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“I riti alternativi a richiesta dell’imputato nel giudizio monocratico”
Programma di formazione per i magistrati ordinari in tirocinio
nominati con D.M. 10 dicembre 2015 e 18 gennaio 2016
TIROCINIO MIRATO
GIUDICANTE PENALE ORDINARIO E SORVEGLIANZA
PRIMA SETTIMANA: 6-10 marzo 2017
Dott. Alfonso Scermino
INTRODUZIONE
La presente relazione si propone l’obiettivo di offrire un compendio quanto più completo delle
questioni applicative e problematiche più ricorrenti in tema di rito abbreviato e patteggiamento da
celebrarsi davanti al Giudice Monocratico del Dibattimento.
Si ometteranno volutamente gli aspetti nozionistici di base afferenti i riti speciali, tenuto conto che
questo scritto è destinato ai M.O.T. in procinto di assumere le funzioni Giudicanti penali, come
tali già in possesso di ampia conoscenza manualistica degli istituti.
Si cercherà di esaminare le questioni nell’ordine corrispondente al normale svolgimento del
processo, onde strutturare una esposizione che abbia una spiccata vocazione all’utilizzo pratico e
possa così fornire supporto rapido ed immediato all’operatore secondo l’ordinaria successione
temporale delle questioni.
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Sommario
PARTE PRIMA: RITO ABBREVIATO
Par. 1) Premesse di inquadramento
Par. 2) Prime verifiche relative agli avvisi
Par. 3) La richiesta di rito abbreviato
- Par. 3.1) La procura speciale
- Par. 3.2) I termini per la richiesta
- Par. 3.3) La rinnovazione della richiesta di rito abbreviato condizionato
- Par. 3.5) Richiesta dopo rigetto patteggiamento
- Par. 3.6) Richiesta parziale nei processi oggettivamente e soggettivamente cumulativi-
Incompatibilità
- Par. 3.7) Revoca della richiesta e revoca del rito
Par. 4) Rito Abbreviato “Puro, secco o incondizionato o ordinario”
- Par. 4.1) Rigetto irrituale del rito abbreviato puro
- Par. 4.2) Abbreviato secco e nuovi documenti
Par. 5) Rito abbreviato condizionato
- Par. 5.1) Parametri di ammissibilità
- Par. 5.2) Decisione vincolata alla richiesta della parte
- Par. 5.3) Sindacato e controllo sul rigetto della richiesta
Par. 6) Rito abbreviato ed effetto sanante sulle nullità e le inutilizzabilità – Caratteri , limiti
e casistica
Par. 7) Abbreviato e prove atipiche
Par. 8) Trattazione del rito abbreviato
- Par. 8.1) Fatto diverso e contestazione suppletive
- Par. 8.2) Interrogatorio e dichiarazioni spontanee dell’imputato
- Par. 8.3) Abbreviato, parte civile e responsabile civile
- Par. 8.4) Il potere di integrazione ex art. 441 comma 5 c.p.p.
Par. 9) La decisione
- Par. 9.1) Immutabilità del Giudice e rinnovazione in sede di abbreviato
PARTE SECONDA: PATTEGGIAMENTO
Par. 10) Premesse di inquadramento
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Par. 11) La richiesta di patteggiamento e la volontà dell’imputato
Par.12) I termini per la richiesta - rinnovazione e reiterazione della richiesta - sindacato del
Giudice dibattimentale
Par. 13) Alternatività dei riti
Par. 14) Accordo e controllo del Giudice
- Par.14.1) Cause di non punibilità
- Par. 14.2) Qualificazione giuridica e circostanze
- Par. 14.3) Congruità della pena
Par. 15) Accordo e pena sospesa
Par. 16) Limiti del potere del Giudice e delle parti: divieto di interventi modificativi e divieto
di pattuizioni con oggetto diverso dalla pena principale
Par. 17) Irrevocabilità dell’accordo: caratteri e condizioni di modificabilità
Par. 18) Il patteggiamento parziale
Par. 19) Patteggiamento , nullità ed incompetenza territoriale
Par. 20) Patteggiamento allargato e recidiva
Par. 21) Patteggiamento e motivazione
Par. 22) Patteggiamento ed incompatibilità
Par. 23) Patteggiamento e parte civile
Par. 24) Patteggiamento e spese
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PARTE PRIMA: RITO ABBREVIATO
Par. 1) Premesse di inquadramento
Il rito abbreviato è un giudizio speciale giustificato da finalità deflattive, che consente di definire il
processo in via anticipata, ossia in sede di udienza preliminare ovvero nella fasi preliminari al
dibattimento, ponendosi come modello alternativo rispetto al dibattimento ordinario.
Si tratta di un giudizio allo stato degli atti con effetti premiali, che ha subito nel corso degli anni,
rispetto alla struttura originaria, una profonda metamorfosi.
La L. 16.12.1999, n. 479 - unitamente alle successive leggi 5.6.2000, n. 144 e 19.1.2001, n. 4 - ha
completamente ridisegnato la struttura del giudizio abbreviato, anche in risposta alle decise
sollecitazioni della Corte Costituzionale.
Per effetto della riforma, l'accesso al rito non è più subordinato né al consenso del P.M., né alla
decidibilità del procedimento allo stato degli atti; inoltre, la richiesta non comporta più la rinuncia a
introdurre ulteriori mezzi di prova.
Per la instaurazione di tale giudizio alternativo non è più necessario il previo accordo con il P.M., al
quale è stato sottratto ogni potere di interlocuzione su questa scelta dell'imputato.
La richiesta non è più soggetta a valutazione di ammissibilità da parte del Giudice .
La definibilità del processo allo stato degli atti non costituisce più presupposto imprescindibile per
la attivazione del rito.
Da “patteggiamento sul rito” l’abbreviato si è trasformato in giudizio su istanza del solo imputato,
che accetta di essere giudicato “allo stato degli atti”, cioè quelli della fase dell’indagine preliminare.
La diversificazione della forma processuale è l’effetto solo della manifestazione di volontà di
quest’ultimo, secondo uno schema che si può ricondurre al “negozio unilaterale” (cd. rito
abbreviato secco).
Nella sola ipotesi di richiesta condizionata (cd. rito abbreviato condizionato), il Giudice, qualora
non ritenga necessaria ai fini della decisione, ovvero non compatibile con le finalità di economia
processuale, l’integrazione probatoria cui è subordinata la richiesta medesima, può decidere di non
ammetterla, e dunque di non far luogo al giudizio abbreviato.
L’attuale modello di giudizio abbreviato può dirsi pienamente compatibile con i valori
costituzionali, in quanto la deroga al principio della formazione della prova nel contraddittorio -
aspetto di primo piano nel giusto processo - in conseguenza della riconosciuta utilizzabilità degli
atti assunti nel corso delle indagini preliminari, trova la sua giustificazione nell'apposito consenso
dell'imputato (come valorizzato dall'art. 111, 5° co., Cost.).
Inoltre, esso risponde all’altro principio della ragionevole durata del processo: il suo svolgimento
assicura sempre e comunque una notevole economia processuale e una maggiore celerità
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dell’accertamento giudiziale , ciò che costituisce una delle ragioni che fonda il corrispettivo diritto
allo sconto di pena in capo all’imputato che se ne voglia avvalere.
Par. 2) Prime verifiche relative agli avvisi
Il Giudice Monocratico del Dibattimento può essere investito da una richiesta di rito abbreviato :
- o a seguito di emissione di decreto di citazione diretta a giudizio (salvo quanto si dirà in
tema di rinnovazione della richiesta di abbreviato condizionato rigettata dal GIP/GUP e
riproposta davanti al Giudice del Dibattimento) ;
- o in sede di giudizio direttissimo.
In entrambi i casi il codice prevede che l’imputato riceva apposito avviso della facoltà di accedere
al rito speciale.
Ai sensi dell’art. 553 comma 1 lett. f) il decreto di citazione diretta a giudizio deve contenere
“l’avviso che, qualora ne ricorrano i presupposti, l'imputato, prima della dichiarazione di apertura
del dibattimento di primo grado, può presentare le richieste previste dagli articoli 438 e 444 .”.
Parimenti, ai sensi dell'art. 451 c.p.p., comma 5 , l’imputato contro il quale si procede con giudizio
direttissimo deve essere avvertito della facoltà di richiedere il giudizio abbreviato o il
patteggiamento.
Il difetto di tali avvisi integra nullità di ordine generale sanzionata dall'art. 178 c.p.p., comma
1, lett. c).
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 148 del 2004, ha chiarito che la richiesta di riti
alternativi costituisce una modalità di esercizio del diritto di difesa (sentenze n. 497 del 1995, n. 76,
n. 101 e n. 214 del 1993, n. 265 del 1994, n. 70 del 1996, tutte nel senso che sarebbe lesivo del
diritto di difesa precludere all’imputato l’accesso ai riti speciali per un errore a lui non imputabile).
Già nella sentenza n. 120 del 2002, il Giudice delle Leggi ha puntualizzato che l’effettivo esercizio
della facoltà di chiedere i riti alternativi costituisce una delle più incisive forme di “intervento”
dell’imputato, cioè di partecipazione “attiva” alle vicende processuali, con la conseguenza che ogni
illegittima menomazione di tale facoltà, risolvendosi nella violazione del diritto sancito dall'art. 24
Cost., comma 2, integra la nullità di ordine generale sanzionata dall'art. 178 c.p.p., comma 1, lett.
c).
La suddetta omissione, quindi, determina una nullità a regime intermedio1.
Tuttavia, tale nullità viene sanata, ex combinato disposto dell'art. 180 c.p.p. e art. 182 c.p.p.,
comma 2, ove non venga eccepita, dalla parte che vi assiste, "immediatamente dopo" il suo
compimento.
1 Cassazione penale, sez. II, 16/06/2010, n. 28153
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In applicazione di tali principi,
1) in caso di decreto di citazione diretta a giudizio:
- a fronte dell’eccezione di mancanza dell’avviso nelle fasi preliminari al dibattimento, il
Giudice dovrà dichiarare la nullità del decreto di citazione diretta ex art. 552 comma 2 c.p.p.
e rimettere gli atti al PM per il nuovo corretto esercizio dell’azione penale;
- in assenza di eccezione prima dell'apertura del dibattimento , la nullità relativa del decreto
di citazione a giudizio resta sanata , con la conseguenza che sarebbe abnorme il
provvedimento con il quale il Giudice, una volta aperto il dibattimento e nel corso della sua
celebrazione, dichiari di ufficio la nullità del decreto ai sensi dell'art. 552, comma 2, c.p.p. e
disponga la restituzione degli atti al p.m., poiché tale atto determinerebbe un'inammissibile
regressione del procedimento 2;
2) in caso di rito direttissimo, la presenza del difensore dell’imputato semplifica lo schema,
posto che:
- se la difesa avrà interesse ai riti speciali, lo dichiarerà immediatamente al Giudice del
Direttissimo, così inducendolo a ricordarsi degli avvisi;
- se sarà silente rispetto all’apertura del dibattimento, il suo comportamento avrà effetto
sanante con riguardo all’omesso avviso del Giudice ex art. 451 comma 5 c.p.p. .
Peraltro, secondo un ulteriore arresto della Suprema Corte, in caso di direttissimo l’omissione degli
avvisi neanche integrerebbe nullità .
Si è affermato, in particolare, che l'inosservanza della norma dell'art. 451, comma 5, c.p.p., secondo
cui l'imputato contro il quale si procede con giudizio direttissimo deve essere avvertito della facoltà
di richiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento, non integra una nullità di ordine generale di
cui all'art. 178, comma 1, lett. c), c.p.p. sotto il profilo dell'intervento dell'imputato, in quanto la
presenza del difensore vale a consentire all'imputato stesso la piena cognizione delle ragioni che
possono determinare la scelta tecnica prevista dalla legge 3 .
Né l'omesso avviso della facoltà di chiedere un termine per preparare la difesa, previsto dalla
diversa norma di cui all’art. 451 comma 6 cod. proc. pen., produce una qualche nullità, qualora
l'imputato, avvertito circa la possibilità di chiedere il giudizio abbreviato ovvero il patteggiamento
ai sensi del comma 5 dell'articolo menzionato, abbia optato per uno dei riti alternativi, in quanto, in
2 Cassazione penale, sez. V, 14/05/2014, n. 28512 3 Cassazione penale, sez. VI, 05/03/2007, n. 11287
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tale ipotesi, trovano applicazione le regole del procedimento richiesto, mentre l'avviso della facoltà
di richiedere il termine a difesa riguarda unicamente il dibattimento del giudizio direttissimo 4 .
Par. 3) La richiesta di rito abbreviato
Ai sensi dell’art. 438 commi 2 e 3 c.p.p., la richiesta del rito abbreviato può essere formulata,
oralmente o per iscritto, dalla parte personalmente o dal suo procuratore speciale (con sottoscrizione
autenticata ex art. 583 comma 3 c.p.p.).
Trattasi di atto giuridico unilaterale, con il quale l’imputato rinuncia alla garanzia della formazione
della prova in contraddittorio e, per l’effetto, dispone di un diritto personalissimo, che non può
essere esercitato dal difensore nei limiti del proprio mandato ordinario.
Par. 3.1) La procura speciale
Ha costituito motivo di oscillazione giurisprudenziale il tema della ammissibilità della richiesta nei
casi in cui la stessa sia formulata dal difensore, non munito di procura speciale, alla presenza del
suo assistito.
Secondo un orientamento più rigoroso la scelta del giudizio abbreviato, che consente di pervenire
alla definizione del procedimento utilizzando come prova gli atti delle indagini preliminari compiuti
dal pubblico ministero, senza le maggiori garanzie del contradditorio, importa necessariamente la
disposizione di un diritto personalissimo di difesa, tale da non poter essere esercitato dal difensore
nei limiti del proprio ordinario mandato defensionale.
Ne consegue che, fuori dall'ipotesi di procura speciale, è invalida la richiesta di rito abbreviato
formulata in udienza dal difensore, ne' la tacita presenza dell'imputato può valere come ratifica 5.
Secondo altro orientamento, pur dovendosi riconoscere natura di atto dispositivo personalissimo
alla richiesta di giudizio abbreviato, può essere attribuita piena validità alla richiesta manifestata,
alla presenza dell'imputato, dal difensore non munito di procura speciale, posto che quest’ultimo
funge da semplice interprete o portavoce del suo assistito, avendo del resto il Giudice, stante la
presenza dell'interessato, la possibilità di verificare la volontarietà dell'atto 6.
Sul tema sono intervenute le SS.UU. che hanno aderito alla seconda opzione interpretativa.
4 Cassazione penale 10 aprile 2013 n. 30852 sez. II ; Cassazione penale, sez. V, 22/11/2002, n. 43713; Cass. pen., sez. I, 21 giugno 2001 n. 29446; Cass. pen., sez. IV, 18 aprile 2001 n. 20189 5 Cass. Pen. Sez. 1, Sentenza n. 3622 del 11/01/1995 Ud. (dep. 04/04/1995 ) Rv. 201494; Sez. 1, Sentenza n. 9249 del 01/03/2006 Ud. (dep. 16/03/2006 ) Rv. 233581). 6 Cassazione penale, sez. III, 19/06/2007, n. 33822
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Il Massimo Consesso ha evidenziato come, fermo che la scelta del rito abbreviato implica
disposizione di diritti personalissimi, la stessa è di carattere tecnico e ciò comporta la necessità che
l'imputato nell'operarla si consulti con il difensore, nella di lui tipica funzione di assistenza.
Il difensore, poi, nell'espletare tale essenziale compito, ha il dovere di informare l'imputato e di
concordare con lui le possibili strategie processuali, rappresentandogli le implicazioni che ne
derivano.
D’altronde, l'art. 438 c.p.p., nel disciplinare i presupposti del giudizio abbreviato , prevede che la
richiesta “può essere proposta oralmente o per iscritto” (comma 2) e che “la volontà dell'imputato è
espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale” (comma 3): per cui nulla vieta che
l'imputato possa esternare di persona il suo consenso anche con un comportamento concludente.
Insomma, se il silenzio di per sé (ad eccezione del caso in cui sia la legge a stabilirne gli effetti)
costituisce un fattore neutro, esso, unitamente ad altre circostanze, è suscettibile di assumere una
determinata significatività 7.
In definitiva, “la presenza dell'imputato all'udienza ed il fatto che la richiesta concernente il rito
speciale provenga da un soggetto non a lui contrapposto, ma che con lui costituisce la medesima
parte processuale e che è deputato ad agire nel suo interesse, rappresentano elementi idonei a
conferire all'atteggiamento silente dell'assistito portata dimostrativa di una volontà dello stesso nel
senso enunciato dal difensore: il che consente di ricondurre la domanda di quest'ultimo direttamente
all'imputato, nel pieno rispetto della prescrizione legislativa” 8.
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La giurisprudenza non richiede particolari requisiti contenutistici alla procura speciale prevista
dall’art. 438 comma 3 c.p. .
Tale procura non prevede formule sacramentali, essendo necessario soltanto che l'imputato
manifesti la chiara e univoca volontà di conferire al difensore l'incarico di richiedere il rito speciale
e che non vi siano dubbi in ordine alla provenienza dal medesimo 9 .
Laddove, proprio facendo seguito a tale approccio, si è affermato che il difensore dell'imputato,
munito di procura speciale per la richiesta di "riti alternativi" non meglio specificati, ha il potere di
7 si veda in materia l'insegnamento della Cassazione civile: Cass. 25-8-99 n. 8891 Rv. 529439; Cass. 26-2-04 n. 3861 Rv. 570555; .Cass. 16-3-07 n. 6162 Rv. 596701 8 Cass. Sez. UU, Sentenza n. 9977 del 2008 9 Cass. Pen. Sez. II, 19 gennaio 2005, n. 3290, Sedda
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richiedere anche lo svolgimento del giudizio abbreviato cosiddetto "condizionato" , senza che sia
necessaria la pedissequa indicazione in sede di procura dello specifico rito speciale invocato 10 .
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Secondo il disposto della norma di cui all’art. 438 comma 3 c.p.p. è solo il procuratore speciale –
oltre al diretto interessato – a poter avanzare la richiesta de qua.
Pertanto, il sostituto del difensore di fiducia, a cui sia stata rilasciata procura speciale per la richiesta
di riti alternativi senza indicazione della facoltà di farsi sostituire per tali specifici incombenti, non è
legittimato a formulare istanza di giudizio abbreviato.
Infatti, l'applicazione dell'art. 102 cod. proc. pen. concerne la sostituzione del difensore nel mandato
alle liti e nella rappresentanza processuale , ma non comporta la possibilità di sostituzione di
quest'ultimo nell'esercizio di quei poteri che, per la natura del particolarissimo atto dispositivo in
vista del quale sono conferiti, si caratterizzano per l' "intuitus personae" ed esulano da quelli tipici
inerenti allo svolgimento del mandato difensivo 11.
Ne deriva che, qualora il sostituto non legittimato avanzi la richiesta, una volta ammesso il rito si
determina la nullità del procedimento, nullità che, se pure assoluta, è di ordine generale e deve,
quindi, essere eccepita nei motivi di appello o, comunque, essere rilevata, anche di ufficio, nel corso
del giudizio di secondo grado 12 .
Stessa nullità si configura in ogni caso di celebrazione del giudizio di primo grado con il rito
abbreviato, malgrado la carenza del consenso dell'imputato, non comparso, ed in assenza della
procura speciale di cui all'art. 438 comma 3 c.p.p. 13.
Par. 3.2) I termini per la richiesta
Nel caso in cui si proceda a seguito di decreto di citazione a giudizio, per l’accesso al rito
dell’abbreviato trova applicazione la generale disposizione di cui all’art. 555, comma 2, c.p.p., che
impone la necessità di formulare la richiesta del rito alternativo “prima della dichiarazione di
apertura del dibattimento”.
10 Cassazione penale, sez. III, 08/10/2009, n. 44469 11 Cass., Sez. 5, Sent. n. 3703 del 17/11/2011 Ud. (dep. 30/01/2012) Rv. 252943 12 Cassazione penale, sez. II, 18/06/2015, n. 35786; Cassazione penale, sez. II, 01/10/2013, n. 45328 13 Cassazione penale, sez. III, 05/05/2004, n. 26926
10
Stesso termine deve osservarsi in caso di rito direttissimo, nel corso del quale l’imputato può
accedere all’abbreviato “subito dopo l’udienza di convalida” ex art. 566 comma 8 c.p.p. ed in ogni
caso “prima della dichiarazione di apertura del dibattimento” ex art. 452 comma 2 c.p.p. .
Si badi che, in sede di direttissimo, quando viene richiesto e concesso termine a difesa, ai sensi
dell’art. 451, comma 6, c.p.p., ciò implica che abbia già avuto luogo l’apertura del dibattimento.
Per l’effetto, una richiesta di abbreviato che pervenga dopo la concessione del termine a difesa
andrebbe considerata tardiva ed inammissibile, in quanto la concessione del termine a difesa , come
si evince dall’art. 451 c.p.p., comma 6, determina a norma di codice che il dibattimento “è
sospeso”, presupponendone l’avvenuta “apertura” e, di riflesso, la maturazione del termine di
decadenza ai fini del rito speciale 14.
Potrebbe rispondere a buona prassi, allora, dare espresso avviso al difensore che la richiesta
del termine a difesa ha questa portata preclusiva, sì da concordare, se ciò risponde ad
interesse della difesa, un rinvio nelle fasi preliminari al dibattimento, onde consentire
all’imputato ancora l’eventuale accesso al rito alternativo.
Par. 3.3) La rinnovazione della richiesta di rito abbreviato condizionato
Prima delle modifiche apportate alla disciplina del giudizio abbreviato dalla legge 16 dicembre
1999, n. 479, in un contesto normativo in cui presupposti per l'instaurazione del rito erano, da un
lato, la richiesta dell'imputato e il consenso del pubblico ministero, dall'altro, una valutazione
positiva del Giudice per le indagini preliminari in ordine alla possibilità di definire il processo allo
stato degli atti, la Corte Costituzionale (sentenza n. 23 del 1992) affermò che l'assenza di qualsiasi
controllo sulla decisione del Giudice contraria all'adozione del rito determinava, in considerazione
delle conseguenze che ne derivavano sul piano sanzionatorio, una irragionevole limitazione del
diritto di difesa dell'imputato.
Ecco che la soluzione per porre rimedio alla violazione dell'art. 24 Cost. venne individuata
attribuendo al Giudice il potere di sindacare, in esito al dibattimento, la precedente decisione del
Giudice per le indagini preliminari e di applicare la riduzione della pena.
Entrata in vigore la nuova disciplina del giudizio abbreviato, che non presuppone più alcuna
valutazione circa la possibilità di definire il processo allo stato degli atti, né il consenso del pubblico
ministero, la Corte ritenne con la sentenza n. 54 del 2002 che una soluzione che ricalcasse
pedissequamente quella indicata dalla sentenza n. 23 del 1992 fosse incongrua rispetto all'attuale
assetto normativo, rilevando, in particolare, che “l'eventuale riesame del provvedimento che nega
14 Cass. n. 10569 del 1992, rv. 192129; Cassazione penale, sez. IV, 02/03/2010, n. 9204; in senso conforme, Cass., sez. I pen., 22 aprile 2008; 5 maggio 2008 n. 17796; Id., sent. 18 aprile 2001; 18 maggio 2001
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l'accesso al rito condizionato non dovesse più essere necessariamente collocato in esito al
dibattimento”.
Si pervenne così alla sentenza n.169/2003 , con cui si riaffermavano le ragioni che avevano indotto
la Corte, con la sentenza n. 23 del 1992, a dichiarare illegittima la mancata previsione di un
sindacato giurisdizionale sul rigetto della richiesta del rito abbreviato.
Se nel nuovo sistema introdotto dalla L. Carotti la decisione negativa del Giudice per le indagini
preliminari sulla richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria
continuava ad essere era sottratta a qualsiasi forma di sindacato e precludeva in via definitiva
l'ammissione dell'imputato al rito alternativo, non vi era alcun ostacolo – secondo la Corte - a
che, qualora l'imputato avesse riproposto prima dell'apertura del dibattimento la richiesta di
giudizio abbreviato condizionata, fosse lo stesso Giudice del dibattimento, a fronte di un
ingiustificato rigetto della precedente richiesta, a disporre e celebrare il giudizio abbreviato.
Da tanto la declaratoria di incostituzionalità – con pronuncia additiva - degli artt. 438 comma 6 c.p.,
458 comma 2 c .p.p. e 464 comma 1 c.p.p. .
Su tali basi, il Giudice Monocratico del dibattimento può oggi essere investito, oltre che di una
richiesta di abbreviato - avanzata per la prima volta - nei giudizi a citazione diretta e nei giudizi
con rito direttissimo, anche di una “rinnovazione della richiesta di abbreviato condizionato” nei
giudizi provenienti da udienza preliminare e/o da opposizione di decreto penale di condanna, nei
quali il GUP o il GIP abbia rigettato la richiesta del rito.
Ciò posto, il Giudice del dibattimento dovrà verificare che la richiesta di rito abbreviato , rinnovata
dopo il rigetto, sia identica a quella oggetto di valutazione da parte del GUP .
Invero, la facoltà di riproporre, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo
grado, la richiesta de qua presuppone necessariamente che essa non sia mutata nel contenuto
rispetto a quanto dedotto in udienza preliminare o in opposizione a decreto penale.
Ciò in quanto il sindacato richiesto al Giudice del dibattimento deve avere ad oggetto la medesima
richiesta respinta nella precedente fase, mentre in caso di modifiche avrebbe luogo una richiesta di
rito speciale “nuova” , conseguente elusione del termine di decadenza comunque maturato (con la
conclusione della udienza preliminare o con la decorrenza del termine dell’opposizione ex art. 461
c.p.p.) .
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Ecco che la giurisprudenza ha chiarito come , in caso di rinnovazione della richiesta di abbreviato
condizionato nella fasi preliminari al dibattimento, resta preclusa la possibilità di trasformare, per
tale via, la richiesta da condizionata ad incondizionata 15 .
Par. 3.5) Richiesta dopo rigetto patteggiamento
La Suprema Corte ha più volte statuito che giudizio abbreviato e patteggiamento sono istituti
alternativi per cui non è consentita la conversione dell'uno nell'altro 16 .
La differenza di struttura dei due riti, i diversi effetti delle sentenze emesse al loro esito ed il
differente regime di impugnazione cui queste sono sottoposte escludono che possa configurarsi la
convertibilità dell'uno nell'altro.
Nessuna disposizione, peraltro, disciplina la trasformazione dell'uno rito nell'altro, mentre numerose
sono le norme codicistiche che presentano la possibile opzione, in capo all'imputato, in termini di
alternatività.
Ciò posto, l’effetto di “consumazione dell’opzione processuale”, tale per cui scelto un rito speciale
non può accedersi ad altro, non si configura sempre.
Esso si produce in due casi.
Il primo caso riguarda l’avvenuto e definitivo incardinamento del primo rito speciale prescelto , con
conseguente impossibilità della conversione: ciò che si verifica, ad esempio, in caso di ammissione
al rito abbreviato, dopo la quale non può più invocarsi il patteggiamento 17 .
Il secondo riguarda l’avvenuta decorrenza del termine di decadenza processuale previsto dal codice
per l’accesso al diverso rito, una volta operata la prima scelta: evenienza questa che ha luogo
quando, ad esempio, dopo che è stato emesso decreto di giudizio immediato, l’imputato chiede
semplicemente il patteggiamento nel termine decadenziale ex art. 458 c.p.p. , senza riservarsi in
subordine la richiesta di abbreviato, accettando di decadere dalla relativa facoltà e optando
definitivamente solo per il procedimento di cui all’art. 444 c.p.p. 18 .
Al di fuori di tali ipotesi, il principio di alternatività dei riti non opera in pregiudizio dell’imputato.
15 Cassazione penale, sez. I, 27/04/2011, n. 21219; Cassazione penale, sez. III, 02/12/2010, n. 1851 ; Cassazione penale, sez. I, 29/11/2007, n. 47027; Sez. 1, Sentenza n. 27778 del 19/04/2006, Lombardi, massima n. 234964 ; Cass., Sez. 1, 3 luglio 2007, n. 29115, Pontrelli 16 Cassazione penale, sez. I 25/03/2010 n. 15451 (data dep. 22 aprile 2010); Cass. Pen. Sez. 3^, n. 32234 in data 11.07.2007, Rv. 237023, Lupo; Cass. Pen. Sez. 5^, n. 11945 in data 22.09.1999, De Rosa ed altri 17 Cassazione penale, sez. III, 29/01/2015, n. 21456 18 Cassazione penale, sez. II, 18/11/2014, n. 8997; Cassazione penale, sez. II, 22/12/2009, n. 2765
13
Se tant’è, davanti al Giudice Monocratico del Dibattimento, investito del processo con decreto di
citazione diretta a giudizio o con rito direttissimo, nessuna norma vieta che l’imputato possa
chiedere il rito abbreviato dopo che, nella fasi preliminari al dibattimento, vi sia stato rigetto di una
sua precedente richiesta di patteggiamento ex at. 444 c.p.p.
Invero, in tal caso, da un lato non è stato definitivamente incardinato il rito inizialmente prescelto ,
tenuto conto del rigetto; dall’altro lato non è elasso il termine decadenziale per accedere al diverso
rito premiale, tenuto conto che si avanza la nuova richiesta sempre nelle fasi preliminari al
dibattimento.
Peraltro, le disposizioni richiamate (artt. 552, 566 e 452 c .p.p.) non contengono il riferimento al
compimento di dette formalità "per la prima volta" (come invece fanno altre disposizioni, il cui
contenuto non può certo essere esteso in malam partem).
Ne deriva che la richiesta di accesso al giudizio abbreviato operata dopo il rigetto di quella di
accesso al patteggiamento, ma pur sempre prima dell'esaurimento delle formalità di apertura del
dibattimento, è da ritenersi tempestiva ed ammissibile 19 .
Par. 3.6) Richiesta parziale
nei processi oggettivamente e soggettivamente cumulativi -
Incompatibilità
La giurisprudenza è concorde nel ritenere che , in caso di processo nei confronti di un solo imputato
per più imputazioni (cd. oggettivamente cumulativo), la richiesta di giudizio abbreviato non possa
essere proposta solo per taluna ma, a pena d'inammissibilità, deve avere riguardo a tutte le
imputazioni.
Invero, si osserva, una richiesta di giudizio abbreviato non riferita alla totalità degli addebiti non è
consentita perché in tal modo il processo non sarebbe definito nella sua interezza, restando così
ingiustificato l'effetto premiale derivante dal rito speciale, previsto dal legislatore per evitare la fase
dibattimentale per ciascun processo e non per ciascun reato.
D’altronde, in questi termini si esprime anche la lettera della norma, visto che l'art. 438 c.p.p. parla
di richiesta di definizione nell'udienza preliminare del «processo» riguardante l'imputato, non di
singoli capi di accusa 20 .
19 Cassazione penale, sez. II, 08/01/2016, n. 10462 20 Cassazione penale, sez. V, 16/11/2015, n. 11905; Cassazione penale, sez. II, 27/03/2008, n. 20575; Cass. pen., sez. IV, 5 luglio 2006 n. 30096, Cass. pen. n. 12525 del 2001, Cass. pen. n. 380 del 2000, Cass. pen., sez. I, 10 giugno 1999 n. 9142, Cass. pen., sez. I, 10 giugno 1999 n. 9142
14
Ciò posto, la giurisprudenza ha individuato un solo caso di accoglibilità di richiesta di rito
abbreviato “parziale”, cioè relativa solo ad alcuni dei reati contestati nei confronti di un unico
imputato.
Questo riguarda l’ipotesi in cui l'imputato richieda, per i residui reati, l'applicazione della pena
concordata, atteso che, in tal modo, non viene eluso il fine di deflazione processuale del giudizio
speciale 21 .
In una tale prospettiva, tuttavia, l’ammissibilità della richiesta di abbreviato ad oggetto parziale
dipenderebbe preliminarmente dalla accoglibilità del patteggiamento concordato, posto che, nel
caso in cui quest’ultimo fosse rigettato, si avrebbe una reviviscenza del rito ordinario, con
inevitabile scomposizione impropria del processo (ordinario per taluni reati, abbreviato per altri) e
conseguente perdita della finalità deflattiva perseguita con l’abbreviato.
Dal che, in un caso di tal fatta, apparirebbe preferibile dapprima pronunciarsi sul patteggiamento –
previa separazione dei capi di accusa attinti dall’accordo ex art. 444 c.p.p. – e , solo una volta che si
pronunci sentenza ex art. 444 c.p.p., ammettersi e trattarsi il rito abbreviato per le residue
imputazioni; mentre ove si rigetti la richiesta di patteggiamento, dovrebbe procedersi – essendovi
stata separazione ex art. 18 c.p.p. - alla nuova riunione di tutti i capi di accusa nell’unico originario
procedimento, con successivo (ed inevitabile) rigetto del rito abbreviato parziale e trattazione
secondo il rito ordinario di tutte le imputazioni.
*********
Nell'ipotesi di processo soggettivamente cumulativo, vale a dire a più imputati chiamati a
rispondere ciascuno per uno o più reati, la personalizzazione della responsabilità penale e la
individualità di ogni singola posizione processuale consentono, specie in presenza di differenziate
situazioni probatorie, la separazione dal procedimento principale di quello a carico di imputati
rispetto ai quali, in concorso delle condizioni previste dalla legge, può essere applicato il rito
abbreviato.
Per cui , se in tali processi è addirittura fisiologico che le posizioni dei vari imputati possano
definirsi secondo riti diversi, una volta che uno o più imputati chiedano di accedere al rito
abbreviato ed altri accettino il rito ordinario, il Giudice provvederà a separare le posizioni ex art.
18 c.p.p. e procederà nei confronti degli imputati secondo i diversi modelli procedimentali
prescelti.
La separazione ex art. 18 c.p.p. in queste ipotesi è indefettibile.
21 Cassazione penale, sez. VI, 05/10/2010, n. 2251; Sez. 5^, 24 ottobre 2000, n. 4511, Torello
15
Con riguardo alla sua necessità, è stato financo affermato che sarebbe abnorme la sentenza con la
quale contemporaneamente siano giudicati più imputati nei confronti dei quali erano stati adottati
riti diversi, l'uno ordinario e l'altro speciale, in quanto tale possibilità, sebbene non espressamente
vietata da specifiche norme processuali, trova un ostacolo insormontabile nella differente struttura
di ciascuno dei procedimenti previsti dal titolo VI c.p.p. che ne rende incompatibile una gestione
congiunta con quello ordinario 22 .
Diversamente, è stata ritenuta legittima la trattazione cumulativa del rito abbreviato condizionato e
di quello non condizionato richiesti da diversi imputati in un medesimo processo, purché il Giudice
selezioni per ciascun imputato le prove utilizzabili in base alle regole proprie del rito dallo stesso
prescelto 23 . Nella relativa evenienza , il regime di assunzione e utilizzazione delle prove deve
seguire le regole specifiche previste per ciascun rito, non potendo la disciplina del "simultaneus
processus" modificare la disciplina imposta per legge per ogni singolo rapporto processuale.
Sicchè la parte giudicata con rito abbreviato incondizionato non ha diritto né a partecipare
all'assunzione delle prove ammesse in via integrativa nel rito abbreviato condizionato né ad
utilizzare i risultati delle stesse 24 .
***********
Il Giudice, disposta la separazione, verosimilmente definirà più sollecitamente il procedimento per
il quale è stato scelto il rito abbreviato.
