevano sostenerne il costo.
Incremento della “No tax area” per i pensionatiSolo a partire dal 2017 viene estesa
l’area esentasse per i pensionati,
dagli attuali 7.500 euro a 7.750 eu-
39NOVEMBRE 2015
fiscale (artt. 51 e 100 del Testo Uni-
co sulle imposte dei redditi).
La norma incentiva il ricorso al
welfare contrattuale. Esso stabili-
sce che le somme, i servizi e le
prestazioni erogate dai datori di
lavoro alla generalità dei dipen-
denti o a categorie di dipendenti
“per la fruizione dei servizi di
educazione e istruzione anche in
età pre-scolare, compresi i servizi
integrativi e di mensa ad essi con-
nessi, nonché per la frequenza di
ludoteche e di centri estivi e inver-
nali, per le borse di studio a favore
dei medesimi familiari e per la
fruizione di servizi di assistenza
agli anziani e ai soggetti non auto-
sufficienti, non concorrono alla
determinazione del reddito di la-
voro dipendente”.
La formulazione dell’articolo è
poco chiara. Sembrerebbe che, a
differenza dei premi di produtti-
vità per i quali è prevista un’impo-
sta sostitutiva del 10%, le somme
relative ai voucher non concorro-
no al reddito, anche se vengono
richiesti dal lavoratore in sostitu-
zione del premio di produttività.
Finora invece le agevolazioni del
welfare aziendale venivano appli-
cate solo se il datore di lavoro lo
concedeva su base volontaria.
È necessaria, anche per tali somme,
la stipula di un contratto aziendale
o territoriale e vale sempre l’impor-
to massimo di 50.000 euro.
Il disegno di legge di stabilità prevede nuovi
interventi in tema di welfare aziendale riformando
la relativa disciplina di trattamento fiscale
Intervista
NOVEMBRE 201540
SIEMENS,RIVOLUZIONE SMART
Lavoro agile per tutti i dipendenti: la mul-tinazionale tedesca adotta un modello or-ganizzativo radicale all’insegna dell’e-strema flessibilità e del lavoro per obietti-vi. E la produttività impenna
LE INIZIATIVE del co-
siddetto “lavoro agile”
stanno lentamente
prendendo piede an-
che nelle imprese italiane, seppur
a macchia di leopardo e con un
problema culturale da risolvere
legato al superamento del control-
lo dei dipendenti. Tra le aziende
che hanno deciso di abbracciare in
modo radicale l’applicazione dello
Smart working c’è Siemens, che da
tre anni ha deciso di andare oltre
le singole iniziative per alcuni di-
pendenti e adottare un nuovo mo-
do di impostare il lavoro all’inse-
gna della flessibilità di orari e di
spazi, valutando solo i risultati e
gli obiettivi raggiunti e in sostanza
dando la possibilità a ciascuno di
organizzare la propria attività in
totale autonomia. Ne parliamo con
Marco Scorti, head of talent acqui-
Simona Cuomo
sition, employer branding & di-
versity, Siemens.
Qual è stato il cambiamento
nell’applicazione del concetto di
flessibilità che ha interessato l’a-
zienda a partire dal 2011?
«Si può parlare di una vera e pro-
pria rivoluzione culturale in Sie-
mens, che presuppone l’organiz-
zazione responsabile dei tempi di
lavoro e degli obiettivi. Prima di
questo momento, l’organizzazio-
ne del lavoro era dettata da tempi
legati all’orario della timbratura e
del passaggio ai tornelli: una cul-
tura della presenza con deroghe
individuali da giustificare. In que-
sto quadro, le forme di flessibilità
temporale precedentemente esi-
stenti erano sostanzialmente due:
una forbice oraria di entrata e usci-
ta e il part-time, la cui adozione,
Head of talent acquisition, employer branding & diversity, Siemens
MAR
CO S
CORT
I
41NOVEMBRE 2015
così come accade nella maggio-
ranza delle imprese in Italia, è sta-
ta esclusivamente femminile. Il
Siemens Office (denominato nella
sua fase di avvio “Paradigm
Shift”), partito nel 2011, ha rap-
presentato un radicale cambia-
mento culturale per i dipendenti
di Siemens in Italia perché basato
su un nuovo modo di lavorare».
In cosa consiste il progetto Sie-
mens Office e quante persone
coinvolge?
«Il progetto coniuga le pratiche di
workplace design e flexi time e le su-
pera, introducendo una filosofia
di organizzazione del lavoro
ascrivibile alle pratiche di agile
working. I dipendenti Siemens
coinvolti nel progetto possono in-
fatti prestare la loro attività lavo-
rativa indipendentemente dalla
localizzazione geografica, grazie
all’uso di idonei strumenti, secon-
do i loro tempi e le loro preferenze
nelle modalità di svolgimento del
lavoro, in modo che capacità e abi-
lità siano continuamente stimola-
te e massimizzate. Si riducono
così i vincoli logistici, non è più
necessario timbrare il cartellino e
viene meno il concetto di posta-
zione di lavoro fissa.
Nella fase pilota sono state coin-
volte quattro funzioni centrali (hu-
man resource, corporate commu-
nication, information technology e
real estate) fino a estendersi ad al-
cune divisioni di business. L’ade-
sione al progetto è volontaria per
ogni singolo collaboratore. Oggi
coinvolge circa 1.700 persone».
Quali sono stati i principali cam-
biamenti a livello organizzativo
dell’introduzione del Siemens
Office?
«Il cambiamento più evidente è
senza dubbio relativo alla riorga-
nizzazione degli spazi e al layout
dei nuovi uffici. Non esiste più il
concetto di ufficio personale, chiu-
so, privato e gestibile individual-
mente: gli spazi sono ampi e aper-
ti. Le postazioni sono una di fianco
all’altra, “neutre”, senza alcuna
personalizzazione. Ampio spazio
è stato dato invece alle sale per le
riunioni o comunque per i mo-
menti di incontro e condivisione.
Sono previste anche aree silenzio-
se e più appartate per i dipenden-
ti che devono svolgere attività che
richiedono concentrazione».
La postazione di lavoro fissa dun-
que sparisce?
«Il concetto alla base del progetto
Siemens Office è la gestione “non
territoriale” della postazione. Ogni
giorno il dipendente può cercare la
«Ogni giorno il dipendente può cercare la sistemazione
più consona in base alle sue specifiche
esigenze per quella giornata e alla tipologia di attività da svolgere»
Intervista
NOVEMBRE 201542
sistemazione più consona in base
alle sue specifiche esigenze per
quella giornata e alla tipologia di
attività da svolgere. La postazione
occupata dovrà essere “ripulita”
a scegliere la postazione in base
alla specifica attività. Ciò avviene
in funzione del contenuto del lavo-
ro specifico e sottende un processo
di responsabilizzazione individua-
le, alla base e al tempo stesso parte
integrante del cambiamento cultu-
rale. In merito agli strumenti e alle
tecnologie informatiche che hanno
reso possibile questo cambiamen-
to, l’azienda ha fornito a tutti i di-
pendenti un portatile e un cellula-
re. La connessione internet a casa,
inoltre, viene rimborsata fino a una
determinata cifra mensile».
una relazione fortemente fiducia-
ria che introduce da un lato un’am-
pia capacità di delega e dall’altro
quella di auto-organizzazione e
responsabilità. In questo nuovo
modello organizzativo non trova
più ragion d’essere il controllo le-
gato alla presenza fisica in sede o
da remoto del collaboratore».
E quali sono stati i cambiamenti
riscontrabili a livello individuale,
nel work-life balance dei singoli
dipendenti?
«La sensazione prevalente è che a
seguito dell’introduzione del nuo-
vo modello si lavori più intensa-
mente ed efficacemente. Il lavoro
da casa, organizzato secondo i
tempi e le esigenze individuali,
conduce a una forte capacità di
concentrazione e di organizzazio-
ne: la maggior produttività avver-
tita è legata alla possibilità di di-
stribuire il lavoro in base ai mo-
menti della giornata in cui si è fisi-
camente e mentalmente disponibi-
li, e perché si è potenzialmente
raggiungibili al lavoro a qualsiasi
ora della giornata.
Ovviamente questo aspetto può
produrre nel lungo periodo una
difficoltà nella capacità di separa-
re il lavoro dal resto della propria
vita: il lavoro potrebbe diventare
invasivo e produrre la sensazione
di un total work, senza momenti
reali di stacco e recupero. Anche
da questo punto di vista, diventa
fondamentale l’attitudine indivi-
duale a gestire nelle relazioni or-
«Il lavoro da casa, organizzato secondo i tempi e le esigenze individuali, conduce a una forte capacità di concentrazione e di organizzazione»
da tutti gli effetti personali e dalla
documentazione utilizzata nel cor-
so della giornata. Nella pratica del
lavoro quotidiano questo significa
che al mattino il singolo collabora-
tore, dopo aver deciso di svolgere
il suo lavoro in sede, deve pensare
La relazione tra capo e collabora-
tore cambia in quest’ottica?
«Il fondamento del Siemens Office
è l’organizzazione del lavoro per
obiettivi. Questa modalità cambia
profondamente il rapporto tra ca-
po e collaboratore orientandolo a
43NOVEMBRE 2015
ganizzative “ambientali” spazi
personali nel rispetto di quelli al-
trui. Ad ogni modo il sentimento
che prevale è che l’aumento
dell’intensità e delle ore di lavoro
effettivamente dedicate non sia un
elemento negativo in sé poiché è
più che compensato dalla possibi-
lità di “amministrarle” e conciliar-
le con altri impegni privati».
Oltre agli incrementi di produttività
ed efficienza se ne trae anche un
miglioramento nell’efficacia e nel-
la qualità del lavoro quotidiano?
«Certamente. Si lavora meglio e
quindi il lavoro “pesa” di meno. Il
vero vantaggio di questo modello a
livello individuale è nella possibili-
tà di realizzare effettivamente il
work-life balance con un effettivo
recupero di spazi da dedicare alla
vita sociale: c’è chi riesce a gestire
figli piccoli e a coprire le emergenze
senza dover fare ricorso a una ba-
by-sitter; chi ha potuto seguire un
familiare durante la degenza in
ospedale senza che il suo lavoro ne
subisse la minima conseguenza e
chi finalmente è riuscito a riprende-
re un’attività fisica in modo costan-
te, solo per citare alcuni esempi.
Inoltre, un modello di flessibilità
“diffusa” e disponibile per tutti gli
attori organizzativi evita l’insor-
gere dell’effetto “stigma”, cioè
quel sentimento di devianza ri-
spetto a ciò che è premiato e rico-
nosciuto dalla maggioranza: il
fatto che si utilizzi questa modali-
tà di lavoro con orari flessibili
scardina la percezione di un impe-
gno o di un trattamento differente
nei confronti di coloro che hanno
un face time ridotto rispetto ai col-
leghi a favore, come detto, di una
cultura che premia la qualità della
performance».
Ci sono state delle criticità nell’im-
plementazione del progetto?
«Al momento dell’introduzione
del Siemens Office, l’elemento
principale di potenziale proble-
maticità è stata la paura del cam-
biamento e della novità. In parti-
colare questi dubbi e perplessità
hanno riguardato sia il tema della
perdita delle relazioni sociali e di
identificazione organizzativa sia il
timore che un modello organizza-
tivo di questo tipo, caratterizzato
dall’assenza di regole, potesse ge-
nerare una situazione di eccessiva
anarchia».
Che cosa ha determinato in defi-
nitiva la buona riuscita del pro-
gramma?
«La buona riuscita è dipesa dall’at-
teggiamento dei responsabili:
quando questi hanno sposato il
progetto, lavorando da casa se-
condo le specifiche esigenze, an-
che i collaboratori si sono sentiti
responsabilizzati e quindi liberi di
adattare il programma alle loro
necessità di work-life balance.
Ciò che ha funzionato è l’assenza
di un percorso di implementazio-
ne standardizzato ma con ampi
margini per ciascun manager di
autonomia decisionale e persona-
lizzazione nel rispetto delle attivi-
tà caratteristiche della propria fun-
zione e del gruppo di lavoro. La
leva utilizzata all’avvio del pro-
gramma è stata quella di un pro-
cesso di adozione graduale e a
macchia di leopardo del Siemens
Office: una sorta di sperimentazio-
ne sul campo con una sua gradua-
lità sia in termini di diffusione sia
in termini di mediazione rispetto
alle regole. La sperimentazione
iniziale per passaggi incrementali
(cioè ad esempio indicando soltan-
to alcuni giorni alla settimana co-
me momento per il lavoro in mo-
dalità smart) consente agli stessi
manager di avere un feedback
sull’andamento del progetto e sui
risultati in termini di efficacia ed
efficienza del loro team e di acqui-
sire una fiducia concreta, di appli-
care modifiche e cambiamenti ne-
cessari e di arrivare così a piccoli
passi ad “allentare del tutto le bri-
glie del controllo”».
Il premio per il lavoro agileSiemens ha ottenuto il primo premio Smart working award ex aequo con Intesa San Pa-
olo nel corso dell’evento “Smart working: scopriamo le carte!”, di cui Manageritalia era
partner, organizzato lo scorso 20 ottobre dall’Osservatorio smart working del Politecnico di
Milano - Mip School of management del dipartimento di Ingegneria gestionale. L’Osserva-
torio, giunto alla sua quarta edizione, si propone come il punto di riferimento per lo svilup-
po della cultura dell’innovazione dei modelli di lavoro in ottica smart working e per la defi-
nizione di metodologie caratterizzate da un approccio multidisciplinare.
