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Sistemi dispersi e colloidi
Gli studi di Fisica e Chimica in buona parte si occupano di:
•I tre stati della materia e le loro trasformazioni
•Sostanze pure
•Soluzioni omogenee di molecole
Esiste tuttavia una classe di materiali di grande importanza che sono in forma dispersa, eterogenea e multifase: i colloidi.
“To some the world ‘colloidal’ conjures up visions of things indefinite in shape, indefinite in chemical composition and physical properties, fickle in chemical deportment, things infilterable and generally unmanageable” Hedges, 1931
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Classificazione dei colloidi
I colloidi sono costituiti da una fase dispersa discontinua finemente suddivisa e uniformemente distribuita in una fase disperdente continua
Le questioni fondamentali sono:
1. Cosa intendiamo per finemente suddivisa ?2. Cosa si intende per carattere colloidale ?
Si parla di colloide quando la fase dispersa ha dimensioni comprese tra 1-1000 nm
Questi limiti non sono tuttavia rigidi: per parlare di carattere colloidale e’ sufficiente che la fase dispersa sia < 1000 nm (1 µm) anche in una sola dimensione
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Tipi e classificazione dei colloidi
Aerosol (liquido o solido/gas): fumi, nebbie…Emulsioni (liquido/liquido): latte, maionese…Sospensioni colloidali o sols (solido/liquido): vernici, fanghi..Colloidi di associazione (tensioattivi/liquido): micelle, cristalli liquidi..Soluzioni macromolecolari (molecole in soluzione, dimensioni > 1nm): acidi nucleici, aggregati proteici
Colloidi liofili (idrofili): quando la fase dispersa è affine alla fase disperdente (acqua)
Colloidi liofobi (idrofobi): quando la fase dispersa non è affine alla fase disperdente (acqua)
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I colloidi sono noti da sempre…
Nel Mito di Babilonia e nel Libro della Genesi esistono riferimenti a fenomeni di natura colloidale.
L’Uomo ha presto sviluppato tecnologie in campo colloidale: preparazione del burro, del formaggio, del pane, estrazione della colla dalle ossa, preparazione di tinture.
Al giorno d’oggi sono innumerevoli gli esempi di coinvolgimento dei colloidi e dei processi colloidali in campo alimentare, industriale, ambientale, biologico e medico.
Si può arrivare a dire che la maggior parte dei materiali e dei sistemi reali abbia una natura colloidale o dispersa.
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Un pò di storia…
Nonostante la grande rilevanza storica e scientifica dei sistemi colloidali, lo studio dei colloidi è uno sviluppo relativamente recente, e ancora poco diffuso.
Gli Alchimisti furono i primi a preparare un sol di oro: l’Elisir di Vita
Selmi (1845) fece i primi studi scientifici di sintesi di colloidi
Faraday (1856) sviluppa il primo studio scientifico e sistematico sull’oro colloidale
Graham (1861) conia il termine ‘colloide’ per definire i sistemi a lenta diffusione attraverso le membrane porose, tra i quali le soluzioni di colla
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Oro colloidale: un buon modello di sol….
Faraday 1856: dalla riduzione con fosforo di una soluzione acquosa incolore di AuCl ottenne un sol di colore rosso-rubino.
Faraday osservò che:
1. L’oro non era più in forma ionica ma in una forma di “metallo in acqua”;
2. Se colpito da un intenso raggio di luce bianca il liquido mostrava opalescenza bluastra;
3. L’aggiunta di sali provocava un cambio di colore del liquido da rosso a blu, con precipitazione di materiale solido e il processo era irreversibile;
4. Se il sol veniva preparato in presenza di gelatina, il fenomeno 3. non si verificava.
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….per dimostrare le proprietà dei colloidi
1. I sol non sono sistemi omogenei (soluzioni) ma sistemi eterofasici (dispersioni) di solido in un liquido;
2. I colloidi diffondono la luce (scattering);3. I colloidi coagulano e sedimentano mediante
salatura;4. La coagulazione di un colloide è ‘protetta’ in
presenza di gelatina (un altro colloide):
Tuttavia (e sorprendentemente) Faraday non osservò un’altra proprietà fondamentale dei colloidi:
5. Le particelle colloidali in fase acquosa migrano sotto effetto di un campo elettrico (elettroforesi). I colloidi sono carichi.