Pronunciata sentenza, potranno così profilarsi situazioni di incompatibilità in relazione alle
posizione dei coimputati (magari per medesimo reato) nei cui confronti dovrà espletarsi l’istruttoria
dibattimentale e procedersi con rito ordinario.
Sul punto, è opportuno ricordare – seguendo un espresso dictum della Corte Costituzionale
pronunciatasi sul tema con sentenza n. 371 del 2006 - che il Giudice, il quale abbia definito la
posizione di un coimputato con il giudizio abbreviato, chiamato poi a trattare successivamente
anche la parte del procedimento che è proseguita con il rito ordinario, non è incompatibile ai sensi
dell'art. 34 c.p.p. se, nel decidere la posizione processuale definita con il rito abbreviato, non ha
espresso valutazioni sul merito dell'accusa nei confronti dei coimputati che hanno scelto il
processo massimamente garantito giacché, in tema di incompatibilità, la mera conoscenza da parte
del Giudice del dibattimento degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, senza che vi
22 Cassazione penale, sez. VI, 25/10/2001, n. 45586 23 Cassazione penale, sez. IV, 18/11/2008, n. 7284 24 Cassazione penale, sez. III, 14/11/2007, n. 4983; Cass. pen. n. 4983 del 2008; Cass. pen., sez. VI, 9 maggio 2005 n. 40984, Cass. pen., sez. I, 26 febbraio 2004 n. 25096, Cass. pen., sez. I, 9 marzo 2004 n. 21376, Cass. pen., sez. I, 7 febbraio 2003 n. 8546, Cass. pen. n. 24711 del 2002
16
sia poi alcuna valutazione di merito, non rende lo stesso Giudice incompatibile a partecipare al
giudizio.
In siffatti casi, quando il Giudice non si è pronunciato sui fatti oggetto dell'imputazione, non
sussiste alcuna causa di incompatibilità perché la Consulta (con la richiamata pronuncia n. 371 del
1996) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 34 c.p.p., comma 2, limitatamente alla
"parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il
Giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di
altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità
penale sia già stata comunque valutata".
La Corte 25 ha ribadito che le situazioni pregiudizievoli per l'imparzialità del Giudice riconducibili
all'istituto dell'incompatibilità operano all'interno del medesimo procedimento in cui interviene la
funzione pregiudicata e si riferiscono ad atti o funzioni che hanno di per sè effetto pregiudicante, a
prescindere dallo specifico contenuto dell'atto stesso o dalle modalità con cui la funzione è stata
esercitata 26.
Le incompatibilità trovano la loro ratio nell'esigenza obiettiva, attinente alla stessa logica del
processo, di preservare l'autonomia e la distinzione della funzione giudicante, in evidente relazione
all'esigenza di garanzia dell'imparzialità di quest'ultima, rispetto ad attività compiute in gradi e fasi
anteriori del medesimo processo 27 .
Ecco perché anche le valutazioni di merito in ordine alla responsabilità di un terzo non imputato
espresse in una precedente sentenza penale rientrano tra le situazioni di incompatibilità, essendo
idonee a determinare un pregiudizio per l'imparzialità del Giudice chiamato a giudicare il medesimo
soggetto in un diverso procedimento penale.
Se il pregiudizio è insito solo nell'espressione di «precedenti valutazioni sulla responsabilità penale
dell'imputato manifestate dallo stesso Giudice in altre fasi del medesimo processo (e quindi, a
maggior ragione in diverso processo)» , tali da influenzare il successivo giudizio a carico del
medesimo imputato e quindi da ledere il principio del «giusto processo», si è ribadito che , nelle
ipotesi di concorso di persone nel reato, non esiste incompatibilità, rispetto ai concorrenti ancora da
giudicare, del Giudice pronunciatosi in un precedente giudizio sulla responsabilità di alcuni
concorrenti , in quanto la fattispecie concorsuale, pur nella sua naturalistica unitarietà, può essere
25 Corte Cost. n. 283 del 2000 26 Coste. Cost. n. 308 del 1997 27 Corte Cost. n. 306 del 1997).
17
scomposta in una pluralità di condotte, tutte autonomamente valutabili con decisioni reciprocamente
indifferenti.
In pratica «alla comunanza dell'imputazione fa necessariamente riscontro una pluralità di condotte
distintamente ascrivibili a ciascuno dei concorrenti, le quali, ai fini del giudizio di responsabilità,
devono formare oggetto di autonome valutazioni sotto il profilo tanto materiale che psicologico, e
ben possono, quindi, sfociare in un accertamento positivo per l'uno e negativo per l'altro»28 .
In definitiva, in ipotesi di concorso eventuale nel reato, il Giudice dell’abbreviato diviene
incompatibile rispetto al processo con rito ordinario sui concorrenti solo allorquando operi una
valutazione “pregiudicante” sulla posizione di questi ultimi.
Nel caso in cui, di contro, non prenda posizione sui coimputati, ben potrà delibare sulle rispettive
responsabilità 29 .
Par. 3.7) Revoca della richiesta e revoca del rito
L’imputato può revocare la richiesta di abbreviato solo a seguito delle contestazioni suppletive del
PM all’esito delle integrazioni probatorie ex art. 438 comma 5 e 441 comma 5 c.p.p. (art. 441 bis
comma 1).
Al di fuori di questa ipotesi, in linea di principio la richiesta di giudizio abbreviato deve
considerarsi revocabile dall'imputato che l'ha presentata solo fino a che non abbia prodotto i propri
effetti e cioè finché non sia stato emesso dal Giudice il provvedimento dispositivo del rito 30 .
La giurisprudenza di legittimità , in assoluta maggioranza, è concorde nel ritenere che l'ordinanza di
revoca del provvedimento di ammissione dell'imputato al rito abbreviato, pronunciata oltre i casi
di cui all'art. 441 bis c.p.p., è provvedimento abnorme che comporta l'abnormità, altresì, di tutti gli
atti conseguenti 31 .
Il principio è stato poi avallato dalle Sezioni Unite 32 secondo cui l'ordinanza di ammissione del
giudizio abbreviato non può essere revocata , salvo che nell'ipotesi espressamente disciplinata
dall'art. 441 bis c.p.p..
28 in questo senso, si era espressa dapprima C.cost., 22 aprile 1992, n. 186 e poi C.cost., 16 dicembre 1993, n. 439; cfr Cassazione; cfr. Sez. VI, 1° marzo 1995, De Masi 29 Cassazione penale, sez. III, 24/04/2015, n. 33591; Cassazione penale, sez. V, 18/11/2003 30 Cassazione penale, sez. IV, 28/03/2008, n. 19528 31 Cass. Pen. Sez. 3, Sentenza n. 9921 del 12/11/2009 Ud. (dep. 11/03/2010) Rv. 246326 32 SS.UU. sentenza n. 41461 del 19/07/2012 Ud. (dep. 24/10/2012) Rv. 253212
18
Si è specificato che l'ordinanza di ammissione del rito abbreviato è equiparabile, ai fini della detta
irrevocabilità, al provvedimento previsto dall'art. 458 c.p.p., comma 2 con cui , a seguito della
formalizzazione della richiesta di rito abbreviato da parte dell'interessato, viene fissata con decreto
l'udienza per il rito speciale.
Infatti, la legge disciplina , all'art. 441 bis c.p.p., la richiesta dell'imputato che è di prosecuzione
del processo nelle forme ordinare (con revoca della richiesta di abbreviato) nei limitati ed
eccezionali casi in cui il pubblico ministero abbia potuto procedere a nuove contestazioni: ciò che
rende evidente come la tesi della irrevocabilità della richiesta dell'imputato che abbia già prodotto i
correlati effetti (e cioè quello della fissazione, con decreto, della udienza di trattazione – dopo
decreto di giudizio immediato – ovvero quello della ammissione del rito davanti al Giudice del
dibattimento o dell’U.P.) trova conforto nel rilievo che la regressione della procedura è consentita in
ragione di una comprovata (dal legislatore) esigenza difensiva insorta, senza profili di colpa per
l'agente, successivamente alla prima scelta.
Ragionare diversamente, si afferma, significherebbe affidare all'imputato, potenzialmente spinto da
iniziative improvvide, ingiustificate e dilatorie, l'altalenare della procedura con conseguente
allungamento dei tempi processuali, ciò che non è conforme al principio della ragionevole durata
del processo, soprattutto in considerazione del fatto che non vi sarebbe possibilità di sindacato da
parte del Giudice e la rinuncia potrebbe essere soggetta a revoca ad libitum 33 .
E si badi come la giurisprudenza abbia tenuto a specificare che l'ordinanza di ammissione al
giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria non è revocabile neanche nel caso in
cui la condizione alla quale il rito è stato subordinato si riveli non realizzabile per circostanze
imprevedibili e sopraggiunte, tra cui può essere ricompreso anche il comportamento della parte che
volontariamente ometta di effettuare gli adempimenti necessari all'integrazione probatoria cui aveva
espressamente condizionato la scelta del rito.
Nella relativa ipotesi, si procede con il rito speciale comunque, atteso che il vincolo di
subordinazione insito nella richiesta condizionata è utilmente assolto con l'instaurazione del rito e
con l'ammissione della prova sollecitata dall'imputato 34 .
*************
33 Cassazione penale, sez. I, 24/09/2015, n. 43711; Cassazione penale, sez. VI, 17/04/2014, n. 17716; Cassazione penale, sez. VI, 08/05/2013, n. 22480; Cassazione penale, sez. VI, 23/09/2010, n. 37022 34 Cassazione penale, sez. un., 19/07/2012, n. 41461 ; Cassazione penale, sez. II, 07/10/2014, n. 43876
19
La revoca dell'ordinanza di ammissione del giudizio abbreviato può essere eccezionalmente
disposta – al di fuori della ipotesi normata dall’art. 441 bis c.p.p. - soltanto nel caso in cui detta
ordinanza abbia violato norme inderogabili, cioè a dire quando vi sia stata intempestività della
richiesta, perché avanzata una volta decorso il termine di decadenza previsto dal codice 35 o quando
– può ritenersi - emerga una nullità della medesima per difetto di procura speciale del difensore o
difetto di valido consenso dell’imputato (che abbia espresso la volontà personalmente)
successivamente accertato.
La giurisprudenza ha precisato che, allorché sorgano dubbi in ordine alla capacità di intendere e
volere dell’imputato, potendo ciò inficiare quel "consenso" posto alla base del meccanismo ex art.
111, 5° co. , il Giudice può disporre anche d'ufficio accertamenti ex art. 70, essendo la richiesta di
perizia psichiatrica per l'accertamento di eventuali vizi di mente totali o parziali non inconciliabile
con il giudizio abbreviato, che presuppone la piena capacità di intendere e di volere 36 .
Par. 4) Rito Abbreviato “Puro, secco o incondizionato o ordinario”
Nel rito abbreviato secco , cui fa riferimento il 4° co. dell’art. 438 c.p.p. , il Giudice non ha il potere
di rigettare la richiesta di accesso al giudizio premiale che provenga dall'imputato .
La richiesta, ove rispettosa dei requisiti formali (richiesta personale o a mezzo di valida procura
speciale, contenuto tipico e non “parziale” sul piano oggettivo) e temporali (rispetto dei termini di
decadenza) , costituisce presupposto necessario e sufficiente per l'ammissione del rito: né il
Giudice né il P.M. possono in alcun modo impedire che egli realizzi il proprio diritto di essere
giudicato secondo questo modulo processuale.
Va ribadito che la riforma attuata dalla l. n. 479 del 1999 ha configurato, in caso di richiesta
incondizionata da parte dell'imputato, l’ordinanza ammissiva quale atto dovuto del Giudice (art.
438 comma 4 c.p.p.), modificando, al contempo l'"aspettativa" in un "diritto" alla instaurazione del
rito medesimo.
Par. 4.1) Rigetto irrituale del rito abbreviato puro
La giurisprudenza appare divisa su quali siano le conseguenze nel caso in cui il Giudice, nonostante
l’obbligo di ammissione, si determini nel senso di rifiutare il rito abbreviato secco.
Secondo l'orientamento maggioritario, un tale provvedimento – come quando il Giudice rigetti la
richiesta ex art. 438, 1° co. rilevando ad esempio che lo stato degli atti impone una integrazione
35 Cassazione penale, sez. II, 09/03/2007, n. 12954 36 Cass. Pen., Sez. IV, 12.4.2005, M., in Mass. Uff., 232096
20
probatoria incompatibile con le finalità di economia processuale proprie del rito - sarebbe abnorme 37.
In particolare, l'ordinanza , eludendo un diritto processuale, non soltanto sarebbe invalida, tale
cioè da determinare l'invalidità conseguente degli atti successivamente compiuti e la regressione del
procedimento allo stato o al grado in cui è stato compiuto l'atto nullo (art. 185 c.p.p.) , ma abnorme,
in quanto, determinando il passaggio di fase, confligge con la struttura stessa del sistema di giudizio
abbreviato, come modificato dalla legge n. 479 del 1999, e sarebbe come tale immediatamente
ricorribile in Cassazione 38 .
Secondo un diverso indirizzo il provvedimento di diniego del giudizio abbreviato semplice sarebbe
illegittimo ma non abnorme, atteso che lo stesso non si collocherebbe per singolarità e stranezza del
suo contenuto al di fuori dell'ordinamento processuale né determinerebbe l'impossibilità di
prosecuzione del processo potendo l'istanza essere riproposta fino a che non siano formulate le
conclusioni 39 .
Si è anche ritenuto che la erronea decisione di rigetto non determina alcuna nullità, legittimando
piuttosto l'interessato a riproporre la richiesta nelle successive fasi processuali 40 .
********
La giurisprudenza è divisa anche con riguardo alla competenza sulla trattazione del rito nel caso in
cui al Giudice del dibattimento pervenga nuova richiesta di rito abbreviato “secco” dopo irrituale
rigetto da parte del GUP/GIP.
Appare preferibile ritenere che il procedimento, a fronte della compiuta abnormità o illegittimità,
vada nuovamente rimesso al GUP/GIP per la celebrazione del rito abbreviato, soccorrendo un
profilo di competenza funzionale.
Sotto tale profilo, costituendo provvedimento abnorme l'ordinanza con cui il Giudice dell'udienza
preliminare rigetti la richiesta incondizionata di ammissione al rito avanzata dalla difesa, posto
l’obbligo per il Giudice di procedere nei termini richiesti , dopo la modifica apportata all'art. 438
c.p.p. dalla l. 16 dicembre 1999 n. 479 , il conflitto di competenza insorto fra Giudice dell'udienza
37 C., Sez. I, 11.12.2000, Litrico, in FI, 2001, II, 204; nel senso dell'abnormità cfr., altresì, tra le altre, C., Sez. I, 7.10.2004, R., in Mass. Uff., 230057; C., Sez. I, 15.6.2004; C., Sez. I, 2.4.2004, confl. comp. in c. P., in Mass. Uff., 228198; più di recente, C., Sez. I, 18.11.2008, n. 399, in CED Cassazione, n. 242871 38 Cassazione penale, sez. I, 25/06/2001 39 Cass. Pen., Sez. VI, 20.9.2002, Putignano, in Mass. Uff., 222428; C., Sez., I, 13.10.2000, Mangani, in Mass. Uff., 218113 40 C., Sez. IV, 19.6.2006, n. 12222, in CED Cassazione, 236184
21
preliminare e Giudice del dibattimento a cui è stata nuovamente avanzata la richiesta di abbreviato
è stato già risolto a favore del primo 41 .
Nondimeno, secondo altra parte della giurisprudenza, dovrebbero applicarsi gli stessi criteri di
competenza valevoli per l’ipotesi dell’illegittimo rigetto dell’ abbreviato condizionato , con
successiva rinnovazione della richiesta in dibattimento.
Si è così affermato che il Giudice dibattimentale successivamente investito non può declinare la
propria competenza funzionale sul rilievo della illegittimità della decisione del G.U.P. o GIP di
inammissibilità dell'istanza dell'imputato, potendo solo, eventualmente, applicare la prescritta
riduzione di pena all'esito del giudizio 42 .
Tale orientamento non appare condivisibile per più ragioni.
In primis esso , prevedendo la sola applicazione della riduzione di pena, imporrebbe al Giudice del
dibattimento la trattazione dell’intero dibattimento e non dell’abbreviato pur richiesto , in
violazione dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del procedimento .
In secundis, esso sembra scaricare sulla sede dibattimentale la trattazione di un rito abbreviato che
è di pertinenza del GIP/GUP secondo lo schema codicistico , e ciò al di fuori di qualsiasi norma
attributiva della competenza funzionale.
In tertiis, l’orientamento oblitera il dato che, in tema di giudizio abbreviato "di tipo semplice", non è
previsto, in caso di rigetto della relativa richiesta, che l'imputato possa rinnovare la stessa davanti al
Giudice prima dell'apertura del dibattimento e che il Giudice possa disporre in conseguenza la
riduzione per il rito: infatti , la sentenza della Corte cost. n. 169 del 2003, di illegittimità dell'art.
438 c.p.p., è stata pronunciata – si badi bene – solo con riferimento al giudizio abbreviato
condizionato e non è certo estensibile al diverso caso di diniego, non consentito dall'attuale assetto
del rito, del giudizio abbreviato semplice 43 .
Par. 4.2) Abbreviato secco e nuovi documenti
In ordine alla producibilità di documenti in sede di rito abbreviato secco esiste un contrasto di
giurisprudenza.
Secondo un orientamento più restrittivo, il rito abbreviato "ordinario" disciplinato dall'art. 438
c.p.p., comma 1 è di per sè caratterizzato dalla fisiologica incompatibilità dello stesso con richieste
di ammissione di mezzi di prova, sia orali che documentali.
41 Cassazione penale, sez. I, 02/07/2001, n. 30276 42 Cassazione penale, sez. I 23/11/2012 n. 47960 (data dep. 11 dicembre 2012); C., Sez. I, 30.10.2008, n. 47021, in CED Cassazione, 242059 43 Cassazione penale, sez. I, 24/10/2012, n. 44539
22
Sotto tale profilo . viene ricordato come in tal caso il processo venga definito, secondo la testuale
espressione della norma, "allo stato degli atti" e solo nel caso del comma 5 , richiamato dal comma
1 come un'evidente eccezione rispetto a tale definibilità allo stato degli atti, è consentita la richiesta
di una integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione cui il rito stesso viene condizionato.
Ne consegue che, una volta richiesto e disposto il rito speciale nella configurazione "secca" del
comma 1, nessuna prova, documentale od orale, può essere acquisita 44 .
Laddove – si è ritenuto - il quadro probatorio non è suscettibile di modificazioni anche con
riferimento agli aspetti relativi alle circostanze attenuanti, per il riconoscimento delle quali non è
possibile procedere ad ulteriori acquisizioni probatorie, quand’anche di tipo documentale 45 .
Altro orientamento è meno rigoroso.
Esso propugna la possibilità di acquisizione di prove documentali nonostante la fisionomia del rito
abbreviato puro 46 .
Ciò con taluni limiti.
Trattandosi di un giudizio allo stato degli atti, si ritiene, l’ulteriore produzione non deve
radicalmente modificare il compendio di indagine sulla cui base il Giudice deve pervenire a
sentenza.
Il divieto di ulteriori acquisizioni probatorie riguarderebbe, perciò, solo le prove concernenti la
ricostruzione storica del fatto e l'attribuibilità del reato all'imputato, ma non i documenti riguardanti
sia l'accertamento di responsabilità, sia l'accertamento di presupposti e condizioni di applicabilità di
attenuanti e benefici.
Tanto si desumerebbe dall'art. 421 c.p.p., comma 3 (richiamato dall’art. 441 comma 1 c.p.p.), il
quale dispone che il pubblico ministero e i difensori formulano e illustrano le rispettive conclusioni
utilizzando, oltre agli atti contenuti nel fascicolo trasmesso a norma dell'art. 416 c.p.p., comma 2,
anche "gli atti e i documenti ammessi dal Giudice prima dell'inizio della discussione 47 .
Ne deriva che l'istanza delle parti volta ad acquisire atti e documenti, ai sensi dell'art. 421, comma
3, c.p.p., formulata contestualmente alla richiesta di rito abbreviato c.d. “secco”, essendo
44 Cass. Pena Sez. 4, Sentenza n. 51950 del 15/11/2016 Ud. (dep. 06/12/2016 ) Rv. 268694; Cassazione penale, sez. III 28/11/2013 n. 5457 (data dep. 04 febbraio 2014) 45 Cassazione penale, sez. IV 20/11/2012 n. 6969 (data dep. 12 febbraio 2013); Cass. Sez. 6, Sentenza n. 11462 del 12/06/1997 Ud. (dep. 15/12/1997) Rv. 209696; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 45806 del 08/10/2008Ud. (dep. 11/12/2008) Rv. 241766 46 Cassazione penale, sez. II, 02/02/2010, n. 8527 47 Cass. Sez. 2 sent. n. 4014 del 2.10.1992 dep. 27.4.1993 rv 195013 -fattispecie in tema di prova documentale dell'avvenuto risarcimento dei danni
23
compatibile con il predetto rito nei termini esplicati, non determina la trasformazione della predetta
richiesta da incondizionata a condizionata 48, dovendo andare accolta se rispettosa dei parametri
sopra indicati .
Si tenga presente, in ogni caso, che secondo la Suprema Corte i pareri espressi dai consulenti di
parte non integrano “documenti ”, ma sono riconducibili alla nozione di memoria scritta a norma
degli artt. 233 e 121 c.p.p. , suscettibile di essere letta in udienza ed utilizzata ai fini della decisione
anche in mancanza del previo esame del consulente 49 .
Per l’effetto, tali pareri dovranno sempre essere acquisiti , in applicazione dell’art. 121 c.p.p. , a
tenore del quale le parti e i difensori possono presentare al Giudice memorie o richieste scritte,
mediante deposito nella cancelleria, "in ogni stato e grado del procedimento", trattandosi di facoltà
che vale in via generale.
Par. 5) Rito abbreviato condizionato
Par. 5.1) Parametri di ammissibilità
Ai sensi dell’art. 438 comma 5 c.p.p. l'imputato può chiedere che il processo sia definito allo stato
degli atti, con utilizzabilità a fini di prova degli atti indicati nell'art. 442, 1° co. bis, subordinando
però la richiesta di giudizio abbreviato ad una integrazione probatoria che reputa necessaria ai fini
della decisione.
La subordinazione della richiesta al compimento di attività di integrazione probatoria preclude
l'automatica instaurazione del rito, innestando il controllo del Giudice sulla ammissibilità di tale
integrazione, dipendente dalla verifica della sua effettiva “necessità” e della sua “compatibilità con
le finalità di economia processuale proprie del giudizio” .
Necessità
Il concetto di ‘integrazione’ ex art. 438 comma 5 c.p.. svolge una funzione selettiva richiamando il
dovere del Giudice di verificare immediatamente la accoglibilità della richiesta in ragione del
profilo di “necessità” dell’attività istruttoria che ne costituisce l’oggetto .
Giova premettere che all’imputato che ha scelto il giudizio abbreviato non è riconosciuto il diritto
di svolgere in questo ambito un programma probatorio di ampiezza e contenuto paragonabili a
quello che potrebbe realizzare nell’istruttoria dibattimentale.
Il rito abbreviato implica per definizione l’accettazione dell’imputato di essere giudicato ‘allo stato
degli atti’, tanto che il quinto comma fa precedere la previsione dell’opzione condizionata
dall’inciso ‘ferma restando la utilizzabilità ai fini della prova degli atti indicati nell’articolo 442 co.
48 Cassazione penale, sez. V, 09/09/2015, n. 41174 49 Cass. pen.:, Sez. 6, n. 3500 del 23/09/2008 dep. 2009; Sez. 3, n. 21018/2014
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1 bis’, degli atti cioè che costituiscono l’ordinaria base cognitiva del giudizio abbreviato e che si
identificano in quelli contenuti nel fascicolo delle indagini allegato alla richiesta di rinvio a giudizio
del p.m., nell’incarto relativo alle indagini eventualmente espletate dopo la richiesta di rinvio a
giudizio, nelle prove assunte nel corso dell’udienza preliminare ai sensi degli artt. 421 co. 3, 421
bis, 422 c.p.p. .
Rispetto a questo materiale, del quale la richiesta condizionata del rito lascia impregiudicata
l’utilizzazione, dev’essere ‘necessario’ il contenuto dedotto nella domanda istruttoria.
In ordine al requisito della “necessità”, allora, è stato affermato da varie pronunce della Suprema
Corte che la sua sussistenza non è condizionata alla complessità od alla lunghezza dei tempi
dell'accertamento probatorio, né si identifica con l'assoluta impossibilità di decidere o con
l'incertezza della prova, ma presuppone, da un lato, l'incompletezza di un'informazione probatoria
in atti, e, dall'altro, una prognosi di positivo completamento del materiale a disposizione per il
tramite dell'attività integrativa, con idoneità del probabile risultato dell'attività istruttoria ad
assicurare il completo accertamento dei fatti del giudizio 50 .
Deve ritenersi "necessaria" soltanto la prova indispensabile a garantire al Giudice che un qualunque
aspetto della regiudicanda non rimanga privo di un solido e decisivo supporto logico-valutativo, non
risultando dunque sufficiente una generica rilevanza della prova nella prospettiva difensiva
dell'imputato .
Per l’effetto, è legittimo il provvedimento di rigetto della richiesta condizionata qualora non sia
finalizzata al necessario e oggettivo completamento degli elementi informativi in atti, ma tenda
esclusivamente alla valorizzazione degli elementi favorevoli alla impostazione difensiva 51 .
In particolare, è stato ritenuto legittimo il provvedimento di rigetto della richiesta di giudizio
abbreviato, subordinata ad una integrazione probatoria, quando detta integrazione , più che avere le
finalità sopra indicate, mirasse esclusivamente alla valorizzazione degli elementi favorevoli
all'impostazione difensiva 52 .
50 Cassazione penale, sez. V, 14/11/2013, n. 600; Cassazione penale, sez. VI, 23/01/2009, n. 11558;Cassazione penale, sez. II, 14/01/2009, n. 5229 ; Cassazione penale, sez. II, 18/10/2007, n. 43329 51 C., Sez. II, 8.4.2008, n. 19645, in CED Cassazione, 240407 52 Fattispecie in cui la richiesta di integrazione probatoria era volta a confermare l'assunto difensivo attraverso una nuova escussione di un testimone, che già aveva reso un'esauriente deposizione su tutti gli aspetti della vicenda, Cassazione penale, sez. II, 08/04/2008, n. 19645
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Né è consentito che la prova miri a sostituire il materiale già raccolto ed utilizzabile, dovendo
semplicemente ”integrarlo” secondo il lemma “integrazione” impiegato dal codice 53 .
D’altronde, a decorrere dalla sentenza delle S.U. 27 ottobre 2004, Wajib si è assimilato il potere del
Giudice di ammettere la richiesta condizionata dell’imputato a quello di disporre un’istruttoria
d’ufficio, individuandoli entrambi come meccanismi tesi a “completare una piattaforma probatoria
inadeguata” e a “superare lo scoglio dell’indecidibilità conseguente all’insufficienza o
incompletezza delle indagini preliminari”.
Su tali basi, va da sé che nella richiesta di rito abbreviato condizionato si dovranno specificare in
termini analitici il mezzo istruttorio e il suo oggetto, non potendocisi limitare ad allegare una
generica attinenza della prova al thema decidendum ovvero ad indicare, a sostegno della
richiesta , evanescenti esiti agognati per il tramite dell’integrazione.
Qualora la richiesta abbia ad oggetto una testimonianza, graverà sull’imputato l’onere, oltre
che di indicare la fonte , di individuare le circostanze di fatto sulle quali dovrà svolgersi
l’audizione.
Tale oneri – pur privi di una specifica base normativa - sono desumibili dalla ratio
dell’istituto, essendo indispensabili onde consentire al Giudice di vagliare la reale necessità
dell’integrazione e la relativa attitudine a costituire effettivamente un completamento
ineludibile della piattaforma di indagine.
Non a caso, la Suprema Corte ha già affermato che la richiesta di giudizio abbreviato condizionata
ad un'integrazione probatoria, il cui oggetto sia la reiterazione dell'esame di una persona che ha già
reso dichiarazioni, deve indicare, a pena di improponibilità, i temi da integrare e specificare i fatti e
le circostanze, diversi da quelli già oggetto di dichiarazioni, che necessitano di approfondimento 54 .
Ed è evidente come gli oneri specificativi in esame siano più stingenti in ragione della stessa natura
del rito “a prova contratta” , stigmatizzando tutta la differenza tra la valutazione del Giudice
dell’abbreviato ai sensi del comma 5 dell’art. 438 c.p.p. e quella cui è chiamato il Giudice del
dibattimento ai sensi dell'art. 190 del codice di rito , ai fini dell'ammissione della prova nel giudizio
ordinario, in quanto per quest’ultimo non opererà di certo il parametro della necessità e tenuto
conto che il diritto alla prova in capo alle parti in sede dibattimentale postula un obbligo –
inesistente in sede di abbreviato condizionato - di ammettere tutte le prove richieste, ad esclusione
di quelle vietate dalla legge o manifestamente superflue od irrilevanti 55 .
53 Cassazione penale, sez. IV, 18/06/2013, n. 39492 54 Cassazione penale, sez. I, 25/03/2010, n. 29669 55 Cassazione penale, sez. V, 01/07/2002, n. 32363
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Compatibilità con le finalità di economia processuale
Il Giudice dovrà poi valutare la compatibilità dell’integrazione probatoria richiesta con le ragioni di
economia processuale tipiche del rito.
Sotto questo profilo, sarà oggetto di apprezzamento la complessità qualitativa e quantitativa non
solo delle prove richieste dell'imputato, ma anche di quelle a controprova che, presumibilmente, il
p.m. sarà indotto a chiedere.
Mentre potrà non tenersi conto delle prove che il Giudice stesso potrebbe decidere di assumere ai
sensi dell'art. 441, comma 5, c.p.p., trattandosi di una complicazione istruttoria meramente
eventuale, non pronosticabile al momento della decisione sull'ammissibilità del giudizio abbreviato
e dipendente non dalle richieste probatorie dell'imputato, ma dall'esito delle prove assunte 56 .
La compatibilità con le finalità del rito costituisce nondimeno un requisito a carattere relativo, in
quanto discendente dal suo necessario relazionarsi non solo ai tempi di assunzione della prova
proposta, crescenti in proporzione alla complessità qualitativa e quantitativa dell’integrazione, ma
anche all'effetto di complessiva semplificazione della forma prescelta rispetto all'alternativa
istruttoria dibattimentale per quello specifico procedimento, non potendosi non considerare il
minor dispendio di tempo ed energie nel caso di celebrazione del rito ordinario 57 .
Si vuole dire che una integrazione probatoria incompatibile con le ragioni di speditezza del rito per
un processo (magari semplice) può non esserlo per un altro molto più complesso, laddove in questa
ultima ipotesi il risparmio di energie processuali ottenuto con l’immediata utilizzazione di tutti gli
(articolati e numerosi) atti di indagine può essere di gran lunga più significativo del tempo pur
richiesto per l’invocata integrazione, sì da far ritenere ammissibile il rito condizionato.
Ecco che la valutazione andrà operata caso per caso e calata nel contesto della specifica vicenda
processuale.
Sotto altro profilo, la giurisprudenza ha chiarito che la compatibilità de qua va valutata con
riferimento alla situazione esistente al momento della richiesta del rito e non ex post, in base ai
tempi, particolarmente celeri, del dibattimento eventualmente tenutosi a seguito del rigetto della
stessa 58 .
Per cui , in applicazione di tali postulati:
56 Cassazione penale, sez. I, 26/11/2008, n. 5942; altresì, Sez. III, 21 ottobre 2004, n. 219, in C.E.D. Cass., n. 230915 57 in questi termini C. Cost., 7.5.2001, n. 115, cit.. 58 Cass. Pen. Sez. III, 13 gennaio 2011, n. 7961, in C.E.D. Cass., n. 249387).
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- è stato ritenuto legittimo il provvedimento di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato,
subordinata ad una integrazione probatoria, quando detta integrazione non sia finalizzata al
necessario ed oggettivo completamento degli elementi informativi in atti, insufficienti per la
decisione, ma miri esclusivamente alla sostituzione del materiale già raccolto ed utilizzabile,
così da ottenere un vero e proprio dibattimento dinnanzi al Giudice dell’abbreviato , in
contrasto con gli obiettivi di speditezza e semplificazione perseguito dal rito alternativo 59 ;
- è stato ritenuto legittimo il diniego di accesso al rito abbreviato condizionato all'esame di un
numero talmente elevato (nella specie, sette) di testimoni da rendere il rito speciale
incompatibile con le esigenze di economia processuale ed addirittura "diseconomico"
rispetto alla durata ragionevolmente prevedibile del giudizio celebrato nelle forme ordinarie 60;
- è stato ritenuto legittimo il rigetto di richiesta di accesso al rito abbreviato condizionata
all'esame di un collaboratore di giustizia, la cui audizione doveva riferirsi ad una quantità
rilevante di vicende coinvolgenti una pluralità di soggetti, in quanto l'integrazione probatoria
demandata era tale da rendere il giudizio nuovamente incompatibile con le esigenze di
economia processuale proprie del procedimento speciale 61 .
Par. 5.2) Decisione vincolata alla richiesta della parte
La giurisprudenza della Suprema Corte è concorde nell’affermare che, quando è presentata richiesta
di giudizio abbreviato condizionato, al Giudice è demandato il controllo sulla fondatezza della
domanda al fine di verificare se l'integrazione probatoria sia necessaria e compatibile con le finalità
di economia processuale del rito, ma, all'esito di tale controllo, non gli è riconosciuta soluzione
diversa dall'accoglimento o dal rigetto dell'istanza.
Per l’effetto, sarebbe viziata dalla nullità di cui agli art. 178, lett. c) e 180 c.p.p. la decisione del
Giudice, che, investito di una istanza di abbreviato condizionato, ammettesse soltanto il
supplemento istruttorio reputato sufficiente, ovvero, sul presupposto che l'integrazione probatoria
richiesta sia errata, impossibile o inesistente giuridicamente, il rito abbreviato semplice 62 .
Parimenti, al Giudice non è dato riqualificare la richiesta.
59 Cassazione penale, sez. VI, 29/01/2009, n. 8738 60 Cassazione penale, sez. III, 17/05/2012, n. 28141 61 Cassazione penale, sez. III, 23/10/2014, n. 6175 62 Cassazione penale, sez. II, 13/02/2014, n. 19619; Cassazione penale, sez. VI, 23/10/2008, n. 42696
28
Infatti è abnorme l'ordinanza con la quale il Giudice , investito di una richiesta di rito abbreviato
condizionata alla dichiarazione di inutilizzabilità di un atto allegato al fascicolo per il dibattimento,
sulla scorta del rilievo che la richiesta è irrituale perché non subordinata ad una integrazione
istruttoria, ammetta l'imputato al rito abbreviato non condizionato.
In tal caso la Suprema Corte ha precisato che la richiesta deve essere rigettata "in toto", non potendo
il Giudice sostituirsi alla parte 63 .
Secondo la stessa logica, rimanendo il Giudice legato al programma istruttorio indicato nella
richiesta di abbreviato condizionato, una volta ammesso il rito non è dato al Giudice di revocare
unilateralmente l'assunzione di una delle prove richieste, reputandola superflua, dandosi luogo
altrimenti ad una nullità di carattere generale , che resta sanata se ricorrono le condizioni di cui
all'art. 183 c.p.p. 64 .
