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PAGINA 6 • • 1 OTTOBRE 2 0 1 7 • ALIAS DOMENICA I

narrazioni dell'antico

Con «Demoni, mostri e prodigi», da Sonzogno, Giorgio leranò continua il percorso divulgativo cominciato con gli dèi e gli eroi. Questa volta ripercorre, soprattutto sulle orme di Kerényi e di Dodds, l'irrazionale della cultura greca

Draghi e giganti, un volto trendy per il Classico di CARLO FRANCO

Sono tempi duri per il «miracolo greco». Per tan te ragioni non si cercano né ammirano più nel m o n d o antico apogei di classici-tà, perfet te esemplarità, assolu-te eccellenze, poeti e filosofi, m a r m i scolpiti e candidi templi. La passione per la classicità gre-

ca, che in passato ebbe anche forme ideo-logicamente sospette, pare t ramonta ta definit ivamente. La superiorità degli an-tichi è negata: di qui forse il bisogno di cercare temi che rendano anche i greci primitivi, imperfet t i , irrazionali. Come a dire, m e n o par tenoni e più empuse.

Questa è la linea seguita da Giorgio le-ranò in Demon i , mos t r ieprodig iL ' i r ra -zicmale e il fantastico nel mondo antico (Son-zogno, pp. 158, € 15,00). Il lavoro conti-nua u n percorso che già h a t rat tato di dèi ed eroi, e il pat to con il lettore è chiaro: «anche noi, per il breve t empo di questo libro, to rne remo a credere alle Ninfe e ai Minotauri, ai Satiri e ai Centauri, ai dra-ghi e ai giganti, alle magie e ai prodigi. E poco impor ta se sono solo ingann i . Per-ché dietro il velo degli inganni si nascon-de il senso della nostra vita» (p. 17). Dai mostr i alle ninfe, dunque, dagli spiriti dei mor t i alle storie di magia, molte sono le storie ripercorse ne l volgere di circa dieci brevi capitoli.

Le storie sono nel libro raccontate bene. Si succedono l 'una all'altra, collegate per associazioni di idee, vaghe consonan-ze tematiche: u n poco come in Ovidio, m a più velocemente. Al racconto si uni-sce qualche spunto di analisi. Non è una mitologia rasserenata, quella che qui si accosta: mol te storie, a cominciare da quelle sui mort i per continuare con gli aspetti «perturbanti» del culto dionisia-co. Le immagini avrebbero qua e là resti-

tui to u n e lemento vivo dell ' immagina-rio antico, ma le regole della collana so-n o prevalse: le favole antiche sono solo parole. Nel libro, il modello del Kerényi (con l'articolo, perché è il libro per anto-nomasia sui mit i antichi) è molto presen-te, come anche I Greci e l'irrazionale di Dod-ds. Il tu t to però con i necessari adatta-ment i all 'ora presente: sono escluse le note, ridottissime le «letture ulteriori», volutamente leggera la scrittura.

Continuità fra epoche diverse Sogni, incubazioni, apparizioni, maghi, draghi, presentano u n volto «trendy» del mondo classico: il Ubro valorizza la conti-nuità fra epoche e culture diverse, evo-cando le linee che congiungono i dèmo-ni e il demonio, ma anche il mi to e il fan-tasy. E infatti l 'apprendista stregone di Fantasia viene da una pagina dell'Amante della menzogna di Luciano di Samosata, poi imitata in una ballata di Goethe. È cer-to una scoperta godibile, ma forse i no-stri contemporanei , così insensibili alla distinzione tra il «vero» e il fittizio, non capiscono più l'acido spirito volterriano con cui Luciano propose questa e altre storie fantastiche: non certo con il pat to di «crederci», n e m m e n o per il t empo del-la lettura.

Storicamente è giusto richiamare il fat to che la cultura dei greci non era costi-tui ta solo di razionalità, che non proce-dette l inearmente «dal mi to al logos», che non si liberò mai del mondo magico. Nel santuario di Delfi non divinava forse la Pizia in stato di trance? E non esistette anche una sorta di irrazionalismo «alto», quale bene si riconosce in età tardoanti-ca? Le credenze soprannaturali diffuse non erano (solo) espressione di sub-cultu-re popolari: molt i libri ne hanno in tem-pi recenti t rat tato con rigore scientifico e correttezza antropologica. L'accademia ha fat to ampiamente propri questi temi: l 'iconografia delle gemme magiche è og-

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L'apprendista stregone

di «Fantasia» risale a Luciano

via-Goethe: ma chi è in grado

oggi di capire lo spirito acido

dello scrittore di Samosata?

gi studiata con più cura di quella u n tem-po riservata a Fidia e Prassitele.

Resta una domanda. Se si t rat ta di cer-care elementi fantasy, è davvero utile scomodare i greci, o sarebbe più sempli-ce usare il comodo 'pacchetto nordico'? Giacché filologia si fa ormai anche su Tolkien, Narnia e la Terra di Mezzo sono più familiari di Tebe e Atene, e l ' immagi-nario da videogame e serie televisive con-diziona indelebilmente il gusto dei pros-simi lettori (se ve ne saranno ancora).

René Magritte, copertina della rivista surrealista «Minotauro», n. 10,1937

« A P P U N T I SUI POLSINI!

