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Page 1: I Pilastri dell'anno. Il significato occulto del calendario, articolo su Fenix dell'autore Maurizio Ponticello

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Le origini e il significato occulto del Calendario, antico strumento chepone in relazione l’essere umano con lo spazio e il tempo del cosmo

di Maurizio Ponticello

In apertura,calcolatore astrologico. Nella pagina seguente,a sinistra La scala d’oro, diEdward Burne-Jones, che simbo-leggia l’incessante scorrere deltempo; a destra il dio Crono.

I Pilastri dell’Anno

ANTICHE CONOSCENZE

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A una prima scorsa, si presenta come una lun-ga lista di numeri inventariati in dodici pa-gine. Una rubrica che cataloga date in fila oin colonna, un’agenda murale sulla quale

appuntare incombenze e programmare riunioni, ram-mentare compleanni e ricorrenze. Eppure, dietro l’a-spetto formale e burocratico, il calendario pare na-scondere qualcosa di più impalpabile di un album digiorni, settimane e mesi: è, difatti, un breviario del-l’universo, è lo specchio dei ritmi cosmici tradotti inaccadimenti planetari, dalla maggior parte dei quali –avendone smarrito traccia e consapevolezza – siamoormai scollegati. In quanto proiezione sul futuro, ilcalendario sembra che trotti sempre avanti e che siain fuga e irraggiungibile, come la tartaruga inseguitada Achille piè veloce. Le sequenze progressive che vi

sono riportate sono identiche e senza fine, si ha lanetta sensazione che si ripetano in eterno e nondi-meno che siano sostanzialmente diverse. È una ov-vietà, ma è bene ricordarlo: ogni giorno è differenteda quello che lo precede e da quello che lo segue,non diversamente dalle stagioni che scorrono o dalfiume in cui ci si immerge, il quale non potrà mai es-sere uguale a se stesso, sebbene sia composto pursempre di acqua. «Non si può far risalire l’acqua chepassò, né richiamare l’ora che è trascorsa», scrivevaOvidio parafrasando in versi Eraclito: è su questo in-trigante benché infido e liquido terreno che da sem-pre si scontrano le varie teorie e ideologie sull’inter-pretazione del tempo.

Le origini Tenendo fuori le ipotesi secondo cui il tempo nonesiste essendo una illusione “ostinatamente persisten-te”, per dirla alla Einstein, nel tentativo di ricompor-re in tronconi tali variegate dottrine, possiamo ricon-durle a due capostipiti, la maxicategoria lineare equella circolare. Non è cosa da poco poiché, da que-sto paio di ceppi, si sono ramificate visioni del mon-do che riferiscono di varie filosofie della storia e con-cezioni ontologiche e, oltre a ciò, evidenziano il di-sorientamento incapacitante nel comprendere se ci sitrovi nel presente, nel futuro o nell’istante appena pre-cedente che, nel momento stesso in cui se ne prendecognizione, è già passato. Poi, a cascata: un turbine dipensieri e riflessioni sul divenire, sul-l’essere, sulla caducità, sullamorte e sull’eternità. In ge-nere, però, a partire dalXVIII secolo, ha preval-so un concetto piùquantitativo che qua-litativo. Dalle affer-mazioni perentoriedei primi secoli dellastoria convalidata(per esempio, Parme-nide: «L’essere è l’È»;oppure: «L’essere nonera né sarà, giacché essoè ora, tutto insieme, uno econtinuo»), si è passati a dub-bi che oggi definiremmo amletici,logoranti e paralizzanti sull’esistenza e sull’immorta-lità, per i quali è sembrato che l’unico sbocco plausi-bile fosse l’accettazione del dogma e la fede. Perquanto sia molto più antico – risale al IV secolo – ec-co un passo di Sant’Agostino che esprime esatta-mente quel che stiamo asserendo: «E ti confesso Si-gnore che ancora non lo so, cosa sia il tempo, e an-cora ti confesso, Signore, che so di fare questo di-scorso nel tempo e che da molto ormai sto parlandodel tempo e che questo molto non è molto se nonperché dura nel tempo. E come lo so allora, se nonso che cos’è il tempo?». Preferiamo soffermarci suquella che è la natura qualitativa e simbolica dell’al-manacco e del tempo cosmico. Il calendario ha già

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In alto,Festa di Ca-lendimaggioin Campido-glio (1611).