Anna Zinola
novembre 201544
cons
umi
non solo consumi
LLe patatine al cioccolato, la pasta sen-
za glutine, il gelato alle alghe, i noodles
in busta, la frutta a km zero, l’hambur-
ger vegano. Sugli scaffali del super-
mercato oggi c’è tutto e il contrario di
tutto. Sì, perché il nostro modo di
“trattare” il cibo (il modo in cui lo ac-
quistiamo, prepariamo, presentiamo,
mangiamo) è profondamente cambia-
to. E, in questo processo di trasforma-
zione, non mancano certo le contrad-
dizioni. Accade, così, che lo stesso
consumatore passi dal prodotto tipico
a quello etnico, spenda un piccolo pa-
trimonio per acquistare un taglio di
carne pregiato e si ingegni per recupe-
rare la buccia delle patate e ridurre al
minimo lo spreco alimentare. Insom-
ma, quello dei consumi alimentari è un
mare magnum nel quale non è facile
districarsi. Nelle prossime righe provia-
mo a individuare tre segnali, tre orien-
tamenti – trasversali al mondo del food
– che ci aiutano a delineare alcune
possibili vie di sviluppo.
le tendenze dei consumi alimentari
curiositàIl primo segnale riguarda la curiosità. Il
consumatore contemporaneo è desi-
deroso di trovare e provare qualcosa di
nuovo: nuove cucine, nuovi sapori,
nuovi mix, nuove consistenze. Si spiega
in tal modo il boom di abbinamenti
insoliti, come le patatine al lime e pepe
rosa oppure il gelato all’ortica. Quello
del cioccolato è uno dei comparti più
fantasiosi. Si va – per citarne solo alcu-
ni – dal cremino al sale e olio extraver-
gine di olive alle praline con il rosmari-
no, dalla boule di cioccolato fondente
ripiena di Mojito alla tavoletta al
brownie. Anche i prodotti natalizi, a
partire dal panettone, mostrano acco-
stamenti bizzarri. Se fino a qualche
tempo fa il classico dolce natalizio era
disponibile al massimo in 3-4 versioni,
oggi lo potete trovare in decine di va-
rianti: alla frutta, alle nocciole, all’ama-
retto, farcito con crema al gianduia,
con crema di liquore oppure con panna
e amarena. L’obiettivo è evidente: am-
45novembre 2015
pliare il target e, nel contempo, dilatare
i tempi di acquisto e di consumo. Quan-
do, intorno alla metà di ottobre, le pri-
me referenze natalizie compaiono al
supermercato, il consumatore acquista
il panettone o il pandoro classico, ma-
gari da mangiare a colazione, in alter-
nativa ai soliti biscotti. Poi, spinto dalle
novità, prova una versione farcita, per
poi tornare al prodotto tradizionale,
che viene portato in tavola in occasione
della cena del 24 o del pranzo del 25
dicembre. Insomma, la diversificazione
e l’ampliamento dell’offerta permetto-
no di sostenere l’allargamento della
tempistica e del target e, dunque, di
supportare le vendite.
salutarietàIl secondo segnale tocca il tema della
salutarietà. Consapevoli del fatto che
l’alimentazione condiziona in modo si-
gnificativo lo stato complessivo di salu-
te, i consumatori cercano di privilegiare
gli alimenti che fanno (o dovrebbero
fare) bene. Ecco, allora, i cibi biologici,
quelli a km zero, ma anche gli alimenti
di origine non animale oppure privi di
un certo componente (il glutine, lo zuc-
chero, il lattosio, le uova). Di fatto il
bisogno di mangiare sano è tanto mar-
cato da non risentire in maniera eviden-
te della crisi economica. In altri termini,
i consumatori non badano a spese per
il cibo che considerano salutare. Lo di-
mostra il mercato del biologico, le cui
richieste, nel 2014, sono aumentate per
il terzo anno consecutivo, nonostante i
prezzi siano in media superiori rispetto
a quelli degli analoghi “convenzionali”.
I dati parlano chiaro: nel 2012 aveva
acquistato almeno un prodotto biologi-
co il 53,2% degli italiani, nel 2013 il
54,5% e, nel 2014, il 59% (fonte: No-
misma-Osservatorio Sana). Non solo:
una parte consistente di chi compera
bio lo fa con una certa continuità. Si
parla, cioè, di almeno una volta alla
settimana per il 37% degli acquirenti e
di ogni giorno per il 22%. Discorso ana-
logo per il comparto gluten free, che
vale 250 milioni di euro (fonte: Aic). Ad
acquistare i biscotti o la pasta per celia-
ci sono, ovviamente, i soggetti allergici
o intolleranti. Ma ci sono anche 600.000
famiglie che, ogni anno, comperano un
alimento privo di glutine senza che ci sia
la patologia di mezzo, nella convinzione
che le referenze senza glutine siano più
sane.
socialitàIl terzo segnale investe l’aspetto della
socialità. Da sempre il cibo è, nel nostro
Paese, un elemento di aggregazione. La
novità sta nel fatto che oggi, complice
il web, consente di mettere in relazione
persone che non si conoscono. Il feno-
meno si chiama social eating e si basa
su un meccanismo semplice. L’oste (ov-
vero chi cucina) indica in rete giorno,
ora, luogo e menù.
Coloro che intendono partecipare de-
vono iscriversi e pagare una quota, con
la quale contribuiscono alle spese soste-
nute per la preparazione del pasto. In
linea di massima gli invitati sono scono-
sciuti gli uni agli altri, pur essendo acco-
munati dalla passione per la buona ta-
vola.
Il sistema è, almeno in teoria, win win,
nel senso che tutti ne traggono un van-
taggio. Il cuoco ha la possibilità di met-
tersi alla prova, con un investimento
economico limitato, mentre i convitati
mangiano in compagnia a un prezzo
minore di quello che pagherebbero per
una pizza e una birra.
Certo, non mancano le polemiche lega-
te agli aspetti fiscali (la transazione eco-
nomica non viene in alcun modo regi-
strata) o al rispetto delle normative
igieniche. Intanto, però, le piattaforme
di social eating si moltiplicano e diversi-
ficano l’offerta.
Anche molti food store di nuova gene-
razione – Eataly in primis – svolgono
una funzione di socializzazione. Non ci
si va soltanto per fare la spesa, ma per
trascorrere del tempo in compagnia in
modo piacevole: si beve l’aperitivo, si
pranza, si fa un giro tra gli scaffali, si
sfogliano i libri, si compera la mozzarel-
la fresca oppure la birra artigianale. Il
fenomeno non riguarda solo i grandi
“empori” del cibo ma coinvolge anche
i mercati di nuova generazione, che si
sono progressivamente affermati nelle
nostre città. È il caso del Mercato Me-
tropolitano a Milano, del Mercato di
Mezzo a Bologna, del Mercato Centra-
le di Firenze o, ancora, del Mercato del
Carmine di Genova.
Produttività & Benessere
NOVEMBRE 201546
ANCHE IL GOVERNO CREDE NEL NUOVO LAVORO
N ELLA LEGGE di sta-
bilità 2016, ormai in
via di definizione, è
evidenziato con slan-
cio l’aspetto riguardante il “nuovo
lavoro” che serve per ripartire.
Quello che noi, Manageritalia e i
suoi manager, stiamo promuo-
vendo con l’iniziativa “Cambia
Il Lavoro con Produttività & Be-
nessere”.
Non pensiamo di essere stati noi
a indurre il governo a considera-
re tali sviluppi, anche se conosce
la nostra iniziativa, ma ben ven-
gano tutti quegli alleati e quelle
misure che possono diffondere e
rafforzare un vero cambiamento
e un nuovo senso del lavoro.
Tornando alla legge di stabilità,
l’ipotesi, se confermata, mostra
inequivocabilmente la volontà
del governo di favorire il ricorso
al welfare aziendale – o meglio,
contrattuale – anche nell’ambito
dell’erogazione della parte va-
riabile del salario legata alla pro-
duttività, favorendo fiscalmente
i servizi di welfare rispetto all’e-
quivalente in denaro.
Insomma, un motivo in più per
continuare la nostra azione con
ancora più slancio. E per questo
non possiamo che contare prima
di tutto sulla vostra partecipa-
zione e azione.
DIVENTA FAN e condividi l’iniziativa con colleghi e amici http://bit.ly/dir5-6-151DISCUTI SUL BLOG Segnala e racconta esperienze dirette o indirette di questo nuovo lavorohttp://bit.ly/dir6-6-15
2CONTATTACI [email protected] ALL’AZIONE Valuta i programmi, anche solo come traccia per capire come sia facile cambiare
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4
47NOVEMBRE 2015
L’opinione di Mariano Corso professore ordinario presso la facoltà di Ingegneria dei sistemi del Politecnico di Milano, dove insegna “Organizzazione e risorse umane” ed “Economia e organizzazione aziendale”
Cosa pensa che dovrebbe cambiare
nel mondo del lavoro in Italia oggi per
andare verso maggiore produttività e
benessere di aziende e lavoratori?
«Occorre innanzitutto superare le ri-
gidità dei modelli organizzativi attua-
li, ripensando, grazie anche alla di-
sponibilità di nuove tecnologie, l’or-
ganizzazione del lavoro e gli stili di
management. In questo lo smart wor-
king può avere un ruolo importante:
avviare un percorso di smart working
significa rimettere in discussione i
vincoli legati a luogo e orario di lavo-
ro, lasciando alle persone maggiore
autonomia nel definire le modalità di
lavoro a fronte di una loro maggiore
responsabilizzazione sui risultati. Si
tratta di un cambiamento win-win-
win perché permette di ottenere bene-
fici per le aziende che vedono miglio-
rare la produttività e ridursi i costi
legati a spazi e trasferte, per le persone
che migliorano il loro work-life balan-
ce e riducono tempi e costi di pendo-
larismo, per l’intera società che vede
ridursi inquinamento, traffico e inuti-
le urbanizzazione».
Chi dovrebbe farsi carico maggior-
mente di porre le premesse per que-
sto cambiamento?
«Un attore è senz’altro il legislatore,
che ha il compito di rimuovere i vinco-
li normativi e promuovere il cambia-
mento. Dopo anni di disinteresse, mol-
to positivo è il disegno di legge sul
lavoro agile collegato alla legge di
stabilità promosso dal governo, che
riprende alcuni concetti della proposta
di legge sullo smart working del 2014
promuovendolo come strumento non
solo di conciliazione ma anche come
leva per l’incremento della produttivi-
tà. Il vero motore del cambiamento
tuttavia sono e restano aziende e lavo-
ratori. Fortunatamente sono sempre
più numerose le organizzazioni che si
stanno muovendo in questa direzione:
il 17% delle aziende medio-grandi ha
progetti organici, mentre il 14% sono
in fase esplorativa. È importante che
anche lavoratori e organizzazioni sin-
dacali spingano in questa direzione
incoraggiando anche le organizzazio-
ni più conservative ad avviare speri-
mentazioni».
Cosa pensa dell’iniziativa di Manage-
ritalia?
«L’iniziativa è di grande interesse per-
ché stimola tutti i manager a pensare
ai due concetti di “produttività” e “be-
nessere dei lavoratori” non in contrap-
posizione, ma come tra loro siano non
solo compatibili ma necessariamente
collegati. È un’utile iniziativa che con-
tribuirà alla diffusione tra i manager
della consapevolezza di essere chia-
mati ad agire da protagonisti nello
sviluppo di una nuova cultura del la-
voro, più flessibile, intelligente e re-
sponsabile. L’innovazione e le nuove
tecnologie per i manager non sono una
minaccia e neanche più soltanto
un’opportunità per far acquisire alla
propria azienda un vantaggio compe-
titivo. Innovazioni dell’organizzazio-
ne del lavoro come lo smart working
rappresentano per i manager una vera
e propria responsabilità sociale che va
perseguita sia individualmente sia co-
me famiglia professionale».
Guarda il video sul canale youtube di Manageritalia
https://bit.ly/dir11-6-15
NOVEMBRE 201548
I MANAGER MILLENNIALI manager millennial stanno crescendo di numero e questa nuova generazione cam-bierà il mondo del lavoro. Chip Espinoza ha studiato i millennial negli ambienti di lavoro: autore di saggi come Millennials who manage e Managing the millennials, afferma che la nuova generazione di manager creerà nuovi posti di lavoro che met-teranno in primo piano le persone
I manager baby boomer hanno creato programmi di supporto per tutti i dipendenti. I manager della generazione X hanno reso i luoghi di lavoro più informali, rendendo comune il termine
“business casual”. Che cosa porterà la prossima generazione di manager nel mon-do del lavoro?
Un nuovo modo per misurare la produttivitàI millennial manager eviteranno i report annuali formali sulle performance, rimpiaz-zandoli con feedback più frequenti e informali in grado di favorire una comunica-zione migliore tra manager e dipendenti.
Work-life blend anziché work-life balanceI manager millennial sono favorevoli a una fusione tra lavoro e vita privata. «Non si preoccupano se il lavoro sconfina nella vita personale, ma vogliono allo stesso tempo che quest’ultima abbia spazio sul lavoro», spiega Espinoza, secondo cui i millennial non spegneranno l’interruttore della loro vita privata per otto ore.