Par. 5.3) Sindacato e controllo sul rigetto della richiesta
Una volta che il GUP o il GIP rigetti la richiesta di giudizio abbreviato condizionato, l’imputato
può rinnovare la richiesta davanti al Giudice del dibattimento (cfr Corte Cost. 169/2003 supra).
La rinnovazione della richiesta è il presupposto indispensabile per ottenere un sindacato da parte
del Giudice del dibattimento (e successivamente dell’impugnazione) in ordine al rigetto.
La mancata riproposizione, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, della richiesta di
giudizio abbreviato condizionato , già respinta dal Giudice dell'udienza preliminare, preclude
l'attivazione del meccanismo del sindacato sul provvedimento reiettivo e dell'eventuale
riconoscimento del diritto alla riduzione della pena 65 .
Ciò posto, l'orientamento giurisprudenziale maggioritario precisa che la facoltà di riproporre in
dibattimento, in limine litis, la richiesta di ammissione al rito abbreviato condizionato presuppone
necessariamente che essa non sia mutata nel contenuto 66 .
Tanto è diretta conseguenza dell’intervenuta decadenza ormai maturata (udienza preliminare), tale
per cui non è possibile avanzate richieste “nuove” di riti speciali .
Ecco che è impossibile trasformare, in tale situazione, il tipo di richiesta originariamente presentata,
magari modificando l’integrazione probatoria addotta o trasformando il rito da condizionato a
incondizionato.
63 Cassazione penale, sez. IV, 26/05/2011, n. 21803 64 Cassazione penale, sez. V, 12/12/2005, n. 6772; nel senso della abnormità della revoca Sez. I, 11 marzo 2004, Pawlak, in C.E.D. Cass., n. 228652 65 Cassazione penale, sez. III, 07/05/2009, n. 25983; Cassazione penale, sez. I, 13/01/2005, n. 3003 66 Cass. Pen . Sez. I, 27 aprile 2011, n. 21219, in C.E.D. Cass., n. 250232; Sez. III, 2 dicembre 2010, n. 1851,ivi, n. 249054; Sez. I, 19 aprile 2006, n. 27778
29
L'istanza deve essere proposta esattamente negli stessi termini in cui era stata originariamente
avanzata, non essendo consentito modificare in alcun modo la condizione, neanche al fine di
renderla meno gravosa 67.
Una volta che allora l’imputato rinnovi l’identica richiesta di abbreviato condizionato , il Giudice
del dibattimento deve valutare la legittimità del precedente rigetto del GUP/GIP verificando, alla
luce della prospettazione operata dal richiedente, la ricorrenza del requisito di necessità e decisività
della prova richiesta, secondo una valutazione "ex ante" in considerazione della situazione esistente
al momento della valutazione negativa, nonché del requisito della compatibilità alle finalità del
rito68.
All’esito, potrà andare di contrario avviso rispetto al GUP ed ammettere il rito.
Ovvero potrà confermare il rigetto.
In questo ultimo caso, il Giudice del dibattimento non avrà esaurito il suo compito di garante della
legalità della pena irrogata.
Egli continuerà fino all'esito del dibattimento ad effettuare una verifica sulla legittimità del rigetto
(anche proprio) della richiesta di giudizio abbreviato condizionato , essendo tenuto ad applicare la
diminuente prevista per il rito anche se tale rigetto si riveli, alla fine , non fondato 69 .
In sostanza, il Giudice dibattimentale che abbia respinto "in limine litis" la richiesta di accesso al
rito abbreviato - "rinnovata" dopo il precedente rigetto del GIP ovvero proposta per la prima volta,
in caso di giudizio direttissimo o per citazione diretta - deve applicare anche d'ufficio la riduzione di
un terzo prevista dall'art. 442 c.p.p., se riconosca pure alla luce dell'istruttoria espletata che quel rito
si sarebbe dovuto invece celebrare 70 .
67 Cassazione penale, sez. II, 17/10/2014, n. 47409; Cass. pen. n. 21219 del 2011, Cass. pen. n. 1851 del 2010, Cass. pen. n. 27778 del 2006 68 Cassazione penale, sez. IV, 14/01/2016, n. 3624 ; Cassazione penale, sez. II, 06/12/2013, n. 51817 69 Cassazione penale, sez. fer., 20/08/2015, n. 38877; in senso conforme: Cass. Pen., sez. 04, del 05/06/2007, n. 37587 ; Cass. Pen., sez. 02, del 15/01/2013, n. 18745 ; Sezioni Unite Cass. Pen., sez. UU, del 27/10/2004, n. 44711 70 In applicazione del principio, la Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza con la quale la Corte territoriale aveva negato la riduzione per il rito, benché l'attività istruttoria espletata nel corso del dibattimento avesse coinciso con quella alla quale l'imputato aveva condizionato la richiesta di accedere al rito alternativo, avendo le parti prestato il consenso all'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di tutti i restanti atti di indagine; sul tema concordi Cassazione penale, sez. II, 15/01/2013, n. 18745; Cassazione penale 04 febbraio 2016 n. 8097 sez. II ; Cassazione penale 14 gennaio 2016 n. 3624 sez. IV ; Cassazione penale 20 agosto 2015 n. 38877 sez. fer. ; Cassazione penale 09 dicembre 2014 n. 15860 sez. I ; Cassazione penale 05 novembre 2013 n. 2193 sez. II ; Cassazione penale, sez. un., 27/10/2004, n. 44711
30
Ciò in quanto il rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata dall'imputato
all'assunzione di prove integrative, quando deliberato sull'erroneo presupposto che si tratti di prove
non necessarie ai fini della decisione, inficia la legalità del procedimento di quantificazione della
pena da infliggere qualora si pervenga, in esito al dibattimento, ad una sentenza di condanna.
Peraltro, in tal caso, nulla osta alla piena utilizzabilità di tutte le prove assunte nel giudizio
ordinario.
Infatti, anche quando all'esito del dibattimento , ritenendosi erronea una precedente declaratoria di
inammissibilità o di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato, si riconosca all'imputato il diritto
ad ottenere la riduzione della pena ex art. 442 c.p.p., il Giudice può legittimamente utilizzare le
prove frattanto acquisite in dibattimento , in quanto “il riconoscimento della riduzione ex art. 442
c.p.p. all'esito del dibattimento non ha come effetto di far regredire il processo, affinché si svolga
nelle forme camerali del rito speciale” 71 .
Sotto tale profilo, è stata ritenuta illegittima la decisione del Giudice che, al termine del giudizio di
primo grado o del successivo giudizio di impugnazione, espressamente richiesto dall'imputato, nega
la riduzione della pena derivante dalla mancata instaurazione del rito abbreviato condizionato
all'espletamento di una perizia finalizzata all'accertamento dell'incapacità di intendere e di volere,
laddove quello stesso Giudice, sulla base degli elementi di prova utilizzabili, riconosca in sentenza
la configurabilità del vizio parziale di mente 72 .
Par. 6) Rito abbreviato ed effetto sanante sulle nullità , inutilizzabilità ed incompetenza
territoriale – Caratteri , limiti e casistica
La scelta del rito abbreviato ha una intrinseca capacità sanante in relazione agli atti del
procedimento.
Se esso integra un procedimento "a prova contratta" alla cui base vi è la personale volontà
dell’imputato, a mezzo del quale si accetta “lo stato degli atti” nonché una definizione del giudizio
alla stregua degli atti d'indagine (o dell’udienza preliminare) già acquisiti , il rito per sua natura
implica:
- la sanatoria di eventuali nullità (non assolute) procedimentali;
- l’attribuzione agli elementi raccolti nel corso delle indagini preliminari o dell’udienza
preliminare di un valore probatorio pieno , valore di cui essi sono normalmente sprovvisti
in sede dibattimentale .
71 Cassazione penale, sez. VI, 15/03/2013, n. 14454 72 Cassazione penale, sez. VI, 16/04/2014, n. 17687
31
È evidente, tuttavia, che il negozio processuale di tipo abdicativo avente ad oggetto la scelta del rito
può avere ad oggetto esclusivamente i poteri che rientrano nella sfera di disponibilità degli
interessati, restando esso privo di negativa incidenza sul potere - dovere del Giudice di essere
anche in questo ambito speciale garante della legalità del procedimento .
Per questo, con riguardo al regime della utilizzabilità degli atti probatori, il rito abbreviato sana ed
elide :
- l'inutilizzabilità cosiddetta "fisiologica" della prova, funzionale cioè ai peculiari connotati
del processo accusatorio , in forza dei quali il Giudice non può utilizzare ai fini della
deliberazione prove, pure assunte secundum legem, ma diverse da quelle legittimamente
acquisite nel dibattimento secondo l'articolo 526 Cpp, con i correlati divieti di lettura di cui
all'articolo 514; in tal caso il “vizio – sanzione” dell'atto probatorio è neutralizzato dalla
stessa scelta negoziale, capace di far assurgere a dignità di prova gli atti d'indagine compiuti
senza le forme del contraddittorio dibattimentale;
- l'inutilizzabilità cosiddetta "relativa" della prova, cioè quella stabilita dal legislatore in via
esclusiva "nel dibattimento", laddove, venendo meno la fase dibattimentale, per effetto
della volontà dell’imputato a favore del giudizio abbreviato, gli atti di prova che non
avrebbero potuto fare ingresso nel dibattimento esplicheranno tutta la loro capacità
dimostrativa ai fini della sentenza73 .
Parimenti, con riguardo al regime delle nullità, l’abbreviato sana tutte le nullità (non assolute)
rispetto alle quali l’ “accettazione degli atti” da parte dell’imputato rileva nei termini di
accettazione degli effetti dell’atto invalido, così come previsto ex art. 183 lett. a) c.p.p. .
Ciò posto, la unanime giurisprudenza è di converso concorde nel ritenere che in sede di rito
abbreviato mantengono tutta la loro rilevanza invalidante – senza alcun effetto di sanatoria – le
nullità di carattere assoluto e le inutilizzabilità cd. patologiche.
Invero, le prime , siccome rilevabili d’ufficio e deducibili in ogni stato e grado del giudizio, sono
insanabili per definizione ex artt. 178 e 179 c.p.p. , onde nessuna accettazione può spiegare rispetto
ad esse gli effetti ex art. 183 c.p.p. .
Le seconde , siccome inerenti ad atti assunti contra legem ed in modo contrastante con i principi
fondamentali dell'ordinamento o tale da pregiudicare in modo grave ed insuperabile il diritto di
difesa dell'imputato , riguardano mezzi di prova il cui impiego è vietato in modo assoluto non solo
73 si pensi all'articolo 350 comma 7 Cpp per le dichiarazioni spontanee rese alla p.g. dall'indagato cft., ex plurimis, Cass., Sez. IV, 31 gennaio 1997, P., rv. 207872; Sez. IV, 19 novembre 1996, M., ry. 207147
32
nel dibattimento , ma in qualsiasi altra fase del procedimento, ivi comprese le indagini preliminari,
l'udienza preliminare, le procedure incidentali cautelari e quelle negoziali di merito 74 .
In applicazioni di tali principi, la casistica giurisprudenziale è variegata.
***********
Sul tema delle nullità nei giudizi abbreviati, si è osservato:
- che l'omessa notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, determinando
una nullità a regime intermedio della richiesta di rinvio a giudizio, resta sanata dalla
presentazione da parte dell'imputato della richiesta di giudizio abbreviato 75 ;
- che l'omesso espletamento dell'interrogatorio a seguito dell'avviso di cui all'art. 415 bis
c.p.p., benché sollecitato dall'imputato, determinando ancora una volta una nullità di ordine
generale a regime intermedio, non può essere dedotta a seguito della scelta del giudizio
abbreviato 76;
- che la invalidità della notifica del decreto di citazione a giudizio dell'imputato, conseguente
alla sua effettuazione con modalità diverse da quelle previste, integra una nullità di ordine
generale a regime intermedio, operando nuovamente effetto sanante in caso di abbreviato 77 ;
- che l'omissione dell'avviso - all'indagato, alla persona offesa o ai difensori - degli
accertamenti tecnici irripetibili, integrando sempre una ipotesi di nullità di ordine generale a
regime intermedio, non può essere dedotta a seguito dell'opzione dall'imputato espressa per
il giudizio abbreviato 78;
- che , anche a seguito dell'entrata in vigore del d.lg. n. 32 del 2014, con cui è stata data
attuazione alla direttiva 2010/64/UE sull'assistenza linguistica, la omessa traduzione in una
lingua nota all'imputato delle dichiarazioni rese da una persona informata sui fatti ovvero
dell'avviso di conclusione delle indagini determina una nullità di ordine generale a regime
intermedio, non deducibile nel giudizio abbreviato quando l'imputato, optando per la
definizione del processo nelle forme del rito speciale, consapevolmente si sia astenuto dal
formulare eccezioni; in generale, si è ritenuto che l'accesso al rito preclude all'imputato
alloglotta, che non conosca la lingua italiana, la possibilità di eccepire la nullità derivante
74 Cassazione penale, sez. III, 24/01/2006, n. 6757 75 Cassazione penale 16 settembre 2014 n. 41397 sez. II ; Cassazione penale, sez. VI, 04/05/2010, n. 25153 76 Cassazione penale 17 novembre 2015 n. 541 sez. VI ; Cassazione penale, sez. II, 03/07/2014, n. 39474; Cassazione penale, sez. I, 05/05/2010, n. 19948 77 Cassazione penale, sez. III, 27/03/2014, n. 19454 78 Cassazione penale, sez. VI, 25/11/2014, n. 53734
33
dalla mancata traduzione di una parte degli atti del procedimento ; d’altronde, l’art. 3,
paragrafo 8, della direttiva 2010/64/UE contempla la possibilità per l’imputato o indagato
alloglotta di rinunciare alla traduzione, a condizione che la rinuncia sia informata,
inequivocabile e volontaria 79 ;
- che il vizio di genericità e indeterminatezza dell'imputazione non può essere eccepito
dall'imputato del giudizio abbreviato incondizionato, perché la richiesta incondizionata di
giudizio abbreviato implica necessariamente l'accettazione dell'imputazione formulata
dall'accusa 80;
- che il diritto all'ascolto dei file delle intercettazioni è prerogativa difensiva in alcun modo
surrogabile dai cd. brogliacci, stesi senza contraddittorio e senza garanzia di fedeltà dalla
polizia giudiziaria ; pertanto, seppur la violazione del diritto all'ascolto delle registrazione e
quello legato alla copia dei file audio dà luogo ad una compressione del diritto di difesa,
essa concreta una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell'art. 178 c.p.p.,
lett. c), come tale sanata con la scelta del rito abbreviato, anche in considerazione della
possibilità di optare per il giudizio ordinario o di subordinare la richiesta della definizione
con il procedimento speciale all'integrazione probatoria 81; per l’effetto, sono da ritenersi
sanati, in caso di abbreviato, sia il mancato accoglimento, da parte del Giudice dell'udienza
preliminare, della richiesta difensiva di avere accesso alle registrazioni di conversazioni
intercettate 82 , sia il mancato rilascio di copia dei supporti delle registrazioni da parte del
p.m 83, sia l'omesso deposito dei supporti magnetici con il conseguente mancato accesso
agli stessi da parte dei difensori 84 .
*************
79 Cassazione penale, sez. II, 02/02/2016, n. 6575; Cassazione penale, sez. II, 09/04/2014, n. 18781; Cassazione penale 28 ottobre 2015 n. 46139 sez. II ; Cassazione penale 14 luglio 2015 n. 45360 sez. I ; Sez. un., 26 settembre 2006, n. 39298, Cieslinsky, in questa rivista, 2007, p. 514 80 Cassazione penale, sez. VI, 15/12/2011, n. 21265; Cassazione penale, sez. VI, 20/05/2009, n. 32363 81 Cassazione penale, sez. II, 11/10/2013, n. 43103; Cassazione penale, sez. VI, 07/02/2013, n. 19191 82 Cassazione penale, sez. I, 18/12/2013, n. 4429 83 Cassazione penale, sez. V, 02/07/2013, n. 39837 84 Cassazione penale, sez. VI, 15/12/2011, n. 21265
34
Sui rapporti poi tra le varie ipotesi di inutilizzabilità ed il rito abbreviato varie sono state le
pronunce della Suprema Corte.
Intercettazioni e tabulati
Con riguardo alle intercettazioni ed ai profili di invalidità dell’atto di autorizzazione si sono
registrate talune oscillazioni giurisprudenziali.
1) Relativamente alla ipotesi di intercettazioni eseguite con l'impiego di impianti diversi da
quelli in dotazione della Procura della Repubblica, benché disposte con decreto privo
di motivazione:
- un orientamento recente ritiene che , in tema di giudizio abbreviato, le captazioni siano
pienamente utilizzabili, atteso che la carenza motivazionale non integra un'ipotesi di
inutilizzabilità patologica 85 ;
- altro orientamento sostiene che la situazione di obiettiva incertezza sul luogo di effettivo
svolgimento delle operazioni di registrazione, nonché sugli impianti concretamente
utilizzati, integri gli estremi della inutilizzabilità patologica deducibile dall'imputato nel
giudizio abbreviato 86 , aggiungendosi che ricorre inutilizzabilità patologica anche in caso di
mancata motivazione del decreto del pubblico ministero, con il quale si dispone, per
l'esecuzione di operazioni di intercettazione telefonica, l'utilizzo di impianti diversi da quelli
installati nella procura della Repubblica 87 .
2) Relativamente alla ipotesi di mancanza di motivazione nei decreti autorizzativi:
- un orientamento ritiene che esso costituisca causa di inutilizzabilità dei risultati di
intercettazioni di comunicazioni, anche nel giudizio abbreviato88 ;
- altro orientamento assume, di contro, che l'inutilizzabilità derivante dalla mancanza di
motivazione dei decreti di autorizzazione all'intercettazione di comunicazioni può farsi
rientrare tra quelle cosiddette "fisiologiche", per cui la relativa rilevanza invalidante viene
neutralizzata nel caso di giudizio abbreviato 89.
3) Con riguardo alle acquisizione dei tabulati telefonici, si è ritenuto:
85 Cassazione penale, sez. II, 24/02/2016, n. 10134; Cassazione penale, sez. I, 03/11/2015, n. 472; in senso conforme: Cass. Pen., sez. 02, del 14/01/2014, n. 3606 ; Cass. Pen., sez. 05, del 25/06/2014, n. 472 ); 86 Cassazione penale, sez. III, 13/05/2014, n. 40209 87 Cassazione penale, sez. VI, 30/01/2007, n. 14099 88 Cassazione penale, sez. III, 26/11/2014, n. 15828 89 Cassazione penale, sez. VI, 11/05/2005, n. 33750
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- che la mancata allegazione agli atti (ferma l’esistenza) del decreto autorizzativo
dell'acquisizione dei tabulati telefonici non ne determini l'inutilizzabilità ai fini della
decisione nel giudizio abbreviato 90;
- che ha di contro natura patologica l'inutilizzabilità dell'acquisizione dei tabulati operata
senza il decreto motivato dall'a.g., essendo l'art. 191 c.p.p. applicabile anche alle c.d. prove
"incostituzionali" perché assunte con modalità lesive dei diritti fondamentali 91;
- che, nondimeno , in sede di giudizio abbreviato, il Giudice può disporre, anche d'ufficio, la
rinnovazione del decreto di esibizione per l'acquisizione di tabulati concernenti il traffico
telefonico, dal momento che gli compete il controllo sulla regolarità del decreto e quindi
anche il potere di rimuovere la causa impeditiva all'utilizzazione 92;
- che, da ultimo , la carenza di motivazione del decreto acquisitivo adottato dal p.m. non
comporta l'inutilizzabilità degli elementi raccolti, posto che tale sanzione non è prevista
espressamente dalla legge e non si tratta di prova assunta in violazione di un divieto legale,
per cui opera l’effetto sanante derivante dalla scelta dell’abbreviato 93.
Testimonianza indiretta
Non è applicabile all’abbreviato il divieto di "testimonianza indiretta" contenuto nell'art. 195,
comma quarto, cod. proc. pen., che è riferibile esclusivamente al dibattimento 94 .
Ecco perché è stata già ritenuta utilizzabile nel giudizio abbreviato l'annotazione di polizia
giudiziaria nella quale si riporta il contenuto delle dichiarazioni rese agli operanti in via
confidenziale dalla persona offesa che non ha voluto verbalizzarle, costituendo la stessa atto di
indagine alla quale la scelta dell'imputato di accedere al rito alternativo ha attribuito valenza
probatoria 95 .
Sono invero sempre utilizzabili le dichiarazioni de relato di un teste qualora l'imputato non si sia
avvalso del diritto di chiedere che sia chiamato a deporre il teste di riferimento 96: ciò che si
90 Cassazione penale, sez. VI, 14/01/2011, n. 8353 91 Cass. Pen. Sez. un., 23 febbraio 2000, n. 6, D'Amuri, ; cfr Sez. un., 21 giugno 2000, n. 16, Tammaro 92 Cass. Pen. Sez. VI, 4 maggio 2006, n. 33435, Battistelli, ivi, 2006, p. 3578; Sez. VI, 4 maggio 2006, n. 33519, Acampora 93 Cass. Pen. Sez. IV, 24 febbraio 2005, n. 20558, Pietroleonardo, in C.E.D. Cass., n. 231920 94 inutilizzabilità relativa, Cassazione penale, sez. III, 30/04/2015, n. 23273 95 Cassazione penale, sez. I, 11/05/2010, n. 32963; Cassazione penale, sez. V, 27/09/2013, n. 8376 96 Cass. Pen. sez. 5, n. 50346 del 22.10.2014, Palau Giovannetti, rv. 261316
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verifica, in caso di abbreviato, allorquando è proprio l’imputato ad acconsentire all’utilizzazione ,
chiedendo il rito senza subordinare l’ammissione del rito alla diretta escussione del teste di
riferimento.
Peraltro, si è chiarito, tale disciplina non si pone in contrasto con l'art. 111 Cost. in quanto
l'ordinamento consente che la formazione della prova avvenga senza contraddittorio, quando vi è il
consenso dell'imputato 97 .
Parimenti, l'inutilizzabilità della deposizione di chi si rifiuta o non è in grado di indicare la persona
o la fonte da cui ha appreso la notizia dei fatti oggetto dell'esame (art. 195, comma 7, c.p.p.) opera,
in caso di giudizio abbreviato, solo nell'ipotesi in cui la parte abbia subordinato l'accesso al rito ad
un'integrazione probatoria costituita dall'assunzione del teste indiretto e se, nonostante l'audizione,
sia rimasta non individuata la fonte dell'informazione 98 .
Per cui è utilizzabile a fini probatori , nel giudizio ex art. 438 c.p.p., l'annotazione di servizio redatta
dal personale di polizia giudiziaria intervenuto sul luogo del reato e nella quale sono riportate le
dichiarazioni rilasciate da persona ivi presente, di cui non è stato possibile procedere alla compiuta
identificazione 99 .
Dichiarazioni indagato
Le dichiarazioni rese spontaneamente alla polizia giudiziaria dalla persona nei cui confronti
vengono svolte le indagini, a norma dell'art. 350, comma 7, c.p.p., non possono essere utilizzate nel
dibattimento se non ai fini delle contestazioni (cd, inutilizzabilità relativa), ma possono essere
utilizzate pleno iure nel giudizio abbreviato, considerata la peculiare natura di tale rito e
l'accettazione degli atti che esso comporta 100 .
E ciò anche se le dichiarazioni sono inserite in un verbale di perquisizione o sequestro e non in un
altro autonomo verbale101 .
97 Cass. Pen. sez. 3, n. 38623 del 2.7.2003, B., rv 226544, fattispecie in cui l'imputato non aveva chiesto l'audizione del figlio minore vittima di abusi sessuali; conf. sez. 6, n. 28029 del 3.6.2009, Vinci ed altro, rv. 244415; sez. 6, n. 46795 del 24.10.2003, De Rose, rv. 226930; sez. 4, n. 35913 del 17.1.2012, Ruggieri, rv. 254071 98 Cassazione penale, sez. III, 24/09/2015, n. 44004; Cassazione penale, sez. III, 29/01/2008, n. 11100 99 in motivazione la Corte ha escluso l'assimilabilità delle dichiarazioni in oggetto alle voci correnti nel pubblico e l'operatività del divieto di cui all'art. 195, comma 7, c.p.p., Cassazione penale, sez. I, 11/05/2010, n. 32963 100 Cassazione penale, sez. VI, 03/12/2014, n. 53803; Sez. II, 19 settembre 2003, n. 37374 101 Cassazione penale, sez. VI, 26/10/2011, n. 8675, v., altresì, Sez. II, 1 luglio 2005, n. 30113
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Di contro, l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da chi, interrogato, sin dall'inizio avrebbe
dovuto essere sentito come indagato è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, pur se è stato
disposto il giudizio abbreviato: invero, quella sancita dall'art. 63 c.p.p. è una inutilizzabilità
patologica, stabilita dalla legge come concreto baluardo del principio di civiltà secondo il quale
nemo tenetur se detegere nonchè - per il profilo riguardante l'utilizzazione contro i terzi - a garanzia
dell'attendibilità delle dichiarazioni accusatorie formulate da chi tema di dover affrontare
personalmente un giudizio 102 .
Tuttavia, nei casi in cui il soggetto, dovendo essere sentito in qualità di imputato o di persona
sottoposta ad indagini, sia stato avvertito di tale sua qualità ed abbia reso, in assenza del difensore,
dichiarazioni spontanee alla polizia giudiziaria, non è applicabile la disciplina del comma 2 dell'art.
63 c.p.p. - con conseguente inutilizzabilità delle dichiarazioni nei confronti degli imputati in reato
connesso o collegato -, bensì la regola di cui al comma 7 dell'art. 350 stesso codice, di talché le sue
dichiarazioni, sebbene non utilizzabili nel dibattimento salvo quanto previsto dal comma 3 dell'art.
503, possono essere apprezzate nella fase delle indagini preliminari o nella valutazione dei gravi
indizi di colpevolezza per l'adozione di un provvedimento cautelare o in sede di abbreviato 103.
Parimenti, non si applicherà l’art. 63 c.p.p. e saranno utilizzabili nel giudizio abbreviato, anche
contro chi le rende, le dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria da soggetto che non ha ancora
assunto la qualità di indagato104 .
Dichiarazioni prossimi congiunti
Le dichiarazioni rese dai prossimi congiunti nel corso delle indagini preliminari senza essere
previamente avvertiti della facoltà di astenersi ai sensi dell'art. 199 c.p.p. sono attinte dalla
sanzione della nullità , senza involgere profili di inutilizzabilità patologica.
Tale nullità non rientra tra le nullità assolute e di ordine generale previste dal combinato disposto
degli artt. 178 , 179 e 180 c.p.p. , potendo essere dichiarata solo su eccezione da parte, secondo il
regime delle nullità relative disciplinate dall'art. 181 c.p.p..
La scelta del rito abbreviato, allora, implicando il consenso all'utilizzazione degli elementi di
prova acquisiti nel fascicolo del pubblico ministero, ne sana l’invalidità 105 .
102 Cassazione penale, sez. II, 29/04/2009, n. 34512 103 Cassazione penale, sez. VI, 15/12/2011, n. 21265;Cassazione penale, sez. III, 20/01/2010, n. 10643; v. Sez. VI, 11 luglio 2006, n. 24679 ; in senso conforme: Cass. pen., sez. II, 29 novembre 2011 n. 44874, Cass. pen., sez. III, 20 gennaio 2010 n. 10643, Cass. pen., sez. III, 3 novembre 2009 n. 48508 104 Cassazione penale, sez. IV, 04/12/2013, n. 5619
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Dichiarazioni irrituali al perito
Con riguardo alle dichiarazioni della persona offesa o di altri testimoni rilasciate al perito nel corso
degli suoi accertamenti peritali, la giurisprudenza ha ritenuto come l’art. 228 comma 3 c.p.p. – che
vincola l’utilizzabilità di tali dichiarazioni ai soli fini dell’accertamento peritale – detti una ipotesi
di inutilizzabilità fisiologica, per cui le predette informazioni possono essere legittimamente
utilizzate nel rito abbreviato, ai fini di prova della responsabilità dell'imputato; mentre, si è
specificato, la stessa norma porrebbe un limite di inutilizzabilità patologica solo quando si riferisce
alle informazioni fornite al perito dall'imputato, operando stavolta tale limite anche con riferimento
al giudizio abbreviato 106 .
Sennonchè, altro orientamento intravede , con riguardo all’art. 228 comma 3 c.p.p. , un vincolo di
inutilizzabilità patologica, ai fini dell’accertamento della responsabilità dell’imputato , anche nei
casi in cui le dichiarazioni rilasciate al perito provengano dal teste (vittima di reati) , valorizzandosi
il divieto espresso di cui all'art. 228 comma 3 c.p.p. nel senso di radicale limite alla fonte di prova
per la ricostruzione del fatto 107.
Scadenza termini delle indagini
Secondo la Suprema Corte la scelta del giudizio abbreviato preclude all'imputato la possibilità di
eccepire l'inutilizzabilità degli atti di investigazione compiuti dopo la scadenza dei termini delle
indagini preliminari , non essendo essa equiparabile alla inutilizzabilità delle prove vietate dalla
legge (all'art. 191 c.p.p.) e, come tale, non essendo rilevabile d'ufficio ma solo su eccezione di parte.
Invero, la sanzione prevista dall'art. 407, comma 3, c.p.p. integra un'ipotesi di "inutilizzabilità" che
scatta solo in riferimento alla fase dibattimentale e non in relazione a ogni stato e grado del
procedimento, sicché è sempre possibile l'utilizzo di atti tardivi sia ai fini delle determinazioni
relative all'esercizio dell'azione penale, sia nell'ambito dell'udienza preliminare e del giudizio
abbreviato 108 . Tuttavia , si è affermato, gli atti di indagine dichiarati inutilizzabili prima della
105 Cassazione penale, sez. II, 05/05/2009, n. 34521; nello stesso senso di cui in massima Sez. VI, 19 marzo 2009, n. 19152 ; conf. Sez. VI, 18 gennaio 2005, n. 10065, Mascia, in C.E.D. Cass., n. 231479; Sez. I, 8 gennaio 2002, Marchegiani; Sez. V, 9 dicembre 1996, n. 5404, Loico, in C.E.D. Cass., n. 206641 106 Cassazione penale, sez. I, 02/12/2015, n. 21185 107 Cassazione penale, sez. III, 19/05/2015, n. 36351; Cassazione penale, sez. III, 23/05/2013, n. 43723 108 Cassazione penale, sez. VI, 26/06/2008, n. 36700; Cassazione penale, sez. VI, 15/12/2011, n. 21265; Cassazione penale, sez. VI, 19/12/2011, n. 12085; la giurisprudenza prevalente è in senso conforme ; Fra le altre, v. Sez. V, 12 luglio 2010, n. 34820; Sez. II, 5 febbraio 2009, n. 17798; Sez.
39
formulazione della richiesta di accesso a riti alternativi, anche nel caso di inutilizzabilità
"fisiologica" o relativa (nella specie, sommarie informazioni testimoniali rese dopo la scadenza
del termine di durata delle indagini preliminari), non possono essere successivamente utilizzati per
la definizione del processo con il giudizio abbreviato richiesto dall'imputato 109 .
Abbreviato ed incompetenza territoriale
La questione della proponibilità o meno dell'eccezione di incompetenza territoriale una volta
richiesto ed ammesso il giudizio abbreviato ha diviso per anni la giurisprudenza.
Sul punto sono intervenute le SS.UU. con la sentenza del 29/03/2012, n. 27996.
Ricordava il Massimo consesso che , secondo un primo orientamento 110 l'eccezione di
incompetenza per territorio non era proponibile:
- perchè, imponendo l'art. 21 cod. proc. pen. la proposizione di tale eccezione prima della
conclusione dell'udienza preliminare, la questione, se presentata per la prima volta dopo
l'introduzione del rito alternativo, è da considerarsi tardiva, mentre, se reiterata dopo il rigetto di
istanza precedente proposta in sede di udienza preliminare, è inammissibile perchè mera
reiterazione di eccezione sulla quale si è formato il giudicato (cfr. in particolare sent. Ninivaggi);
- perchè la scelta del giudizio abbreviato, anche in ragione della connotazione assunta dal rito a
seguito della riforma del 1999, comporta la rinuncia a far valere le invalidità non assolute e le
inutilizzabilità non patologiche non solo degli atti a contenuto probatorio ma anche degli atti
processuali propulsivi ed introduttivi del rito nonchè le eccezioni sulla competenza territoriale che,
per il regime ad essi riconosciuto, rientrano nella sfera di disponibilità degli interessati (cfr. in
particolare sent.Acampora);
- perchè la esplicita e consapevole richiesta di un rito governato da regole diverse rispetto a quelle
dell'ordinario dibattimento, ed altresì caratterizzato dalla mancanza del segmento processuale
dedicato alla trattazione e risoluzione delle questioni preliminari, configura rinuncia per facta
concludentia a far valere le nullità non assolute verificatesi nelle fasi anteriori ai sensi della regola
di sanatoria prevista dall'art. 183 c.p.p., comma 1, lett. a) (cfr. in particolare sent. Acampora);
VI, 24 febbraio 2009, n. 16986, in C.E.D. Cass., n. 243257; Cass. pen., sez. V, 12 luglio 2010 n. 38420, Cass. pen., sez. VI, 24 febbraio 2009 n. 16986 109(In motivazione, la Corte ha precisato che tale conclusione è imposta sia dal principio di tutela dell' affidamento delle parti in ordine alla stabilità delle decisioni giudiziarie, sia dall'assenza di limiti di efficacia alla dichiarazione di inutilizzabilità; Cassazione penale, sez. III, 05/06/2014, n. 31171 110 Sez. 6, n.44726 del 18/09/2003, Ninivaggi, Rv. 227715; Sez. 6, n.33519 del 04/05/2006, Acampora, Rv. 234392; Sez. 2, n. 11723 del 05/02/2008, Rotterdam, non massimata; Sez. 6, n.26092 del 26/05/2010, Eddahani, non massimata; Sez. 5, n.7025 del 10/12/2010, Bellacanzone, Rv. 249833
40
- perchè, nel caso di giudizio abbreviato atipico, eccepire l'incompetenza per territorio in sede di
giudizio alternativo, richiesto dall'imputato dopo la citazione a giudizio immediato, si pone in
contrasto con la ratio stessa del giudizio immediato, vanificando l'interesse del legislatore,
prevalente rispetto anche all'esatta individuazione del Giudice territorialmente competente ed alla
quale l'imputato ha di fatto dimostrato di rinunciare chiedendo di essere ammesso al giudizio
abbreviato, alla speditezza del processo (cfr. in particolare sent. Rotterdam);
- perchè nella tesi contraria alla possibile proposizione dell'incidente di competenza nel giudizio
abbreviato non è ravvisabile alcuna potenziale violazione dell'art. 25 Cost., attesi il carattere
certamente disponibile della questione di competenza territoriale e la natura "negoziabile" del
giudizio abbreviato, che comporta la rinuncia da parte dell'imputato anche ad altre garanzie
costituzionali, quali, ad esempio, il principio del contraddittorio nella formazione della prova, e ciò
in cambio di plurimi benefici processuali e sostanziali (cfr. in particolare sent. Eddehani);
- perchè in realtà non vi sarebbe violazione del principio costituzionale di precostituzione per legge
del Giudice naturale in quanto, nelle ipotesi in questione, è proprio la legge processuale a
determinare specificamente quale Giudice naturale del procedimento quello al quale l'imputato
chiede di celebrare il giudizio con rito abbreviato (cfr. in particolare sent. Bellacanzone).
