Il coach come leader dialogico 1
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Marco Braghero, PhD 3
Dep. of Psychology, University of Jyväskylä, Finland 4
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Abstract 7
Il contributo propone e sottolinea l’importanza dell’approccio dialogico per il coaching e la 8
leadership per supportare la governance dello sport del XXI secolo. La finalità è quella di illustrare 9
come l’approccio dialogico possa contribuire alla formazione e alla trasformazione dei coach e dei 10
leader. Si propone l’idea di un leader che sappia essere coach e di un coach che sviluppi competenze 11
di leadership. Il coaching e la leadership integrati dall’approccio dialogico possono contribuire a 12
trasformare la cultura sportiva e questo può rappresentare una innovazione sociale anche per la 13
figura dello psicologo dello sport. Si fa riferimento all’esperienza finlandese degli ultimi dieci anni 14
legata all’istituzione di un Servizio di coaching dialogico attraverso i Dialoghi Aperti (Open 15
Dialogue), della Cooperazione Aperta Precoce (Early Open Cooperation), ed in particolare sui 16
Dialoghi sul-dal futuro o Dialoghi Anticipatori (Seikkula, 1993, 2002; Arnkil & Seikkula, 2003, 17
2013), oltre che alla diffusa esperienza dialogica del coaching nelle organizzazioni e nelle aziende. 18
Da queste esperienze scaturisce il presente contributo e la proposta di aprire Unità di coaching 19
all’interno delle strutture accademiche italiane (Dipartimenti, Strutture interdipartimentali, Collegi 20
didattici/Scuole) preposte alla formazione di questo tipo di coach-leader. Si tratta di una proposta di 21
innovazione sociale per il cambiamento, in cui l’approccio dialogico (Buber, 1993; Bakthin, 1981, 22
1984, 1993), il coaching e la leadership possono rivelarsi strategici, al fine del miglioramento della 23
governance dello sport (Braghero, Perfumo e Ravano, 2000; Braghero, 2012; Folgheraiter, 2012; 24
Braghero, 2014; Violan, 2104). 25
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Parole chiave 27
Approccio dialogico; Coaching; Exotopia;Leadership; Unità di coaching. 28
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30
La saggezza inizia dalla meraviglia. 31
Socrate 32
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La leadership consiste nel creare uno spazio dove gli esseri umani possono approfondire 34
continuamente la propria comprensione della realtà. 35
Greenleaf R. K. “Servant Leadership” 36
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INTRODUZIONE 39
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Il comune denominatore che accomuna lo sport per tutti, lo sport educativo e lo sport businnes 41
è dato dalle emozioni, dalle passioni che suscita, dai valori che, per quanto erosi, sottendono a 42
qualsiasi attività sportiva. Saper trasmettere, comunicare, gestire, valorizzare, diffondere, accrescere 43
queste emozioni, passioni, valori, è compito delicato e primario per chiunque, nella sua posizione, si 44
occupi di sport: dirigenti, allenatori, tecnici, atleti, educatori, operatori, medici, psicologi, 45
giornalisti, specialisti, genitori e famiglie, tifosi e appassionati. 46
Il modo con cui approcciare questo problema, squisitamente culturale, a matrice integrata di 47
saperi (bio-psico-socio-antropo-educativo-politico-economico ...) diventa strategico. 48
Si sente sempre più la necessità di leader e di coach capaci di trasformare, quasi come novelli 49
alchimisti, tutto il potenziale valoriale, emozionale che lo sport è capace di evocare. Lo sport è 50
sempre più connotato, in modo ambiguo e opposto, come fosse prigioniero di un perenne ossimoro: 51
da un lato di messaggi positivi, progetti vitali, generativi, costruttivi, e dall’altro sempre più 52
frequenti episodi, azioni, parole e addirittura strategie degenerative, violente, distruttive. Tutta 53
l’energia della passione sportiva, i sogni e i bisogni che lo sport incarna, il potere della 54
comunicazione a 360° (social media inclusi) ha bisogno di un nuovo “rinascimento”, ha bisogno di 55
nuovi leader e di nuovi coach o, meglio, di leader che usino il coaching e di coach che sappiano 56
essere leader. Ne ha bisogno in tutte le sue dimensioni: politica, dirigenziale, tecnica, manageriale, 57
mediatica, educativa, culturale, sociale. 58
Lo psicologo dello sport in questo senso può assumere una posizione fondamentale, 59
strategica: sia come coach e leader nel proprio ambito di riferimento, sia nella promozione e nella 60
formazione di nuovi coaches e novi leaders. 61
Per lo psicologo dello sport, così come per gli altri specialisti del settore, si apre una nuova 62
affascinante sfida: contribuire alla generazione dello sport del XXI secolo il cui motto potrebbe 63
essere “Novare Serbando!”. 64
Lo sport, da sempre, è stato, a volte in modo molto strumentale, faciltatore di dialogo. Vive di 65
dialogo, la sua tessitura è fatta di dialoghi. In questo contributo si prende in considerazione la figura 66
del coach come leader analizzato attraverso l’approccio dialogico. 67
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L’approccio dialogico 70
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Il dialogo è lo stile di vita del coach! E ogni incontro è un primo incontro, un nuovo inizio! 72
Ogni parola si realizza in un rapporto dialogico e risente della parola altrui. 73
Il dialogo rappresenta il filo d’Arianna dei coach, anzi salta i muri e attraversa i confini tra le 74
generazioni del coaching. Diverse sono le generazioni del coaching fino ad oggi: da quella che si 75
occupava, e si occupa, del problema/obiettivo, a quello che si occupa della soluzione/prospettiva 76
futura, all’approdo attuale che pone il focus sull’aspetto riflessivo e sulla prospettiva collaborativa. 77
É quindi possibile, come sostiene Stelter (2009), parlare, oggi, di un coaching di terza 78
generazione. Coaching riflessivo e riflettente fondato sul dialogo con il coachee, sui valori e sulla 79
costruzione di senso. La terza generazione del coaching ha il suo focus sulla co-costruzione di senso 80
e sul riconoscimento dei valori. 81
Il coach dialogico può essere definito un testimone che pensa, co-agisce, è co-autore di nuove 82
storie-narrazioni che vengono co-create nel dialogo. Assume una posizione simmetrica, pur nella 83