Le relazioni hanno nuove prioritàL’intelligenza emotiva è la nuova parola d’ordine dei manager millennial. I concet-ti di consapevolezza di sé, autoregolazione e creazione di relazioni saranno la
chiave negli ambienti di lavoro guidati dai manager millennial.La fusione di lavoro e vita privata per i manager millennial orientati a queste rela-zioni significa inoltre che i rapporti che hanno al lavoro non saranno solo conside-rati rapporti di lavoro ma saranno coltivati anche nel privato.
Stimolare i dipendentiI millennial hanno come impostazione mentale la valorizzazione di dipendenti e collaboratori e sono propensi ad agevolare i loro percorsi di carriera. I millennial sono buoni ascoltatori e come manager cercano nuove idee e stimoli dai loro collaboratori. «I millennial sono problem solver, vogliono migliorare le attività senza difendere i processi, tenendo le cose come sono sempre state negli ultimi dieci anni», aggiunge Espinoza. I millennial sono disponibili a sperimentare nuove strade, sfidando i processi e pensando in modo diverso il lavoro.
Lisa Evans (Freelance di Toronto che tratta argomenti legati alla salute mentale e fisica)
IL FUTURO DEL LAVORO secondo Chip Espinoza
Articolo originale: http://bit.ly/dir7-11-15
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novembre 201550
N ell’ultimo decen-
nio la pressione fiscale
è cresciuta in italia a
un ritmo particolar-
mente sostenuto, tanto da assorbi-
re nel 2014 una quota del reddito
nazionale di poco inferiore al 44%,
contro il 39,6% rilevato in media
negli altri paesi europei. A tale ac-
celerazione – che ha penalizzato
soprattutto i percettori di redditi
SPREMUTI COME LIMONI
Nicola Quirino
La pressione fiscale continua a crescere e i più colpiti sono i redditi medio-alti
cienza della macchina
amministrativa, i tagli di
spesa sono risultati
più virtuali che re-
ali e la tanto
decantata spending
review ha fi-
nito solo
con l’alimen-
tare uno sterile dibattito ide-
ologico tra sostenitori e
oppositori dell’intervento
pubblico. Dibattito che, nei mo-
menti di più acceso contrasto, ha
riportato indietro le lancette
dell’orologio di un paio di secoli,
facendo dimenticare a molti che la
sfida posta dalla globalizzazione
delle economie non può essere af-
frontata con le politiche del passa-
to e che il modello del “tassa e
spendi” alla lunga produce di-
storsioni e inefficienze tali da sof-
focare le potenzialità di sviluppo
di un paese. Senza dimenticare
che tale modello determina forti
sperequazioni nella ripartizione
del carico tributario laddove – co-
me in italia – il fenomeno dell’e-
vasione assume dimensioni ma-
Dirigenti Altri Totale contribuenti contribuenti
Numero (migliaia) 280 40.710 40.990
Irpef + addizionali (milioni di e) 14.373 153.417 167.790
Irpef erariale (milioni di e) 13.459 138.779 152.238
Addizionale regionale (milioni di e) 655 10.524 11.179
Addizionale comunale (milioni di e) 259 4.114 4.373
Aliquota media Irpef + addizionali 39,3 20,7 21,6
Fonte: elaborazione su dati ministero dell’Economia e Inps
Irpef e addIzIonalI secondo le dIchIarazIonI presentate nel 2014
medio-alti (dichiarati al fisco) –
hanno contribuito innanzitutto le
incisive manovre di consolida-
mento della finanza pubblica. Per-
ché queste manovre sono state per
lo più realizzate con misure proci-
cliche dal lato delle entrate, ovve-
ro sottraendo risorse a un’econo-
mia già in fase di indebolimento.
Nonostante l’impegno a ridurre
gli sprechi e a migliorare l’effi-
51novembre 2015
Manager tartassatiCome dimostra la documentazione
statistica disponibile, l’inasprimen-
to del prelievo sul reddito persona-
le ha colpito in misura particolar-
mente pronunciata i manager e gli
altri contribuenti appartenenti alle
fasce di reddito medio-alte. A soste-
gno di ciò, basti focalizzare l’atten-
zione sui dati contenuti nelle tabel-
le, dalla lettura dei quali si rileva
sinteticamente che: i dirigenti (pub-
blici e privati) ammontano a 280mi-
la unità, pari allo 0,6% del totale
contribuenti; con 14,4 miliardi di
euro, concorrono per il 9% circa al
gettito dell’irpef e delle addizionali
regionali e comunali; questi tributi
incidono complessivamente per
quasi il 40% sul reddito imponibile
croscopiche e l’ampiezza
del nucleo familiare non
costituisce di fatto un indi-
catore di capacità contri-
butiva.
dei dirigenti, contro un’aliquota di
poco superiore al 20% applicata agli
altri contribuenti; nell’ultimo de-
cennio sono lievitate sensibilmente
le addizionali, specie nei maggiori
centri urbani. Su un reddito impo-
nibile di 100mila euro, il peso delle
addizionali (regionali e comunali)
ha segnato un +262,7% a Roma, un
+130% a Palermo, un +110,9% a Ge-
nova, un +109,8% a Bologna, un
+109,4% a torino, un +102,1% a
Napoli, +79,8% a milano ecc.
leggendo questi dati, sorgono
spontanee due domande. la prima:
ma il federalismo non doveva arre-
care vantaggi ai contribuenti? la
seconda: ma il sistema non contem-
pla già un forte contributo di soli-
darietà?
RedditoComuni Anno 2015 20.000 40.000 60.000 80.000 100.000
Roma importo 526 1.452 2.298 3.144 3.990 var. % su 2005 139,1 230,0 248,2 257,3 262,7
Milano importo 264 916 1.421 1.927 2.435 var. % su 2005 7,8 78,2 79,0 79,4 79,8
Napoli importo 566 1.132 1.698 2.264 2.830 var. % su 2005 102,1 102,1 102,1 102,1 102,1
Torino importo 510 1.170 1.908 2.733 3.559 var. % su 2005 50,0 72,1 87,1 101,0 109,4
Palermo importo 506 1.012 1.518 2.024 2.530 var. % su 2005 130,0 130,0 130,0 130,0 130,0
Genova importo 435 1.017 1.640 2.264 2.890 var. % su 2005 58,8 88,3 99,5 106,6 110,9
Bologna importo 436 974 1.530 2.121 2.727 var. % su 2005 67,7 87,3 96,2 103,9 109,8
Firenze importo 285 681 1.059 1.443 1.829 var. % su 2005 1,8 21,6 26,1 28,8 30,6
Bari importo 431 911 1.413 1.918 2.424 var. % su 2005 53,9 62,7 68,2 71,3 73,1
* Dati assoluti in euro e variazioni % rispetto al 2005Fonte: elaborazione su dati ministero dell’Economia
addIzIonalI regIonalI e comunalI neI maggIorI centrI urbanI, anno 2015*
Tributi variabili
Se è ve-
ro che
nell’ulti-
mo decennio
la pressione fiscale è lievitata
sensibilmente, è anche vero però
che le singole categorie di tribu-
ti hanno mostrato una certa va-
riabilità di andamento. Nel pe-
riodo compreso tra il 2004 e il
2014, infatti, il gettito delle im-
poste dirette ha segnato un
+28,3%, quello delle imposte
indirette un +24,4% e quello dei
contributi sociali un +22,5%. il
più pronunciato ritmo di cresci-
ta delle imposte dirette è essen-
zialmente riconducibile alle
maggiori entrate derivanti
dall’irpef (+25,8%) e dalle relati-
ve addizionali regionali e comu-
nali (rispettivamente +60,5% e
+172,4%).
iniziative manageritalia
novembre 201552
36ma Coppa di Sci manageritalia e settimana bianca all’Hotel Palace di Bormio (So), splendida cittadina nel cuore dell’alta valtellina
Per maggiori informazioni e scheda di prenotazione
www.manageritalia.it >>eventi e iniziative >> sport e tempo libero >> coppa di sci
oppure 0229516028
SCi e relaX a BOrmiODal 14 al 21 feBBraiO
Giovedì 18 febbraio Manageritalia offre ai suoi ospiti una cena valtellinese nel suggestivo rifugio Sunny Valley situato a 2.700 metri d’altezza nel cuore del Parco Nazionale dello Stelvio. Possibilità per chi lo desidera di rientro in fiaccolata con gli sci.
le PreNotazioNi SoNo aPerte fiNo al 15 GeNNaio
SCi e relaX a BOrmiO Dal 14 al 21 feBBraiO
assidir_scinoproblem.pdf 1 07/04/15 11:03
grad
odi buon grado
Piero Valdiserra
novembre 201554
L’L’uva Barbera e il vino omonimo che se
ne ricava hanno origini molto antiche,
anche se le prime testimonianze stori-
che certe non vanno più in là del XVII
secolo. La prima menzione ufficiale risa-
le al 1798, quando compare nella stesu-
ra dell’ampelografia dei vitigni coltivati
in Piemonte, opera del conte Nuvolone,
all’epoca vicedirettore della Società
agraria di Torino. Comincia da quel mo-
mento un rapporto molto stretto e ben
documentato con il territorio di questa
regione, dove si pensa che l’uva sia nata.
In breve, Barbera diventa sinonimo di
vino piemontese per eccellenza. Un vino
non privo di ascendenti letterari illustri,
da Carducci a Pascoli, ma che nel tempo
consolida la sua fama come prodotto da
osteria per antonomasia: Paolo Monelli,
grande antesignano dell’enogastrono-
mia contemporanea, lo definisce “il
fante dei vini piemontesi”, e l’indimen-
ticabile Giorgio Gaber ne fa oggetto di
una delle sue ballate più celebri, “Bar-
bera e Champagne”.
A metà degli anni Ottanta del secolo
scorso, lo scandalo del metanolo oscura
per un po’ il settore enologico nel suo
complesso e questa varietà in particola-
re. Da allora, un rinnovato impegno di
aziende e consorzi permette tuttavia
nel breve volgere di pochi anni di dise-
gnare una nuova immagine, moderna
e dinamica, alla Barbera. Tra i pionieri
del nuovo corso va segnalato soprattut-
to Giacomo Bologna, che con l’introdu-
zione dell’affinamento in legno rivolu-
ziona per sempre il modo di produrre
questo vino, mettendolo in grado di
competere con altri nobili rossi italiani e
stranieri.
Oggi la Barbera – e usiamo la declina-
zione al femminile, preferita nella sua
terra di elezione – è diffusa in Piemonte,
in Lombardia, in Emilia e in diverse altre
regioni del Centro e del Sud Italia. Con
il Sangiovese e il Montepulciano, è fra
le varietà rosse più presenti nel nostro
Paese. Impiegata esclusivamente per la
vinificazione, la Barbera mostra ottime
proprietà sia quando viene lavorata in
purezza, sia quando è abbinata ad altre
varietà. Se trattata da sola, dà un risul-
tato squillante e strepitoso, quintessen-
za della tradizione di campagna: pre-
senta colore rosso rubino, è ricca di
profumi, con richiami di frutta rossa,
sottobosco e spezie, mentre in bocca
lascia emergere un gusto asciutto, au-
stero, sostenuto da un’ottima acidità.
Quando è unita ad altre varietà, appor-
ta alle tipologie associate alcool, acidità
e spesso anche colore.
Un tempo vino da portarsi dietro an-
dando al lavoro, e da consumarsi la
sera nelle mescite di paese e di città, la
Barbera si è oggi adattata con successo
allo stile di vita dei suoi nuovi estimato-
ri. Rivisitata, riposizionata, valorizzata
anche in versioni meno austere, non
intende comunque rinunciare alla sua
tradizione e tradire il suo glorioso, po-
polaresco passato. Servita in tavola a
temperatura di cantina, è l’accompa-
gnamento ideale per le grandi liturgie
gastronomiche della sua terra, come il
gran bollito e la bagna cauda; tiene poi
superbamente testa agli arrosti, ai fritti
misti, alla selvaggina, ai formaggi pic-
canti, alle salse forti e ai sapori pepati
in genere. Volendo, nelle sue versioni
più evolute può accostarsi anche alla
piccola pasticceria finale, come amaret-
ti, baci di dama, cuneensi, albesine.
Un’ultima curiosità: in Piemonte esisto-
no ancora alcuni filari di una ormai rara
Barbera Bianca, usata soprattutto come
uva da assemblaggio.
la barbEra
Claudia Corti
ARTEar
te
55novembre 2015
S
cuRiosiTà
«Sono costretto a continue trasforma-
zioni, perché tutto cresce e rinverdisce.
A forza di trasformazioni, io seguo la
natura senza poterla afferrare, e poi
questo fiume che scende, risale, un
giorno verde, poi giallo, oggi pomerig-
gio asciutto e domani sarà un torren-
te». Questo scriveva Claude Monet in
merito al rapporto tra l’arte e la natura,
da sempre al centro del suo universo
pittorico.
Formatosi sull’esempio della pittura
realista di Gustave Courbet, durante la
sua lunghissima carriera, 60 anni di
arte, a cavallo tra ’800 e ’900, Monet
andò ben oltre il suo ispiratore, affer-
mandosi prima come pittore impres-
sionista, per poi arrivare a gettare le
basi delle avanguardie novecentesche
per l’uso della luce e del colore.