Le SS.UU., tuttavia, propugnavano il diverso orientamento favorevole alla proponibilità nel
giudizio abbreviato dell'incidente di competenza 111 .
Si riteneva che l'eccezione di incompetenza per territorio fosse deducibile:
- perchè il rito alternativo rappresenta soltanto una modalità speciale di svolgimento del giudizio di
primo grado e perchè l'esercizio del diritto di optare per il rito abbreviato non può comportare
ingiustificabili effetti discriminatori per l'imputato e per la sua possibilità di contestare la scelta del
Giudice effettuata dal pubblico ministero con l'esercizio dell'azione penale (cfr. in particolare
sentenze D'Andrea e Angeli);
- perchè la tesi della idoneità della richiesta di rito alternativo a configurare la rinuncia all'incidente
di competenza è priva di qualsivoglia ancoraggio normativo (cfr. in particolare sentenze La Perna e
Bega);
- perchè inibire all'imputato la possibilità di insistere nel richiedere il controllo sul rispetto delle
norme che attuano il principio del Giudice naturale determina una violazione dell'art. 24 Cost.,
comma 2, e art. 25 Cost., comma 1, atteso che il perseguimento del rispetto delle norme sulla
111Sez. 6, n.12894 del 28/06/1991, D'Andrea, Rv.188755; Sez. 6, n.1168 del 20/11/1997, Angeli, Rv.211126; Sez. 4, n.4528 del 28/10/1998, Generali, Rv.213136; Sez. 1, n.37156 del 10/06/2004, La Perna, Rv.229532; Sez. 1, n. 34686 del 05/07/2011, Bega, Rv. 251135; Sez. 2, n. 39756 del 05/10/2011, Ciancimino, Rv. 251196
41
competenza, volto ad individuare il Giudice naturale precostituito per legge, è sottratto alla
disponibilità della parte (cfr. sent. La Perna);
- perchè il difetto nel rito alternativo del segmento processuale dedicato nel dibattimento alla
soluzione delle questioni preliminari è argomento inconferente, atteso che in un rito agile come
quello a prova contratta non è necessario fissare per le questioni preliminari rigide scansioni
procedimentali a contenuto preclusivo (cfr. sent. Bega);
- perchè non si rinviene alcun dato normativo, testuale o sistematico, dai quale ricavare la regola per
cui l'imputato, per poter essere giudicato dal Giudice naturalmente competente, debba rinunziare ai
riti alternativi e perchè entrambe siffatte opzioni vantano copertura costituzionale (cfr. sent. Bega).
In definitiva, le SS.UU. hanno sancito che l'eccezione di incompetenza territoriale è proponibile in
limine al giudizio abbreviato non preceduto dall'udienza preliminare, mentre, qualora il rito
alternativo venga instaurato nella stessa udienza, l'incidente di competenza può essere sollevato,
sempre in limine a tale giudizio, solo se già proposto e rigettato in sede di udienza preliminare: in
tal modo è stato rispettato l’inequivoco disposto di cui all’art. 21 c.p.p. che impone la sollevabilità
dall’eccezione prima della conclusione dell’udienza preliminare, con possibilità di reiterazione in
caso di rigetto.
Par. 7) Abbreviato e prove atipiche
Sono utilizzabili nel giudizio abbreviato i risultati della localizzazione mediante il sistema di
rilevamento satellitare (cosiddetto GPS) degli spostamenti di una persona sul territorio, mediante
l'acquisizione delle annotazioni e rilevazioni di servizio della polizia giudiziaria circa le coordinate
segnalate dal sistema di rilevamento, in quanto costituiscono il prodotto di un'attività di
investigazione atipica assimilabile al pedinamento e non alle operazioni di intercettazione 112 .
È poi legittima l'utilizzazione, nel giudizio abbreviato, dei verbali aventi ad oggetto
l'individuazione di persone o cose eseguita a norma dell'art. 361 cod. proc. pen., a nulla rilevando
che quest'ultima disposizione non preveda l'osservanza delle forme e delle garanzie stabilite dall'art.
214 stesso codice per la ricognizione di persone, trattandosi di valido atto di indagine , capace di
supportare la decisione del Giudice ex art. 442 comma 1 bis c.p.p. , fermo restando per il Decidente
l'obbligo, in caso di contestazione degli esiti della citata attività , di una puntuale enunciazione delle
ragioni per cui egli ritenga di attribuire attendibilità ad essi 113 .
112 Cassazione penale, sez. I, 07/01/2010, n. 9416 C. e altro 113 Cassazione penale, sez. VI, 11/04/2007, n. 18459; Cassazione penale 25 settembre 2014 n. 40583 sez. II ; Cassazione penale 25 febbraio 2009 n. 13882 sez. IV
42
Parimenti sarà utilizzabile, ai fini della decisione, il verbale di individuazione fotografica, redatto
dalla polizia giudiziaria, pur in mancanza di allegazione del relativo fascicolo fotografico 114 .
Ed è da ultimo utilizzabile in sede di abbreviato una individuazione fotografica operata dalla P.G.
di propria iniziativa, senza previa delega del P.M., poiché gli artt. 55 e 348 cod.poc.pen. sanciscono
il principio di atipicità degli atti di indagine della polizia giudiziaria, cui compete, anche in difetto
di direttive o formali deleghe del P.M., il potere-dovere di compiere di propria iniziativa tutte le
indagini che ritiene necessarie ai fini dell'accertamento del reato e dell'individuazione dei colpevoli 115 .
Par. 8) Trattazione del rito abbreviato
Par. 8.1) Fatto diverso e contestazione suppletive
Il sistema delle contestazioni suppletive nel giudizio abbreviato, così come desumibile dal disposto
dell'art. 438 c.p.p., comma 5, art. 441 c.p.p., comma 5 e art. 441-bis c.p.p., comma 1, e dal richiamo
ivi costantemente fatto all'art. 423 c.p.p., è così disciplinato: quando si proceda col rito abbreviato
semplice, cioè non subordinato ad un'integrazione probatoria posta come condizione dall'imputato,
ed il Giudice si astenga dal provvedere d'ufficio all'assunzione di nuovi mezzi istruttori, l'accusa
rimane cristallizzata nell'imputazione in base alla quale è stata esercitata l'azione penale, senza
alcuna possibilità di modifica nel corso del processo: modifica che è, invece, possibile quando, a
seguito dell'integrazione probatoria condizionante l'accesso al rito speciale, o disposta d'ufficio dal
Giudice, si sia avuto un incremento del quadro probatorio 116 .
***********
Nel giudizio abbreviato non condizionato, pertanto, il disposto dell'art. 441, comma 1, c.p.p.
esclude l'applicabilità dell'art. 423 c.p.p. il quale consente al p.m. di modificare l'imputazione in
presenza di un fatto diverso o di procedere a contestazioni suppletive, neppure se queste ultime
concernano esclusivamente circostanze aggravanti 117.
La norma ha come finalità quella di evitare di esporre l'imputato a una fluidità dell'accusa
incompatibile con la rinuncia alla prova che si cristallizza irretrattabilmente con la richiesta del rito.
114 Cassazione penale, sez. V, 03/06/2015, n. 42577 115 Cassazione penale, sez. V, 19/02/2014, n. 18997 116 Sez. 1, n. 14491 del 04/02/2004, Kastlunger, Rv. 228830
117 Corte Cost. 26 novembre 1997, n. 378
43
Peraltro, tale disposizione non esclude che il p.m., senza alcuna modifica del fatto contestato, possa
semplicemente procedere a una mera modifica del riferimento normativo e all'aggiunta di una
specificazione che, nello specifico, nulla immuti rispetto al tenore del capo di imputazione 118.
Pertanto, il Giudice del rito abbreviato, al pari di quello del rito ordinario, qualora accerti che il fatto
è diverso da come descritto nell'imputazione, non potendo sollecitare una modifica
dell’imputazione inibita dal codice, deve limitarsi a restituire gli atti al pubblico ministero, non
potendo contestualmente pronunciare sentenza di assoluzione.
La S.C. , in particolare, ha affermato che la regola di cui all'art. 521, comma secondo, cod. proc.
pen. è applicabile anche al giudizio abbreviato in quanto espressione del principio generale di
correlazione tra imputazione e sentenza, laddove la scelta dell'imputato di essere giudicato allo stato
degli atti non comporta una cristallizzazione del fatto reato nei limiti dell'imputazione 119.
Di contro , diversamente dalla ipotesi di fatto diverso, per la mancata contestazione della
aggravante il Giudice non ha il potere di restituire gli atti al PM perché si integri l’imputazione,
posto che "è affetto da abnormità strutturale il provvedimento con il quale il Giudice, all'esito di un
giudizio abbreviato non subordinato ad integrazione probatoria, dispone, dopo la discussione finale,
la restituzione degli atti al P.M. al fine di sollecitare la contestazione della recidiva o di altra
circostanza aggravante 120 .
Sulla scorta di tali principi, una sentenza che pronunciasse su di una imputazione irritualmente
modificata in sede di rito abbreviato, in violazione della disciplina richiamata, determina un'ipotesi
di nullità a regime intermedio della sentenza pronunciata all'esito di tale giudizio121 .
Parimenti, la statuizione su fatti o circostanze aggravanti che non potevano essere oggetto di
contestazione suppletiva, determina, in applicazione dei principi desumibili dall'art. 522 c.p.p.,
comma 1, la parziale nullità della sentenza di condanna, pronunciata all'esito di giudizio abbreviato
introdotto da richiesta incondizionata 122 .
118 Cassazione penale, sez. II, 17/09/2010, n. 35350 119 Cassazione penale, sez. II, 18/12/2012, n. 859; Cassazione penale, sez. IV, 12/06/2007, n. 36936;
Cassazione penale, sez. V, 21/10/2008, n. 595
120 Cassazione penale, sez. I, 12/05/2015, n. 25882; Cass. pen., Sez. VI, 27 novembre 2007 121 Cassazione penale, sez. IV, 03/06/2014, n. 3758 122 Cassazione penale, sez. IV 14/02/2007 n. 12259 (data dep. 23 marzo 2007; Cassazione penale, sez. III, 11/07/2007, n. 35624
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La stessa contestazione suppletiva della recidiva, da considerarsi a tutti gli effetti come una
circostanza aggravante del reato, determina la nullità della sentenza a fronte della violazione del
combinato disposto di cui all’art. 441 / 423 c.p.p. 123 .
Ciò posto, va rammentato che l’effetto preclusivo derivante per il PM dall’art. 441 comma 1 c.p.p.
si produce solo una volta ammesso il rito.
Mentre sarebbe legittima la contestazione suppletiva della circostanza aggravante formulata dal
pubblico ministero quando l'imputato ha richiesto l'ammissione del rito ma questa non è stata
ancora disposta dal Giudice con ordinanza, posto che prima della formale instaurazione del rito
speciale è ancora in corso l'udienza preliminare e l'imputato può revocare la scelta processuale
precedentemente compiuta 124 .
***********
A norma di codice , come sopra ricordato, una volta che abbia luogo una integrazione probatoria ex
art. 438 comma 5 c.p.p o 441 comma 5 c.p.p. , la contestazione dell’imputazione può essere
modificata.
Tale disciplina , che sintetizza la ratio legis posta a fondamento dell'applicabilità dell'art. 423 cod.
proc. pen. in deroga ai principi che governano in via generale il rito abbreviato, non può essere
intesa nel senso che la diversità del fatto contestato debba necessariamente emergere dalle
risultanze dell'integrazione istruttoria, costituendo invece l'incremento del quadro probatorio nulla
più che il presupposto oggettivo perchè la predetta facoltà possa sorgere in capo al pubblico
ministero: tant'è che non mancano arresti giurisprudenziali dai quali è espressamente riconosciuta,
anche in tal caso, la legittimità di nuove contestazioni basate su fatti e circostanze già in atti 125 .
Par. 8.2) Interrogatorio e dichiarazioni spontanee dell’imputato
Nel giudizio abbreviato, dovendosi fare applicazione, ai sensi dell'art. 441 comma 1 c.p.p., delle
disposizioni previste per l'udienza preliminare, ivi comprese, in difetto di espressa esclusione,
quelle di cui all'art. 421 stesso codice, sussiste il diritto dell'imputato ad essere sottoposto ad
interrogatorio, qualora egli ne faccia richiesta, nulla rilevando che questa non sia stata formulata
all'atto della scelta del rito.
Si richiede soltanto che l’istanza di rendere interrogatorio sia avanzata prima dell'inizio della
discussione , tanto per non alterare le regole del contraddittorio in relazione agli elementi di difesa
123 Cassazione penale, sez. VI, 19/01/2010, n. 13117 124 Cassazione penale, sez. VI, 20/03/2014, n. 14295 125 Sez. 5, n. 7047/09 del 27/11/2008, Reinhard, Rv. 242962; Sez. 2, n. 23466 del 09/06/2005, Scozzari, Rv. 231993
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apportati dall'imputato, sui quali deve essere ammessa la facoltà delle altre parti di prendere la
parola 126 .
È quindi illegittimo, e costituisce causa di nullità (da qualificarsi a regime cosiddetto intermedio), il
mancato accoglimento di detta richiesta, motivato dal fatto che, nel domandare l'applicazione del
giudizio abbreviato, l'imputato non lo aveva subordinato all'effettuazione dell'incombente in
questione 127 .
Parimenti, le norme in tema di udienza preliminare, richiamate dall’art. 441 cit. , consentono
all’imputato di rendere dichiarazioni spontanee in sede di abbreviato secco.
Sotto tale profilo, l'accesso al giudizio speciale non è incompatibile con la facoltà dell'imputato di
rendere dichiarazioni spontanee (art. 421, comma 2, c.p.p.) e, pur comportando la rinuncia a
difendersi provando, non compromette in toto il diritto di autodifesa, di cui le spontanee
dichiarazioni sono una fondamentale espressione .
Per l’effetto, è stata ritenuta affetta da nullità relativa, in quanto tale deducibile immediatamente ai
sensi dell'art. 182 c.p.p. , l'ordinanza con la quale il Giudice, dopo avere accolto la richiesta di rito
abbreviato, non subordinata a integrazione probatoria, formulata dall'imputato, non abbia consentito
allo stesso di rendere dichiarazioni spontanee 128 .
Par. 8.3) Abbreviato, parte civile e responsabile civile
La costituzione di parte civile, se non formalizzata in precedenza (fasi preliminari al dibattimento),
può intervenire anche dopo l'emissione dell'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, come da
disposto di cui all’art. 441 comma 2 c.p.p. 129 .
Il termine finale stabilito dalla legge a pena di decadenza per la costituzione di parte civile nel corso
del giudizio abbreviato è ricavato dalla Suprema Corte di Cassazione dalla disciplina dettata in tema
di udienza preliminare , che lo individua nel momento in cui il Giudice dichiara aperta la
discussione, ex art. 421 c.p.p., comma 1.
Ne consegue che, ove il decidente, senza dichiarare l'apertura della discussione, rinvii ad altra
udienza per consentire alla parte civile di regolarizzare la sua posizione, è da considerarsi
126 Cassazione penale, sez. IV, 15/01/2007, n. 12245 ; Cassazione penale, sez. VI, 07/11/2001, n. 937 127 Cassazione penale, sez. III, 26/11/2014, n. 15444; Cassazione penale, sez. V, 10/03/2004, n. 19103 128 Cassazione penale, sez. III, 16/11/2005, n. 46766 129 Cassazione penale, sez. V, 06/06/2008, n. 33356
46
tempestiva, nel giudizio abbreviato, una costituzione di parte civile che avvenga, regolarmente, alla
successiva udienza, prima dell'apertura della discussione 130 .
Di contro, è stato ritenuta inammissibile la costituzione di parte civile effettuata dopo l'esercizio
del potere d'integrazione probatoria ex art. 441 comma 4 c.p.p. per impossibilità di decidere allo
stato degli atti, essendo decorso a quel momento il termine prima indicato , cioè l’inizio della
discussione 131.
*************
Mentre in caso di citazione diretta a giudizio la persona offesa ha notizia dell’azione penale essendo
destinataria della notifica del decreto ex art. 552 comma 3 c.p.. , in caso di rito direttissimo è
possibile che la stessa non abbia adeguata cognizione dell’immediato esercizio dell’azione da parte
del PM, non essendo previsto in tale rito un analogo meccanismo informativo a favore della parte
lesa.
Nondimeno, va confermato come sia tardiva una eventuale costituzione di parte civile effettuata
dopo l’integrazione probatoria disposta dal Giudice in sede di giudizio abbreviato, instaurato dopo
la fase della convalida e giudizio direttissimo.
È vero che solo in questo momento la parte civile potrebbe aver conosciuto formalmente del
processo, ma l’interesse della parte all’esercizio dell’azione civile in sede penale è recessivo rispetto
alla finalità di celerità perseguita con il rito direttissimo , essendo peraltro sempre consentito alla
parte civile di fare valere le proprie pretese in altra sede giurisdizionale (Tribunale Civile).
************
In un rito da definire allo stato degli atti, la parte civile non ha il potere di formulare richieste
probatorie, ma può, una volta che il Giudice abbia d'ufficio disposto perizia, nominare consulenti
tecnici132 .
La nomina di consulenti tecnici a norma dell'art. 225 c.p.p., una volta disposta dal Giudice la perizia
di ufficio, non costituisce formulazione di prova, ma si inserisce in una mera attività di intervento e
assistenza alle operazioni del perito, consentita a tutte le parti private , ragion per cui non vi osta il
citato divieto di articolare mezzi istruttori.
In applicazione di tali postulati , la Cassazione 133 ha specificato che è abnorme il provvedimento
del Giudice che accoglie la richiesta di giudizio abbreviato condizionato presentata dall'imputato e
130 Cass. Pen. 31/5/02, n. 21408 131 Cassazione penale, sez. III, 22/06/2010, n. 35700 132 Cassazione penale, sez. IV, 09/03/2009, n. 18974 133 Cass. Pen. Sez. II, 13 gennaio 2005, Argese
47
nel contempo ammette l'esame dei testimoni indicati dalla parte civile, in quanto la parte offesa,
secondo quanto previsto dall'art. 441, comma 4, c.p.p. ha solo la facoltà di accettare o meno il rito
abbreviato, ma non quella di formulare istanze probatorie.
Parimenti, Sez. V, 19 giugno 1991, Serafini, ivi, 1992, p. 307 ha sottolineato che, in tema di
giudizio abbreviato, la parte civile può non accettare il rito speciale, evitando così gli effetti
svantaggiosi della decisione di merito, ma non ha il potere di opporsi e d'impugnare il
provvedimento ammissivo di tale giudizio, né può acquisire questo potere facendo valere eventuali
illegittimità del provvedimento ammissivo come causa di abnormità.
************
La celebrazione del processo con rito abbreviato è incompatibile con la presenza del responsabile
civile, che va escluso anche d'ufficio, come espressamente stabilito dall'art. 87 c.p.p., comma 3,
senza che a ciò sia d'ostacolo neppure l'avvenuta attiva partecipazione al processo da parte dello
stesso responsabile civile, che non equivale ad acquiescenza 134.
Inoltre, l'estromissione del responsabile civile nel giudizio abbreviato consegue direttamente
all'accoglimento della richiesta di instaurazione del rito alternativo, anche in assenza di un apposito
provvedimento dichiarativo ad opera del Giudice 135 .
Par. 8.4) Il potere di integrazione ex art. 441 comma 5 c.p.p.
In sede di rito abbreviato – condizionato o puro - il potere di integrazione probatoria ex officio
attribuito al Giudice dall'art. 441 c.p.p., comma 5 - per il quale quando il Giudice ritiene di non
potere decidere allo stato degli atti assume, anche, d'ufficio, gli elementi necessari ai fini della
decisione - è preordinato alla tutela dei valori costituzionali che devono presiedere, anche nei
giudizi a prova contratta, all'esercizio della funzione giurisdizionale 136 .
Tale potere del Giudice è conseguente al principio costituzionale di obbligatorietà dell'azione
penale di cui all'art. 112 Cost. che implica il controllo del Giudice sull'attività del P.M. ed i suoi
poteri sostitutivi in caso di inerzia del P.M. o di incompletezza delle indagini preliminari.
Né è ipotizzabile una lesione dei diritti della difesa, nel caso di attivazione del meccanismo
ufficioso.
134 Cass. Sez. 3^ n. 5868 del 12.10.11, dep. 15.2.12 135Cassazione penale, sez. II, 10/10/2014, n. 44571; Cass. Sez. 5^ n. 37370 del 7.6.11, dep. 17.10.11 136 Cass. Sez. 5 sent. n. 4648 del 19.12.2005 dep. 3.2.2006 rv 233632
48
Infatti , allorchè l'imputato richiede il giudizio abbreviato, non può non considerare da un lato la
possibilità, prevista dalla legge, che il Giudice acquisisca nuovi elementi e dall'altro che
sopravvengano nuove prove 137.
***********
L'art. 441 c.p.p., comma 5 introduce nel rito abbreviato un meccanismo analogo a quello previsto
dall'art. 507 c.p.p. per il dibattimento a tutela dei valori costituzionali di legalità che presiedono
all'esercizio dell'azione penale.
In relazione specificamente all'art. 507 c.p.p. la Corte Costituzionale, nel respingere l'eccezione di
incostituzionalità di detta norma, ha affermato che “i giudici rimettenti muovevano da una
concezione alla stregua della quale il nuovo codice processuale non tenderebbe alla ricerca della
verità ma solo ad una decisione correttamente presa in una contesa dialettica tra le parti, secondo
un astratto modello accusatorio nel quale un esito vale l'altro, purchè correttamente ottenuto. E'
ben vero che l'esigenza di accentuare la terzietà del Giudice - perciò programmaticamente ignaro
dei precedenti sviluppi della vicenda procedimentali - ha condotto ad introdurre, di massima, un
criterio di separazione funzionale delle fasi processuali, allo scopo di privilegiare il metodo orale
di raccolta delle prove, concepito come strumento per favorire la dialettica del contraddittorio e la
formazione nel Giudice di un convincimento libero da influenze pregresse. Ma tale opzione
metodologica non ha fatto trascurare che fine primario ed ineludibile del processo penale non può
che rimanere quello della ricerca della verità, e che ad un ordinamento improntato al principio di
legalità, nonchè al connesso principio di obbligatorietà dell'azione penale non sono consone
norme di metodologia processuale che ostacolino in modo irragionevole il processo di
accertamento del fatto storico necessario per pervenire ad una giusta decisione. Il potere conferito
al Giudice dall'art. 507 c.p.p. (e parimenti dall’art. 441 comma 5) è, dunque, un potere
suppletivo, ma non certo eccezionale. La configurazione del siffatto potere come eccezionale, e
quindi da escludere in caso di decadenza o inattività delle parti, discende, nella logica presupposta
dai giudici remittenti, dall'assunzione dell'immanenza del nuovo codice, come conseguenza della
scelta accusatoria, di un principio dispositivo in materia di prova. Si tratta, però, di un assunto che
non trova riscontro nè nei principi della delega nè nel tessuto normativo concretamente disegnato
nel codice” 138 .
137 ex multis, Cassazione penale 22 ottobre 2014 n. 4913 sez. III ; Cassazione penale, sez. V, 19/12/2005, n. 4648 138 Corte Cost. 26 marzo 1993 n. 111, Azzari
49
La giurisprudenza della Cassazione , sulla stessa scia , è consolidata nel ritenere (pur alla luce della
nuova formulazione dell'art. 111 Cost.) che il Giudice possa esercitare il potere di disporre d'ufficio
l'assunzione di nuovi mezzi prova, previsto dall'art. 507 c.p.p., anche con riferimento a quelle prove
che le parti avrebbero potuto richiedere e non hanno richiesto, rimanendo comunque impregiudicata
la facoltà della parti di richiedere l'ammissione di nuovi mezzi di prova ai sensi dell'art. 495 c.p.p.,
comma 2 139.
Tale decisione ribadisce il principio già enunciato dalle stesse sezioni unite con la sentenza n. 11227
del 6.11.1992, secondo cui l'esercizio del potere previsto dall'art. 507 c.p.p. può essere esercitato
anche con riferimento alle prove che le parti avrebbero potuto richiedere .
Peraltro, alla ammissione della prova ex art. 507 c.p.p. il "Giudice non potrebbe non far seguire
l'ammissione anche delle eventuali prove contrarie".
Una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme che prevedono poteri istruttori da
parte del Giudice comporta necessariamente il riconoscimento del diritto alla prova contraria.
Applicando tali principi al rito abbreviato, la Cassazione , da un lato, ha ritenuto che "il potere
integrativo istruttorio del Giudice previsto dall'art. 441 c.p.p., comma 5 è esercitabile anche nel
momento stesso in cui viene disposto il giudizio abbreviato, difettando una qualunque previsione in
senso contrario e considerato che, sulla base degli atti, il Giudice può sin dal primo momento
valutare la necessità di acquisire ulteriori elementi necessari alla decisione" 140 ; dall'altro, ha
affermato che all'imputato "che abbia richiesto il rito speciale senza integrazioni probatorie deve
riconoscersi, nel caso in cui il Giudice assuma d'ufficio nuovi elementi necessari alla decisione, il
diritto alla controprova..... secondo una ragionevole analogia con l'interpretazione giurisprudenziale
dell'art. 507 c.p.p." 141 .
Una siffatta interpretazione dell'art. 441 c.p.p., comma 5 rende manifestamente infondata il sospetto
di incostituzionalità della norma , con riferimento all'art. 111 c.p.p., comma 2 , nella parte in cui
non prevede il diritto del PM di chiedere l'ammissione di prova contraria nell'ipotesi in cui
l'imputato abbia depositato il fascicolo delle investigazioni difensive e contestualmente formulato
richiesta di giudizio abbreviato.
139 Cass. sez. un. n. 41281 del 17.10.2006 140 Cass. sez. 6 n. 36236 del 7.7.2004, Mascarucci e successive tutte conformi 141 Cass. sez. 5 n. 11954 dell'8.2.2005, Marino; Cass., sez. 5 n. 19388 del 9.5.2006
50
La stessa Corte Costituzionale ha "suggerito" di esplorare la concreta praticabilità delle soluzioni
offerte dall'ordinamento al fine di porre rimedio alla denunciata anomala sperequazione tra accusa e
difesa 142 .
**************
Il Giudice, ferma la necessità e il rispetto del thema probandum rimesso al suo scrutinio, non
incontra alcun limite nell’esercizio dei poteri ex art. 441 comma 5 c.p.p.
Un primo orientamento di legittimità 143 sosteneva che, anche dopo le modifiche apportate dalla L.
16 dicembre 1999, n. 479, se al Giudice del giudizio abbreviato si doveva riconoscere la facoltà di
assumere, anche d'ufficio, gli elementi necessari alla decisione, gli era tuttavia preclusa, dalla scelta
del rito, l'acquisizione di prove concernenti la ricostruzione storica del fatto e l'attribuibilità di esso
all'imputato , in quanto la scelta processuale della difesa di essere giudicata sulla scorta degli
elementi raccolti dal pubblico ministero sarebbe stata vanificata e snaturata se il potere del Giudice
di integrare la prova fosse stato illimitato , arrivando al punto di poter sostituire l'organo giudicante
a quello inquirente nella ricerca di elementi idonei a verificare (e non invece a confermare) se il
soggetto tratto a giudizio fosse effettivamente autore di un reato e se il fatto contestato integrasse gli
estremi di un reato perseguibile.
Tale orientamento, tuttavia, è stato decisamente superato da tutti i successivi e stabili
pronunciamenti della Suprema Corte.
Se ai sensi dell'art. 442 c.p.p., comma 1 bis c.p.p. , si è ritenuto, la sentenza conclusiva del giudizio
abbreviato può tenere conto di tutti gli atti ritualmente acquisiti al corredo processuale, purchè non
affetti da vizi eccepiti dalle parti o rilevabili d'ufficio, l'ordinanza ammissiva del giudizio
abbreviato non attribuisce affatto all'imputato un diritto ad essere giudicato senza che il Giudice,
ricorrendone le condizioni, possa disporre, in qualsiasi momento della fase processuale,
un'integrazione probatoria che si rendesse necessaria per acquisire gli elementi necessari ai fini
della decisione, nell'ipotesi in cui non fosse appunto possibile, sia ex ante che ex post, decidere allo
stato degli atti.
Infatti, la richiesta di giudizio abbreviato non neutralizza i poteri officiosi del Giudice
cristallizzando, una volta ammesso il rito, il materiale processuale in quello posto dal pubblico
ministero a fondamento dell'azione penale od in quello acquisito dal Giudice all'esito
dell'integrazione probatoria cui l'imputato abbia, con successo, condizionato la richiesta di
ammissione al rito speciale.
142 Corte Cost. ordinanza n. 245 del 2005 143 Sez. 4, 15/06/2005, n. 35247, D'Amato, Rv. 232580
51
Nulla paralizza, al cospetto di un'incompletezza di un'informazione probatoria risultante dagli atti
processuali, i poteri integrativi officiosi del Giudice.
Vale sul punto il rilievo che il giudizio abbreviato non presuppone più come condizione per la sua
ammissibilità la definizione del processo allo stato degli atti, con la conseguenza che l'accesso al
rito non può mai essere rifiutato in presenza di carenze del quadro probatorio od istruttorio.
Dal che sarebbe illogico e contrario alla funzione primaria del processo (accertamento della verità)
imbrigliare in irragionevoli schemi procedimentali i poteri di accertamento del Giudice.
Questo principio opera in assoluto, sia nel caso in cui l'imputato richieda il giudizio abbreviato
"puro", sia nell'ipotesi di richiesta di giudizio abbreviato condizionato ad una integrazione
probatoria.
Per questa ragione, la scelta unilaterale dell'imputato non può fondare alcuna aspettativa circa un
preteso diritto ad essere giudicati sulla sola base degli atti disponibili al momento dell'ordinanza
ammissiva del rito, perchè - qualora il Giudice, in qualsiasi momento, dovesse rendersi conto
dell'incompletezza delle indagini e della conseguente impossibilità di possedere gli elementi
necessari per la decisione - l'integrazione probatoria officiosa costituisce l'unica forma di
bilanciamento rispetto alla inevitabilità del giudizio abbreviato, rimesso alla scelta unilaterale
dell'imputato, ed essa non è condizionata alla sua complessità od alla lunghezza dei tempi
dell'accertamento probatorio nè è soggetta a limiti temporali e può dunque intervenire in qualsiasi
momento e fase della procedura 144 .
In definitiva, gli unici limiti a cui è soggetto l'esercizio del potere ex art. 441 comma 5 cit. sono
costituiti dalla necessità ai fini della decisione degli elementi di prova di cui viene ordinata
l'assunzione e dal divieto di esplorare itinerari probatori estranei allo stato degli atti formato dalle
parti .
Al Giudice è consentito di valutare la completezza dell'indagine e provvedere alla sua integrazione
o specificazione nell'area individuata dallo stato degli atti formato dalle parti, con la sola esclusione
della possibilità di seguire un autonomo percorso di indagine su elementi di fatto non esplorati dalle
stesse parti e risultanti già dagli atti 145 .
144 Sez. 6, 23/01/2009 n. 11558, Trentadue ed altre, Rv.243063; sul tema conformi Cassazione penale, sez. II, 18/09/2013, n. 40724 ; Cassazione penale, sez. V, 10/10/2014, n. 48725; Cassazione penale, sez. I, 01/07/2014, n. 42050 ; Cassazione penale, sez. III 07/02/2014 n. 20237 (data dep. 15 maggio 2014 145 Sez. 5, sent. n. 15124 del 19/3/2002, Rv. 221322
52
L'iniziativa ufficiosa del Giudice, pertanto, potrà aver per oggetto sia una prova nuova sia, ove
necessaria, la ripetizione della prova già acquisita agli atti 146.
Sotto altro profilo, l'integrazione probatoria officiosa non si spingerà sino al punto da alterare la
concorrente funzione del processo penale, quale processo di parti a struttura accusatoria, con la
conseguenza che il ricorso ai poteri ex art. 441 c.p.p., comma 5, richiede pur sempre non la totale
assenza di informazione probatoria, al cui cospetto alcuna integrazione sarebbe ammissibile, ma
l'incompletezza di essa , le cui lacune debbano essere colmante per l'acquisizione non di un
qualsiasi elemento ma solo di quelli necessari per decidere 147 .
Da ultimo , secondo una pacifica linea interpretativa della Suprema Corte, la decisione di
esercitare nel rito abbreviato il potere di integrazione della prova riconosciuto dalla legge
processuale ex art. 441 c.p.p., comma 5, rientrando nella discrezionalità del Giudice preposto alla
trattazione del giudizio in forma abbreviata, non necessita di una specifica motivazione e non è
sindacabile in sede di legittimità 148 .
Peraltro, l'attivazione dei poteri di ufficio di cui all'art. 441 comma 5 c.p.p. può ben essere
sollecitata dalle stesse parti processuali le quali, seppur private per scelta dell’imputato dei propri
poteri (nel caso di richiesta "semplice"di giudizio abbreviato), possono in ogni caso sottoporre al
Giudice la necessità di procedere ad un qualche incombente istruttorio, rimettendosi a lui in ordine
alla sussistenza dei presupposti per far luogo alla invocata integrazione probatoria .
Par. 9) La decisione
Esaurita la fase della discussione, se il Giudice ritiene di poter definire il procedimento emetterà
sentenza secondo le regola generali del dibattimento.
Premesso l’effetto premiale come disciplinato dall’art. 442 c.p.p (riduzione secca di un terzo o
sostituzione dell’ergastolo con la pena di anni trenta di reclusione ovvero dell’ergastolo con
isolamento con l’ergastolo senza isolamento) la Suprema Corte ricorda che l'opzione per il rito
abbreviato implica in radice l'applicazione di una diminuente processuale secondo la legge in
misura fissa, sì da comportare una rilevante riduzione della pena.
146 Sez. 5, n. 36335 del 30.04.2012 ; Cassazione penale, sez. V 18/06/2014 n. 49568 (data dep. 27 novembre 2014 ; Cassazione penale, sez. V, 09/01/2015, n. 10096 147Cass., Sez. 5, n. 36335 del 30/4/2012, dep. 21/9(2012, Rv. 254027; Sez. 3, n. 12842 del 16/1/2013, dep. 20/3/2013, Rv. 255109; Sez. 3, n. 20237 del 7/2/2014, dep. 15/5/2014, Rv. 259644 ; Cassazione penale, sez. IV 20/05/2015 n. 34702 (data dep. 10 agosto 2015). 148 Cassazione penale, sez. I, 18/06/2015, n. 47710; Cassazione penale, sez. VI, 18/11/2015, n. 49469; Cass. Pen. Sez. 6^, n. 30590 del 16/06/2010, dep. 02/08/2010, Rv. 248043
53
La scelta del rito non può, pertanto, essere valorizzata anche ai sensi dell'art. 133 c.p., a
fondamento di una (più favorevole per l'imputato) determinazione del trattamento sanzionatorio,
poichè, in caso contrario, si verificherebbe una indebita duplicazione di benefici, per l'effetto della
incongruamente reiterata valorizzazione, al medesimo fine, di una circostanza fattuale tipica, la cui
rilevanza ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio è già stabilita dalla legge con
disciplina ad hoc 149.