dissimmetria e nella non reciprocità di posizione. Ha un atteggiamento “trasgredente”, cioè esce 84
dallo spazio empatico per co-generare con il coachee e con i suoi collaboratori uno spazio nuovo, 85
un altro spazio, un ultra-spazio che Bacthin (1988) definisce “exotopico”. Bachtin insiste sul 86
carattere “trasgredente” e di exotopia del rapporto con l’altro: l’io e l’altro sono reciprocamente 87
extralocalizzati e nessuno dei due può mettersi al posto dell’altro, può mettersi nei panni dell’altro. 88
La comprensione rispondente presuppone, secondo Bachtin, la distanza, l’unicità, la non 89
intercambiabilità, l’alterità, e non può mai diventare coincidenza con l’altro. 90
Il coaching con approccio dialogico integrato entra in uno spazio vuoto, nuovo e generativo, 91
che Bakhtin definisce, appunto, exotopia, lo custodisce e ricerca i momenti dialogici. In questo 92
spazio, che non è del coachee e non è del coach, ci si incontra e ci si riconosce, la reciprocità di 93
questo riconoscimento permette il fiorire, il generare del dialogico. L’empatia permette la semina 94
del dialogo, la fioritura dialogica avviene nell’exotopia. In certe situazioni alcuni modi di agire 95
possono aiutare il dialogo, ma il dialogo non può essere ricondotto a nessun particolare modo di 96
agire o tecnica, pur utilizzando strumenti dialogici coerenti con l’approccio (Braghero, 2014). 97
L’exotopia rappresenta l’atteggiamento adeguato a riconoscere la cultura dell’altro come 98
diversa dalla nostra, ad integrazione e superamento del concetto di empatia. La Sclavi (2003; pp. 99
172-174) a questo proposito scrive: «Per exotopia si intende una tensione dialogica in cui l’empatia 100
gioca un ruolo transitorio e minore, dominata invece dal continuo ricostituire l’altro come portatore 101
di una prospettiva autonoma, altrettanto sensata della nostra e non riducibile alla nostra». 102
Il coach dialogico appronta la scena, il “cronotopo” (tempo-spazio non lineare) come dice Bachtin 103
(2001a), del dialogo tra coach e coachee, ma anche tra i coachee nel caso dei team e group coaching 104
e/o nei lavori di team e di gruppo dei collaboratori. Il coach dialogico garantisce, promuove, 105
presidia e custodisce le interconnessioni sostanziali dei rapporti e delle inter-azioni spazio-106
temporali. La terza generazione del coaching trova i suoi fondamenti, integra e include elementi e 107
contributi, tra gli altri, della filosofia dialogica di Bacthin, la fenomenologia di Husserl, il 108
costruzionismo sistemico-sociale di Maturana, il pensiero della complessità di Morin, il coaching 109
narrativo ed ha un approccio dialogico di tipo protreptico, esortativo. Le sfide della leadership che 110
il coach dialogico affronta sono quelle di: riuscire ad aprire uno spazio riflessivo e riflettente 111
permanente, facendo focus sul dialogo; agire una leadership riflettente che significa allontanarsi da 112
una vicinanza operativa e andare verso una riflessività di auto-osservazione, dove il sistema di 113
leadership osserva il proprio modo di pensare e di agire; infine di adottare una meta-posizione 114
riflessiva nei confronti della propria auto-riflessione. Le tre fondamentali premesse della terza 115
generazione del coaching secondo Stelter, sono: 116
- Agency: la capacità umana di scegliere tra le possibilità, fare la scelta, mobilitare l’energia e 117
agire deliberatamente sulla base di considerazioni personali e piani e scenari di azione 118
- Intenzionalità: relazionalità dell'individuo al mondo come espresso nella volontà della 119
persona in relazione alla specifica altri, attività o situazioni; l’intenzionalità si basa sul 120
generare e costruire significato ed è guidata da valori, scenari di identità 121
- Decostruzione: il potenziale di cambiamento e di ulteriori possibili interpretazioni; la storia 122
del coachee può essere decostruita e collaborativamente ri-costruita, ri-scritta, ri-detta. 123
124
125
Il coach dialogico 126
127
Le tre principali attività del coach dialogico di terza generazione sono: invitare il coachee a 128
collaborare attivamente al processo di costruzione e generazione di significato, di senso; dialogare 129
sulle questioni che riguardano i valori e l’identità; creare, offrire e dare spazio affinché si possano 130
generare nuove narrazioni. 131
Un ulteriore missione del coach dialogico come leader è quella di promuovere e sviluppare 132
cultura dialogica. La ricerca, l’esperienza e la pratica hanno individuato alcune caratteristiche 133
proprie del coach-leader dialogico. Il coach dialogico affronta la crescente complessità ed agisce 134
una leadership trasformazionale di servizio, partecipativa che pratica un 'ascolto generoso', che 135
significa essere profondamente consci dell'obbiettivo dell'altro, del senso delle sue future 136
possibilità. Una leadership capace di attraversare e andare oltre i confini, che dividono e al 137
contempo connettono, capace di essere 'gregario', un leader come abile e attivo follower. 138
Il coach dialogico è capace di “provocare” le competenze di ampliare le capabilities, è capace 139
di negoziazione fra le parti, fra i diversi punti di visti. Il coach considera la leadership come azione 140
relazionale in un contesto in evoluzione. Questa leadership si giudica da quanto bene il coach-leader 141
lavori con le risorse a disposizione, per quanto limitate, e a quanto effettivamente riesca a realizzare 142
in termini di potenziale proprio e altrui. Il coach è un ideatore di forme, generatore di idee, agente 143
capace di trasformare situazioni imperfette in qualche cosa di meglio, investigando le ipotesi, 144
esplorando idee collaterali e creando metafore che stimolano il pensiero. Capace di mutare il 145
proprio punto di vista, anzi di avere più punti di vista e di offrirli. Capace, sempre, di farsi 146
sorprendere. La leadership del coach dialogico è un processo trasformativo capace di sviluppare 147
apprendimento. Le azioni del coach sono sperimentali e la conoscenza è applicata, pragmatica e 148
continua piuttosto che stabile, oggettiva e predittiva. 149
Il coach dialogico è un leader progettuale capace di creare spazi, suggerire possibilità ed 150
offrire un sostegno sufficiente per sfidare e invogliare le persone e le organizzazioni a crescere da 151
sole, lasciando il loro livello di confort abituale. L’obiettivo è il contrario della conformità: il 152