Amante del paesaggio, trovò gli ideali
compagni di viaggio negli Impressioni-
sti, i quali, stanchi di una pittura la cui
tecnica non veniva rinnovata da secoli,
ne scardinarono i principi abolendone
di fatto tutti i capisaldi: la nuova pittu-
ra sarebbe nata en plein air e non più
nel chiuso degli atelier, senza un dise-
gno di preparazione, ma agendo diret-
tamente con il colore steso per acco-
stamenti cromatici e, per finire, privile-
giando il criterio della sensazione che
si ricava di fronte a una veduta senza
curarsi della perfezione dei dettagli.
Nell’ottica di una pittura così concepita
la luce diveniva elemento centrale, un
principio attivo in grado di modellare le
figure; ed è proprio studiando la luce
che Monet diede inizio a celeberrime
serie tra cui i Covoni, o le 31 vedute
della Cattedrale di Rouen, poiché lo
stesso oggetto nella luce del mezzo-
giorno non potrà essere uguale a se
stesso immerso nella luce di un tramon-
to, con la pioggia o il sole, e così via.
Senza perdere mai di vista il paesaggio,
Monet si dedicò anche allo studio del-
la figura; è così che realizzò nel 1886
la “Donna con il parasole girata verso
destra” (ne esiste una versione con-
temporanea con la stessa figura girata
verso sinistra). La modella è Suzanne
Hoschedé, figlia di Alice, la seconda
moglie di Monet. A figura intera in
mezzo a un prato con il parasole in
mano in una giornata di vento, Suzan-
ne appare come parte integrante del
paesaggio circostante: un insieme di
tonalità chiare e splendenti in un prato
dai colori giallo, verde, rosa, viola, di-
stribuiti per piccoli tocchi assorbiti se-
paratamente dalla retina umana ma
restituiti tutti insieme nel complesso di
un’emozione. Suzanne fu costretta a
posare per lunghe ore, fino allo sfini-
mento, perché il pittore potesse coglie-
re tutte le sfumature della luce riflessa
e le restituisse in un’opera che ormai
era già pienamente proiettata verso il
futuro del nuovo secolo.
Dove
Monet.
Dalle collezioni del Musée d’Orsay.
Torino, Gam, fino al 31 gennaio.
Monet, luce e colore
Essai de figure en plein-air: Femme à l’ombrelle tournée vers la droite, 1866, olio su tela, Parigi Musée d’Orsay.
Il termine Impressionismo fu coniato da un inconsapevole giornalista in
senso dispregiativo proprio di fronte a un’opera di Monet dal titolo “Impres-
sione. Sole nascente”... Ignorava che sarebbe diventato il movimento più
amato al mondo!
...pe
rman
ager
Libri
Davide Muralib
ri
novembre 201556
Nel 1965 un giova-
ne fotografo di ta-
lento, Carlo Orsi,
ritrae Milano. Luci e ombre, miserie e
nobiltà, confronti e contraddizioni:
frammenti di città. Mezzo secolo dopo,
Orsi torna a ritrarre la sua Milano. Con
la stessa sensibilità di allora e l’esperien-
za di una vita. Nuovi frammenti di un
tessuto urbano che ha subito profonde
trasformazioni, dagli anni Settanta alla
Milano da Bere, fino alla città di Expo
con i nuovi quartieri. Testi di Aldo Nove.
Milano 2015, Carlo Orsi, Skira, pagg. 112,
80.
Dopo il successo di
Imprimatur, pubbli-
cato in 60 paesi, Rita
Monaldi e Francesco Sorti confezionano
un secondo avvincente romanzo, am-
bientato a Roma durante l’estate del
1700. Dietro ai festeggiamenti organizza-
ti dal cardinal Spada, segretario di Stato
pontificio, in occasione delle nozze di suo
nipote, si tessono le trame di un intrigo
che coinvolge figure eminenti e paesi in
crisi. Nel romanzo anche uno scoop “sto-
rico” che sbugiarda un testamento falso
legato all’ascesa al trono dei Borboni.
Secreteum, Rita Monaldi e Francesco Sor-
ti, Baldini & Castoldi, pagg. 840, 20.
Corrado Augias ri-
torna sui temi a lui
cari e ripercorre gli
ultimi momenti di vita di Cristo. Come
un teatro, sul palco salgono tutti i perso-
naggi noti, da Ponzio Pilato al fariseo
Nicodemo, da Giuda a Erode Antipa.
Augias ribalta una serie di giudizi analiz-
zando documenti e fonti diverse, spin-
gendo il lettore a porsi molte domande.
La narrazione procede scorrevole e la
vicenda umana drammatica coinvolge
fin dalle prime pagine.
Le ultime diciotto ore di Gesù, Corra-
do Augias, Einaudi, pagg. 252, 20.
intrigo a villa Spada
Milano, 50 anni dopo
Dal processo alla croce
Lo sguardo di un genioSe il termine “genio”, spesso abu-
sato, può sintetizzare le doti ecce-
zionali che distinguono un essere
umano, allora inequivocabilmente
Leonardo da Vinci fu un genio, in
grado di stupire ancora oggi. La casa
editrice Skira, in occasione della mo-
stra dedicata durante i mesi dell’Expo
(proprio a Milano Leonardo visse per
oltre un ventennio e il suo Uomo vitru-
viano è diventato il simbolo dell’esposi-
zione universale), ha dato alle stampe un
poderoso volume suddiviso in dodici sezio-
ni, ciascuna contraddistinta da contributi di approfon-
dimento firmati da esperti quali Juliana Barona, Rober-
to Paolo Ciardi o Rodolfo Maffeis. Il libro si prefigge di
raccontare l’approccio di Leonardo all’arte – pittura,
scultura, musica – e alle scienze ed è curato da due
specialisti internazionali affian-
cati da un comitato scientifico
prestigioso. Analizzati e com-
mentati dipinti, disegni e ma-
noscritti provenienti da colle-
zioni private e da musei e
biblioteche di tutto il mon-
do, come il Louvre, la Natio-
nal Gallery of Art di Wa-
shington, i Musei Vaticani,
la Royal Collection di Wind-
sor e la Pinacoteca Am-
brosiana. Tra i capolavori
presentati, la Madonna Dreyfus, la Belle Ferron-
nière, l’Annunciazione e il San Giovanni Battista, trenta
fogli del Codice Atlantico e altrettanti disegni dalle
collezioni reali inglesi.
Leonardo, Maria Teresa Fiorio, Pietro C. Marani (a cura
di), Skira, pagg. 616, 69.
...pe
rman
ager
letture per manager
Marco Lucarellileggi e commenta le recensioni
di marco lucarelli sul blog
#letturexmanager.it
57novembre 2015
anche di valori. I legami ormai “liquefatti” tendono a
dissiparsi, a disgregarsi. Da qui nasce il bisogno di una
“guida”, di entrare a fare parte della gente che conta,
dove il distinguo non è più dato dai valori ma dalla
reciproca convergenza di interessi.
Interesse reciproco che nelle
grandi organizzazio-
ni, soprattutto di tipo
pubblico, prende le
forme dello scambio,
capi-cordata si circonda-
no di fidati collaboratori
scelti non sulla base della
capacità ma della fedeltà,
formando così dei “gruppi
informali in cui tutti gli adep-
ti si muovono di concerto, oc-
cupando quante più posizioni
di potere possibile, in un mecca-
nismo di favori incrociati, per
consentire carriere più veloci e una
vita aziendale migliore a tutti gli
appartenenti allo stesso gruppo”.
Le ricadute negative, sia in termini eco-
nomici generali sia di carriere bloccate
per gli individui, sono evidenti soprattut-
to in Italia, dove i tassi di mobilità di car-
riera sono molto contenuti. L’ultimo rapporto, sempre
citato nel libro, dell’Indagine longitudinale sulle fami-
glie italiane (Ilfi) evidenzia come il 70% degli intervista-
ti sia rimasto dopo dieci anni sempre fermo al livello
occupazionale della prima assunzione.
Un destino già scritto dove la forza oscura dello stri-
sciare trionferà sempre sul bene? Gli antidoti esistono
e si chiamano apprendimento continuo per aumen-
tare sempre la propria spendibilità sul mercato del
lavoro e ampio networking personale per avere sup-
porto durante tutte le fasi dello sviluppo professiona-
le. Quindi, crederci sempre, arrendersi mai.
Riponetelo sullo scaffale. Se avete preso questo libro
per regalarlo a qualche vostro odioso collega per
fargli capire cosa pensate veramente di lui allora
questo è il libro sbagliato. Sbagliato
perché L’arte di strisciare di Paolo
Iacci (GueriniNext Edizioni, 2015) ha
un titolo fuorviante. Sembrerebbe il
solito libello velenoso contro colle-
ghi striscianti, ossequiosi con i ca-
pi, i cosiddetti lecchini. In realtà è
un libro che si avvicina più al
pamphlet letterario. Ne conse-
gue che, l’odiato e ottuso col-
lega sopra citato, non lo capi-
rebbe.
Prima di tutto è necessario
fare una distinzione tra
consorterie e networ-
king. Quest’ultimo si
basa su contatti tra
professionisti che in-
teragiscono in modo
solidale ma che han-
no sempre come
discrimine il merito come va-
lore e la reciproca stima lavorativa.
Diverso invece il discorso per la consorteria, un virus
che attanaglia le grandi burocrazie con “cordate
aziendali di tipo connivente e, quindi, in ultima istan-
za, mafioso”, dove “i valori vengono negati a favore
dell’intrallazzo e della colpevole complicità interper-
sonale”.
Da dove nascono questi comportamenti? Quali sono
i fattori storici, culturali e sociologici che hanno por-
tato alla diffusione dell’arte dello strisciare? L’autore
di questo libro li individua nel male dei nostri tempi,
ossia la totale perdita di ogni riferimento politico, ci-
vile, sociale, etico condiviso. Perdita, questa, che con-
fina l’individuo in una crisi non solo economica ma
Diffusione dell’arte dello strisciare
lette
reDaniela Fiorino ([email protected])
novembre 201558
lettere
Sto valutando una proposta di as-sunzione e, per quanto riguarda la determinazione del costo azienda-le, vorrei sapere se il bonus per favorire le nuove assunzioni intro-dotto da quest’anno si applica an-che ai dirigenti. In caso affermati-vo, vorrei sapere quali sono le condizioni per poterne usufruire e se è compatibile con eventuali altre agevolazioni, anche contrattuali.
A.L. - Cremona
L’esonero dal versamento dei contributi pre-
videnziali a carico dei datori di lavoro (con
esclusione dei premi e contributi dovuti all’I-
nail) introdotto dalla legge di Stabilità per il
2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190), si
applica alle assunzioni con contratto a tem-
po indeterminato riguardanti tutti i lavorato-
ri dipendenti, compresi i dirigenti, mentre
sono espressamente esclusi i contratti di
apprendistato e di lavoro domestico.
Le aziende non possono beneficiare dello
sconto contributivo se l’assunzione riguar-
da lavoratori che nei sei mesi precedenti
siano risultati occupati a tempo indetermi-
nato presso qualsiasi datore di lavoro.
L’esonero, inoltre, non spetta per le assun-
zioni relative a coloro con i quali i datori di
lavoro avevano in essere un contratto a tem-
po indeterminato nei tre mesi antecedenti il
1° gennaio 2015, anche considerando socie-
tà controllate o collegate ai sensi dell’art.
2359 del codice civile o facenti capo, anche
per interposta persona, allo stesso soggetto.
Il bonus non spetta, infine, con riferimento
ai lavoratori per i quali sia già stato usufru-
ito in relazione a una precedente assunzio-
ne a tempo indeterminato.
Il legislatore ha ritenuto anche utile preci-
sare che tale minore versamento non avrà
alcuna ripercussione negativa sul computo
delle prestazioni pensionistiche.
Per le nuove assunzioni decorrenti dal 1°
gennaio 2015 e con riferimento a contratti
stipulati non oltre il 31 dicembre 2015, lo
sgravio contributivo è riconosciuto nel limi-
te di 8.060 euro annui e per un periodo
massimo di 36 mesi.
Il governo sembra intenzionato a confer-
mare lo sgravio contributivo anche per le
assunzioni che interverranno nel corso del
2016 ma, probabilmente, non nella stessa
misura e per la medesima durata triennale
(vedi articolo a pagina 36).
L’esonero contributivo non è cumulabile
con altri esoneri o riduzioni delle aliquote
di finanziamento previsti dalla normativa
pubblica, mentre è compatibile con le age-
volazioni contributive previste dall’art. 28
del ccnl dirigenti aziende del terziario, con
riferimento alla previdenza complementare
(Fondo Mario Negri) e alla previdenza inte-
grativa individuale (Associazione Antonio
Pastore), se sussistono i requisiti anagrafici
qui indicati.
Si ricorda infine che, sempre al fine di favo-
rire il ricorso al contratto di lavoro dipen-
dente a tempo indeterminato, dal 1° gen-
naio di quest’anno il costo del lavoro rela-
tivo a questa tipologia di contratto è dedu-
cibile ai fini Irap.