Inoltre, va rammentato che la riduzione della pena in seguito al giudizio abbreviato, risolvendosi in
un'operazione puramente aritmetica di natura processuale conseguente alla scelta del rito ad opera
dell'imputato, deve essere eseguita dal Giudice logicamente e temporalmente dopo la
determinazione della pena effettuata secondo i criteri e nel rispetto delle norme di natura sostanziale
previste dal codice penale.
Per cui , nella dosimetria della pena, il Giudice dovrà rispettare il seguente ordine:
- pena base;
- aumenti e diminuzioni per le circostanze , all’esito del giudizio di comparazione ex art. 69
c.p. se esse sono di segno diverso, laddove in caso di equivalenza non si farà luogo a
nessun aumento o diminuzione;
- aumenti per continuazione o concorso formale ex art. 81 c.p. , ricorrendone i presupposti;
- aumenti ex art. 72 e ss in caso di cumulo materiale di pene , in relazione ai reati per cui non
operi il temperamento della continuazione ;
- alla fine , riduzione per il rito, nei termini normati dall’art. 442 cit .
***********
Con particolare riguardo al riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p.,
nel caso in cui il procedimento venga definito nelle forme del giudizio abbreviato, vi è contrasto in
giurisprudenza in ordine al momento in cui deve intervenire il ravvedimento affinchè esso possa
essere preso in considerazione dal Giudice.
Tutto sta nella interpretazione dell’inciso “prima del giudizio” .
La norma, nel prevedere che la riparazione debba avvenire "prima del giudizio", ha inteso evitare
che la circostanza attenuante in oggetto possa essere fruita sulla base di una dimostrazione di
ravvedimento che, manifestata successivamente all'inizio del giudizio di primo grado, ben potrebbe
essere "interessata" e non, invece, il frutto di una spontanea resipiscenza, posto che, una volta preso
atto dell'andamento del dibattimento, l'imputato potrebbe determinarsi, secondo un calcolo di mera
opportunità, al comportamento previsto dalla norma in esame.
149 Cassazione penale, sez. II, 21/01/2014, n. 18379
54
Si concorda sul fatto che la ragione del limite temporale fissato dal legislatore va individuata nella
possibilità di verifica, da parte del Giudice, del sincero ravvedimento, la cui prova può essere data
dall'imputato, secondo la presunzione logica che si evince dalla norma, solo prima che egli si sia
sottoposto al vaglio del giudizio .
Mentre , successivamente all'inizio del giudizio di primo grado, l’imputato , una volta visto
l'andamento del dibattimento, ancor prima della sentenza, potrebbe determinarsi solo secondo
maliziosa convenienza a risarcire il danno ovvero al comportamento alternativo previsto dalla
norma in esame 150 .
Tuttavia, stanti tali premesse, secondo una parte della giurisprudenza è l'ordinanza di ammissione al
rito a costituire il limite temporale entro cui deve essere effettuato il risarcimento del danno ai fini
del riconoscimento della relativa circostanza attenuante, costituendo tale procvvedimento “l’inizio”
del giudizio secondo il rito speciale 151 .
Secondo altra parte della giurisprudenza di legittimità, tale interpretazione non sarebbe
condivisibile.
Ciò in quanto, si sostiene, tale atto (l’ammissione del rito) non ha alcun significato di ragionevole
discriminazione tra manifestazioni dell'imputato di ravvedimento davvero disinteressate e
manifestazioni, invece, possibilmente suggerite dallo sfavorevole andamento processuale.
Un tale momento dovrebbe , invece, ravvisarsi nell'inizio della discussione ex art. 421 c.p.p., come
richiamato dall'art. 442 c.p.p., posto che solo successivamente a detto inizio possono insorgere
elementi predittivi di un epilogo processuale sfavorevole, tali da indurre l'imputato a risarcire il
danno allo scopo di ottenere l'attenuante 152.
Tale ultima interpretazione non convince.
Nel caso di giudizio ordinario, la Cassazione è unanime nel ritenere che il termine “prima del
giudizio” sia da riferire alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado 153 .
Sennonchè, a seguire il ragionamento proposto dall’ultimo orientamento, potrebbe opinarsi che
anche la mera dichiarazione di apertura del dibattimento è di per sé atto del tutto neutro, in quanto
l’imputato non gode affatto – a quale momento – di un qualche “alcun elemento predittivo
dell’epilogo del processo” ; per cui anche nel giudizio ordinario sarebbe da spostare in avanti il
150 Cass. Pen. sez. 6^, 25 novembre 1993, n. 897, rv. 197360 151 Cassazione penale, sez. IV, 30/04/2014, n. 39512; Cassazione penale, sez. II 13/11/2012 n. 45629 (data dep. 22 novembre 2012); Cass. Pen., sez. 04, del 28/06/2012, n. 32455 152 Cassazione penale, sez. III, 19/11/2014, n. 10490 153 Cassazione penale, sez. III, 19/01/2016, n. 18937
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termine finale de quo, in particolare alla fine dell’istruttoria dibattimentale, con ciò
contravvenendosi per tabulas al dato normativo.
In sostanza, l’individuazione del termine finale nell’inizio della discussione appare opinabile e
meno fedele alla norma , visto che il giudizio abbreviato è segnato , nel suo “inizio” , dalla
ordinanza di ammissione, esattamente come il giudizio ordinario dalla dichiarazione di apertura del
dibattimento.
Par. 9.1) Immutabilità del Giudice e rinnovazione in sede di abbreviato
In caso di mutamento della persona fisica del Giudice non si porranno , in sede di abbreviato puro,
esigenze di rinnovazione degli atti.
In difetto di una qualsivoglia attività istruttoria espletata davanti al Giudice del rito , per
definizione il materiale probatorio su cui deve fondarsi la decisione non si forma davanti ad “altro
Giudice”, di talchè è inconcepibile pensare ad una situazione equivalente o comunque lontanamente
paragonabile alla rinnovazione del dibattimento che si svolge nel rito ordinario.
Se tant’è, in sede di abbreviato puro non può operare l’art. 525 c.p.p. , che non a caso l'art. 442
c.p.p. neanche richiama quale norma applicabile al rito speciale.
Né rileva il principio di immediatezza , per il quale devono essere gli stessi giudici davanti a cui si
è formata la prova a impegnarsi per la decisione .
Nondimeno, nel giudizio abbreviato puro, rileverà l’esigenza che sia lo stesso Giudice che ha
assistito alla discussione ad assumere la responsabilità della decisione, posto che l’indefettibilità di
tale fase postula di per sé che le conclusioni delle parti raggiungano il Giudice-persona fisica che
poi definirà il giudizio.
Ecco perché si è affermato che "costituisce un'ipotesi di nullità assoluta per violazione del principio
dell'immutabilità del Giudice il frazionamento degli interventi conclusivi delle parti svolti dinanzi a
due collegi diversamente composti" 154 .
In definitiva, il Giudice subentrante, nel rito abbreviato puro, baderà solo al mancato inizio della
discussione e, ove questa sia già iniziata, alla rinnovazione della relativa fase davanti a lui 155 .
***********
Diversi sono i termini della questione in caso di rito abbreviato condizionato
Una volta che abbia luogo una attività di integrazione probatoria , con audizione di testi o
approfondimenti peritali, l'applicabilità anche al rito speciale ex art. 438 comma 5 c.p.p. del
principio di cui all'art. 525 c.p.p., comma 2 (secondo cui "alla deliberazione concorrono, a pena di
154 Cass. Sez. 5^, 25.9/22.11.2012, Scambia, Rv. 2540049 155 Cassazione penale, sez. II, 17/07/2013, n. 32367
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nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento") non può essere messa in
discussione, trattandosi di un principio per cui il giudizio sulla responsabilità dell'imputato deve
essere espresso dalle stesse persone fisiche che hanno partecipato – se non al dibattimento ,
comunque – ad una pregressa fase di assunzione della prova 156.
Alla fase dell’"assunzione delle prove" corrisponderà non il dibattimento, ma l'espletamento delle
prove integrative richieste dalla parte (o disposte di ufficio dal Giudice ex art. 441 comma 5
c.p.p.) 157 .
Da tanto deriva la necessaria estensione al rito abbreviato condizionato (o abbreviato puro con
integrazione ex art. 441 c. 5 c.p.p. ) del regime della rinnovazione degli atti probatori in caso di
mutamento della persona fisica del Giudice che ha assunto le prove, così come imposto nella sede
dibattimentale 158.
**************
Resterà in ogni caso fuori dalle esigenze di rinnovazione la precedente fase relativa alla
deliberazione del rito, con particolare riguardo alla ammissione della sua modalità "condizionata".
Invero, una volta adottata l’ordinanza ammissiva del rito ex art. 438 c.p.p. , la tassatività delle
ragioni della revoca (cfr supra Par. Revoca della richiesta e del rito) impediranno al nuovo Giudice
di intervenire sul provvedimento di ammissione159 : ciò che vale a fortiori in caso di ammissione di
rito abbreviato puro, atto obbligato per il Giudice e, come tale, ancor di più irrevocabile al di fuori
dei casi previsti.
Secondo la stessa logica, una volta intervenuta la decisione incidentale sulla ammissibilità del rito
alternativo (con ammissione), qualora si verifichi mutamento della persona fisica del Giudice deve
ritenersi preclusa, dinanzi al nuovo Giudice, una richiesta di applicazione di pena concordata 160.
156 Sezioni Unite sentenza n. 26 del 2000 mass. 216768 157 cfr. in argomento Cass. sent. 33840 del 2006 158 Cassazione penale, sez. VI, 22/01/2009, n. 13111 159 Cass. sentt. nn. 17317 e 3395 del 2004 160 Cass. Pen. Sez. 3, Sentenza n. 30416 del 01/07/2016 Cc. (dep. 18/07/2016 ) Rv. 267353
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PARTE SECONDA: PATTEGGIAMENTO
Par. 10) Premesse di inquadramento
Il “patteggiamento” è un rito premiale predibattimentale attivato dall’accordo delle parti sulla pena
da irrogare.
Esso non implica ammissione di responsabilità né tantomeno confessione per fatti concludenti, ma
solamente rinuncia a difendersi e accettazione di una pena scontata in cambio delle energie e del
tempo fatto risparmiare nell'interesse generale della amministrazione della giustizia.
Il patteggiamento definisce in modo negoziale il procedimento e dalla equiparazione di cui all'art.
445 non può derivare alcuna ammissione di responsabilità da far valere fuori del procedimento così
definito» 161 .
Con la L. 12.6.2003, n. 134, che ha introdotto il c.d. «patteggiamento allargato», l’istituto è stato di
fatto esteso in misura ampia ad una vasta seria di reati, ben oltre i confini della criminalità
bagatellare, con possibilità di irrogazione di una pena fino ad anni cinque di reclusione soli o
congiunti a pena pecuniaria.
Nell'intento di temperarne l'accresciuta estensione applicativa, il patteggiamento “allargato” risulta
escluso per ragioni di tipo oggettivo ( nei procedimenti per i delitti di criminalità organizzata, di
terrorismo ovvero per determinati delitti contro la personalità individuale o contro la libertà
sessuale) e soggettivo (coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per
tendenza, o recidivi ai sensi dell'articolo 99, quarto comma, del codice penale).
Rispetto ai procedimenti rientranti nelle preclusioni de quibus trova applicazione l’ordinario limite
dei due anni di reclusione soli o congiunti a pena pecuniaria
La Consulta è stata anche investita dello scrutinio di costituzionalità del regime delle esclusioni
oggettive e soggettive del patteggiamento c.d. "allargato", sotto il profilo della compatibilità con
l'art. 3 Cost., dichiarando la manifesta infondatezza delle questioni prospettate sul presupposto che
il regime delle preclusioni costituisce frutto di una scelta di per sé non censurabile, in quanto
tendente a riequilibrare, per ragioni oggettive o soggettive particolarmente qualificate, una
dilatazione del perimetro della giustizia negoziata 162 .
Par. 11) La richiesta di patteggiamento e la volontà dell’imputato
161 C., Sez. VI, 27.11.1995, Birba, in CP, 1997, 1831; C., Sez. VI, 25.5.1993, Franco, in CP, 1995, 131; C. St., Sez. IV, 12.12.1997, n. 1416, in FPe, 1998, 2, 441 162 C. Cost. 28.12.2006, n. 455, in Sito Uff. Corte Cost., 2007
58
Ai sensi dell’art. 446 commi 2 e 3 c.p.p., la richiesta di patteggiamento può essere formulata,
oralmente all’udienza o per iscritto negli altri casi, dalla parte personalmente o dal suo procuratore
speciale (con sottoscrizione autenticata ex art. 583 comma 3 c.p.p.).
È principio consolidato quello per il quale la domanda ex art. 444 c.p.p. costituisce un atto
dispositivo personalissimo dell'imputato, la cui volontà deve perciò essere necessariamente espressa
nei modi previsti 163 .
La volontà dell’imputato ai fini di cui all’art. 444 c.p.p. (sia che assuma l'iniziativa del concordato
sulla pena, sia che aderisca alla proposta del p.m.) è un atto negoziale di assoluta rilevanza (un atto
cd. personalissimo), perché incidente sul suo diritto di libertà.
Come tale , essa richiede effettività e sicura riconducibilità all’interessato nonchè consapevolezza
in ordine agli effetti giuridici che l'espressione del "consenso" produce.
Effettività e riconducibilità della volontà
Con riguardo ai profili della effettività e riconducibilità , il codice richiede la formalità della
procura speciale onde render certa la sussistenza della volontà dell’imputato in ordine all’accordo
ex art. 444 c.p. su cui deve intervenire la sentenza di applicazione del Giudice .
***********
A parte le ipotesi di manifestazione di volontà a patteggiare proveniente direttamente dall’imputato
o indagato, la richiesta può essere presentata dal difensore soltanto se lo stesso vi sia abilitato a
mezzo di procura speciale (art. 446, comma 3, c.p.p.).
In difetto, il difensore, pur esercitando i diritti e assumendo i doveri del suo mandato, non è
legittimato a presentare la richiesta di "patteggiamento", perché questa in tale evenienza non
sarebbe di sicuro riferibile all'imputato 164 .
Peraltro, sempre a presidio della effettività della scelta, si è affermato che il difensore munito di
procura speciale rilasciata esclusivamente per chiedere l'ammissione al rito abbreviato non può
concordare l'applicazione della pena, a pena della invalidità dell’accordo comunque raggiunto 165 .
*********
163 v. Sez. VI, 29 maggio 2009, n. 23804, inC.E.D. Cass., n. 244289; Vedi anche: Cass. pen., sez. VI, 29 maggio 2009 n. 23804 164 Cassazione penale, sez. IV, 14/02/2007, n. 11981; Cassazione penale 01 ottobre 2013 n. 45328 sez. II ; Cassazione penale 26 marzo 2009 n. 16111 sez. IV 165 Cassazione penale, sez. V, 27/11/2015, n. 4604
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I poteri che derivano dalla procura dell’imputato si caratterizzano "intuitu personae" e non possono
essere compresi fra quelli esercitabili dal sostituto processuale del difensore a norma dell'art. 102
c.p.p. 166.
Ecco perché al procuratore speciale non è consentito delegare altra persona per la formalizzazione
dell’accordo, a meno che tale facoltà non sia stata conferita espressamente all’atto del rilascio della
procura speciale ex art. 446, comma 3, c.p.p..
Se manca il riconoscimento della facoltà di farsi sostituire , il sostituto del difensore nominato ex
art. 102 c.p.p., pur esercitando i diritti e assumendo i doveri del difensore, non è legittimato a
presentare la richiesta di patteggiamento o a modificare quella originariamente presentata dal
difensore nominato procuratore speciale.
E se agisce in ogni caso, l'accordo per l'applicazione di pena è nullo.
**********
Il grado di specificità della procura speciale, definendo meglio il contenuto della volontà
dell’imputato, può da un lato vincolare maggiormente l’operato del procuratore speciale , il quale
da essa non potrà discostarsi, dall’altro legittimare sostituzioni anche non espressamente previste.
Pertanto, una volta che la procura speciale predetermini la pena o specifichi le condizioni cui la
richiesta sia subordinata , non è consentito al procuratore speciale dell'imputato di travalicare i
limiti del mandato ricevuto , dovendo egli attenersi alle direttive del suo assistito : la ratifica di un
concordato affetto dalla violazione dei limiti contenutistici fissati in sede di procura speciale
determinerebbe la nullità della sentenza per difetto di volontà dell’imputato 167 .
Di converso, una volta che sia stata rilasciata procura speciale per il patteggiamento con
indicazione espressa della misura della pena e del computo per giungere ad essa, il sostituto del
difensore potrebbe validamente perfezionare l'accordo sulla pena, anche se non è stata prevista la
facoltà del procuratore speciale di farsi sostituire, in quanto in tal caso il sostituto sarebbe un mero
"nuncius" di una volontà già chiaramente espressasi dell'imputato e non vi sarebbe alcun vulnus
alla sicura riferibilità dell’atto dispositivo personalissimo al medesimo 168 .
166 Cassazione penale, sez. IV, 17/06/2011, n. 33451; Cassazione penale, sez. II, 06/04/2011, n. 17381; Cass. pen., sez. III, 3 novembre 1999 n. 14164, Cass. pen., sez. IV, 20 maggio 1997 n. 1369, Cass. pen. n. 554 del 1997 167 in applicazione del principio, la S.C. ha annullato una sentenza di patteggiamento ad una pena, non sospesa condizionalmente, che il P.M. aveva concordato con il difensore e procuratore speciale dell'imputato, nonostante quest'ultimo avesse espressamente condizionato la procura alla concessione del predetto beneficio; Cassazione penale, sez. V, 07/09/2015, n. 37262 ;Cassazione penale, sez. III, 21/11/2007, n. 6427 168 Cassazione penale, sez. I, 25/09/2012, n. 43045
60
************
La presenza dell’imputato risolve in radice ogni questione afferente alla effettività del suo consenso,
quando l’ istanza di patteggiamento venga formulata dal difensore di fiducia, pur privo di procura
speciale.
Invero, la presenza in udienza e il fatto che la richiesta concernente il rito speciale provenga da un
soggetto non a lui contrapposto, ma che con lui costituisce la medesima parte processuale e che è
deputato ad agire nel suo interesse (il difensore), rappresentano elementi idonei a conferire
all'atteggiamento silente dell'assistito portata dimostrativa di una volontà identica a quella
enunciata dal difensore: il che consente di ricondurre la domanda di quest'ultimo direttamente
all'imputato 169.
Consapevolezza dell’accordo
La consapevolezza della pattuizione ex art. 444 c.p.p rileva , in sede di processo penale, solo con
riguardo al profilo della capacità di intendere e di volere.
Ciò in quanto la capacità di intendere e di volere dell'imputato e la sua cosciente partecipazione al
processo rappresentano il presupposto giuridico cardine dell'esistenza di un valido processo
penale, la precondizione di ogni giudizio che eventualmente si concluda con una affermazione di
responsabilità.
Di tal che l'accertamento della capacità d'intendere e di volere dell'imputato è preliminare all’
instaurazione di qualunque giudizio valutativo di merito sulla regiudicanda penale
Su tali basi, si è sostenuto, la natura giuridica di atto negoziale rivestita sul piano processuale dal
consenso espresso dalla parte privata nell'accordo sanzionatorio concluso con il p.m. consente di
evocare l'efficacia estensiva, anche nella sede penale, di taluni principi civilistici disciplinanti la
manifestazione della volontà negoziale e la sua validità.
In tale ottica, nel quadro del richiamo effettuato per gli atti unilaterali dall'art. 1324 cod. civ. alle
norme regolanti i contratti in quanto applicabili, viene in rilievo la fondamentale disposizione
dell'art. 428 c.c., comma 1 (in rel. art. 1445 c.c., comma 2) in tema di incapacità naturale, che
commina l'invalidità (annullabilità) degli atti unilaterali compiuti da persona che, pur non interdetta,
"si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace di intendere e di volere al
momento in cui l'atto è stato compiuto", in tutti i casi in cui l'atto sia fonte di "grave pregiudizio"
per il suo autore.
Sulla scorta di tali norme, un patteggiamento intervenuto con imputato incapace non potrebbe che
essere caducato in sede di impugnazione. 169 Cassazione penale, sez. VI, 16/02/2011, n. 8492
61
Infatti, al manifestarsi di elementi seriamente idonei a rappresentare un vizio di mente, il Giudice è
tenuto ad un accertamento specifico in ordine alla effettiva sussistenza della capacità a stare in
giudizio dell’interessato, in mancanza della quale il consenso non potrebbe reputarsi idoneo alla
definizione del processo con il rito alternativo di cui all'art. 444 cod. proc. pen. 170.
Non rileva, di contro, l’errore dell’imputato ai fini della validità del patteggiamento.
Può infatti verificarsi che l’interessato , nell’accedere all’accordo ex art. 444 c.p.p. , non ne abbia
ben compreso la portata o il contenuto, cadendo in errore sui relativi effetti.
Sennonchè, è principio pacifico che la pretesa divergenza tra volontà e dichiarazione in sede di
patteggiamento non può essere censurata in sede d'impugnazione, poichè al negozio processuale
concluso dalle parti ai sensi dell'art. 444 c.p.p. non si applica la normativa che regola la rilevanza
dell'errore nei negozi di diritto sostanziale, ma il regime della nullità degli atti processuali.
Quest’ultima non prevede la cennata divergenza come causa di nullità, stabilendo anzi l'art. 182
c.p.p., espressamente, "che le nullità previste dagli artt. 180 e 181 non possono essere eccepite da
chi vi ha dato ho a concorso a darvi causa", norma questa senz'altro applicabile quando l'imputato,
pur quando non ha compreso il contenuto dell'atto, ha comunque (colpevolmente) sottoscritto la
procura speciale rilasciata al difensore che lo assiste, con ciò concorrendo nel dar causa alla teorica
nullità 171 .
Par.12) I termini per la richiesta -
rinnovazione e reiterazione della richiesta -
sindacato del Giudice dibattimentale
Nel caso in cui si proceda a seguito di decreto di citazione diretta a giudizio, per l’accesso al
patteggiamento trova applicazione la generale disposizione di cui all’art. 555, comma 2, c.p.p., che
impone la necessità di formulare la richiesta del rito alternativo “prima della dichiarazione di
apertura del dibattimento “.
Stesso termine deve osservarsi in caso di rito direttissimo , nel corso del quale l’imputato può
accedere al patteggiamento “subito dopo l’udienza di convalida” ex art. 566 comma 8 c.p.p. ed in
ogni caso “fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento” ex artt. 446 comma 1 c.p.p. .
170 Cassazione penale, sez. VI 02/04/2012 n. 13183 (data dep. 05 aprile 2012); Cassazione penale, sez. VI 21/01/2016 n. 7530 (data dep. 24 febbraio 2016) 171 Cass. Pen. Sez. 6, Ordinanza n, 3560 del 25/11/1993, Rv. 197720; Sez. 6, Sentenza n. 6580 del 15/2/2000, Rv. 217103; Sez. 2, Sentenza n. 311 del 19/12/2006, Rv. 235070; da ultimo, Cassazione penale, sez. I, 21/10/2010, n. 41995
62
Trattasi di termini perentori, la violazione dei quali rende illegittimo un eventuale accordo
intervenuto tra le parti 172 .
********
E’ poi previsto dall’art. 448 comma 1 secondo periodo c.p.p. che “nel caso di dissenso da parte del
pubblico ministero o di rigetto della richiesta da parte del Giudice per le indagini preliminari,
l'imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado , può rinnovare la
richiesta”.
La norma non incide sulla maturate preclusioni.
Essa riconosce all'imputato , infatti, solo la facoltà di “rinnovare” la richiesta , non di presentarla
per la prima volta "in limine iudicii"173 .
Per l’effetto, il Giudice del dibattimento verificherà:
- o che l’imputato abbia tempestivamente avanzato una richiesta di patteggiamento , nel corso
delle indagini o dell’udienza preliminare, ed il PM abbia espresso dissenso;
- o che il Giudice dell’udienza preliminare (a fronte di una richiesta concorde avanzata entro
le conclusioni ex artt. 421 e 422 c.p.p., coma da art. 446 comma 1 c.p.p.) ovvero il GIP nel
corso delle indagini (come da art. 447 c.p.p.) ovvero il GIP a seguito di emissione di
decreto di giudizio immediato (coma da artt. 446 comma 1 e 458 c.p.p.) abbiano rigettato
l’accordo ex art. 444 c.p.p. già formalizzato tra le parti.
Solo successivamente, ricorrendo tali presupposti, provvederà a delibare sulla nuova proposta di
patteggiamento.
Va da sé che il Giudice potrà emettere “immediatamente sentenza” ex art. 444 c.p.p. (art. 448
comma 1 secondo periodo c.p.p.) solo quando , sulla rinnovata richiesta di patteggiamento,
intervenga subito l’assenso del PM.
Non potrà procedere in tal senso , pur a fronte di una rituale rinnovazione , quando perduri il
dissenso del p.m., in quanto in tal caso soccorrerà solo il suo sindacato all'esito del giudizio, coma
da art. 448 comma 1 ultimo periodo c.p.p. , quando il Giudice avrà gli elementi per valutare se il
dissenso sia giustificato o meno 174 .
172 Cass., sez. 6^, 08/05/2009, n. 20390, rv 243847 173 Cassazione penale, sez. V 10/10/2012 n. 795 (data dep. 08 gennaio 2013; Cass, sez. 6^, 11 novembre 2003, n. 46783, Marega 174 Cassazione penale, sez. VI, 23/10/2009, n. 42374; Cassazione penale, sez. II, 13/05/2008, n. 22695
63
In ogni caso, sulla necessità delle precedente e tempestiva richiesta onde ritenere ammissibile la
“rinnovazione” dell’istanza di patteggiamento , è stato affermato che la richiesta di patteggiamento
solo preannunciata nel corso dell'udienza preliminare, ma mai formalizzata , è inesistente, in quanto
inidonea ad integrare una proposta negoziale.
Pertanto, essa non può essere rinnovata prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, in
quanto la sua proposizione "in limine litis" equivarrebbe alla presentazione della stessa per la prima
volta, in un momento in cui il suo compimento è ormai precluso175 .
********
La Suprema Corte 176 ha da tempo affermato che il termine "rinnovare" di cui all'art. 448 c.p.p.,
comma 1, secondo periodo, non può essere interpretato nel senso che la riproposizione della
richiesta di patteggiamento sia formulata in termini identici ad altra precedente istanza, ma evoca il
significato di una "nuova richiesta", secondo quanto osservato anche dalla Corte Costituzionale
nell'ordinanza n. 426/2001.
Il lemma "rinnovare", infatti, a differenza di quello "riproporre", ad esempio usato dal legislatore
nell'art. 438 c.p.p., comma 6, in tema di riproposizione della richiesta di giudizio abbreviato, che
presuppone una perfetta coincidenza della nuova attività con quella precedente, evoca il significato
di una "nuova domanda".
La richiamata disposizione normativa deve essere, pertanto, interpretata nel senso che la nuova
domanda non deve reiterare quella precedente 177.
**********
La preclusione di una "nuova richiesta", intesa come "diversa richiesta", è prevista unicamente in
caso di opposizione a decreto penale.
In particolare, nel caso in cui l'istanza ex art. 444 c.p.p., proposta contestualmente all'opposizione al
decreto penale di condanna, sia stata rigettata dal GIP, con successiva emissione del decreto di
giudizio immediato ex art. 464 c.p.p. , la stessa può essere riproposta all'apertura del conseguente
dibattimento solo se reitera esattamente quella precedente.
Ciò deriva dallo specifico divieto di cui all'art. 464 c.p.p., comma 3, secondo cui “nel giudizio
conseguente all'opposizione, l'imputato non può chiedere l'applicazione della pena su richiesta”.
175 Cassazione penale, sez. III, 23/06/2015, n. 37879 176 Sez. 6^, n. 20794 del 19/01/2010, dep. 03/06/2010, Rv. 247361; Sez. 3^, n. 28641 del 28/05/2009, dep. 14/07/2009, Rv. 244581 177 Cassazione penale, sez. VI, 24/09/2014, n. 42775
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Sennonchè, ha chiarito la giurisprudenza, tale ultima preclusione attiene solo alla richiesta di
patteggiamento presentata per la prima volta nel giudizio conseguente all'opposizione al decreto
penale, richiesta inibita ad un imputato che ha volontariamente optato per il rito ordinario.
Di contro, allorquando l’imputato affronti il dibattimento solo perché il GIP gli ha rigettato una
richiesta ex art. 444 c.p.p. ovvero il PM non abbia espresso consenso alla sua proposta , nulla osta
a che egli reiteri fedelmente la stessa , quale presupposto perché possa esercitarsi ex art. 448 c.p.p.
il sindacato del Giudice del dibattimento sulla precedente decisione di rigetto o sulle ragioni del
dissenso del PM 178.
**********
La richiesta di patteggiamento, ritualmente avanzata o rinnovata davanti al Giudice del
dibattimento, non può essere rinnovata davanti ad altro Giudice, una volta che sia stata rigettata ed
il Giudice abbia conseguentemente dichiarato la propria incompatibilità.
Dopo la sentenza C. Cost, n. 186 del 1992, che ha comportato l’incompatibilità al giudizio del
Giudice del dibattimento che ha respinto la richiesta di patteggiamento, sorse il problema relativo
alla possibilità, per le parti, di reiterare indefinitamente la medesima richiesta di “patteggiamento”,
così provocando uno stallo processuale a causa delle possibili continue incompatibilità a seguito
dei ripetuti rigetti, siccome già ventilato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 439 del 1993 179.
Ecco che la L. n. 479 del 1999 , richiamando tale problema e il rischio di paralisi conseguente,
onde evitare la possibilità di reiterare all’infinito la richiesta dopo che precedente Giudice l’aveva
rigettata, inseriva nell’art. 448 c.p.p., comma 1 l’inciso “la richiesta non è ulteriormente
rinnovabile dinanzi ad un altro Giudice”: l’intento era espressamente “evitare” i detti effetti
paralizzanti (Atti parlamentari, Senato, DDL 3807-B, Commissione Giustizia in sede referente,
seduta 510 del 30.11.1999, p. 65 stampato).
Per l’effetto, dopo il rigetto del Giudice del dibattimento, nessuna nuova richiesta , pur nelle fasi
preliminari al dibattimento, è ammissibile 180 .
****************
178 Cassazione penale, sez. IV, 19/04/2005, n. 20610; Cass. Sez. 3^, 28/5/2009 n. 28641; Cfr. Cass. Sez. 4, 24/10/2007 n. 46367, Caminiti; Sez. 3, 12/5/2005 n. 20517, Morelli 179 v. pure Corte Cost. ord. n. 199 del 1995 e n. 231 del 1997 180 Cassazione penale, sez. I, 22/04/2010, n. 16889
65
Quando interviene una sentenza di annullamento da parte della Cassazione avente ad oggetto una
pronuncia ex art. 444 c.p.p, del Giudice di prime cure, le parti possono sempre riproporre la
richiesta di patteggiamento davanti al Tribunale.
Esse, infatti, sono rimesse dinanzi al Giudice nelle medesime condizioni in cui si trovavano prima
dell'accordo annullato e pertanto non è loro preclusa la possibilità di ripresentarlo , sia pure in
termini diversi.
Si instaura in tal caso un processo "ex novo", sicché sono privi di effetti giuridici gli atti
presupposti, quali la richiesta di patteggiamento e il consenso prestato dall'altra parte, e non si può
provvedere secondo il rito speciale senza il rinnovo della procedura sin dall'inizio 181 .
**********
Ai sensi dell’art. 448 comma 1 ult. comma c.p.p. il Giudice pronuncia sentenza di patteggiamento
anche “ dopo la chiusura del dibattimento di primo grado o nel giudizio di impugnazione quando
ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero o il (precedente) rigetto della richiesta”.
L’ipotesi più ricorrente è quella del protratto dissenso del PM , anche a fronte di una richiesta
“rinnovata” da parte dell’imputato davanti al Giudice del Dibattimento.
In tal caso, il Giudice non può delibare sulla richiesta di patteggiamento se non all'esito del
giudizio, disponendo solo allora degli elementi per valutare se il dissenso sia giustificato o meno 182.
In particolare, si è puntualizzato che il Giudice del dibattimento non solo non ha l'obbligo di
vagliare immediatamente la fondatezza o meno del dissenso espresso del P.M. e di accogliere la
richiesta dell'imputato, ma, anzi, deve procedere al dibattimento , rappresentando questo l'unico
strumento idoneo a fornire gli elementi sulla base dei quali esaminare la posizione del P.M. e, ove
ritenuto ingiustificato il dissenso manifestato dalla parte pubblica, valutare la congruità della pena
richiesta e applicarla.
A tali conclusioni si è pervenuti in adesione alla soluzione ermeneutica indicata dalla Corte
Costituzionale, secondo cui "l'art. 448 c.p.p., comma 1, ove interpretato nel senso che al Giudice del
dibattimento è riconosciuto il potere di accogliere la richiesta di patteggiamento in limine litis anche
in assenza del consenso del Pubblico Ministero, si porrebbe in contrasto con la struttura negoziale
che caratterizza l'istituto dell'applicazione della pena, in quanto verrebbe ad espropriare il Pubblico
181 Cassazione penale, sez. VI, 21/04/2008, n. 34810; Sez. 2^, 22 dicembre 2004, n. 168, Colangelo; Cassazione penale, sez. un., 27/05/2010, n. 35738 182 Sez. 2, Sentenza n. 22695 del 13/05/2008, Rv. 240415, Rea; sez. 6, Sentenza n. 31949 dell'11.4.2007, Rv. 237205, Raffi
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Ministero del suo potere di concorrere, in condizioni di parità con l'imputato, alla scelta del rito, e
sacrificherebbe l'esercizio del suo diritto alla prova in dibattimento" 183.
In sostanza, il comma 1 dell’ art. 448 c.p.p. consente al Giudice del dibattimento di emettere
immediatamente la sentenza solo quando le parti abbiano rinnovato il loro accordo, in precedenza
rigettato dal G.I.P. o GUP, o abbiano per la prima volta raggiunto tale accordo, avendo il P.M.
accettato il nuovo assetto pattizio .
Nel caso in cui, invece, il P.M. abbia reiterato il proprio dissenso rispetto alla richiesta di
applicazione della pena, non può essere negato all'organo dell'accusa l'accesso all'istruttoria
dibattimentale ed all'esito il Giudice valuterà se tale diniego sia ingiustificato184 .
Ciò posto, la sentenza di “patteggiamento” all’esito del dibattimento ha connotazioni diverse
rispetto a quella pronunciata a norma dell'art. 444 c.p.p. prima della celebrazione del medesimo.
Trattasi, infatti, di sentenza che viene pronunciata al termine dell’istruttoria ed è, quindi, fondata su
una piena cognizione del Giudice.
Ne consegue che essa comporta un giudizio di responsabilità, che non è, invece, implicato dalla
sentenza ex art. 444 c.p.p. emessa prima del dibattimento.
In particolare , dal momento che , per effetto del precedente rigetto e/o del dissenso del PM , è stata
svolta la istruttoria dibattimentale, il Giudice, nell'adottare la decisione, non può prescindere dalla
valutazione degli elementi di giudizio propri della cognizione piena.
Quindi, applicherà la pena proposta dall'imputato soltanto nel caso in cui ritenga, motivatamente, di
dovere pronunciare una sentenza di condanna.
Su tali basi, la sentenza di applicazione della pena richiesta dall'imputato a conclusione del
dibattimento è diversa da quella emessa ai sensi dell'art. 444 c.p.p., essendone accomunata solo a
determinati effetti e, principalmente, al fine di riconoscere il diritto dell'imputato, che abbia
formulato tempestiva richiesta, al trattamento premiale (sconto di pena ed esonero dalle spese
processuali, dalle pene accessorie e dalle misure di sicurezza ) 185.