compito del coach è di creare discordanza e divergenza che spinga le persone ad abbandonare le 153
posizioni consuete e i modelli ripetitivi. Capace di una competenza provocatoria, sfidante. 154
Il coach dialogico lavora nell’incertezza e nell’inquietudine. Non è mai tranquillo, il suo 155
lavoro non è mai concluso. Il coach vive tra la scelta di essere sicuro come una roccia o non essere 156
sicuro, ma capace di volare. 157
Il coach-leader è un proattivo ma anche capace di reagire con dinamismo, flessibilità in modo 158
multidimensionale e interdipendente. 159
Il coach-leader non agisce in base al consenso e non è “innamorato” delle proprie idee. Il 160
coach-leader fonda la sua azione sul dialogo, dal dialogo scaturiscono le opportunità di azione. Il 161
fare del coach è generativo. Il coach dialogico sa che non crea nulla da solo, sa che la sua azione è 162
sempre interdipendente. Il coach-leader sa essere assertivo, cioè capace di esprimere in modo chiaro 163
ed efficace le proprie emozioni ed opinioni con rispetto ed efficacia senza tuttavia offendere né 164
aggredire l’interlocutore. Sa distinguere tra fatti ed opinioni ed utilizza le distinzioni linguistiche 165
(Echeverria, 1994). Il coach-leader genera fiducia, lavora con la fiducia e sulla fiducia. La fiducia 166
si dà, si riceve, si può perdere ed è possibile riconquistarla. La fiducia qui è intesa come un tavolino 167
a tre gambe: sincerità, affidabilità e competenza. È difficile che in un rapporto di fiducia le gambe 168
che la sorreggono siano tutte efficienti e/o tute lesionate, il coach-leader dialogico impara a 169
lavorare, rinforzare e valorizzare la parte sana e a ricostruire la parte debole. 170
La competenza “provocatoria” del coach-leader è una mossa affermativa e si sviluppa 171
attraverso almeno cinque elementi: 172
1. Creare. Il coach-leader sa creare il contesto favorevole, un supporto culturale, un ambiente 173
che offra sufficiente stabilità e rassicurazione cosicché le persone sappiano e sentano che c’è 174
una rete di sicurezza, qualcuno pronto a intervenire mentre loro si lanciano. Il primo 175
approccio è un momento di apprendimento vulnerabile e che l’esito è incerto. È un momento 176
di grande inquietudine e le persone sono in bilico ed un eccesso di provocazione o una 177
provocazione focalizzata sulle debolezze è potenzialmente fatale al processo di scoperta, 178
ricettività e apertura che si sta innescando. 179
2. Esercitare. Il coach-leader sa esercitare la ‘competenza provocatoria’. Questa competenza 180
richiede che si introduca una leggera infrazione alla routine (Break). Il coach è come un 181
artista, un abile artigiano, un alchimista che dosa attentamente il materiale ‘inconsueto’ e 182
spinge ad essere attenti in modo nuovo, a guardare attraverso nuovi occhiali ad adottare nuovi 183
punti di vista. Il coach è attento a non provocare una rottura eccessiva ma quel tanto che basta 184
per permettere alle persone di andare oltre, di andare dove non si erano mai spinti prima. 185
3. Agire. Il coach, che utilizza la competenza provocatoria, è fondamentale che crei situazioni 186
che richiedono azioni. Una volta intrapreso il percorso ci si deve buttare ed agire. 187
4. Facilitare. Il coach facilita un riorientamento progressivo, incoraggia la ripresa, le ripetizioni, 188
la ripetizione rappresenta una zona di tranquillità, non eccessiva ma necessaria per stabilizzare 189
il cambiamento. A questo scopo offre feed-back puntuali. 190
5. Favorire. Il coach favorisce l’acuirsi analogico delle prospettive e quindi dei processi. Le 191
persone, dopo essere ‘andate nel futuro’ in questo momento tornano al presente, guardano 192
indietro a quello che sta emergendo e si lanciano nell’ignoto facendo confronti, collegamenti 193
e connessioni con una totalità emergente più ampia. Mettono in relazione ciò che è famigliare 194
con nuove modalità, adeguandosi all’imprevisto e ristrutturando il materiale precedente. Sono 195
momenti delicati nei quali ogni interpretazione ha delle conseguenze su qualsiasi scelta si 196
faccia per proseguire. Si osservano nuove affinità, connessioni, somiglianze che non si erano 197
mai notate e che emergono. 198
199
Il coach dialogico non pianifica, poiché non può pianificare l’emergente dal dialogo continuo 200
e si commisura e fa commisurare le persone con la bellezza del “disordine armonico” (Barret, 201
2013). 202
Il coach-leader coltiva una duplice visione: crea nuove narrative, mentre e allo stesso tempo 203
comprende che esse ormai non esistono più. Invita le persone a vivere nuove storie non come mero 204
esercizio dell’immaginazione ma nella loro realtà quotidiana. Per questo chiede un coinvolgimento 205
profondo, per elaborare e praticare le azioni del cambiamento. Il coach-leader, abbiamo detto, 206
pratica un “ascolto generoso”, un ascolto che va al di là del semplice ascoltare, un ascolto capace di 207
cogliere significati reconditi di ciò che potrebbe emergere durante il dialogo, coglie i momenti 208
dialogici. 209
Il coach dialogico è un leader trasformazionale che induce cambiamenti positivi, ispira 210
possibilità alternative, permette alle persone, attraverso le azioni, di raggiungere i propri obiettivi, di 211
cambiare in meglio la loro situazione. Il coach trasformazionale sostiene e promuove nuovi punti di 212
vista e l’assunzione di rischi, che permettono alle persone e alle organizzazioni ‘balzi evolutivi’ 213
trascendendo le pratiche e le ipotesi convenzionali. 214
Il coach dialogico coltiva la spontaneità, la creatività, la sperimentazione e la sincronizzazione 215
dinamica. Presta attenzione ai modelli mentali, alle convinzioni e ai valori culturali, alle pratiche e 216
alle strutture che favoriscono l’improvvisazione. 217
Prendiamo in esame alcune pratiche che possono aiutare le organizzazioni sportive a 218
sviluppare la dialogicità. 219
1. Il coach dialogico affronta i compiti come fossero esperimenti. Data la profondità, il ritmo e la 220
complessità dei cambiamenti in atto, formare alla ‘improvvisazione’, all’anticipazione e 221
all’adattamento risulta strategico oltreché indispensabile. L’azione è importante così come 222
considerare l’apprendimento organizzativo come un’avventura rischiosa e affascinante da 223
perseguire; 224
2. Il coach apre la strada al futuro e aiuta le persone e le organizzazioni a diventare consapevoli 225
