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«Signori, la musica è, si può dire, diritto naturale dell’umanità perché essa parla a tutti: potenti e umili, ricchi e poveri, felici e infelici, a tutti coloro che per un misterioso privilegio elargito all’animo umano sono sensibili al profondo e potente suo messaggio. E se un tempo essa era specialmente riservata a poche classi viventi in

centri culturali, oggi essa penetra persino nell’intimo delle case a qualsiasi distanza si possa vivere dai centri culturali stessi. La musica è, voi ben lo sapete, poesia espressa a mezzo del suono: e per di più poesia

purissima che, essendo comprensibile a tutti, ha il carattere e il privilegio dell’universalità» (N.Rota)

DOMENICA 22 APRILE 2012 - ore 10.30 THIENE (VI) - CHIESA DELLA PENTECOSTE MESSA CONCERTATA "Omaggio a Nino Rota" nel centenario della nascita CORO "CITTA' DI THIENE" ENSEMBLE DI CLARINETTI dell'ISTITUTO MUSICALE VENETO "CITTA' DI THIENE" LUIGI CEOLA organo LORENZO FATTAMBRINI direttore Rinnovando una tradizione ormai consolidata all'interno di "Metti una sera in musica", stagione concertistica della primavera thienese organizzata dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Thiene con la Direzione Artistica dell'Istituto Musicale Veneto, grazie alla disponibilità della Parrocchia di San Vincenzo e alla collaborazione tra il Coro "Città di Thiene" e l'Istituto Musicale Veneto, anche quest'anno 2012 verrà proposta una suggestiva Messa-Concerto, interessante momento religioso-culturale che avrà luogo domenica 22 aprile alle ore 10.30 presso la Chiesa della Pentecoste. La liturgia eucaristica, presieduta dal parroco don Piergiorgio Sandonà, sarà infatti accompagnata dalle note della Messa Breve di Nino Rota, del quale ricorreva lo scorso anno il centenario della nascita. Nino Rota è stato forse il più “inattuale” fra i compositori italiani del secondo Novecento, a torto per anni considerato solo in virtù delle splendide colonne sonore realizzate per Fellini, Ford Coppola, Zeffirelli e Visconti. Un enfant terribile alla rovescia, candidamente fedele alla sintassi tonale e alla melodia in piena epoca di avanguardie e sperimentalismi. L’etichetta di “cinematografaro” - ancorché da Oscar - e di musicista di Fellini in particolare, ha contribuito a confinarlo in una specie di limbo, difficilmente catalogabile nel quadro della musica colta contemporanea. Così, se il pubblico lo ha sempre amato per l’immediatezza comunicativa, la critica ne ha spesso preso le distanze. Nino Rota ebbe però una produzione specifica in diversi generi musicali, non ultimo anche quello sacro, al quale si dedicò con lo stesso impegno e la stessa fervida mano che lo resero famoso nelle sue pagine profane. Lo stesso Rota affermava: ”Non credo a differenze di ceti e livelli della musica. Secondo me,

la definizione di musica leggera, semileggera, seria è fittizia… è diverso soltanto il territorio tecnico in cui si compone”. La Messa Breve proposta a Thiene il prossimo 22 aprile si sviluppa su testo latino nelle parti fisse della Messa: Kyrie, Gloria, Sanctus-Benedictus e Agnus Dei. Composta nel 1961 per coro a tre voci miste e accompagnamento d'organo, verrà proposta dal Coro "Città di Thiene" e dagli strumentisti dell'Istituto Musicale Veneto in una rilettura del tutto originale per coro a quattro voci e accompagnamento di quartetto di clarinetti e organo, realizzata proprio in occasione del centenario da Lorenzo Fattambrini, qui nella veste anche di direttore dell'esecuzione. Un appuntamento di grande interesse quindi per la primavera musicale thienese ed un'occasione per scoprire un aspetto poco frequentato del mondo musicale e spirituale di Nino Rota. A completamento della celebrazione verranno eseguite anche alcune riletture di composizioni di Ennio Morricone e Nicola Piovani, creando una sorta di inaspettato filo comune tra la musica sacra e il mondo del cinema.

