Il perIodIco dI InformazIone sulla sanItà IntegratIva
HEALTHsettembre/ottobre 2016 - n°15
educazIone sessuale
malattIe rare
curIosItà
benessere
In evIdenza
Come affrontare con serenità l’avanzare
degli anni
A che età è opportuno iniziare
a parlarne?
Epidermolisi Bollosa: la vita dei bambini
farfalla
Lo stretto legame tra Salute ed Emozioni
tumore al seno: dall’unIversItà dI chIcago arrIvano I rIsultatI dI una nuova rIcerca secondo cuI l’opeIna, contenuta nel luppolo, dImInuIrebbe Il rIschIo dI ammalarsI
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health onlIne
perIodIco bImestrale dI InformazIone sulla sanItà
IntegratIva
anno 3° settembre/ottobre 2016 - n°15
dIrettore responsabIleIng. roberto anzanello
comItato dI redazIonealessandro brigato
mariachiara manopulonicoletta mele giulia riganelli
fabio vitale
redazIone e produzIonefabio vitale
dIrezIone e proprIetàhealth Italia
via di santa cornelia, 900060 - formello (rm)
tutti i diritti sono riservati.nessuna parte può essere
riprodotta in alcun modo senza permesso scritto del direttore editoriale. articoli, notizie e recensioni firmati o siglati
esprimono soltanto l’opinione dell’autore e comportano di
conseguenza esclusivamente la sua responsabilità diretta.
IscrItto presso Il regIstro stampa del trIbunale dI tIvolIn. 2/2016 - diffusione telematican.3/2016 - diffusione cartacea
9 maggio 2016
ImpagInazIone e grafIcagiulia riganelli
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HEALTH
Il nostro paese è quello, tra tutti quelli dell’Unione Europea, che ha la più alta percentuale di cittadini over 65 anni (pari al 21,7% della popolazione) ed ha una delle più alte aspettative di vita media tra tutti gli stati del mondo (82,7 anni).
Queste informazioni ci gratificano in termini sociali e in relazione alla valutazione della qualità della vita ma pongono un problema sulla tenuta economica dello stato sociale, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti previdenziali e sanitari.
Lo Stato italiano, sicuramente non per volontà politica né per scelta ma più semplicemente per un semplice fatto matematico, ha dovuto e dovrà sempre di più concentrare le politiche sociali, previdenziali e sanitarie sulla salvaguardia delle fasce più deboli della popolazione.
Le fasce meno deboli dovranno sicuramente ricorrere in modo diretto a soluzioni integrative che consentano di colmare il gap tra quanto è e sarà in grado di garantire il servizio pubblico e quanto necessita per la tutela reale e concreta di ognuno.
Già da oltre 25 anni il tema è stato affrontato in ambito previdenziale e, mano a mano che le modalità applicative vengono affinate con passaggi successivi sempre più coerenti, è facile intuire che si perverrà a soluzioni che consentiranno alle generazioni più avanti negli anni di salvaguardare almeno parte dei diritti acquisiti ed alle generazioni più giovani di costruirsi un futuro previdenziale più certo tramite l’ausilio degli strumenti integrativi messi loro a disposizione dalla legislazione.
In ambito sanitario il tema è oggetto di discussioni da circa quindici anni ed anche in questo campo le soluzioni integrative sono state correttamente individuate, fiscalmente agevolate e giuridicamente regolamentate.
Quello che ora e subito è necessario fare è rendere edotti tutti i cittadini e tutte le aziende sulla possibilità di sottoscrivere forme di sanità integrativa, in quanto l’argomento non è ancora cosi compenetrato nel tessuto sociale del nostro Paese come invece dovrebbe essere.
I Fondi Sanitari e le Società Generali di Mutuo Soccorso già da tempo offrono soluzioni di sanità integrativa e sostitutiva in grado di soddisfare le necessità dei dipendenti delle aziende, delle famiglie e dei singoli individui, con offerte evolute in termini di strumenti utilizzati e di modelli di gestione.
Le stime economiche ci dicono che nel 2016 le spese sanitarie che gli italiani pagheranno di tasca propria supereranno i 36 miliardi di euro, ma solo poco più di 2 miliardi di queste spese sono coperte tramite gli enti che sono stati istituzionalmente individuati quali gli unici abilitati a gestirle.
Fondi Sanitari e Società Generali di Mutuo Soccorso hanno tutte le caratteristiche sociali e societarie che servono, essendo enti fondati sul concetto della mutualità, operano in un sistema ben regolamentato, seguono modelli normativamente già pienamente definiti, garantiscono prestazioni di qualità, consentono a chi ne usufruisce, siano aziende o privati, di godere di opportune facilitazioni fiscali.
Ed ecco che allora possiamo con sicurezza sostenere che non c’è necessità di null’altro, non servono nuove norme, leggi, regole perché già esistono, è sufficiente spiegare bene a tutti i cittadini ed a tutti gli imprenditori quale è la strada già correttamente ed adeguatamente tracciata, affinché possano seguirla senza indugi.
Molti Fondi Sanitari e diverse Società Generali di Mutuo Soccorso già offrono percorsi dedicati alla prevenzione, utilizzano strumenti sanitari evoluti e device di ultima generazione, hanno sistemi integrati per fornire servizi di qualità ai propri associati ed alcuni enti si sono anche correttamente attrezzati per diffondere i propri servizi tramite esperti della salute, che garantiscono chiarezza informativa e competenza professionale.
È necessario che le grandi aziende (già molte sono sintonizzate sul tema) ma anche quelle più piccole, le famiglie e i singoli individui si rivolgano agli enti di sanità integrativa per garantirsi la copertura del proprio gap sanitario, affinché quei due miliardi di spesa sanitaria per i quali gli italiani già usufruiscono di prestazioni di sanità integrativa e sostitutiva diventino molti di più.
Perché questo significherà che Fondi Sanitari e Società Generali di Mutuo Soccorso, essendo enti senza scopo di lucro, potranno offrire servizi di prevenzione e prestazioni sanitarie sempre migliori, le aziende e le famiglie potranno garantirsi le proprie specifiche necessità sanitarie usufruendo di interessanti vantaggi fiscali, lo Stato potrà dedicare ancora di più le proprie risorse economiche a salvaguardare la salute delle fasce più deboli della popolazione.
Si creerà cosi, nuovamente, un circuito altamente virtuoso che consentirà al nostro Paese di avere un sistema di protezione sanitaria sempre all’avanguardia ed a tutti i cittadini di essere soddisfatti, nel rispetto del diritto alla salute di ciascuno, così come sancito dalla nostra Costituzione.
In conclusione, quindi, il nostro invito a tralasciare l’italico vezzo che ci porta a discutere anche ove le soluzioni sono di facile applicazione e di procedere con sicurezza sui percorsi disegnati per la sanità integrativa e sostitutiva, perché è una strada che già esiste, è una strada sicura e, soprattutto è una strada facilmente percorribile per chiunque lo voglia.
A cura di Roberto AnzanelloedItorIale
una strada esistente, sicura, facilmente percorribile
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Il MUSEo dEL MUtUo SoCCoRSo: la storia della MUtUALItà ItALIAnA
L’InvECChIAMEnto: come affrontarlo felici!
ChIRURGIA PLAStICA: il senso della bELLEzzA oGGI
Lo stretto legame tra SALUtE ed EMozIonI
tUMoRE AL SEno, prevenzione e dIAGnoSI PRECoCE
In evIdenza
21MALAttIE CRonIChE IntEStInALI, conviverci è possibile
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L’obeso è una PERSonA “dEnUtRItA”: un’analisi che va alle CAUSE dELL’obESItà
EPIdERMoLISI boLLoSA: la vita dei bambini farfalla
SoM
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39Imparare a conoscere la SCAFoCEFALIA
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ALCoL-AddICtIon: nuova scoperta contro l’alcolismo
LE RICEttEdELLA SALUtE
EdUCAzIonE SESSUALE: a che età è opportuno InIzIARE A PARLARnE?
LEGGE 3/2012 “SALvA SUICIdI”: la bella Sconosciuta
48Calo vaccini, in Italia arrivaLo SPEttRo dELLA dIFtERItE
hEALth tIpsSapevi che...
l’avena è un cereale nutritivo rinforzante; svolge un’azione antiaging, è un antinfiammatorio naturale, fa bene alla pelle grazie alla vitamina e e agli antiossidanti contenuti in essa e regolarizza l’intestino.
Il tarassaco è una pianta fortemente drenante e depurativa: l’assunzione sotto
forma di infuso, grazie all’aggiunta di acqua, ne amplifica le proprietà.
la zucca è un’ottima fonte di vitamine
e di sostanze antiossidanti. In modo particolare
la zucca fornisce al nostro organismo
il betacarotene, indispensabile per
la formazione della vitamina a.
per addormentarti velocemente coricati solo quando sei davvero stanco e ti si chiudono gli occhi, non addormentarti in poltrona o nel divano perché interrompono il sonno. Inoltre dì no a telefono, pc, luci forti, afa e tv, piuttosto prediligi la lettura di un libro. se niente di tutto questo funziona prova con la melatonina o la valeriana.
la polpa e i semi (anch’essi edibili) della papaya hanno proprietà drenanti e contribuiscono al mantenimento del benessere intestinale.
una pulizia attuata troppo energicamente con detergenti aggressivi, asciugamani, carta igienica, corpi estranei quali cotton fioc e simili, espone l’orecchio al pericolo di microabrasioni. le orecchie vanno quindi lavate solo con acqua tiepida.
ciò che occorre contro la cellulite è uno sport aerobico ma a basso-medio impatto, che implichi resistenza senza sforzi o scatti improvvisi. ancora meglio se praticato in acqua, come il nuoto e l’acquagym, che sfruttano i benefici del massaggio naturalmente drenante dell’acqua sui tessuti.
Il finocchio, oltre ad avere poche calorie,
è privo di grassi e ricco di fibre. Inoltre è un potente diuretico
e disintossicante che favorisce
l’eliminazione di liquidi e tossine.
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Lo stretto legame tra salute ed emozioni
a cura dipierfrancesco pergoli campanelli
Secondo la treccani, l’emotività è: “la propensione
maggiore o minore, a seconda degli individui, a reagire
visibilmente di fronte a situazioni piacevoli o spiacevoli”.
Secondo darwin, le emozioni principalmente regolano
la risposta non cognitiva e quasi del tutto priva di
elaborazione cosciente a situazioni ed eventi che ne
richiedano l’immediatezza. Secondo questa logica,
emozioni ed emotività nell’essere umano ci danno una
chiara mappatura del carattere personale di un soggetto.
non a caso, in molte professioni/attività in cui sia messa a
dura prova l’emotività di chi le esegue, viene effettuato
un test psicoattitudinale, proprio per testarne l’influenza sul
soggetto, che a seconda dei casi può essere producente
o meno, basti pensare ad un militare con un’arma in mano.
nei bambini ad esempio, emotività ed emozioni forniscono
una chiave di lettura del loro pensiero più profondo, di ciò
che li turba, di ciò che li fa sentire a loro agio o li rende
felici. Un blocco emotivo ed una difficoltà ad esprimere
le proprie emozioni possono essere segnale di patologie
psichiche più o meno gravi. basti pensare all’Alessitimia,
l’incapacità di esprimere, o peggio ancora percepire e
descrivere, le emozioni proprie e altrui; una patologia che
può portare al totale isolamento del soggetto interessato o
alla morbosa dipendenza da determinate relazioni, e che
spesso sfocia in forte depressione.
l’emotività è quindi un qualcosa di talmente forte che genera
obbligatoriamente un rapporto con la salute fisica. Sono dei
classici ormai gli studi di “cardio-psicologia” come l’Effetto
northridge; una ricerca effettuata a seguito del terremoto
di Los Angeles nel 1994, che dimostrava l’innalzamento
di mortalità per infarto in soggetti terrorizzati dall’evento
catastrofico. Secondo Michael Frenneaux invece, docente
di medicina cardiovascolare all’Università di birmingham,
la depressione raddoppierebbe il rischio di infarto in un
soggetto sano, mentre addirittura lo quadruplicherebbe
in soggetti già cardiologicamente interessati. Addirittura,
secondo uno studio della duke University, i fattori psichici
e sociali sarebbero influenti tanto quanto fumo, obesità ed
ipertensione, in eventi cardiologici.
Le tesi sono confermate anche a livello molecolare, infatti
in caso di depressione o più comunemente di emozioni
negative il corpo rilascia nel sangue alti livelli di “ormoni
dello stress”, come cortisolo ed epinefrina, che a lungo
andare danneggiano vene e arterie aumentando la
pressione sanguigna.
Sono conosciute anche le relazioni tra stress e disturbi
dermatologici; la pelle infatti è uno degli organi che già
di per sé esprime gli stati emotivi dell’uomo, ad esempio
arrossiamo se messi in imbarazzo. La dermatologia è però
una delle specializzazioni più complicate e variabili, oggetto
di continui aggiornamenti e studi anche contrastanti
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l’uno con l’altro. C’è quindi da dire che, ad esempio, la
cosiddetta “Dermatite da Stress” ha un significato spesso
differente da specialista a specialista. Certo è che molti
disturbi cutanei sono esternazioni di malesseri interiori
derivanti da emozioni negative.
Anche lo stomaco risente di stress ed emozioni negative, chi
di noi non si è mai sentito dire almeno una volta nella vita
“mi farai venire l’ulcera”. Ebbene, questa è una vecchia tesi
più volte screditata, anche se ultimamente dei ricercatori
statunitensi l’hanno riportata in auge affermando che,
di due soggetti con gli stessi fattori fisici che determinino
un’ulcera, quello colpito da uno stress maggiore ha una
lesione più estesa. Altri studi dimostrano invece l’esistenza
della “gastrite nervosa”, e cioè una irritazione delle
mucose dello stomaco conseguente alla non esternazione
di stati d’animo. I soggetti più colpiti sono infatti quelle
persone che tendono a “tenersi dentro” emozioni negative
come rabbia o ansia, spesso anche contraendo la zona
addominale e mostrando atteggiamenti remissivi.