degli obiettivi e dei valori che implicitamente detengono e quali vincoli tali valori impongono 226
alle loro azioni future. Condividere le molteplici interpretazioni dei diversi partecipanti 227
all’azione aiuta chiunque sia coinvolto ad attribuire retrospettivamente un senso o a costruire 228
una storia o una giustificazione per ciò che è già stato fatto. Queste storie, queste nuove 229
narrazioni possono diventare il germe per scoperte e innovazioni più importanti. 230
3. Il coach dialogico, con il suo “ascolto generoso”, la recettività, l’accettazione, la presenza, 231
l’apertura, l’assenso e l’affermazione, prepara la strada alla ‘serendipità’ (scoprire una cosa 232
inaspettatamente mentre si era alla ricerca di un’altra – ‘Tre principi di Serendippo’; Walpole, 233
1754) rompendo le routine. 234
4. Il coach dialogico facilita l’apprendimento a dire SI’ e dire NO, ampliare il vocabolario per 235
vincere il fascino della indeterminatezza e della ambiguità; 236
5. Il coach dialogico facilita l’apprendimento a trarre vantaggio dagli errori, liberi di 237
sperimentare e di elaborare l’estetica della imperfezione; 238
6. Il coach dialogico garantisce che tutti, ogni tanto, abbiano l’opportunità di essere protagonisti, 239
attori principali; 240
7. Il coach dialogico favorisce, con l’esempio e la pratica, la cultura del ‘followership’ del 241
gregario, dell’umiltà delle pratiche di accompagnamento e sostegno. Aiuta a riconoscere con 242
fermezza che gli altri sono necessari e indispensabili per perfezionare il proprio pensiero; 243
8. Il coach dialogico stabilisce regole facili e procedure minime che amplifichino ed esaltino 244
l’autonomia e la collaborazione; 245
9. Il coach dialogico incoraggia il divertimento, la capacità e la voglia di giocare. Evita di 246
controllare troppo. Il controllo aumenta l’ansia che inibisce la partecipazione e 247
l’apprendimento. Il coach sa dosare struttura e libertà, autonomia e interdipendenza, 248
arrendevolezza e controllo; 249
10. Il coach dialogico sa leggere, cogliere e sfruttare le idee che nascono dal dialogo, 250
dall’interagire delle persone con background, provenienze ed esperienze diverse, in reti e 251
contesti diversi; 252
11. Il coach dialogico sa coltivare quella che è stata chiamata “competenza provocatoria”. Il 253
coach è capace di fare promesse, che poi mantiene, è capace di esplorare e far esplorare 254
territori e luoghi sconosciuti, è capace di ascoltare, sentire, leggere e sviluppare le potenzialità 255
delle persone e delle organizzazioni. 256
257
Il coach-leader dialogico si distingue per la consapevolezza dei suoi “atti responsabili”, per la 258
scelta del dialogo come strumento elettivo del suo lavoro, per il suo atteggiamento “responsivo”. 259
Ha la capacità di spostare il suo agire dal paradigma della paura e del controllo a quello della 260
partecipazione responsabile-consapevole e dell’impegno. Riesce a far trovare parole e senso per 261
quelle esperienze di vita e di lavoro per cui non sono ancora date parole e la cui mancanza di senso 262
pregiudica ogni agire. 263
Il coach-leader invita a co-creare il senso, più che il significato, delle nostre parole, del nostro 264
agire, ristrutturando credenze e convinzioni. Ecco il senso operativo, concreto, trasformativo del 265
leader-coach dialogico. La realtà sociale della conversazione dove opera il coach-leader “… non è 266
un gioco strategico semplice, ma piuttosto una danza, una negoziazione multidimensionale delle 267
persone che partecipano a entrambi i dialoghi interni ed esterni; si tratta di una trattativa in cui si 268
generano nuovi significati e a cui si attribuisce un nuovo senso” (Rober, 2005). La realtà è 269
relazione! Questa è una delle scoperte sul mondo operata dalla fisica meccanica quantistica, forse la 270
più profonda e difficile. La teoria, infatti, non descrive come le cose “sono”: descrive come le cose 271
“accadono” ed “influiscono una sull'altra”. Non descrive dov'è una particella, ma dove la particella 272
“si fa vedere dalle altre”. Il modo delle cose esistenti è “ridotto” al modo delle interazioni possibili. 273
La realtà è “ridotta” a interazione. La realtà è “ridotta” a relazione. Non c'è realtà, nel mondo 274
descritto dalla meccanica quantistica, senza relazione fra i vari sistemi. Non sono le cose che 275
possono entrare in relazione, ma sono le relazioni che danno origine alle cose. Gli eventi della 276
natura sono sempre delle interazioni. Tutti gli eventi di un sistema occorrono a un altro sistema. La 277
quantistica ci ha insegnato a non pensare in termini di cose che stanno in questo o quello stato, 278
bensì in termini di processi (Rovelli, 2014). Il processo che mettiamo in atto, attraverso l’approccio 279
dialogico integrato al coaching, promuove-sviluppa-accelera-integra-sostiene-cura le relazioni tra e 280
con le persone tra e con le differenti parti del sistema, aprendo ad altri sistemi. È un processo 281
inclusivo, innovativo, dinamico e continuo. 282
283
284
Approccio dialogico integrato al coaching 285
286
L’approccio dialogico integrato al coaching facilita l’attraversamento dei confini, i processi 287
intraculturali. I punti critici di ogni organizzazione si trovano là dove i confini s’intersecano, dove 288
le responsabilità e i poteri si sovrappongono. Lì dove le linee si toccano, lì sono i nodi. L'approccio 289
dialogico facilita la co-costruzione di legami, di link. È attraverso la migliore relazione di questi 290
link tra i diversi nodi che avviene l'alchimia trasformativa dialogica, che si dà origine a quello che 291
viene definito “grafo”. 292
Ci sono diverse realtà nell’attività pratica. Secondo Andersen (2007), vi sono tre diverse realtà 293
della pratica nelle professioni educative ciascuna delle quali genera uno specifico linguaggio: 294
- Nella realtà “o-o” abbiamo a che fare con questioni visibili, ma inerti (morte), nel senso che 295
sono definite esattamente e le loro definizioni restano uguali indipendentemente dal contesto. 296
Quando ad esempio é necessario definire bene con precisione alcune categorie ai fini di un 297
processo decisionale: una diagnosi d’infortunio, l’accesso a un servizio specialistico ad 298
esempio. Tuttavia, la descrizione di un problema o l’invio ad altri servizi e/o settori non sono 299
