Gianna Baucero
IIn viaggion viaggiocon il cardinalecon il cardinale
Guala Bicchieri in Inghilterra (1216-1218): dalla corte inglese alla fondazione della basilica di S.Andrea in Vercelli
Con immagini e notizie inedite sulla storia della basilica vercellese
ISBN 978-8895125107
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Gianna Baucero è docente ordinaria di Lingua e Letteratura Inglese.
Appassionata di storia medievale inglese, ha fondato nel 2005 l’Associazione Culturale Chesterton, che si occupa della riscoperta e della valorizzazione della fi gura di Guala Bicchieri e dei legami che univano Vercelli all’Inghilterra in epoca medievale.
Nel 2005, in occasione della mostra “Scrinium Cardinalis” ha realizzato con Dr. James Gardom, attuale Dean and Chaplain of Pembroke College Cambridge, e con l’assessore alla Cultura del Comune di Vercelli, Dott. P. Giorgio Fossale, la ripresa dei rapporti tra Vercelli e St.Andrew’s Chesterton, la chiesa che fu donata a Guala dal re inglese Henry III.
Si occupa di ricerca storica e dell’organizzazione di eventi che avvicini-no Vercelli alla cultura inglese e promuovano l’immagine di Vercelli nei Paesi anglo-sassoni: ha organizzato il tour del Choir of Ely Cathedral a Vercelli e provincia nel 2006, il tour del Pembroke College Chapel Choir a Vercelli nel 2007 e numerose conferenze dedicate a Guala Bicchieri e alla sua legazione inglese.
Ha collaborato con l’Assessorato alla Cultura di Vercelli in occasione dell’evento espositivo “Peggy Guggenheim e l’Immaginario Surreale” del 2007/8, organizzando il ciclo di conferenze “Da Guala a Guggenheim”.
Nel corso dei suoi frequenti viaggi in Inghilterra ha realizzato diversi reportages fotografi ci, dai quali ha tratto alcune delle immagini contenute nel volume.
SAVIOLOEDIZIONI
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SAVIOLOEDIZIONI
Con il patrocinio di:
Comune diVercelli
Arcivescovado diVercelli
Gianna Baucero
In viaggiocon il cardinale
Guala Bicchieri in Inghilterra (1216-1218): dalla corte inglese alla fondazione della basilica di S.Andrea in Vercelli
Con immagini e notizie inedite sulla storia della basilica vercellese
SAVIOLO
EDIZIONI
ISBN 978-88-95125-10-7
Finito di stampare nel mese di settembre 2008
© Tutti i diritti sono riservati a Paolo Saviolo© Tutti i diritti dei testi sono di Gianna Baucero
Nessuna parte del libro può essere riprodotta in alcuna forma di stampa e/o con mezzi digitali e/o elettronici (incluse fotocopie, registrazioni o recupero e immagazzinaggio di informazioni), senza il consenso scritto dell’editore.I fotografi possiedono i diritti delle immagini che hanno creato autorizzando l’editore alla loro pubblicazione. Vietata la riproduzione.
Impaginazione grafica e copertina di Elisabetta Cavagnino
Prima pubblicazione - Edizione limitata
SAVIOLO
EDIZIONI
Così, nel XIX secolo, scriveva il poeta roman-tico inglese Wordsworth, pensando alla King’s College Chapel di Cambridge. Ma i versi ben si addicono anche alla basilica vercellese di S.Andrea e al suo fondatore, Guala Bicchieri, protagonista di questo libro. Otto secoli dopo la sua costruzione, il dono del cardinale è ancora maestoso e bellissimo. Esso testimonia la gran-dezza di Guala e della sua Vercelli, città d’arte e crocevia del pensiero nel lontano Medio Evo come nel XXI secolo. Anche questo volume na-sce come un dono: è un omaggio al cardinale e al ruolo che egli interpretò sulla scena poli-tica internazionale. Un ruolo di statista, prima che di ecclesiastico, di intelligente giurista e di sensibile riformatore, oltre che di raffi nato amante dell’arte. Gianna Baucero vi ha dedicato anni di studio e di ricerche, ripercorrendo sul suolo inglese le orme del nostro concittadino, ricostruendo i rapporti con Chesterton, esami-nando antichi manoscritti che da secoli riposa-vano negli archivi di colleges e cattedrali inglesi. Dell’autrice è anche gran parte delle fotografi e del volume, in cui prende forma l’Inghilterra di Guala con le sue chiese, le sue guglie, i suoi cieli
“…lassù nel cielo non si pratica il calcolo accuratodei risparmi e delle spese: tali i pensieri di chi plasmò
per i sensi umani queste alte colonne, di chi tracciò questavolta spiovente, sospesa nell’aria (…) dove luce ed ombra
si posano, e la musica ama indugiaree aggirarsi all’intorno come se non volesse morire,come pensieri la cui intima dolcezza testimonia
che nacquero per essere immortali.”