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per informazioni: ufficio eventi culturali e turistici - Comune di Thiene

Tel. 0445_804745 Fax 0445_804748 e-mail: [email protected]

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NINO ROTA E IL SACRO C’è un aspetto poco conosciuto di Rota, che attiene alla sua vita più intima e spirituale. Ogni persona si sa, non ha una spiritualità compiuta, fatta di certezze e di riferimenti precisi e indissolubili. Ognuno è alla ricerca di momenti meditativi per trovare un punto d’incontro con il suo Dio, ispirato da lui, rompere gli indugi ed ogni scetticismo per consegnarvisi nudo con la sua umanità. Negli anni in cui lavorò a Bari (1939-1977) come insegnante prima e direttore poi del Conservatorio, diede anche vita ai Corsi estivi di Canto Gregoriano con l’Abbazia benedettina della Madonna della Scala a Noci, in collaborazione con il Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma coinvolgendo i massimi esponenti gregorianisti e organisti europei. In quel contesto egli stesso partecipava assiduamente e volle dirigere una messa del grande gregorianista, Giulio Bas (Venezia 21 apr. 1874 - Vobbia (Genova) 27 luglio 1929), teorico compositore e didatta che diede nuova vita alla interpretazione e agli studi del canto gregoriano, mentre venne eseguita la sua “Messa breve” del 1961. Il Maestro teneva quindi molto alla composizione della musica sacra tant’è che vi si dedicò dal “Misterium Catholicum” del 1962 fino alla grande opera oratoriale “La Vita di Maria” del 1968, basata su testi autentici e significativi sulla vita di Maria. "Il canto di Nino Rota era gioia, divertimento, umorismo, oppure abbandono al patetico, ma un patetico votato alla catarsi, non mai all'angoscia dell'inconcluso. La discesa a qualsivoglia tipo di inferi non era per lui, essere angelico per eccellenza. […] E una sorta di angelo, o diciamo

di umano non segnato dal peccato originale, scorgeva in lui chiunque gli si accostasse" (Fedele D'Amico). Spesso la scrittura di Rota allude alla reinterpretazione del “sistema musica” dei francesi di fine Ottocento, per i quali l’ostinato melodico non tiene più conto della tonalità, perché la forma sonata, la più classica delle forme musicali, è superata. Il tema musicale, senza le costrizioni maggiore/minore può così accedere ad una libertà formale di un pensiero diluito sull’idea madre originale. Questa semplice costruzione “a cellule”, che attraversa gran parte della produzione musicale di Rota, crea un tappeto armonico fluttuante e perfettamente allineato, che potrebbe prolungarsi all’infinito, senza cadenze. E poi, quando parlava di Musica e di interpretazione, si illuminava a nominare i grandi compositori. Lui usava chiamarli «gli angeli incarnati», convinto che il Padreterno ce li avesse inviati sulla terra per donarci un suo segno che vivesse attraverso la Musica. Questa è forse la più grossa eredità lasciata a noi allievi da Rota: questa visione cioè del Sacro nella Musica, e credo che in questo senso bisognerebbe approfondire il discorso sull’interpretazione e sulla comprensione della sua produzione musicale. Rota scriveva Musica e vedeva in essa una maniera per arrivare a Dio. Ecco quindi che la sua innocenza e la sua apparente facilità di scrittura nascondono un significato molto più elevato: lui desiderava che anche chi ascoltasse la sua musica cogliesse in essa il segno di Dio, che si materializzava rispondendo ad un’esigenza creativa di sua natura misteriosa, che non conosceva alcun principio di utilità se non quello di esaudire un bisogno interiore. L'estrema, quasi maniacale, attenzione di quegli anni alla costruzione di nuovi linguaggi, sistemi, direi quasi ingranaggi, per scrivere musica, ha danneggiato la giusta ricezione della musica di Rota, "una musica senza virgolette e, perciò, tale da poter restituire i sentimenti grandi o piccoli nella loro immediatezza, nella loro spontaneità"; una musica che (sono parole dello stesso Rota) "è qualcosa che sta nel più profondo di noi; per cui alcune sue manifestazioni essa può giungere ad essere sentita come una voce divina apportatrice di un messaggio perenne di bellezza, di gioia, di pace e di amore". Un forte sentimento religioso, sempre gelosamente custodito: ne sono prova appunto la Messa Breve (1961), il Mysterium (1962) e numerose liriche sacre che Rota non fece mai pubblicare e che hanno visto la luce solo pochi anni or sono: Salmo VI e Salmo 99 (1943), Salve Regina (1958), Psallite (1958). Teodoro Celli, sul piano musicale, lo comprese meglio: «Un fanciullo della musica, un innocente; non alla sublime maniera degli “innocenti” che pure la Storia della musica annovera: i Mozart, gli Schubert, i Pergolesi: geni che assumevano i linguaggi dell’epoca a loro circostante e l’esaltavano d’una luce prorompente dalla loro mente, dalla loro sensibilità. Ma innocente Nono Rota, per ragioni esattamente opposte. Si trovava a vivere nella più tormentata congiuntura storica dell’arte dei suoni, era stato posto dal destino in un fatale crocevia in cui convergevano uomini, tendenze, vocazioni ed anche velleità quanto mai discordi e mescolate: Schoenberg e la sintassi dodecafonica; Stravinsky e il neoclassicismo; e poi la teorizzata distruzione della sintassi tonale, e le polemiche dell’arte politicamente impegnata, e i tanti, infiniti ritorni: al gregoriano, a Bach, persino all’ars nova trecentesca; un’epoca in cui, per soprammercato, lo scisma fra musica seria e musica leggera appariva definitivo e insanabile. Ebbene, Rota in un clima siffatto aveva saputo vivere come se tutto ciò che abbiamo ricordato non esistesse; e aveva saputo operare, comporre. Stava fermamente attaccato alla sintassi tonale, che appena ne screziava di qualche politonalità, desunta dagli amati francesi, Ravel soprattutto; e scriveva melodie, con lo scopo, con la speranza, diciamo pure con l’ingenua presunzione, che potessero divenire popolari