Dirigenti e bonus per le assunzioni
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p. 4/5p. 2/3
Dirigente mensile di informazionee cultura manageriale editore Manageritalia Servizi
design: CoMoDo
Ti hanno detto che tutto sta per cambiare e che nulla sarà più come prima. Ti hanno detto che le macchine e i robot ci sostituiranno in tutte le mansioni, comprese quelle intellettuali. Ti hanno detto che da qui a 50 anni saranno molto poche le persone che lavoreranno full- time: molti potrebbero non lavorare proprio. Ti hanno detto che in futuro saremo costretti a cambiare mansioni almeno 40 volte durante la nostra carriera e a imparare continuamente
DIGERITO IL FUTURO?Ora dirigilo
nuove skills. Ti hanno detto che il curriculum è vecchio e che ora contano storie personali e biografie complesse. Ti hanno detto che il nuovo manager si circonda di talenti e non di funzioni. Ti hanno detto che la futura impresa è un continuo flusso di collaboratori che saltano da un progetto all’altro come talent task force. Ti hanno detto che il management partecipativo e collaborativo è la nuova leva per rendere l’azienda più flessibile e competitiva. Ti hanno detto che i nuovi spazi di lavoro assomigliano più a un asilo che a un ufficio. Ti hanno detto che i nuovi dipendenti non vogliono essere comandati ma coccolati e allenati. Ti hanno detto che le vecchie formule di successo basate su abilità di performance sono superate. Ti hanno detto che bisogna mandare in soffitta le competenze “alla MBA”. E soprattutto ti hanno detto che forse non ci sarà più bisogno di te. Digerito il futuro? Ora dirigilo con nuove competenze. No, non parliamo delle solite skills basate sull’ennesima moda manageriale, ma di qualcosa di molto più sostanziale. L’impresa del futuro ha bisogno di
un manager bravo nei piani B, visionario nelle strategie, unico nei contenuti, mentore con i collaboratori, civico verso la società, scopritore di talenti, versatile come i siti responsive e soprattutto “umano” nelle qualità esibite. Competenze personali “vere” e una leadership che umanizza i processi, compreso ROI e istogrammi, e che mette al centro ogni singolo lavoratore della conoscenza in un ambiente lavorativo aperto, sperimentale e senza gerarchie. Il nuovo manager segna la fine delle competenze omologate e l’inizio delle competenze “diversamente abili” dalle macchine. Perché per gestire tutta questa velocità di trasformazione bisogna tornare ad avere un rapporto forte con le proprie “Eigenschaften”, qualità uniche, rare e sorprendenti.
p. 6/7
inserto mensile diDirigente n. 11 / 2015
a cura di Thomas Bialas
Segnali di futuro visti dall’alto #19
DIRIGIBILE
NUMERO SPECIALE / COMPETENZE MANAGERIALI
2 / 3
Furbizie da linguaggio burocratico. Esuberi superiori alle attese in Unicredit: 18.200 dipendenti in Eu-ropa. In Italia, così scrive la Repubblica, gli esuberi nuovi dovrebbero riguardare 540 persone, per la maggior parte dirigenti. Esubero: questa parola “fredda” mi fa venire in mente 1984 di Orwell o Il mondo nuovo di Huxley. Esiste ovviamente un modo più “caldo” per dire le cose: 18.200 persone restano senza lavoro e senza soldi, compresi i manager. Come cambia il lavoro? È il non lavoro che cambia la vita di molti nell’immediato futuro.
MENO MANAGER PER TUTTI
FUTURE SKILLS / COME CAMBIA IL LAVORO
Meglio farlo fare alle macchine. Secondo il futurista britannico Rohit Talwar andiamo verso uno scenario dominato da robot e intelligenza artificiale. La sua tesi: stanno nascendo nuove forme di smart software che rimpiazzeranno sempre più lavori. Questo porterà alla scomparsa di molte occupazioni attuali, che abbiamo calcolato tra il 30 e l’80%. Da qui a 50 anni, saranno molto poche le persone che lavoreranno full-time. Molte persone potrebbero non lavorare proprio, oppure lavorare fino a 100 anni... Niente di nuovo per i lettori di “Dirigibile” (ne parliamo fin dal primo numero). La questione però è un’altra.Chi vede oggi minacciata la propria professione da algoritmi e automazione intelligente deve guardarsi allo specchio e riflettere su: “Ma io cosa faccio effettivamente? Un semplice lavoro di routine che anche una macchina può fare o un lavoro tosto di testa, originale e raffinato
che nessun artifizio, anche il più intelligente, può imitare e replicare?”. Non tutti sono però così apocalittici. Il futurist Matthias Horx si è fatto un’altra idea. Ogni rivoluzione tecnologica uccide lavoro ma genera anche lavoro, spesso più del previsto e immaginabile. La vera qualità richiesta oggi alle persone è una straordinaria flessibilità e capacità di reinventarsi ogni giorno.
Ma si lavora ancora oggi o si gioca solo a ping pong? Come nella nuova sede italiana di Linkedin a Milano, un po’ casa un po’ ufficio. Divanetti e poltrone, ma anche un’amaca e un giardinetto interno, e poi calcio balilla, ping pong, playstation, cucina conviviale, stanza-cantina con poltrone in pelle e bottiglie di vino per andare “su di giri” con qualche collega, e infine chitarre e biciclette per spostarsi in città. Già, giocare. Ci avete mai fatto caso? Le aziende più innovative sono quelle i cui ambienti di lavoro assomigliano più a un asilo che a un ufficio. Dunque altalene al posto delle sedie, oppure addirittura un tavolo (come lo swing table concepito dai designer di Duffy London) dove dondolarsi durante le riunioni. Che dire: se volete i migliori (talenti) allora siate il migliore ufficio in città. Accogliente e divertente. Lifestyle e workstyle si fondono. Impossibile distinguerli. Trasformare gli spazi di lavoro in spazi ibridi dove le idee prendono forma è il nuovo mantra. Lavorare in uno spazio bello migliora la qualità della vita e del lavoro. Ma quale spazio? Obbligare tutti al co-working in ambienti aperti non porta per forza a maggiore collaborazione. Gli uffici giusti mischiano aree di condivisione con aree d’isolamento. Luoghi “multidisciplinari”.
A CHE LAVORO GIOCHIAMO?
QUESTO LAVORO È MACCHINOSO
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
Secondo uno studio di Microsoft i dipendenti americani giudicano 16 ore delle 45 che passano ogni settimana in ufficio come improduttive. Peggio ancora va per il tempo passato in meeting e riunioni varie, giudicate nel 70% dei casi come perfettamente inutili. In estrema sintesi, la ricerca giunge alla conclusione che mediamente in una settimana 3 giorni lavoriamo e 2 li sprechiamo. Come dice Bob Kustka, esperto di produttività e time management: «Più lavoriamo e meno efficienti siamo». Niente di nuovo sul fronte aziendale? Vero. Ma siamo sempre lì, in trincea ad aspettare che qualcosa accada. La soluzione? Nuovo campo di battaglia: dichiarare guerra al troppo lavoro e magari fare le riunioni in piedi. Si viene subito al dunque.
ASCOLTATOREAUDACEAUTENTICOCIVICOCOLLABORATIVOCOMPLICE CONVIVIALEELASTICOEMPATICOEVOLUTIVOINNOVATIVOINTUITIVOLUNGIMIRANTE
MEDITATIVO NARRATORERIFLESSIVO SCOPRITORESERVIZIEVOLE SINTETICOSOCIALE SPERIMENTALETRASPARENTEVALORIALEVERSATILEVISIONARIOhttp://duffylondon.com/
http://www.thefutureorganization.comhttp://www.reinventingorganizations.com
https://www.youtube.com/watch?v=gcS04BI2sbk
LAVORA MENO E PRODUCE DI PIÙ
IL MANAGERDEVE ESSERE
Questo mi ha detto ieri mia moglie. Sciocchezze. Non lavorare potrebbe fare bene sia all’amore sia alla società. Se, come molti minacciano o auspicano, in un prossimo futuro metà del lavoro verrà svolto dalle macchine, allora o il tasso di disoccupazione salirà al 50% o lavoreremo tutti solo la metà facendo altro. Cioè cosa? Beh, intanto bisogna tassare le macchine e separare il lavoro dal reddito. L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (ma anche la cultura cattolica) ne escono scontenti, ma l’umanità potrebbe uscirne contenta. Il lavoro non come punizione o merce di scambio, ma come espressione delle nostre vere qualità e inclinazioni da esibire liberamente. Pensateci: abolizione dei burocratici sussidi di disoccupazione e creazione di liberatori redditi di “esistenza” come cittadini del mondo. Ognuno deve fare le cose che ama o per cui è portato regalando il proprio tempo
all’innovazione sociale, culturale, civica e all’elaborazione di nuove idee per un mondo migliore. Utopia? No, perché l’uomo non deve più ragionare in termini di impiego ma di “come impiego il mio tempo ‘liberato’ per trovare me stesso”.
CHI NON LAVORA NON FA L’AMORE
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FUTURE SKILLS / COME CAMBIA IL COMANDO
Vi ricordate alcuni anni fa? In Belgio un intero paese è riuscito a sopravvivere e bene (funzionava tutto come al solito: dalle scuole agli ospedali, al traffico ordinato in strada) senza il capo (il governo) per 541 giorni. Un record per Wikipedia. Ovvio il successivo dubbio. Ma oggi si comanda ancora o l’azienda si dirige da sé? No, non vogliamo parlare del Self Management Institute o della solita Semco brasiliana ma di Holacracy, di questi tempi sulla bocca di tutti in fatto di “qui non comanda più nessuno” e tutto funziona in una reciproca e armoniosa cooperazione di decisioni flessibili fra le parti naturalmente interconnesse. Sulla carta, perché secondo le critiche di Steve Denning, opinionista di Forbes (molti altri hanno invece esaltato il modello anti-gerarchico), in realtà ogni gruppo di lavoro, definito “circolo”, è sì dotato di autonomia gestionale, ma dipende dagli obiettivi del circolo gerarchicamente superiore. Per quanto riguarda invece l’assenza di figure manageriali, è più che altro un’assenza semantica: è sparito il termine ma non coloro che guidano. Allora perché parlarne tanto? Forse perché la mitica Zappos (leader nell’e-commerce di calzature in orbita Amazon) di Tony Hsieh si è “holacrizzata” da un anno a questa parte per diventare il nuovo modello organizzativo del futuro. Sì, ma con quali risultati? Confusione, scrive il Wall Street Journal. Sperimentazione, con qualche delusione, ribatte Zappos. Di fatto dopo aver eliminato manager, titoli e stipendi il cerino è tornato a Tony Hsieh, che ora dovrà anche affrontare lo scetticismo della borsa e degli headhunter (nessun titolo, nessuna carriera). Da studiare e valutare fra un anno. Come anche Valve, sulla stessa lunghezza d’onda.
Non fascista. Lo squadrista moderno non vuole intimidire (gli avversari) ma favorire (i collaboratori). Per dirla con la neozelandese Trade Me: «We let people self-organise into small, cross-functional teams called squads». Total squadification, ecco il nuovo mantra dell’autorganizzazione motivazionale (motivata dai manager, ex). Non è roba solo per piccole realtà o start-up.Come dice Frank Kohl-Boas, head of HR Northwest, central & eastern Europe di Google. «All’inizio dell’avventura di Google i fondatori erano convinti che si poteva benissimo fare a meno dei manager, poi però ci siamo accorti che un affiancamento ai vari team poteva tornare utile. Chiaro, non come comando, perché i lavoratori della conoscenza vogliono conoscenze non comandi. Non a caso i nostri manager sono privati dai vari status symbol: niente ufficio più grande, niente auto aziendale, niente smartphone più grande, niente divise. Da noi il management significa “solo” coaching e mentoring. Di squadre per l’appunto».
Ancora squadre. Chi comanda in Spotify (leader nello streaming musicale on demand con 60 milioni di clienti in tutto il mondo)? In teoria qualcuno, in pratica nessuno. O per dirla con il fondatore svedese Daniel Ek «Un buon collaboratore prende nel 70% dei casi la stessa decisione che prenderebbe il capo, nel 20% dei casi una decisione migliore e solo nel 10% una decisone di “emme”». Quindi il loro motto è “non chiedere (in alto) ma fare”. Per una, ormai, ex start-up dirompente che conta oggi fra i partner aziende “convenzionali” come Coca-Cola, Goldman Sachs e Deutsche Bank quasi un azzardo, ma tant’è. Niente management dunque? Sì, ma con moderazione, ovvero moderando. Se vuoi avere i migliori programmatori e talenti devi offrire moltissima libertà, questo il credo di Spotify. Certo, devi essere al loro fianco ma senza gerarchie e comandi formali. I 1.200 programmatori dell’azienda svedese possono contare su circa 60 cosiddetti agile coach. Il loro ruolo è affiancare le varie squadre interdisciplinari composte da 6 a 20 persone, che a loro volta fanno parte, se lavorano nello stesso ambito, di una tribù tematica più vasta (max 150 persone) che si scambia opinioni e idee con incontri periodici. La gestione senza capo da Spotify significa soprattutto feedback permanenti su tutto fra tutti (loro lo chiamano demoing: provare e dimostrare) con valutazione dell’operato fra simili. Chiaramente tutta questa libertà ha un prezzo. Inizialmente questo processo crea insicurezza perché se nessun capo pone limiti, i limiti se li deve porre ogni collaboratore o gruppo. Poi si devono creare sofisticate alchimie interne per valutare le competenze di ognuno e saperle mettere in gioco quando servono. Inoltre tutto fila liscio solo con una sostanziale riduzione dell’ego e della competitività. In fondo bisogna gioire del successo altrui, condividendolo in modo genuino. Non scontato.