In basso,carta celeste

con le costellazioni.

un quadrante di per sé perfetto cuifare riferimento: la carta celeste. Èlì, difatti, nell’immensa calotta stel-lata e nell’analogia evidente con lospirito umano che pensiamo discorgere alcune risposte. Così han-no fatto le culture arcaiche pren-dendola a modello per determina-re – e mai fissare – in modo con-sequenziale la corsa del tempo e leazioni che riguardano gli indivi-dui, la memoria di ciò che è tra-scorso e di ciò che ha da venire,per contemperare, insomma, le va-rie necessità pubbliche e private e,fondamentalmente, per trovareuna concordanza tra le primarieesigenze di culto e quelle della po-litica. È soltanto con l’applicazio-ne del metodo tradizionale e conquesto tipo di analisi effettuata percategorie mitiche, storiche e sim-boliche che, per esempio, è possi-bile rintracciare il senso stesso del-le feste, tappe capitali del calenda-rio antico, tanto da far pensare chel’annuario sia stato effettivamenteconcepito per tratteggiare i lorocontorni, accerchiandole con altredate meno eloquenti. A chiunquevoglia studiarlo, inizialmente il ca-lendario moderno appare comeuna scatola-contenitore del tempoaddomesticato. E, anche se il tem-po non è per niente ammaestrabi-le, va preso atto che è proprio que-sto il modo più diffuso di rappre-sentarlo, dato che si tenta sempredi racchiuderlo in una etichettache gli sta assai stretta o, viceversa,si raffigura l’uomo intrappolato tra

le inflessibili sbarre del divenire.Non spetta a noi dire se tutto ciòsia riconducibile a una fobia delconfronto con l’eterno, a uno sfor-zo teso a disinnescare quel chesfugge a ogni controllo, o se inve-ce derivi da una specie di titani-smo, ma di sicuro la onnivoramentalità moderna cerca di fagoci-tare sia spazio che tempo e di ri-condurre il tutto a un principiopiù confortevole di utilitarismoeconomico. La deminutio operatadalle leggi dell’economia è unasorta di virus dilagante che toccaogni aspetto dell’esistenza. Peresempio, il voler far risalire a ognicosto “calendario” a un termine la-tino utilizzato per identificare ilregistro con il quale si censivanogli interessi debitori maturati alprimo del mese, la dice lunga sulconcetto quantitativo di cui rife-

riamo, secondo l’assunto che iltempo è – in entrata o in uscita –moneta. A cominciare dalla stessaorigine del calendario, d’altronde,è possibile evincere un aspetto pernulla monetizzato, in quanto è pa-lesemente cultuale, poiché associail ritmo degli uomini a quello co-smico. Già il termine “tempo” –dal greco tèmnô – suggerisce indi-zi per la strada da percorrere: si-gnifica l’atto con cui qualcosa è di-viso secondo ordine e misura.Non si può dimenticare, però,che la parola “tempio”, oltre chel’assonanza fonetica in comunecon “tempo”, ha la medesima ori-gine con la quale etimologica-mente s’intende luogo o recintosacro. Entrambi i vocaboli hannoil suffisso theòs – Dio – che legal’uno all’altro. In tale ottica, è an-cora più interessante indagare di-rettamente il sostantivo “calenda-rio”: proviene dal latino kalare chevuol dire chiamare a raccolta o an-nunziare, però dal greco kalàô de-riva il senso di “aprire” e, in questocaso, significa trasferire ciò che èsul piano astrale su quello terre-stre. Fin dall’epoca romana arcaica,le kalendae – sconosciute ai Greci,da cui il detto “alle calende greche”con l’ironico senso di “mai” – sa-cre a Giunone e a Giano, costitui-vano il primo giorno di noviluniocon il quale aveva inizio il mese:dopo aver celebrato un rito con ilRex Sacrorum, il Pontefice Mino-re dal Campidoglio annunciavaquanti giorni mancavano al primoquarto di Luna, data dalla quale

AI PILASTRI DELL’ANNO

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venivano comunicate tutte le festività da osservare du-rante il periodo in corso. Successivamente, la paroladiede il nome a un almanacco che riportava le noti-zie astronomiche e quelle agrarie, le feste da celebra-re, la lunghezza diurna e notturna dei giorni, l’alba eil tramonto del Sole e della Luna e, principalmente,le divinità da celebrare a protezione dei singoli spazidi tempo. Soltanto molto dopo divenne sinonimodel registro delle scadenze che i debitori chiamaronotristes kalendae.