come quelle della Traviata o della Bohème. Per questo era un fanciullo: perché viveva fuor dal mondo, dal mondo della musica a lui circostante. Spesso ci domandavamo come ciò fosse possibile, la risposta, però, sorgeva dalla conoscenza stessa della sua musica, e dall’ammirazione che fatalmente ne scaturiva, e consisteva prima di tutte nella constatazione che Rota era un autentico maestro, per il quale l’arte non aveva segreti. Non era possibile confondere la sua innocenza con il dilettantismo: o meglio, Rota era un dilettante solo nel significato bello e nobile del termine, quello etimologico. Era un musicista che voleva procurare diletto, addirittura gioia» «Si è lasciato guidare dall’istinto, senza preoccuparsi di inventare un linguaggio, senza macerarsi l’anima sulla scelta dei mezzi più adatti alle necessità espressive, senza pretese rivoluzionarie. Se il taglio di qualche composizione ricorda modelli tradizionali, tanto meglio e tanto peggio. Rota non pretende di diventare un caposcuola…» (Edilio Frassoni) NINO ROTA: BIOGRAFIA Giovanni Rota Rinaldi, in arte Nino Rota, nasce a Milano il 3 dicembre 1911 da una famiglia con ascendenze musicali per parte materna. Il nonno era infatti il pianista e compositore Giovanni Rinaldi (1840-95), la madre Ernesta una pianista e la cugina Maria una cantante. Fanciullo prodigio, esordisce in pubblico con la rappresentazione del suo Oratorio L’infanzia di San Giovanni Battista (Milano, 22 aprile 1923) composto all’età di 11 anni. Studia con Giacomo Orefice, Ildebrando Pizzetti e Alfredo Casella, sotto la cui guida si diploma in composizione presso il Conservatorio di Santa Cecilia a Roma nel 1930. Successivamente si perfeziona al Curtis Institute di Philadelphia con Rosario Scalero per la composizione, Fritz Reiner per la direzione d’orchestra. Si laurea in Filosofia a Milano nel 1936 con Antonio Banfi. Nel 1937 vince un concorso per insegnare al Liceo Musicale di Taranto. Nel 1939 ottiene il trasferimento a Bari (Liceo Musicale N. Piccinni) per restarvi come insegnante fino al 1949 e dal 1950 al 1977 come direttore. Compositore estremamente prolifico, il suo catalogo supera i 348 numeri d’opera, guadagna una notevole popolarità grazie alle musiche per il cinematografo diventando l’alter ego musicale di Federico Fellini, componendo le musiche per tutti i film del Maestro riminese dal 1952 al 1978. Firma inoltre alcuni dei maggiori successi in questo campo fra i quali ricordiamo le musiche per la saga de Il Padrino di Francis Ford Coppola (1972-90), Romeo e Giulietta di Franco Zeffirelli (1968), Il Gattopardo di Luchino Visconti (1963). Nel campo della musica da concerto, dove ha esplorato ogni specifico genere è rimarchevole l’impegno per il teatro musicale con 22 occorrenze fra le quali si segnalano le opere Il cappello di paglia di Firenze (1945-46), Aladino e la lampada magica (1963-65), La visita meravigliosa (1965-69), Napoli Milionaria (1973-77), i balletti "La strada" (1966) e Le Molière imaginaire (1976), l’oratorio Il Natale degli innocenti (1969-70). Nell’ambito delle composizioni vocali con la cantata sacra Mysterium (1962) e quella profana con Rabelaisiana (1977). In quello dei concerti per strumento solista con il Concerto per trombone e orchestra (1966), il Concerto N° 2 per violoncello e orchestra (1973) e in quello cameristico con il Nonetto (1959-74-77). Muore a Roma il 10 aprile 1979.