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Stabilità dei colloidi: 1. Principi fondamentali
Pur non essendo sistemi omogenei i colloidi sono sistemi dispersi stabili, cioè tendono a rimanere allo stato disperso.
1. Perché sono stabili?2. Come e quando viene compromessa la loro
stabilità?
ENERGIA LIBERA SUPERFICIALE
Importante caratteristica dei sistemi dispersi è il grande sviluppo superficiale all’interfaccia tra fase dispersa e fase disperdente
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Energia libera superficiale
Una significativa proporzione di molecole è quindi presente all’ interfase piuttosto che allo stadio di bulk
Le proprietà termodinamiche all’interfase sono quindi differenti rispetto al bulk: differenze in energia libera
LO STATO COLLOIDALE RAPPRESENTA LO STATO DI MAGGIORE ENERGIA LIBERA RISPETTO ALLO STATO BULK
La stabilità dei colloidi è quindi legata a tutti quei fattori in grado di innalzare l’energia libera rispetto allo stato bulk
La perdita di stabilità è legata alla riduzione di tali barriere di energia libera
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Curve di energia libera
I sistemi colloidali sono caratterizzati da tipici profili di energia libera (iii). (i) Minimi di energia, prevale l’aggregazione, coagulazione.(ii) Massimi di energia, prevale la repulsione, stabilità della dispersione.
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Stabilità dei colloidi: 2. Forze particella-particella
Massimi di energia libera: repulsioni Minimi di energia libera: attrazioni
FORZE INTERMOLECOLARI
Forze attrattive di van der Waals e di London: interazioni dipolari
7att / rAFA costante legata alla natura delle singole molecole r è la distanza di separazione tra i centri di massa delle molecole
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Interazioni intermolecolari/1
L’ energia libera di attrazione tra due molecole a distanza d è quindi
6att /' dAWG fino a quando la distanza è tale che le nuvole elettroniche iniziano ad interagire.
A tal punto le interazioni diventano repulsive: interazioni di Born
adB erepF
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Interazioni intermolecolari/2
L’ energia libera di repulsione tra due molecole a distanza d è quindi
adaBG e/rep
che in forma approssimata è esprimibile come
12rep /' dBG L’energia libera totale di interazione intermolecolare sarà quindi
6'12attrep //' dAdBGGG Potenziale di Lennard-Jones
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Energia di interazione
intermolecolare: (a) contributo
attrattivo;(b) contributo
repulsivo; (c) risultante
Interazioni intermolecolari/3
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Interazioni attrattive particella-particella
Assumiamo che l’energia libera totale di interazione particella-particella a distanza H sia la somma dei contributi di ogni coppia di molecole di superficie a distanza r.
r
H
Se le due particelle si assumono come due piatti rigidi, piani e di superficie infinita l’energia di interazione attrattiva per unità di superficie è data da
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Interazioni attrattive particella-particella/2
2H
att 12/ HAG Relazione di Hamaker
dove la costante di Hamaker AH è relata ad A’ ed è data da
Se le due particelle si assumono come due sfere di uguale dimensione e raggio a >>H, l’energia di interazione attrattiva per unità di superficie sarà data da
q numero di molecole per unità di volume
22222H '4/3 qAqhA
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Interazioni attrattive particella-particella/3
..../4/3112/Hatt aHHaAG
•L’energia attrattiva tra particelle decade con la distanza molto più lentamente che tra molecole•Le interazioni tra colloidi sono a lungo raggio
EFFETTO DELLA FASE DISPERDENTE
In un mezzo diverso dal vuoto (fase disperdente) le particelle sentono una interazione attrattiva minore
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Interazioni attrattive particella-particella/4
Per particelle di materiale 1 e fase disperdente di materiale 2, rispetto al vuoto 0 la costante di Hamaker sarà
Più simili sono le particelle alla fase disperdente, minore è la costante di Hamaker, minore la interazione attrattiva
A1(2)0 costante di Hamaker relativa a particelle di materiale 1(2) nel vuoto 0
22/120
2/110H AAA
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Interazioni elettrostatiche particella-particella
Abbiamo visto che:
•I colloidi in dispersione acquosa trasportano carica elettrostatica•L’aggiunta di sali modifica la stabilità dei colloidi