I rebus rondistì della Settimana

Enigmistica

Domenico Pinto **

IMA € f HIA ROCCIOSA rilut-tanza a sottrarsi ai luoghi comu-ni, i bei sentimenti da camera, ma proiettati su vasta scala, in un biedermeier delle giogaie e delle convalli. Come in una stam-pa d'Épinal, di questa meno rubi-conda e in definitiva più menzo-gnera, la prosa delle Otto monta-gne ha nel cerchio della sua ideo-logia - un sublime temperato e denso di cordiale umanità - la ri-sposta a qualche rara inquietudi-ne.

Paolo Cognetti, Le otto monta-gne, Einaudi, pp. 206, €18,50

f Q M A M MA B I M i un li-bretto, divertito e concitato, che racconta la storia dei peli - sì, del-la peluria - nello sviluppo della società e delle arti. Sfuggito, rom-pendone la cornice, a una carta dei tarocchi, il formidabile jon-gler e «comunista dandp - come pochi dotati di genio - ha stabili-to la sua residenza nel burlesco. La sua opera più tenace, con più ostinazione inseguita, è lo sber-

leffo, un marameo alla civiltà de-gli agi. Quand'è però che Hop-Frog, con la sua ghigna ridi-cola, assesterà un colpo mortale alla società che detesta e di cui pure deve accettare la compa-gnia?

Francesco Forlani, Peli, Fefè Editore, pp. 174, €12

ECCESSO, sconfinamento, lot-ta mortale contro la realtà, dismi-sura e dissipazione, su queste li-nee di forza - attribuite per tradi-zione a Balzac - si distende il pen-siero di Moresco, che in un dialo-go con Pietri si fa strada dentro il corpo della Comédie humaine. Mo-resco porta nello stesso spazio ima lezione di poetica balzachia-na e un autoritratto: come forse nessuno scrittore italiano ingan-natodall'Opera Totale, èall'eter-na ricerca di un assoluto roman-zesco che schianta, sotto il suo peso, tutte le forme della narra-zione. Le sue parole, sempre al ca-lor bianco, sempre ultimative, sono una dichiarazione di oltre-

passamento in cui non c'è più traccia di umanità, dove i tratti dell'umano vengono deformati e fusi in un altoforno titanico. Non di meno, a guardare bene, appare tra i fumi il vecchio senti-mento del Sublime, ma inuna co-razza da fantascienza. Dal mag-ma escono talvolta pagine bellis-sime, ed è doloroso non poter cre-dere che a quelle.

Antonio Moresco, Susi Pietri, Il Jronteggiatore, Bompiani, pp. 192, €13

RfSiWNTHOlMB&IAjilrealeè un linguaggio. La storia del pen-siero ha mostrato quanto sia den-sa di consueguenze e fondatrice di dubbi tale affermazione. C'è almeno un luogo, il gioco del re-bus, dovele parole non si presen-tano alla stregua di sassi sdruc-ciolevoli alla superficie dell'ac-qua, bensì in forma di frantumi, scorci di realtà che possono tro-vare finalmente un loro posto nel mondo. Da ottant'anni «La Settimana Enigmistica» - ogget-

to tipografico che surclassa, per austerità, qualsiasi libro d'ore, ignara purtroppo d'umorimo, del quale conosce solo varianti codine e suoceresche - séguita a proporre ai suoi lettori, nella «Pa-gina della Sfinge» e nell'«Antolo-gia di Edipo», una scelta di casi da risolvere. Con un meccanismo che risale all'egiziano geroglifi-co, dove sia al suono sia all'idea potevano essere assegnati dei pit-togrammi, il rebus offre un pia-cere diverso dagli altri giochi lin-guistici. Dentro la loro lingua un po' demodé, letteraria sino al rondismo, splende non solo una decifrabile bellezza, o l'eleganza delle soluzioni, ma qualcosa co-me una verità ritrovata, un che di incontestabile, non polizie-sco, che irradia una forma sottile di felicità.

«La Settimana Enigmistica», 21 settembre 2017, N. 4461 - An-no 86, pp. 48, €1,60

UNA RIPETIZIONE cosmica, un capogiro dell'Eterno Ritorno,

e i cieli fanno le medesime costel-lazioni. Nabokov, Gide, Balzac -le «stelle fisse», per calcare un pensiero di Wollschlager - ven-gono agganciati da uno scatto della lancetta e portati qui nel presente. Èvero che il passato co-stituisce la parte più vasta dell'esistente, eppure il reflusso editoriale, può notarlo chiun-que, sembra aver acquisito negli ultimi anni maggiore forza. È sta-to ristampato il secondo pannel-lo di un trittico fantastico: Gor-menghast (1950), di Mervyn Pe-ake. Il romanzo èun'opera irripe-tibile e grandiosa. Sulle mura e negli illimitati corridoidel castel-lo-città, abitato da personaggi in-sondabili, i fantasmi passano co-me comete gelide e biuastre, for-mano le sue volte. Chissà se ima legge governa questo universo meraviglioso, oppure se è senza significato al pari di un banco di coralli.

Mervyn Peake, Gormenghast, trad. R. Serrai, Adelphi, pp. 608, €14

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