QUESTO CAPO NON ESISTE (PIÙ)?
QUESTO CAPO È SQUADRISTA
QUESTO CAPO È SUONATO
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
Il gruppo Haufe di Friburgo modula e adatta lo stile di direzione alle persone che ha in azienda, anche periodicamente e senza nessun chiaro modello in testa. Potremmo chiamare questo modello anche responsive (come per i siti). Non solo: in futuro ogni manager sarà anche HR manager responsabile per le questioni del proprio team. Già, team. Uno dei grandi temi del futuro è quello di trasformare il comando in “semplice” serviceteam. Ministry Group (comunicazione) ha fatto proprio questo: sostituire le gerarchie con “anarchie” di orientamento. Alcuni invece puntano su vere e proprie elezioni, come nel caso della svizzera Umantis. Qui il management, compreso il ceo, viene eletto dai collaboratori e rimane in carica solo per un anno. Lo stesso accade anche da W. L. Gore, azienda innovativa sia nei prodotti che nella conduzione molto “flat”. Poi c’è Enrico Loccioni, innovatore del lavoro e ora anche Cavaliere del lavoro. Il fatto che si parli troppo di Loccioni (e relativo stile gestionale) è un dato di fatto che fa dire: basta citare quel caso. Il fatto invece che venga intervistato e portato ad esempio da testate straniere come modello di comando è un dato di fatto che ci fa dire: osserviamo allora questo caso, da più vicino, magari andando a visitare questa “piccola” eccellenza italiana.
Techief executive officer. Sufficiente come suggestione per farvi venire la pelle d’oca? Prendere ordini dalle macchine e credere in loro. La fine del management è null’altro che l’inizio del chip ceo? Futura macchina senza conducente (self driven car) uguale a futura impresa senza conducente (self driven business)? Domande che non trovano una risposta qui e ora ma magari al MIT, che sulla questione ha alcune idee ben chiare. In passato la tecnologia serviva per agevolare (supporto) le decisioni del manager. Ma cosa succede se la tecnologia pretende non di agevolare ma di decidere direttamente, forte della propria capacità di maneggiare enormi masse di dati (vedi Ibm Watson e simili)? Che viene messa in discussione la stessa esistenza del management? Non proprio, ma analogamente a quello che è avvenuto nelle fabbriche “intelligenti” anche qui è richiesta una rivoluzione copernicana delle competenze e abilità. “L’algocrazia” (comandano gli algoritmi) domina l’economia digitale e forse richiede che l’essere umano (e il manager) rifletta su un nuovo umanesimo digitale dove macchine e umani riescono a convivere bilanciando mansioni e soprattutto responsabilità e dilemmi etici.
QUESTO CAPO E ALTRI CAPI
QUESTO CAPO È MECCANICO
http://www.loccioni.comhttp://www.self-managementinstitute.orghttp://www.holacracy.orghttp://www.zapposinsights.com/about/holacracyhttp://tinyurl.com/ow778mlhttp://gettingthingsdone.comhttp://workisnotajob.com/enhttp://tinyurl.com/o4oyf3zhttp://www.trademe.co.nzhttp://nomad8.com
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FUTURE SKILLS / COME CAMBIA LA COMPETENZA
Qual è il mio settore di appartenenza è una domanda del passato. Infatti Larry Page e Sergey Brin non se la pongono mai. Qual è il mio settore di competenza è una domanda del futuro. Infatti Larry Page e Sergey Brin se la pongono sempre. Questo produce, nel caso di Google, una moltiplicazione dei piani B nei più disparati campi e una visione delle possibilità ampia e senza restrizioni. Può un retailer d’abbigliamento aprire alberghi? Certo, se ha le competenze in casa.
Vediamo. Meglio un genio pigro che un idiota operoso (vedi Newton seduto sotto il melo). L’impresa sopravvaluta l’operosità. L’attività è bene la passività è male. Chi si ferma è perduto. Ma sarà vero? I portieri che rimangono immobili ai rigori parano (statisticamente) il 60% dei tiri, ma paradossalmente è un’opzione poco praticata. Meglio buttarsi platealmente che rimanere inermi. Il mondo pretende azione, ovunque. Eppure forse bisognerebbe seguire le orme zen di Drugo, straordinario fannullone del film dei fratelli Coen Il grande Lebowski e osare più pigrizia o meglio ozio. Perché, detto in termini aziendali: è impossibile essere produttivi senza essere pigri, perché il pigro sarà sempre alla ricerca di un modo più semplice e veloce per fare una cosa e quindi di conseguenza essere più produttivo. Non è teoria, è pratica: infatti Bill Gates (così si racconta in Microsoft) assumeva tizi pigri ogni qualvolta si presentava qualche lavoro spinoso da fare.
“10 trends that will change management forever”. Questo il tono “profetico”, che si ripete come un mantra, inesorabile, anno dopo anno, sugli osannati siti specializzati in tendenze di competenze. Ma la moda è (sempre) effimera, dunque anche le periodiche competenze alla moda. Oggi tutto deve essere empowerment, team building, bottom-up, lean thinking, design mindset, balanced scorecard, diversity management e ovviamente resiliente. Se non sei resiliente non vali niente. Oltre la terminologia di stampo anglosassone, oltre l’ammirazione incondizionata per le business school e oltre la riproduzione alla cieca di modelli imparati a memoria c’è un mondo fatto di parole e gesti di senso. Basterebbe saper fare un’unica cosa: saper pensare. Lo sanno fare tutti. No. Lo sanno fare in pochi. Per questo vale così tanto. Se volete avere più futuro come manager allora dovete avere meno trend in cui credere.
COMPETENZE, WHAT ELSE?
Piuttosto che prepararci a unico lavoro barra competenza, dovremmo prepararci all’idea che avremo sempre più impieghi e competenze diverse in divenire. Imparare a imparare sempre nuove skills. Alcune delle più importanti? Risolvere problemi (aumentano), progettare contenuti (scarseggiano), prevedere cambiamenti (uccidono). Quest’ultima competenza è la più trascurata. Ce l’avete in azienda un responsabile per la lungimiranzao un direttore per gli affari futuri che prevede gli avvenimenti e vi provvede in tempo? No? Allora il vostro tempo è passato.
COMPETENZE MUTEVOLI
COMPETENZE PIGRE
COMPETENZE EFFIMERE
IL DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
O alla Helmut Schmidt se preferite, l’ex cancelliere tedesco mancato di recente. Pragmatismo. L’arte di adattare le visioni alla realtà. I visionari aumentano la complessità, i pragmatici la riducono gestendola. Entrambi sono necessari in azienda ma il secondo è più affidabile, perché il pragmatico sa che la soluzione migliore è meglio della soluzione perfetta. Niente di futuribile ma sicuramente una delle qualità più importanti per ogni manager di ogni epoca.
A furia di ottimizzare e rendere tutto efficiente siamo diventati parte integrante delle macchine e ci siamo scordati del vero mestiere che ci compete: riflettere su come le cose possono andare meglio o diversamente. Non è colpa solo di Excel o del gestionale. La concentrazione e il dovuto isolamento sono la vera competenza del futuro. La complessità richiede innovazione, l’innovazione richiede idee, le idee richiedono pensiero e il pensiero richiede silenzio, o meglio vita contemplativa come nei conventi. Una strada per ritrovare la dovuta calma e lucidità è quella dello yoga. Per il neuroscienziato Sat Bir Khalsa di Harward, l’antica arte indiana è proprio quello che serve ai manager per prendere decisioni ponderate ed equilibrate.
Il mio vicino Totoro è un bellissimo film d’animazione del grande Hayao Miyazaki e Totoro è un grosso e tondo animale, incrocio tra un orso e un procione, calmo e bonario, che ama dormire tanto (come i koala) e rendersi invisibile a tutti, mostrandosi solo a chi effettivamente desidera. Ci piace immaginare un manager così, onirico. Custode non della foresta, ma dell’azienda. Il buon sonno dovrebbe diventare una competenza chiave e priorità delle HR. Il “macho manager” che dorme tre ore a notte prende decisioni annebbiate. Il “dreamy manager” invece prende decisioni illuminate.
COMPETENZE ALLA MERKEL
COMPETENZE CONCENTRATE
COMPETENZE TOTORO
Da collega di lavoro ad amico di lavoro. L’amicizia invade ogni spazio, anche quello professionale. I nuovi talenti pretendono ambienti informali, collaborativi e distesi. Se devo lavorare tanto allora devo starci bene come a casa mia. La leadership si trasforma in leader(friend)ship. Non solo. Mi fido dunque non ti controllo. Mi fido dunque ti seguo. Trust-based performance management o anche followership. L’amicizia come competenza produce sostanza, rilevanza, reputazione, ascolto, conversazione e soprattutto la capacità di cogliere e mettere in risalto le vere abilità e competenze dei collaboratori che vengono analizzati non in base al curriculum ma in base alla personale biografia umana.
Basta con il fondamentalismo del piano A. Questa non è più l’epoca di Tina, (there is no alternative) ma di Mona (more options, noble alternatives). Detto diversamente, non esiste alternativa ma solo alternative (come nuovo terreno di gioco). In un’epoca discontinua e complessa il cambiamento non è un nemico ma lo status quo e l’unico approccio valido è “facciamo questo oppure quest’altro”. Avere uno o più piani B significa avere manager abili nell’elaborazione e gestione delle continue opzioni. Sperimentare (come innovare) costa certo denaro, ma se l’alternativa o prospettiva a medio termine è di salutare il mercato, allora è denaro ben investito. Ovviamente si deve sperimentare piani B a tutto campo e quindi non solo una singola innovazione, una singola tecnologia, un singolo modello di business.
COMPETENZE AMICHEVOLI
COMPETENZE ALTERNATIVE
MA IL MANAGER SOGNA NUOVE COMPETENZELeggi in anteprima gli highlights dell’indagine qualitativa “Il nuovo management: sfide e im-patto sulle competenze” svolta dal T-Lab di Cfmt su un panel di esperti, opinion leader e dirigenti d’impresa.Scopri come cambiano sfide da fronteggiare, ruolo del manager e competenze chiave.
http://www.cfmt.it/tlab
http://tinyurl.com/org9sslhttp://tinyurl.com/kjdotjc
8 DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
FUTURE SKILLSI’M THE NEW HUMANAGER
No, non parliamo delle solite skills basate sull’ennesima moda manageriale, ma di qualcosa di molto più sostanziale. Già, perché le varie business school vi rifilano competenze a getto continuo.Concentriamoci invece su qualcosa di diverso: su qualità, o Eigenschaften, che faranno la differenza nei prossimi anni. Perché nell’era dei computer cognitivi e dell’intelligenza artificiale dobbiamo dire: “fine alle competenze omologate e inizio alle competenze diversamente abili dalle macchine”. Ovvero, humanize your skills.
PROFILO 01IL MANAGER ALTERNATIVOSUONA SOLO PIANI BPotremmo anche chiamarlo il manager svolta, spiazzante nelle decisioni e conscio che l’economia della conoscenza inizia quando l’alternativa non è più l’ultima spiaggia ma la prima, ovvero la norma.
PROFILO 02IL MANAGER NUVOLASOGNA CON I PIEDI PER TERRAPotremmo anche chiamarlo il manager onirico, lucido nel vagare e conscio che l’ozio misurato e programmato rende visibili soluzioni che gli altri manco si sognano.
PROFILO 03IL MANAGER IN PUREZZAGOVERNA UNICITÀ AL 100%Potremmo anche chiamarlo il manager vino, perché vinifica decisioni in purezza puntando al 100% su unicità, senso e verità del contenuto aziendale e gestionale.
PROFILO 04IL MANAGER MODERATOREPARTECIPA MODERATAMENTE AI GIOCHI ALTRUIPotremmo anche chiamarlo il manager mentore, perché guida e affianca piccole squadre in un clima di autogestione controllata e allenata dove giocare, creare e reinventare i mercati di domani.
PROFILO 08IL MANAGER RESPONSIVEIMITA IL COMPORTAMENTO DEI SITI RESPONSIVE Potremmo anche chiamarlo il manager mutante, ben conscio che nella propria e altrui (collaboratori) vita professionale le competenze dovranno adattarsi velocemente ai continui cambiamenti.
PROFILO 07IL MANAGER SILENZIO ISOLA LA CONCENTRAZIONE PER PASSARE ALL’AZIONE Potremmo anche chiamarlo il manager basta blablabla, consapevole che l’innovazione richiede idee, le idee richiedono pensiero e il pensiero richiede silenzio, o meglio vita contemplativa anche in azienda.
PROFILO 06IL MANAGER BIOGRAFOLEGGE SOLO STORIE DI COMPETENZE DA RACCONTAREPotremmo anche chiamarlo il manager cv free, capace di aprire le porte a uno storytelling “intimo” dei candidati per valutare i collaboratori e i loro punti di forza ragionando in termini di vera rilevanza.
PROFILO 05IL MANAGER BENEFIT NON PRETENDE MA RENDE BENEFICI A TUTTIPotremmo anche chiamarlo il manager migliore, perché nel suo piccolo opera per un mondo migliore mettendo al centro delle decisioni elementi di civic economy, di cause marketing e di social innovation.