Perché la superficie dei colloidi è carica?(i) Ionizzazione di gruppi superficiali acidi o basici: il
punto di carica zero si raggiunge agendo sul pH della fase disperdente
(ii) Dissoluzione differenziale di specie ioniche dalla superficie del colloide
(iii) Sostituzione isomorfa di specie a diversa valenza(iv) Superficie carica da fratture cristalline(v) Adsorbimento specifico di specie ioniche
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Interazioni elettrostatiche particella-particella/2
L’energia libera elettrica per portare due cariche q1 e q2 alla distanza d in una fase disperdente di permettività elettrica è
dqqGe 4/211
Se q1 q2 hanno lo stesso segno l’interazione è repulsiva
Se q2 è unitaria allora si definisce
dq 4/1 POTENZIALE ELETTRICO
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Distribuzione di potenziale elettrostatico
La carica elettrostatica di particelle cariche è distribuita nello spazio per via della distribuzione di concentrazione
kTGcc /-0e Legge di distribuzione di Boltzmann
Quindi se consideriamo una soluzione di ioni, se esiste un potenziale elettrico allora abbiamo che
kTezcc /exp0
kTezcc /exp0
dove z+ e z- sono le valenze ioniche
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kTekTeccc /exp/exp0
Questo significa che in tale regione di potenziale elettrico esiste uno sbilanciamento di carica: se siamo in vicinanza di uno ione negativo, il potenziale è negativo e quindi [ c(+)-c(-) ] è positivo
Attorno ad uno ione negativo c’è un eccesso di carica positiva chiamata nuvola di carica
Per elettroneutralità, ci sarà allora un accumulo di carica negativa allontanandoci verso il bulk
Distribuzione di potenziale elettrostatico/2
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Doppio strato elettrico
Se invece di una specie ionica consideriamo una particella colloidale allora invece che di nuvola di carica parliamo di doppio strato elettrico
Il potenziale elettrico nella fase disperdente sarà
zk exp0
k/1 è la distanza definita spessore del doppio strato elettrico
z distanza dalla superficie della particella
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Lo spessore del doppio strato elettrico segue la teoria di Debye-Huckel: dipende dalla forza ionica della fase disperdente
Alta forza ionica doppio strato elettrico sottileBassa forza ionica doppio strato elettrico spesso
Nel caso di due particelle colloidali dello stesso segno che si avvicinano, i doppi strati elettrici interagiscono
L’interazione repulsiva di due particelle colloidali dipende dalla forza ionica della fase disperdente
Spessore di doppio strato elettrico
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Spessore di doppio strato elettrico/2
(a) Sovrapposizione di due doppi strati elettrici quando due particelle cariche si avvicinano
(b) Energia repulsiva di doppio strato elettrico in funzione della distanza tra due particelle; (i), (ii), (iii) si riferiscono all’aumento di forza ionica della fase disperdente
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Interazioni steriche particella-particella
Faraday osservò che un sol di oro è stabilizzato da un altro colloide quale la gelatina: colloide protettore
La protezione si realizza per la creazione di uno strato adsorbito sulla superficie del colloide
Tale strato adsorbito agisce in due modi:1. Influenza le forze attrattive di van der Waals 2. Genera repulsione tra le particelle se lo strato è
di un polimero di natura diversa dalle particelle, di natura simile al mezzo disperdente, e con molecole sufficientemente grandi da tenere le particelle più lontane tra di loro
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Potenziale di interazione totale particella-particella
....sterico
ticoelettrosta
Bornv.d.W
rep
rep
repatt
G
G
GGG
In pratica gli effetti principali sulla stabilità dei colloidi sono:
1. Interazioni repulsive a lungo-raggio di natura elettrostatica e/o sterica
2. Variazione del doppio strato elettrico in funzione della forza ionica della fase disperdente
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Proprietà dei colloidi: 1. Proprietà cinetiche
MOTO BROWNIANO
Il moto browniano è causato da:1. Orientamento casuale delle direzioni di
movimento delle molecole della fase disperdente immediatamente adiacenti alla particelle
2. Velocità di movimento delle molecole distribuite secondo Maxwell-Boltzmann
Le tecniche di analisi dei sistemi colloidali sfruttano le proprietà dei colloidi
