L’EVOLUZIONE DEI GRUPPI DI VERTICE NELLE PMI FAMILIARI
Prof. Cristiana CompagnoDipartimento di Scienze Economiche
Università di UdineVia Tomadini 30/a
33100 UdineTel: +39 –0432 249214Fax +39 –0432 249229
Dott. Daniel PittinoDipartimento di Scienze Economiche
Università di UdineVia Tomadini 30/a
33100 UdineTel: +39 –0432 249214Fax +39 –0432 249229
INTRODUZIONE
L’obiettivo di questo lavoro è lo studio delle dinamiche dei gruppi di vertice nelle pmi
familiari in occasione dei processi di successione imprenditoriale. Molte ricerche
empiriche nazionali ed internazionali attestano che la transizione generazionale
rappresenta un momento critico per la continuità e per lo sviluppo della piccola impresa
familiare. Nella nostra prospettiva la successione imprenditoriale rappresenta
un’opportunità evolutiva attraverso la quale definire le condizioni di evoluzione
dell’impresa. Tali condizioni risiedono da un lato nella capacità di riformulare le basi
del vantaggio competitivo e dall’altro nella capacità di razionalizzare, in relazione alle
esigenze di sviluppo dell’impresa, il ruolo della famiglia all’interno dell’organizzazione.
Nuove dinamiche strategiche e nuove configurazioni della relazione tra famiglia e
impresa possono essere congiuntamente analizzate attraverso lo studio dei cambiamenti
nella struttura e nella composizione dei gruppi di vertice in seguito ai processi di
successione. La ricerca che presentiamo si svolge su numerose variabili che presentano
tra loro complementarietà interpretativa e metodologica. Allo studio delle caratteristiche
demografiche dei componenti del gruppo di vertice si associa lo studio delle modalità di
funzionamento dello stesso attraverso l’analisi dei processi di delega e delle relazioni tra
ruoli familiari, proprietari e gestionali. La congiunta considerazione di queste variabili
consente di individuare all’interno delle 96 piccole e medie imprese familiari esaminate,
tre tipologie di gruppo di vertice che presentano diverse e interessanti correlazioni con
le modalità di gestione del processo di transizione e con le dinamiche
competitive/innovative delle imprese.
1. SCHEMA TEORICO
Il processo di transizione generazionale rappresenta una fase cruciale nella vita delle
piccole e medie imprese familiari. La gestione efficace della transizione ai vertici
dell’azienda implica infatti l’assunzione di una serie di decisioni strategiche necessarie a
garantire la continuità del sistema e a porre le basi per il suo sviluppo.
L’ipotesi di fondo è che il processo di successione imprenditoriale costituisca
un’importante occasione di sviluppo per l’impresa familiare che può e spesso deve
tradursi in un rinnovo dei fondamenti del vantaggio competitivo. La successione in
questa prospettiva va letta in chiave di continuità e riorientamento del business e non
solo di avvicendamento fisico tra persone.
Un punto di osservazione privilegiato per indagare le potenzialità evolutive della
successione imprenditoriale è lo studio dei cambiamenti nelle caratteristiche e nella
2
struttura del gruppo di vertice generati dal ricambio generazionale (Compagno, Pittino,
2001)
Tale prospettiva offre una chiave di lettura per analizzare il rapporto tra le
caratteristiche del gruppo di vertice e la tensione al cambiamento e all’innovazione delle
piccole e medie imprese familiari.
Le caratteristiche dei gruppi di vertice in queste imprese discendono dalle relazioni
reciproche tra i sistemi sociali “famiglia”, “proprietà”, “impresa” e dall’ampiezza della
sovrapposizione istituzionale tra queste dimensioni (Lansberg,1983; Kets deVries,
1993). L’interazione tra i sistemi sociali definisce i fattori di complessità dell’impresa
familiare (Compagno, 2000a; Montemerlo, 2000) che si riflettono nelle caratteristiche
della proprietà e nella configurazione dell’assetto organizzativo e gestionale (Demattè,
Corbetta, 1993).
In virtù di queste specifiche dinamiche i gruppi di vertice non possono definirsi in base
a criteri istituzionali e/o gerarchici, bensì in base a parametri funzionali. Ciò indica che i
gruppi di vertice nelle pmi familiari non sono univocamente definiti, ma devono essere
di volta in volta individuati sulla base dell'effettivo presidio organizzativo dei processi
decisionali chiave.
Secondo la nostra prospettiva, i gruppi di vertice sono composti dai soggetti che
assumono le decisioni fondamentali riferite a tre categorie principali:
le scelte di governance;
gli indirizzi strategici di lungo periodo;
le strategie competitive relative all’area o alle aree d’affari in cui opera
l’impresa.
Nell’ambito dello strategic management esiste un’ampia letteratura che ha studiato,
3
attraverso modelli teorici e analisi empiriche, il rapporto tra caratteristiche dei gruppi di
vertice e risultati aziendali.
Questi studi hanno principalmente per oggetto le imprese di grandi dimensioni, con
strutture manageriali ampie ed articolate, e sono incentrati sulla “Upper Echelons
Theory” elaborata da Hambrick e Mason (1984). Gli autori ipotizzano che le
caratteristiche culturali, psicologiche e cognitive e le competenze individuali sottostanti
alle variabili demografiche "osservabili" costituiscano importanti fattori di influenza
sulle dinamiche di gruppo e sulle conseguenti decisioni assunte dal top management
team. La "Upper Echelons Theory" si fonda sul concetto di "coalizione dominante"
(March e Simon, 1958; Cyert e March, 1963), per spiegare come i dirigenti siano in
grado di influenzare i risultati dell'impresa attraverso la qualità delle decisioni che
intraprendono (Hambrick e Mason, 1984):i top managers effettuano scelte che sono
coerenti con la loro base cognitiva, altrimenti definita nella teoria come executive
orientation (Finkelstein e Hambrick, 1996): la base cognitiva può essere approssimata
da due serie di fattori:
a) le caratteristiche psicologiche, comprendenti la cultura, i valori, i modelli di
comportamento e i tratti della personalità.
b) Le esperienze osservabili (ad esempio, percorso formativo seguito, backgrond
professionale).
L'assunzione fondamentale della "Upper Echelons Theory" stabilisce che le
caratteristiche demografiche sono sistematicamente legate agli elementi psicologici,
culturali e cognitivi che definiscono l'orientamento dei top managers.
Le ricerche che hanno impiegato questo schema teorico hanno posto in relazione le
caratteristiche demografiche dei top managers e/o i gradi di diversità demografica nel
4
gruppo di vertice a una serie di performances aziendali, riferite ad esempio a: risultati
finanziari, (Keck, 1991; Hambrick e D’Aveni, 1992; Michel e Hambrick, 1992;
O’Reilly e Flatt, 1989, Murray, 1989; Norburn e Birley, 1988), strategia, (Finkelstein e
Hambrick, 1990; Michel e Hambrick, 1992), cambiamento strategico (Grimm e Smith,
1992; Wiersema e Bantel, 1992), innovazione nelle strutture organizzative (Bantel e
Jackson, 1989; Smith et al. 1993).
Wiersema e Bantel (1992) osservano, in particolare, che le caratteristiche di un gruppo
di vertice propenso ad intraprendere nuovi percorsi strategici sono:
la reattività ai cambiamenti nel contesto ambientale;
la disponibilità all’assunzione di rischi;
la varietà nelle fonti di informazione e nelle prospettive cognitive;
la creatività e la propensione ad innovare.
Tutte le tendenze menzionate si riflettono in un indicatore-chiave che è la composizione
demografica del gruppo di vertice. In particolare, i caratteri demografici singolarmente
considerati definiscono le dimensioni della reattività al cambiamento e della
disponibilità all’assunzione di rischi, mentre l’omogeneità o l’eterogeneità tra i caratteri
stessi indica la varietà di fonti informative, il grado di “creatività”, l’innovatività nello
stile di decisione (Fig. 1) (Wiersema e Bantel, 1992; Grimm e Smith, 1991; Bantel e
Jackson, 1989).