La gastrite nervosa, è solo una delle tante patologie
cosiddette autoimmuni, e cioè non scatenate da fattori
esterni ma direttamente dal proprio corpo.
Parlando di longevità invece, l’Università di California
e San Francisco (UCSF) ha pubblicato diversi studi
sull’invecchiamento cellulare derivato da Stress,
dimostrando con analisi di laboratorio come i soggetti esposti
a continue emozioni negative abbiano un invecchiamento
neurobiologico precoce e comunque molto più rapido
rispetto ad un soggetto meno esposto. Studi simili certificano
che le stesse esposizioni aumentano il rischio di patologie
oncologiche, favorendo lo stress
ossidativo cellulare ed il rilascio
di radicali liberi, nonché, come
detto in precedenza, di ictus e
patologie cardiologiche.
“Siamo ciò che mangiamo”,
frase di Feuerbach, ripresa
anche dalla Fondazione veronesi
in merito alla tematica sulla
relazione tra dieta e cancro. Se
è infatti ormai chiaro e palese
che una dieta corretta è una
componente fondamentale ed
importantissima per la nostra
salute, lo potrebbe essere anche il nostro pensiero ed
emotività. di seguito riporto un paragrafo eloquente del
blog MEdICItALIA :
“Quando si ha un pensiero il nostro cervello produce
una sostanza chimica che viene definita neuropeptide;
quando una cellula del cervello vuole comunicare con
un’altra produce un neuropeptide che si attacca alla
cellula ricevente e viene inglobata in essa. Il nostro sistema
immunitario è composto da monoliti, cellule che hanno
recettori per i neuropeptidi, questo significa che il nostro
sistema immunitario intercetta i nostri pensieri, e molto
spesso le cellule immunitarie producono neuropeptidi.
Quindi c’è una grande connessione tra il pensiero e la
salute, e possiamo dire che pensiamo con il corpo.”
Secondo quanto detto quindi, la qualità dei nostri pensieri
ha grande influenza sulla qualità di vita delle nostre cellule.
Effettivamente, tutti gli studi realizzati su popolazioni
particolarmente longeve, hanno come fattore comune la
positività del pensiero dei soggetti
esaminati. Luoghi come hunza
(regione del Pakistan) o l’isola di
okinawa, i cui abitanti oltre che
seguire per tradizione una corretta
alimentazione a basso contenuto
calorico, prevalentemente
a base di frutta e verdura di
stagione, ed essere attenti ad
un costante (ma non intensivo)
esercizio fisico, sono pervasi da
un aurea di felicità e positività;
bassissimo indice di criminalità,
ospedali quasi inesistenti o
comunque vuoti, assenza di manicomi e presenza quasi
nulla di polizia, sono altri elementi comuni in questi luoghi
così lontani e diversi culturalmente e geograficamente, ma
estremamente vicini concettualmente. vita sociale attiva,
curiosità e positività verso il prossimo ed il futuro, sono
tutti elementi naturali che garantiscono una buona salute
mentale e contribuiscono all’equilibro psicofisico.
hanno quindi ragione all’Università del Maryland nel dire
che 15 minuti al giorno di risate allungano la vita?
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a cura dinicoletta mele
L’espressione ‘Chirurgia plastica’ desta sempre molto
interesse soprattutto tra le donne, categoria molto
attratta dai ritocchi estetici. Seno, glutei, labbra, zigomi e
naso, sono le parti del corpo più gettonate per il ritocco.
Secondo un’indagine condotta dall’International Society
of Aesthetic Plastic Surgery (ISAPS), che ha coinvolto
circa 35.000 chirurghi plastici e ha analizzato i principali
trattamenti estetici realizzati nel 2015, l’Italia risulta essere
tra la top ten (nono posto con 418.760
interventi, l’1,9% del totale) dei paesi in
cui viene eseguito il maggior numero
di trattamenti estetici. Una persona su
10 viene dall’estero per farsi operare
nel bel Paese, in particolare dalla
Russia, Romania e Svizzera.
L’intervento al seno è quello più
richiesto. Il mondo dello showbiz è
pieno di donne che hanno fatto ricorso al chirurgo plastico
e ormai questo fenomeno in espansione è seguito anche
da chi non calca i palcoscenici più famosi del mondo. tra
le 10 rifatte più famose del web c’è Lana del Rey, cantante
indie che ha voluto migliorare il profilo delle sue labbra
grazie all’aiuto del bisturi. Pamela Anderson, continua a
conquistare le copertine dei magazine internazionali dove
è sempre visibile il suo continuo ricorso al chirurgo plastico.
Anche Paris hilton, l’ereditiera della famiglia hilton, non
ha saputo resistere alla tentazione del bisturi, tanto da
sottoporsi ad intervento di rinoplastica per avere un naso
più proporzionale al suo viso e ad un intervento al seno per
aumentarlo di volume.
C’è chi non riesce proprio a fare a meno
della mano chirurgica per cambiare
aspetto tanto da diventarne dipendente.
È il caso di nicole Kidman che, alle prese
con le iniezioni di botulino per bloccare
le rughe sul viso, è dovuta ricorrere
ad una cura per disintossicarsi dalla
tossina botulinica. L’ex di Tom Cruise ha
dichiarato di essere riuscita a uscire dal
tunnel del botox ed essere finalmente
serena e consapevole della sua bellezza.
La consapevolezza della propria bellezza
è un concetto che oggi ha bisogno
di essere rispolverato, come anche
capire bene e modificare il cliché
che non rende merito al valore e alla
professionalità della chirurgia plastica. di cosa parliamo,
quindi, quando parliamo di chirurgia plastica? Che cosa
vuol dire “bellezza” oggi?
Questi sono stati i temi centrali discussi nel corso del 65esimo
Congresso Nazionale della Società Italiana di Chirurgia
Plastica Ricostruttiva ed Estetica - SICPRE - “Oltre l’idea
Plastica” che si è svolto a torino ed ha aperto le porte a
tutti coloro, anche non addetti ai
lavori, interessati all’argomento.
“Per la prima volta negli oltre 80
anni di storia della Società abbiamo
deciso di dare il via al congresso
con un incontro aperto a tutti. oltre
l’idea Plastica è stato concepito con
due scopi: da un lato contribuire a
modificare un cliché che davvero non
rende merito alla Specialità, dall’altro, fornire ai cittadini
una conoscenza in più, di fondamentale utilità dopo un
tumore, ma forse ancor di più dopo un trauma: come
l’esperienza del Cto ha ampiamente dimostrato, infatti,
solo l’intervento sinergico di ortopedici e chirurghi plastici
permette di salvare la funzionalità degli arti traumatizzati,
rendendo possibile tornare a camminare e correre dopo
incidenti anche gravissimi”. Le parole del dott. Fabrizio
Malan, ex presidente di SICPRE 2016 e Direttore del reparto
di Chirurgia Plastica presso il CTO Centro Traumatologico
di Torino.
dottor Malan, spesso alla parola chirurgia plastica
corrisponde la ricerca di una bellezza
perfetta, perché?
“Chirurgia plastica è ricerca del miglior
equilibrio possibile tra forma, funzione e
armonia, per il massimo benessere psico-
fisico del paziente. È una Specialità che si
arriva ad esercitare al termine di 5 anni di
scuola di Specializzazione dopo la laurea
in Medicina e Chirurgia e che accanto
a una grande capacità tecnica richiede
uguale tatto e finezza psicologica nella
relazione col paziente, nella promozione
di un’idea di bellezza non stereotipata
e replicabile secondo i soliti cliché, ma
piuttosto da intendersi come opera
unica, in grado di esaltare l’individualità
di ognuno”.
chirurgia plastica: il senso della bellezza oggi
15
La chirurgia plastica svolge un ruolo fondamentale nel
risolvere problemi di chi non sta certamente facendo un lifting,
ma spesso lotta in un lungo percorso ricostruttivo allo scopo
di ritornare a camminare o di attenuare i segni di
un’esperienza terribile come quella di un tumore
Si fa spesso confusione tra chirurgia estetica e plastica.
Qual è la differenza?
“La chirurgia plastica “plasma” i tessuti e questo può
avvenire a scopo ricostruttivo o a scopo estetico. va da sé
che la chirurgia ricostruttiva ha lo scopo più nobile di ridare
forma e funzione dopo un intervento demolitivo, spesso
per motivi oncologici, o dopo un trauma importante.
tuttavia bisogna chiarire che la chirurgia estetica non è la
chirurgia del superfluo o della vanità. Può esserlo talvolta
ma, spesso, permette a persone che soffrono di complessi
legati al loro aspetto di acquisire sicurezza in se stesse
e ad assumere un atteggiamento diverso verso di sé e
quindi anche verso gli altri. Un brutto naso, delle orecchie
marcatamente a sventola, un seno quasi assente, possono
incidere negativamente sulla psiche di chi soffre per queste
situazioni, e conseguentemente limitarne le potenzialità
come persona”.
oggi c’è un abuso della chirurgia plastica, come nel caso
di molte donne del mondo dello spettacolo. In che modo
frenare la dipendenza da bisturi? Le è mai capitato di dire
di no ad una richiesta eccessiva?
“Le richieste eccessive o impercorribili sono in realtà
piuttosto rare fra le pazienti moderne che sono in genere
molto preparate ed informate (anche se non sempre le
informazioni che si ricavano in rete sono scientificamente
corrette), tuttavia in questi casi non mi limito a sconsigliare
l’intervento, ma cerco di capire quale sia il motivo di
richieste abnormi e di indirizzare verso un percorso di
riflessione che permetta di rimodulare le proprie aspettative
e i propri obiettivi”.
Si parla poco di chirurgia plastica come specialità post
trauma. In che modo, secondo lei, è possibile modificare il
cliché che non rende merito alla Specialità?
“Io capisco bene che la chirurgia estetica abbia un
appeal maggiore perchè tratta di persone in salute che
migliorano il loro aspetto eliminando difetti o esaltando
delle qualità. L’argomento è più leggero, qualche volta
pruriginoso e con uno spazio per il pettegolezzo, per cui
non pretendo di cambiare questa percezione un po’
superficiale. Come specialista in chirurgia plastica e per
tutto il tempo in cui sono stato Presidente della Società
Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica,
ho cercato di far passare il messaggio che non è “solo”
chirurgia estetica. La chirurgia plastica svolge un ruolo
fondamentale nel risolvere problemi molto gravi e chi è
ricoverato in un Reparto ospedaliero di Chirurgia Plastica
non sta certamente facendo un lifting, ma spesso lotta
in un lungo percorso ricostruttivo allo scopo di ritornare a
camminare o di attenuare i segni di un’esperienza terribile
come quella di un tumore”.
Quali sono i suoi consigli?
“Per tutti coloro che si rivolgono a un chirurgo plastico,
il consiglio è sempre quello di verificare che si tratti
realmente di uno specialista. In Italia esistono molti medici
che esercitano la chirurgia estetica senza essere specialisti.
bisogna ricordarsi che un intervento chirurgico, anche se
a scopo estetico, deve essere eseguito da professionisti
competenti in strutture adeguate. Purtroppo la Chirurgia
non è una scienza esatta e i rischi possono esserci anche
in interventi apparentemente banali, la scelta attenta del
professionista e della struttura in cui opera non azzera i
rischi, ma certamente li riduce di molto.
Infine, un consiglio che definirei più filosofico: ricordiamoci
che lo scopo della chirurgia plastica estetica non è quello
di stravolgere le caratteristiche di una persona, ma è quello
di aiutare le persone ad avere un aspetto il più possibile
corrispondente all’immagine che esse hanno di sé”.
La chirurgia plastica, quindi, non è solo una possibilità a
disposizione di vanesi e narcisi alla ricerca della perfetta
bellezza. non è come sembra.
L’allestimento museale è stato progettato per offrire al visitatore un quadro completo ed esaustivo sulla storia delle società di mutuo soccorso. Il percorso si apre con dei pannelli informativi che raccontano, in una sequenza cronologica, il fenomeno del mutualismo e continua con delle grandi teche espositive in cui è racchiusa una notevole varietà di materiale documentario, nonché un ragguardevole insieme di medaglie, spille, distintivi ed alcuni cimeli di notevole rarità, riconducibilli ad oltre duecentro tra enti e società di mutuo soccorso, con sedi in Italia e all’estero.
All’interno del museo è presente uno spazio multifunzionale nel
quale coesistono un archivio storico, una biblioteca e un centro
studi. Inoltre, è stato riservato uno spazio per ospitare ogni forma
d’arte: mostre, concerti di musica e rappresentazioni teatrali.
Previa prenotazione, ogni artista potrà esporre o esibirsi
gratuitamente all’interno dello spazio dedicato.
Il Museo del Mutuo Soccorso, nato dalla volontà di valorizzare la storia delle società di mutuo soccorso, si prefigge di salvaguardare e rendere fruibile al pubblico i beni attualmente in dotazione e di promuovere la conoscenza e la ricerca sul tema della mutualità. visitando il museo si ha la possibilità di conoscere da vicino le società di mutuo soccorso, le loro tradizioni e l’importanza sociale che hanno ricoperto nelle varie vicende storiche del nostro Paese.
La struttura accoglie i visitatori anche con visite guidate e per le scuole sono pensati percorsi e laboratori didattici tematici. Sono, inoltre, previste aperture straordinarie nelle quali sarà possibile visitare le mostre in corso, assistere agli spettacoli e partecipare ad eventi e attività didattiche
Apertura:dal lunedì al venerdì previa prenotazione
11.00 - 13.00 | 15.00 - 18.00 Ultimo ingresso 17.30 (ingresso libero)
Info e prenotazioni:+39 337 1590905
Indirizzo:Palasalute
via di Santa Cornelia, 900060 - Formello (RM)
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a cura diredazione health online
tutti invecchiamo: i primi capelli bianchi, qualche ruga,
non riuscire più a fare le ore piccole “come una volta”,
sono tutti piccoli sintomi di un processo lunghissimo che ci
accompagna per buona parte della nostra vita.