1. Proprietà cinetiche (a) Moto e diffusione browniani(b) Elettroforesi
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Questo genera ad ogni istante uno sbilanciamento di forze sui diversi punti della superficie delle particelle
La direzione e l’intensità della forza risultante varia quindi in modo casuale istante per istante, generando un moto a zig-zag
Moto browniano
BkTt
x/2
2
Principio di equipartizione dell’energia
B= coefficiente di attrito viscoso
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Moto browniano/2
Per una sfera di raggio a
aB 6 Equazione di Stokes
e quindi
akTt
x 3/2
1. Più piccole le particelle maggiore il loro moto browniano
2. Lo spostamento medio di una particella è proporzionale alla radice del tempo di spostamento
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Diffusione browniana
Ne deriva che:
1. La probabilità che una particella si sposti di una certa distanza è proporzionale alla radice del tempo impiegato a spostarsi: DISTRIBUZIONE GAUSSIANA
2. La deviazione standard della distribuzione (diffusione) è tanto maggiore tanto più piccole sono le particelle
Se vale l’approssimazione 22 xx
allora
dt
xdx
dt
xd
xd
xd
dt
xd
222
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xakTudt
xd
6/Velocità di spostamento
Diffusione browniana/2
Il flusso netto di particelle n attraverso una superficie unitaria è quindi
xx
cuccu
t
n
d
d
d
d21
da cui
x
cakT
t
n
d
d6/
d
d
La Prima Legge di Fick dice che
x
cD
t
n
d
d
d
d
quindi DakTt
x23/
2
MODELLO MOLECOLARE DI EINSTEIN DEL MOTO BROWNIANO
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Elettroforesi
Le particelle colloidali sono cariche e quindi si muovono sotto effetto di un campo elettrico
Forza di attrito viscoso
dq 4/1Abbiamo visto che
Il potenziale elettrico sulla superficie di una particella sferica di raggio a è quindi
aq 4/POTENZIALE ZETA
uaBu 6visc F
qExq d/del F
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Potenziale
Il potenziale di una particella di colloide deve considerare però il doppio strato elettrico:
1. Durante la migrazione i controioni del doppio strato tendono a muoversi in direzione opposta a quella della particella;
2. Nuovi ioni tendono a ricostruire il doppio strato
Questi effetti provocano un ritardo elettroforetico
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Flusso elettrosmotico
Questi effetti si hanno anche nel caso della parete carica di un capillare con un liquido al suo interno sotto azione di un campo elettroforetico lungo la direzione del capillare
FLUSSO ELETTROSMOTICO: la parete del capillare è fissa quindi il liquido si muove per influenza del campo elettroforetico sui controioni del doppio strato sulla parete del capillare
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Flusso elettrosmotico/2
Flusso elettrosmotico del liquido causato dal flusso di controioni sotto influenza del campo elettroforetico
Le particelle colloidali sottoposte ad un campo elettroforetico sono quindi anche sottoposte al flusso elettrosmotico che modifica il tempo di migrazione
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Proprietà dei colloidi: 2. Scattering della radiazione
Le proprietà dei colloidi possono essere studiate dalla interazione con la radiazione elettromagnetica
Scattering della luce
Rayleigh (1871)Mie (1908)Debye (1915)Gans (1925)
Le teorie dello scattering della luce hanno portato a metodi per l’analisi dimensionale dei colloidi
L’assorbimento della luce con la materia comporta transizioni energeticheLo scattering elastico non coinvolge salti quantici: trattamento classico
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Scattering Rayleigh
Particelle di dimensioni molto minori della lunghezza d’onda incidente (a /20): nel caso di radiazione luminosa a 25 nm
1. La particella è equamente investita dello stesso campo elettrico che polarizza la particella e genera un momento di dipolo fluttuante originato dal moto degli elettroni sopra e sotto il piano del vettore campo elettrico
2. Se la luce è polarizzata, il vettore momento dipolare si trova sullo stesso piano del vettore campo elettrico
3. Il moto degli elettroni produce un campo elettromagnetico che genera luce della stessa frequenza della luce incidente: scattering elastico
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Intensità della radiazione da un dipolo oscillante
(a) Vettore elettrico nel piano x-z; osservatore nel piano y. L’intensità I ad ogni angolo è indipendente da (cerchio tratteggiato).