IL CORO “CITTÀ DI THIENE” 50 anni di coralità appassionata e originale

“Nulla fonde animi e caratteri quanto un coro, quando è vero coro; quanto sentirsi componenti di un coro; allora l’appuntamento, la prova, il ritrovarsi e il sentirsi presenza necessaria a cantare, diventa come un convenire di innamorati.” (D.M.Turoldo)

Il canto corale è, ancor prima che musicale e artistico, un fatto sociale: attraverso il coro un gruppo di persone trova il modo di esprimere la propria identità, il proprio carattere manifestando così la gioia di stare insieme. Il coro è anche un luogo privilegiato per avere maggior autostima e consapevolezza di se stessi: piccolo o grande che sia il contributo di ciascuno collabora al risultato globale. Il vicentino ama cantare. Da sempre. E non è un caso che statisticamente proprio nella provincia di Vicenza sia presente la percentuale maggiore di gruppi corali (dall’amatoriale al professionistico) su scala nazionale. Tra le varie interessanti realtà del territorio, certamente il CORO “CITTÀ DI THIENE” risulta essere una delle formazioni corali storicamente più atipiche ed originali. Attualmente il Coro è costitutito come Associazione Corale "Città di Thiene" comprendendo al suo interno varie realtà didattiche ed artistiche, coinvolgendo cantori dall'età scolare in poi, con attività di sezione (giovanile, adulta, maschile, femminile, mista) mirate ad una efficace formazione musicale e con il desiderio di proporre repertori sempre nuovi e qualitativi, pur vivendo gli importanti aspetti umani tipici dell'amatorialità; si presenta oggi come una delle più interessanti realtà musicali del territorio vicentino, avendo mantenuto dalle origini una strada del tutto atipica in ambito corale e artistico, con proposte concertistiche che favoriscano un'espressione culturale il più eterogena possibile creando collaborazioni insolite ed originali tra musica e teatro, parola recitata e cantata, danza e musica. Caratteristiche che recentemente hanno permesso al Coro di distinguersi in modo lusinghiero anche al Festival della Coralità Veneta organizzato nel 2003 dalla Regione Veneto e dall'ASAC, dove la formazione thienese si è aggiudicata il GRAN PREMIO imponendosi come migliore proposta artistico-musicale. Dal 2001 la Direzione Artistica è affidata a Lorenzo Fattambrini.


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