L’invecchiamento è un processo caratterizzato da un
progressivo indebolimento delle capacità di difesa
dell’organismo nei confronti delle variazioni ambientali e
da una graduale perdita delle riserve funzionali.
Coinvolge tutti gli organi e tutti gli apparati, ma risulta
più evidente e più facilmente quantificabile a livello
cardiovascolare, renale e respiratorio. Il declino delle
funzioni fisiologiche inizia intorno ai 30 anni, con un
andamento lento e costante.
negli ultimi anni, grazie alla riduzione della mortalità
neonatale ed infantile, al diffuso miglioramento delle
condizioni di vita e alle maggiori possibilità di prevenire
e curare le malattie, sempre più persone raggiungono
un’età avanzata.
Poiché le cellule, come è stato dimostrato da esperimenti
in vitro, si riproducono un numero di volte direttamente
proporzionale alla sopravvivenza media della rispettiva
specie di appartenenza, si può ipotizzare che esista
una sorta di “orologio biologico”, in base al quale
invecchiamento e longevità sono programmati e definiti
sin dal momento della nostra nascita.
tutti gli studiosi sono concordi nel ritenere che
l’invecchiamento rappresenti una conseguenza
dell’accumulo di mutazioni nel dna dei mitocondri, le
centraline energetiche delle nostre cellule. L’attività
metabolica cellulare si esprime attraverso processi ossidativi
che, se eccessivi, possono portare un invecchiamento
precoce. In realtà senza ossigeno e conseguente
ossidazione non potrebbe esistere la vita come noi la
intendiamo; l’ossigeno è come un carburante e quindi il
suo utilizzo genera delle scorie definite “radicali liberi” (ROS
o RoMS). Senza produrre RoS non riusciremmo a produrre
energia, non si potrebbero svolgere reazioni metaboliche
essenziali e l’uomo sarebbe indifeso nei confronti delle
infezioni. La funzione ottimale dell’organismo vivente
è legata ad un equilibrio tra sostanze ossidanti ed
antiossidanti adeguatamente bilanciate fra loro. se
prevalgono i processi ossidativi, la cellula entra in una
condizione di stress in grado di portarla all’autodistruzione.
L’organismo cerca di controllare la produzione di radicali
liberi attraverso sistemi enzimatici specializzati, che si
l’invecchiamento: come affrontarlo felici!
17
18
avvalgono di un vasto gruppo di sostanze di varia natura
definite antiossidanti, come alcune vitamine (vitamina E,
vitamina C, vitamina A, ecc.), alcune sostanze lipidiche
come lo squalene, l’acido lipoico ed il coenzima Q10,
alcuni metalli quali il selenio e lo zinco, degli aminoacidi
come la taurina, o sostanze complesse come l’albumina e
la ceruloplasmina.
Alcuni di questi antiossidanti possono avere localizzazioni
miste, ovvero essere circolanti (es. vitamina C, vitamine
del gruppo B, bioflavonoidi) o all’interno delle cellule
(es. coenzima Q10) o ancora nelle membrane cellulari
(es. vitamina E, beta-carotene, vitamina A). La maggior
parte delle sostanze antiossidanti essenziali vengono
assunte dall’organismo
con l’alimentazione o in
minima parte prodotti
autonomamente.
Ma sulla durata della nostra
vita influiscono tantissimi
fattori: l’alimentazione,
l’attività fisica, le intossicazioni
croniche dovute al fumo,
all’alcol o all’uso di droghe, lo
stress e le malattie.
Invecchiando i parametri
vitali più importanti
non si modificano e i
loro valori nell’anziano
sono sostanzialmente
sovrapponibili a quelli di
una persona giovane. Le
modificazioni dell’organismo indotte dall’invecchiamento
sono normali e si realizzano in maniera graduale e
armonica: ci sono quindi tutte le condizioni per viverle in
maniera non traumatica.
Per saperne di più, abbiamo intervistato il dottor roberto
manopulo, gerontologo e geriatra presso la Casa di Cura
villa Maria di Rimini.
Quali sono i fattori che più di tutti influiscono sul nostro
modo di invecchiare?
La genetica svolge sicuramente un ruolo importante,
quindi essere figli di genitori longevi depone sicuramente in
modo favorevole. Peraltro, dipende solo da noi fare valere
l’opportunità che ci viene offerta, astenendoci dal fumo,
assumendo alcolici in quantità moderata, svolgendo una
attività fisica in maniera costante, seguendo una dieta
povera di grassi, ricca di fibre e che preveda anche una
assunzione controllata di proteine.
Il declino delle funzioni fisiologiche secondo i medici inizia
intorno ai 30 anni. Come mai così presto?
Il discorso è generale, legato
alle modificazioni intrinseche
delle cellule. Il nostro
organismo in base alle attuali
conoscenze è in linea teorica
programmato per vivere fino
a 120 anni. Saranno i nostri
stili di vita ad accelerare
o ritardare il processo a
seconda dei casi.
Perché nell’anziano i parametri
vitali non si modificano e sono
sovrapponibili a quelli di una
persona giovane? Come è
possibile?
Sono i parametri di riferimento delle funzioni essenziali,
che in un soggetto senza malattie in atto, si mantengono
sostanzialmente stabili. In realtà cambiamenti ve ne sono,
ma per alcuni apparati il nostro organismo ha meccanismi
di compenso in grado di mantenere l’omeostasi, cioè
l’equilibrio complessivo delle varie funzioni. basta pensare
al fatto che si può vivere anche con metà fegato, senza
avere conseguenze o senza la milza asportata ad esempio
per un trauma, o con un solo rene. La funzione renale
peraltro declina progressivamente nel tempo, anche se i
CARDEACASSA MUTUA
La forza di un sistema mutualistico è determinata dalla consapevolezza che la contribuzione di ogni singolo Socio produrrà un vantaggio comune a tutti, senza arricchire soggetti terzi che si limitano a calcolare il rischio e, di fatto, a scommettere sulla nostra salute, peraltro a fine di lucro.
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valori di creatininemia che la misurano si mantengono nel
range di normalità, per una riduzione delle masse muscolari
legate all’età. Le cellule del nostro cervello, i neuroni,
quando muoiono, non possono essere sostituite da nuove
e questo comporta un progressivo declino cognitivo
fisiologico. Gli stimoli affettivi e quelli della vita di relazione,
se intensi, contribuiranno a far sì che le funzioni delle cellule
morte possano essere in parte assunte da quelle superstiti,
limitando i danni.
Quali sono i rischi connessi ad una vita sedentaria?
In primo luogo l’aumento di peso, un più rapido
invecchiamento dell’apparato cardiovascolare, un
più facile incremento di valori di pressione arteriosa,
l’insorgenza di alterazioni metaboliche, come il diabete e
l’ipercolesterolemia.
L’attività fisica è molto importante. Ma purtroppo non tutti
dopo una giornata trascorsa in ufficio hanno tempo e
voglia di andare in palestra, o di dedicarsi
ad uno sport di squadra. C’è una soluzione?
basterebbe una camminata al giorno di 5
Km a passo veloce. oppure l’utilizzo a casa
di una cyclette per 20-30 minuti al giorno, o
15-20 minuti di ginnastica.
Perché l’alimentazione è tanto importante
se vogliamo “invecchiare bene?”
ormai tutti gli studi sono concordi
nel riconosce i vantaggi di una dieta
mediterranea, povera di grassi animali,
ricca di frutta e verdura, dosando in maniera
equilibrata zuccheri e proteine, anche in
rapporto al movimento svolto nella giornata. Per condire i
cibi deve essere utilizzato olio extravergine di oliva. Ci aiuta
a mantenere un peso corporeo ottimale e con una giusta
attività fisica allontana le malattie metaboliche.
Per l’organismo gli antiossidanti sono importantissimi. ormai
sempre più diffusi anche sotto forma di integratori. Lei ne
consiglia l’uso?
Sì, certamente, anche se non bisogna abusarne e
soprattutto non devono essere intesi come un sostituto di
abitudini di vita corrette.
Quanto conta l’attività mentale per mantenersi giovani?
È fondamentale. Una vita ricca di affettività, piena di
interessi e di motivazioni lavorative, unita a relazioni sociali
adeguate, contribuisce a mantenere vivace il nostro
cervello e previene in generale le malattie, stimolando
anche le difese immunitarie.
Qual è dunque la ragione per cui alcune
persone hanno una vita più lunga di altre?
a parità di condizioni razziali, genetiche
ed ambientali, favoriscono un migliore
invecchiamento una vita regolare,
una dieta controllata e l’attività fisica e
mentale. una vita di relazione ricca di
attività creative e stimolanti e di interessi
culturali è un elemento fondamentale per
il benessere psicofisico. L’aspettativa di
vita è strettamente collegata non solo alla
corretta cura del proprio fisico, ma anche
ad una attenzione adeguata alle esigenze
psichiche.
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Da un recente studio effettuato in Italia è emerso come quasi una persona
adulta su due sia completamente avulsa dall’adottare una linea di prevenzione
medica adeguata.Prerogativa di una società di Mutuo
Soccorso non può, pertanto, essere “solo” quella di garantire l’accesso privilegiato alla
salute attraverso una valida integrazione al Sistema Sanitario Nazionale, ma deve forzatamente infondere la cultura della
prevenzione intesa come cura di sé stessi, poiché in essa stessa risiede l’unica via
utile a soddisfare la crescente domanda di assistenza che la sanità pubblica non riesce
– e non riuscirà - ad accontentare. Per tale motivo Mutua MBA ha deciso
di raccogliere interviste, analisi e studi di settore, ma soprattutto consigli pratici,
esercizi e ricette culinarie per innescare l’attitudine a prendersi cura di noi stessi, con l’intento di prevenire il più possibile
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a cura dialessia elem
Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI)
sono principalmente due: la malattia di Crohn e la colite
ulcerosa.
Conviverci non è semplice, ma è possibile.
La malattia di Crohn è un’infiammazione cronica che
può colpire teoricamente tutto il canale alimentare, dalla
bocca all’ano, ma che si localizza prevalentemente
nell’ultima parte dell’intestino tenue, chiamato ileo (ileite),
e/o nel colon destro/cieco (ileocolite), oppure solo nel
colon in una sua qualsiasi parte (colite).
È frequente nei Paesi occidentali ed
è rara, se non assente, nei Paesi in via
di sviluppo. In Italia, si stima che siano
tra 160 e 200mila le persone colpite
da MICI, prevalentemente di età
giovanile (20-30 anni), più’ raramente
della terza età (60-70 anni).
La malattia di Crohn è definita
‘malattia cronica’ perché presenta un
decorso caratterizzato da periodi di benessere (remissione)
alternati ad altri in cui i sintomi sono presenti (riacutizzazioni),
senza uno stato di guarigione totale.
I sintomi più comuni, anche se variabili da caso a caso, sono
dolori addominali (talvolta, se acutissimi, possono simulare
un attacco d’appendicite) associati a diarrea e, talora, a
febbre. Il dolore si localizza nella sede dell’ombelico o nella
parte destra dell’addome e spesso si presenta dopo i pasti.
Ad oggi le cause sono ignote. non è una malattia contagiosa
e non è ereditaria. esiste, tuttavia, una predisposizione
familiare nello sviluppo di questa malattia e un aumentato
rischio per la progenie di averla a sua volta. tale rischio è
difficile da quantificare perché gli studi in questo ambito
sono pochi.
Modificare il proprio stile di vita e seguire un’adeguata
alimentazione, sono azioni importanti che possono aiutare
a controllare i sintomi e allungare gli intervalli di tempo
tra le riacutizzazioni. Non ci sono prove scientifiche dirette
sul fatto che quello che si mangia provochi una malattia
infiammatoria intestinale. Alcuni cibi e bevande, durante
la riacutizzazione della malattia, possono aggravare i
sintomi. Può essere utile redigere un diario alimentare per
tenere traccia di quello che si sta mangiando e di come ci
si sente. Se si scopre che alcuni alimenti stanno causando
sintomi particolari, si può provare a eliminarli.
la diagnosi precoce è fondamentale. non c’è un esame
diagnostico specifico, ma una visione interna dell’intestino
è possibile con la risonanza magnetica e la tac. La
colonscopia con esame istologico rivela ulcere e fistole del
Crohn, il grado e il tipo di aggressione nel tessuto intestinale.
Ad oggi, non è ancora stata scoperta una terapia in grado
di dare una guarigione definitiva. La terapia medica che
viene seguita è, a seconda dei casi, di tipo chirurgico
e/o di tipo farmacologico, attraverso la somministrazione
di mesalazina, immunosoppressori, farmaci biologici e
cortisonici.
L’attesa di vita è la stessa della popolazione generale, ma
si raccomanda di non abbandonare le cure.
In che modo è possibile informare, aiutare, sostenere
e assistere e le persone colpite da
MICI? da oltre vent’anni è presente
sul territorio l’Associazione nazionale
A.M.I.C.I. onlus, costituita da persone
affette da colite ulcerosa o malattia di
Crohn e dai loro familiari.
da poco è nata anche la Fondazione
A.M.I.C.I., allo scopo di promuovere
la ricerca. Abbiamo intervistato il
Presidente della Fondazione A.M.I.C.I, il dott. Gianfranco
Antoni.
da cosa nasce l’idea di dar vita ad un’associazione
nazionale costituita da persone colpite da MICI?
“La comunità dei malati di MICI si è radunata intorno a
questo simpatico acronimo, AMICI, fin dai primi anni ’90. È
stato lo scambio di esperienze e una valutazione comune
sulla necessità di fare un salto di qualità che ha spinto tutti
ad unirsi per dare vita, più di cinque anni fa, ad un’unica
associazione nazionale. Maggiore rappresentatività,
migliore coordinamento, più alta qualità di proposte e di
impegno sono le ragioni di fondo di questa scelta, che si è
rivelata vincente ai fini del sostegno più efficace ai malati
di MICI”.