5
Figura 1. Caratteristiche dei gruppi di vertice e condizioni per il cambiamento
strategico.
Le ipotesi e i risultati che derivano dall’applicazione dello schema teorico descritto
possono essere estesi, con opportuni aggiustamenti e integrazioni, anche alle pmi
familiari. Nella letteratura sulle imprese familiari, la relazione tra modelli cognitivi,
processi decisionali e risultati aziendali è stata spesso affrontata soprattutto con
riferimento alla figura dell’imprenditore capo azienda, che, con il suo profilo personale,
le sue motivazioni e le sue precedenti esperienze rappresenta il fattore principale per
capire l’evoluzione dell’azienda a partire dalle sue prime fasi di vita (Schein, 1983;
Miller, Kets de Vries e Toulouse, 1982; Hage e Dewar, 1973). L’estensione dell’analisi
dalle caratteristiche personali dell’imprenditore alle caratteristiche dei gruppi di vertice
delle imprese familiari permette di evidenziare i fenomeni di ibridazione culturale e di
arricchimento delle competenze che sono fondamentali nell’evoluzione di queste
organizzazioni, spesso bloccate nella loro crescita da “trappole cognitive” derivanti da
6
CARATTERISTICHE DEMOGRAFICHE
CAMBIAMENTO STRATEGICO E
ORGANIZZATIVO
OMOGENEITÀ/ETEROGENEITÀ DEMOGRAFICA
Reattività al cambiamento
Propensione al rischio
Diversità nelle fonti di informazione enelle prospettive cognitive.
Stile di decisione
creativo/innovativo.
eccessiva omogeneità nella coalizione di comando.
Un’ipotesi di base della nostra ricerca è che nelle piccole e medie imprese familiari la
reattività al cambiamento, la propensione all’innovazione e la disponibilità
all’assunzione di rischi siano associate a:
- giovane età;
- breve periodo di permanenza nell’organizzazione;
- alto livello di istruzione ed elevata specializzazione tecnica.
L’età anagrafica è un elemento che è in grado di condizionare i processi decisionali , le
prospettive e le scelte; la flessibilità personale decresce all’aumentare dell’età, mentre
crescono, di contro, la rigidità e la resistenza al cambiamento.
Per quanto riguarda gli anni di permanenza all’interno dell’organizzazione, le ricerche
empiriche evidenziano che lunghi periodi di permanenza determinano un elevato
attaccamento dei soggetti allo status quo e alla cultura dominante nell’organizzazione.
Questo fenomeno è particolarmente evidente nelle piccole imprese familiari, in cui
esiste una struttura fondamentalmente stabile e coesa attorno ai valori dell’imprenditore
fondatore.
Un’ulteriore conseguenza che deriva da lunghi periodi di permanenza nell’impresa è
rappresentata dalle modalità di gestione dei processi informativi e decisionali tipici delle
imprese familiari. I membri di un’organizzazione tendono, nel tempo, a ricorrere a
canali informativi abituali, affidandosi sempre più all’esperienza passata invece che a
nuovi stimoli. I membri del vertice strategico tendono così a sviluppare un particolare
repertorio di risposte a sollecitazioni ambientali e organizzative; questo repertorio
costituisce una forte barriera contro qualsiasi cambiamento (Compagno, 2000b).
Il livello di istruzione riflette le abilità e le capacità cognitive di una persona. Alti livelli
7
di istruzione sono in genere associati con elevata capacità di processare informazioni e
possibilità di discernimento tra una varietà di stimoli. Gli individui istruiti hanno in
genere vedute ampie, tollerano condizioni di ambiguità e sono abili nel gestire
situazioni complesse (Bantel e Jackson 1989). Inoltre, ad alti livelli di istruzione è
spesso associata una alta reattività al cambiamento, insieme ad un’elevata propensione
all’innovazione. Ci si aspetta, perciò, che soggetti dotati di elevata istruzione siano più
propensi ad intraprendere scelte che implicano cambiamenti strategici.
La scelta di una specializzazione negli studi riflette, inoltre, lo stile cognitivo e la
personalità di un individuo; il curriculum seguito modella le prospettive, la visione della
realtà ed i parametri di giudizio (Hitt e Tyler,1991).
Un’altra assunzione di base è che la creatività e la propensione all’innovazione derivano
dal grado di omogeneità/eterogeneità nelle caratteristiche dei membri del gruppo di
vertice. L’omogeneità rappresenta “un indicatore aggregato di similarità interpersonale
lungo una o più dimensioni” (Murray 1999 pag. 127). Un gruppo di vertice ad alta
omogeneità è composto, ad esempio, da membri di simile età anagrafica, anzianità e
background aziendale.
Il principale carattere che si osserva nei processi decisionali delle imprese familiari, in
cui la centralità dell’imprenditore genera una cultura forte e omogenea, è la capacità di
creare consenso sulle decisioni (Priem, 1990, Knight et alii, 1999).
Dal punto di vista strategico, questa situazione di omogeneità crea condizioni di
continuità nel processo decisionale; la condivisione di comportamenti, linguaggi e
valori facilita l’integrazione, la comunicazione e il problem solving.
I gruppi omogenei tipici delle piccole e medie imprese familiari possono tuttavia
presentare risvolti negativi in termini di alti livelli di conformismo, illusione di
8
“invincibilità” (Costa, 1999), situazioni patologiche di groupthink e assenza di “apertura
informativa”(Grandori, 1999).
Caratteristiche opposte appartengono evidentemente ai gruppi eterogenei.
L’eterogeneità demografica rappresenta una diversità fondamentale nelle basi cognitive
di un gruppo. Un team eterogeneo tende ad utilizzare informazione da una grande
varietà di fonti e ad avere varie prospettive e modalità di interpretazione della realtà. La
differenziazione nella struttura dei valori di un gruppo determina una alta complessità e
un basso livello di consenso, accrescendo in questo modo “la ricerca di informazione, la
percezione delle possibilità di cambiamento, l’intensità del cambiamento stesso”
(Dutton e Duncan 1987; Pegels, Song e Yang, 2000; Gatrell, Jenkins, Tucker, 2001;
Cappuyns, Gallo, 2001).
L’eterogeneità nel gruppo di vertice delle imprese familiari è spesso associata a processi
di successione generazionale che consentono l’apertura di assetti gestionali e
proprietari(Gubitta, Gianecchini, 2001)
Nella nostra analisi, il rapporto tra gruppo di vertice e performance nelle imprese
familiari (Gnan, Montemerlo, 2001), viene osservato anche dal punto di vista della
struttura e dell’articolazione dei diversi organi di governance e di management. Questa
prospettiva rappresenta un’integrazione rispetto all’analisi delle sole variabili
demografiche, poiché,mentre l’analisi delle variabili demografiche è sostanzialmente di
tipo statico e permette di identificare solo le potenzialità innovative del gruppo di
vertice, l’analisi della struttura e delle relazioni tra le unità descrive le effettive modalità
di funzionamento del vertice aziendale, evidenziando elementi cruciali quali, ad
esempio, i criteri di attribuzione delle funzioni decisionali, i meccanismi di
comunicazione e trasmissione delle informazioni tra i membri, le dinamiche con cui
9
vengono intraprese le scelte nell'ambito dell'organizzazione. Gli aspetti di rilievo
operativo che in questa prospettiva devono essere considerati sono:
contenuti e grado della delega decisionale concessa dal soggetto imprenditoriale;
presenza di una pluralità di organi di governance e gestione, con una chiara ed
effettiva ripartizione dei compiti e delle responsabilità.
Le ipotesi poste a fondamento della nostra ricerca sono quindi le seguenti:
1. I processi di transizione generazionale determinano cambiamenti nella struttura e
nella composizione dei gruppi di vertice;
2. Le caratteristiche demografiche e le caratteristiche strutturali del gruppo di vertice,
condizionano la tensione all’innovazione e al cambiamento e quindi le performance
delle piccole e medie imprese familiari.