(b) Vettore elettrico nel piano x-y e osservatore nello stesso piano. L’intensità I ad un angolo dipende da (doppio lobo a 8)
Scattering Rayleigh/2
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Scattering Rayleigh/3
Caso (a)L’intensità nel piano di polarizzazione verticale con l’osservatore è data da:
2
042
4
ν0 4
16
rI
I
La polarizzabilità di una particella di volume v e indice di rifrazione n1 immersa in una fase disperdente di indice di rifrazione n0 (n=n1/n0) è data da
vn
n
2
13
2
2
0
Quindi sostituendo si ottiene: 2
2
2
2
42
2
ν0 2
19v
n
n
rI
I
che nel caso di una particella sferica di raggio R (considerando che v=4/3R3) si ottiene:
2
2
2
42
64
ν0 2
116
n
n
r
R
I
I
polarizzabilità della particella lunghezza d’onda della radiazione0 permettività elettrica nel vuotor distanza alla quale si osserva l’intensità della luce scatterata
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Caso (b)Analogamente, l’intensità nel piano di polarizzazione orizzontale h con l’osservatore sarà data da
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2
2
2
42
64
0
cos2
116
n
n
r
R
I
I
h
Se la luce non è polarizzata, l’intensità si può considerare somma di due eguali contributi su due piani di polarizzazione mutuamente perpendicolari (caso (a) e caso (b))
L’intensità di scattering da luce non polarizzata nel piano orizzontale con l’osservatore sarà data quindi dalla somma delle componenti polarizzate verticalmente e orizzontalmente
2
2
2
2
42
64
20
cos12
1161
n
n
r
R
rI
I
RrI
I
2
0
1R = rapporto di Rayleigh
Scattering Rayleigh/4
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MI
Scattering Rayleigh di una dispersione
Se la concentrazione di particelle nella fase disperdente non è troppo elevata, lo scattering complessivo è la somma dello scattering da ogni particella
Rr
c
I
I
2
0
Per una dispersione diluita a concentrazione c
L’intensità di scattering (turbidità) dipende quindi da:
1. La concentrazione delle particelle2. L’ indice di rifrazione relativo: se fase dispersa e
disperdente hanno lo stesso indice, non c’è scattering3. Dalla forma delle particelle4. Dalla lunghezza d’onda incidente: lo scattering è maggiore
nel blu e minore nel rosso (il cielo è blu, il tramonto è rosso, gli antinebbia rossi)
FA
CO
LT
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DI
SC
IEN
ZE
FF
MM
NN
– A
NA
LIS
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Turbidità
vvc
cvn
n
I
I
2
2
2
4
3
0
scatt
2
124
Quindi se il volume totale delle particelle è costante (vc), la turbidità aumenta all’aumentare delle dimensioni (v) delle particelle.
Lo scattering Rayleigh si ha tutte le volte in cui si hanno fluttuazioni di indice di rifrazione
Anche soluzioni omogenee possono dare tali fluttuazioni se il soluto è ad alto peso molecolare
Lo scattering Rayleigh si può quindi applicare alle soluzioni macromolecolari
Integrando l’intensità di scattering rispetto alla superficie della sfera, si ottiene l’intensità totale di luce scatterata, detta turbidità
FA
CO
LT
A’
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ZE
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– A
NA
LIS
I D
I N
AN
O E
MIC
RO
SIS
TE
MI
Scattering Rayleigh-Gans-Debye (RGD)
All’aumentare delle dimensioni delle particelle l’intensità di scattering aumenta verso valori di inferiori
Nel caso in cui
Intensità della luce di scattering non polarizzata secondo Rayleigh-Gans-Debye
(RGD)
1/01 Rnn
FA
CO
LT
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ZE
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– A
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LIS
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MI
Scattering RGD
L’intensità di scattering viene modificata secondo un fattore che dipende dall’angolo
PII RRGD
e che viene espresso secondo una espansione in serie
...3
11 2
G QRP
con 2/sin/4 Q Vettore d’onda
RR 2/1G 5/3 Raggio di girazione (di una sfera)
Il raggio di girazione può quindi essere determinato da letture di intensità di scattering a due diversi angoli
FA
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– A
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MIC
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MI 1/01 Rnn
Scattering Mie
All’aumentare delle dimensioni della particella, quando si raggiunge la condizione
il trattamento teorico (dovuto a Mie) si complica notevolmente: l’intensità di scattering mostra una dipendenza complessa dall’angolo
Profilo di scattering di Mie per una particella sferica di dimensioni confrontabili alla lunghezza d’onda incidente
FA
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– A
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Scattering dinamico
Lo scattering generato dall’interazione delle particelle con una sorgente di luce convenzionale non è in fase e quindi non genera profili di interferenza
Lo scattering generato dall’interazione delle particelle con una sorgente di luce coerente (laser) genera profili di interferenza
Poiché una dispersione di particelle colloidali è in continuo movimento browniano, i profili di interferenza cambiano continuamenteLe variazioni istante per istante dipendono dal moto delle particelle: scattering dinamico.