Quanto è importante
per i pazienti e per i loro
familiari avere un punto
di riferimento importante
come l’Associazione?
“All’esordio, la condizione
psicologica del cittadino
a cui viene diagnosticata
una malattia
cronica intestinale è
naturalmente difficile.
malattie croniche intestinali, conviverci è possibile
21
22
Poche le informazioni e la conoscenza sulla patologia,
spesso scarno il contributo medico al di là della diagnosi
clinica, rara la possibilità per un malato di avere un confronto
nel quartiere, tra i vicini, in famiglia o nell’ambiente di
lavoro. Le nostre patologie hanno, infatti, una prevalenza
assai limitata, che oscilla tra 160 e 200mila pazienti, su una
popolazione di riferimento di 58 milioni di abitanti.
Ecco perché è importante la presa in carico da parte
di altri malati attraverso l’Associazione. vari sono i modi:
un opuscolo in ambulatorio, la ricerca su internet, il
passaparola. Abbiamo frequenti manifestazioni di
riconoscimento da parte di soci, che ci attestano come
avere, all’esordio, un punto di riferimento amico e solidale,
sia la migliore risposta per affrontare al meglio la propria
convivenza con la cronicità”.
Quali sono le principali attività che svolge l’Associazione e
la neo-nata Fondazione? Quali sono i progetti per il futuro?
“AMICI si rivolge ai cittadini con MICI e all’insieme dei
decisori in Sanità, politici, sanitari e amministrativi, con
due importanti strumenti: l’Associazione, rivolta soprattutto
ai pazienti e alla loro tutela, e la Fondazione, varata da
pochi mesi, che ha lo scopo di incentivare e promuovere
la ricerca in Italia su queste malattie. Pensiamo che questo
doppio agire ci consentirà non solo di ottenere risultati
in ambito sociale e socio-assistenziale, come stiamo già
facendo, ma anche sul fronte della migliore terapia
possibile e, in prospettiva, della sconfitta dell’aspetto
cronico della malattia, obiettivo ad oggi utopico, ma al
quale non dobbiamo mai rinunciare”.
vivere con questo tipo di patologie non è semplice,
ma possibile. Lei convive con la malattia di Crohn, può
raccontare la sua esperienza?
“La cosa più importante che ho imparato, ma non
23
subito, è conoscere la malattia senza subirla, perché
modificherebbe in modo drammatico la qualità di vita,
e senza sottovalutarla, perché in qualsiasi momento essa
prevarrebbe sul quotidiano, facendomi ripiombare nella
gestione dell’emergenza o, addirittura, dell’urgenza
chirurgica. È proprio su questo difficile rapporto che è il
tema della convivenza con la cronicità, che si inserisce
e dà un aiuto insperato la comunità dei malati riunita
intorno ad AMICI”.
Una MICI è molto invalidante sotto tanti punti di vista e
l’aspetto psicologico non è da sottovalutare. Qual è il
modo giusto per conviverci?
“Ognuno ha il suo modo, ma il più efficace penso
sia quello di accettarla, conoscerla e, non sembri
paradossale, rispettarla. Ciò significa accettare i limiti del
proprio corpo e del proprio agire quotidiano in relazione
alla fatica e allo stress. L’accettazione, poi, da parte dei
familiari e la solidità di una dimensione affettiva, complice
e partecipe, aiuta senz’altro a convivere e a superare i
tanti momenti difficili che la malattia impone.
va anche detto che il ritardo alla diagnosi è, spesso,
significativo, e questo incide non solo sul percorso
terapeutico più utile, ma anche sullo stato psicologico
complessivo. negli ultimi anni le cose sono migliorate, ma
solo vent’anni fa l’errore di diagnosi e, conseguentemente
di terapia, era frequente. Questo è accaduto a me e
a tanti altri malati affetti da tale patologia. la diagnosi
precoce è quindi una necessità sulla quale l’attività di
amIcI si concentra, con iniziative di approfondimento
e di conoscenza dei sintomi di malattia al suo esordio.
Altrettanto importante è poi l’aderenza, cioè il rispetto
delle modalità della prescrizione medica. Il ‘fai da te’
non è mai consigliabile e tanto meno lo è in presenza
di una malattia cronica il cui monitoraggio e controllo
clinico sono alla base di un’efficace remissione. Fatta
la diagnosi corretta, possibilmente precoce, individuato
il percorso terapeutico più appropriato, è necessario
porre in essere tutti quegli accorgimenti di vita necessari
affinché la convivenza con la propria patologia sia la più
serena ed equilibrata possibile. Questo è uno sforzo che
non può che essere fatto dal paziente, nella ricerca di un
rapporto positivo con se stesso, la patologia e le persone
che stanno intorno a lui. Ciò richiede tempo e il supporto
di un’Associazione di malati affetti dalle stesse patologie
può essere di grande aiuto, per comprendere i tanti
strumenti assistenziali disponibili, a volte non conosciuti,
e scambiare esperienze utili a meglio comprendere
il proprio stato di salute. Infine, il suggerimento che la
mia esperienza personale si sente di proporre è quello
di non cercare in viaggi della speranza, in centri lontani
dalla propria residenza o all’estero, la risposta benefica
e risolutiva. occorre, al contrario, costruire un rapporto
stabile con il proprio gastroenterologo di fiducia sul
territorio, stabilizzare comportamenti, organizzazione e
stili di vita, affinché il percorso terapeutico sia supportato
da un’aderenza e una volontà del paziente di portare in
remissione la malattia”.
Le malattie Infiammatorie Croniche Intestinali si
combattono anche grazie alla ricerca che sta andando
avanti per trovare presto una cura definitiva.
Lo dimostra il risultato di uno studio europeo, effettuato
in 49 strutture ospedaliere tra il Canada, l’Europa, gli Stati
Uniti e Israele e che ha coinvolto 212 malati di Crohn
(pubblicato su “the Lancet” - www.thelancet.com), di cui
è primo autore Silvio danese, responsabile del Centro per le
malattie infiammatorie croniche intestinali dell’Ospedale
humanitas di Milano e docente di humanitas University.
Lo studio ha dimostrato che dopo 24 settimane l’iniezione
di staminali ha portato nel 50% dei pazienti alla completa
cicatrizzazione delle fistole causate dall’infiammazione
del tessuto di rivestimento della parete dell’intestino. Si
tratta di una delle principali conseguenze della malattia,
di formazioni che nel 70-80% dei casi non rispondono ai
tradizionali trattamenti farmacologici e chirurgici.
“Abbiamo dimostrato che, nonostante vi sia un buon
grado di risposta clinica in alcuni pazienti, i rischi della
procedura con cellule staminali emopoietiche possono
sovrastare i possibili benefici. Più promettente sembra
l’uso delle cellule mesenchimali da tessuto adiposo
perché, oltre alla loro capacità di generare nuove linee
di cellule di grasso, osso e cartilagine, rilasciano intorno a
sé sostanze che sembrano capaci di modulare l’attività
del sistema immunitario e quindi dell’infiammazione”, così
ha spiegato le recenti novità il professor danese.
dott. Antoni, grazie a questo studio si è aggiunto un nuovo
tassello al mosaico del percorso verso una cura per la
malattia. Lei cosa ne pensa?
“Passi avanti, piccoli o grandi, si compiono con continuità
e determinazione, grazie soprattutto a quei centri che sono
impegnati, oltre che nella clinica, anche nella ricerca.
Questo vale per la ricerca da voi citata e commentata
dal dr. danese, come per la recente ricerca di un gruppo
che opera alla Cleveland Clinic, che ha fatto diversi studi
sulle caratteristiche della flora batterica in corso di MICI.
C’è anche all’orizzonte un nuovo farmaco, frutto di
una ricerca tutta italiana. Insomma, le cose si muovono
e conto che la Fondazione possa essere d’impulso e
d’incentivazione a nuovi terreni di sviluppo nella ricerca
per combattere le MICI”.
Per tutti coloro che intendono conoscere ed iscriversi ad
A.M.I.C.I. i contatti sono i seguenti:
amiciitalia.net - 388/3983544 - [email protected]
24
L’invenzione della macchina a vapore, in grado di convertire
l’energia termica del vapore in lavoro meccanico,
determinò un cambiamento epocale. La rivoluzione
industriale si propagò in brevissimo tempo modificando
radicalmente ogni aspetto della vita economica e sociale
di collettività a carattere prettamente agricolo.
Con l’industrializzazione si diffuse il “sistema fabbrica”: masse
di lavoratori furono costrette a una difficile condizione
sociale e civile, con turni di lavoro di 13-15 ore giornaliere.
Per garantirsi aiuti in caso di malattia, infortunio o
disoccupazione i lavoratori cominciarono ad associarsi
dando vita alle Società di Mutuo Soccorso.
E a Formello, in via di Santa Cornelia, c’è un museo
particolare, il Museo del Mutuo Soccorso, che dà a tutti
la possibilità di conoscere da vicino questi sodalizi, le loro
tradizioni e l’importanza sociale che hanno rivestito nelle
varie vicende storiche del nostro Paese.
health online ha intervistato la curatrice del Museo, la
dott.ssa marzia di vetta.
Come è nata l’idea di realizzare il Museo del Mutuo
Soccorso?
“Il Museo nasce dalla volontà di valorizzare la conoscenza
e la ricerca sul tema della mutualità ma si prefigge
anche di promuovere ogni forma d’arte che si cimenti
con tematiche e valori cari alla mutualità: solidarietà,
fratellanza, equità, uguaglianza.
La collezione attuale, grazie a una continua attività
di recupero e salvaguardia, si compone di numerose
testimonianze sulla storia della mutualità italiana,
riconducibili ad oltre duecento tra enti e società di mutuo
soccorso, con sedi in Italia e all’estero. Il Museo offre anche
la possibilità di esporre ad artisti, o a chiunque voglia dare
testimonianza della mutualità in senso più ‘moderno’. non
è quindi solo passato, ma vuole anche rappresentare
il presente e il futuro della mutualità e dei valori a cui si
ispirano le società di Mutuo Soccorso.
Abbiamo lasciato spazio per l’esposizione di opere relative a
tutti i temi importanti per le Società di Mutuo Soccorso, come
la fratellanza, la solidarietà, il rispetto ma anche la salute o il
lavoro. A breve, ad esempio, grazie ad una collaborazione
con il dIF, il Museo diffuso di Formello, ospiteremo una
bellissima opera di un artista contemporaneo, vito
bongiorno, che con le sue opere dichiara lo stato di
fragilità in cui versa il nostro paese. nell’ottica dei principi
di fratellanza e solidarietà mi piacerebbe che il Museo
ospitasse mostre di artisti diversamente abili, che con le
loro opere possano dimostrare come le difficoltà - che a
volte neanche immaginiamo - possano essere superate,
dando vita a interessanti risultati.
Abbiamo poi organizzato un concorso fotografico il
cui obiettivo è raccontare – attraverso un soggetto,
un momento, una situazione o un luogo simbolo – la
Fratellanza, intesa come comunanza di intenti, di ideali
e aspirazioni indotti dal sentimento di benevolenza. Il
concorso ha come scopo quello di raccogliere fondi,
attraverso la vendita delle foto partecipanti, da destinare
a cura diredazione health onlineIl museo del mutuo soccorso:
la storia della mutualità italiana
ai progetti della Fondazione bASIS. La partecipazione è
libera e gratuita, aperta a foto-amatori, professionisti e
associazioni di volontariato. Le 20 foto vincitrici verranno
esposte proprio al Museo per tutta la durata della mostra
‘scatti di fratellanza’, la cui inaugurazione è prevista per
marzo 2017.
Il termine ultimo per inviare le foto è il 31 dicembre 2016, e il
regolamento completo è disponibile sul nostro sito internet,
www.museomutuosoccorso.it”.
Avete in programma altre iniziative?
“Il 9 ottobre scorso abbiamo partecipato a FaMu, la
Giornata nazionale delle Famiglie al Museo. Abbiamo
dedicato una giornata intera ai bambini, organizzando
giochi e gare, con l’obiettivo di far loro conoscere il
mondo delle società di Mutuo Soccorso. I bambini erano
in tutto e per tutto soci di una società di mutuo soccorso,
dovevano rispettare lo statuto e sottostare a regole ben
precise, rispettose dei valori della mutualità. Il rispetto dello
statuto e degli altri, l’uguaglianza, la solidarietà, le regole
dello stare insieme: attraverso il gioco abbiamo cercato
di trasmettere tutto questo, cercando nello stesso tempo
di divertirli ed intrattenerli. C’è stata una grandissima
partecipazione, l’evento è stato un successo, devo dire
anche grazie al supporto dell’Associazione La Mage. Per
questo abbiamo deciso, per i prossimi mesi, di pensare veri
e propri percorsi dedicati alle scuole e ai ragazzi”.
Per quanto riguarda la collezione permanente, c’è
un’opera a cui è particolarmente affezionata?
“Una sola no, ce ne sono tante. Abbiamo davvero
tantissimi cimeli che raccontano nei particolari tutti gli
aspetti della vita istituzionale e celebrativa di questi
sodalizi. L’attaccamento dei soci, le regole molto stringenti
che si davano, e che tutti rispettavano. E poi ci sono gli
Statuti: ne abbiamo uno in cui Garibaldi viene nominato
presidente perpetuo, altri di società di Mutuo Soccorso
italo-americane, altri ancora di società di Mutuo Soccorso
femminili. Insomma, la collezione è ampia, racconta in
maniera completa la storia di questo mondo purtroppo ai
più ancora sconosciuto. Invito tutti a venire a trovarci.