3. L'influenza delle diverse tipologie di gruppo di vertice sui cambiamenti strategici si
esprime in termini di numero e varietà delle aree organizzative interessate da
innovazioni
2. METODOLOGIA DELLA RICERCA
I dati sono stati rilevati su un campione composto da 96 piccole e medie imprese
localizzate nel Friuli Venezia Giulia e interessate da processi di transizione
generazionale. Il 75% delle imprese ha completato il processo; nel 25% delle imprese il
processo è ancora in corso Le aziende del campione appartengono per lo più a settori
tradizionali (40% legno-arredamento, 10% chimico, 10% siderurgico, 13% elettronico,
17% meccanico, 4% servizi, 2% alimentare, 1% tessile, 3% edilizia), e non di rado
operano come leader nei mercati locali di riferimento. Dal punto di vista della
dimensione dell’organico le imprese sono così distribuite: il 20% conta meno di 20
10
addetti, il 56% occupa tra 20 e 100 addetti; 24% occupa tra 100 e 200 addetti. Hanno
un’età media relativamente elevata (50 anni) e sono per lo più di seconda generazione.
La rilevazione è avvenuta tramite un questionario, somministrato attraverso intervista
diretta all'imprenditore e, ove possibile, ai suoi più stretti collaboratori, finalizzato a
rilevare le caratteristiche dei gruppi di vertice prima e dopo il processo di successione e
a descrivere l’evoluzione nella composizione del gruppo avvenuta in corrispondenza
del trasferimento del ruolo imprenditoriale.
I dati rilevati sono stati elaborati attraverso una analisi aggregata di similarità tra
variabili, effettuata con riferimento alle seguenti categorie (Fig. 2):
a) Composizione del gruppo di vertice.
a1. profilo della compagine familiare;
a2. profilo della squadra manageriale;
a3. fattori di omogeneità/eterogeneità nelle caratteristiche demografiche.
b) Struttura e funzionamento del gruppo di vertice.
b1. rapporti proprietà-governo-gestione
b2. grado di accentramento delle decisioni
I profili della compagine familiare e della squadra manageriale sono stati definiti
attraverso le seguenti caratteristiche demografiche:
livello di istruzione;
competenze specialistiche;
esperienze professionali.
I caratteri demografici “età media dei membri” e “periodo di permanenza nell’impresa”
non sono considerati variabili rilevanti per definire il profilo innovativo del gruppo di
vertice. I valori medi dell’età e del periodo di permanenza in azienda diminuiscono in
11
tutte le imprese in seguito al processo di transizione generazionale e non costituiscono,
pertanto, un parametro di differenziazione.
Per definire il profilo innovativo del gruppo di vertice in termini di varietà e ampiezza
dei cambiamenti strategici possibili usiamo, invece, le misure di eterogeneità nell’età e
nel periodo di permanenza.
Figura 2. La metodologia della ricerca.
Gli indicatori di omogeneità/eterogeneità sono dunque:
il coefficiente di variazione nell’età dei membri;
il coefficiente di variazione nel periodo di permanenza nell’organizzazione;
il coefficiente di variazione nel livello di istruzione;
la percentuale di membri del team legati da vincoli di parentela con
12
Struttura e modalità di funzionamento del gruppo di vertice
96 PMI FAMILIARI
Composizione delgruppo di vertice
PROCESSI DI SUCCESSIONE E TIPOLOGIE DI GRUPPI DI
VERTICE
INNOVAZIONI STRATEGICHE E ORGANIZZATIVE
l’imprenditore-leader;
la percentuale di membri del team con esperienze professionali in altre imprese
(dello stesso settore o di settori diversi);
la percentuale di membri del gruppo di vertice con provenienza geografica
diversa da quella della famiglia controllante.
I rapporti proprietà-governo-gestione sono stati osservati individuando i profili dei
consigli di amministrazione, e analizzando il grado di identificazione tra membri degli
organi direttivi e membri degli organi di governance. I profili del consiglio sono stati
distinti, attraverso un'analisi fattoriale in: formale, fiduciario e strategico (Compagno,
2000 b)1.
Il consiglio di amministrazione formale risponde esclusivamente a obblighi di legge;
non svolge funzioni di indirizzo strategico per l’impresa; le riunioni sono poco frequenti
e brevi, perché durante esse i membri si limitano ad approvare deliberazioni formali e a
ratificare decisioni assunte in altri contesti dai soggetti familiari che detengono il
controllo.
Il consiglio fiduciario si osserva in presenza di proprietari familiari e non familiari che
non sono direttamente impegnati nella gestione. Le riunioni sono più frequenti rispetto
a un consiglio formale e hanno lo scopo di informare sull’andamento dell’impresa i soci
familiari non attivi e i soci esterni.
Il consiglio di amministrazione strategico si riunisce spesso per discutere tutti gli
aspetti che interessano la vita dell’impresa. Le discussioni interessano in particolare
l’attività di pianificazione strategica e definizione degli obiettivi di lungo periodo.
Il grado di accentramento-decentramento è stato definito sulla base di un coefficiente di
accentramento “verticale” calcolato in media per le più importanti funzioni aziendali,
13
considerando, all’interno di ciascuna funzione, i processi decisionali più critici distinti
nelle loro diverse fasi (informazione, consiglio, scelta, autorizzazione, esecuzione,
controllo)2 (Mintzberg, 1985; Paterson, 1969) (Fig. 3).
Figura 3. Fasi del processo decisionale
Se al responsabile funzionale o di processo sono concretamente delegate solo le attività
di informazione-consiglio il coefficiente di decentramento è fissato a 0.2; Se la delega
riguarda le attività di informazione-consiglio-esecuzione il coefficiente di
decentramento è 0.5; se la delega riguarda tutte le fasi il coefficiente è pari a 1.
L’impatto dei processi di transizione generazionale sulla configurazione dei gruppi di
vertice è stato analizzato anche in relazione ad alcune variabili contingenti:
dimensioni dell’impresa; settore di appartenenza; ultima generazione al comando
dell’impresa; presenza di pianificazione del processo; tipologia di successione
proprietaria realizzata; competenze del successore.
L’ultimo passo dell’analisi è stata l’individuazione di eventuali relazioni tra le
configurazioni assunte dai gruppi di vertice in corrispondenza del processo di
transizione e l’ampiezza e varietà dei processi di cambiamento strategico e
organizzativo posti in atto dalle imprese.
3. RISULTATI
L'osservazione della struttura, della composizione e delle modalità di funzionamento dei
gruppi di vertice ha permesso di individuare tre configurazioni:
14
Informazione Consiglio Scelta Autorizzazione Esecuzione Controllo
- Gruppo di vertice ad accentramento imprenditoriale.
- Gruppo di vertice con famiglia professionale
- Gruppo di vertice con rafforzamento manageriale
La dimensione media del gruppo ad “accentramento imprenditoriale” è di 4 membri,
con un intervallo di variabilità che va da 2 a 8; il gruppo con “famiglia professionale”
comprende in media 5 soggetti, con una variabilità da 3 a 8; Il gruppo a “rafforzamento
manageriale”, infine, conta in media 6 membri, con una variabilità da 4 a 12.
Osserviamo nel dettaglio le caratteristiche di ciascuna tipologia con riferimento ai
profili demografici dei membri, ai gradi di omogeneità ed eterogeneità all'interno della
coalizione, alla struttura e alle modalità di funzionamento del gruppo.
Profilo demografico dei membri familiari.
L'ampiezza della compagine familiare è tendenzialmente omogenea nelle tre tipologie;
risulta leggermente inferiore nel gruppo di vertice a “centralizzazione imprenditoriale”.
Il livello di istruzione dei membri è crescente: mentre nella tipologia "centralizzazione
imprenditoriale", in media solo il 10% dei componenti della famiglia è in possesso di un
titolo di studio universitario, le percentuali salgono decisamente nelle configurazioni a
“famiglia professionale” e con “rafforzamento manageriale” (Tab.1).
Tab.1. Profilo demografico dei membri della famiglia.