Astronomia megaliticaPrima di elaborare sistemi coercitivi per imprigionar-le in codici, in tutti gli evi antichi che la storia cono-sce l’uomo ha cercato di conformarsi alle leggi delcielo, da sempre un enigma per sovrani e religiosi an-cor prima che per matematici e astronomi, i quali so-no stati fin dal principio al loro fianco nel suggestivocompito dell’interpretazione dei segni stellari proiet-tati sul suolo del mondo. La cultura megalitica ne èun esempio lampante. I circoli di menhir dissemina-ti dal Nord più estremo delle isole Shetland al Balti-co, dalla penisola iberica alla maggior parte delle co-ste atlantiche e finanche nel meridione italiano, con-fermano che ben oltre cinque millenni or sono esi-stevano comunità essenzialmente agricole, in posses-so di una conoscenza matematica particolarmenteavanzata che lascia perplessi i modernisti a oltranza.Quelle enormi pietre sono sia osservatori astronomi-ci che luoghi di culto, santuari open space, centri dipotere spirituale e/o camere sepolcrali dove, in deter-minati periodi dell’anno, con precisione millimetricai raggi solari tuttora entrano illuminando interamen-te la lunga linea dei corridoi fino a rischiarare a gior-no la tomba centrale. La cosiddetta geometria mega-litica – triangoli di ogni tipo, rettangoli, poliedri e fi-

gure ad arco – è alla base dell’articolata ingegneriaastronomica che associa pure le implicazioni dei dif-ferenti corsi del Sole e della Luna e la mappa stella-re. La complessità dei siti di Carnac e Stonehenge,per dire soltanto i più famosi, ha sorpreso gli stessi ar-cheologi, i quali in un primo momento li hanno de-finiti laboratori sperimentali di osservazione del mo-vimento celeste. Poi, le figure incise sulle pietre e ul-teriori rinvenimenti hanno fatto intuire come si trat-tasse anche di altro: non solo quei giganti di pietrasono stati trascinati per tortuosi e faticosi tragitti nonsi sa bene in che modo; non solo sono stati elevati –e nemmeno in questo caso si conoscono esattamen-te le modalità – nei punti esatti ove dovevano esseresistemati (anche un leggero spostamento avrebbe si-gnificato rendere nulle le molteplici esplorazioni pos-sibili), ma si è addivenuti a risultati ancora più incre-dibili e inconcepibili per l’attuale forma mentis di va-lutare “rozzo” l’uomo primitivo. Infatti, quando alcu-ni ricercatori hanno tracciato delle linee (leys) su unamappa topografica militare in grande scala, sonoemersi vari e perfetti triangoli equilateri dai quali,prolungando ancora le direttive, si collegano i varicentri megalitici conosciuti tanto da far saltar fuoriaddirittura intricate ragnatele, al cui interno ogni fila-mento porta “razionalmente” ad altro e ogni filo con-duce “irrazionalmente” a una particolare forma dimagnetismo. Ancora nel XII secolo, cantando di Sto-nehenge, un cronista anonimo ne rammentava inuna ballata le capacità taumaturgiche: «Le pietre so-no grandi e han magico potere. Gli uomini amma-

lati a quella pietra vanno; e bagnan quella pietra e la-vano il loro male». Continua a suscitare meraviglia lascoperta che tra i boschi, le colline, la brughiera e icampi a Sud di Glastonbury è inequivocabilmentetracciato lo zodiaco, minuziosamente riprodotto e inscala su quello celeste. E ancor di più constatare chequeste leys a un certo punto precipitano assiemealle scogliere e s’inabissano, attraversano lo strettodella Manica da St. Michael’s Mount in Cornova-glia e riaffiorano a Mont Saint Michel in bassaNormandia arrivando in continente, dove seguita-no a disegnare misteriosi schemi.