Direzione operativa eD
organizzazione Back office
consulenza mirata per costituzione
o restyling societario
assistenza soci DeDicata aD hoc
con numero verDe e personale DeDicato
health service proviDer con 1560
strutture sanitarie sul territorio
marketing e strategie Di
comunicazione ai soci
organizzazione Di convegni
nazionali Di settore
formazione personale interno
eD incaricati al contatto
con i soci
social meDia strategist per una
comunicazione al passo con i tempi
consulenza per compliance e policy interna
consulenza giuriDica e fiscale
operation per la gestione Dei
regolamentiapplicativi
assistenza, realizzazione piattaforme,
siti weB eD aree intranet
Dati, stuDi e ricerche sul monDo
Della sanità integrativa
ansi, associazione nazionale sanità integrativa, nasce dalla volontà di alcuni primari fondi sanitari di creare non solo un’associazione di categoria “indipendente”, ma anche un interlocutore qualificato che si renda portavoce attivo tra istituzioni, sistema sanitario nazionale e fondi sanitari integrativi.
ansi vuole diventare il soggetto capace di tutelare, aggregare e sostenere le diverse forme mutualistiche operanti in italia, che garantiscono la salute di circa ¼ della popolazione italiana.
“Auspichiamo il benessere e la salute per tutti i cittadini, come diritto fondamentale dell’uomo
e patrimonio sociale della collettività”
www.sanitaintegrativa.org [email protected]
26
a cura dinicoletta mele
Dall’Università di Chicago i risultati di una nuova ricerca
per diminuire i rischi: Health Online ne ha parlato con la
Dott.ssa Annalisa Perego, senologa
È il più frequente tumore femminile e, stando ai dati,
colpisce 1 donna su 8 oltre i 40 anni. È il cancro al seno.
dall’analisi dei dati dei registri tumori italiani, si stima
che in Italia siano diagnosticati circa 46.000 nuovi casi/
anno di carcinoma della mammella. oltre ad essere il
primo tumore per frequenza, il cancro della mammella
è anche la principale causa di
mortalità oncologica nella donna,
anche se, grazie a diagnosi precoci
e terapie sempre più efficaci, la
sopravvivenza è in netto aumento.
Per combattere la neoplasia
gli strumenti principali sono la
prevenzione e la diagnosi precoce.
health Italia ha intervistato la
dottoressa annalisa perego,
chirurgo senologo presso l’Italian
Medical center Dubai.
Quanto è importante la
prevenzione? E come deve essere
fatta?
“La prevenzione per il tumore della mammella è
fondamentale, come lo è per tutti i tipi di tumore. Sono
stati identificati molti fattori di rischio, alcuni modificabili,
come gli stili di vita.
tra le abitudini dannose si possono citare, per esempio,
un’alimentazione povera di frutta e verdura e ricca di
grassi animali, il fumo, l’obesità , una vita sedentaria
e l’assunzione per più di 5 anni di terapia ormonale
sostitutiva postmenopausa.
L’allattamento al seno protratto oltre
l’anno risulta invece essere protettivo
contro l’insorgenza del tumore.
vi sono però purtroppo anche altri
fattori di rischio non modificabili da
parte della donna, come l’età (la
maggior parte di tumori del seno
colpisce oltre i 40 anni), un periodo
fertile breve (prima mestruazione
tardiva e menopausa precoce) e
fattori genetici.
La prevenzione del tumore del seno
deve cominciare a partire dai 20 anni
con l’autopalpazione eseguita con regolarità ogni mese.
È indispensabile, poi, dopo i 30 anni, proseguire con visite
annuali del seno eseguite da uno specialista senologo
e associate ad ecografia bilaterale. Raggiunti i 40 anni,
all’ecografia va affiancata anche la mammografia, per
aumentare il potere diagnostico delle indagini”.
Ricordiamo che ottobre è stato il mese della
prevenzione...
“In tutto il mondo la campagna
di prevenzione ha come obiettivo
quello di sensibilizzare un numero
sempre più ampio di donne
sull’importanza vitale della
prevenzione e della diagnosi
precoce dei tumori della
mammella, informando il pubblico
femminile anche sugli stili di vita
correttamente sani da adottare
e sui controlli diagnostici da
effettuare.
spesso si tende ad andare dal
medico solo quando si accusano
dei disturbi. In genere, le forme
iniziali di tumore del seno non hanno
nessuna manifestazione clinica e non provocano dolore.
Uno studio effettuato su quasi mille donne con dolore al
seno ha dimostrato che solo lo 0,4% di esse aveva una
lesione maligna, mentre nel 12,3% erano presenti lesioni
benigne, come ad esempio le cisti, e nel resto dei casi
non vi era alcuna patologia ed il dolore era provocato
solo dalle naturali variazioni degli ormoni durante il
ciclo. Il tumore si può manifestare con noduli palpabili o
addirittura visibili, anche se in genere questi sono segni
di una forma tumorale già avanzata
e non di una forma identificata in
fase precoce. Importante segnalare
al medico anche alterazioni
del capezzolo, secrezioni da un
capezzolo solo (se la perdita è
bilaterale il più delle volte la causa
è ormonale), cambiamenti della
pelle (aspetto a buccia d’arancia o
retrazioni) o della forma del seno.
Con il miglioramento delle tecniche
radiologiche e della maggior
consapevolezza della donna, la
maggior parte dei tumori del seno
tumore al seno, prevenzione e diagnosi precoce
28
oggigiorno viene diagnosticata quando non dà ancora
segno di sé e si vede solo con la mammografia e
l’ecografia. Si parla in tal caso di lesione preclinica, cioè
un tumore ancora allo stato iniziale, quando è più facile
da curare”.
Individuare la neoplasia nella fase iniziale aumenta
notevolmente la possibilità di curarla in modo definitivo?
“Certamente! se la malattia è scoperta in fase precoce,
la sopravvivenza dopo 5 anni dalla diagnosi raggiunge
anche il 98%. negli ultimi 20 anni i tassi di guarigione sono
raddoppiati grazie a diversi fattori, tra cui il miglioramento
delle terapie, l’anticipazione diagnostica e la presa di
coscienza delle donne”.
Secondo i risultati di una ricerca realizzata dall’Università
di Chicago e pubblicati sulla rivista scientifica Chemical
Research in Toxycology, è emerso che la birra, o
meglio il luppolo, diminuirebbe il rischio di cancro
al seno. Secondo i ricercatori, il luppolo ha proprietà
protettive contro il cancro al seno, in quanto la pianta
contiene l’opeina, conosciuta anche con il nome
di 8-prenilnaringenina, che è un fitoestrogeno molto
potente. Per essere efficace, però, si deve assumere
come integratore alimentare, quindi in capsule. La
ricerca in qualche modo è partita al contrario.
da tempo l’opeina è utilizzata contro il nervosismo, i
disturbi del sonno, per stimolare l’appetito o ancora
per combattere le vampate di calore tipiche della
menopausa. Queste capacità della pianta sono state
confermate da diversi studi clinici, tanto che l’utilizzo del
luppolo per la cura di questi problemi è universalmente
riconosciuto, grazie all’azione sedativa esercitata dal
lupulone e dall’umulone contenuti nel luppolo.
29
indica la presenza del tumore in una famiglia, (linea
materna o paterna) senza che vi sia una evidente
trasmissione della malattia da una generazione alla
successiva o sia riconosciuto un gene responsabile,
mentre il termine ereditario suggerisce la presenza
di una mutazione dimostrata
dal test genetico di alcuni geni
(bRCA1-bRCA2) che si possono
trasmettere ai discendenti. Il 5-7%
dei tumori alla mammella sono di
tipo ereditario, dal 15 al 20% sono
di carattere familiare e in circa
il 70-75% il tumore è sporadico
cioè correlato a fattori ambientali
in individui che non presentano
familiarità, né ereditarietà.
Le donne che rientrano nelle
prime due categorie sono
considerate soggetti ad alto
rischio di sviluppo del tumore
mammario e seguono un percorso
di prevenzione leggermente diverso. dovranno sottoporsi
a controlli clinici e radiologici più ravvicinati nel tempo,
prevedendo anche in molti casi l’utilizzo della risonanza
magnetica, aumentando in tal modo la possibilità di una
vera e propria diagnosi precoce”.
La prevenzione è un’arma molto importante per
combattere i tumori e la diagnosi precoce consente di
individuare nella fase iniziale la neoplasia e procedere
così ad una terapia mirata.
“La salute è il primo dovere della vita” (oscar Wilde), non
dimentichiamolo mai.
I ricercatori americani volevano capire se questa
sostanza fosse un fattore di rischio per il tumore al seno,
perché la terapia ormonale sostitutiva in alcuni casi
è ritenuta un fattore di rischio. hanno così applicato
l’estratto del luppolo a due diverse linee di cellule del
seno per monitorare l’effetto sul
metabolismo degli estrogeni delle
cellule.
Le loro ricerche però hanno
dimostrato esattamente il
contrario. Secondo i loro risultati,
il luppolo ha un effetto protettore
e diminuisce il rischio di sviluppare
il cancro al seno, poiché lo stesso
processo potrebbe attivare
le sostanze chimiche che
impediscono i tumori in via di
sviluppo.
Per il professor bolton, capo del
team di scienziati, la ricerca ha
dimostrato che il luppolo sarebbe
particolarmente efficace per tenere lontano il cancro
al seno nelle donne sottoposte a trattamento ormonale
sostitutivo (hrt) durante la menopausa.
dottoressa Perego, cosa ne pensa?
“Questa nuovissima ricerca appena pubblicata potrebbe
portare ad ottimi risultati in termine di prevenzione della
malattia, ma ovviamente è solo allo stadio iniziale. I
risultati sono stati ottenuti per il momento solo in vitro.
A questo punto non ci resta da far altro che aspettare
che la ricerca di Chicago possa in qualche modo essere
confermata da ulteriori studi anche in vivo, cioè su gruppi
di donne, ma già questo primo tassello mira a comporre
un mosaico senz’altro interessante”.
I progressi della medicina e degli esami di screening,
negli anni, hanno permesso una diagnosi precoce,
consentendo così una diminuzione dell’indice di
mortalità.
L’ecografia in 3D, la sonda molecolare per una diagnosi
nel corso dell’intervento chirurgico, sono alcuni esempi
di come oggi si hanno a disposizione strumenti importanti
per combattere il cancro al seno.
dottoressa, oltre alla prevenzione è di primaria importanza
anche la diagnosi precoce, soprattutto quando ci sono
più casi in famiglia. Si stima che circa il 5-7% dei tumori
del seno è ereditario, legato cioè alla presenza nel dnA
di alcune mutazioni nei geni bRCA1 e bRCA2. È così?
quali sono i suoi consigli?
“In linea generale, tumore familiare è un termine che
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a cura di mariachiara manopulo epidermolisi bollosa:
la vita dei bambini farfalla
bambini farfalla li chiamano. È una bella espressione, ma
purtroppo nasconde una brutta malattia: l’epidermolisi
bollosa. Una patologia di cui si parla poco, ma che
purtroppo ha pesantissime ricadute sulla vita di chi ne
soffre e di chi se ne prende cura.
Sotto il nome di epidermolisi sono racchiuse diverse
genodermatosi, cioè malattie genetiche della cute,
rare, caratterizzate da pelle fragilissima e dalla ricorrente
formazione di bolle, prodotte da microtraumi.
La nostra pelle è formata da due strati: l’epidermide,
lo strato esterno, e il derma, lo strato interno. Il derma è
legato all’epidermide dalla giunzione dermoepidermica
che garantisce, con un grande numero di filamenti di
ancoraggio, un legame sicuro fra i due strati. le persone
affette da eb, per errori genetici, hanno alcuni difetti nelle
proteine responsabili dell’aderenza tra epidermide e
derma, come il collagene, la laminina, le cheratine e le
integrine. Non ci sono i filamenti di ancoraggio, e qualsiasi
azione generante attrito tra i due strati (come sfregamento
o pressione) provoca piaghe e vesciche. dolorosissime.
Fino ad oggi, sono stati identificati 13 geni responsabili della
maggior parte dei casi di epidermolisi bollosa.
Se presente in forma lieve, consente di condurre una vita
normale. Ma le forme più gravi possono essere mortali,
anche nei neonati. È una patologia genetica, e può quindi
essere ereditata con modalità autosomica dominante o
autosomica recessiva. nel primo caso, un genitore con
un gene mutato ha il 50% di probabilità di trasmettere
la malattia ad ognuno dei suoi figli; nel secondo caso,
entrambi i genitori sono portatori sani di un gene associato
alla malattia e la probabilità che la trasmettano ai bambini
è del 25% a ogni gravidanza. nelle coppie in cui è stato
tracciato il difetto genetico alla base della Eb, è possibile
la diagnosi prenatale durante la gravidanza.
In tutto il mondo, l’epidermolisi bollosa colpisce 1 bambino
su circa 17.000 nati, circa 500 mila persone, in Italia 1 su
82.000, per un totale di circa 1.500 pazienti sul territorio
nazionale.
I bambini con questa malattia vengono chiamati
“bambini farfalla”, proprio per la fragilità della loro pelle,
paragonabile alle ali di una farfalla. In Sud America, invece,
32
comparire carcinomi squamo cellulari, che si sviluppano
generalmente nelle sedi soggette a trauma e a lesioni
bollose ricorrenti, in particolare a livello delle estremità
del corpo e della lingua. È molto difficile diagnosticare
correttamente questi carcinomi, soprattutto se il medico
non è esperto e non conosce bene questa
patologia. vengono spesso confusi con
lesioni erosive o verrucose croniche, e
quindi non vengono adeguatamente e
tempestivamente gestiti, fino ad assumere
dimensioni notevoli. E a quel punto, può
essere necessaria l’amputazione dell’arto o
di parte di esso, con tutte le conseguenze
anche psicologiche che questo comporta. Il carcinoma
squamocellulare può essere trattato anche con sedute
di radio o chemioterapia ma ha spesso, in ogni caso,
conseguenze letali.
Le forme gravi possono provocare anche la completa
chiusura delle mani. Le dita dei bambini si uniscono
gradualmente e poi si chiudono, provocando, nei casi
i piccoli malati sono definiti “Bambini Pelle di Cristallo“.
Purtroppo, poiché è molto rara, sono pochi gli investimenti
nella ricerca.