Centralizzazione imprenditoriale
Famiglia Professionale
Rafforzamento Manageriale
Ampiezza media 3.7 4,2 4
Livello di istruzione (Percentuale di membri con titolo di studio universitario)
10% 40% 45%
Competenze specialistiche distintive
Competenze Tecnico-Produttive
Competenze amministrative e di controllo gestionale
Competenze Finanziarie,
commerciali e di
15
marketingEsperienze professionali in altre imprese 5% 20% 25%
Le competenze specialistiche sono nettamente diverse nei tre gruppi; il profilo delle
competenze varia comunque in modo additivo e non mutuamente esclusivo: passando
da un gruppo all'altro si osserva un arricchimento delle skills specifiche, con l'emergere
di aree distintive di specializzazione.
Nella tipologia a “centralizzazione imprenditoriale” predominano le abilità tecnico-
produttive; nel gruppo di vertice con famiglia professionale si riscontra una presenza
significativa di familiari che hanno acquisito una preparazione focalizzata sugli aspetti
amministrativi, contabili e di controllo. Nel gruppo di vertice con “rafforzamento
manageriale” alle competenze in ambito tecnico e amministrativo si aggiungono, come
elementi caratterizzanti, conoscenze applicate nelle aree finanziarie, commerciali e di
marketing.
Le esperienze professionali in altre imprese sono limitate, nella prima tipologia, ad
aziende operanti nello stesso settore, e riguardano una frazione molto esigua di membri.
La percentuale di familiari che hanno lavorato con mansioni di responsabilità in altre
imprese è più elevata nei gruppi di vertice con famiglia professionale. Le esperienze al
di fuori dell'azienda di famiglia possono riguardare in questi casi anche realtà di grandi
dimensioni e gruppi multinazionali.
Profilo demografico dei managers non familiari.
La dimensione della compagine dei managers non appartenenti alla famiglia è molto
limitata nella tipologia a “centralizzazione imprenditoriale” e varia da 0 a 2 soggetti. I
dirigenti sono nella maggior parte dei casi figure non dotate di posizione e ruolo
formalizzati e risultano spesso configurabili come "membri aggiunti" alla famiglia
16
controllante. Le competenze sono di tipo amministrativo-contabile o tecnico-produttivo.
I managers provengono in gran parte da carriere interne; le esperienze in altre imprese
sono limitate. Nella tipologia a “famiglia professionale” aumenta l'incidenza di soggetti
con esperienze in altre imprese, e si osserva un ampliamento delle competenze dalle
aree tecnico-produttive alle aree commerciali e di marketing (Tab. 2). La dimensione
media della squadra manageriale è di 3 membri, con un intervallo di variazione da 2 a 6.
Tab.2. Profilo demografico dei managers non familiari
Centralizzazione imprenditoriale
Famiglia Professionale
Rafforzamento Manageriale
Ampiezza media 1 3 4
Livello di istruzione (% di membri con titolo di studio universitario)
38% 44% 58%
Competenze specialistiche distintive
Competenze tecniche e amministrative
Competenze commerciali e di marketing
Competenze finanziarie, di gestione del personale, di gestione della qualità
Esperienze professionali in altre imprese 8% 20% 44%
Il gruppo a “rafforzamento manageriale” è contraddistinto dal più elevato numero
medio di dirigenti esterni, che sono impegnati soprattutto nell'area finanziaria, di
gestione del personale e di gestione della qualità. In corrispondenza alla
differenziazione nelle competenze, si riscontra una maggiore percentuale di managers
con titolo di studio universitario e con esperienze professionali in altre organizzazioni di
grandi dimensioni e ad elevata complessità. La dimensione media della squadra
manageriale è di 4 membri, con un intervallo di variazione da 3 a 7.
Livelli di omogeneità/eterogeneità demografica.
Con riferimento agli indicatori di eterogeneità demografica osserviamo che essi sono in
17
assoluto più elevati nei gruppi di vertice a “rafforzamento manageriale”, per quanto
riguarda l'età, il periodo di permanenza nell'organizzazione e i livelli di istruzione3.
Nei gruppi a “rafforzamento manageriale” e con “famiglia professionale” sono presenti
in percentuali significative soggetti con provenienza geografica diversa dal luogo di
origine della famiglia controllante.
I tratti di omogeneità più marcati appartengono al gruppo di vertice ad “accentramento
imprenditoriale” dove i legami familiari tra i membri sono assolutamente predominanti
e i coefficienti di variazione nelle variabili demografiche evidenziano i valori più bassi
(Tab. 3).
Tab. 3. Livelli di omogeneità/eterogeneità demografica all'interno dei diversi gruppi di vertice.
Centralizzazione Imprenditoriale
Famiglia Professionale
Rafforzamento Manageriale
CV nell'età 0.2 - 0.3 0.2 - 0.4 0.2 - 0.4
CV nel periodo di permanenza 0.1 - 0.3 0.3 - 0.5 0.5 - 0.7
CV nel livello di istruzione 0.2 - 0.3 0.2 - 0.3 0.3 - 0.4
Membri che appartengono alla famiglia dell'imprenditore
80% 75% 60%
Membri con provenienza geografica diversa dalla famiglia controllante
0% 16% 22%
18
Struttura e modalità di funzionamento
Nei gruppi di vertice ad “accentramento imprenditoriale” esiste un'elevata
identificazione tra i membri degli organi direttivi e i membri degli organi di governo.
L'85% dei componenti degli organi di governo fa parte anche del gruppo di direzione. Il
consiglio di amministrazione è sempre di tipo formale (Tab. 4).
L'accentramento delle prerogative decisionali sulle varie funzioni aziendali da parte del
soggetto imprenditoriale è elevato. Il coefficiente medio di decentramento è infatti
compreso tra i valori 0 e 0.2. Quando è presente, la delega riguarda solo le fasi di
raccolta di informazioni e consiglio.
Nei gruppi di vertice con “famiglia professionale” continua a sussistere un'elevata
1 Per definire le diverse tipologie di Consiglio di amministrazione è stata utilizzata la metodologia dell'analisi fattoriale, in base alla quale sono state individuate tre dimensioni di classificazione, costruite in base alla correlazione esistente tra gruppi di variabili rilevanti, relative alla durata, alla frequenza delle rionioni e alla tipologia di argomenti trattati. Le dimensioni sono così definite: componente formale, costituita dalle variabili "frequenza delle riunioni compresa tra 1 e 3 l'anno" tempo dedicato ad ascoltare rapporti e relazioni sugli ultimi risultati finanziari", "tempo dedicato ad approvare decisioni formali", "tempo dedicato alle riunioni inferiore alle 5 ore l'anno"; componente fiduciaria, costituita dalle variabili "frequenza delle riunioni compresa tra 3 a 7 l'anno" "tempo dedicato a discutere le problematiche successorie, tempo dedicato alle relazioni soci familiari-impresa e soci non familiari-impresa", "tempo dedicato alle riunioni compreso tra le 5 e le 10 ore l'anno"; componente strategica, costituita dalle variabili "frequenza delle riunioni compresa tra 7 e 12 l'anno" "tempo dedicato alle scelte future di configurazione prodotto-mercato", "tempo dedicato alle modalità di acquisizione e sviluppo delle risorse umane"; "tempo dedicato alle riunioni del superiore alle 10 ore l'anno". Le dimensioni classificatorie così definite sono state applicate alle imprese e hanno consentito di individuare tre macrogruppi: imprese con prevalenza di consiglio strategico, imprese con prevalenza di consiglio fiduciario, imprese con prevalenza di consiglio formale.2 L’analisi del grado di accentramento verticale è stato realizzata attraverso le seguenti fasi: 1) individuazione, tramite intervista diretta all’imprenditore delle aree funzionali critiche, ovvero di quelle aree ritenute di maggior impatto sui livelli di performance complessivi; 2) individuazione, tramite intervista diretta al responsabile funzionale o di processo, (figura questa che, non in rari casi, coincideva con quella dell’imprenditore)delle decisioni più critiche relative alla specifica area; individuazione del grado di controllo delle diverse fasi del processo da parte del soggetto responsabile e, specularmente, individuazione del grado di condivisione del processo decisionale e delle sue fasi da parte di più soggetti, appartenenti ad aree organizzative diverse. In sintesi le funzioni che in media sono percepite come maggiormente critiche dal campione di imprese esaminate sono nell’ordine: vendite, produzione, amministrazione e finanza, approvvigionamenti. In particolare presentano elevati gradi di accentramento verticale tutte le funzioni di interfaccia con il mercato (gestione e valutazione clienti, gestione e valutazione fornitori, relazioni con soggetti finanziatori), maggiormente condivise risultano le decisioni attinenti all’organizzazione del processo produttivo, alla definizione di standard di prodotto o più in generale le decisioni attinenti alla individuazione di criteri di efficienza produttiva. 3 Il coefficiente di variazione (cv) è ottenuto dividendo il valore medio delle osservazioni su ciascuna variabile per la deviazione standard (scarto quadratico medio). Ai livelli di istruzione sono stati assegnati valori numerici convenzionali.