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Scattering dinamico/2
La natura delle variazioni dei profili di interferenza viene analizzata da un “correlatore di fotoni” che analizza la funzione di autocorrelazione nel tempo delle fluttuazioni dei profili di interferenza
SPETTROSCOPIA DI CORRELAZIONE FOTONICA (PCS)
Nel caso di particelle sferiche di uguale dimensione, la funzione di autocorrelazione è la funzione esponenziale
c/exp g2
c /1 DQD coefficiente di diffusioneQ vettore d’onda
FA
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Scattering dinamico/3
akTD 6/
c26/ QkTa
Riportando in grafico ln g() in funzione di si ottiene c
Poichè per particelle sferiche
È possibile quindi determinare il raggio a delle particellein tal modo
Determinando c a diversi angoli (diversi valori di Q) e mettendo in grafico 1/ c in funzione di Q2 si ottiene D e quindi a.
FA
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Scattering di neutroni
E’ noto il dualismo onda-quanto delle particelle subatomiche
I neutroni si comportano come onde elettromagnetiche di lunghezza d’onda molto corta
Se quindi luce neutronica colpisce un colloide abbiamo scattering per diffrazione
1/ R
L’intensità di scattering è ancora rappresentabile secondo l’espressione valida per la radiazione UV/vis
FA
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– A
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Scattering di neutroni/2
QPvAII 22mp0/
dove all’indice di rifrazione n si sostituisce la densità lineare di scattering neutronico
Trattandosi di scattering di diffrazione, il termine P(Q) assume invece la forma (nel caso di particelle sferiche)
23/cossin3 QRQRQRQRQP
Che ricorda infatti il tipico carattere oscillatorio dei fenomeni di diffrazione
A costante
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Scattering di neutroni/3
Intensità di scattering neutronico in funzione del vettore d’onda (Q) per particelle sferiche.
( ___ ): raggio delle particelle 100 nm; (----): raggio delle particelle 25 nm; lunghezza d’onda incidente: 0.5 nm; = 2.6°
Si può notare che trattandosi di scattering per diffrazione, l’angolo di scattering () è sempre basso: low-angle neutron scattering (LANS)
FA
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– A
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Vantaggi dei metodi LANS
Dal punto di vista applicativo per la caratterizzazione dei colloidi lo scattering di neutroni possiede alcuni vantaggi rispetto allo scattering di luce UV/Vis
1. Trattandosi di scattering per diffrazione, la teoria è più semplice della teoria dello scattering RGD o Mie
2. E’ possibile applicare lo scattering neutronico a dispersioni molto concentrate di colloide
FA
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MI 3. Contrariamente all’indice di rifrazione, la densità
lineare di scattering neutronico dipende dai diversi tipi di atomi che costituiscono il colloide. Quando la densità lineare di scattering neutronico della particella è uguale a quella del mezzo la particella è “trasparente”.
4. Cambiando la densità lineare di scattering del mezzo è quindi possibile studiare materiali colloidali compositi (particelle core-shell) o l’adsorbimento di materiale sulle particelle.
Vantaggi dei metodi LANS/2
FA
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Come si formano i colloidi
La formazione di un colloide in dispersione è spesso controllata da uno step di nucleazione.
Per meccanismo di nucleazione si intende che la particella di colloide cresce attorno ad un embrione (template) che deve raggiungere una certa dimensione minima affinchè la crescita prosegua spontanea.