tormentati e i suoi paesaggi di un verde strug-gente che certamente non mancarono di com-muovere anche il cardinale. Su tutto domina la maestosità del gioiello vercellese, S.Andrea, con la pace antica del suo chiostro e il miracolo delle sue alte volte dove “la musica ama indugiare”, oggi come al tempo del cardinale. Un ponte sul-la storia, dunque, questo libro. Collegamento ideale tra la Vercelli di Guala e quella di oggi, ma anche doveroso tributo al fi glio più illustre della nostra città.
Un ringraziamento specialissimo a Gianna Baucero che con determinata passione e pro-fonda conoscenza delle tematiche trattate ha realizzato questo dotto e affascinante volume che consentirà alla città di Vercelli di collegarsi idealmente e culturalmente con tutti i luoghi, i tempi, le persone che credono che le radici sto-riche di una comunità siano indispensabili per proiettarsi verso un futuro di speranza e di pro-duttività artistica orientata al Bello e al Bene.
Pier Giorgio FossaleAssessore alla Cultura, Comune di Vercelli
Prefazione
R ingraziamenti
Desidero ringraziare tutti coloro che, a vario
titolo e con mezzi diversi, mi hanno aiutata nelle
ricerche e nella realizzazione di questo lavoro:
• il professor Nicholas Vincent della East
Anglia University di Norwich, massimo esperto
della missione di Guala Bicchieri in Inghilterra
e autore dell’unica monografi a esistente sulle
lettere e gli acta del legato. Senza gli studi del
professore, i documenti da lui pubblicati e i suoi
consigli il mio lavoro non sarebbe mai esistito.
Il libro è dedicato anche a lui.
• Il professor Mario Guilla, “faro sempre fi sso”
durante il mio viaggio nel tempo alla ricerca di
storie lontane. Sua è la riproduzione (posta in
alto su ciascuna pagina, in funzione di delizioso
elemento decorativo) dell’iscrizione della lunetta
sinistra situata sulla facciata della basilica di
S.Andrea in Vercelli.
• Il professor David Carpenter, autore di
fondamentali studi sul Medio Evo inglese e
particolarmente sui regni di King John e Henry
III. La copia autografata di “The Minority of
Henry III” che il professore mi ha donato rimane
tra gli oggetti a me più cari.
• L’amica e collega professoressa Donatella
Crovella, che ha tradotto alcune delle lettere del
cardinale e ha curato la revisione di tutti i testi
in latino contenuti nel presente volume.
• The Master and Fellows of Trinity College
Cambridge per l’autorizzazione alla pubblica-
zione delle immagini dei manoscritti.
• Il dottor Jonathan Smith del Trinity College
di Cambridge, che mi ha permesso di consultare
i manoscritti relativi a Vercelli e Chesterton e
mi ha fornito aiuto, supporto e materiale;
la sua competenza e disponibilità sono state
determinanti per la nascita di questo lavoro.
• The Chapter of Durham Cathedral, per aver-
mi concesso l’enorme privilegio di pubblicare le
foto della Magna Carta di Durham, della Forest
Charter e di una lettera di Guala Bicchieri anco-
ra perfettamente conservata.
Mrs. Anne Robinson e Mr. Alan Piper.
• The Chapter of Worcester Cathedral e
dr. David Morrison della Biblioteca della
Cattedrale.
• The Chapter of Salisbury Cathedral.
• Dr. James Gardom, Dean and Chaplain
of Pembroke College, Cambridge e già Vicar
of St.Andrew’s Chesterton: la sua intelligenza
e sensibilità hanno permesso di realizzare un
nuovo legame tra Vercelli e Chesterton.