19
identificazione tra i membri degli organi di governo e i membri degli organi direttivi. Il
75% dei componenti del gruppo di vertice è presente in entrambe le tipologie di organi.
Il consiglio di amministrazione è di tipo formale o fiduciario, con un'incidenza
leggermente maggiore della seconda tipologia rispetto a quanto osservato nel gruppo di
vertice ad accentramento imprenditoriale. Il decentramento delle prerogative
decisionali, quando è presente, coinvolge prevalentemente le fasi di informazione,
consiglio e esecuzione, che vengono attribuite ai familiari responsabili delle diverse
funzioni. Il coefficiente di decentramento si colloca, in media, tra i valori 0.2 e 0.7.
Nella tipologia a “rafforzamento manageriale” la contemporanea appartenenza agli
organi di governance e agli organi direttivi interessa in media il 40% dei componenti del
gruppo di vertice. Aumenta, rispetto alle precedenti configurazioni, la differenziazione
dei ruoli tra soggetti che svolgono solo funzioni proprietarie e soggetti effettivamente
impegnati nella gestione.
Tab. 4. Struttura e modalità di funzionamento dei gruppi di vertice
Centralizzazione Imprenditoriale
Famiglia Professionale
Rafforzamento Manageriale
Decentramento decisionale 0.0 - 0.2 0. 2- 0.7 0.5 - 0.8
Sovrapposizione tra funzioni di governance e di gestione
80% 77% 42%
Tipologia di Consiglio di Amministrazione 100% Formale 85% Formale
15% Fiduciario
69% Formale20% Fiduciario11% Strategico
Una conseguenza di questa situazione è la maggiore presenza di consigli di
amministrazione di tipo fiduciario. In alcuni casi il gruppo di vertice a “rafforzamento
manageriale” si avvale dell’operato di consigli di amministrazione di tipo strategico,
20
come riflesso delle maggiori responsabilità assegnate ai managers.
3.1 I principali elementi di diversità nei gruppi di vertice
In sintesi, è possibile rappresentare graficamente le maggiori diversità tra le diverse
tipologie evidenziando, in particolare, i gradi di eterogeneità demografica (Fig. 4), i
meccanismi istituzionali e organizzativi di funzionamento e i gradi di
accentramento/decentramento decisionale (Fig. 5).
Il gruppo di vertice ad “accentramento imprenditoriale” e' caratterizzato dall'esercizio
monocratico delle funzioni imprenditoriali, da un'elevata concentrazione dei processi
decisionali in capo al leader familiare, dalla sovrapposizione pressochè completa tra
compagine familiare, organi di governance e di gestione.
21
Figura 4. Gradi di eterogeneità demografica: confronto tra i gruppi di vertice.
Il gruppo di vertice con “famiglia professionale” e' caratterizzato da un'evoluzione nei
ruoli e nelle competenze dei membri familiari che si affiancano attivamente
all'imprenditore capo-azienda, ricevendo deleghe di ampiezza variabile sulle più
importanti funzioni aziendali; la professionalizzazione della famiglia induce i membri
dell'assetto aziendale a riconoscere fabbisogni specifici di managerialità che vengono
soddisfatti mediante la cooptazione di dirigenti esterni.
Il gruppo di vertice con “rafforzamento manageriale” è caratterizzato da un
consolidamento della compagine manageriale non familiare e da un livello
relativamente elevato di differenziazione nella struttura e nelle funzioni degli organi di
governo e di gestione. Nonostante il potenziamento della dimensione manageriale,
22
anche nell'ambito di questa tipologia rimane comunque alta l'incidenza di consigli di
amministrazione di tipo formale
Figura 5. Struttura e modalità di funzionamento: confronto tra i gruppi di vertice
3.2. Il processo di successione come fattore di cambiamento nei gruppi di vertice
Dopo aver delineato le caratteristiche distintive dei gruppi di vertice, osserviamone
l’evoluzione in corrispondenza del processo di successione. Nella nostra ricerca
abbiamo riscontrato che prima dei processi di successione la tipologia prevalente è il
gruppo di vertice con “accentramento imprenditoriale”, presente nel 69% delle imprese,
il 28% ha un gruppo di vertice con “famiglia professionale”, mentre la tipologia a
“rafforzamento manageriale” è presente nel 3% delle imprese. E’ interessante osservare
la natura delle spinte evolutive indotte dai processi di successione sulle tipologie dei
gruppi di vertice: il 45% dei gruppi di vertice con “accentramento imprenditoriale”
assume la configurazione “famiglia professionale”; il 6% assume la configurazione
“rafforzamento manageriale”. Il 35% dei gruppi di vertice con “famiglia professionale”
23
assume in seguito al processo di successione la configurazione “rafforzamento
manageriale”. L’osservazione dei dati della Tab. 5 tuttavia evidenzia il carattere path
dependent dei processi di evoluzione nelle piccole imprese familiari: il 51% dei gruppi
con “accentramento imprenditoriale” non cambia la propria configurazione; le tipologie
di gruppo con “famiglia professionale” rimangono invariate per il circa il 65% dei casi.
Un ruolo importante nel condizionare i percorsi evolutivi è svolto dalle routine e dalle
sperimentazioni organizzative già realizzate. Partendo da una situazione del tipo
Accentramento imprenditoriale è difficile arrivare a situazioni di rafforzamento
manageriale, se non attraverso processi di successione che prevedono una forte apertura
del capitale e un rinnovo dei ruoli direttivi. Il tempo e la pressione competitiva possono
facilitare questi passaggi. Questi casi si osservano infatti più frequentemente quando
siamo in presenza di un numero relativamente alto di passaggi generazionali (terza o
quarta generazione) e quando la crescita competitiva diventa una variabile critica per la
sopravvivenza dell’impresa. In queste situazioni, minori resistenze soggettive (per
effetto di fenomeni di indebolimento dei legami familiari) e crescenti fabbisogni di
managerialità agevolano il passaggio da una tipologia di gruppo di vertice all’altra. E’
importante comunque osservare come non vi siano percorsi “inversi” rispetto
all’evoluzione “accentramento imprenditoriale”–“famiglia professionale” e “famiglia
professionale”-“rafforzamento manageriale”.
24
Tab.5. Variazioni nella configurazione del gruppo di vertice in corrispondenza del processo di transizione generazionale
PRIMA DEL PROCESSO
Accentramento imprenditoriale
Famiglia professionale
Rafforzamento manageriale
Totale
DOPO IL PROCESSO
Accentramento imprenditoriale 35% - - 35%
Famiglia professionale 30% 18% - 48%
Rafforzamento manageriale
4% 10% 3% 17%
Totale 69% 28% 3%
3.2.1. Il ruolo delle variabili contingenti
Le variabili contingenti che, in base ai dati rilevati, tendono ad esercitare un impatto
significativo sulle modalità di evoluzione dei gruppi di vertice sono: la presenza o meno
di pianificazione del processo di successione, la tipologia di transizione proprietaria e le
competenze apportate dal successore.