Dominare il tempoIl calendario, nato come vademecum per identificarei tempi sacri dell’universo, quindi, solo in seguito di-

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In alto,la dea Giunone.In basso,il monumentomegalitico diStonehenge.

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I PILASTRI DELL’ANNO

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A sinistra,Saturno,

di Rubens.A destra,

calendariosolare messi-cano (1792).

venne un almanacco di appunti econsultazioni: all’origine non rap-presentava il tentativo di dare ri-sposte adeguate alla necessità distabilire i giorni di semina e di rac-colto – in quanto il mondo conta-dino ha nel proprio DNA tale co-noscenza – o una formula per de-cidere i termini di retribuzioneper il lavoro effettuato, oppurequelli entro i quali si dovevano pa-gare le tasse, quanto piuttosto lapercezione della relazione con ladivinità di turno, che rispecchiavauna sensibilità interiore secondola concezione che la Terra e il Cie-lo sono uno: macro e microcosmosono legati fra loro tramite un uni-co filo d’oro. Tra le varie sintesi diquesto modo di sentire, espressogià distintamente dalla concezionearcaica e dalla Tavola Smaragdina,nel bel mentre l’Europa si arro-ventava a causa dei roghi contro gli“eretici” e le streghe, c’è quella diun eccentrico e geniale personag-gio, Philippus Aureolus Theoph-rastus Bombastus vonHohenheim, detto Paracelso dagliamici e Lutherus medicorum dainemici, che riprendeva idee assaipiù antiche e le rilanciava scriven-

do, appunto, che il mondo è il ma-crocosmo e l’uomo il microcosmoe gli elementi di tutto ciò che esi-ste nel primo esistono nel secon-do. Tutte le influenze che derivanodal Sole, dai pianeti e dalle stelle,agiscono invisibilmente sull’uomo.Questa analogia tra l’universo ma-croantropico e l’uomo microco-smico, ricorre in tutte le fasi del-l’anno. Il calendario moderno ècostituito fondamentalmente daquattro elementi: i dodici mesi di-visi in quattro stagioni; le date chescandiscono il ritmo quotidiano;le feste, suggerite o comandate; inomi, che appartengono tutti asanti. Per quanto sia una materiache scotta a vista, su cui quasi mainessuno – se non con lo scopo diuna laude – ha scritto, non si puòfare a meno di parlare anche diquesti ultimi. Il culto dei venerabi-li, intrinsecamente collegato aquello dei morti e a quello dellereliquie, non soltanto ha fondatol’ossatura stessa della Chiesa, maha dettato le leggi dell’onomasticae della toponomastica. Le pratichedella venerazione e dell’imposizio-ne del nome hanno tratto le lororegole ferree direttamente dai mar-

tirologi e quindi dal calendario,che a essi si è ispirato. Le azioni li-turgiche ecclesiastiche hanno loscopo di santificare lo scorrere deltempo, di batterlo con il rintoccodi una campana che convoca i fe-deli alla comunione con Dio. L’in-tero annuario cattolico è un osan-na. Non era da meno in epocheantecedenti, seppure con principie motivazioni alquanto dissimili.Se è vero che il Cristianesimo po-ne i mattoni per edificare il tempouniversale, il Cattolicesimo au-menta la puntata inseguendo l’at-tuazione dell’universalizzazionedel tempo. Non c’è storia piùcomplessa e affascinante di quelladel calendario. È più avvincente diqualsiasi romanzo. Innanzituttorappresenta il massimo sforzo peril peggiore risultato. «Il temponon ha bisogno di chi lo domini»,avrebbero sentenziato i Latini: daun certo momento in poi, però,tutti i popoli hanno misurato lapropria ragione e le proprie arti discienza, sfidando i cieli nel tentati-vo d’imbrigliare le stagioni e inca-sellarle in un manuale adatto aogni esigenza. Ma il tempo liqui-do sfugge dalle mani e da ogni ten-