SAVE THE DATEScopri il nuovo manager il 3 dicembre
al Talent Garden di Milano durante Humanager, del ciclo Future Management Tools di Cfmt.
http://tinyurl.com/pw8agty
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69NOVEMBRE 2015
EXECUTIVE PROFESSIONAL
UNA CONSULENTE CON UNA MARCIA IN PIÙ
Quattro chiacchiere con Anna Censi, amministratore unico di Alkemia. Associata a Manageritalia Milano dal 1996, oggi in qualità di executive professional
Com’è la vita da executive professio-nal?
«La mia nuova vita è iniziata alla fine del 2008 quando ho lasciato una posi-zione al vertice di un’azienda multina-zionale, più o meno la sesta esperienza nella mia vita professionale. Un’occa-sione che aspettavo da tempo, per dire il vero, che non ho subito con problema-ticità. Da allora il percorso è stato lun-go, parecchie difficoltà ma anche tante soddisfazioni. Ho costituito una piccola società di consulenza, Alkemia, che si occupa di management consulting per le imprese sui temi del marketing inter-nazionale, delle reti di impresa e delle start-up».
“Un’interazione con vertici aziendali per contribuire alle scelte operative, decisionali e strategiche del cliente”, dice la definizione di executive profes-sional. Non un consulente come tanti altri?
«Assolutamente no. Un consulente che ha una marcia in più nel mondo delle imprese: perché alle competenze conti-nuamente aggiornate affianca l’espe-rienza, spesso decennale, della pratica
in azienda. È quel consulente che, oltre a sapere, sa anche fare accadere le cose e interagire con un sistema com-plesso di soggetti e relazioni. È un pun-to di differenza molto importante, che ci mette su un altro piano rispetto ad altre figure professionali che ruotano intorno all’azienda, quali i professioni-sti con albo o gli accademici».
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Qual è il plus tangibile che l’exe-cutive professional mette in campo nei confronti dei clienti dopo una vita professionale da manager?«Chiariamo un punto: spetta all’executive professional valo-rizzare se stesso e spetta a noi tutti insieme valorizzarci di fronte alla business community. Se non c’è la voglia di mettersi in gioco, di aggiornarsi continuamente su temi tecnici ma anche di varia cultura, di assumersi dei rischi, non si fa strada fuori dall’azien-da. Diventa infatti difficile espri-mere valore quando ci si confron-ta con i clienti. Se invece si riesce a intraprendere questa via “vir-tuosa” su base continuativa, po-ter vantare un percorso da exe-cutive in azienda fa la differen-za. Sa cosa ho scritto sulla pre-sentazione della mia società? “Gli interventi di Alkemia sono orientati al risultato di gestione e alla concretezza”. Credo che sia uno statement che possano pro-porre in maniera credibile solo i professionisti con un percorso manageriale alle spalle».
Cosa serve oggi per svolgere in modo vincente questo ruolo?
«Innanzitutto una grande deter-minazione e uno spirito impren-ditoriale, si propone se stessi prima di tutto, il maggior capitale di cui un essere umano dispone. È poi fondamentale aggiornarsi continuamente: mi piace affer-mare che siamo dei “facilitatori” nella trasmissione della cono-scenza, un argomento di grande attualità e di grande valore non solo per l’impresa ma anche per lo sviluppo del Paese. In ultimo, il network di relazioni è molto
importante. Non solo per acce-dere a clienti e commesse, ma soprattutto per scambiare idee e alimentare il sistema della cono-scenza».
Il fatto che l’Italia sia un paese di pmi e aziende padronali a gestione familiare può essere un’opportunità per gli executi-ve professional?
«Sicuramente sì, perché le pmi avvertono la loro debolezza sui principali temi legati allo sviluppo dell’impresa di oggi, quali l’inno-vazione e l’internazionalizzazio-ne, ma anche perché quest’ambi-to potrebbe costituire un terreno di confronto con Confcommercio, la nostra associazione datoriale, in aggiunta alle relazioni indu-striali. Certo, il ricorso alla mana-gerialità esterna al contesto fami-liare da parte della pmi è un per-corso culturale arretrato e lento a progredire, sul quale è però ne-cessario agire a livello sistemico.
Esistono tuttavia tanti altri ambiti che necessitano di competenze manageriali e che possono costi-tuire delle opportunità per gli exe-cutive professional. Basti pensa-re, per esempio, alle start-up e ai relativi sistemi di finanziamento, al mondo della cultura e dell’arte, alle onlus, alla pubblica ammini-strazione nella gestione di proget-ti complessi spesso finanziati dai fondi Ue».
Dall’indagine che abbiamo svolto sugli executive professio-nal associati a Manageritalia emerge un problema sul fronte formazione: pochissimi la fan-no e troppi vivono di rendita su quella passata. Quale forma-zione serve e come farla?
«Per quanto riguarda la forma-zione, certamente avviare un’im-presa richiede competenze diver-se da quelle funzionali al percor-so aziendale. In generale ritengo che il fabbisogno formativo
71NOVEMBRE 2015
MANAGERITALIA PER GLI EXECUTIVE PROFESSIONAL
dell’executive professional sia at-tinente lo sviluppo dell’imprendi-torialità e la gestione dell’impre-sa, aspetti con i quali si trova a misurarsi quotidianamente in via diretta o indiretta. Ci sono inoltre i temi relativi al “passaggio”, nel-la fase di uscita dal contesto aziendale, sui quali un percorso formativo specifico, quale Mana-gerattivo (il percorso di Cfmt per supportare il manager a ricollo-carsi sul mercato, ndr), è a mio avviso fondamentale, in modo particolare per sviluppare la ca-pacità di adattamento delle pro-prie abilità manageriali a situa-zioni diverse da quelle sperimen-tate nella pregressa esperienza professionale».
Oltre alla formazione, quali so-no oggi i must in termini di ser-vizi e supporti per un executive professional?
«L’executive professional è spes-so un “battitore libero” e nella maggior parte dei casi non ap-partiene ad alcun ordine profes-sionale. Ha quindi necessità di sentirsi parte di una community e di disporre di servizi funzionali allo svolgimento della propria attività, quali servizi legali, fisca-li, assicurativi, solo per citarne alcuni. Anche i fondi sanitari e pensionistici collegati alla con-trattazione collettiva dovrebbero essere modulati in modo più fles-sibile per accogliere le esigenze dei prosecutori volontari, che costituiscono la maggior parte degli executive professional».
Cosa ti aspetti da Manageri-talia?
«Mi aspetto innanzitutto un mag-gior impegno nel rappresentare una categoria professionale che non può e non deve più essere
definita con il termine “ex-mana-ger”, che riconduce tristemente a esperienze ormai concluse. Gli executive professional sono il fronte della nuova manageriali-tà, che trova forme e rappresen-tazioni variegate in una società e in un sistema imprenditoriale più “liquido”. Abbiamo la necessità di parteci-pare ai tavoli istituzionali più funzionali allo sviluppo della categoria e di rafforzare la no-stra visibilità sulla base di una maggiore partecipazione al di-battito economico e politico: in questo ambito il ruolo dell’Asso-ciazione è fondamentale. Gli executive professional sono in-fatti una grande risorsa per lo sviluppo del sistema impresa e del Paese, tanto quanto la ma-nagerialità che si esprime nel contesto della contrattazione collettiva aziendale».
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Manageritalia e le sue 13 associazioni territoriali sono per gli executive professional un luogo fisico e virtuale dove: avere rappresentanza e voce a livello istituzionale, economico e sociale, anche per valorizzarne ruolo e contributo allo sviluppo del Paese;
trovare servizi e consulenze in ambito contrattuale, previdenziale, copertura rischi, sviluppo professionale;
fare networking e condividere informazione e cultura manageriale e di business; partecipare a eventi professionali, culturali e ludici.
IL PARTNER IDEALEdei manager di oggi e di domani
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I QUADRI VISTI DALLE SOCIETÀ DI RICERCA
Un popolo variegato quello del middle management italiano nel quale ritroviamo la futura classe dirigente
Oggi i quadri hanno mercato? Ciarapica «Sì, sono ripartiti anche gli investimenti nelle risor-se umane e i quadri sono un buon compromesso qualità/prezzo. Sono anche il più facile primo approccio delle pmi fami-liari alla gestione manageriale esterna». Contardi «I quadri hanno sempre avuto mercato, purché siano disposti a essere al passo con i tempi e flessibili nell’ap-proccio. Essere aggiornati oggi è un must per tutti». Pedone «Quello che discrimi-na nell’avere mercato è lo stan-ding professionale e i quadri italiani oggi ne hanno».
Tamagni «Sì, perché c’è una piccola ripresa e permettono di portare dentro manager con esperienza e potenziale con un costo aziendale accettabile».
Dal vostro punto di vista, com’è percepita e utilizzata questa fi-gura in azienda?
Ciarapica «In molti settori è semplicemente uno status/step di crescita più che un ruolo orga-nizzativo ben definito. Ci sono quadri che sono “super profes-sional” e individual contributor (nella r&d, nell’It…) e altri con ampie responsabilità di budget o people management (realtà pro-duttive o commerciali) e di repor-ting gerarchico oltre che funzio-nale». Contardi «Il quadro può esse-re il giovane di talento a cui si dà particolare attenzione o il profilo solido su cui l’azienda poggia la sua storia e le sue competenze». Pedone «È una figura destina-ta a profili ad alto potenziale di crescita professionale con ruoli manageriali, di alta specializza-zione o con un mix delle due». Tamagni «Stanno coprendo responsabilità e aree nuove, an-che perché hanno professionalità di recente evoluzione tipo com-
pliance e digital, quasi unicamen-te reperibili in under 35-40. Poi sono la futura classe dirigente».
E per voi che li cercate e li piaz-zate, che lavoratori sono?
Ciarapica «Sono profili che necessitano di grande attenzione consulenziale perché spesso fan-no la differenza, soprattutto nelle medie imprese italiane. Nelle me-die aziende sono spesso l’ogget-to principale delle nostre ricer-che: persino i primi riporti dell’im-prenditore e della direzione ge-nerale sono spesso quadri. Ma si tratta tendenzialmente di junior manager, eventualmente in una fase di passaggio verso la diri-genza». Contardi «È un profilo interes-sate che richiede di essere valu-tato bene. Spesso ha accesso a informazioni confidenziali e rico-pre ruoli chiave. Perdere un qua-dro a volte fa più male di un diri-gente». Pedone «Sono generalmente bravi e costano meno...». Tamagni «Sono una “merce” da coltivare perché vanno a co-prire ruoli chiave, e quelli di mag-giore potenziale sono la futura classe dirigente».
Il Jobs act ha avuto impatto sui quadri?
Ciarapica «Temevamo inci-desse di più in negativo sulla mo-bilità, mentre solo nel 10% dei casi i quadri ai quali offrivamo nuove opportunità ci hanno po-sto la questione». Contardi «Sui profili più senior e con posizioni stabili abbiamo riscontrato un po’ di reticenza al cambiamento. Su chi è alla ricer-
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OPPORTUNITÀ
Vedi il nuovo percorso formativo Ride the change: conoscere la propria unicità per gestire il cambiamento. Partecipa alla di-scussione sui quadri sul blog crisiesvilup-po.manageritalia.it e sui social Manageri-talia.
Per restare aggiornato sui percorsi forma-tivi http://bit.ly/formazionequadri
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ca di una nuova opportunità inve-ce è un vero e proprio accelera-tore». Pedone «Può essere un’arma per chi, dovendosi ricollocare, trova nella maggiore flessibilità del contratto a tutele crescenti un’arma in più anche per entrare come quadro». Tamagni «Non ha inciso in mo-do rilevante sulle richieste di pro-fessionalità da inserire come qua-dri, anche se il contratto a tutele crescenti è per l’azienda un buo-no stimolo. Ha forse inciso di più sulla mobilità degli attuali quadri, visto che alcuni temono la minor protezione dell’eventuale nuovo contratto».
I quadri oggi apprezzano que-sto inquadramento professiona-le meno o più di prima?
Ciarapica «Per alcuni quadri è un passaggio verso la dirigen-za, ma è anche un importante punto di arrivo per chi, magari diplomato e non laureato, maga-ri donna con figli, si è sempre percepito come impiegato di buon livello ma non pienamente manageriale e si autogratifica con un “livello” di riconoscimen-to, accede a rimborsi sanitari, strutture di formazione manage-riale, orario forfetizzato, qual-che responsabilità nella gestione di risorse ecc.».
Contardi «Il quadro porta con sé maggiori coperture assicurati-ve, come quelle sanitarie, e rap-presenta il gradino tra l’impiega-to e la dirigenza. Quindi l’ap-prezzamento è lo stesso, anzi, viste le migliorie apportate, direi anche più di prima». Pedone «È un inquadramento molto apprezzato perché confer-ma il riconoscimento dell’alta professionalità e questo è un dato a mio avviso in aumento. In alcu-ne aziende i quadri hanno stipen-di ben superiori ai minimi contrat-tuali dei dirigenti». Tamagni «Oggi diventare qua-dro rappresenta un obiettivo fon-damentale perché significa rag-giungere una posizione di re-sponsabilità e può rappresentare il passaggio naturale per una fu-tura dirigenza».
C’è comunque sempre e forte la tendenza a fare il salto verso la dirigenza?