La tab.6 mostra i percorsi di evoluzione del gruppo di vertice in relazione alla presenza
di pianificazione della successione, intesa come individuazione ed esplicitazione degli
obiettivi del processo e definizione dei fabbisogni necessari a supportare una corretto
svolgimento di tutte le fasi del passaggio. La pianificazione è più frequente dove la
famiglia ha una maggiore consapevolezza del proprio ruolo e la struttura e la
composizione del gruppo di vertice sono più differenziate. La pianificazione della
successione determina un consolidamento della dimensione professionale della famiglia
e/o della componente manageriale del gruppo di vertice. Gli stessi obiettivi della
pianificazione riguardano infatti, nella maggior parte dei casi, la razionalizzazione
25
dell'assetto gestionale e proprietario, la formazione del successore, l'ingresso di nuove
figure manageriali, la delega progressiva delle funzioni di gestione
Tab.6. Pianificazione della successione ed evoluzione nel gruppo di vertice. La significatività dei dati riportati è stata verificata attraverso Test Chi-Quadrato con 5 gradi di libertà: p-value < 0.01
EVOLUZIONE DEL GRUPPO DI VERTICE
PIANIFICAZIONE DELLA SUCCESSIONE
Accentramento imprenditoriale
-Accentramento imprenditoriale
Accentramento imprenditoriale
-Famiglia
professionale
Accentramento imprenditoriale
-Rafforzamento
manageriale
Famiglia Professionale
-Famiglia
Professionale
Famiglia professionale
-Rafforzamento
manageriale
Rafforzamento manageriale
-Rafforzamento
manageriale
SI 30% 38% 50% 59% 64% 80%
NO 70% 62% 50% 41% 36% 20%
Totale100% 100% 100% 100% 100% 100%
Un’altra importante variabile che può influenzare l’evoluzione dei gruppi di vertice è la
tipologia di successione proprietaria (Tab. 7). Se il trasferimento della proprietà avviene
esclusivamente all’interno della famiglia, nella maggior parte dei casi la configurazione
del gruppo di vertice non varia. Un’apertura della proprietà a soggetti esterni determina
invece un dinamismo maggiore con una frequenza più elevata di passaggi alle
configurazioni “famiglia professionale” e “rafforzamento manageriale”.
26
Tab. 7. Transizione proprietaria ed evoluzione dei gruppi di vertice: * Significatività verificata attraverso Test Chi-quadrato con 5 gradi di libertà, con p-value < 0.05;**Significatività verificata attraverso Test Chi-quadrato con 5 gradi di libertà, con p-value < 0.01
EVOLUZIONE DEL GRUPPO DI VERTICETRANSIZIONE PROPRIETARIA
Accentramento imprenditoriale
-Accentramento imprenditoriale
Accentramento imprenditoriale
-Famiglia
professionale
Accentramento imprenditoriale
-Rafforzamento
manageriale
Famiglia professionale
-Famiglia
professionale
Famiglia professionale
-Rafforzamento
manageriale
Rafforzamento manageriale
-Rafforzamento
manageriale
Total
Successione in ambito familiare* 48% 26% - 19% 4% 3% 100%
Apertura del capitale con mantenimento del controllo familiare
20% 20% 18% 22% 8% 12% 100%
Apertura del capitale con quote familiari di minoranza**
- - 10% - 10% 80% 100%
La presenza di soggetti non familiari nella struttura proprietaria è infatti spesso associata
a processi di sviluppo che richiedono una razionalizzazione nelle funzioni di governo e
di gestione e un aumento delle competenze all’interno dell’organizzazione.
Le competenze apportate dal successore costituiscono un altro importante elemento per
capire l’evoluzione dei gruppi di vertice. Il possesso di competenze tecnico produttive
costituisce un fattore di continuità, soprattutto con riferimento al gruppo di vertice con
accentramento imprenditoriale. Passando dalla tipologia ad accentramento
imprenditoriale alla famiglia professionale e infine alla configurazione con
rafforzamento manageriale si nota un progressivo ampliamento delle competenze del
successore dall’area tecnica produttiva all’area commerciale e relazionale (Tab. 8)
27
Tab. 8. Profilo del successore ed evoluzione del gruppo di vertice.
EVOLUZIONE DEL GRUPPO DI VERTICE
PROFILO SUCCESSORE
Accentramento imprenditoriale
-Accentramento imprenditoriale
Accentramento imprenditoriale
-Famiglia
professionale
Accentramento imprenditoriale
-Rafforzamento
manageriale
Famiglia professional
-Famiglia
professionale
Famiglia professionale
-Rafforzamento
manageriale
Rafforzamento manageriale
-Rafforzamento
manageriale
Total
Competenze tecnico-produttive 55% 20% 4% 18% 3% - 100%
Competenze di gestione economico-finanziaria
22% 31% 3% 10% 20% 14% 100%
Competenze commerciali e di marketing
18% 8% 8% 20% 28% 18% 100%
L’analisi empirica condotta indica che la dimensione dell’impresa non incide in modo
significativo sulla varietà dei gruppi di vertice, anche se, a dimensioni medie più
elevate, si osserva una maggiore presenza di gruppi di vertice con “rafforzamento
manageriale”. Nell'ambito di classi dimensionali diverse è tuttavia possibile osservare
una gamma differenziata di percorsi evolutivi del gruppo di vertice; ciò indica che la
dimensione aziendale, tradizionalmente considerata una variabile contingente
fortemente esplicativa delle caratteristiche strutturali (Pugh, Hickson, Hinings, 1969;
Pugh, Hickson, 1976), si rileva, in questo contesto, un indicatore debole di specifici
assetti e di definiti gradi di strutturazione organizzativa. Un argomento analogo può
essere condotto a proposito della variabile "settore di appartenenza". Il comparto in cui
l'impresa opera incide in modo abbastanza significativo su singole variabili, come ad
esempio il tipo di specializzazione tecnica dei membri; tuttavia non si determina una
segmentazione netta tra tipologie di gruppo di vertice che possano essere considerate
28
specifiche per determinati settori. Anche in questo caso all’interno di uno stesso settore
si riscontra un'ampia gamma di soluzioni e una elevata varietà di percorsi evolutivi.
3.3. Nuovi assetti del gruppo di vertice e cambiamenti strategici e organizzativi
In seguito al processo di successione imprenditoriale è possibile riscontrare la presenza
di innovazioni in una percentuale molto elevata delle imprese analizzate (il 95%).
Questo può essere considerato, in accordo con la “Upper Echelons Theory”, un effetto
dell’ingresso di nuovi soggetti nell’organizzazione, che si riflette in un abbassamento
dell’età media del gruppo di vertice e del periodo di permanenza dei membri. Per questa
via aumentano la reattività al cambiamento, la propensione all’innovazione e la
disponibilità all’assunzione di rischi.
Se il cambiamento strategico o organizzativo è un elemento costante e trasversale tra le
imprese, l'elemento fortemente differenziante è invece costituito dal numero e dalla
varietà nelle innovazioni attuate dal gruppo di vertice
I gruppi di vertice con “accentramento imprenditoriale” avviano cambiamenti che
interessano in prevalenza le aree prodotto-processo che sono le più affini, in termini
cognitivi, rispetto alle competenze imprenditoriali tradizionali. Questi cambiamenti
sono il presupposto per realizzare strategie di leadership di costo o di differenziazione.
Le innovazioni nell’area amministrazione e finanza e nei sistemi informativi aziendali
sono più diffuse nelle imprese con gruppi di vertice con “famiglia professionale” e con
“rafforzamento manageriale”, per effetto dell’innesto di nuove competenze nella
compagine familiare e nella squadra manageriale e della razionalizzazione dei presidi
organizzativi su alcune nuove aree gestionali.