La pelle di un malato non può guarire completamente e
in maniera corretta: le ferite e il processo di cicatrizzazione
sono purtroppo cronici. ogni trauma o danno
subito dalla pelle è irreversibile e la disabilità
causata dalla malattia si accentuerà nel
corso della vita del malato. nel 2006 è
stato effettuato il primo trapianto al mondo
di pelle geneticamente modificata in un
malato di Eb giunzionale. Ma a parte questo,
non esistono cure risolutive per la Epidermolisi
bollosa.
nelle forme gravi possono essere coinvolti anche organi e
apparati, come l’esofago, che si può restringere fino ad
occludersi, e spesso è necessario ricorrere alla chirurgia,
che comporta comunque benefici limitati. A volte ci
può essere un’altra, gravissima, complicanza: possono
33
più gravi, la completa perdita dell’uso delle mani sin da
piccolissimi.
la malattia ha un forte impatto anche per chi convive con
il malato. cambiare le medicazioni può richiedere diverse
ore al giorno. E sia malato che famigliari devono purtroppo
convivere con la disinformazione che c’è nei confronti di
questa malattia, oltre che con la diffidenza della gente.
Per cercare di attirare l’attenzione sulla malattia è stata
recentemente realizzata una indagine da parte di Doxa,
finanziata da Debra Italia Onlus, una associazione senza
scopo di lucro che supporta su tutto il territorio italiano
bambini e adulti affetti da Epidermolisi bollosa (Eb).
Fondata nel 1990 su iniziativa di familiari e pazienti,
l’associazione ha in particolare l’obiettivo di promuovere
attività di assistenza socio sanitaria, di diffondere la
conoscenza tra malati, familiari e medici, e di supportare
la ricerca su questa grave e sconosciuta malattia.
L’indagine ha coinvolto un campione composto da
volontari affetti da epidermolisi
bollosa giovani e adulti e alcuni
caregivers, per un totale di 33
partecipanti provenienti da
tutt’Italia. venti pazienti su 30
soffrivano di epidermolisi bollosa
distrofica recessiva, la forma più
grave. con le loro testimonianze
è stato possibile capire le
caratteristiche principali della
malattia: fragilità e imprevedibilità,
impossibilità di acquisire
autosufficienza ed emancipazione,
dolore fisico e psicologico.
health online ha contattato la presidente dell’associazione,
Cinzia Pilo: le abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa di
più sulla ricerca e sulla vita delle persone affette da questa
malattia, ai più sconosciuta.
L’epidermolisi bollosa è una malattia di cui si parla ancora
troppo poco. Quanto è difficile assistere un bambino, o
anche un adulto, che ne è affetto?
L’assistenza delle persone affette da questa terribile
malattia genetica rara è affidata alle famiglie. Come
io stessa, da madre di un bambino affetto da questa
patologia e da Presidente di debra Italia ho più volte
sottolineato, l’impatto della malattia è decisamente
sottovalutato. non è accettabile che la gestione quotidiana
delle medicazioni, che rappresentano attualmente l’unico
trattamento esistente, venga gestito dai genitori dei
bambini, che sopportano perciò un eccessivo carico sia
fisico che psicologico. La ricerca da noi commissionata ha
evidenziato come, peraltro, questo meccanismo generi
delle distorsioni anche nelle relazioni tra i famigliari: da un
lato i genitori si sentono inutili nonostante il loro continuo
sforzo per migliorare le condizioni di vita dei propri figli,
perché non esiste cura e comunque la malattia degenera
con l’età; dall’altro i ragazzi, soprattutto con l’adolescenza,
desiderano non dipendere sempre da qualcuno. Questo
rapporto di dipendenza reciproca che si crea è perciò
deleterio per tutti.
La vostra ricerca è la prima che indaga su questo mondo.
Avete raccolto tantissime testimonianze di pazienti, giovani
e adulti, e caregivers. Quali sono state le cose che vi hanno
colpito di più?
Le affermazioni che ci hanno colpito di più riguadano
la diversa percezione del dolore da parte dei pazienti e
dei loro caregivers e la necessità di maggiore autonomia
denunciata dai malati di EB. Mentre la soffrenza fisica dei
propri figli costituisce il primo grande problema denunciato
dai caregivers, la mancanza di
autonomia e il desiderio di una
vita più emancipata è il dato
denunciato come primo problema
da molti ragazzi farfalla.
nel nostro Paese è garantita una
assistenza adeguata a questi
malati? Cosa si potrebbe e si
dovrebbe fare in più?
nel nostro Paese sono presenti due
centri multidisciplinari specializzati
nella gestione della malattia,
la cui nascita è stata peraltro
stimolata dalla nostra associazione debra Italia, presso
l’ospedale Maggiore Policlinico a Milano e l’ospedale
bambino Gesù a Roma, più alcuni centri monodisciplinari
per l’odontoiatria a torino, la chirurgia della mano a
Catania e di dermatologia a bari. Come evidente perciò,
abbiamo necessità di spostarci in diverse parti d’Italia
per ricevere l’indispensabile assistenza da personale
specializzato.
Esistono tre temi sui quali si deve e si può fare di più:
diffondere ulteriormente la formazione di personale
specializzato in altri centri ospedalieri in Italia, in modo
da garantire alle nostre famiglie un accesso più facile
alle cure; la concessione ai malati di Eb, in maniera
non discriminata in relazione al territorio di residenza, di
tutto lo specifico materiale indispensabile e insostituibile
occorrente per le medicazioni quotidiane, come da
prescrizione nei protocolli redatti dai medici specializzati
in EB; infine l’assistenza infermieristica domiciliare deve
essere concessa da parte delle ASL in tutta Italia.
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Il Fondo Garanzia Salute nasce nell’ottica di offrire un servizio in linea con i principi cardine cui si ispira una Società di Mutuo Soccorso, la solidarietà e la cooperazione, che riconoscono
nella sanità integrativa l’unica forma di assistenza concreta e sostenibile che opera senza scopo di lucro.
La volontà di diffondere il più possibile il principio di prevenzione ha spinto Mutua MBA ad affidarsi a Radio Radio, emittente radiofonica romana che sin dalla sua nascita si è caratterizzata come talk radio, ed elaborare per gli ascoltatori un’offerta di 9 sussidi:
Pop, Rock, Techno e Dance dedicati agli under 65, Jazz, Classica, Blues, Country e Folk per gli over 65.
La sanità d’eccellenza per le
famiglie di Radio Radio!
35
a cura di prof. dott. aldo liguori,Direttore dell’Istituto Paracelso
L’obeso è una persona “denutrita”: un’analisi che va
alle cause dell’obesità
Se la medicina moderna ha messo a punto armi affilate per
il trattamento delle più temibili malattie, resta la necessità
di trovare i mezzi per dare benessere all’uomo affannato
del 21° secolo.
Sembra poterci pensare la millenaria agopuntura,
medicina tradizionale cinese, che è attenta alle necessità
di benessere della singola persona.
Le sue metodiche, messe a punto e periodicamente
perfezionate negli oltre 3.300 ospedali cinesi, sembrano
offrire strumenti sempre più efficaci.
È il caso del trattamento del dolore cronico intrattabile,
curabile attraverso la puntura multipla e indolore del
padiglione auricolare; delle patologie debilitanti croniche
con continue riacutizzazioni, trattate con la tecnica
indolore dell’ago infuocato; dell’obesità, che finalmente
trova una reale soluzione con la metodica della dietologia
cinese.
In tema di obesità, la Medicina Tradizionale Cinese
definisce l’obeso una persona indebolita per una carenza
del processo di assimilazione.
di conseguenza, per poter assimilare una sufficiente
quantità di nutrienti, l’obeso è costretto ad assumere
maggiori quantità di cibo, che comportano maggiori
quantità di scorie.
Ne risulta uno squilibrio metabolico e una insufficiente
eliminazione delle scorie, che si accumulano soprattutto
sotto forma di adipe.
L’approccio al trattamento dell’obeso quindi non può che
agire tenendo conto di tutti i meccanismi patogenetici e in
particolare dello stato di carenza del processo assimilativo,
che evolve in eccesso ponderale.
Il completamento di tutto l’iter terapeutico permette non
solo di raggiungere e mantenere il peso corretto ma anche
di stabilizzare il fisiologico processo di assimilazione.
Il protocollo tCM-CAo (traditional Chinese Medicine
Combined Approach to obesity), messo a punto dall’Istituto
Paracelso di Roma e applicato da medici competenti su
tutto il territorio nazionale, sarà presto a disposizione degli
assistiti MbA.
Gli effetti benefici del protocollo sono visibili già dopo i
primi giorni:
• Azione immediata diretta sulle masse adipose più voluminose e rimodellamento della figura, nell’imprescindibile rispetto della massa magra.
• Stato di benessere fisico.
• Sostegno al tono psicofisico e psicocomportamentale.
• Una perdita ponderale che avanza con progressione piuttosto dinamica.
• Assenza degli effetti collaterali che compaiono a seguito di perdita ponderale, come inestetismi dei tessuti cutanei che risultano invece tonici ed elastici.
• Riequilibrio di tutte le funzioni organiche.
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a cura dialessia elem
Che cosa si intende per educazione alla sessualità?
Per tabù, per imbarazzo, spesso non si parla di sesso, anche
se confrontarsi, senza necessariamente entrare nell’intimità
di ognuno, è importante.
Molti sono i dubbi e le domande che i genitori si pongono
sulla sessualità dei propri figli.
Per questo abbiamo intervistato la sessuologa Marinella
Cozzolino e, prima di capire qual è l’età e il modo giusto
per iniziare a parlare di sesso ai
bambini, le abbiamo chiesto:
“che cos’è il sesso?”
“Il sesso non è il rapporto
sessuale. Sesso è senso di
abbandono e appartenenza.
È la meravigliosa sensazione di
essere desiderati. non si può
vivere bene senza. Il desiderio
è il motore delle nostre energie.
È buon umore ed entusiasmo,
adrenalina pura. Il sesso è
corteggiamento e seduzione,
mettersi in gioco e vincere. È
appagamento per ansie e paure. È desiderio che unisce,
è voglia di stare insieme, voglia di stare bene. È carica e
ricarica. Chi fa l’amore ha gli occhi che brillano, lo sguardo
sereno e rilassato di chi è contento e fiero di sé. Chi fa
l’amore trasmette amore e benessere. È portatore sano di
allegria ed entusiasmo. Il sesso è positività, è un peccato
che non se ne parli”.
Che cosa si intende per educazione alla sessualità?
“L’educazione alla sessualità, soprattutto se impartita a un
figlio, è una parte fondamentale dell’educazione che un
genitore deve trasmettere. Comprende il riconoscimento
del suo corpo e della sua identità sessuale, l’essere
maschio o femmina per intenderci, e il rispetto per la
diversità dell’altro. non si può pretendere il rispetto senza
conoscenza. Ai bambini dobbiamo dare gli strumenti
adeguati per saper vivere.
Per tabù, per imbarazzo,
spesso non si parla di sesso
anche se confrontarsi, senza
necessariamente entrare
nell’intimità di ognuno, è
importante.
non credo si tratti di tabù nel
senso canonico del termine.
non è imbarazzo, pudore o
vergogna, è paura di scoprire
un mondo, il nostro mondo
sessuale, fatto di mancanze,
tradimenti o particolari fantasie.
La consapevolezza maggiore
che mi hanno dato i miei ventitré anni di esperienza clinica
è che la maggior parte della gente non vive una sessualità
sana e solo per questo ha difficoltà a parlarne. Se si ha
difficoltà tra adulti, la situazione si complica ancor di più
quando sono i bambini a fare delle domande.
Partiamo dal presupposto che molti genitori non hanno gli
strumenti per affrontare le domande dei bambini. Il mondo
della sessualità è fluido, in costante evoluzione. I bambini
possono chiedere informazioni in merito a profilattici,
penetrazione, sperma ma anche omosessuali, famiglie
omosessuali, travestiti e travestitismo. Potrebbe non essere
facile, per chi non ha gli strumenti per farlo, rispondere a
queste domande e soprattutto capire fino a che punto
spingersi. Per questo sarebbe necessario, in maniera
graduale, che se ne parlasse a scuola”.
dottoressa, secondo lei, qual è l’età giusta per iniziare
a parlare di sesso ai propri figli e quanto è importante
confrontarsi, non solo tra noi adulti, ma anche con i più
piccoli?
“Non esiste un’età giusta nello specifico, ma una piccola
regola c’è: quando i bambini fanno una domanda significa
che sono interessati e incuriositi da quell’argomento
e, per questo, sono pronti a comprenderne la risposta.
ovviamente, in base all’età si cercherà di usare le parole
educazione sessuale: a che età è opportuno iniziare a parlarne?
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più adatte. Solo a partire dalla quinta elementare si può
completare l’informazione parlando di penetrazione come
risposta alla domanda: come entra il semino di papà nella
pancia?”.
È importante insegnare il nome scientifico delle parti intime
come si fa con le altre parti del corpo?
“Sì, le cose vanno chiamate con il proprio nome. Si parlerà
di pene e vulva. Si parte da competenze precise per poi
spiegare loro che l’utilizzo inutile di termini volgari rende
volgare il tutto e rischia di portare l’adulto a non rispondere
più a nessuna domanda”.
In una società digitalizzata dove tutto è alla portata di
tutti è facile che i bambini arrivino a carpire informazioni
sbagliate. Lei cosa ne pensa?
“Internet fa danni enormi, soprattutto ai preadolescenti. Si
stima che tra i 10 e gli 11 anni la maggior parte dei bambini
abbia già visto scene di sesso molto esplicito. Il rischio è
l’ansia da prestazione che li accompagnerà negli anni
futuri rispetto alla sessualità”.
In conclusione, quali sono i suoi consigli?