Va da sé, peraltro, che il Giudice non sarà certo tenuto , all'esito del dibattimento, ad enunciare
specificamente le ragioni per le quali ritiene giustificato il dissenso del p.m. o il rigetto di
precedente Giudice sulla richiesta predibattimentale di applicazione della pena, sussistendo un
183 Corte Cost. ordinanza n. 100 del 28 marzo 2003 184 Cassazione penale, sez. II, 13/05/2008, n. 22695; cfr Cassazione penale, sez. IV, 28/11/2007, n. 877; Sez. VI, 11 aprile 2007, n. 31949, Raffi, ; Cassazione penale, sez. VI, 23/10/2009, n. 42374 185 Cassazione penale, sez. I, 04/06/2015, n. 37611; Cassazione penale, sez. III, 17/04/2002, n. 21406; Cassazione penale, sez. IV, 28/11/2007, n. 877
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obbligo di specifica motivazione solo quando, al contrario, ritenga tale dissenso o rigetto
ingiustificato , applicando la sanzione 186 .
Il Giudice del dibattimento , sotto altro profilo, non può accogliere, ai sensi dell'art. 448 c.p.p., la
proposta di patteggiamento presentata dall'imputato, quando il p.m. non abbia espresso alcun parere
sulla proposta medesima.
La Suprema Corte ha evidenziato come il potere di surroga "ex lege" del Giudice al p.m. deve
considerarsi un'eccezione alla regola generale della parità delle parti e compete nella sola ipotesi di
cui al comma primo dell'art. 448 c.p.p., quando cioè la manifestazione di dissenso del p.m. non sia
sorretta da adeguata motivazione o non sia giustificata .
Per l’effetto, sarà cura del Giudicane sollecitare una chiara presa di posizione del PM nel caso in
cui vi sia silenziosa inerzia a fronte di una richiesta ex art. 444 c.p.p. ritualmente avanzata
dall’imputato 187 .
Par. 13) Alternatività dei riti
La Suprema Corte ha piu' volte statuito che giudizio abbreviato e patteggiamento sono istituti
alternativi per cui non e' consentita la conversione dell'uno nell'altro.
Sul punto , si rinvia il lettore a quanto già ampiamente esposto nel Par. 3.5 .
Qui è solo il caso di ribadire che, solo una volta richiesto e ammesso il giudizio abbreviato, il
procedimento non può essere definito con una sentenza di patteggiamento.
Ciò significa che se l’imputato chiede rito abbreviato condizionato e si veda rigettare l’istanza, ben
si potrà immediatamente avanzare richiesta ex art. 444 c.p.p., posto che non è stato incardinato il
diverso rito e non sono maturate le preclusioni temporali di legge, trovandosi il procedimento
sempre nelle fasi preliminari del dibattimento .
Sotto altro profilo il Giudice, qualora all'esito del giudizio abbreviato ritenga ingiustificato il
diniego del p.m. alla originaria richiesta di patteggiamento, non può certo pronunciare sentenza di
accoglimento di tale richiesta ai sensi dell'art. 448 c.p.p. 188, non potendo più esercitare il sindacato
di cui alla citata norma una volta che il procedimento sia proseguito con il diverso rito ex art. 438 e
ss. c.p.p. 189.
186 Cassazione penale, sez. V, 21/10/2014, n. 2782 187 Cassazione penale, sez. III, 20/06/2013, n. 37378 188 Corte cost. n. 225 del 2003 189 Cassazione penale, sez. VI, 10/12/2009, n. 1940; cfr Sez. III, 11 luglio 2007, n. 32234, Lupo, in questa rivista, 2008, p. 3378; Sez. V, 22 settembre 1999, n. 11945, De Rosa, in C.E.D. Cass., n. 214855
68
In ogni caso, una volta che l'imputato abbia chiesto ed ottenuto l'applicazione della pena ex art. 444
c.p.p., con irrituale trasformazione del rito abbreviato in patteggiamento, lo stesso non può dolersi
della violazione procedimentale, trattandosi di una nullità relativa dell'accordo che non può essere
dedotta dalla parte che vi ha dato o ha concorso a darvi causa, senza subirne alcun concreto ed
attuale pregiudizio 190 .
Par. 14) Accordo e controllo del Giudice
Taluni punti dell'indagine giudiziale restano sottratti alla disponibilità delle parti, perché
corrispondenti ad aspetti inderogabili della funzione giurisdizionale .
Tali punti sono la 'definizione giuridica del fatto, l'accertamento della sussistenza di cause di non
punibilità ex articolo 129 c.p.p., l'applicazione e la comparazione delle circostanze aggravanti ed
attenuanti, la congruità della pena.
E’ la stessa norma dell'articolo 444, comma 2, c.p.p. che esige, con limpida chiarezza, questa
sottrazione.
Il Giudice , in prima battuta, prescinde totalmente dalla richiesta ex art. 444 c.p.p. se ritiene che
debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129 c.p.p. .
Una volta escluso che debba applicare questa norma, controlla la legittimità dell'accordo con
riguardo ai profili non suscettibili di libera pattuizione da parte del PM ed imputato (qualificazione
giuridica del fatto , applicazione e comparazione delle circostanze, alla congruità della pena).
E solo in caso di esito positivo del suo controllo emette la sentenza richiesta.
Attribuire al fatto l'esatta rilevanza penale significa far corrispondere la fattispecie concreta alla
fattispecie astratta, ricondurre in modo corretto quel fatto specifico nell'alveo della corrispondente
ipotesi di reato che il legislatore ha prefigurato in modo astratto, comprese le circostanze
aggravanti o attenuanti dello stesso.
Nel suo ruolo di garante della legalità, il Giudicante tutela la obbligatorietà della legge penale e la
corretta attuazione dei suoi principi fondanti, senza che valori di rango costituzionale possano
essere immolati sull'altare di una malintesa logica contrattualistica capace di consacrare schemi
illegali.
Par.14.1) Cause di non punibilità
Il Giudice, prima di emettere sentenza ex art. 444 c.p.p. , deve verificare che non sussistano i
presupposti per una pronuncia ex art. 129 c.p.p. .
A tal fine rileverà solo la prova positiva di innocenza (inesistenza del fatto, non ascrivibilità del
medesimo, mancanza dell’elemento soggettivo, ricorrenza di una causa di giustificazione,
190 Cassazione penale, sez. II, 06/04/2011, n. 17384
69
irrilevanza penale della condotta) o di non perseguibilità della condotta (estinzione del reato ,
difetto di condizione di procedibilità).
Di contro, conformemente a cristallizzato orientamento giurisprudenziale 191, sull'accordo delle
parti ex art. 444 c.p.p. non potrà prevalere una assoluzione per mancanza, insufficienza o
contraddittorietà della prova, giacchè il primo rinvia solo alle cause di proscioglimento
espressamente indicate dall'art. 129 c.p.p., fra le quali non può annoverarsi - appunto - quella per
mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova 192 .
Non varrebbe invocare l'equiparazione della mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova
alla insussistenza del fatto od alla sua non attribuibilità all'imputato, poichè tale equiparazione è
contenuta solo nell'art. 530 c.p.p., comma 2 e nell'art. 425 c.p.p., comma 3, a norma del quale va
emessa sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultino insufficienti,
contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa nel giudizio.
Si tratta di situazioni processualmente non assimilabili al patteggiamento.
Nel primo caso, la pronuncia ex art. 530 c.p.p., comma 2 indica uno dei possibili punti di approdo di
uno specifico momento processuale che vede le parti soffermarsi sulle proprie e altrui prove, iter
soltanto al termine del quale ha senso constatare, a seconda dei casi, la sussistenza delle condizioni
per emettere sentenza di condanna, come prevede l'art. 533 c.p.p., o per pronunciare sentenza di
assoluzione secondo le varie formule di rito.
L'art. 425 c.p.p., a sua volta, si innesta nel complesso delle norme che governano l'udienza
preliminare, nella quale l'incompletezza delle indagini può condurre solo ad una attività di
integrazione probatoria del Giudice (art. 422) o ad un provvedimento che dispone ulteriori indagini
(art. 421 bis c.p.p.), mai ad una sentenza di non luogo a procedere per insufficienza o
contraddittorietà della prova: in particolare, sulla base di una lettura dell'art. 425, comma 3
opportunamente coordinata con quella dei citati artt. 422 e 421 bis c.p.p., la sentenza di non luogo a
procedere per insufficienza o contraddittorietà della prova è possibile solo quando l'insufficienza o
la contraddittorietà della prova non possa essere sciolta con più complete ed esaurienti indagini.
E', dunque, solo al termine dell'udienza preliminare, ove si sia attraversato questo momento, o dopo
il dibattimento, ove l'udienza preliminare sia mancata, che la mancanza, insufficienza o
contraddittorietà della prova sono equiparate dal legislatore, attraverso la disposizione dell'art. 530
191 Cass. n. 2076 del 28.10.2003, dep. 22.1.2004, nonchè, in motivazione da Cass. S.U. n. 18 del 25.10.95; Cass. Sez. 6, n. 8719 del 21.591, rv. 188083; Cass. 6, n. 3467 del 9.10.95 rv. 203306 e numerosissime altre 192 Cass. n. 26008 del 18.5.2007, dep. 5.7.2007
70
o quella dell'art. 425, alla prova negativa della sussistenza del fatto o della responsabilità
dell'imputato.
Il rito ex art. 444 c.p.p. è , allora, senza dibattimento , potendo prescindere dalla celebrazione
dell’udienza preliminare.
La stessa Corte Cost. nelle ordinanze 26.6.91 n. 300 e 18.7.91 n. 362 espressamente rileva come,
prima del dibattimento, l'art. 129 c.p.p. non consente di attribuire valore alla mancanza,
insufficienza e contraddittorietà della prova proprio perchè la prova non è stata ancora assunta.
In definitiva, nel procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti, governato
dall'art. 444 c.p.p. e ss., il Giudice non può pronunciare sentenza di proscioglimento o di
assoluzione per mancanza, insufficienza o contraddittorietà delle prove desumibili dagli atti del
fascicolo del p.m. perchè, altrimenti, la rinuncia all'istruzione dibattimentale manifestata dal p.m.
con l'accordo ex art. 444 c.p.p. verrebbe strumentalizzata per un fine diverso da quello proprio della
norma (cioè non consentire un accertamento di responsabilità ancora possibile ed accaparrarsi una
assoluzione per una prova incompleta nonostante la piattaforma probatoria sia suscettibile di essere
colmata in dibattimento), il tutto con indebita elusione della regola dell'obbligatorio esercizio
dell'azione penale193.
Nondimeno, secondo una posizione minoritaria della giurisprudenza, in uno specifico caso la
mera insufficienza della prova di colpevolezza giustificherebbe la pronuncia assolutoria prima
dell’accoglimento dell’accordo ex art. 444 c.p.p. : quando si versi in ipotesi di assoluta ed
irreversibile carenza di prova che non possa essere sviluppata in dibattimento 194.
In tal caso, si osserva, la necessità della pronuncia di assoluzione – al di là del dato normativo che,
menzionando l’art. 129 c.p.p. , non contemplerebbe tale tipologia di proscioglimento - deve farsi
dipendere dai principi generali che regolano l'istituto del patteggiamento, con cui sarebbe
logicamente impossibile un provvedimento di applicazione di pena svincolato dalla astratta
possibilità di accertamento della responsabilità penale dell'imputato senza tradire la causa stessa del
patto sulla pena, che è quella della possibilità, e quindi del rischio, di un accertamento della
responsabilità penale e di una conseguente più rigorosa condanna195 .
**************
193 Cassazione penale, sez. IV, 17/09/2015, n. 40100 ex multis questa sez. 4, 7 giugno 2012, n. 27952, Zilli, rv. 253588; conf. sez. 2, 9 gennaio 2009, n. 6095, Cusimano, rv. 243279 194 Cass. Pen. Sez. II, 9 gennaio 2009, n. 6095, inC.E.D. Cass., n. 243279 195 Sez. II, 28 ottobre 2003, n. 2076 ; da ultimo, Cassazione penale, sez. III, 07/06/2012, n. 28971
71
Ha costituito motivo di incertezza giurisprudenziale la questione se la presentazione della richiesta
di applicazione della pena da parte dell'imputato e il consenso a quella proposta dal pubblico
ministero costituissero una dichiarazione legale tipica di rinuncia alla prescrizione, tale da impedire
al Giudice del patteggiamento una pronuncia ex art. 129 c.p.p. .
Sul tema sono intervenute di recente le Sezioni Unite con la sentenza 25/02/2016, n. 18953.
Il Massimo consenso ha preso le mosse dal dato normativo della L. 5 dicembre 2005, n. 151 che,
nel novellare il regime della prescrizione, ha riformulato, con l'art. 6, comma 1, l'originario art. 157
c.p., disponendo, al settimo comma, che "La prescrizione è sempre espressamente rinunciabile
dall'imputato".
Si è dato atto di come , nel dare "cittadinanza" all'istituto della rinuncia, il legislatore – seguendo
pronunciamenti della Corte Costituzionale - abbia inteso stabilire i termini di formulazione dell'atto
abdicativo, sancendo, per un verso, che la prescrizione è "sempre" rinunciabile, ossia in ogni
momento, e - per altro verso - che è rinunciabile "espressamente", ossia in modo esplicito e formale.
La Cassazione ha poi stigmatizzato la rilevanza del lemma “espressamente” , avente lo scopo di
fugare ogni possibile ragione di equivoco, eliminando in nuce qualsivoglia ambiguità
nell'applicazione dell'istituto, laddove l'avverbio “attiene al modo di esteriorizzazione della volontà
di rinuncia, che, dovendo essere esplicita e formale, non può essere dedotta, in via congetturale, da
fatti incompatibili con la volontà di avvalersi della prescrizione, diversamente da quanto consentito
in ambito civilistico”.
Si è poi sottolineato come la rinuncia implichi opzione per la prosecuzione del processo verso
l'epilogo di una pronuncia nel merito della regiudicanda e comporta, pertanto, anche rivitalizzazione
della pretesa punitiva statuale, altrimenti affievolita dal decorso del termine di prescrizione.
Il tutto “nella ragionevole aspettativa, per l'imputato (od indagato), di conseguire un risultato più
vantaggioso rispetto alla maturata causa estintiva, ossia una pronuncia assolutoria nel merito”.
Su tali basi, si è colta una sostanziale antinomia tra la volontà di patteggiamento, racchiusa in un
modello legale di richiesta, orientata a tutt'altri fini (contenimento della risposta sanzionatoria), e la
volontà dismissiva ad avvalersi di una causa estintiva del reato.
Tale antinomia rende arduo qualificare come "espressa" la rinuncia desumibile dall’opzione per il
rito.
Si è concluso nel senso che "ai fini del valido esercizio del diritto di rinuncia alla prescrizione è
necessaria la forma espressa, che non ammette equipollenti, sicchè la richiesta di applicazione della
pena da parte dell'imputato, o il consenso prestato alla proposta del pubblico ministero, non
possono, di per sè, valere come rinuncia".
72
Pertanto, in presenza di prescrizione del reato, il Giudice procederà ex art 129 c.p.p con la formula
di legge e non procederà a ratificare l’accordo.
*********************
La non punibilità del fatto per particolare tenuità ex art. 131 bis cod. pen. sembra poter
legittimare una pronuncia ex art. 129 c.p.p. .
Sul punto, la Cassazione ha espresso di recente posizione contraria .
Ha rilevato come quella introdotta con il D.Igs 28/2015 può definirsi una forma atipica di
esclusione della punibilità, avente natura sostanziale, non rientrante nelle previsioni normative dì
cui all'art. 129 cod. proc. pen. .
Ha posto in evidenza le particolari conseguenze nascenti dall'eventuale applicazione dell'art. 131
bis cod. pen. come indicate dall'art. 3 comma 1 e art. 4 del D. Lgs. 28/15 .
E non ha trascurato di rilevare che, qualora ricorrano i presupposti dell'istituto previsto dall'art.
131bis cod. pen., il fatto sarebbe pur sempre qualificabile - e qualificato dalla legge - come "reato",
tanto che il 'nuovo' art. 651-bis attribuisce efficacia di giudicato nei giudizi civili e amministrativi
alla sentenza dibattimentale di proscioglimento per particolare tenuità del fatto anche "quanto
all'accertamento ... della sua illiceità penale"
Mentre ai sensi dell’art. 445 comma 1 bis c.p. la sentenza di patteggiamento “non ha efficacia nei
giudizi civili o amministrativi”.
Per cui, si è alluso, un istituto a favore dell’imputato (art. 129 c.p.) si trasformerebbe (per il tramite
dell’art 651 bis cit.) in uno strumento pregiudizievole per le sue ragioni rispetto all’opzione del rito
premiale ex art. 444 c.p.p. 196 .
Tutti tali argomenti non sembrano insuperabili.
Come brillantemente messo in evidenza anche dall’Ufficio del Massimario presso la Suprema
Corte, quand’anche l’art. 129 cod. proc. pen. taccia sulla possibilità dell’immediato
proscioglimento per l’ipotesi in cui ricorre una causa di non punibilità (prevedendo la norma solo la
pronuncia del Giudice quando lo stesso “riconosce che il fatto non sussiste, o che l’imputato non lo
ha commesso, o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ovvero
che il reato è estinto o che manca una condizione di procedibilità”), più volte, in passato, si è
ammessa in Cassazione la rilevabilità delle “cause di non punibilità” con la sentenza pronunciata
ex art. 129 cod. proc. pen.
Tra le decisioni che hanno ritenuto rilevabile di ufficio, dal Giudice adito con richiesta di
applicazione pena ex art. 444 cod. proc. pen. , cause di non punibilità ex art. 129 cod. proc. pen.
possono essere indicate:
196 Cass. Pen. Sez. 3 Num. 34932 Anno 2015
73
Sez. VI, 6 dicembre 2012, n. 48765, Ricciardi, Rv. 254104, la quale si è espressa in ordine al
riconoscimento della situazione prevista dall’art. 384 cod. pen., sebbene non invocata dall’imputato;
Sez. VI, 1 marzo 2001, n. 15955, Fiori, Rv. 218875, che ha annullato senza rinvio la sentenza
impugnata, “perché il reato è stato commesso da persona non punibile ai sensi dell’art. 598 c.p.”;
Sez. V, 15 febbraio 2005, n. 25155, Sanpaolesi, Rv. 231896, che ha annullato senza rinvio la
sentenza impugnata, “perché l’imputato non è punibile ex art. 599 comma II c.p.”).
Si è ritenuto (Sez. VI, Fiori, cit.) che “non è di ostacolo a questa soluzione il dettato dell’art. 129 c.
2 c.p.p., dal momento che la formula «perché il fatto non costituisce reato» è stata sempre intesa
come comprendente anche le cause di non punibilità”.
E si è sostenuto (Sez. V, Sanpaolesi, cit.) che “la causa di non punibilità può essere riconosciuta
anche in sede di legittimità ai sensi dell’art. 129 c.p.p.”.
Peraltro, non è sfuggito che in diverse decisioni si è rilevata di ufficio, nel giudizio di legittimità,
l’esistenza di cause di non punibilità con la formula “perché il fatto non costituisce reato” , per
l’annullamento senza rinvio della sentenza di condanna, così adottandosi un dispositivo
espressamente previsto dall’art. 129 cod. proc. Pen. 197 .
Se pertanto il dato testuale non appare dirimente, anche l’argomento di cui all’art. 651 bis c.p.p
sembra superabile.
Infatti, il ‘nuovo’ art. 651 bis cod. proc. pen., attribuisce efficacia extra-penale di giudicato alle sole
sentenze pronunciate “in seguito a dibattimento”, o “a norma dell’art. 442 [cod. proc. pen.]”.
Ma la sentenza di patteggiamento è emessa prima del dibattimento, evitandone lo svolgimento.
Se tant’è, non è impossibile assumere che, se la pronuncia ex artt. 129 cod. proc. pen. e 131-bis
cod. pen. è emessa nell’ambito delle delibazione ex art 444 c.p.p. , in assenza di un accertamento
sulla responsabilità dell’imputato, la stessa non potrebbe spiegare gli effetti di cui all’art. 651 bis
cit., il tutto a vantaggio dell’imputato.
Residuerebbe, così, quale ultimo effetto negativo contrario allo spirito dell’art. 129 c.p.p. ,
l’iscrizione al casellario della sentenza che dichiara la non punibilità per speciale tenuità del fatto ex
art. 4 D.Lgd. 28/2015.
Tuttavia, se si considera che il patteggiamento è parimenti iscritto , essendo poi equiparato ad una
sentenza di condanna, salve diverse disposizioni di legge” ex art. 445 comma 1 bis c.p.p. , potrebbe
fondatamente sostenersi che nulla osta alla possibilità per il Giudice di emettere la sentenza ex art.
129 c.p.p. in sede di delibazione del patteggiamento, non permanendo alcun effetto pregiudizievole
per l’interessato. 197 Sez. VI, 8 gennaio 2003, n. 11874, Cavaleri, Rv. 224259; Sez. VI, 18 febbraio 2014, Grieco, Rv. 259110
74
A rafforzare da ultimo la praticabilità della pronuncia ex art. 129 c.p.p. sono intervenute le SS.UU.
con la sentenza 25/02/2016 n. 13682 (data dep. 06 aprile 2016) , con la quale il Massimo Consenso
ha ritenuto che la causa di non punibilità dell’art. 131 bis c.p.p. giustificasse una pronunzia
adottata ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen..
Né, si è affermato, “un ostacolo può essere rinvenuto nel fatto che tale articolo, pur dedicato nella
rubrica all'obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, non fa
menzione dell'ipotesi in cui ricorra una causa di non punibilità.
Invero , si è detto , la norma ha portata generale, sistemica.
Essa, come già ritenuto dalle Sezioni Unite 198, non attribuisce al Giudice un potere di giudizio
ulteriore ed autonomo rispetto a quello già riconosciutogli dalle specifiche norme che regolano
l'epilogo proscioglitivo nelle varie fasi e nei diversi gradi del processo, ma enuncia una regola di
condotta rivolta al Giudice che, operando in ogni stato e grado del processo, presuppone l'esercizio
della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio.
In breve, atteso l'indicato ruolo sistemico, l'articolo citato consente l'adozione di tutte le formule di
proscioglimento”.
**************
Potrà verificarsi che, a fronte di due imputazioni inserite in un accordo ex art. 444 c.p.p., il Giudice
assolva l'imputato solo da una delle stesse ex art. 129 c.p.p. .
In questa ipotesi , non potrà procedersi per la residua imputazione all'applicazione immediata di
una pena concordata, essendo venuto meno parte dell’assetto pattizio, con impossibilità di
rispettare fedelmente la volontà delle parti.
Sicchè, si disporrà la restituzione degli atti al p.m. per la prosecuzione del giudizio con il rito
ordinario in ordine alla residua imputazione, salvo nuovo ulteriore accordo ex art. 444 c.p.p.199 .
Par. 14.2) Qualificazione giuridica e circostanze
Il rito speciale ex art. 444 c.p.p. comporta un accordo sulla pena, non anche sul fatto-reato.
Ecco perché, sempre ai sensi dell’art. 444 comma 2 c.p.p., esclusi i presupposti di cui all’art. 129
c.p.p., al Giudice è rimesso , in seconda battuta, il controllo sulla corretta qualificazione giuridica
del fatto, proprio al fine di evitare che il patteggiamento si risolva in un accordo sui reati e sulle
stesse imputazioni, in violazione dell'art. 444 c.p.p. e dell'art. 112 cost. 200.
198 Sez. U, n. 12283 del 25/01/2005, De Rosa, Rv. 230529 199 Cassazione penale, sez. II, 26/01/2011, n. 6964; Cfr., in senso conforme, Cass., sez. I pen., sent. 4 novembre - 2 dicembre 1992 n. 4515. Vedi anche Id.., sez. VI pen., sent. 13 dicembre 1998 - 19 marzo 1999 n. 3461 200 Cassazione penale, sez. VI, 22/10/2002, n. 1282
75
Dovrà così darsi conto della verifica eseguita con argomenti privi di vizi logici del percorso
motivazionale , specie nell'ipotesi in cui, in sede di accordo delle parti, si sia proceduto alla
qualificazione giuridica del fatto in termini diversi rispetto all'imputazione originariamente
contestata 201.
Il controllo del Giudice sulla contestazione non deve fermarsi al profilo formale della correttezza
estrinseca della imputazione (sussumibilità nella figura di reato rubricata della condotta oggetto di
incriminazione), ma deve spingersi al piano sostanziale e specifico della congruenza tra
l’imputazione e le emergenze di prova .
Ne consegue che dovrà essere dichiarata inammissibile la richiesta di patteggiamento non solo nel
caso di inesatta qualificazione giuridica del fatto contestato, ma anche nel caso di errore sul nomen
iuris, originato dalla contestazione di un fatto diverso da quello risultante dagli atti 202 .
Di conseguenza, ribadito che la qualificazione giuridica del fatto è materia sottratta alla
disponibilità delle parti, qualora la contestazione appaia inserita nell’accordo in termini
strumentali, fino a stravolgere la dinamica dei fatti fino a quel momento assodati, il
patteggiamento eventualmente siglato sarebbe da ritenersi illegittimo 203e suscettibile di
annullamento, in quanto detto vizio produce la nullità irrimediabile del patto con conseguente
necessità di riportare la situazione processuale alla fase precedente la sua stipula 204.
In definitiva il Giudice, ove ritenga di pervenire ad una diversa e più corretta qualificazione
giuridica della condotta di reato , lungi dal poter modificare l'imputazione, dovrà respingere la
richiesta di "patteggiamento" e procedere con rito ordinario 205.
************
Laddove le parti abbiano d'intesa proceduto alla applicazione o comparazione di circostanze,
occorrerà parimenti verificare la legittimità dell'accordo con particolare riferimento a tali aspetti ,
involgendo anche questi il profilo della corretta attuazione della legge penale e, di riflesso , il
principio di cui all’art. 112 Cost. 206.
201 Cassazione penale, sez. II, 21/01/2015, n. 6859 202 Cassazione penale, sez. VI, 14/01/2013, n. 6156, Cass. pen., Sez. V, 26 gennaio 1999, n. 467 Tavagnacco, rv. 213185; Cass. pen., Sez. VI, 11 dicembre 2003, n. 6510, Rossi, rv. 228272 203 Cassazione penale, sez. V, 20/12/2013, n. 5861 204 Cassazione penale, sez. VI, 23/01/2013, n. 7391 205 Cassazione penale, sez. V, 19/04/2013, n. 40797 206 Cassazione penale, sez. IV, 02/03/2005, n. 15429; in senso conforme si vedano Sez. I, 10 luglio 2000, Carrara, in C.E.D. Cass., n. 216554; Sez. I, 25 gennaio 2000, Cricchi, ivi, n. 215489; Sez. V,
76
Sul tema, è stato affermato che il controllo sulla contestazione di una circostanza rientra nell'ambito
della verifica della corretta qualificazione del fatto, devoluta al Giudice chiamato a sindacare la
legittimità dell'accordo intervenuto tra le parti 207 .
Ed è stata ritenuta “illegale” la pena applicata ex art. 444 c.p.p. dal Giudice che, operando il
giudizio di bilanciamento tra le circostanze, compari le attenuanti ed una sola delle aggravanti, in
quanto l'art. 69 c.p. impone di procedere alla simultanea comparizione di tutte le circostanze
ritenute 208.
Par. 14.3) Congruità della pena
Da ultimo, il Giudice verificherà se la pena concordata risponda al requisito della “congruità” .
La valutazione di “congruità” ha una duplice connotazione.
Essa è anzitutto di legalità, dovendo assicurare il rispetto dei limiti normativi regolanti il
procedimento di computo della pena e/o di tutti i presupposti di legge per la relativa applicazione.
Integra poi apprezzamento di merito, rispondendo alla logica di cui all’art. 133 c.p., allorquando
mira ad evitare che si pattuiscano pene eccessivamente tenui, sì da essere frustrate le ragioni
repressivo/rieducative della risposta sanzionatoria della Stato.
*********
Sotto il primo profilo, va da sé che l'illegalità della pena sia censurabile in Cassazione ,
determinando l'invalidità dell'accordo su di essa concluso tra le parti 209 .
Il Giudice, per evitare annullamenti in sede di impugnazione , vigilerà a che , nel caso in cui si
addivenga all’accordo ex art. 444 c.p.p per più fatti unificati sotto il vincolo della continuazione, la
riduzione per il rito sia applicata all’esito di un corretto procedimento di determinazione della
pena, essendo necessario: innanzitutto individuare la violazione più grave, desumibile dalla pena
da irrogare per i singoli reati, tenendo conto della eventuale applicazione di circostanze aggravanti o
attenuanti, dell'eventuale giudizio di comparazione tra circostanze di segno opposto, e di ogni altro
elemento di valutazione; una volta determinata la pena per il reato base, aumentare per la
12 aprile 1999, Brienza, in questa rivista, 2000, p. 2353; Sez. VI, 4 dicembre 1996, Carandente, in C.E.D. Cass., n. 207115 207 Fattispecie nella quale era stata riconosciuta, su richiesta delle parti, l'equivalenza tra le attenuanti generiche e la "contestata recidiva", pur se quest'ultima non era stata, in realtà, contestata, risultando l'imputato incensurato; Cassazione penale, sez. II, 15/12/2010, n. 36 208 Cassazione penale, sez. V, 23/05/2014, n. 24054 209 nella specie, per essere stato applicato un aumento per la violazione satellite inferiore a un terzo a fronte di non esclusione della contestata recidiva reiterata, Cassazione penale, sez. I, 07/04/2010, n. 16766; Cass. Pen. sez. I, 7 aprile 2010 n. 16785, Pierantoni
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continuazione ; alla fine pervenire alla riduzione fino ad un terzo, ai sensi dell'art. 444, comma 1,
c.p.p. 210.
E secondo la stessa logica dovrà evitarsi che la sentenza di patteggiamento , avente ad oggetto
reati in continuazione , parta da una pena base erroneamente quantificata, a causa di una scorretta
individuazione del reato più grave, in misura inferiore al relativo minimo edittale, dando così luogo
nuovamente all’applicazione di una pena illegale 211.
Controllo di legalità dovrà essere operato anche con riguardo alla applicazione di sanzioni
sostitutive.
Infatti, in sede di accordo ex art. 444 c.p.p. , compete al Giudice il potere di sostituire la pena
detentiva da applicare con una sanzione sostitutiva, qualora ricorrano le condizioni previste dalla
generale disciplina fissata in materia dalla L. n. 689 del 1981.
Conseguentemente la richiesta di applicazione della pena può comprendere la deduzione della
sostituzione della pena detentiva concordata.
L'eventuale richiesta dell'imputato di applicazione di una sanzione sostitutiva è tuttavia congiunta, e
non alternativa, a quella di applicazione della pena.
Ne consegue che al Giudice incombe l'obbligo, ove la richiesta comprenda anche la sostituzione
della pena detentiva con quella pecuniaria, di controllarne l'ammissibilità e di rigettare la richiesta
stessa qualora la sostituzione non sia applicabile, senza alcuna possibilità di scindere i termini del
patto intervenuto tra le parti, che ha natura unitaria in vista dell'applicazione della pena concordata 212 .
E peraltro, non può farsi luogo ad applicazione della pena su richiesta delle parti nel caso in cui il
PM, pur avendo prestato il suo consenso in ordine alla quantificazione della sanzione detentiva, lo
abbia negato per quanto attiene la sua sostituzione ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689;
infatti, il mancato consenso del PM su di una parte della richiesta dell'imputato, impone al Giudice
di rigettare in toto la richiesta di patteggiamento213 .
************
210 In applicazione di tali principi, la S.C. ha annullato senza rinvio la sentenza di patteggiamento in cui l'aumento per la continuazione aveva preceduto la riduzione relativa alla concessione delle attenuanti generiche; Cassazione penale, sez. VI, 15/10/2014, n. 44368 211 Cassazione penale, sez. II, 04/07/2007, n. 26288 212 Cass. Pen. sez. 4, 3.5.1993 n.7651 rv 194858; sez. 6, 18.4.2007 n.17198 rv. 236454 213 Cass. Pen. sez. 5, 11.11.1999 n.5 rv. 215565; Cassazione penale, sez. IV, 10/04/2012, n. 18136
78
La valutazione di congruità , con particolare riguardo alla sua rispondenza ai criteri di cui all’art.
133 c.p. , va riferita all'entità della sanzione concordata prima di operare la riduzione ai sensi
dell'art. 444, comma 1, c.p.p. , posto che la riduzione è conseguenza processuale automatica,
prevista dalla legge quale effetto premiale del rito 214 .
***********
Ai fini della congruità , secondo la giurisprudenza maggioritaria, deve aversi riguardo alla pena
indicata nel risultato finale, indipendentemente dai singoli passaggi interni, in quanto è proprio tale
risultato che assume valenza esterna, quale espressione ultima e definitiva dell'incontro delle
volontà delle parti 215.
L'accordo, in particolare, si forma non sulla pena inizialmente indicata e sulle eventuali operazioni
con le quali essa viene determinata, bensì, appunto, sul risultato finale delle operazioni stesse.
Ne costituisce riprova il fatto che eventuali errori di calcolo commessi nel determinare la sanzione
concordata ed applicata dal Giudice non assumono alcuna rilevanza, purché il risultato finale non si
traduca in una pena illegale 216 .
Su questa scia, si è affermato che l'erronea indicazione del reato base, individuato per la
determinazione della pena su cui operare l'aumento per la continuazione, rileva, ai fini del sindacato
di legittimità, solo nel caso in cui dall'errato recepimento dei termini dell'accordo sulla pena da
applicare ai sensi dell'art. 444 c.p.p. derivi l'impossibilità di far coincidere la pena finale indicata
con quella concordata dalle parti e non, invece, quando nessuna conseguenza vi sia rispetto alla
pena finale oggetto dell'accordo 217.
Nello stesso senso, si è ritenuto che la circostanza che nel computo della pena effettuato in accordo
non sia indicato l'aumento per la continuazione non può essere ritenuta causa di illegittimità della
214 Cassazione penale, sez. I, 26/06/2015, n. 32172 215 Cassazione penale, sez. I, 17/06/2014, n. 29668 ; Cassazione penale, sez. VI, 30/10/2013, n. 44907; Sez. III, 28 maggio 2009, n. 28641 216 Sez. IV, 12 aprile 2000, n. 518; in questo senso si veda inoltre Sez. VI, 31 gennaio 2013, n. 7401, in C.E.D. Cass., n. 254879; Sez. VI, 18 giugno 1992, n. 9781, ivi, n. 191996; Sez. IV, 28 settembre 2000, n. 4382, ivi, n. 217696 217 In motivazione la Corte - in una fattispecie nella quale il Giudice, correttamente ratificando l'accordo tra le parti nella misura finale, aveva però erroneamente individuato quale reato-base quello di furto, punito meno gravemente rispetto a quello previsto dall'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 - ha dichiarato inammissibile il ricorso dell'imputato per carenza di interesse, Cassazione penale, sez. III, 14/12/2011, n. 2207
79
pattuizione ove la sanzione concordata dalle parti e poi applicata dal Giudice risulti superiore al
minimo edittale e dunque sia perfettamente legale 218 .
Par. 15) Accordo e pena sospesa
Ai sensi dell’art. 444 comma 3 c.p.p. l'imputato può subordinare la richiesta di applicazione della
pena alla concessione della sospensione condizionale.