Ciarapica «Sì, in particolare in alcuni settori (professional service, financial service), per i talenti più giovani e dinamici, entro i 40. Ten-denza per cui lo status di quadro per certi aspetti/ruoli è un po’ un limbo, una zona di confine nell’as-sunzione di responsabilità di risor-se, budget, persone. Quindi, lo status dirigenziale è ancora un tar-get per i laureati in economia con
percorsi lineari e magari alle spalle genitori manager baby boomer. Ma la tendenza alla dirigenza e al suo “mito” di status sociale anno dopo anno è un po’ mitigata, an-che perché è sempre più facile su-bire l’espulsione nei casi sempre più frequenti di ristrutturazioni, m&a». Contardi «Tutti vogliono diven-tare dirigenti, per status, stipen-dio potenziale, per coperture sanitarie e quanto connesso all’inquadramento o al vissuto storico. Devo ancora incontrare qualcuno che rifiuti un passaggio di questo genere». Pedone «Solo in parte, conside-rando che oggi ciò che rappresen-ta la differenza tra i due inquadra-menti è il perimetro di ruolo e di responsabilità, che per i quadri è in aumento orizzontale, per i dirigen-ti sempre più selettivo e orientato a posizioni apicali. In altre parole, sempre più spesso i quadri possono coprire posizioni di middle mana-gement, al confine quindi con in-quadramenti dirigenziali, vicever-sa, per i dirigenti, è necessario muoversi in modalità verticale e su posizioni/ruoli di vertice». Tamagni «Il salto alla dirigen-za è meno automatico rispetto a circa dieci anni fa. Solo i migliori e quelli di potenziale possono ambire all’agognato obiettivo della dirigenza».
Fabio Ciarapica è managing director PraxiAlliance
Francesca Contardi è managing director Page Personnel Italia
Giovanni Pedone è country manager di Lee Hecht
Harrison | DBM
Francesco Tamagni è managing director Intermedia Selection
e partner Key2people
Ass
idir
novembre 201574
ne offerte assicurative dedicate al nostro mondo.
La Convenzione assicurativa Antonio PastorePer quanto riguarda le conven-zioni contrattuali per i dirigenti, Assidir gestisce la Convenzione assicurativa Antonio Pastore che costituisce la previdenza integra-tiva individuale prevista dal ccnl e che può essere definita come il servizio “storico” di Assidir. In particolare, per questo servizio l’attività di Assidir si sviluppa at-traverso tre uffici dedicati.Il primo, che si occupa di tutto quanto riguarda la gestione del-le 37.000 posizioni individuali attive, segue gli associati a par-tire dal controllo della correttez-za dei dati per ogni pratica o operazione aperta avendo effet-tuato, nell’ultimo anno, circa 30.000 consulenze telefoniche. Questa attività ricopre una gran-de importanza per l’assistenza fornita agli associati in quanto, tramite un numero di telefono dedicato, è possibile ricevere con immediatezza informazioni sulla propria posizione ed even-
Qualsiasi uomo, in mo-menti di particolare bi-sogno, sente la necessi-
tà di ricorrere a un aiuto esterno per sé o per i propri familiari.Nella maggioranza dei casi, po-trebbero trovare una risposta utile attraverso strumenti alla portata di tutti, qualora si abbia la possibilità di conoscerli e po-terli utilizzare.Per tutti gli associati Managerita-lia Assidir mette a disposizione un supporto sostanziale in grado di intervenire nei momenti di maggiore bisogno.La mission di Assidir è infatti quella di operare fornendo infor-mazioni, consulenze e soluzioni assicurative sia sul fronte delle “tutele contrattuali” sia su quel-lo, molto più ampio, delle neces-sità personali e familiari di tutti i dirigenti, ex dirigenti, quadri ed executive professional iscritti a Manageritalia.
Le aree di intervento Scorriamo rapidamente le aree di intervento della società che, es sendo parte integrante del siste ma Manageritalia, opera da 25 anni per mettere a disposizio-
tualmente un supporto per la verifica degli adempimenti for-mali, quali ad esempio l’indica-zione delle modalità con cui se-gnalare o eventualmente modifi-care i beneficiari delle prestazio-ni assicurative.Il secondo, invece, si attiva ogni qual volta si rende necessario effettuare delle verifiche tecni-che su una pratica presentata da un associato e, a titolo esemplifi-cativo, interviene con un consu-
lente legale nei casi di “tutela legale” o “polizza Ponte” e con un consulente medico nel caso di problematiche sanitarie.L’area commerciale, infine, svol-ge un’attività di supporto agli associati sul territorio grazie alla costante presenza in quasi tutte le associazioni e delegazioni di Manageritalia. L’attività è relati-va sia agli aspetti gestionali e operativi della Convenzione An-tonio Pastore, sia all’analisi della situazione assicurativa persona-le dell’associato e dei suoi fami-liari tramite un servizio di check-up assicurativo che si conclude
Il “compagno dI vIaggIo” deglI assocIatI
Assidir, la struttura che è a disposizione degli associati e dei loro familiari per suppor-tarli e assisterli in campo assicurativo
75novembre 2015
con l’indicazione, per le aree che eventualmente risultassero scoperte, delle soluzioni assicu-rative che Assidir dispone per gli associati Manageritalia.Per quanto riguarda le necessità assicurative sul fronte personale e familiare degli associati di qualsia si categoria, Assidir rea-lizza, in partnership con le com-pagnie di assicurazione con le quali ha mandato, nuovi prodot-ti assicurativi ad hoc, definiti at-
traverso le ricerche di mercato effettuate con il proprio centro stu di, al fine di offrire il miglior rapporto prezzo/prestazioni.
Convenzioni assicurative targate AssidirEcco ora, in estrema sintesi, le aree di intervento per le quali sono disponibili delle soluzioni assicurative che possiamo defini-re come “targate Assidir”.Prima fra tutte l’area relativa alla protezione del proprio patrimo-nio sia per quanto riguarda il va-lore dello stesso sia per la respon-sabilità civile a questo collegata,
con particolare riguardo alle pro-blematiche dell’abitazione, pri-ma casa o secondarie, e dei mez-zi di trasporto come auto e moto.Una seconda importante area di intervento riguarda la protezio-ne e l’accumulo di capitale che si effettua attraverso la ben nota polizza di capitale differito Ca-pitello che, sfruttando i vantaggi di poter essere membri di una comunità, assicura per gli accan-tonamenti degli associati gli stes-
estensibili ai familiari anche delle tutele in caso di infortunio, malattia e non autosufficienza.
Coperture online e appPer fornire un servizio sempre mi-gliore e attuale, Assidir ha da tem-po messo a disposizione un’app informativa e di contatto utilizza-bile da smartphone, oltre a diver-se coperture assicurative che pos-sono essere sottoscritte diretta-mente online attraverso il sito www.assidir.it. Si tratta, in questo caso, di polizze particolarmente semplici sia da comprendere, per quanto riguarda le caratteristiche, sia da sottoscrivere, per le moda-lità totalmente online.Le aree per le quali sono attive delle coperture online sono quel-le della famiglia, delle vacanze e della salute; un elenco destina-to ad allungarsi a breve con ul-teriori polizze.Da ultimo, ma non per importan-za, il servizio di assistenza a 360° che Assidir offre a tutti gli associati e ai loro familiari attra-verso l’utilizzo della card Mana-geritalia.Ciò che dobbiamo fare, tutti noi associati Manageritalia, è quin-di non dimenticare il “compagno di viaggio” Assidir che abbiamo sempre al nostro fianco.
Per maggiori informazioni
consulta il sito
www.assidir.it
oppure
telefona al numero
02.202031
si rendimenti della Convenzione Antonio Pastore.
Infortunio, malattia, non autosufficienzaSempre nella stessa area, Assidir offre importanti tutele sia per quanto riguarda la sfera della previdenza integrativa indivi-duale sia per le cosiddette poliz-ze vita.L’ultima area per la quale gli asso-ciati Manageritalia possono con-tare sul supporto professionale di Assidir è quella della salute; infatti, oltre ai fondi di assistenza contrat-tuali previsti, sono disponibili ed
CFMT
77NOVEMBRE 2015
re quotidiano, professionale e per-sonale, si possa migliorare questo equilibrio vitale di relazione e di esecuzione?L’orchestra sinfonica è una squa-dra formidabile, e nelle orchestre più blasonate accade pure che un nuovo direttore debba essere ac-cettato dai musicisti. Nelle aziende non è così ma il fenomeno ci fa ri-flettere e spiega bene perché in un concerto siamo colpiti dalla perfet-ta intesa tra il direttore e i musicisti. E il successo è sempre e comunque dell’ensemble, mai di uno solo e neppure del solo direttore. Insom-ma, del team. Poi accade che quando il talento è straordinario qualcuno diventi un applaudito so-lista. Che comunque suonerà sem-pre con qualcun altro, con un’or-chestra. Con una squadra.
Tenuto a battesimo da Cfmt nel 1998, il progetto Smile con Luciano Ziarelli non sem-
bra risentire del tempo che passa, anzi, il format, arricchito nel corso degli anni, oggi conta un set di workshop che toccano gli aspetti fondamentali del management. Un progetto innovativo e fuori dagli schemi ortodossi della formazio-ne, che utilizza le teorie dell’intelli-genza emotiva e le mette in pratica nella formazione emozionale. I diversi workshop del progetto affrontano tutte le principali com-petenze, capacità professionali e personali richieste a chi ricopre incarichi di responsabilità e rela-zione. Da quest’anno il progetto si arricchisce di un nuovo work- shop, “Prova d’orchestra. Armo-nia e ritmo nella direzione azien-
dale”, che dopo l’esordio romano del 19 novembre, arriverà a Mila-no il 10 dicembre nella piacevole cornice della Scuola di musica Cluster. Luciano Ziarelli non sarà solo come per gli altri appunta-menti del progetto, ma potrà con-tare su una validissima spalla: Vi-cky Schaetzinger, musicista di fa-ma europea. Una coppia, questa, già affiatata grazie anche alle tournée teatrali in tutta Italia degli spettacoli “Ciao, come sto?” e “La liquidazione”.Nella musica armonia e ritmo da sempre convivono in un equilibrio che stupisce e affascina ogni volta che si ascolta una buona esecuzio-ne. Allora, perché non utilizzare la metafora dell’orchestra, dei suoi musicisti e del suo direttore per ri-flettere su come anche nell’incede-
PROVA D’ORCHESTRA Armonia e ritmo nella direzione aziendale
La partecipazione all’evento è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con il versamento degli appositi contributi.
PER MAGGIORI INFORMAZIONI Andrea Rescalli, email: [email protected]
SCUOLA DI MUSICA CLUSTER MILANO, 10 DICEMBRE - dalle ore 9 alle 13
Hanno collaborato a questo numero
Thomas Bialas, futurologo, è responsabile del proget-to Future Management Tools di Cfmt e curatore dell’inserto Dirigibile. (61)
Fabio Ciarapica è consigliere di amministrazione di Praxi e managing director di Praxi Alliance ltd. Si occupa da sempre di valorizzazione delle persone nelle organizzazioni ed executive search a livello internazionale. (34)
Corinne Ciriello è avvocato, socia fondatrice dello studio legale associato Ciriello-Cozzi di Milano (www.ciriel-lo-cozzi.it), specializzata da anni nell’ambito della respon-sabilità civile, della contrattualistica e del diritto del condo-minio. (22)
Claudia Corti è laureata in lettere, indirizzo moderno artistico, ed è guida turistica per le province di Milano, Pavia, Monza e Brianza. (55)
Simona Cuomo è leadership professor, lead coach, coordinatore diversity management lab Sda Bocconi School of management - area Organizzazione&Personale. (40)
Giulio Gargiullo è un online marketing manager e vanta una lunga esperienza nel business legato alla Russia e a diverse aziende del settore luxury. (18)
Marco Lucarelli lavora nella direzione strategy di una multinazionale Tlc dove si occupa di operatori virtuali. Cura anche la rubrica #lettu rexmanager sul blog crisiesviluppo.manageritalia.it. (26, 57)
Silvia Pugi è partner di Artelling, società che organizza mostre d’arte. Componente del Gruppo Donne Manager di Manageritalia Milano. (10)
Nicola Quirino è docente di Finanza pubblica all’Università Luiss e all’Accademia della Guardia di Fi-nanza. (50)
Piero Valdiserra è direttore marketing e relazioni esterne di uno dei maggiori gruppi italiani operanti nel be-verage alcolico. È anche sommelier, nonché fondatore e presidente del club enogastronomico bolognese Gaudio ([email protected]). (54)
Anna Zinola si occupa di consumi dal 1993, dapprima all’interno di istituti di ricerca, poi come libera professionista. Dal 2003 insegna Psicologia del marketing all’Università di Pavia. Ha scritto alcuni libri dedicati ai temi dei consumi. Collabora con Corriere.it, Mark up e Micro & Macro Marketing. (44)
da Manageritalia
Daniela Fiorino, responsabile ufficio sindacale (58)
DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATOFEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL
crisiesviluppo.manageritalia.it
Oltre la crisi, per cogliere opportunità e sviluppo
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Conversazioni tra uomini e donne
sulle pari opportunità
Per i pensionati di oggi e di domani
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FEDERAZIONE NAZIONALEDEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO,
SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
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Direttore responsabile: Guido Carella
Coordinamento: Roberta Roncelli
Redazione: Davide Mura, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta
Direzione, redazione, amministrazione: 20129 Milano - via Antonio Stoppani 6 tel. 0229516028 - fax 0229516093 [email protected] www.manageritalia.it
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