Michele Gesualdi è stato uno dei primi sei “ragazzi” per i quali don Lorenzo Milani organizza in cano-nica di Barbiana la scuola nel 1956. Dopo Barbiana Gesualdi ha fatto il sindacalista a Milano e a Firenze come segretario generale CISL. Per due le-gislature è stato presidente della Pro-vincia di Firenze dal 1995 al 2004. Al termine dei mandati amministrativi è ritornato sulle sue colline di Barbiana in Mugello. Oggi è presidente della Fondazione Don Lorenzo Milani. Da sempre porta avanti la sua opera di ricerca, raccolta e tutela della docu-mentazione riguardante don Milani e la sua scuola che ha curato e ordi-nato in diverse pubblicazioni. Per le Edizioni San Paolo ha pubblicato le Lettere di don Lorenzo Milani Priore di Barbiana (2007) e «Perché mi hai chiamato?» (2013).
In copertina: Don Lorenzo Milani e la chiesa di Barbiana, 1955. Foto Ammannati, Archivio FDLM.
In quarta di copertina: Dialogo in aula, 1958. Foto Frighi, Archivio FDLM.
«Michele Gesualdi ha incontrato davvero don Milani.Con questo libro ci offre il distillato
della sua ricerca e della sua memoria»
(dalla Prefazione di ANDREA RICCARDI)
«A emergere da queste pagine è un don Milaniben diverso da quello stilizzato
– a volte stereotipato – di certi testi»
(dalla Postfazione di DON LUIGI CIOTTI)
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L’esilio di Barbiana
MICHELE GESUALDI
MILANI D O N L O R E N Z O
Su don Lorenzo Milani è stato scrit-to molto. La sua figura, infatti, ha
scosso in profondità le coscienze e di-viso gli animi. Ma chi è stato davvero don Milani? A tale interrogativo vuo-le rispondere questo libro di Michele Gesualdi, uno dei primi sei “ragazzi” di Barbiana. Dando voce alle vive te-stimonianze di quanti lo hanno cono-sciuto direttamente, basandosi anche sulle sue lettere, alcune delle quali ine-dite, Gesualdi ricostruisce il percorso che ha portato don Milani all’“esilio” di Barbiana. La sua narrazione prende il via dagli anni del Seminario, ma si sofferma diffusamente e opportuna-mente sul periodo in cui don Loren-zo è stato cappellano a San Donato di Calenzano, perché se Barbiana è stato il “capolavoro” di don Milani, Calenzano ne è stata l’officina. È però nel niente di Barbiana, di cui don Lo-renzo diviene Priore nel 1954, che si compie il “miracolo” del Milani, quel niente che egli ha fatto fiorire e frut-tificare, prendendosi cura degli esclusi e degli emarginati.Un libro straordinario e commovente in cui Gesualdi, che ha vissuto in casa con don Lorenzo tutto il periodo di Barbiana, apre il suo cuore e ci svela il vero volto di don Milani: un prete, un maestro, un uomo, un “padre” che ha fatto del suo sacerdozio un dono ai poveri più poveri.
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Michele Gesualdi
DON LORENZO MILANI
L’esilio di Barbiana
Prefazione di
andrea riccardi
Postfazione di
don luiGi ciotti
© EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2016 Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) www.edizionisanpaolo.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano)
Progetto grafico: Ink Graphics Communication, Milano
Tutti i diritti riservati.
Nessuna parte di questo volume potrà essere pubblicata, riprodotta, archiviata su supporto elettronico, né trasmessa con alcuna forma o alcun mezzo meccanico o elettronico, né fotocopiata o registrata, o in altro modo divulgata, senza il permesso scritto della casa editrice.
ISBN 978-88-215-9956-9
Le foto dell’inserto provengono da: Archivi privati, Archivio Fondazione Don Lorenzo Milani, Archivio Michele Gesualdi, Archivio Elena Milani Comparetti-Erseo Polacco.