In questo caso, ancorchè il pubblico ministero abbia aderito alla richiesta, il Giudice resta investito
di un ulteriore potere-dovere di verifica, con riguardo alla concedibilità del beneficio della
sospensione condizionale.
Egli deve, pertanto, rigettare la richiesta di patteggiamento, a norma dell'art. 444 c.p.p., comma 3,
qualora rilevi la sussistenza di condizioni ostative alla concessione del medesimo.
Ed ove non si adegui a detta "regula juris", la sentenza sarebbe affetta da nullità nel suo insieme e
non solo nella parte relativa al punto della sospensione, perchè emessa a seguito di un'istanza
inefficace 219 .
***************
La pena sospesa può poi essere concessa dal Giudice del patteggiamento anche quando le parti non
subordinino l’efficacia dell’accordo al beneficio.
I presupposti di tale potere sono tuttavia discussi in giurisprudenza.
E’ pacifico che il beneficio non possa essere applicato d’ufficio, cioè nel silenzio delle parti.
Sennonchè, secondo un primo orientamento, nel procedimento ex art. 444 c.p.p. la sospensione
condizionale della pena può essere concessa, al di fuori dell'ipotesi di subordinazione dell'efficacia
della richiesta alla concessione del beneficio, solo quando la relativa domanda abbia formato
oggetto di una pattuizione (non condizionante) intervenuta tra le parti 220 .
Secondo altro orientamento, il Giudice deve comunque pronunciarsi sulla concedibilità del
beneficio anche qualora tale questione sia stata devoluta dalle parti in maniera esplicita e specifica 221.
218 Cassazione penale, sez. II, 03/11/2009, n. 43929; Cassazione penale, sez. I, 09/04/2008, n. 17815; Cass. Pen. Zez. II, 25 gennaio 2000, n. 400, in C.E.D. Cass., n. 215409 219 Cassazione penale, sez. V, 01/10/2015, n. 4832; Sez. 4, n. 47795 del 22/11/2011, Motta, Rv. 252462; Sez. 5, n. 4421 del 28/09/1999, Pm in proc Di Biase G, Rv. 214491; Sez. 6, n. 3447 del 05/11/1998, P.g. e P.m. in proc. Bruno R, Rv. 212905 220 Cass. Sen. Sez. 4, sent. n. 40950 del 21 ottobre 2008, dep. 31 ottobre 2008, Ciogli, Rv. 241371 221 Cass. Pen. Sez. 3, sent. n. 31633 del 7 aprile 2015, dep. 21 luglio 2015, Macrì, Rv. 264426
80
Sotto tale profilo, si è ritenuto che il potere ex art. 163 c.p.p possa trovare applicazione anche nella
ipotesi di una richiesta esplicita in tal senso di una sola parte, rispetto alla quale la controparte, con
il proprio silenzio, abbia apprestato una sostanziale acquiescenza 222.
In questi casi , la mancanza di un esplicito accordo sulla concedibilità del beneficio non fa saltare il
patto, ma ha come effetto solo quello di svincolare il Giudice dal giudizio in ordine al beneficio,
lasciando allo stesso la piena autonomia decisionale di verificarne la concedibilità o meno.
In sostanza, escludere - in mancanza di espresso accordo sul punto - la concedibilità del beneficio
e, prima ancora, la valutazione da parte del Giudice sulla ricorrenza dei presupposti per la sua
concessione, significherebbe deprivare il Giudice di un potere discrezionale che, vista la finalità
(anche preventiva) dell'istituto, l'ordinamento gli attribuisce in modo quasi illimitato, una volta
esclusi i casi di non concedibilità per ragioni di carattere oggettivo, allorquando deve formulare un
giudizio prognostico in ordine alla condotta futura dell'imputato.
********
Nel ratificare il contenuto dell'accordo intervenuto tra l'imputato ed il pubblico ministero, il
Giudice, applicando la pena sospesa, non può alterare i dati della richiesta e subordinare il beneficio
della sospensione condizionale della pena all'adempimento di un obbligo, la cui determinazione è
considerata dalla legge come facoltativa, ma che è rimasto del tutto estraneo alla pattuizione 223 .
In particolare, quando la statuizione (adempimento dell’obbligo) è considerata dalla legge quale
esercizio di una facoltà discrezionale del Giudice, in assenza di specifica previsione in sede di
accordo (ed a maggior ragione nell'ipotesi di esclusione) al decidente non rimane altra opzione tra
quelle di aderire al patto ovvero, nell'ipotesi contraria, respingere il patto per procedere al giudizio
ordinario, senza poterne immutare o integrare il contenuto 224.
Ma non solo.
Una volta ritenuta applicabile la sospensione della pena, è possibile condizionare il beneficio
soltanto a taluno degli obblighi specifici tra quelli citati nell'art. 165 cod. pen., tra cui vi è il
pagamento della somma liquidata dal Giudice penale a titolo di risarcimento del danno; a fronte di
un elenco "chiuso" di obblighi a carico del condannato, non può, invece, subordinarsi la
sospensione della pena alla effettuazione di un risarcimento incerto perchè (non ancora) determinato
222 Cass. Pen.Sez. 3, sent. n. 4954 del 17 dicembre 1999, dep. 21 aprile 2000, Moresco, Rv. 216563; Sez. 3, sent. n. 40232 del 14 luglio 2004, dep. 14 ottobre 2004, Caso, Rv.230178; Sez. 1, sent. n. 9228 del 14 febbraio 2008, dep. 29 febbraio 2008, Giannelli, Rv. 239180 223 Cass. Pen. Sez. 3, Sentenza n. 19788 del 28/02/2003; Sez. U, Sentenza n. 10 del 11/05/1993 224 Cassazione penale, sez. VI 11/03/2010 n. 13905 (data dep. 12 aprile 2010)
81
dal Giudice 225. L'adempimento di un tale obbligo risulterebbe, infatti, impossibile senza un
ulteriore provvedimento; tanto più impossibile in quanto il procedimento di cui si discute si è svolto
secondo le forme del patteggiamento. Per l’effetto, non è consentito, in ratifica dell'accordo delle
parti e quand’anche vi sia consenso delle parti sul punto, subordinare la sospensione condizionale
della pena all'obbligo del generico risarcimento del danno, trattandosi di obbligo incerto, perché
indeterminato, e non determinabile in sede di patteggiamento 226.
Ancora.
Il dettato dell'art. 165 c.p., comma 2, nella formulazione successiva alla novella di cui alla L. 11
giugno 2004, n. 145, prevede che, nell'ipotesi in cui la sospensione condizionale della pena sia
concessa in favore di chi ne abbia già fruito "deve essere subordinata all'adempimento di uno degli
obblighi previsti dal comma precedente", ed ha provveduto alla soppressione dell'inciso esistente
nella norma in vigore in precedenza "salvo che ciò sia impossibile".
L'innovazione normativa trova la sua giustificazione nella modifica del comma primo, ove si è
previsto, unitamente al risarcimento del danno o alla eliminazione delle conseguenze dell'illecito,
anche la possibilità di subordinare la sospensione all'esercizio di lavori di pubblica utilità.
In tal senso la disposizione richiamata ha richiesto per l'applicazione di tale condizione la mancata
opposizione del condannato.
Se tant’è, una volta che, in un accordo ex art. 444 c.p.p. , venga inserita la richiesta di concessione
della sospensione condizionale della pena da parte dell'imputato che ha già usufruito del beneficio
in relazione a precedente condanna, è stato affermato che tale istanza implica il consenso (anche)
alla subordinazione della misura all'adempimento di uno degli obblighi previsti dall'art. 165 comma
1 c.p., compresa la non opposizione dell’imputato allo svolgimento di attività non retribuita in
favore della collettività 227.
Per cui il Giudice potrebbe disporre lo svolgimento di tale attività.
L’interpretazione, per la verità, non appare inattaccabile.
Invero, con l’inciso “se il condannato non si oppone”, in relazione allo svolgimento della attività a
favore della collettività, la legge sembra richiedere una espressa presa di posizione sul punto,
apparendo niente affatto scontato affermare che il consenso sulla pena si estenda automaticamente
al diverso profilo dell’attività lavorativa riparatoria: ciò tanto più che quest’ultima può essere
determinata dal Giudice sia nelle modalità che nella durata, aspetti questi che verrebbero imposti 225 Sez. 4, n. 31441 del 09/07/2013, Sanzone, Rv. 256073; conf. Sez. 6, Sentenza n. 39213 del 15/10/2010, Rv.248520 226 Cassazione penale, sez. V, 09/06/2015, n. 35753; cfr. sez. 2 7.4.2004 n. 18044 Rv 229049 227 Cassazione penale, sez. VI, 04/03/2014, n. 13894
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“di ufficio” al condannato, al di fuori di ogni sua previa determinazione e, magari, oltre i suoi
intendimenti.
Il disposto di cui all’art. 165 comma 2 c.p.p. può poi incidere sotto altro profilo sulla stessa
percorribilità di un patteggiamento.
In sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, al Giudice non è dato decidere sulla
domanda della parte civile.
Non si può procedere , pertanto, a quantificare il danno o ad assegnare provvisionali o, infine, ad
emettere statuizioni che presuppongono una decisione del rapporto civile o, comunque, ineriscono
al titolo risarcitorio da conseguirsi in sede civile228 , essendo eventualmente illegittima la
subordinazione della sospensione condizionale della pena al pagamento di una provvisionale in
favore della parte civile 229.
Ora, poichè la concessione per la seconda volta della sospensione condizionale deve essere
necessariamente subordinata all'adempimento degli obblighi riparatori di cui si è detto, consegue
che è ontologicamente impossibile concedere in sede di patteggiamento la sospensione condizionale
della pena a colui che abbia già usufruito del beneficio230 , fatto salvo il lavoro a favore della
collettività (per cui sembra richiedersi l’espressa non opposizione del condannato) .
Par. 16) Limiti del potere del Giudice e delle parti:
divieto di interventi modificativi e divieto di pattuizioni con oggetto diverso dalla pena
principale
E’ pacifico in giurisprudenza che il Giudice , a fronte di un accordo ex art. 444 c.p.p., ha solo il
potere di accogliere o rigettare la richiesta di definizione del procedimento concordata. (sul punto, il
combinato disposto del cit. art. 444 c.p.p., commi 1 e 2 e art. 448 cod. proc. pen. è inequivoco).
Stante la struttura in larga parte negoziale dell'istituto, al decidente, terzo rispetto al negozio
bilaterale intercorso tra le parti, è consentito esclusivamente di ratificare ovvero di negare la propria
ratifica all'accordo pattizio, essendogli assolutamente inibito di modificare motu proprio i termini
del medesimo, anche attraverso integrazioni, fatti salvi gli aspetti del proprio decisum che
conseguano direttamente dalla legge 231.
228 Sez. 5, Sentenza n. 7021 del 25/11/2009 Rv. 246150 229 Sez. 6, Sentenza n. 6580 del 15/02/2000 Rv. 217102 230 Cassazione penale, sez. II 28/09/2011 n. 46589 (data dep. 15 dicembre 2011) 231 Cassazione penale, sez. IV, 08/01/2015, n. 4632; Cassazione penale, sez. III, 09/09/2015, n. 13719
83
Se pertanto al Giudice non è consentito integrare o cambiare il contenuto dell'accordo intervenuto
tra le parti, in quanto in tal modo verrebbe meno la base consensuale su cui questo si fonda:
- è illegittima la sentenza di patteggiamento con la quale il Giudice, a fronte di un accordo
che subordina l'applicazione della pena alla concessione della sospensione condizionale
della pena, ritenga, nel ratificare l'accordo, di "subordinare" il richiesto beneficio, ai sensi
dell'art. 165 c.p., alla prestazione, da parte dell'imputato, di un'attività non retribuita a favore
della collettività ovvero all’adempimento di uno degli obblighi di cui all’art. 165 c.p. ,
senza alcuna pattuizione delle parti sul punto 232;
- è illegittima la sentenza che accolga solo in parte la richiesta congiunta di patteggiamento,
prendendo in considerazione solo uno dei reati ivi indicati, e non pronunciandosi sull'altro
reato oggetto dell'accordo originario 233;
- è illegittima la sentenza di patteggiamento con la quale il Giudice , di propria iniziativa ed
al di fuori dell'accordo delle parti, subordini la concessione della sospensione condizionale
della pena al risarcimento del danno in favore della parte civile 234;
- è illegittima la sentenza di patteggiamento con la quale il Giudice sostituisca di ufficio la
pena detentiva con le sanzioni sostitutive, sempre in assenza di una esplicita richiesta delle
parti 235;
- è illegittima la sentenza di patteggiamento con la quale il Giudice applichi la pena
concordata in relazione a reato diversamente qualificato rispetto all’accordo addotto dalle
parti 236.
************
La sentenza di applicazione della pena è una sentenza che ha una natura giuridica diversa da quella
ordinaria di condanna avendo caratteristiche formali, strutturali, genetiche e funzionali differenti da
ogni altra sentenza di condanna.
“La sua atipicità della sentenza è strettamente correlata alle particolari caratteristiche del
procedimento del quale rappresenta il naturale epilogo, con la conseguenza che in essa non sono
232 Cassazione penale, sez. VI, 20/10/2015, n. 44775; Cassazione penale, sez. VI, 28/10/2009, n. 42635 233 Cassazione penale, sez. VI, 15/10/2010, n. 39213 234 Cassazione penale, sez. IV, 09/07/2013, n. 31441 235 Cassazione penale, sez. V, 18/03/2011, n. 15079 236 Cassazione penale, sez. V 19/04/2013 n. 40797, data dep. 02 ottobre 2013
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riconoscibili tutti gli elementi essenziali, idonei a qualificare una sentenza come sussumibile, a
pieno titolo, nella categoria delle "sentenze di condanna".
Se essa, infatti, è assimilabile ad una sentenza di condanna solo sotto l'astratto profilo del
provvedimento giurisdizionale con il quale si dispone l'applicazione della pena nei confronti di un
soggetto per un determinato reato, da quella si dissocia per la mancanza di una essenziale
componente, l'accertamento giudiziale della responsabilità penale, formalmente estrinsecabile in
una espressa dichiarazione di colpevolezza.
Nella sentenza ex art. 444 c.p.p. l'accertamento completo del fatto reato e della sua commissione da
parte di un determinato soggetto sono sostituiti dalla ricognizione dell'accordo intervenuto tra le
parti sul merito del processo e sulla pena da applicare 237.
Per questo, l'accordo può formarsi solo ed esclusivamente sul trattamento sanzionatorio
principale.
Ed esclusivamente con riguardo a questo il Giudice rimane vincolato , tanto che , ove non lo
condivida, non gli resta che respingere l'istanza (cfr supra).
Resta, pertanto, fuori da ogni accordo ex art. 445 cod. proc. pen., comma 1:
a) l'applicazione di pene accessorie e di misure di sicurezza ove la pena irrogata superi i due anni
(cd patteggiamento allargato; ma si ricordi che l'applicazione delle pene accessorie previste dall'art.
609 nonies c.p. per i reati di violenza sessuale è sempre obbligatoria, anche nel caso di sentenza di
patteggiamento applicativa di una pena inferiore ai due anni, in deroga alla regola generale di cui
all'art. 445 c.p.p., per la volontà del legislatore di irrigidire il quadro sanzionatorio nella specifica
materia 238);
b) la confisca - sia essa obbligatoria o facoltativa - qualunque sia la pena irrogata e, quindi, anche
ove la medesima sia inferiore ai due anni.
Restano pertanto rimessi alla valutazione del Giudice i capi relativi a tali statuizioni, rispetto ai
quali la discrezionalità del decidente si riespande come in una normale sentenza di condanna.
Il fatto che il legislatore abbia sottratto all'accordo delle parti le suddette misure non significa che le
parti, nell'ambito della loro discrezionalità ed autonomia, non possano inserire, nell'accordo sul
trattamento sanzionatorio, anche un accordo sulle stesse.
Tuttavia, proprio perchè la legge è categorica nello stabilire che tali profili della decisione non
rientrano nella disponibilità delle parti, essendone riservata l'applicazione al Giudice, un eventuale
237 SSUU 3600/1997; SSUU 11/1996; SSUU 8488/1998 238 Cassazione penale, sez. III, 16/11/2011, n. 20292
85
accordo potrebbe avere solo una semplice funzione di orientamento nella pronuncia del Giudice il
quale, quindi, può tenerne conto o no, avendo solo l'obbligo di motivare sulla soluzione adottata.
Ciò comporta che non solo il Giudice non è vincolato ad un eventuale accordo sulle pene
accessorie, sulle misure di sicurezza o sulla confisca, ma che il medesimo – ove vi fosse - dovrebbe
considerarsi tamquam non esset, quand'anche le parti subordinassero l'intero patteggiamento
all'accoglimento dell'accordo relativo alle pene accessorie, alle misure di sicurezza o alla confisca 239 .
***********
Se le parti nel loro accordo hanno inserito l'applicazione dell'indulto, il Giudice non è vincolato
dalla relativa pattuizione .
Anche sotto tale profilo, è pacifico presso la Suprema Corte che l'applicazione dell'indulto, a
differenza della sospensione condizionale della pena, è materia nuovamente sottratta alla
disponibilità delle parti nell'ambito del patteggiamento, con la conseguenza che la pattuizione
avente per oggetto l'applicazione di tale beneficio, se inserita nell'accordo, è da considerarsi
"tamquam non esset", nel senso che "vitiatur sed non vitiat" 240 .
*******
Le sanzioni amministrative accessorie, quando conseguono obbligatoriamente alla condanna per
voluntas legis, sono parimenti sottratte all’accordo ex art. 444 c.p.p. e vanno disposte a prescindere
dalla volontà delle parti 241.
Con la sentenza di patteggiamento, pertanto, le stesse vanno applicate, essendo il divieto,
eccezionale, previsto dall'art. 445, comma 1, c.p.p. in relazione ai patteggiamenti non eccedenti i
due anni di reclusione , limitato alle pene accessorie e alle misure di sicurezza diverse dalla
confisca.
Ne deriva che con la sentenza ex art. 444 c.p.p. deve essere disposta – ad esempio - la sanzione
amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida prevista per alcune violazioni del
codice della strada (nella specie, la contravvenzione di guida in stato di ebbrezza alcolica); e ciò
persino se la sospensione sia stata già disposta dal prefetto, posto che, una volta stabilita dal Giudice
239 Cassazione penale, sez. II, 18/12/2015, n. 1934; Cassazione penale, sez. V, 19/04/2013, n. 40797 ; Cassazione penale, sez. V, 22/03/2013, n. 1154 ; Cass. Pen., sez. 02, del 04/02/2011, n. 20046 240 Cassazione penale, sez. III 09/10/2008 n. 41875 (data dep. 10 novembre 2008); Cass. Sez. 5, Sent. n. 4132 del 29/09/99, rv 214483; Cass. Sez. 3, Sent. n. 3778 del 23/12/96 rv 206731; Cass. Sez. 4, Sent. n. 3756 del 16/04/93, rv 193688 241 Cassazione penale, sez. II, 26/11/2013, n. 49461
86
la durata della sospensione, da questa dovrà detrarsi il periodo di tempo già scontato per effetto
della sospensione ordinata dal prefetto.
In senso contrario, non può opporsi che la sanzione amministrativa verrebbe applicata in difetto di
accertamento del reato, in quanto nel patteggiamento, anche se non si fa luogo all'affermazione
della responsabilità dell'imputato, si procede comunque all'accertamento del reato, sia pure "sui
generis", essendo fondato sulla descrizione del fatto-reato, nei suoi elementi, soggettivo e oggettivo,
contenuta nel capo d'imputazione, e non contestata dalle parti nel formulare la richiesta 242 .
Stesse affermazioni sono state espresse con riguardo alla revoca della patente ex art. 186 C.d.S.,
comma 2 bis o alla confisca del veicolo utilizzato per commettere il reato di guida in stato di
ebbrezza, la cui applicazione non richiede alcuna motivazione, ivi ricorrendo sanzioni dovute ,
come tali non implicanti l'esercizio di facoltà discrezionali del Giudice 243 .
Anzi, laddove la sentenza di patteggiamento nulla disponga , a seguito dell'impugnazione, la stessa
dovrebbe essere annullata , potendo se del caso provvedere direttamene la Cassazione ad
applicare tali sanzioni ammnistrative 244 .
Né , essendo tali sanzioni accessorie sottratte al potere dispositivo delle parti, il patto può essere
condizionato dalla scelta del tipo (sospensione, invece che revoca) ovvero dalla durata (se a
tempo) della sanzione: in tal caso, quando il patto fosse condizionato a tali aspetti , la clausola
dovrebbe ritenersi come non apposta, in quanto relativa all'esercizio di poteri non spettanti alle
parti e che, se esercitati, si risolverebbero in una disapplicazione della legge.
**********
Ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31, comma 9, (Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia), per le opere abusive di cui alla citata norma , il
Giudice ordina sempre la demolizione delle opere stesse, se ancora non sia stata altrimenti eseguita.
Poiché l'art. 445 c.p.p., comma 1 bis, equipara la sentenza emessa a seguito di "patteggiamento" alla
sentenza di condanna, l'ordine di demolizione di un manufatto abusivo di cui al D.P.R. 6 giugno
242 Cassazione penale, sez. IV, 17/12/2010, n. 2631 ; Cassazione penale, sez. IV, 05/03/2008, n. 17647 243 Cass. Sez. 4^, Sentenza n. 49221 del 30/11/2012 Ud. (dep. 18/12/2012), Rv. 253971; Sez. II, 26 novembre 2013, n. 49461, inC.E.D. Cass., n. 257871, ma la regula iuris era stata enunciata già da Sez. un., 27 maggio 1998, n. 8488, Bosio, in Giur. it., 2000, c. 153 244 Cassazione penale, sez. IV, 18/12/2013, n. 10920; Cass. Pen., sez. 04, del 09/07/2013, n. 42662; Cass. Pen., sez. 04, del 05/11/2013, n. 49414; Cassazione penale, sez. IV, 28/01/2014, n. 8022; Sez. VI, 20 novembre 2008, n. 45687; Sez. IV, 28 gennaio 2014, n. 8022, inC.E.D. Cass., n. 258622; Sez. IV, 30 novembre 2012, n. 49221,ivi, n. 253971
87
2001, n. 380, art. 31, comma 9, va disposto anche in caso di applicazione della pena concordata
dalle parti.
In proposito la Cassazione 245 ha precisato nuovamente che non assume rilievo il fatto che l'ordine
di demolizione non abbia formato oggetto dell'accordo intercorso tra le parti, in quanto esso
costituisce atto dovuto per il Giudice, non suscettibile di valutazioni discrezionali, sottratto alla
disponibilità delle parti stesse e di cui l'imputato deve tenere conto nell'operare la scelta del
patteggiamento.
L'ordine di demolizione è un provvedimento privo di contenuto discrezionale e necessariamente
consequenziale alla sentenza di condanna o ad altra alla stessa equiparata.
Conseguentemente detto ordine va disposto anche se mancante nella richiesta 246.
***********
Altro aspetto della res iudicanda sottratto al potere di pattuizione delle parti è la rateizzazione
della pena pecuniaria .
La decisione circa il pagamento rateale della multa o dell'ammenda rientra nella discrezionalità del
Giudice, secondo quanto previsto dall'art. 133 ter cod. pen., e tale facoltà può essere esercitata
esclusivamente con la sentenza di condanna o con quella ad essa equiparata, ai sensi dell'art. 444
cod. proc. pen..
Di conseguenza, nell'ipotesi di applicazione della pena su richiesta delle parti, la rateizzazione non
può mai costituire oggetto dell'accordo, ma è consentito al Giudice, senza essere vincolato da
eventuale pattuizione sul punto ed ove ne sussistano le condizioni, di esercitare il suo potere
discrezionale, in quanto lo stesso non attiene alla determinazione della pena, bensì alla sua
esecuzione 247.
Par. 17) Irrevocabilità dell’accordo: caratteri e condizioni di modificabilità
Sulla revocabilità delle dichiarazioni delle parti in ordine alla definizione del processo ai sensi
degli artt. 444 c.p.p. e segg. si registrano due orientamenti.
Un primo orientamento – vetusto e superato negli ultimi anni – è estremamente aperto.
Si afferma che l'accordo tra le parti, che caratterizza l'istituto, non è riconducibile alla categoria dei
negozi giuridici bilaterali di diritto privato o di diritto pubblico.
245 ex plurimis, Sez. 3, n. 44948 del 07/10/2009, P.G. in proc. Ascenzi e altro, Rv. 245212 246 Cassazione penale, sez. III, 15/01/2015, n. 18509; Cassazione penale, sez. III, 28/04/2010, n. 32952; Sez. 3, n. 64 del 14/01/1998, Corrado, Rv. 210128; Sez. 3, n. 24087 del 07/03/2008, Caccioppoli, Rv. 240539 247 Sez. 2^, n. 528 del 15/11/2005 - dep. 10/01/2006, P.G. in proc. Reale ed altro, Rv. 233146); Cassazione penale, sez. V 17/06/2014 n. 38771 (data dep. 23 settembre 2014)
88
La richiesta di applicazione della pena ed il consenso ("rectius": assenso) costituirebbero due
manifestazioni di volontà unilaterali convergenti, provenienti dall'imputato e dal Pubblico Ministero
e rivolte al Giudice, anche se è sottostante, ma ad esse esterno, un accordo tra le parti.
Ne conseguirebbe la revocabilità della richiesta o del consenso delle parti per l'applicazione della
pena, costituendo essa regola generale, applicabile - salve specifiche indicazioni normative di segno
contrario - nell'ambito del diritto processuale, in coerenza con il principio di disponibilità cui è
improntato l'istituto.
La richiesta e il consenso non sono da ritenersi così per le parti vincolanti e possono essere
revocati e modificati fino a quando non interviene la decisione del Giudice, salvo quanto è disposto
dall'art. 447 c.p.p., comma 3 248.
Altro e più recente orientamento è molto più rigoroso.
Esso muove dalla diversa ricostruzione per cui l’accordo ex art. 444 c.p.p. tra l’imputato e il
pubblico ministero costituisce un negozio giuridico processuale recettizio che, una volta pervenuto
a conoscenza dell’altra parte e quando questa abbia dato il proprio consenso, diviene irrevocabile .
Da tale momento non è suscettibile di modifica per iniziativa unilaterale di una delle parti , in
quanto il consenso reciprocamente manifestato con le dichiarazioni congiunte di volontà determina
effetti non reversibili nel procedimento e pertanto né all’imputato né al pubblico ministero è
consentito rimetterlo in discussione 249.
Peraltro, il riconoscere effetti irreversibili all’accordo già prima della ratifica del Giudice 250 si
riconnette, sul piano logico – giuridico, al dato testuale ricavabile dall’art. 447 cod. proc. pen.,
comma 3, il quale prevede che, durante il termine fissato dal Giudice per esprimere il consenso o il
dissenso sulla richiesta di una delle parti, la stessa non è revocabile , con conseguente illogicità
della tesi che, una volta raggiunto l’accordo, la richiesta possa essere revocata 251 .
************
Ciò posto, anche la giurisprudenza più rigorosa riconosce la possibilità di revocare il consenso
prestato per il patteggiamento quando sopravvenga una norma più favorevole per l'imputato.
248 Sez. 1, n. 2831 del 24/06/1991, Grossi ed altri, Rv. 188612; Sez. 3, n. 3580 del 09/01/2009, Aluku, Rv. 242673 249 Cassazione penale, sez. I, 15/10/2015, n. 48900; Cass., Sez. 4^, n. 38070 del 11/07/2012 – dep. 01/10/2012, P.G. in proc. Parascenzo, Rv. 254371 250 Cass. N. 39730 del 4-6-2009; n. 1066 del 17-12-2008 251 Cass. N. 115 del 9.1.1998; Cassazione penale, sez. V, 27/06/2012, n. 44456
89
In tal caso, il consenso prestato alla richiesta di applicazione della pena è revocabile perché devesi
preservare l’interesse della parte che , dopo la stipulazione del patto e prima della pronuncia della
sentenza, ex art. 444 c.p.p., veda l’introduzione di una legge più favorevole, o tale ritenuta , che
alteri la precedente valutazione di convenienza sulla base della quale la parte si era determinata a
chiedere o ad acconsentire all'accordo 252.
In tal caso, in sostanza, la revoca è ammissibile avuto riguardo all'art. 2 c.p., comma 4 253.
Il principio di retroattività della lex mitior espresso dalla norma riguarda ogni disposizione penale
successiva alla commissione del fatto, che apporti modifiche in melius di qualunque genere alla
disciplina di una fattispecie criminosa, incidendo sul complessivo trattamento riservato al reo.
Per l’effetto, è stato annullato un accordo ex art. 444 c.p.p. allorquando, prima che intervenisse
sentenza del Giudice, era sopravvenuto l'istituto della messa alla prova introdotta con L. 28 aprile
2014, n. 67 (lex mitior nel senso precisato, considerato che l'esito positivo della messa alla prova
determina l'estinzione del reato) e non era stata data la possibilità alle parti di rivedere l’accordo254 .
Per andare esente da censure, il Giudice avrebbe dovuto soprassedere dall'applicare la pena
concordata ed invitare le parti a un nuovo accordo o, in difetto, a proseguire nell'ulteriore corso
della procedura 255.
*************
Da ultimo, si è poi ritenuto che , anche per esigenze di ragionevole durata del processo, ferma la
unilaterale irretrattabilità della richiesta di definizione "patteggiata" , le parti possano - d'intesa tra
loro e non per iniziativa di una sola di esse - modificare il precedente accordo sulla definizione
del processo , chiaramente prima che intervenga la decisione del Giudice 256 .
Par. 18) Il patteggiamento parziale
La richiesta ex art. 444 c.p.p. solo per alcuni tra i plurimi reati contestati in un procedimento è
ritenuta inammissibile dalla prevalente giurisprudenza.
Secondo tale indirizzo, la caratteristica del rito alternativo di essere funzionalmente orientato alla
rapida definizione del processo, in ordine a tutti i reati contestati, rende incompatibile
un'utilizzazione differenziata dell'applicazione della pena su richiesta delle parti per la decisione
252 Cassazione penale, sez. IV, 23/02/2012, n. 11209 253 Sez. 6, n. 26976 del 10/04/2007, Gatti, Rv. 237095 254 Cassazione penale, sez. IV 08/04/2015 n. 15231 (data dep. 13 aprile 2015) 255 Cassazione penale, sez. VI, 10/04/2007, n. 26976 256 Cassazione penale, sez. VI, 19/01/2016, n. 5541
90
solo di alcune imputazioni fra quelle contestate, individuate secondo criteri di opportunità, e la
prosecuzione del processo nelle forme ordinarie in relazione alle restanti .
La limitazione della pronuncia ad alcune soltanto delle ipotesi delittuose contestate darebbe luogo
ad una sorta di irrituale separazione di processi non prevista dall'art. 18 c.p.p., risolvendosi, anzi, in
un espediente procedurale per eludere i limiti di applicabilità del rito 257 .
Peraltro, si osserva, non merita alcun premio l'adesione al rito speciale che non solo non esclude in
alcun modo la necessità che, per il medesimo fatto e nei confronti del medesimo autore, si debba
comunque procedere a dibattimento - come nel caso, per esempio, di concorso formale di reati - ,
ma che addirittura comporti anche il ritardo nella definizione del processo in conseguenza
dell'astensione del Giudice, contraddicendo le finalità della separazione dei processi (artt. 17 e 18
cod. proc. pen.).
Si tratta dunque di una scelta che contraddice la finalità deflattiva dell'istituto, finendo per premiare
l'imputato in modo irragionevole.
Del resto, la Suprema Corte ha ritenuto inammissibile la richiesta di giudizio abbreviato in relazione
ad alcuni dei reati contestati qualora l'imputato non richieda, per i residui reati, l'applicazione della
pena concordata, atteso che, in tal modo, non viene eluso il fine di deflazione processuale del
giudizio speciale 258 .
*********
A fronte di tale posizione dominante, si è tuttavia sviluppato un contrapposto, per quanto
minoritario, orientamento in virtù del quale sarebbe consentito un patteggiamento parziale.
Secondo tale impostazione, approvato un tale accordo, per i reati esclusi si dovrebbe procedere
normalmente all'esercizio dell'azione penale, con la conseguenza che il Giudice, nell'applicare la
pena per i reati compresi nella pattuizione ex art. 444 c.p.p., deve disporre la trasmissione degli atti
al pubblico ministero perchè proceda.
A sostegno di tale diverso orientamento è stato affermato:
a) la non decisività dell'argomento secondo cui il beneficio, in termini di pena, derivante dal
patteggiamento sarebbe giustificabile solo a seguito di un effetto deflattivo completo, da realizzarsi
attraverso la definizione simultanea di tutti i reati contestati, in quanto si verificherebbe
257 Cassazione penale, sez. VI, 18/11/2014, n. 48651;Cassazione penale, sez. II, 06/12/2012, n. 11284; Sez. 3, 16/02/2001. Ardigò, Rv 218837; Sez. 2, 22/10/2001, Monaco, Rv. 221150; Sez. 3, 17/04/1997, Fiorelli; Sez. 1, n. 6703 del 12/01/2006, Ignacchiti, Rv. 233409; Sez. 3, n. 41138 del 23/05/2013, Lukasuak, Rv. 256929 258 Sez. 6, n. 2251 del 05/10/2010, Fenu, Rv. 248792; Sez. 5, n. 4511 del 24/10/2000, Torello, Rv. 217391
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l'inconveniente pratico di escludere il rito alternativo - e il suo effetto deflattivo - tutte le volte in cui
ogni volta che esso abbia ad oggetto soltanto alcuni reati;
b) l'assenza di un specifico divieto normativo, desumibile, oltre che dal testo della norma di cui
all'art. 444 c.p.p., anche dalla ratio dell'istituto, costituisce la conferma della possibilità di un effetto
deflattivo parziale che conferisce al Giudice il potere di concentrare lo sforzo decisionale e
motivazionale su un numero più limitato di reati;
c) la non decisività dell'argomento poggiante sulla conseguenza che dal patteggiamento parziale
scaturirebbe una sorta di separazione di processi, non rientrante in alcuno dei casi disciplinati
dall'art. 18 c.p.p., in quanto tale norma, al comma 2, prevede quale ipotesi generale e residuale di
separazione di processi, quella che il Giudice può disporre sull'accordo delle parti, qualora la
ritenga utile ai fini della speditezza del processo; secondo tale impostazione l'accordo delle parti
sull'applicazione della pena per alcuni dei reati oggetto dell'imputazione comprende evidentemente
in sè l'accordo per la conseguente separazione e trattazione autonoma degli altri reati;
d) la non persuasività logico-sistematica dell'argomento secondo il quale il patteggiamento parziale
si risolverebbe in un espediente procedurale per eludere i limiti di applicabilità del rito speciale
fissati dall'art. 444 c.p.p., comma 1, con riferimento all'entità della pena che sarà in concreto
irrogata; tale pericolo verrebbe escluso per la fondamentale ragione della necessità del consenso del
pubblico ministero, che è elemento costitutivo ineludibile dell'accordo sulla pena ed è espressione
della scelta, consentita in via generale dall'ordinamento, di procedere separatamente per alcuni reati;
d’altronde, la diversa soluzione affiderebbe al pubblico ministero la arbitraria scelta di procedere
congiuntamente o separatamente alla scelta del patteggiamento in relazione a più reati per i quali la
pena detentiva complessivamente applicabile su richiesta delle parti sia superiore a cinque anni 259.