sufficienti per definire una conoscenza reciprocamente costruita della situazione così come é 300
per ogni persona collegata ala questione. 301
- Nella realtà “sia-sia” abbiamo a che fare con questioni visibili e vive, per cui sono possibili 302
molte descrizioni simultanee. Ad esempio nelle discussioni il coach lascia spazio sufficiente 303
perché le diverse voci siano ascoltate – senza assumerne che un punto di vista sia quello 304
giusto e un altro sia sbagliato. Ad esempio, quando un coach esprime una valutazione su uno 305
atleta, la sua voce e’ la più forte. Ma nell’incontro con l’atleta, i suoi compagni, la sua 306
famiglia e altri colleghi e professionisti, il coach farà attenzione che tutte le voci siano 307
ascoltate, quelle, ad esempio della famiglia di come vive quella valutazione. La voce 308
dell'atleta e degli altri attori sono importanti per acquisire e costruire nuova conoscenza del 309
problema, quanto quella dei coaches. E allo stesso modo tra i professionisti e gli operatori, la 310
voce del “custode del campo” vale tanto quanto quella del Dirigente. La realtà “sia-sia” pone 311
l’enfasi sulla conoscenza reciprocamente costruita, tuttavia, anche in queste pratiche ci può 312
essere la tentazione di rafforzare la certezza esercitando un controllo sul corso della 313
discussione. L’orientamento funzionale, rivolto al risultato, ostacola la dialogicità: il rispetto 314
per l’alterità tende ad essere sostituito dal rispetto per i mezzi di cui si fida per addomesticare 315
l’incerto. 316
- Nella realtà “né-né”, le questioni sono invisibili ma vive. Facciamo esperienza di qualcosa 317
che sta succedendo, ma noi non disponiamo di una descrizione linguistica precisa al riguardo. 318
Possiamo dire che non e’ ne’ questo ne’ quello, ma io so che qualche cosa sta succedendo. 319
Andersen faceva l’esempio della stretta di mano. E’ qualcosa che succede nella nostra 320
partecipazione fisica all’incontro, eppure non é commentata con le parole, ma rimane una 321
nostra esperienza fisica, corporea. 322
323
Secondo Andersen (2007), per produrre un cambiamento positivo questa è la parte più 324
importante dell’incontro con gli altri, con gli atleti e con tutti gli attori del mondo sportivo. Questo 325
cambiamento, tuttavia, non si produce usando dei metodi specifici, ma con l’esserci qui e ora, al 326
presente. 327
Stern (2004) propone di spostarsi dalla conoscenza esplicita alla conoscenza implicita che si 328
manifesta al presente come esperienza concreta, e solitamente tacita, senza parole – propone cioè di 329
diventare consapevoli di quello che sta succedendo in noi prima che lo verbalizziamo (Stern, 330
2005). Il presente in cui viviamo dura soltanto pochi secondi: é per questo che si fa riferimento ai 331
micro-aspetti del dialogo, propri della risposta e della responsività del coach di fronte al coachee, 332
prima che una qualsiasi cosa sia messa in parole o descritta in linguaggio; si fa riferimento cioè 333
all’essere aperti agli altri. 334
Nel coaching dialogico si sposta l’attenzione dal contenuto dei dialoghi, delle narrazioni, al 335
modo con cui sono narrate, ai sentimenti, alle emozioni che si manifestano. Coach e coachee vivono 336
una esperienza condivisa, concreta, che avviene prima che le esperienze del coachee siano 337
formulate a parole. Conta quello che è detto, come viene detto, proprio qui e adesso, tra le persone 338
presenti senza allontanarsi, seguendo invece il contenuto, dal momento presente e dalle opportunità 339
che esso offre. Non é il coach che dà significato alle storie, alle narrazioni, non orienta alla 340
soluzione, non interviene con una mappa “intenzionale” bensì con un atteggiamento di “mutualità”. 341
Nell’approccio dialogico la posizione del coach, la sua attenzione e’ su come “rispondere” alle 342
enunciazione dei coachee, dal momento che sono le loro risposte i motori che attivano le risorse 343
psico-sociali-personali dell’utente. Un’enunciazione dialogica non attende una risposta 344
d’approvazione o di rifiuto (monologico), ma piuttosto una replica che schiuda nuove prospettive su 345
quello che e’ stato detto. 346
347
Aristotele, nell’Etica Nicomachea, sostiene a proposito della “saggezza pratica” che se la 348
téchne (abilità) e l'epistème (conoscenza teorica) sono importanti, nelle situazioni pratiche, che 349
sono sempre particolari, si devono fare delle scelte sagge che siano buone per gli esseri umani, e 350
questo non deriva dal rispetto di regole di condotta, ma dalla prhonesis, la saggezza pratica che si 351
conquista soltanto attraverso l'esperienza (Mazzarelli, 2000). 352
Proporre delle linee-guida per il coach-leader dialogico, delle indicazioni, può aiutare ad 353
acquisire esperienza, l'esperienza può alimentare il coraggio e l'immaginazione, una pratica ricca di 354
creatività rafforza la prospettiva teorica alla sua base. Da un lato, se ci si ritrova con delle nude 355
tecniche, si può essere più o meno dipendenti da esse, e lo spazio per la creatività può restringersi. 356
All'estremo opposto, che è altrettanto debole, se si hanno soltanto delle idee generali senza delle 357
linee guida per muovere i primi passi, si rischia di restare un osservatore interessato, ma che non 358
trova il coraggio di lanciarsi, di buttarsi. 359
La dialogicità non è un metodo né un insieme di tecniche ma è un atteggiamento, un modo di 360
vedere, che si basa sul riconoscere e sul rispettare l'alterità dell'altro e sull'andarle incontro 361
(Arnkil e Sikkula, 2013). Tuttavia, come stiamo facendo, è comunque possibile descrivere e 362
sperimentare, almeno in parte, alcune pratiche dialogiche e le loro tappe iniziali. Le esperienze 363
nelle relazioni dialogiche rafforzeranno un atteggiamento dialogico, la cultura dialogica e 364
spingeranno ad estendere reciprocamente i propri campi di attività. 365
Le pratiche dialogiche richiedono la “responsività” (la capacità di dare delle risposte pronte, 366
sensibili, coscienti, consapevoli), non di seguire semplicemente delle linee guida. Man mano che 367
aumenta l'esperienza, la consapevolezza, le linee guida perderanno di importanza, per essere 368
sostituite dalla pratica vissuta ed incarnata in ciascun operatore e in ciascun servizio. 369
Le linee guida possono aiutare all'inizio a far fare i primi passi e a capire il senso della svolta 370
a 180° che consiste nel porsi come in colui che chiede aiuto all'altro invece di essere colui che, da 371