Foto di: Agostino Ammannati, anonimo, Frighi, Michele Gesualdi, Giancarlo Melli.
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NOTA DELL’AUTORE
Oggi Barbiana, nel silenzio della montagna, conserva la tomba
di don Lorenzo e la sua scuola.
Don Lorenzo prima di morire aveva chiesto al Cardinal Florit
di affidare la canonica all’Eda e alla sua famiglia barbianese fino
a quando ne avessero avuto bisogno. Florit e i suoi successori
hanno mantenuto la parola data. Grazie a questa presenza Bar-
biana ha continuato a esistere. La Fondazione Don Lorenzo
Milani l’ha recuperata dal 2004 rendendola viva come nel pe-
riodo più bello.
Tutto è rimasto povero e austero come ai tempi di don Lo-
renzo. Una povertà che non deve essere cancellata, né stravolta,
perché parla e ci ricorda che per realizzare opere importanti non
occorrono grandi mezzi, basta non arrendersi e amare molto la
causa che si è scelto di servire.
Ogni cosa è tornata a parlare: i tavoli e le sedie costruite dai
primi sei ragazzi per iniziare la scuola, i muri con le carte geogra-
fiche realizzate a mano, i grafici che sostituivano i libri, l’officina
allestita al piano terra con qualche morsa e altri arnesi regalati
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MICHELE GESUALDI
o costruiti dai ragazzi. In quell’officina casalinga gli scolari e il
loro maestro-prete costruivano gli strumenti didattici, le librerie,
gli sci, i trampoli e quant’altro servisse per la scuola e la casa.
Gradualmente quella stanza da lavoro divenne laboratorio e
scuola di falegnameria, di meccanica, di saldatura, di forgia-
tura, di elettricità e di studio delle modernità che scorrevano
fuori da Barbiana, come i motori e le nuove tecnologie. Non
passava artigiano senza fermarsi a insegnare la sua arte per
qualche ora.
L’officina divenne servizio gratuito anche per le poche famiglie
del popolo. Se si rompeva un carro si andava da quei ragazzi
per aggiustarlo, lo stesso se si rompeva una sedia o il manico di
qualche pentola e i piccoli artigiani erano fieri di rendersi utili
e mostrare ai genitori quello che sapevano fare.
Attualmente quella povera tomba e quell’anomala scuola ri-
chiamano a Barbiana centinaia di scolaresche, parrocchie, asso-
ciazioni, famiglie e singole persone per respirare dal vivo l’espe-
rienza che là si è svolta.
Per i giovani di oggi è un’esperienza lontana nel tempo. Appar-
tiene ad un’epoca diversa rispetto alla loro. Diventa però attuale
quando, confrontandosi con i protagonisti diretti di quella scuola,
afferrano che le storture contro le quali don Lorenzo si è battuto
ed ha insegnato a combattere, esistono ancora. Ieri come oggi ci
sono nella società i primi e gli ultimi, i colti e gli incolti, gli inse-
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DON LORENZO MILANI - L’ESILIO DI BARBIANA
riti e gli emarginati, i poveri e i ricchi. E nella scuola i “Pierino” e i
“Gianni”. Le Barbiane nel mondo sono ancora tante e i barbianesi
molto più numerosi, hanno solo cambiato luogo e pelle.
Non riescono a capire per quale motivo un uomo di valore
come don Lorenzo la Chiesa, anziché valorizzarlo, l’ha cacciato
in esilio su quel monte per farlo tacere.
Per fornire qualche risposta ho deciso di far parlare le vive testi-
monianze, raccolte durante gli anni, di persone che hanno cono-
sciuto direttamente il percorso di don Lorenzo prima che arrivasse
a Barbiana. Ho raccolto queste testimonianze perché anch’io, a
quei tempi, volevo capire quello che vogliono capire i ragazzi oggi.