*************
Si sono poi avute prese di posizioni intermedie che, pur aderendo tendenzialmente all’orientamento
maggioritario, hanno ritenuto ammissibile il patteggiamento parziale in due casi.
Il primo caso riguarda la contestazione di ulteriori reati che, esclusi dall'accordo, sono destinati ad
essere subito sentenziati con pronuncia ex art. 129 c.p.p. , sussistendo cause di non punibilità
immediatamente rilevanti 260 : nella relativa evenienza, come è intuitivo, la finalità deflattiva viene
ampiamente salvaguardata nonostante la parziarietà dell’accordo, andandosi a definire l’intera
posizione dell’imputato , seppur con pronunce differenti.
259 v. su tali punti Sez. 3^ 13.7.2011. n. 34915. D.L. Rv. 250860; v. anche Sez. 6^ 22.4.2008 n. 22427 cit. ; Sez. I, 27 settembre 1993, n. 10335 260 v. sul punto Sez. 2^ 8.7.2010 n. 28225, P.G. in proc. Salvi, Rv.248209
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Il secondo caso riguarda i procedimenti nei quali l'azione penale è stata esercitata nei confronti del
medesimo imputato per fatti tra loro non connessi o che comunque non potevano nemmeno essere
riuniti ai sensi dell'art. 17 cod. proc. pen..
Questa posizione ripete i suoi argomenti dall’orientamento più aperto, laddove si osserva che:
- talvolta il patteggiamento parziale, grazie alla successiva separazione delle imputazioni (non
connesse e non ricomprese nell’accordo), può apportare una maggiore speditezza al
prosieguo del procedimento;
- il patteggiamento parziale porrebbe rimedio alla possibilità di un uso arbitrario di cumulo di
contestazioni da parte del Pm in un unico procedimento, posto che, quando tra le diverse
imputazioni non ricorre una significativa connessione, si priverebbe l’imputato della
possibilità di patteggiare (nel rispetto dei limiti di pena di legge) per alcuni reati solo per una
scelta discutibile della Procura.
Ecco che, allora, si afferma che l’imputato non può essere pregiudicato nel proprio diritto alla
richiesta di patteggiamento per alcuni dei reati non connessi perchè in tal caso la separazione è utile
ai fini della speditezza del processo (art. 18 c.p.p., comma 2), determinandosi altrimenti un
appesantimento in contrasto con le finalità che consentono la riunione dei processi 261.
Par. 19) Patteggiamento , nullità ed incompetenza territoriale
La richiesta formulata dall'imputato di accedere al rito alternativo ha portata di sanatoria
generalizzata , facendo venire meno l'interesse ad eccepire eventuali invalidità .
L'applicazione concordata della pena, infatti, postula la rinunzia a far valere qualunque eccezione di
nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento ed al consenso ad
essa prestato 262.
La ragione di ciò fonda sul fatto che le parti, che sono pervenute all'applicazione della pena su loro
richiesta, non possono proporre successivamente questioni incompatibili con la richiesta di
patteggiamento formulata per il fatto contestato e per la qualificazione giuridica risultante dalla
contestazione 263 .
261 Cassazione penale, sez. III 21/01/2016 n. 10109 (data dep. 11 marzo 2016) 262 Sez. 2, n. 6383 del 29/01/2008, Rv. 239449 263 Sez. 3, n. 39193 del 18/06/2014, Da Silva e altri, Rv. 260392; Cassazione penale, sez. fer., 27/08/2015, n. 36897; Cassazione penale, sez. IV, 12/11/2009, n. 45328
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Alla stessa logica risponde l’orientamento di consolidata giurisprudenza 264 per cui la richiesta di
patteggiamento implica la rinuncia all'eccezione di incompetenza per territorio che non ha natura
inderogabile.
La questione è naturalmente superata da una pattuizione ex art. 444 c.p.p. implicante la generale
accettazione degli atti del procedimento.
E la legge non demanda al Giudice, tra le verifiche da compiersi in ordine all'intervenuto accordo
sulla pena, anche quello sulla sussistenza della propria competenza per territorio, la quale, pertanto,
non può essere rilevata ex officio (e ciò ancorchè prima dell'accordo la questione sia stata
prospettata dall'imputato interessato), a differenza del difetto di giurisdizione e dell'incompetenza
per materia, nei limiti dell'art. 21 c.p.p., comma 1, prima parte, il cui rilievo si sottrae ad ogni
preclusione di carattere temporale e processuale, nè può costituire oggetto di valida rinuncia .
Nondimeno, affinchè la rinuncia alla eccezione di incompetenza per territorio sia efficace, occorre
che il negozio processuale conseguente alla formulazione della richiesta di applicazione della pena
su richiesta ex art. 444 cod. proc. pen. si perfezioni con il consenso della parte che non ha formulato
la richiesta (art. 444 c.p.p., comma 2), e giunga a compimento, con la pronunzia della relativa
sentenza da parte del Giudice.
Qualora di contro il Giudice rigetti l'istanza per una delle ragioni indicate nel secondo comma
dell'art. 444 cod. proc. pen. , rivive la facoltà di dedurre l’incompetenza per territorio nel prosieguo
del giudizio ordinario o abbreviato 265.
Par. 20) Patteggiamento allargato e recidiva
Ha costituito motivo di contrasto giurisprudenziale l'interpretazione dell'art. 444 c.p.p., comma 1
bis, nella parte in cui stabilisce che sono esclusi dal "patteggiamento", “qualora la pena superi due
anni soli o congiunti a pena pecuniaria" i procedimenti "contro i recidivi ai sensi dell'art. 99 c.p.,
comma 4”.
Secondo un primo orientamento 266 per l'esclusione dal patteggiamento a pena detentiva superiore a
due anni non è sufficiente che dal certificato penale dell'imputato emerga una situazione di recidiva
qualificata, ma occorre che la stessa sia stata espressamente riconosciuta e dichiarata dal Giudice.
Secondo altro orientamento 267 ai fini dell'operatività della recidiva qualificata come causa di
esclusione del patteggiamento ai sensi dell'art. 444 c.p.p. comma 1 bis è sufficiente che essa sia
264 v. per tutte Cass. pen. sez. 2, sent. 1 gennaio 2000, n. 14; Cass. pen. n. 7903 del 1992 265 Cassazione penale, sez. III 15/10/2015 n. 49647 (data dep. 17 dicembre 2015) 266 Sez. 6, 16.9.2004, P.M. in proc. Bonfanti, rv 230378 e Sez. 1, 13.11,2008, P.M. in proc. Manfredi, rv 242509
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stata contestata, in tal senso dovendosi intendere, trattandosi di una circostanza, il concetto di
"dichiarazione" al quale sì richiama la predetta disposizione per ricomprendere anche le altre
situazioni soggettive quali condizione di delinquente abituale, professionale o per tendenza.
Sul punto sono intervenute le SS.UU. le quali, all’esito di articolata motivazione, hanno
specificato:
- che la recidiva reiterata di cui all'art. 99 c.p., comma 4, opera quale circostanza aggravante
facoltativa, nel senso che è consentito al Giudice escluderla ove non la ritenga in concreto
espressione di maggior colpevolezza o pericolosità sociale del reo;
- che dall'esclusione deriva la sua ininfluenza non solo sulla determinazione della pena, ma
anche sugli ulteriori effetti commisurativi della sanzione costituiti dal divieto del giudizio di
prevalenza delle circostanze attenuanti di cui all'art. 69 c.p., comma 4, dal limite minimo di
aumento della pena per il cumulo formale di cui all'art. 81 c.p., comma 4, dall'inibizione
all'accesso al "patteggiamento allargato" ed alla relativa riduzione premiale di cui all'art. 444
c.p.p., comma 1 bis.
Per cui, si è affermato , la formula lessicale contenuta nella disposizione in esame ("coloro che
siano stati dichiarati... recidivi ai sensi dell'art. 99 c.p., comma 4") non può essere interpretata nel
senso che indichi la necessità di una pregressa "dichiarazione" giudiziale della recidiva.
La circostanza aggravante, invero, può solo essere "ritenuta" ed "applicata" per i reati in relazione ai
reati è contestata ed in questo modo deve essere intesa detta espressione, la quale, imprecisa sotto il
profilo tecnico, è stata evidentemente utilizzata dal legislatore per ragioni di semplificazione
semantica essendo essa riferita anche ad altre situazioni soggettive che, attributive di uno specifico
status (delinquente abituale, professionale e per tendenza), abbisognano di un'apposita dichiarazione
che la legge espressamente prevede e disciplina agli artt. 102, 105, 108 e 109 c.p. 268.
Ciò posto, sulla scia di tali dicta, si è ribadito , per l'esclusione dal patteggiamento a pena detentiva
superiore a due anni , non è sufficiente che dal certificato penale dell'imputato emerga una
situazione di recidiva qualificata, ma occorre che la stessa sia stata espressamente riconosciuta e
267 Sez. 2, 4.12.2006, P.M. in proc. Cicchetti, rv 235620 e Sez. 6, 9.12.2008, P.M. in proc. Ogana, rv 242148 268 Cassazione penale, sez. un. 27/05/2010 n. 35738 (data dep. 05 ottobre 2010) ; Sez. 3^, 4.12.2006, Cicchetti; Sez. 5^, 25.9.2008, Moccia, rv 241598; sez. 2^, 22.12.2009, Stracuzzi
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dichiarata dal Giudice 269, anche se in concreto non applicata per effetto del giudizio di equivalenza
con circostanze attenuanti 270 .
Dirimente è che sia riconosciuta la non esclusione dell’aggravante contestata, a prescindere
dall’esito del giudizio di valenza ex art. 69 c.p. .
Par. 21) Patteggiamento e motivazione
In linea di principio , la motivazione della sentenza di patteggiamento è improntata a canoni di
assoluta semplicità e sinteticità.
**********
E' stato reiteratamente affermato in giurisprudenza che, in funzione della particolarità del rito e
della centralità dell'atto negoziale che lo caratterizza - fermo restando che alla parte è preclusa la
possibilità di contestare, con i motivi di impugnazione, i termini fattuali dell'imputazione 271-
occorre una specifica indicazione di tutti gli elementi strutturali della motivazione "soltanto nel caso
in cui dagli atti o della deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile
applicazione di cause di non punibilità” 272, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario,
una motivazione consistente nella enunciazione anche implicita che è stata compiuta la verifica
richiesta della legge e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art.
129 c.p.p. 273.
In sostanza, la motivazione della sentenza in relazione alla mancanza dei presupposti per
l'applicazione dell'art 129 cod. proc. pen. può anche essere meramente enunciativa, poichè la
richiesta di applicazione della pena deve essere considerata come ammissione del fatto ed il Giudice
deve pronunciare sentenza di proscioglimento solo qualora dagli atti risultino elementi tali da
imporre di superare la presunzione di colpevolezza che il legislatore ricollega proprio alla
formulazione della richiesta di applicazione della pena 274.
L'obbligo motivazionale richiesto al Giudice con riferimento alla mancata ricorrenza delle cause di
proscioglimento di cui all'art. 129 c.p.p. è stato ritenuto ben assolto anche tramite il mero richiamo
269 Cassazione penale, sez. I, 11/02/2014, n. 23643 270 Cassazione penale, sez. VI, 15/01/2014, n. 2332 271 SS.UU. 20/1999 272 Cassazione penale, sez. IV, 02/07/2013, n. 33214 273 SS.UU. 5777/1992 274 Cassazione penale, sez. II, 06/10/2015, n. 41785; Cassazione penale, sez. VI, 01/04/2015, n. 15927
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alla norma processuale, in quanto idoneo a presumere espletata la verifica quanto all'assenza di
motivi che ostano alla condanna 275.
*************
La generale semplificazione del percorso motivazionale quale propaggine della natura pattizia del
rito vale, oltre che per il controllo negativo in ordine ai presupposti della pronuncia ex art. 129
c.p.p., anche per il controllo (positivo) in tema di qualificazione giuridica del fatto, ricorrenza e
corretta comparazione delle circostanze nonché congruità della pena, rispetto ai quali basterà dare
atto dell’avvenuta verifica e della correttezza in diritto dell’accordo siglato tra le parti ex art. 444
c.p.p, in uno alla condivisibilità della pena.
**********
Con riguardo alle circostanze, non è stata ritenuta censurabile la sentenza di patteggiamento nella
quale mancava la esplicitazione del giudizio di comparazione tra circostanze , nel momento in cui
il Giudice affermava la congruità della pena concordata, in quanto ciò costituiva espressione del
giudizio valutativo implicitamente effettuato anche con riguardo al giudizio ex art. 69 c.p., sì da
essere soddisfatto in tal modo l'obbligo della motivazione 276.
Parimenti, è stata ritenuta ultronea , in sede di patteggiamento, una specifica motivazione
sull'esclusione dell'operatività della recidiva e del conseguente aumento di pena , in quanto la
ratifica dell'accordo presuppone che il Giudice abbia effettuato il controllo sulla correttezza e
congruità della pena definita dalle parti, compresa la rilevanza ed applicabilità delle circostanze 277 .
D’altronde, sempre secondo la Cassazione, la concessione dell'attenuante di cui all'art. 73,
comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, può non essere motivata quando, in base all'imputazione, il fatto
risulti a prima vista di minima offensività; mentre il Giudice dovrà più adeguatamente motivare il
suo convincimento qualora - in assenza di altri dati significativi - la lieve entità del fatto non possa
essere desunta "ictu oculi" dalla quantità e qualità dello stupefacente, né dagli altri parametri
normativi (mezzi, modalità, circostanze dell'azione) 278.
***********
Con particolare riferimento alla congruità della pena , si ritiene che la parte, che abbia prestato il
proprio consenso all'applicazione di un determinato trattamento sanzionatorio, non può dolersi della
275 Cassazione penale, sez. III, 25/02/2014, n. 11110 276 Cassazione penale, sez. III, 29/09/2009, n. 42910 277 Cassazione penale, sez. I, 12/02/2014, n. 10067; Cassazione penale, sez. VI, 02/02/2012, n. 5027 278 Cassazione penale, sez. VI, 13/03/2013, n. 16596
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successiva ratifica dell'accordo relativamente alla entità della pena pattuita, neppure sotto il profilo
del difetto di motivazione, in quanto ha implicitamente esonerato il Giudice dall'obbligo di rendere
conto dei punti non controversi della decisione.
E' sufficiente che il Giudice dia conto di aver sottoposto ad un giudizio valutativo la proposta di
patteggiamento formulata concordemente dalle parti e di averla ritenuta congrua rispetto alle
componenti oggettive e soggettive del fatto-reato 279 .
Null’altro.
E sempre nella logica della semplificazione, la Suprema Corte ha affermato che il Giudice, quando
accoglie una richiesta di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. che prevede il
riconoscimento del cumulo giuridico per effetto della continuazione tra i reati contestati, non è
tenuto a motivare le ragioni di fatto poste a fondamento dell'unicità del disegno criminoso così
come prospettate dalle parti , potendosi limitare a dare atto della congruità della pena, nella cui
valutazione refluisce anche l’esistenza dei presupposti ex art. 81 c.p. 280.
In senso contrario, tuttavia, una giurisprudenza minoritaria ha affermato che nella sentenza di
applicazione della pena su richiesta delle parti il Giudice ha l'obbligo di motivare con chiarezza,
seppure in maniera concisa, la sussistenza del vincolo della continuazione tra i reati contestati e
delle circostanze attenuanti 281e che il Giudice deve verificare la sussistenza del medesimo disegno
criminoso, che non può essere dedotto dalla mera contestualità temporale dei fatti criminosi 282.
Al Giudice del patteggiamento , si afferma, non è riservata una funzione meramente notarile, sicché
egli non può limitarsi a recepire acriticamente l'accordo delle parti, e ciò proprio e specialmente
quando il medesimo non si contiene nella determinazione della pena per il reato contestato nel
procedimento speciale, ma coinvolge in un unico trattamento sanzionatorio reati trattati in diversi
giudizi 283.
*************
Ciò posto, taluni capi della sentenza di patteggiamento devono certamente essere oggetto di
maggiore attenzione motivazionale da parte dei Giudici di merito.
279 Sez. 3, n. 42910 del 29/09/2009, Gallicchio, Rv. 245209 280 Cassazione penale, sez. VII, 22/04/2015, n. 23672; in senso conforme: n. 32004 del 2003; Cass. Pen., sez. 05, del 03/04/2007, n. 20562 ; Cassazione penale, sez. VI, 05/05/2008, n. 35797; Cass. Pen., sez. FF, del 28/07/2009, n. 33409 ; Cass. Pen., sez. 05, del 14/07/2010, n. 37307 ; Cass. Pen., sez. 06, del 02/12/2010, n. 14563 281 Sez. VI, 1° luglio 2003, Caria, in questa rivista, 2004, p. 3731 282 Sez. VI, 5 ottobre 2004, Bougeois, in C.E.D. Cass., n. 230837 283 Sez. V, 19 aprile 1999, Canonico, in questa rivista, 2000, p. 2065
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**************
Il primo di essi riguarda l’applicazione delle sanzioni sostitutive, venendo in rilievo in tal caso la
corretta attuazione di valori costituzionali ex art. 27 Cost., con particolare riguardo alla effettiva
finalità di reinserimento del condannato.
Quando l’accordo abbia ad oggetto la sostituzione ex L. 689/81, nell'esercizio del potere
discrezionale di sostituzione della pena detentiva il Giudice - nell'osservanza dei criteri e dei
parametri indicati nella L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 57, comma 3 - deve specificamente
indicare i motivi che giustificano la scelta del tipo di pena erogata, l'idoneità della pena sostitutiva
al reinserimento sociale del condannato, la positiva presunzione di adempimento delle prescrizioni
imposte, secondo quanto detta l'art. 58 della Legge medesima.
Tale obbligo di specifica motivazione, si è affermato, pur nell'adattamento connesso alla limitata
funzione assegnata al Giudice in caso di patteggiamento ex art. 444 c.p.p., deve ricevere sufficiente
e idoneo adempimento per la delicatezza della materia, in aggiunta all'analogo obbligo di
giustificazione in ordine alla qualificazione giuridica del fatto, alla sussistenza ed alla valenza delle
circostanze del reato nonchè alla conformità della pena 284.
Per cui, l'omessa motivazione sul punto da parte del Giudice travolge il patto d'identico contenuto
originariamente concluso tra il pubblico ministero e l'imputato, determinando la caducazione della
sentenza 285.
************
Parimenti la sinteticità della motivazione tipica del rito non può estendersi all'applicazione della
confisca ex art. 240 c.p. , per equivalente o ai sensi dell'art. 12 sexies d.l. 8 giugno 1992 n. 306,
conv. nella l. 7 agosto 1992 n. 356.
Stavolta vale il rilievo per cui tali capi della decisione sfuggono al potere di vincolo delle parti.
Per cui, le ordinarie ragioni di garanzia processuale impongono al Giudice di dar conto delle
relative statuizioni come in ogni sentenza.
Ecco che per giurisprudenza costante , anche dopo la novella apportata dalla L. n. 134 del 2003 al
testo dell'art. 445 c.p.p. con l'estensione dell'applicabilità - in caso di pena patteggiata - della misura
di sicurezza della confisca a tutte le ipotesi di cui all'art. 240 c.p., il Giudice ha l'obbligo di motivare
sulle ragioni per cui ritiene di dover disporre la confisca di specifici beni sottoposti a sequestro,
soprattutto quando procede a confisca facoltativa 286.
284 Cass., Sez. 6, n. 6110/1994, Rv - 199403 285 Cassazione penale, sez. IV 07/11/2013 n. 48574 (data dep. 04 dicembre 2013) 286 Cass. Sez. 6, sent. n. 42804/2008 rv. 241875; Cassazione penale, sez. V, 25/06/2013, n. 31250
99
Così si è affermato :
- che, in caso di patteggiamento per il delitto di cui all'art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309
del 1990, il Giudice può, solo previa adeguata motivazione, sottoporre a confisca facoltativa
il denaro che rappresenta il profitto ricavato dalla cessione di sostanze stupefacenti,
trattandosi di cose riferibili direttamente al reato, la cui ablazione deve essere giustificata
con l'esistenza di un nesso pertinenziale con l'illecito tale da imporre la sottrazione dei
beni alla disponibilità del colpevole 287;
- che, in generale, anche con la sentenza di patteggiamento il Giudice che disponga la
confisca facoltativa delle cose sequestrate deve motivare sulla circostanza che la libera
disponibilità del bene possa costituire un incentivo alla reiterazione della condotta criminosa
e la sua valutazione, se correttamente e logicamente motivata, si sottrae al sindacato di
legittimità 288.
Ugualmente, per le confische per equivalente o ex art. 12 sexies cit., il Giudice che dispone
l'ablazione obbligatoria di denaro o di beni ha l'obbligo di motivare sia sulle ragioni per cui non
ritiene attendibili le giustificazioni eventualmente addotte in ordine alla provenienza del denaro o
dei beni confiscati, sia sull'esistenza di una sproporzione tra i valori sequestrati e il profitto del reato
per cui è stato disposto il sequestro 289 .
***********
Più specifica attenzione motivazionale viene nuovamente richiesta al Giudice quando si proceda
alla applicazione di sanzioni amministrative accessorie, nei casi in cui il Giudice intende fissare
la durata della sanzione in misura notevolmente superiore al minimo o addirittura nel massimo,
venendo qui in rilievo un esercizio del potere che - come per le confische – sfugge al potere
vincolante delle parti 290.
287 Cassazione penale, sez. III, 23/10/2014, n. 2444; Cass. Pen., sez. 06, del 05/03/2013, n. 13049 288 Cassazione penale, sez. IV, 26/10/2010, n. 41560 289 arg. da Sez. 6, n. 11497 del 21/10/2013, Musaku, Rv. 260879 in tema di misura di sicurezza della confisca ai sensi del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12 sexies, convertito nella L. 7 agosto 1992, n. 356; si vedano anche: Cassazione penale, sez. II, 21/01/2014, n. 6618; Sez. 3, n. 19461 del 11/03/2014, Pg in proc. Stefanelli e altri, Rv. 260599; Sez. 2, n. 3247 del 18/09/2013, Gambacorta, Rv.258546). 290 Cassazione penale, sez. IV, 29/01/2014, n. 21574; Cassazione penale, sez. IV, 12/03/2013, n. 35839; in senso conforme, v. Sez. IV, 9 febbraio 1996, n. 2531, inC.E.D. Cass., n. 204578 ; Cassazione penale, sez. IV, 27/03/2012, n. 21194
100
Di riflesso, per ragioni di economicità, quando il Giudice con la sentenza di patteggiamento applichi
una sanzione amministrativa accessoria (a tempo, si pensi alla sospensione della patente) in misura
modesta e comunque inferiore alla media edittale, l'obbligo di motivazione può ritenersi soddisfatto
mediante la semplice menzione dell'adeguatezza o della congruità della sanzione 291 .
Par. 22) Patteggiamento ed incompatibilità
Il procedimento di applicazione della pena concordata dalle parti integra un vero e proprio giudizio
e non richiede un compito di mera ricezione e certificazione della volontà ritualmente espressa dalle
parti 292.
Il Giudice - pur essendo il suo compito condizionato dall'accordo intervenuto tra imputato e
pubblico ministero e quindi in questo senso circoscritto e indirizzato – “è chiamato a svolgere
valutazioni, fondate direttamente sulle risultanze in atti, aventi natura di giudizio non di mera
legittimità ma anche di merito, concernenti tanto la prospettazione del caso contenuta nella richiesta
di parte, quanto la responsabilità dell'imputato, quanto infine la pena”.
La Corte Costituzionale , pertanto, con sentenza n. 186/1992, ha riconosciuto sussistente
l’incompatibilità con il giudizio dibattimentale del Giudice persona fisica che (fuori dalle ipotesi di
pronuncia di inammissibilità) abbia rigettato la richiesta di applicazione di pena concordata, dato
che essa comporta, quanto meno, una valutazione negativa circa l'esistenza delle condizioni
legittimanti il proscioglimento ex art.129 cod. proc. pen. e circa la congruenza alle suddette
risultanze della qualificazione giuridica del fatto e/o delle circostanze ritenute nella richiesta .
E’ stato chiarito come nella sentenza applicativa della pena su richiesta delle parti, "che spazia dal
merito alla legittimità" 293, pur mancando innegabilmente un accertamento pieno di responsabilità
basato su una valutazione probatoria di analoga pregnanza rispetto a quella svolta nel giudizio
dibattimentale o nel rito abbreviato, non sono dunque assenti aspetti di una pronuncia di merito e
anche, sia pure in forma di controllo del contenuto dell'accordo delle parti, aspetti di una pronuncia
statuente sulla pena.
Da tanto l’incompatibilità a trattare il giudizio ordinario o il giudizio abbreviato 294.
291 Sez. IV, 20 gennaio 1998, n. 2278, in C.E.D. Cass., n. 210385. Sulla stessa linea, v. Sez. IV, 24 aprile 1996, n. 8439,ivi, n. 206297; Vedi anche: Cass. pen., sez. IV, 20 gennaio 1998 n. 2278; Cass. pen., sez. I, 16 aprile 1996 n. 2531 292 C. Cost. sentenza n. 313 del 1990 293C.Cost. sentenza n. 124 del 1992 294 Cassazione penale, sez. VI, 05/06/2013, n. 25166
101
Per cui, in caso di rigetto, il Giudice persona fisica , nelle fasi preliminari al dibattimento, dovrà
rimettere gli atti per l’ulteriore corso davanti ad altro Giudice della Sezione secondo le Tabelle
dell’Ufficio.
Tuttavia, facendosi fedele applicazione di tali principi, si è chiarito che il rigetto della richiesta di
"patteggiamento" in applicazione di una norma processuale ed in assenza di valutazioni sul merito
dell'imputazione, non comporta l'incompatibilità del Giudice ad esaminare una nuova richiesta di
"patteggiamento", non essendovi in tal caso un previo “giudizio pregiudicante” 295.
************
Nel caso in cui il Giudice rigetti una richiesta di patteggiamento nei confronti di uno solo dei
coimputati, lo stesso non diviene necessariamente incompatibile nei confronti degli altri.
La Corte Costituzionale ha ricordato che l'imparzialità è "connotato intrinseco dell'attività del
Giudice" e che perciò l'incompatibilità, nella disciplina qui in esame, "è ragionevolmente
circoscritta ai casi di duplicità del giudizio di merito sullo stesso oggetto", dato che per attuare "la
garanzia costituzionale del giusto processo" ciò che va evitato è "il rischio che la valutazione
conclusiva di responsabilità sia, o possa apparire, condizionata dalla propensione del Giudice a
confermare una propria precedente decisione".
A tal fine è, perciò, necessario che la regiudicanda sia identica, dato che solo in tal caso può
riconoscersi un condizionamento suscettibile di minare l'imparzialità.
Un'identità dell'oggetto del giudizio non è ravvisabile nell'ipotesi di concorso di persone nel
medesimo reato, “perchè alla comunanza dell'imputazione fa necessariamente riscontro una
pluralità di condotte distintamente ascrivibili a ciascuno dei concorrenti, le quali, ai fini del giudizio
di responsabilità, devono formare oggetto di autonome valutazioni sotto il profilo tanto materiale
che psicologico, e ben possono, quindi, sfociare in un accertamento positivo per l'uno e negativo per
l'altro”.
Valutazioni sovrapponibili – e foriere di incompatibilità - vi saranno solo nella ipotesi estrema
presa in esame dalla sentenza n. 371/96, in cui la posizione del concorrente nel medesimo reato, già
oggetto di precedente valutazione, costituiva "elemento essenziale per la stessa configurabilità del
reato contestato agli altri concorrenti" 296 .
In sostanza, l'oggetto della valutazione pregiudicante è dato non dal reato in sé , ma dalla condotta
differenziata di ciascun imputato. 295 si pensi alla declaratoria di inammissibilità della richiesta per violazione dei termini perentori entro cui andava avanzata, Cassazione penale, sez. IV, 31/01/2013, n. 18669 ; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 10099 del 08/02/2005, Bellopede, Rv. 231628 296 V. anche Corte Cost. ord. n. 490 del 20 - 26 novembre 2002
102
Sicché, ove la posizione del terzo non sia stata oggetto di specifico apprezzamento giudiziale, non
sussiste l'incompatibilità.
Occorre la concreta e non astratta o presunta implicazione del vaglio del soggetto terzo che non sia
parte nel procedimento, affinché l'incompatibilità si configuri.
Ed ove nel rigetto del patteggiamento pronunciato nei confronti di un coimputato il Giudice non
prenda in alcun modo in esame la posizione del suo correo, rispetto a quest’ultimo non sarà
incompatibile ex art. 34 c.p.p. e, previa separazione, potrà trattenere il relativo fascicolo 297.
*************
Identici principi sono stati affermati dalla Corte Costituzionale anche nel caso in cui venga emessa
sentenza ex art. 444 c.p.p. nei confronti di un solo coimputato: nella relativa ipotesi , non sussiste
una situazione di incompatibilità nei confronti degli altri correi parimenti a giudizio, in relazione
agli stessi reati, a meno che la sentenza non contenga valutazioni di merito, tali da rappresentare
un'anticipazione di giudizio sui coimputati che non abbiano patteggiato la pena 298 .
Par. 23) Patteggiamento e parte civile
Per espresso disposto normativo ex art. 444 comma 2 c.p.p. , “se vi è costituzione di parte civile, il
Giudice non decide sulla relativa domanda; l'imputato è tuttavia condannato al pagamento delle
spese sostenute dalla parte civile, salvo che ricorrano giusti motivi per la compensazione totale o
parziale”.
Il Giudice del «patteggiamento» è perciò tenuto a pronunciarsi solo in ordine al pagamento delle
spese sostenute dalla parte civile e a condannare l'imputato al pagamento di dette spese, salvo che
ricorrano giusti motivi per la compensazione totale o parziale .
A tal riguardo la Cassazione ricorda che il Giudice ha il dovere di dare conto, pur se
succintamente, sia dei «giusti motivi» in base ai quali ritenga di disporre la compensazione delle
spese, sia della decisione di effettuare una consistente riduzione delle spese rispetto alla richiesta
avanzata dalla parte civile, non potendosi ritenere assolto il relativo obbligo di motivazione
attraverso formule di carattere astratto e non realmente esplicative della decisione assunta, tanto per
evitare censure in sede di legittimità 299.
297 Cassazione penale, sez. IV, 16/06/2011, n. 34082 ; Cassazione penale, sez. IV, 08/11/2005, n. 14176 In tal senso, v. Sez. IV, 23 settembre 2003, Broch; Sez. II, 20 giugno 2003, Lucarelli 298 Cassazione penale, sez. VI, 14/12/2010, n. 7908; giurisprudenza costante, ex plurimis, v. Sez. V, 26 gennaio 2005, n. 8472, Cacciurri, in C.E.D. Cass., n. 231490 e Sez. V, 9 febbraio 2001, n. 9239, Foscale; parimenti v. C. cost., 22 luglio 1999, n. 358, in Giur. cost., 1999, p. 2767; C. cost., 30 giugno 1999, n. 281, ivi, 1999, p. 2294; C. cost., 16 aprile 1999, n. 127, ivi, 1999, p. 1045 299 Cassazione penale, sez. IV, 03/05/2006, n. 20796
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Ciò deriva dalla diversa natura del capo della sentenza.
Infatti, la domanda della parte civile tesa ad ottenere la rifusione delle spese sostenute nel processo
svoltosi nelle forme di cui all'art. 444 c.p.p., pur inserendosi in uno schema di giustizia contrattata,
esula dall'accordo intercorso tra il pubblico ministero e l'imputato circa la pena da applicare in
ordine ad un determinato reato; quindi, l'entità della somma da liquidare a titolo di rifusione delle
spese sostenute dalla parte civile non è compresa nei termini del patteggiamento e forma oggetto di
una decisione che, pur se inserita nel rito alternativo, si connota per la sua autonomia (in quanto
prescinde dalla pronunzia sul merito) e per la maggiore ampiezza dello spazio decisorio attribuito al
Giudice rispetto a quello inerente ai profili squisitamente penali.
Sicchè il Giudice vi provvede con pronuncia avente natura formale e sostanziale di condanna 300.
Sarà ammissibile l'acquisizione di documenti , pur estranei all’accordo ex art. 444 c.p.p. , su
questioni relative al pagamento delle spese da liquidare alla parte civile ovvero alla ricorrenza di
giusti motivi per la compensazione totale o parziale delle stesse 301.
Peraltro, la persona offesa poi costituita parte civile ha diritto, in caso di sentenza di
patteggiamento, alla condanna dell'imputato alla rifusione anche delle spese per l'attività svolta
prima della costituzione, e quindi in fase procedimentale, soprattutto quando abbia partecipato ad
incombenti di natura probatoria, in specie all'incidente probatorio 302 .
L'accollo delle spese a carico dell’imputato deve riguardare l'intero arco processuale “senza
limitazioni di sorta" 303.
Fa eccezione il caso in cui la richiesta di applicazione della pena sia presentata nel corso delle
indagini preliminari: in tale evenienza si ritiene non consentita la costituzione di parte civile e,
quindi, illegittima la condanna dell'imputato al pagamento delle spese sostenute dal danneggiato dal
reato la cui costituzione sia stata ammessa dal Giudice nonostante tale divieto 304.
Par. 24) Patteggiamento e spese
L’'art. 445 cod. proc. pen.. prescrive che in caso di "patteggiamento" l'applicazione di una pena non
superiore ai due anni di reclusione (sola o congiunta con pena pecuniaria) non comporta la
condanna al pagamento delle spese processuali.
300 Cassazione penale, sez. IV, 10/02/2015, n. 7989 301 Cassazione penale, sez. VI, 04/04/2013, n. 30779 302 Cassazione penale, sez. IV, 18/01/2011, n. 4136 303 Sez. V, 29 ottobre 2009, n. 49493, Alaimo, in C.E.D. Cass., n. 245837 304 Sez. un., 27 novembre 2008, n. 47803
104
Secondo una parte della giurisprudenza le spese della custodia cautelare sono comprese tra le spese
processuali, il cui titolo di recupero è costituito, ai sensi dell'art. 535 c.p.p., dalla sentenza di
condanna, sicché non possono essere poste a carico dell'imputato al quale sia stata applicata la pena
su richiesta delle parti 305.
Secondo altra parte 306, la condanna al pagamento delle spese di mantenimento in carcere è
compatibile con l'applicazione della pena su richiesta dell'imputato, in quanto la sentenza di
patteggiamento è equiparata ad una pronuncia di condanna, sicché ogni deroga al regime di tali
sentenze deve risultare da un'espressa disposizione.
Inoltre, si tratterebbe di costi sostenuti dall’amministrazione penitenziaria non rientranti nella
accezione di spese del procedimento 307.
Alfonso Scermino
GIP Tribunale Nocera Inferiore (SA)
305 Cassazione penale, sez. V, 01/10/2014, n. 6787; Sez. 4, n. 2699 del 04/12/2000 - dep. 2001, Magnetti, Rv. 217669; Sez. 5, n. 15571 del 26/03/2002, Zhou Yijing, Rv. 221188; Sez. 3, n. 38061 del 01/10/2002, Neri, Rv. 222502 306 Sez. VI, 1 aprile 2003, n. 21934, inC.E.D. Cass., n. 225973 307 Cassazione penale, sez. III, 19/04/2012, n. 19103) Cass. pen., sez. I, 26 giugno 2007 n. 27700, Cass. pen., sez. VI, 9 luglio 2004 n. 37926