"esperto", offre, dà aiuto. Mettere al centro l'altro, sempre che accetti di starci dialogicamente 372
parlando, significa ritenerlo esperto di se stesso e delle sue preoccupazioni e quindi non solo 373
ascoltarlo in modo generoso rispettandone l'alterità bensì chiedere a lui aiuto per co-costruire un 374
percorso di aiuto, sviluppo, crescita. Le linee guida sono per loro natura un po’ schematiche, la vita 375
no. 376
Il coach-Leader nella prospettiva del coaching dialogico è un Coach-Leader che aiuta 377
chiedendo aiuto al proprio collaboratore, atleta, dirigente. Questa richiesta ha una 378
natura“protrettica” (esortativo, di promozione, di stimolo). Chi lavora sul campo, probabilmente, 379
non fa risalire le sue difficoltà ai fondamenti epistemologici dell'approccio che applica, spesso 380
inconsapevolmente (la cosiddetta “filosofia” del coach): eppure, al cuore di queste difficoltà si trova 381
un pre-giudizio, una credenza, una convinzione che genera la tensione con gli altri, vale a dire le 382
negazione della loro alterità, nascosta nel desiderio che gli altri facciano proprie le prospettive dei 383
coaches professionisti, e/o del leader. La mancanza di rispetto per l'alterità è percepita proprio come 384
una mancanza di rispetto, per quanto a fin di bene e convincenti siano le parole e le azioni scelte. 385
Provare a cambiare la propria attività, le proprie azioni-parole (ciò che possiamo concretamente 386
cambiare e controllare, almeno in parte) nei modi che invitino al pensiero e all'azione congiunti può 387
favorire le relazioni dialogiche. L'atteggiamento dialogico e l'interesse rispettoso per il modo in cui 388
gli altri vedono le cose, dalla loro unica posizione all'interno del mondo sociale, s’irradiano anche 389
prima di pronunciare una sola parola. 390
Per generare apprendimento individuale e/o organizzativo è necessario fare uscire l’altro dalla 391
zona di confort, dobbiamo farlo noi per primi, mostrandoci vulnerabili, sinceri, diretti, questo 392
atteggiamento aiuta l’altro a sentirsi in uno spazio nuovo, protetto, uno spazio dialogico, un extra-393
spazio: l’exotopos in una dimensione spazio-temporale condivisa e vissuta ad hoc cronotopos, la 394
generazione di questo “extra-spazio” e il suo presidio é compito del coach, che, attraverso 395
l’esperienza riconosce il “kairos”, ovvero il tempo giusto, opportuno per farlo. I dialoghi sono resi 396
necessari e possibili, come dice Levinas (1983) dalla presenza di relazioni “asimmetriche”: l’altro é 397
sempre qualche cosa di più di quello che si può afferrare. Il coach dialogico ha il compito di 398
accompagnare e sostenere i propri atleti e utenti dalla zona di “livello effettivo di sviluppo”, dove si 399
possono solo confermare le conoscenze e le competenze già acquisite, a quella “potenziale di 400
sviluppo”, come sostiene Vygotskij, dove si fanno intravedere, sperimentare e provare le 401
competenze potenzialmente acquisibili in un futuro ravvicinato. Questa è definita dall’autore citato 402
“zona prossimale di sviluppo potenziale” che è fuori dalla zona di confort e si può affrontare se si è 403
accompagnati e assistiti in situazioni sfidanti. L’abilità del coach è quella di generare, custodire, 404
promuovere e mantenere aperto il dialogo in modo che il coachee si addentri nella sua “zona 405
prossimale di sviluppo potenziale”. 406
Le pratiche dialogiche richiedono la “responsività” (la capacità di dare delle risposte pronte, 407
sensibili, coscienti, consapevoli), non di seguire delle linee guida. Come dice Bachtin “non c’è 408
nulla di più terribile della mancanza di responsività (Bakhtin, 1984). Responsività non vuol dire che 409
il coach deve rispondere con spiegazioni o interpretazioni. Il coach deve far capire con la sua 410
responsività di essersi accorto di quello che é stato detto e, quando é possibile, aprire un nuovo 411
punto di vista al riguardo. Rispecchiare, ricapitolare, annuire con la voce e con il corpo, risuonare, 412
offrire feedback sono tutti modi per esprimere la responsività. Il compito é essere in dialogo con i 413
coachee. L’attenzione si concentra in primo luogo sullo sviluppo del dialogo, in secondo luogo sulla 414
promozione del cambiamento. 415
416
417
Strumenti per il coaching dialogico 418
419
Oltre agli strumenti comunemente utilizzati nel coaching ci piace qui presentare quattro 420
strumenti proprie dell’approccio dialogico nel lavoro con le organizzazioni, le squadre e i gruppi. 421
422
Early Open Copperation (EOC): utile specie per le preoccupazioni lievi, ha un carattere preventivo. 423
É un modo per affrontare le preoccupazioni prima che diventino e si trasformino in problemi 424
diabolici. Crea e sviluppa una maggiore fiducia nelle relazioni. Tutti i presenti sono i competenti, da 425
diversi punti di vista, della situazione. Esercitare la capacità di vedere prima, di anticipare, utilizzare 426
la naturale facoltà della psiche umana di orientare le persone nel loro campo di attività usufruendo 427
di tutti i propri mezzi cognitivi, emotivi, morali disponibili per sondare la situazione in cui si trova. 428
Nell’EOC si vuole ascoltare l’altro utente, operatore o professionista che sia e sollecitare il dialogo 429
e’ una richiesta: aiutami ad aiutarti. È un invito a pensare insieme a cambiare insieme. Quando ad 430
esempio insorge, o si ha il sentore che potrebbe insorgere, un piccolo problema, con un membro 431
della squadra e/o dello staff, o con la stampa. 432
433
Dialoghi dal futuro (ricordare il futuro) o dialoghi anticipatori (FD): utile nelle situazioni “grigie” 434
di media gravità, è strutturato proprio per offrire alle posizioni più deboli o minoritarie la possibilità 435
di espressione e di essere ascoltate. E’ utilizzato in situazioni di confine, quelli “da terra di 436
nessuno”, nelle integrazioni di servizi, come possibilità di co-progettare azioni e strategie. Sono 437
pensati per quelle situazioni in cui le persone si conoscono già, in cui azioni e tentativi (di aiuto) 438
sono stati già messe in campo e le persone hanno avuto molti contatti personali in precedenza. I 439
dialoghi dal futuro o anticipatori sono pensati per essere interventi una tantum con di follow-up 440
limitati. Quando la squadra non rende come potrebbe, oppure quando è di fronte ad un’annata 441