I fatti relativi al Seminario, Montespertoli e a San Donato, li
ho ascoltati da Monsignor Enrico Bartoletti, Monsignor Silvano
Piovanelli, don Renzo Rossi, don Auro Giubbolini, don Bruno
Brandani, don Alfredo Nesi, don Piero Paciscopi, don Silvano
Nistri, dalla Francesca, la Cesarina, l’Eda, la Giulia, la Dora, la
Giovanna, Giorgio, Bestemmino, don Ezio Palombo e qualcosa
l’ho udito anche direttamente da don Lorenzo.
Tutti testimoni diretti che volevano bene al Priore, per questo i
fatti riportati sono visti con l’occhio di parte, ma tutti verosimili.
Ne ho cercato riscontro anche nelle lettere di don Lorenzo, che
spesso riporto. Alcuni nomi sono stati cambiati per riguardo verso
gli interessati o le loro famiglie.
Altri episodi sono stati arricchiti da scritti o semplici frasi inedite
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MICHELE GESUALDI
di don Lorenzo o di terzi, sempre segnalati in corsivo e virgolet-
tato.
Quanto scritto sul periodo di Barbiana è stato vissuto diretta-
mente da me e quindi non mediato da terzi, salvo i racconti di
don Cesare Mazzoni.
Della scuola di Barbiana e della sua intensa vita, che è difficile
separare da quella di don Lorenzo e della sua famiglia barbianese,
non ne parlo volutamente in modo diffuso. Non è escluso che
venga preparato un lavoro successivo, a sé stante, perché si tratta
di un’esperienza completamente diversa dalle altre. Lo stesso don
Lorenzo a Barbiana diventa una persona nuova. La cultura dei
montanari, ultimi degli ultimi, lo trasforma, donandogli occhi,
orecchie, mente e cuore nuovo.
In tutti gli scritti da Barbiana – Lettera ai cappellani militari,
Lettera ai giudici, Lettera a una professoressa e la sua corrispondenza
privata – non è più il signorino che scrive con linguaggio colto e
forbito ma il barbianese. Scrive e parla come loro, vede le cose dal
loro stesso punto di vista, ogni parola è essenziale e arriva dritta
al cuore come una freccia costruita a mano da chi la scocca.
Gli anni di Barbiana hanno visto il “miracolo” del Milani. Chi
non ha vissuto direttamente ed intensamente quegli anni scava
per capire, ma alla fine si arrende. Non afferra come quel prete
possa, sia pur con una grande intelligenza, ma isolato in un posto
poverissimo senza nessun rapporto con l’esterno e senza mezzi,
in cui manca tutto, telefono, luce, strada, libri, giornali e riviste
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DON LORENZO MILANI - L’ESILIO DI BARBIANA
culturalmente influenti, esser riuscito a parlare con quella forza
al mondo intero.
Quand’era a Calenzano don Lorenzo cercava personaggi inte-
ressanti e li invitava a parlare alla scuola popolare. A Barbiana è
esattamente il contrario: sono le personalità politiche, religiose,
socialmente impegnate e colte a cercarlo e si arrampicano fin
lassù per respirare quell’esperienza. Don Lorenzo dalla “cattedra
del niente” parla, insegna ed elabora nuovi pensieri per l’oggi e
per il futuro. Riesce a trasformare il particolare e la quotidianità
in universale, trattando temi di ampio respiro come l’obiezione
di coscienza, la pace, la formazione civile e religiosa, l’ingiustizia
sociale, il primato della coscienza sulla legge, lo sfruttamento
nord-sud del mondo, il razzismo e la scuola. Contro questi mali
si indirizza la sua lezione. Una lezione che tocca la scuola, la
politica, la Chiesa, l’economia, la giustizia senza che riescano a
sottrarsi dalla forza delle verità che li martella.