• The Dean and Chapter of Ely Cathedral.
• Rev.nd Dr. Nicholas Moir, attuale Vicar of
St.Andrew’s Chesterton, Mr. e Mrs. Dazeley,
Paul Clarkson e tutti gli amici che a Chesterton
mantengono vivo il “Vercelli link”.
• I compagni di viaggio Claudia Bergamini,
•
Silvano Alboresi e Daniela Saglio per la loro in-
sostituibile e generosa collaborazione. Silvano e
Daniela sono anche autori di alcune delle foto
scattate in Inghilterra.
• Tutti i soci dell’Associazione Culturale
Chesterton Onlus, con cui ho condiviso alcuni
dei viaggi in Inghilterra sulle orme del cardinale
Guala Bicchieri e la rinascita dei legami tra
Vercelli e Chesterton.
• I musei e le biblioteche vercellesi (Museo
Leone, Museo Borgogna, Museo del Tesoro
del Duomo, Biblioteca Civica e Biblioteca del-
l’Archivio Capitolare), che mi hanno concesso
immagini e preziosa collaborazione. Un grazie
speciale al presidente del Museo Leone e Acca-
demia di Belle Arti di Vercelli Amedeo Corio,
alla dott.ssa Anna Maria Rosso e alla dott.ssa
Cinzia Lacchia.
• La Biblioteca Reale di Torino.
The Ely Choral Society and the Mayor of Ely.
• La dott.ssa Elisabetta Cavagnino, paziente ed
esperta autrice del progetto grafi co del volume.
Mio marito e mio fi glio. Il libro è dedicato
a loro.
• L’Assessorato alla Cultura della Città di
Vercelli e il suo Assessore dr. P. Giorgio Fossale:
senza la sua mostra “Scrinium Cardinalis” i
miei studi non avrebbero trovato terreno fertile,
questo libro non sarebbe mai nato e Vercelli
non si sarebbe mai riavvicinata agli ambienti
ecclesiastici e culturali inglesi che un tempo
ospitarono Guala Bicchieri e furono legati alla
basilica di Sant’Andrea.
• Ma il ringraziamento più sentito e commosso
va a Paolo Saviolo, il mio editore, che ha voluto
credere in questo lavoro e concedermi la sua
fi ducia, permettendomi di realizzare un progetto
a cui ho dedicato anni di studio e di speranza.
•
•
Gianna Baucero
Questo libro nasce come un tributo tardivo
ad uno degli uomini che hanno scritto la
storia. Senza la missione diplomatica di Guala
Bicchieri le sorti dell’Inghilterra e dell’Europa
sarebbero state certamente diverse:
• la corona inglese sarebbe stata affi data al
delfi no di Francia e la Gran Bretagna sarebbe
diventata una sorta di colonia francese
• il popolo inglese forse non avrebbe ottenuto la
conferma della Magna Carta e di conseguenza
l’Inghilterra non sarebbe passata alla storia per
i principi democratici che sin dal Medio Evo
hanno ispirato il suo governo.
Pochi uomini possono vantarsi di aver
raggiunto traguardi così importanti. E tuttavia
Guala Bicchieri non ha ancora ricevuto la gra-
titudine e i riconoscimenti che la sua carriera
avrebbe meritato. Solo in tempi recenti Vercelli,
città natale del cardinale, ha riscoperto e valoriz-
zato le imprese di quel fi glio così grande, la cui
missione inglese ha i contorni di un affascinante
romanzo medievale nel quale intrigo, ardore mi-
litare e lotte religiose si stagliano contro lo sfon-
do della corte d’Inghilterra.
Mi auguro che i miei studi contribuiscano
a restituire a Guala ciò che la polvere del tempo
gli ha ingiustamente sottratto.
Premessa
«Chi tiene gli occhi bassi per paura di inciampare non vedrà mai le stelle».
Questa affermazione certo non si addice
alle aspirazioni e alle imprese del cardinale
Guala Bicchieri, che per tutta la vita seguì
una linea di alto profi lo, regalando a coloro
che ebbero la fortuna di incontrarlo il ricordo
di un uomo forte, coraggioso, volitivo. Pochi
seppero eguagliarlo come giurista e legato
pontifi cio e pochi furono altrettanto generosi
nei confronti della loro città natale.