particolarmente complicata, difficile o con un obiettivo particolarmente ambizioso. 442
443
Dialoghi Aperti (OD): utile nelle situazioni Gravi. Non strutturato, si segue il flusso dei 444
partecipanti. Ascoltare, Rispecchiare, Ricapitolare, fondare con qualche domanda, essere 445
Responsivi, offrire Feedback. Studiati per affrontare in particolare nel caso di una crisi nuova, ed e’ 446
possibile che le persone si incontrino per la prima volta. I dialoghi aperti sono frequenti con diverse 447
sessioni in successione. Ad esempio quando la squadra va male. 448
449
Dialoghi Riflessivi (RD) – Andersson: utile in tutte quelle situazioni dove si sente la necessità di co-450
costruire insieme dei processi in modo trasparente. Gli utenti e/o i coachee ascoltano i membri dello 451
staff dei coach che commentano quello cha hanno ascoltato, dialogando e riflettendo fra loro. 452
Mentre gli altri assistono si offre così spazio ai propri dialoghi interni ri-ascoltando rispetto alle 453
stesse parole che poco prima erano state dette dagli stessi coachee. Bachtin definisce questa parola 454
ri-ascoltata nel rispecchiamento: “parola penetrata” (Medvedev e Bachtin, 1978), risentire la tua 455
parola ma con tono leggermente diverso, penetrata, appunto, da un’altra parola con tono diverso. 456
Uno spazio aperto di discussione, attraverso cui coachee e coaches sono in grado di acquisire più 457
capacità di azione nella loro quotidianità discutendo dei loro problemi e criticità. Da una 458
conversazione dialogica deriva nuova conoscenza: nello spazio che si crea tra i partecipanti alla 459
conversazione si generano nuovi significati, si costruisce senso. I professionisti devono anche 460
diventare esperti nei dialoghi, perché e’ attraverso i dialoghi che la loro conoscenza specialistica del 461
campo si radica nel contesto. I coaches: riepilogano, rispecchiano, esprimono emozioni e ciò che 462
hanno sentito, provato, offrono feedback. Quando, ad esempio, vogliamo far dialogare due 463
differenti reparti di una squadra: attacco e difesa. 464
465
Un’altra tipologia di riflessività é quella definita Mycro Coaching Session, ovvero brevi 466
momenti di sessioni di coaching effettuati durante lavori di Team Building, oppure in sessioni 467
particolari di dialoghi aperti. In questi casi ad ogni partecipante del gruppo (composto al massimo 468
da 8 persone) viene assegnato un coach, che per 5’-10’ affronta il tema, l’argomento, il problema, la 469
preoccupazione emersa con il proprio coachee attraverso l’ascolto generoso e le domande aperte e 470
potenti. Al termine del tempo assegnato, il coach coordinatore chiede ai singoli coach di 471
rispecchiare e ricapitolare per tutti quanto e’ emerso nella sessione, utilizzando al massimo le parole 472
e il tono del coachee. Ovviamente il coachee può integrare se ne vede o sente la necessità. Questo 473
permette al coachee di sentire risentire proprio le sue parole, la sua voce, la sua posizione, può 474
modificarla e integrarla e permette agli altri di ascoltare con una migliore attenzione dovuta al 475
minor coinvolgimento emotivo. La “neutralità” del coach garantisce una profondità riflessiva ed 476
una polifonia più ampia. Un coach potrebbe lavorare anche con due coachee contemporaneamente, 477
in casi di numeri più elevate o di pochi coaches. In questo caso oltre al rispecchiamento e 478
ricapitolazione del coach ci saranno le integrazioni e le impressioni del coache 1 sul coache 2 e 479
viceversa ed ovviamente le possibili integrazioni del coache di cui si ricapitola la sessione. 480
481
Oltre a questi strumenti, si possono utilizzare le Sessioni Individuali di coaching, e gli 482
strumenti di Team e Group coaching, elementi di Team Building e di Peer coaching, il tutto in 483
maniera integrata con l’approccio dialogico. 484
485
486
Le Unità di coaching 487
488
L’approccio dialogico, come fondamento della formazione dei coach che svilupperanno il tipo 489
di leadership sopra descritto, più che impararlo sui libri o in corsi di tipo accademico, si pratica. Si 490
basa sul concetto di “placement and training”, è un learning by doing continuo, è una 491
sperimentazione, un laboratorio, una ricerca-azione dialogica. Lo sport, la sua politica e la sua 492
organizzazione ha bisogno di accrescere la propria cultura dialogica, ha bisogno di una nuova 493
generazione di coaches e di leaders. In questo senso la necessità di costituire delle Unità di 494
Coaching all'interno dei dipartimenti universitari che abbiano una forte connessione con il territorio 495
e le pratiche sportive che in esso si trovano e si realizzano diventa una proposta concreta, una 496
innovazione sociale. 497
Il significato di social innovation fa riferimento a una definizione stratificata, secondo la 498
quale, le innovazioni sociali diventano strategie, concetti, idee ed organizzazioni (prodotti, servizi e 499
modelli) che incontrano bisogni sociali di ogni tipo e creano nuove relazioni sociali e/o 500
collaborazioni per lo sviluppo delle comunità ed in generale per tutto ciò che rafforza la società 501
civile. L’innovazione ha lo scopo di determinare un cambiamento positivo, di facilitare la 502
progettazione o realizzazione delle attività o di migliorarne la qualità. Un’innovazione non deve 503
essere necessariamente una novità per tutti: è sufficiente che un soggetto o un’unità oppure 504
un’organizzazione la percepiscano come nuova (Murray, Culier Grice & Mulgan, 2011). 505
Per far questo, si ritiene che la via migliore per sviluppare innovazione sociale sia quella di 506
accrescere la visibilità, dei casi di successo, sia a livello europeo sia a livello internazionale. Questo 507
può accadere meglio e soprattutto a livello local to local, anche attraverso l’evidenza empirica, 508
migliora le capacità, non solo degli esperti e dei politici ma anche dei cittadini. Sviluppa la capacità’ 509
di pensare al trasferimento dell'innovazione sociale come strumento elettivo e di opportunità per 510
risolvere le sfide che la nostra epoca ci impone. 511
Il «trasferimento dell’innovazione» (TOI = Transfer Of Innovation) è l’applicazione di una 512
buona pratica innovativa in organizzazioni diverse da quella che l’hanno sviluppata. Sono i 513
processi, le conoscenze insite in tale pratica, che vengono trasferite, non la pratica in sé. Per il 514