Come può essere avvenuto tutto questo? So di dire una cosa
grossa e nel contempo ovvia se affermo che da Barbiana è passato
lo Spirito Santo che ha investito in pieno questo prete, aiutan-
dolo in tutto.
Per me scrivere di quella esperienza non è cosa semplice perché
si affacciano alla memoria dodici anni di vita in comune con
don Lorenzo: una montagna di ricordi dell’uomo, del prete, del
maestro, del fratello-babbo. Molte di quelle memorie apparten-
gono alla sfera dell’anima che non si desidera condividere con
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MICHELE GESUALDI
nessuno e il raccontare diventa una violenza a me stesso che non
ho voglia di subire.
Mia figlia Sandra, sia pur delicatamente, contrasta questa mia
posizione e sostiene che il tempo fa diventare dono universale
anche ciò che si vive come una forzatura.
Soprattutto ora che una malattia rara mi ha indebolito e tolto
la fluidità della parola e sono costretto a stare più in casa, mi
stuzzica e mi sprona a prendere la penna in mano.
La capisco perché lei, come il fratello Daniele e la sorella Ema-
nuela sono figli di due barbianesi. La canonica di Barbiana dove
c’è la scuola è stata, fin dalla nascita, per molti mesi l’anno, la loro
casa. Hanno respirato quel clima, vissuto in mezzo al materiale
della scuola e percepito don Lorenzo come figura familiare. La
nonna Eda ha aiutato noi genitori a tirarli su fino all’adolescenza
e ha parlato molto con loro di quella esperienza.
Ora che sono adulti vogliono approfondire e continuare a
conoscere. Per questo la Sandra e anche gli altri due, in modo
più discreto, non mi danno pace. Per ora non li assecondo, per
il futuro staremo a vedere!
Michele Gesualdi
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IPROLOGO
Don Lorenzo Milani è prete scomodo. Ha una grande fame
di verità e una grande sete di giustizia. Il suo linguaggio forte
e tagliente urta i potenti e incoraggia i deboli. Spende il suo
sacerdozio per armare la povera gente di dignità e di parola
perché si ribellino contro le ingiustizie sociali che offendono
Dio e l’umanità. La sua guida è il Vangelo.
Gli ultimi lo seguono e lo amano. I forti, dentro e fuori la
Chiesa, lo temono e lo perseguitano. Lui non si arrende e pa-
gherà duramente la propria coerenza al Vangelo.
Sarà cacciato in esilio per essere messo a tacere.
Il popolo cristiano giudica severamente chi spenge la voce
dei purificati dalla parola di Dio ed è attratto da chi è sacri-
ficato per aver posto la verità di coscienza al di sopra della
convenienza.
Si racconta che quando a Firenze fra Girolamo Savonaro-
la venne condotto al rogo, condannato da un Papa e da un
Cardinale, i suoi fraticelli cantarono il Te Deum. La folla che
gremiva Piazza della Signoria interpretò quel canto come un
ringraziamento a Dio per un frate che saliva in paradiso e un
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MICHELE GESUALDI
Papa e un Cardinale che sprofondavano all’inferno. Una triste
pagina per la storia della Chiesa fiorentina.
Qualche secolo dopo, sempre a Firenze, la Chiesa decide di
uccidere un’altra voce, quella del prete Lorenzo Milani. Non più
col cappio o il rogo ma attraverso l’esilio.
I metodi sono cambiati, ma gli obiettivi restano immutati: far
pagare con l’emarginazione la sua fedeltà alla parola di Dio e alla
Chiesa dei poveri.
Gli viene tolta la parrocchia dove opera da sette anni e scacciato
a Barbiana, imprigionato dietro le sbarre della solitudine e del
niente di una montagna.
Esilio disastroso per i deboli
Coloro che usano questa forma di tortura per spengere gli av-
versari sono in genere ciechi ai segni dei tempi. Sanno che l’esilio
è disastroso, ma non afferrano che lo è soltanto per i deboli, non
per i forti. Per i deboli è la disistima di se stessi, non sapere bere
quel calice e vengono assaliti dalla voglia di perdere la fede, di
spretarsi, di cadere nelle più basse miserie.