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tativo di segregazione, per cui l’esito è stato sempre unclamoroso fallimento. L’incostanza dei cicli astrono-mici, la variabilità e lo slittamento irregolare della pre-cessione equinoziale non cedono alla cella stretta e ir-reggimentata che si vorrebbe. Nel secondo decenniodel XXI secolo della nuova era, siamo in grado di lan-ciare navicelle sul pianeta Giove e di compiere altremeraviglie della tecnica, ma siamo inetti a formularecalcoli tali da risolvere questo enigma che ci insegueda sempre, o quasi: il calendario perfetto non esiste.Questo spiega le varie manovre correttive, le virate ababordo, i ritocchi, le riforme, eccetera. A molti sem-brerà una bestemmia, ma gli unici calendari rispon-denti al “vero” di lassù erano proprio quelli arcaici eproprio per il motivo che si adeguavano al tempo in-vece di affannarsi nello sforzo di imbavagliarlo (si pen-si a quello romano arcaico e a quello Veda della tra-dizione indiana). Le ore quantitativamente uguali disessanta minuti, per dirne una, non erano conosciu-te, poiché il giorno dal nascere al calare del Sole eradiviso in dodici frazioni e la notte in quattro vigiliae,tutte di durata variabile a seconda del periodo stagio-nale. Al tempo mobile corrispondeva una sua regola-zione altrettanto mobile.

Orientamento e rinascitaCi fu un’epoca in cui tutto era consapevolmente cor-relato in una sorta, come direbbero oggi i fisici quan-tistici, di entanglement. Anche i mestieri riprodusse-ro le cosmogonie – per accedervi era necessario esse-re iniziati ai loro segreti (la tessitura, per esempio, lafusione dei metalli, l’arte muratoria) – e i giochi nonfurono da meno, sia quelli pubblici che quelli priva-ti (dadi, scacchi, aliossi, domino) con i quali la vita ela vittoria erano contese su tavole che simulano l’uni-verso. Le fondazioni delle città furono determinate daispirazioni divine e dalla geometria sacra perché fos-sero funzionali ai fini contemplativi, cultuali e stellari.L’Augure romano, impugnato il lituo – la verga sacer-dotale con il manico ricurvo a spirale, da cui ha trat-to ispirazione il pastorale dei vescovi – ripartiva la Ter-

ra e il Cielo in regioni, os-servava i segni, li interpre-tava riconoscendone lequalità e quella fetta di mi-crocosmo diveniva un tem-pio o un centro abitato,ovvero la rappresentazionedella mappa celeste sullasuperficie terrestre. I Ro-mani e i Greci, quandopasseggiavano per le stradeurbane, sapevano che in-camminandosi per il car-do stavano percorrendol’asse solare e che, mentreprocedevano invece per ildecumano, seguivano ilcorso dell’astro luminosoche aveva tracciato la via.

Oggi non sappiamo mai dove siamo, ci confondiamotalvolta tra immensi palazzi costruiti alla rinfusa e ciaffidiamo a navigatori satellitari per orientarci inquanto, oltre a tutto il resto, abbiamo perso pure labussola. Ancora in alcuni centri storici di quelle chefurono polis pitagoriche, si possono riconoscere gliimpianti cultuali su cui si sono innalzati templi e suc-cessivamente disegnate strade, edificati terme e merca-ti fino alla costituzione della città come la conoscia-mo. Una volta erano città/zodiaco, città viventi, cittàoroscopo, centimetro per centimetro città sacre uniteda una corda spirituale che collegava il centro delmondo terreno all’universo, il microcosmo al macro-cosmo. In epoca contemporanea, troppo spesso – senon altro da questo punto di vista – sono città morte.La saggezza antica amava ripetere che il tempo è nelmezzo dei quattro punti cardinali, oppure – come di-cevano gli Egizi – corrisponde alla distanza tra la se-mina e il raccolto. Oltre a esserne il metronomo, il ca-

ANTICHE CONOSCENZE

In alto,La danza delle ore, diGaetano Previati.In basso,antico zodiaco.

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A sinistra,Allegoria delle

Quattro Stagioni, di Bartolomeo

Manfredi(1610).