29
Tab. 9.Evoluzione del gruppo di vertice e cambiamenti strategici e organizzativi: * Significatività verificata attraverso Test Chi-quadrato con 2 gradi di libertà, con p-value < 0.05;**Significatività verificata attraverso Test Chi-quadrato con 2 gradi di libertà, con p-value < 0.01
EVOLUZIONE DEL GRUPPO DI VERTICE
Accentramento Imprenditoriale
Famiglia professionale
Rafforzamento manageriale
INNOVAZIONI STRATEGICHE E ORGANIZZATIVE
Innovazioni tecnologiche e di processo
68% 55% 65%
Innovazioni di prodotto 63% 65% 60%
Innovazioni nell’area amministrazione-finanza*
12% 48% 69%
Innovazioni nei sistemi informativi aziendali
18% 58% 54%
Innovazioni nell’area commerciale-marketing**
11% 22% 72%
Innovazioni nella gestione delle relazioni interorganizzative*
6% 18% 39%
Le innovazioni che interessano i punti estremi della catena del valore e le relazioni
interorganizzative sono attuate con maggiore frequenza dai gruppi di vertice con
“rafforzamento manageriale”. In questi casi si realizzano spesso strategie di espansione
sui mercati internazionali attraverso partnership con altre imprese e/o attraverso il
presidio diretto dei canali distributivi. Queste strategie sono spesso associate alla
presenza di managers con background professionale significativamente diverso rispetto
alla famiglia, che portano elementi di dinamismo nella cultura organizzativa e, grazie
alle loro esperienze precedenti, costituiscono dei links importanti con l’ambiente
esterno. Il potenziamento della struttura manageriale determina un cambiamento a volte
radicale dei sistemi decisionali e dei sistemi informativi. In altri termini cambia la
30
distribuzione del potere decisionale all’interno dell’impresa e cambia anche il processo
di diffusione delle informazioni. Nel gruppo di vertice con “rafforzamento manageriale”
si riscontra infatti un maggior processo di decentramento e una maggior delega della
fase di raccolta delle informazioni per avviare il processo decisionale nei punti in cui
esistono le giuste competenze.
La relazione tra configurazioni del gruppo di vertice e cambiamenti strategici e
organizzativi è dunque attivata, dal punto di vista delle traiettorie e dell’intensità, dal
contesto in cui avviene l'innovazione. La prima dimensione che definisce il contesto
innovativo è relativa alle variabili demografiche, come postulato dalla "Upper Echelons
Theory", e riguarda soprattutto i gradi di eterogeneità tra i membri del vertice aziendale.
La seconda dimensione porta in primo piano variabili di tipo organizzativo, che sono
solitamente trascurate nell'analisi delle piccole imprese familiari. Si tratta di fattori di
tipo soft che interessano non tanto gli elementi strutturali quanto i meccanismi
decisionali, gli strumenti di raccolta e trasmissione delle informazioni, le modalità di
comunicazione, le dinamiche di gruppo e i livelli di consenso o di conflitto
organizzativo.
4. CONCLUSIONI
Partendo dall’analisi del processo di successione imprenditoriale come fattore di
sviluppo delle piccole imprese familiari, la ricerca si è focalizzata sull’evoluzione delle
caratteristiche demografiche e funzionali dei gruppo di vertice associate alla transizioni
generazionali. Si sono individuate 3 fondamentali tipologie di gruppo di vertice che
presentano elementi di diversità in relazione a:
1. variabili demografiche;
31
2. rapporti tra proprietà-governo-gestione;
3. ruoli manageriali e deleghe decisionali.
L’analisi delle tre tipologie si è realizzata sia da un punto di vista statico che dinamico.
Le diverse forme di gruppo di vertice rappresentano infatti anche dei punti di arrivo in
seguito a processi di transizione generazionale attraverso i quali si avviano dei processi
di cambiamento organizzativo per effetto:
dell’innesto di nuove competenze;
dell’avvio e il rafforzamento di processi di ibridazione culturale;
della ridefinizione dei rapporti famiglia-impresa.
Le caratteristiche risultanti del gruppo di vertice, intese in termini di complessità e
strutturazione, possono essere ricondotte alla:
- complessità della compagine proprietaria, che può essere interpretata facendo
riferimento a: 1) omogeneità/eterogeneità nella compagine sociale, 2) livello di
condivisione dei valori tra i membri della famiglia, 3) distribuzione dei ruoli e dei
diritti di proprietà tra i soci familiari, 4) presenza di soci esterni e 5) equilibrio
patrimoniale del sistema famiglia-impresa;
- complessità nella struttura gestionale e organizzativa, che dipende dall’intensità con
cui la famiglia presidia le diverse aree aziendali, dal grado di congruenza delle
strutture e dei meccanismi e dal grado di convergenza tra norme familiari e norme
aziendali nelle attività di selezione, retribuzione, valutazione, formazione e
sviluppo professionale dei soggetti impegnati nell’impresa.
Dall’analisi dei dati emerge che l’evoluzione da una forma di gruppo di vertice all’altra
è correlata positivamente alle caratteristiche di alcune variabili contingenti.
In particolare è emerso che un processo di successione pianificato è in grado di spingere
32
gli assetti familiari verso tipologie in cui la professionalità dei ruoli direttivi, interni ed
esterni alla famiglia, è riconosciuta come esigenza organizzativa imprescindibile. Al
contrario laddove il processo non è pianificato ed è subìto dall’impresa non si riscontra
un progetto di selezione e crescita delle competenze interne. Un’altra importante
variabile che incide sui modelli di cambiamento è la tipologia di transizione
proprietaria: l’apertura del capitale a soggetti esterni alla famiglia costituisce un
importante fattore di pressione per la razionalizzazione della gestione operativa e
strategica e quindi per l’affermazione di gruppo di vertice adatti a sostenere la
continuità e lo sviluppo dell’impresa.
Le altre importanti variabili che in base ai dati rilevati influenzano le dinamiche dei
gruppi di vertice sono il profilo del successore e le routines organizzative consolidate.
Nelle imprese familiari osservate il cambiamento ha prevalentemente natura path
dependent e si manifesta in modo incrementale. In pochi casi, elevate pressioni
competitive hanno prodotto cambiamenti radicali e discontinui, trasformando
completamente le caratteristiche di partenza del gruppo di vertice.
Un dato importante da rilevare è che nelle tipologie individuate il ruolo del CdA è
spesso solo di tipo formale. Ad un sostanziale rafforzamento della squadra manageriale,
in termini di numerosità e competenze, non corrisponde un potenziamento del ruolo
strategico del principale organo di governance né una decisa apertura dell’organo stesso
a soggetti esterni alla famiglia proprietaria. Questa crescita asimmetrica delle
componenti del gruppo di vertice, riscontrabile soprattutto nella forma rafforzamento
manageriale, potrebbe portare a forme di disallineamento tra gli obiettivi delle diverse
parti dell’organizzazione e ad introdurre anche nelle piccole imprese familiari dei
problemi di agenzia (Jensen e Meckling, 1976).
33
Le variabili di tipo settoriale giocano un ruolo residuale nel cambiamento dei gruppo di
vertice. All’interno dello stesso settore si riscontra infatti una grande varietà di percorsi
e di tipologie di gruppi di vertice. Questo sembra confermare che per la comprensione
delle dinamiche evolutive delle piccole imprese familiari è necessario focalizzare
primariamente l’attenzione sulle competenze specifiche, che, per buona parte, risultano
incorporate nei membri del gruppo di vertice e sul ruolo che sa assumere la famiglia in
relazione alle problematiche di sviluppo dell’impresa. Abbiamo infatti riscontrato che la
presenza di elevata varietà di competenze, di adeguati gradi di decentramento, di
differenziazione di ruoli e responsabilità decisionali crea le condizioni per l’avvio di
processi innovativi che progressivamente si estendono dalle tradizionali aree di
prodotto e di processo all’information technology e al presidio delle relazioni con
l’ambiente esterno.
In questo senso le diverse innovazioni strategiche e organizzative associate alla
presenza delle tre configurazioni di gruppo di vertice sono interpretabili come potenziali
competitivi differenziali derivanti dalle specifiche basi di conoscenza presenti
all’interno dell’impresa.
I meccanismi firm specific di arricchimento e di sfruttamento di questa conoscenza
costituiscono la principale componente delle capacità organizzative della piccola
impresa familiare.