trasferimento di una pratica occorre che il contesto sia sufficientemente simile al contesto nel quale 515
la pratica si è rivelata originariamente funzionale ed efficace. Il trasferimento di una buona pratica è 516
sempre un processo di apprendimento. In questo processo ricoprono un ruolo importante anche le 517
conoscenze implicite. 518
Le più recenti ricerche, confermano quanto si fa con l'approccio dialogico: mostrano infatti 519
che un processo di trasferimento dell’innovazione, orientato agli 'utenti', si gioca sull’interazione tra 520
i partecipanti ed i beneficiari. È importante individuare chi sono i beneficiari finali dell'innovazione 521
e coinvolgerli nelle varie fasi del processo di trasferimento. È inoltre strategico pensare ai differenti 522
supporti di cui gli innovatori, tanto quanto le innovazioni, hanno bisogno per crescere. In questo 523
senso Il libro bianco sulla innovazione sociale individua sei momenti, pensati come fossero degli 524
spazi coincidenti, con culture e abilità differenti. Tali momenti non sono sempre sequenziali: alcune 525
innovazioni compiono dei veri e propri balzi. Questi momenti sono: 1) suggerimenti, ispirazioni e 526
diagnosi, 2) proposte e idee, 3) prototipi ed esperimenti, 4) conferme, 5) organizzazione e 527
diffusione, 6) cambiamento del sistema di riferimento. 528
Rispetto a questo, l’esperienza vissuta durante il Master universitario di II livello in Gestione 529
dei processi psicologici e relazionali nello sport dell’Istituto Universitario Salesiano di Torino 530
Rebaudengo (IUS-TO), unita all’esperienza finlandese, australiana e a molte altre, oltre alle 531
esperienze quotidiane di campo, ci hanno convinto della necessità di costituire luoghi dove sia 532
possibile formare le competenze per i nuovi coach, manager e leader sportivi e dove sia anche 533
possibile ri-generare e ri-motivare “gli anziani”. Come è stato poc'anzi anticipato la costituzione di 534
Unità di Coaching può rappresentare una buona soluzione. 535
In particolare una Psychology Coaching Unit cerca di migliorare le prestazioni, la produttività 536
e la qualità della vita degli individui, delle organizzazioni e della comunità più ampia attraverso 537
l'eccellenza nell'istruzione, nella ricerca e la pratica della psicologia coaching. Le associazioni 538
professionali come Society Coaching for Psychology (SCP) e International Coaching Federation 539
(ICF) potrebbero essere utilissime per garantire standard, codici etici e competenze professionali. 540
La Psychology Coaching Unit cura l'applicazione della ricerca, la teoria e la pratica della 541
scienza della psicologia con approccio dialogico integrato al coaching per la valorizzazione della 542
esperienza di vita, le prestazioni di lavoro e la crescita personale di tutta la comunità sportiva ai 543
diversi livelli e con le diverse necessità. Inoltre, implementerebbe la consapevolezza della 544
cittadinanza planetaria insita nel movimento sportivo e una consapevolezza ecologica nei processi 545
di globalizzazione. 546
In Europa abbiamo pochi esempi di unità di questo tipo al momento, mentre in Australia e in 547
altri Paesi sono già molto diffuse. La possibilità di costituire un’unità mettendo in rete alcune tra le 548
accademie europee più sensibili con know-how specifico (sportivo, scienze sociali, approccio 549
dialogico, coaching, leadership) che raccolga e sviluppi tutte le esperienze e le “buone pratiche” che 550
il modo sportivo ha fin qui prodotto rappresenta una grande opportunità. 551
Quella di una International Unit of Coaching è una idea che coinvolge più università in rete e 552
più istituzioni come ICF, SCP ed altri partner interessati per lo sviluppo della cultura, della ricerca, 553
dell'innovazione e dell'alta formazione nell'ambito del coaching. 554
L'Unità di Coaching ha le caratteristiche di flessibilità, dinamismo, adattabilità. La sua 555
missione è quella di diffondere la cultura del coaching, di costruire le basi scientifiche e le migliori 556
pratiche di dialogical approach in the local governance of sport, comunity coaching, personal 557
coaching, leadership, ben-essere. 558
La cultura del coaching si sviluppa attraverso la ricerca, l'alta formazione, la progettazione e 559
la supervisione. 560
Questa unità potrebbe essere specificatamente dedicata al coaching, in particolare quello 561
cosiddetto di terza generazione, più votato ai valori e alla costruzione di senso. Un coaching attento 562
alle trasformazioni in atto. Esso stesso motore dell'innovazione sociale in particolare nella 563
costruzione della governance sportiva a 360° del prossimo futuro. 564
Ovviamente l'IT e i social media troveranno qui un campo di nuove applicazioni e 565
innovazioni che faciliteranno i processi riducendo i costi marginali prossimi allo zero. Inoltre si 566
potrà sviluppare l'idea del “Commons Collaborativo” che dal local to local si potrà diffondere a 567
pratica globale (Rifkin, 2014). 568
569
570
Nel vero dialogo entrambe le parti sono disposte a cambiare 571
Thich Nhat Hanh 572
573
574
Metafore per riflettere sul Coach come Leader dialogico 575
576
Generatori di extra-spazi 577
Seminatori del desiderio – passione 578
Custodi della cura 579
Campo in cui fiorire 580
Eternauti del dialogo 581
Tessitori di dialogo 582
Ibridi della dialogicità 583
Acrobati dell’incertezza 584
Promotori di relazioni 585
Artigiani dell’inatteso 586
Ricognitori di sogni 587
Specialisti del quotidiano 588
Specialisti del senso comune 589
Negoziatori di futuro 590
Anticipatori di futuro 591
Custodi di futuro 592
Coltivatori di memorie 593
Traduttori di culture 594
Facilitatori di apprendimento 595
Co-costruttori di senso 596
Co -costruttori di progetti di vita 597
Esploratori di antinomie 598
Navigatori dell’inquietudine 599
Equilibristi tra stabilità e cambiamento 600
Gatekeeper della comunicazione 601
Globalizzatori dell’interdipendenza 602
Testimoni dell’interazione 603
Colla del gruppo 604
Palombari della conoscenza implicita 605
Ricercatori - lavoratori del dentro e del fuori 606
Mediatori di culture 607
Astronomi dei punti di vista 608
Saltatori di muri costruttori di ponti 609
Danzatori nelle relazioni 610
Sgombratori di nuvole 611
Saltatori di muri e costruttori di ponti 612
613
Saper tenere aperti i confini ed essere incerti almeno quanto gli attori che seguiamo. 614
615
616
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