A destra,La Natività, diWilliam Blake.

lendario è una trasposizione deltempo, con due gnomoni e duemediani – quelli che indichiamocome i pilastri dell’anno – segna ilimiti di un percorso autoconclu-sivo e autogenerante. L’almanaccos’inoltra nei mesi freddi, si apre unvarco nel tepore della Primavera,tocca il solleone che poi inizia adaffievolirsi, fino a tornare sempre aun punto tra morte e rinascita eciò al di là delle varie teorie fra ci-clico e lineare che, con i millenni,si sono mescolate portando babe-

le e incoerenze perfino sulle lineedi principio. Uno sfasamento diordine ideologico al limite dellaincongruenza, lo si può identifica-re nel ritmo liturgico del calenda-rio cristiano, che è basato sull’ideadel continuo fluire da un inizio auna fine: commemora alcune tap-pe consecutive e progressive, chepretende storicizzate e che vannoda una nascita a una morte; suc-cessivamente ricorda una resurre-zione divina – che non riguardatuttavia gli uomini – mentre il ci-clo, con una nuova nascita, iniziaa ripetersi molti mesi dopo – sen-za però che vi sia una nuova mor-te – a Natale.Il tempo muore epoi nasce, si riprodu-ce dalle sue stesse ce-neri. Così è per l’uo-mo sincronico cheinteragisce conforme-mente a ciò che gli èintorno, l’organismovivente che gli orficichiamavano il “cor-po di Zeus”. La rige-nerazione del corsodel tempo può avve-nire unicamente sec’è reale – intima – corrisponden-za e collaborazione fra l’ordine co-smico e, sub specie interioritatis,l’ordine umano, cioè un euritmi-co allineamento dinamico tra si-mili nature. Il calendario, infatti,non vi è dubbio che al principiofosse un codice rituale, in quantoprima di ogni altra congettura rap-presentava il tentativo degli uomi-ni di individuare i punti di colle-

gamento tra i fenomeni celesti e laloro risonanza nell’esperienza ani-mica. Le tappe cosmiche coinci-dono analogicamente con quelleinteriori, la misura dell’uni-versoin eterno e ciclico movimento è lamedesima di quella spirituale.Purché lo si avverta, cioè a pattoche gli eventi astronomici e il lorosignificato simbolico – più che laloro fissazione scientifica, che èsempre variabile – non restinoconfinati in un altro mondo, ben-sì vengano calati nella realtà quoti-diana con tutta la sacralità che licontraddistingue. Comprendere leradici del calendario equivale a

inoltrarsi in un labi-rinto cosmico e ana-logico e scorgere,forse, un bandolodella matassa. Laqual cosa vorrebbeanche dire recupera-re un equilibrio euna armonia, ritro-varsi in sincroniacon il mutamentodel tempo e intra-prendere un excur-sus nei misteri nonsempre così inson-

dabili dell’anima.

Tratto dall’Introduzione del-l’autore al libro I pilastri del-l’anno. Il significato occulto delcalendario (Edizioni Mediterra-nee - Arkeios). Il saggio è ordina-bile al nostro booxtore.it oppuretelefonando o faxando un ordineallo 06.9065049, oppure alla [email protected]

I PILASTRI DELL’ANNO

Chi è MaurizioPonticelloGiornalista e scrittore, studioso di tra-dizioni italiche ed europee, è statocorrispondente di testate radiofonichee televisive, redattore di vari quotidia-ni e cronista de Il Mattino. È autoredi diversi libri, tra i quali Napoli, lacittà velata e I misteri di Piedigrotta(entrambi Controcorrente Edizioni),e il best seller scritto a quattro manicon Agnese Palumbo Misteri, segretie storie insolite di Napoli (Newton

Compton, 2012). Ha avutovari riconoscimenti, tra cui ipremi Domenico Rea, Ma-saniello ed Emily Dickin-son. Nel 2013 ha pubblica-to il thriller a sfondo esote-rico La nona ora (Bietti Edi-zioni). È vicepresidente del-l’associazione Napolinoir. Il suo sito è www.maurizioponticello.it

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