BIBLIOGRAFIA
ASTRACHAN J.H., WARD J.L., ARONOFF C.E., 1998, Developing family business policies: Your guide to the future, Business Owner Resources.
BANTEL K.A., JACKSON S.E., 1989,. “Top Management and Innovations in Banking: does the Composition of the Top Team make a Difference”, Strategic Management Journal, Summer Special Issue, 10, pp. 107 – 124.
CAPPUYNS C. , GALLO M.A., 2001, “Ethics of personal behavior in family business
34
(III): Behavioral Patterns, in CORBETTA G. MONTEMERLO D. (a cura di) The role of family in family business, Research Forum Proceedings of the 12th FBN Annual World Conference, Rome, 3 – 4 october 2001.
COMPAGNO C., 2000a , “Corporate Governance in Italian Family-Owned small firms”, Piccola Impresa, Small Business, 3.
COMPAGNO C., 2000b, Il caso Nonino, ISEDI, Torino.
COMPAGNO C., PITTINO D., 2001, “Succession Processes and Top Team Evolution in Small Family Business”, in CORBETTA G. MONTEMERLO D. (a cura di) The role of family in family business, Research Forum Proceedings of the 12th FBN Annual World Conference, Rome 3-4 october 2001.
CORBETTA G., 1995,. Le imprese familiari. Caratteri originali, varietà e condizioni di sviluppo, Milano, EGEA.
COSTA G., 1999, “ La famiglia come risorsa e come problema nello sviluppo delle piccole e medie imprese”, CUOA notizie, Temi e proposte di formazione, settembre.
CYERT R., MARCH J., 1963, A behavioral theory of the firm, New Jersey, Prentice Hall.
DEMATTÈ C., CORBETTA G., 1993, I processi di transizione delle imprese familiari, Milano, Mediocredito Lombardo.
FINKELSTEIN S., HAMBRICK D.C., 1990, “Top Management Team Tenure and Organizational Outcomes: The Moderating Role of Managerial Discretion”, Administrative Science Quarterly, 35, pp.484 – 503.
FINKELSTEIN S., HAMBRICK D.C., 1996, Strategic Leadership: Top Executives and their Effects on Organizations, St. Paul MN: West.
GATRELL J., JENKINS H., TUCKER J., 2001, Family Values in Family Businesses, in CORBETTA G. MONTEMERLO D. (a cura di) The role of family in family business, Research Forum Proceedings of the 12th FBN Annual World Conference, Rome, 3-4 October 2001.
GERSICK K.F., DAVIS J.A., Hampton M.M., Lansberg I., 1997, Generation to Generation: life cycles of the family business, Boston, Harvard Business School Press.
GRIMM C.M., SMITH K.G., 1991, “Management and Organizational Change: A Note on the Railroad Industry”, Strategic Management Journal, 12 (7), pp. 557 – 562.
GUBITTA P., 1999, “Flessibilità e modelli di governance nell’impresa familiare”, CUOA notizie temi e proposte di formazione, 2.
GUBITTA P., GIANECCHINI M., 2001, “Corporate Governance, Organizational Flexibility and Performance in Family Owned SMEs”,in CORBETTA G. MONTEMERLO D. (a cura di) The role of family in family business, Research Forum Proceedings of the 12th FBN Annual World Conference, Rome 3-4 October 2001.
GNAN L., MONTEMERLO D., 2001, “Structure and Dynamics of Ownership, Governance and Strategy: Role of Family and Impact on Performance in Italian SMEs”,in CORBETTA G. MONTEMERLO D. (a cura di) The role of family in family business, Research Forum Proceedings of the 12th FBN Annual World Conference, Rome
35
3-4 October 2001.
HAGE J., DEWAR R.D., 1973. “Elite values versus organizational structure in predicting innovation”. Administrative Science Quarterly, 18, pp. 279-290.
HAMBRICK D.C., D'AVENI R., 1992, “Top Team Deterioration as Part of the Downward Spiral of Large Corporate Bankruptcies”, Management Science, 38, pp. 1445-1466.
HAMBRICK D.C., MASON P.A., 1984. “Upper Echelons: The Organization as a Reflection of its Top Managers”, Academy of Management Review, 9(2), pp. 193–206.
HITT M., TYLER B., 1991, “Strategic decision models: Integrating different perspectives”, Strategic Management Journal, 12, 327-352.
JENSEN M., MECKLING W., 1976, “Theory of the firm, managerial behavior, agency costs and ownership structure”, Journal of Financial Economics, 3, 1976.
KECK S.L., 1991, “Top management team structure: Does it matter anyway?”, Paper presented at the Annual Academy of Management meeting, Miami, FL.
KETS DE VRIES M.F.R., 1993, “The dynamics of family controlled firms: the good and the bad news”, Organizational Dynamics, 21, Winter.
KNIGHT D., PEARCE C.G., SMITH K.G., OLIAN J.D., SIMS H.P., SMITH K.A., FLOOD P., 1999, “Top Management team diversity, group process and strategic consensus. Strategic Management Journal, 20, pp.445-465.
LANSBERG I., 1983, “Managing human resources in family firms: The problem of institutional overlap”, Organizational Dynamics, 3, Summer, 39-46.
LANSBERG I., 1999, Succeeding generations: realizing the dream of families in business, Boston, Harvard Business School Press.
MARCH J., SIMON H., 1958, Organizations, New York: Wiley.
MILLER D., KETS DE VRIES M.F.R., TOULOUSE J.M., 1982, “Top executive locus of control and its relationship to strategy making, structure and environment”, Academy of Management Journal, 25, pp. 237-253.
MINTZBERG H., 1985, La progettazione dell’organizzazione aziendale, Il Mulino, Bologna (ed. orig. Structure in Fives. Designing Effective Organizations, Englewood Cliffs, Prentice-Hall, 1983).
MONTEMERLO D., 2000, Il governo delle imprese familiari. Modelli e strumenti per gestire I rapporti tra proprietà e impresa, Milano, EGEA.
MICHEL A.I., HAMBICK D.C., 1992, “Diversification Posture and Characteristics of the Top Management Team”, Academy of Management Journal, 35, pp. 9-37.
MURRAY A.I., 1989, “Top Management Group Heterogeneity and Firm Performance”, Strategic Management Journal, 10, pp. 125 – 141.
NEUBAUER F., LANK A.G., 1998, The family business: its governance for sustainability, London, Macmillan.
NORBURN D, BIRLEY S., 1989, “The top management team and corporate performance”.
36
Strategic Management Journal, 9, 225-237.
O'REILLY C.A. III, FLATT S., 1989, “Executive Team Demography, Organizational Innovation and Firm Performance” Working Paper, University of California, Berkeley.
PATERSON, T.T., 1969, Management Theory, London, Business Publications Ltd.
PEGELS C.C., SONG Y.I., YANG B., 2000, “Management Heterogeneity: Firm Interaction and Performance”, Strategic Management Journal, 21, pp. 911-923.
PRIEM R.L., 1990, “Top Management Team Group Factors, Consensus and Firm Performance”, Strategic Management Journal, 11(6), pp. 469 – 478.
PUGH D.S., HICKSONS D.J., 1976, Organizational Structure in its Context: The Aston Programme I, Gower Publishing.
PUGH D.S., HICKSONS D. J., HININGS C.R., 1969, “An Empirical Taxonomy of Structures of Work Organization”, Administrative Science Quarterly, March.
SCHEIN E.H., 1983, “The role of the founder in creating organizational culture”, Organizational Dynamics, 6, pp. 89-107.
SMITH K.A., SMITH K.G., SIMS H.P. JR., OLIAN J.D., SCULLY J., 1993, “Top Management Team Characteristics and technological Innovation in hi-tech Companies: exploring the mediating Role of Group Processes”, Paper Presented at the Annual Meeting of the Academy of Management, Atlanta, GA.
WIERSEMA M., BANTEL K.A., 1992, “Top Management Team Demography and Corporate Strategic Change”. Academy of Mangement Journal, 35, pp. 91 – 121.
NOTE
37