Ai forti invece l’esilio offre la possibilità di temperarsi, di non
arrendersi, di cercare la nuova porta che Dio ha aperto per loro,
senza farli cedere al compromesso e rinunciare alla gioia di dire
sempre la verità.
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DON LORENZO MILANI - L’ESILIO DI BARBIANA
L’uomo di Dio in esilio è aiutato dallo Spirito Santo a purifica-
re la propria anima e a rendere sempre più incisiva la sua parola
e la sua penna con cui smascherare le piccinerie degli uomini
di potere e rafforzare il legame con Dio. Nella solitudine può
colloquiare con Lui, pensare di più, e questo lo fa diventare
migliore, fa crescere la sua forza logica e dialettica, l’abisso tra
la sua mente, ogni giorno più limpida, e quella dei persecutori,
ogni giorno più chiusa.
L’esilio migliora la comprensione del prossimo. Si ama e si è
amati di più e questo approfondisce il solco con chi non ha mai
amato e non è mai stato amato.
Barbiana doveva essere, per don Lorenzo Milani, un duro esi-
lio. La realtà è stata molto diversa, lo ha trasformato e fatto di-
venire un uomo nuovo. È impossibile oggi pensare a lui separato
da Barbiana e dobbiamo arrenderci di fronte al mistero di una
vita religiosa singolarmente ricca, dove gli aspetti più dolorosi
sono divenuti straordinariamente fecondi.
Con lui non è stata tenera nemmeno la società civile che lo ha
messo sotto processo per essersi scagliato contro la guerra e aver
difeso i giovani messi in prigione per essersi rifiutati di imparare
a uccidere.
Ha evitato le manette solo grazie al suo “Padrone” che lo ha
chiamato a sé all’età di 44 anni, pochi mesi prima della sentenza
di colpevolezza. Ma la condanna della società è stata per lui mol-
to meno dolorosa rispetto all’incomprensione della sua Chiesa.
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MICHELE GESUALDI
Il tempo tuttavia è galantuomo e durante il suo cammino
seppellisce i viziosi e fa fiorire i virtuosi.
È l’insegnamento che ci trasmette anche l’esilio di un altro
fiorentino: Dante Alighieri, la cui opera maggiore, La Divina
Commedia, si basa su una salda e sicura dottrina trascendente,
qual è quella cattolica. Lui era un cristiano integrale, ma questo
non gli impedì di mettere all’inferno ben due papi, di cui uno
vivente, e un arcivescovo.
Brontolo
Brontolo, il simpatico popolano fiorentino che diffidava di
tutto, ripeteva: «Se la Chiesa regge da duemila anni, nonostante
il marcio, significa che Dio c’è e la protegge. Tollera per non
negare la libertà anche di sbagliare, ma ogni tanto perde la pa-
zienza e manda un suo Papa illuminato a tirare frustate e mettere
le cose a posto».
Brontolo interpreta la saggezza popolare: la Chiesa può sba-
gliare ma cammina, forse lentamente, ma arriva. Occorre solo
aver pazienza, del resto, qualche decennio per lei è niente rispetto
all’eternità.
Il rogo di Savonarola e l’esilio di don Lorenzo Milani, visti
oggi, hanno qualcosa d’incredibile. Per il primo è stata aperta la
causa di beatificazione, mentre l’altro è già punto di riferimento
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DON LORENZO MILANI - L’ESILIO DI BARBIANA
per molti, sia nella Chiesa che nella società ed oggi Barbiana, a
causa di quell’esilio, è conosciuta in tutta Italia. Anche se ancora
non è riportata sulle carte geografiche.