“Nella maggior parte delle classi i bambini fin dalla prima
elementare parlano molto di organi genitali e di sessualità.
ne sanno di più di quanto immaginiamo. non sono solo
bimbi di prima elementare se qualcuno o molti tra loro
hanno fratelli maggiori. In classe arrivano informazioni di
ogni tipo. Il primo consiglio è di parlare con la scuola e
chiedere, quantomeno in quinta elementare, un incontro
con un esperto che possa dare informazioni corrette,
laiche e non tendenziose ai bambini.
Se proprio ciò non fosse possibile, devono necessariamente
pensarci i genitori: possono farsi aiutare da un libro specifico
o chiedere a un sessuologo di parlarne direttamente con i
bambini o di istruire i genitori affinché possano poi parlare
con i bimbi senza timori”.
Coopsalute è una cooperativa che nasce dalla volontà di costituire un unico punto di incontro tra la domanda e l’offerta di prestazioni e servizi socio- sanitari-assistenziali.
Peculiarità di Coopsalute è infatti quella di stipulare accordi e convenzioni con società di Mutuo Soccorso, Casse di Assistenza, Fondi Sanitari e Compagnie di Assicurazione da un lato e Cooperative, Società di Servizi e liberi professionisti dall’altro.Essere Cooperativa significa agire insieme per il benessere dell’ individuo e il miglioramento della qualità della vita, in un’ottica solidaristica e mutualistica.
Il primo network italiano dedicato all'assistenza domiciliare e a tutti quei servizi pensati e costruiti intorno alle esigenze dell'utente.
Coopsalute S.C.p.A. [email protected] www.coopsalute.org
Nello scenario socio-economico attuale, riveste un ruolo sempre più di rilievo l’assistenza domiciliare, rivolta ad anziani, disabili, malati e a chiunque si trovi a vivere particolari condizioni di fragilità. Per agevolare il paziente e la sua famiglia in termini di confort e privacy, è importante che tale prestazione sia svolta nel rispetto e nel mantenimento delle massime condizioni qualitative e con assoluta professionalità. Coopsalute assicura tali peculiarità, mediante un’accurata selezione su tutto il territorio nazionale degli erogatori di tali prestazioni, per poter poi formulare pacchetti di prestazioni e servizi ad hoc, da offrire ai suoi convenzionati.
Monitorando costantemente il mercato e i suoi mutamenti e i cambiamenti dei bisogni della collettività, Coopsalute, plasmandosi attorno ad essi, riesce a fornire prestazioni sempre innovative e attuali garantendo anche il costante supporto della sua Centrale Salute H24.
Coopsalute, convenzionata tra l’altro con oltre 20 Fondi Sanitari, casse di Assistenza e Società di Mutuo Soccorso, fruitori dei suoi servizi, intende proseguire la sua crescita, divenendo il principale punto di riferimento per tutti gli attori dello scenario socio-sanitario-assistenziale, il “regista” attraverso il quale le parti si incontrano, nel soddisfacimento di bisogni condivisi.
800 598 635
Centrale Cooperativa(riservato agli Assistiti)
06 90198069
info e ufficio convenzioni
aderente Aaderente Baderente Caderente D
aderente Aaderente Baderente Caderente D
aderente Aaderente Baderente Caderente D
aderente Aaderente Baderente Caderente D
L'assistito si affida a CoopsaLute per la propria esigenza sanitaria.
CoopsaLute si occupa di reperire, all'interno del suo network, le prestazioni richieste.
L'assistito usufruisce del servizio adatto alle proprie necessità.
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a cura di monica valentini Imparare a conoscere
la scafocefaliaIl cranio è costituito da ossa piatte e da suture; con la
crescita le suture si chiudono è così si forma il cranio.
È senza dubbio la struttura ossea più complessa del corpo
umano, essendo formato da 25-28 ossa sia pari che impari,
spesso con forma altamente irregolare, e connesse fra loro
con una certa variabilità.
La maggior parte di queste ossa sono piatte, formate da
due tavolati, uno esterno più spesso, ed uno interno meno
spesso, e da uno strato centrale spugnoso a bassa densità.
Lo spessore delle ossa varia generalmente in base alla
copertura muscolare, per cui saranno più sottili quelle parti
del cranio ricoperte da un numero di muscoli o da una
massa muscolare maggiore rispetto a quelle relativamente
esposte.
Le ossa del cranio sono interconnesse da articolazioni
fibrose dette suture, che tendono a chiudersi con
l’invecchiamento, ciascuna entro un range di tempo più o
meno definito, anche se non mancano eccezioni.
Le suture del cranio sono articolazioni fisse del tipo delle
sinfibrosi presenti tra le ossa del cranio e caratterizzate da
tessuto connettivo fibrillare denso.
la scafocefalia consiste nella fusione prematura sagittale;
quando le suture vanno incontro ad una veloce fusione, il
cervello, che spinge all’interno della scatola cranica, farà
crescere il cranio nella direzione consentita dalla sutura
rimasta aperta.
La testa del bambino appare molto allungata fin dalla
nascita, mentre la regione peritiale appare decisamente
ristretta.
La scafocefalia è la craniostenosi più frequente ed in
genere non comporta pressione endocrina elevata.
L’incidenza è di un bambino su 2000, con frequenza
maggiore nei maschi, inoltre non raramente è ereditaria.
La craniostenosi è una malformazione della struttura
cranica che consiste nella fusione precoce di una o più
suture craniche del neonato.
La presenza di asimmetrie nella struttura cranica è spesso
indicativa di una craniostenosi.
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40
Talvolta la diagnosi può essere resa più difficoltosa a causa
di tre diverse craniostenosi, ovvero quella della sutura
sagittale, quella della sutura coronale e quella della sutura
metopica.
La scafocefalia rientra tra le primarie forme di craniostenosi
ed è più frequente nei parti gemellari.
di norma si effettuano
due indagini. La prima è la
radiografia, con la quale
si possono osservare con
precisione le anomalie ossee,
poi si procede con una tAC,
per verificare lo stato del
cervello.
davanti a questa
malformazione si interviene
solo chirurgicamente;
l’operazione consiste
nell’asportazione della sutura
chiusa, che comporta quindi un ampliamento degli spazi
saturali ed incrementando il diametro biparitale fino a
normalizzare le curvature craniche.
L’intervento viene effettuato secondo la tecnica PI GRECo
SQUEEzE, ovvero per mezzo di un’incisione cutanea
dietro l’orecchio per asportare dei piccoli listelli ossei
parallelamente alla sutura sagittale e alle suture coronali.
Il momento migliore per effettuare questa operazione è
quando il neonato ha 9-10 mesi.
diversamente, superata questa età, la procedura
chirurgica è differente, vengono impiantati nel cranio i
SPRInGS.
Una volta asportata tutta la sutura nello spazio che rimane
vengono inseriti degli espansori (springs), che possiamo
immaginare come molle caricate. nel corso del tempo
gli espansori si allargano così da spingere le ossa verso
l’esterno, determinando l’aumento del diametro trasverso.
Gli springs vengono rimossi
dopo circa 4-5 mesi.
Il rischio mortalità che le
statistiche riportano è di 1
bambino su 100 operati, ma
nei reparti di neurochirurgia
pediatrica la sicurezza
aumenta decisamente e
addirittura in alcuni reparti
neurochirurgici pediatrici
italiani che operano da
decenni non si sono mai
registrati casi di mortalità.
Altre complicanze possono purtroppo riguardare
un’incisione troppo profonda o un rimodellamento non
ottimale, che comportano purtroppo la necessità di più
interventi in successione, ma anche questa complicazione
è praticamente nulla nei reparti pediatrici abituati a
intervenire sulle craniostenosi.
I centri di eccellenza in Italia per questo intervento sono
l’Ospedale Gemelli di Roma, il Gaslini a Genova, e il Mayer
a Firenze, all’avanguardia per esperienza e tecniche di
intervento.
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Siamo una delle più grandi realtà nel panorama della Sanità Integrativa e lo dobbiamo al lavoro, alla passione e alla professionalità che mettiamo in ogni sfida che dobbiamo affrontare.Siamo impegnati nella ricerca costante di nuovi traguardi da raggiungere, forti di un credo che vede la Salute e il Benessere della persona al centro di ogni nostra attività, diritti fondamentali da tutelare e promuovere.In questi anni abbiamo formato professionisti della Salute, sposando i principi di una Società moderna e collaborativa in cui tutti possano contribuire alla costruzione di un sistema socio-assistenziale solido, orientato sulla Cura Totale della persona.Insieme abbiamo creato una rete efficiente e ben organizzata sul territorio credendo nei nostri progetti, ma soprattutto nelle persone che ci hanno dimostrato, nel tempo, dedizione e disponibilità a formarsi. Persone che, ogni giorno, ci consentono di scrutare l’orizzonte con serenità e voglia di fare e alle quali vorremmo dire il nostro grazie.
ITALIA
“La salute è la più grande forza di un popolo civile”
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legge 3/2012 “salva suicidi”: la bella Sconosciuta
a cura diredazione health online
In questo numero di health online abbiamo deciso
di affrontare un tema molto importante ed attuale: il
sovraindebitamento di famiglie ed imprese.
Abbiamo intervistato omar brugnoli, CEo di Libera debito.
Ci racconti qualche cosa di lei, e di cosa si occupa L.d.
49 anni, Consulente Aziendale, da molti anni collaboro con
i principali istituti di credito. In questi ultimi anni, ho vissuto
con i miei clienti e con le banche la profonda crisi che ci
ha colpito.
Proprio da questo nasce Libera debito, una società
di consulenza di ispirazione
cristiana, che vanta un esperienza
consolidata in tema di analisi e
gestione dei rapporti debitori di
privati ed aziende.
La nostra società si avvale
di uno staff di avvocati e
commercialisti esperti in diritto
bancario e fallimentare distribuiti
capillarmente su tutto il territorio
nazionale.
Ci può spiegare cosa significa “sovraindebitamento”?
La crisi ha preso forza nel 2008, e in questi 7 anni sono
fallite più di 80.000 imprese, la perdita di 1.000.000 di posti
di lavoro, un indebitamento di oltre 500 miliardi di Euro
tra mutui, prestiti e finanziamenti. L’ammontare di rate
non pagate è di 60 miliardi, più di 1.400.000 abitazioni
all’asta, conseguenza finale più di 1000 suicidi per motivi
economici.
da qui la legge cosiddetta 3/2012 che permette di salvare
famiglie ed imprese dalla sovraesposizione debitoria.
Perché siamo arrivati a questi livelli di sovraindebitamento?
I motivi che hanno portato al sovraindebitamento sono
principalmente 3: gli imprevisti come la perdita improvvisa
del posto di lavoro, la diminuzione del reddito (diminuzione
fatturato, ore di lavoro etc.), malattie o decessi di un
componente della famiglia.
Un secondo fattore è causato dall’Economia globale: la
facilità di accesso al credito negli anni passati, l’aumento
dei tassi di interesse sui prestiti, la pressione fiscale e
l’aumento del costo della vita.
terzo ed ultimo motivo,
è la cattiva gestione dei
redditi, ovvero un esagerata
propensione al consumo, spese
eccessive, determinate spesso
da una cattiva educazione
finanziaria.
Perché viene chiamata legge
salva suicidi?
La legge 3/2012 è stata soprannominata dagli addetti ai
lavori “legge salva suicidi”. Si tratta di una procedura di
ristrutturazione dei debiti destinata ai privati ed alle piccole
imprese che permette la cancellazione dei debiti pregressi
(discharge) del debitore ivi compresi quelli verso il fisco
(Equitalia).
Il debitore che si trova schiacciato dal carico dei debiti
accumulati, non sarà più costretto a rinunciare al proprio
futuro, ma avrà una seconda opportunità per ripartire da
zero, pianificando la propria vita e quella della sua famiglia.
A chi è rivolta questa legge?
La legge 3/2012 è rivolta a: persone fisiche, famiglie,
artigiani, ditte individuali, società agricole, professionisti,
start up, fideiussori e tutte le società escluse dalle procedure
concorsuali.
Quali sono i vantaggi?
I vantaggi principali sono notevoli: ripianare i debiti con
Banche, finanziarie, fisco, Equitalia, ed in molti casi permette
di sospendere vendite all’asta. La legge fornisce un aiuto
concreto a famiglie ed imprese tutelando l’individuo,
permettendo di ripartire da zero.
43
Quale è il metodo che utilizza Libera debito e che tipo di
assistenza viene fornito?
Il metodo utilizzato per accedere alla pratica di
sovraindebitamento è molto semplice; in primo luogo viene
effettuato un Check Up, che ha come obiettivo quello di
fotografare la situazione del soggetto.
L’analisi si basa su alcuni criteri fondamentali: la capacità
reddituale e/o patrimoniale del soggetto ovvero i motivi
che hanno portato il soggetto al sovraindebitamento.
Attraverso queste informazioni, viene effettuata una pre-
analisi in modo da verificare, la fattibilità della pratica di
sovraindebitamento.
Se la pratica ha esito positivo viene redatta una proposta
di ristrutturazione del debito compatibile, che verrà
presentata unitamente al ricorso per l’accesso alla
procedura.
Come avviene l’analisi per sapere se si può rientrare o
meno nella legge?
L’analisi delle situazioni di sovraindebitamento avviene
tramite l’uso di un software contabile approvato ed una
piattaforma on line che consente la ricostruzione e la
valutazione della situazione economica e finanziaria del
cliente in tempo reale e con un metodo scientifico ed
oggettivo.
Un ultimo messaggio finale?
Un motto di Arturo Graf:
“nessun uomo che viva può pagare tutti i suoi debiti ma
bisogna almeno riconoscere quelli che non si possono
pagare”.
Questo è il nostro aiuto concreto come Libera debito!
per informazioni: www.liberadebito.it
mail: [email protected]
Caritas della ParroCChia di san lorenzo Martire
la Fondazione ha elaborato un sussidio sanitario che consente la copertura di spese per medicinali e spese mediche che il servizio sanitario nazionale non copre
adeguatamente. in questo modo i costi medici sostenuti dalle
famiglie sono alleggeriti e le stesse famiglie sono stimolate a curare e
preservare la loro salute!