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Colloidi di associazione
I sistemi self-assembly comprendono sistemi colloidali di grande importanza ed interesse analitico:
•Micelle
•Strutture biologiche: membrana cellulare
Si possono anche formare colloidi in assenza di nucleazione: la crescita è spontanea e la dimensione finale del colloide dipende da fattori geometrici e/o energetici. Tali sistemi colloidali si chiamano colloidi di associazione o auto-assemblanti (sistemi self-assembly).
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Micellizzazione
Soluzioni di sostanze tensioattive subiscono un brusco cambiamento delle proprietà fisiche quando si supera una certa concentrazione.
Tale cambiamento brusco delle diverse proprietà fisiche avviene più o meno per il medesimo valore di concentrazione.
Tipici casi di bruschi cambiamenti si osservano in:
•Tensione superficiale•Conducibilità elettrica•Pressione osmotica
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Concentrazione critica micellare
Variazione delle proprietà fisiche di una soluzione di tensioattivo in funzione della sua concentrazione
(a) Tensione superficiale(b) Conducibilità molare
Questo brusco cambiamento è dovuto alla formazione, ad una certa concentrazione, di aggregati di molecole di tensioattivo detti micelle.
La concentrazione alla quale si realizza il fenomeno è quindi detta concentrazione critica micellare (c.m.c.)
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Le micelle
Le micelle appena formate contengono un numero di molecole relativamente basso (50-100) e hanno forma pressochè sferica
Crescendo in condizioni appropriate possono successivamente assumere altre forme
Alcune strutture micellari(a) Sferica(b) A disco(c) Cilindrica(d) Lamellare(e) A vescicola sferica
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Molecole anfipatiche
La caratteristica che permette ai tensioattivi di formare micelle è la anfipaticità.
Una molecola è anfipatica quando è costituita da due parti:
1. Una parte solubile nella fase disperdente2. Una parte insolubile nella fase disperdente
Se il mezzo disperdente è acquoso la parte 1. è comunemente una “testa” polare mentre la parte 2. una “coda” idrocarburica apolare.
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Molecole anfipatiche/2
Le molecole anfipatiche si dividono in:
•Ioniche (cationiche, anioniche, anfolitiche)•Non ioniche
Ioniche: “teste” tipo -OSO3- anfolitiche: cationiche/anioniche in funzione del pH
Non ioniche: polimeri a blocchi del tipo AnBm con A: catena idrofilica B: catena idrofobica
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Esempi di tensioattivi anfipatici
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Esempi di tensioattivi anfipatici/2
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Meccanismo di micellizzazione
Il meccanismo di formazione delle micelle riflette le tendenze opposte che le molecole anfipatiche hanno di restare in soluzione con la “testa” polare e separarsi in fase eterogenea con la “coda” apolare
Consideriamo quindi i fattori da bilanciare:(i) Interazione della “coda” idrocarburica con l’acqua(ii) Interazione della “coda” idrocarburica con sé stessa(iii) Solvatazione della “testa” polare(iv) Interazione reciproca dei gruppi di “testa” solvatati
mediata dalla forza ionica del mezzo
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Meccanismo di micellizzazione/2
Il bilanciamento idrofilico/lipofilico (HLB) è influenzato dalle dimensioni delle relative porzioni della molecola anfipatica
La micella rappresenta la struttura che minimizza l’area di contatto tra catene idrocarburiche (“code”) e mezzo acquoso e massimizza le interazioni tra gruppi polari (“teste”) e mezzo acquoso
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Modellazione grafica di micella sferica di
dodecanato, in accordo con misure LANS. In
nero le “teste”, in bianco le “code”,
punteggiati i gruppi metilici terminali.
Struttura di una micella
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Importanza dei sistemi dispersi nell’industria
I sistemi dispersi hanno una importanza fondamentale in biologia: macromolecole, complessi Ag-Ab, virus, batteri, strutture subcellulari, e cellule stesse sono sistemi dispersi.
I sistemi dispersi ed i colloidi hanno anche grande importanza in chimica industriale e nella chimica dei materiali.
DISPERSIONI INDUSTRIALI
Tinture ed inchiostri, emulsioni fotografiche, farmaci, cosmetici, fitofarmaci, detergenti, alimenti, materiali ceramici, compounds plastici.
Requisito fondamentale è che le dispersioni restino stabili per il massimo tempo possibile nelle diverse condizioni di conservazione e trasporto.