Barbiana ieri
Barbiana, quando nel 1954 vi fu mandato parroco don Lo-
renzo Milani, nessuno la conosceva. Allora era niente, soltanto
il nome di una località, senza storia, senza strada, senza luce
elettrica, senza acqua nelle case, senza scuola, senza speranza e
senza futuro, destinata ad essere cancellata dalla memoria. Solo
una chiesa, una canonica ed una ventina di famiglie di contadini
sparse nel bosco, in case isolate tra loro. Quella povera gente
viveva grattando una terra avara che spezzava la schiena dalla
fatica e non restituiva niente.
Un luogo ideale per isolare e far sparire chi doveva essere messo
a tacere e dimenticato. In Toscana non esisteva luogo migliore
per confinare un prete come don Lorenzo Milani, accusato di
non essere intonato con gli altri preti e di aver diviso in due il
popolo della parrocchia di San Donato a Calenzano, durante i
sette anni di apostolato, come Cappellano del vecchio Proposto
don Daniele Pugi.
Michele Gesualdi è stato uno dei primi sei “ragazzi” per i quali don Lorenzo Milani organizza in cano-nica di Barbiana la scuola nel 1956. Dopo Barbiana Gesualdi ha fatto il sindacalista a Milano e a Firenze come segretario generale CISL. Per due le-gislature è stato presidente della Pro-vincia di Firenze dal 1995 al 2004. Al termine dei mandati amministrativi è ritornato sulle sue colline di Barbiana in Mugello. Oggi è presidente della Fondazione Don Lorenzo Milani. Da sempre porta avanti la sua opera di ricerca, raccolta e tutela della docu-mentazione riguardante don Milani e la sua scuola che ha curato e ordi-nato in diverse pubblicazioni. Per le Edizioni San Paolo ha pubblicato le Lettere di don Lorenzo Milani Priore di Barbiana (2007) e «Perché mi hai chiamato?» (2013).
In copertina: Don Lorenzo Milani e la chiesa di Barbiana, 1955. Foto Ammannati, Archivio FDLM.
In quarta di copertina: Dialogo in aula, 1958. Foto Frighi, Archivio FDLM.
«Michele Gesualdi ha incontrato davvero don Milani.Con questo libro ci offre il distillato
della sua ricerca e della sua memoria»
(dalla Prefazione di ANDREA RICCARDI)
«A emergere da queste pagine è un don Milaniben diverso da quello stilizzato
– a volte stereotipato – di certi testi»
(dalla Postfazione di DON LUIGI CIOTTI)
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MILANI D O N L O R E N Z O
Su don Lorenzo Milani è stato scrit-to molto. La sua figura, infatti, ha
scosso in profondità le coscienze e di-viso gli animi. Ma chi è stato davvero don Milani? A tale interrogativo vuo-le rispondere questo libro di Michele Gesualdi, uno dei primi sei “ragazzi” di Barbiana. Dando voce alle vive te-stimonianze di quanti lo hanno cono-sciuto direttamente, basandosi anche sulle sue lettere, alcune delle quali ine-dite, Gesualdi ricostruisce il percorso che ha portato don Milani all’“esilio” di Barbiana. La sua narrazione prende il via dagli anni del Seminario, ma si sofferma diffusamente e opportuna-mente sul periodo in cui don Loren-zo è stato cappellano a San Donato di Calenzano, perché se Barbiana è stato il “capolavoro” di don Milani, Calenzano ne è stata l’officina. È però nel niente di Barbiana, di cui don Lo-renzo diviene Priore nel 1954, che si compie il “miracolo” del Milani, quel niente che egli ha fatto fiorire e frut-tificare, prendendosi cura degli esclusi e degli emarginati.Un libro straordinario e commovente in cui Gesualdi, che ha vissuto in casa con don Lorenzo tutto il periodo di Barbiana, apre il suo cuore e ci svela il vero volto di don Milani: un prete, un maestro, un uomo, un “padre” che ha fatto del suo sacerdozio un dono ai poveri più poveri.
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