Museo del Mutuo soCCorso
la Fondazione ha ereditato da MBa la collezione del Museo del Mutuo
soccorso; il museo, nato con la volontà di raccogliere significative testimonianze sulla storia del movimento mutualistico dal 1886 ad oggi, si prefigge da un lato
di salvaguardare e rendere fruibile al pubblico i beni attualmente in dotazione e dall’altro di promuovere la conoscenza e
la ricerca sul tema della Mutualità.
la Fondazione Basis, costituita per iniziativa congiunta di Mutua MBa, health italia e Coopsalute, insieme di realtà impegnate nel sociale e operanti primariamente nel settore della sanità integrativa, si propone di svolgere le proprie attività nei settori dell’assistenza socio-sanitaria, nella promozione e nella gestione di servizi educativi, culturali, sportivi e ricreativi, nella istituzione di borse di studio ed iniziative volte a migliorare e gratificare l’esperienza didattica, avvalendosi di strutture ricettive e servizi di accoglienza per giovani e per studenti.
Fondazione Basis | Via di santa Cornelia, 9 | 00060 | Formello (rM) | www.fondazionebasis.org | [email protected]
supportarefavorire
promuovereUn servizio dedicato alle realtà che costituiscono espressione della Società Civile!
tra le varie attività, la Fondazione Basis si è dedicata a:
a cura di alessia elem alcol-addiction: nuova
scoperta contro l’alcolismo
Si è scoperta la causa biologica responsabile della
dipendenza da alcol.
La ricerca arriva dall’Università di Linköping, in Svezia, e
potrebbe portare a ulteriori sviluppi nella ricerca di nuove
strategie.
Lo studio ha individuato un enzima che si “spegne” nelle
cellule nervose del lobo frontale quando si sviluppa la
dipendenza dall’alcol: la riduzione dell’attività dell’enzima
coinvolto nella comunicazione tra neuroni nella corteccia
prefrontale sarebbe così la causa biologica dell’alcolismo.
Gli esperti sono arrivati a questa conclusione dopo
aver indotto, per sette settimane, una dipendenza a
dei ratti, esponendoli 14 ore al giorno ai vapori di alcol.
Successivamente hanno sottratto questi stessi ratti all’alcol
per tre settimane e hanno notato i sintomi tipici, quali un
comportamento ansioso e l’aumento della dose di alcol
quando fosse disponibile.
Estelle barbier, ricercatrice del Center for Social and
Affective Neuroscience de l’Université Linköping en Suède,
ha trovato nei ratti in “astinenza”, dopo tre settimane di
privazione, una diminuzione nell’espressione dell’enzima
prdm2 nel cervello, in particolare nella corteccia
prefrontale. barbier ha spiegato che “la funzione di questo
enzima è di aggiungere un gruppo metile a istoni, che
sono proteine che si trovano nel cuore del dnA dei geni.
Questo cosiddetto enzima epigenetico aiuta a regolare
l’espressione dei geni coinvolti nella neurotrasmissione
e promuove il rilascio dei neurotrasmettitori nelle sinapsi
(spazio tra i neuroni). Una riduzione dell’attività della
Prdm2 conduce ad una diminuzione nell’espressione di
questi geni e quindi ad una probabile diminuzione della
neurotrasmissione”.
I roditori comunque hanno continuato a bere alcol,
nonostante la sua proprietà negativa, a differenza dei
45
che hanno superato i limiti del consumo abituale oltre i
quali si rischia di incorrere in problemi di salute.
Il consumo abituale eccessivo riguarda il 15,5% degli uomini
e il 6,2% delle donne, le ubriacature occasionali il 10% degli
uomini e il 2,5% delle donne.
11,1% è la percentuale di donne che bevono alcol tutti i
giorni, meno di un terzo degli uomini, che arrivano al 33,8%.
Resta significativa la differenza di consumo tra maschi e
femmine: solo una donna su due beve alcolici almeno una
volta nel corso dell’anno, mentre lo fanno oltre tre uomini
su quattro. beve alcol tutti i giorni oltre il 52% degli over 65.
18-24 anni è la fascia di età in cui avvengono più spesso
le ubriacature, con un dato complessivo del 21% della
popolazione. In particolare, il 21,5% è il picco dei maschi
tra i 18 e i 19 anni che si sono ubriacati nel 2014, contro il
7,9% delle femmine nella fascia 20-24.
L’abuso di alcol fa male e comporta dei seri rischi per la
salute e i giovani sono la categoria più sensibile.
ratti normali che si sono disinteressati a questa bevanda
contaminata. “Il comportamento compulsivo spingerà
gli alcolisti a continuare a bere, nonostante siano
consapevoli di perdere il loro lavoro e la loro famiglia, o di
provocare incidenti d’auto”, ha inoltre spiegato il biologo
molecolare. ha ricordato che una delle parti del cervello
che controlla i comportamenti compulsivi, impulsivi e il
processo decisionale, è la corteccia prefrontale. tuttavia,
è proprio in questa zona del cervello che hanno trovato la
diminuzione dell’enzima.
Lo studio, è bene ricordare, è stato svolto interamente nel
ratto, ma aver individuato l’enzima associato al consumo
di alcol, pone le basi di un percorso nell’individuare nuove
strategie per combattere la dipendenza.
Secondo i dati diffusi dall’Istituto nazionale di Statistica
(IStAt) relativi al 2014 e ottenuti su un campione di circa
24mila famiglie, in Italia sono 8milioni 265mila le persone
47
La Selvotta Suite è un’elegante Guest House nel cuore del Parco di Vejo, a pochi chilometri dallo storico comune di Formello ed a soli 17 Km a nord della città di Roma.
La bellezza del bosco di querce e la vicinanza al Parco della Selvotta rendono questa location unica nel suo genere, offrendo un’oasi di pace per varie specie di animali la cui compagnia sorprenderà piacevolmente i propri ospiti.
La camere, curate nei dettagli in forme e colori, dispongono tutte di servizi privati con doccia, asciugacapelli, TV, riscaldamento autonomo, aria condizionata, frigobar, cassaforte e Wi-Fi free. Su richiesta inoltre, è possibile usufruire del servizio lavanderia.
www.laselvottasuite.it | [email protected] della Selvotta, 23 | 00060 | Formello (RM)
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Calo vaccini, in Italia arriva lo spettro della difterite
a cura dimariachiara manopulo
Complice il calo dei vaccini, è ritornata in Italia la difterite,
una malattia che pensavamo ormai debellata. La notizia
è stata data nel corso di un congresso di pediatria che
si è svolto a metà novembre a Firenze, dal presidente
dell’Istituto superiore di sanità (Iss), Walter Ricciardi: “Si
è verificato un primo caso di nodulo difterico, spia di un
contatto con il batterio che non si è evoluto nella malattia,
perché il microrganismo è stato contrastato dal sistema
immunitario”. Ricciardi ha poi aggiunto: “Ci attendiamo
anche in Italia il ritorno della poliomielite”.
Lo scorso anno la copertura vaccinale per la malattia nel
nostro Paese è scesa sotto la soglia del 95%, raccomandata
dall’organizzazione Mondiale della Sanità (oms), che
garantisce l’ “immunità di gregge”, cioè riesce anche
a proteggere le persone non vaccinate dal contagio.
Attualmente la copertura media è del 93,5%, ma in alcune
Regioni la percentuale è molto più bassa. Purtroppo il
problema è serio, anche perché,
credendola una malattia ormai
scomparsa dai nostri territori,
molte aziende hanno cessato
la produzione di antitossina
difterica, per cui, alcuni Paesi
non possono reintegrare le
scorte, Italia inclusa. nel nostro
Paese, l’ultimo caso pediatrico,
mortale, risale al 1991 ma,
secondo gli esperti, con il calo delle vaccinazioni le cose
potrebbero cambiare.
Anche altri Paesi d’Europa corrono lo stesso rischio.
Qualche mese fa, in belgio, la difterite ha ucciso un piccolo
di 3 anni. L’anno scorso, invece, in Spagna è morto un
bambino di sei anni, il primo caso dall’ultimo registrato nel
1986. nessuno di loro era stato vaccinato.
Ma cos’è la difterite, e quali sono i sintomi? Si tratta di
una malattia infettiva acuta, provocata dal batterio
Corynebacterium diphtheriae: una volta entrato nel nostro organismo, rilascia una tossina che può danneggiare, ma anche distruggere, organi e tessuti.
Gli organi coinvolti – come è spiegato sul sito di Epicentro,
il Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e
promozione della salute dell’Istituto superiore di sanità
- cambiano a seconda del tipo di batterio: il più diffuso colpisce la gola, il naso e a volte anche le tonsille; un altro tipo, presente soprattutto nelle zone tropicali, causa ulcere della pelle. l’infezione può anche colpire gli organi genitali femminili o la congiuntiva, la membrana che ricopre il bulbo oculare e la parte interna delle palpebre. Ci si può
ammalare ad ogni età, ma la malattia riguarda soprattutto
i bambini piccoli non vaccinati.
Si trasmette per contatto diretto con una persona infetta,
oppure con oggetti contaminati da secrezioni delle lesioni
di un paziente. Il periodo di incubazione può durare da
due a cinque giorni. Quando il batterio colpisce l’apparato
orofaringeo, causa mal di gola, un po’ di febbre, perdita
dell’appetito. Nel giro di due o tre giorni, sulla superficie
delle tonsille e della gola si forma una membrana grigiastra,
che si infiamma. Le lesioni possono anche sanguinare
e assumere un colore verdastro o nero. L’infezione può
anche provocare gonfiore del collo e ostruzione delle vie
respiratorie.
dalla difterite si guarisce, ma possono a volte insorgere gravi complicanze per il cuore: aritmie, con rischio di arresto
cardiaco, miocardite, insufficienza cardiaca progressiva.
Secondo il Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza
e promozione della salute dell’Istituto superiore di sanità,
la difterite va sospettata nella diagnosi differenziale nelle seguenti patologie: faringiti batteriche e virali, mononucleosi infettiva, sifilide orale, candidosi, angina di vincent. La diagnosi viene
confermata dall’esame
batteriologico delle lesioni.
Gli individui ammalati vanno
subito trattati con l’antitossina e antibiotici (eritromicina o
penicillina), e, per evitare il contagio, tenuti in isolamento.
dopo un paio di giorni di terapia non sono più contagiosi.
Chiaramente, la prevenzione è fondamentale: e in questo
caso prevenzione significa vaccinazione. Il vaccino,
disponibile dal 1920, contiene la tossina batterica, trattata
in maniera tale da non essere più tossica per l’organismo,
ma comunque in grado di stimolare la produzione di
anticorpi protettivi da parte del sistema immunitario. Questo vaccino viene di solito somministrato in combinazione con quello contro il tetano e contro la pertosse. oggi si tende a
vaccinare i bimbi con il vaccino esavalente, che protegge
anche contro la poliomielite, l’epatite virale b e le infezioni
invasive da Haemophilus influenzae B.
In particolare, si consiglia il vaccino a:
1)tutti i bambini nel primo anno di vita
2)tutti gli adulti non vaccinati
3)persone che si recano nelle zone dove la malattia è
endemica.
Il vaccino è costituito da tre dosi, che vanno somministrate
al terzo, quinto e dodicesimo mese di vita. vengono poi
eseguite due dosi di richiamo, a 6 e 14 anni, per rendere la
protezione totale. Si possono poi fare richiami ogni 10 anni,
per conservare una buona immunità.
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LE RICEttE dELLA SALUtE
Come di consueto abbiamo il piacere di presentare ricette sane e gustose per promuovere uno stile di vita corretto ed equilibrato, che parta proprio dalle nostre tavole.non sempre “piatto saporito” equivale a dire “sano” per questo è importante incentivare, per noi che abbiamo a cuore la salute dei nostri lettori, la riscoperta di gusti e ingredienti genuini e proporre soluzioni che preservino da patologie più o meno rischiose.In questo numero health online ha il piacere di presentare una ricetta elaborata con Grano saraceno Fitowell, l’innovativa linea di prodotti vegetali ad alto contenuto proteico pensata per apportare all’organismo più proteine salubri possibili, senza ricorrere ad un uso smodato della carne e dei suoi derivati.
per scoprire le altre ricette Fitowell visita il sito www.fitowell.com
Polpette di amaranto, grano saraceno, riso integrale e mais
Ingredienti per 3 persone
50g di grano saraceno50g di amaranto
50g di riso integrale140g di mais (in scatola)
1 cucchiaio di fecola di patateOlio extravergine d’oliva
SalePepeCurry
Pangrattato
Procedimento
Cuocete il grano saraceno, l’amaranto e il riso integrale seguendo le indicazioni scritte sulla confezione.
Successivamente versateli in una terrina capiente e aggiungete il mais, la fecola di patate, 1 cucchiaio d’olio, sale, pepe, 1 cucchiaino di curry, 1 cucchiaio di pangrattato e amalgamate il tutto con cura. Realizzate le vostre polpette con le mani e subito dopo trasferitele
nel pangrattato.Cuocete 2 minuti per lato in una padella antiaderente con un
cucchiaio d’olio, oppure in forno preriscaldato a 200° per circa 15 minuti, fino a doratura.
di “Riganelli Alessandro Azienda Agraria”
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Spesso l’importanza e i benefici che contraddistinguono i prodotti ricchi di proteine di origine vegetale vengono sottovalutati e l’apporto giornaliero della componente
proteica avviene per lo più tramite il consumo di carne e suoi derivati.
Vi è ampio accordo nel mondo scientifico, nel consigliare una dieta basata sul minor utilizzo di carne, di buona qualità, alternata a fonti proteiche di origine vegetale.Seguire una dieta il più possibile varia, infatti, assicura all’organismo tutti i nutrienti
necessari a vivere in salute e favorisce un migliore benessere psico-fisico.
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Grano saraceno
FagioliMung
FagioliAdzuki
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Riganelli Alessandro Azienda AgrariaVia Matteotti, 5 - 06055 - Compignano (PG) - Italia
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