Grazie alla sua legazione la corona inglese
rimase saldamente in capo al legittimo
sovrano Henry III, l’Inghilterra ritrovò la
pace e le Isole Britanniche si salvarono dalla
conquista francese. Sotto il tocco dolce ma
fermo del cardinale Vercelli si arricchì di
una meravigliosa abbazia che tuttora è il
gioiello e l’orgoglio della città.
Grazie a Guala, Vercelli diventò
centro d’interesse artistico, tappa
obbligatoria per i viaggiatori, polo
culturale di fama internazionale. Un
anno dopo la morte del cardinale,
inoltre, nel 1228, il Comune di
Introduzione
Vercelli fondò la locale università, considerata a
buon diritto tra le più prestigiose d’Italia. Che
Guala fosse un uomo speciale lo aveva capito
anche Innocenzo III, il Papa più potente di
tutto il Medio Evo. Egli volle Guala come legato
pontifi cio e gli affi dò le missioni più delicate sia
in Italia, sia all’estero.
E Guala viaggiava di continuo, in rappre-
sentanza del Pontefi ce, proprio quando l’asso-
lutismo papale trionfava su tutto il continente
e competeva con le più importanti monarchie
europee. E attraverso i suoi viaggi e le sue mis-
sioni Guala imparò a trattare con i potenti della
terra, che si inchinavano a lui come al legittimo
rappresentante del Papa. Uno degli interlocu-
tori più illustri di Guala fu il re inglese John
(Giovanni Senzaterra), che da anni si ostinava
a respingere l’ingerenza del Papa nelle vicende
politiche inglesi. Innocenzo III dapprima lanciò
un interdetto contro l’Inghilterra, poi scomuni-
cò il re e poiché la questione era particolarmen-
te spinosa inviò a Londra il suo uomo migliore:
Guala Bicchieri. Più politica che spirituale, la
missione di Guala in Inghilterra si protrasse per
quasi tre anni, dal 1216 al 1218, durante i quali
il cardinale lavorò contemporaneamente su più
fronti: tentò di piegare King John ad una sin-
cera obbedienza al Papa, intervenne nell’annosa
lotta tra Francia e Inghilterra salvando quest’ul-
tima da una nefasta dominazione francese e in-
fi ne ratifi cò la Magna Carta Libertatum.
Alla morte di John la missione di Guala
si intrecciò con le vicende politiche e perso-
nali di Henry III, che salì al trono nel 1216
alla tenera età di nove anni. Troppo giovane
per regnare da solo, il nuovo re fu affi ancato
da Guala, che lo guidò e consigliò con leal-
tà, quasi come un padre. E’ diffi cile affermare
quanto intensa e sincera fosse l’amicizia tra
Guala e il piccolo sovrano, ma certo la gra-
titudine del re doveva essere profonda, visto
che egli donò al cardinale la chiesa e le ren-
dite di St.Andrew’s Chesterton in segno di
riconoscenza. E’ anche alla generosità di quel
piccolo re che oggi Vercelli deve il suo gioiello
più bello: il cardinale, infatti, investì i proven-
ti ricavati da Chesterton nella costruzione di
Sant’Andrea e di tutto il complesso abbaziale.
E la volle bella, quell’abbazia. La volle nello
stile che dominava nelle grandi capitali euro-
pee e volle che a costruire il suo capolavoro
accorressero i maestri migliori, gli artigiani
più esperti, gli spiriti più raffi nati.
La vide nascere, la sua creatura, posan-
done le prime due pietre nel 1219, al ritor-
no dalla corte inglese. La vide crescere, con-
tinuando a scegliere gli artisti più apprezzati
e le decorazioni più belle. Volle che crescesse
alla svelta, perché era ansioso di vederla fi ni-
ta. E quando cominciò a pensare alla morte,
come tutti i padri previdenti si preoccupò di
assicurarle un futuro: dettò le sue volontà e
lasciò proprio a lei, alla sua creatura, tutte le
ricchezze ed i beni accumulati in una vita di
viaggi e successi. Gli architetti furono gentili
con il cardinale e completarono la costruzione
in soli otto anni. Chissà cosa pensava Guala
mentre la contemplava, fi ssando lo sguardo
lassù, sul rosone, sulle loggette, sulle torri.
Chissà se si accorgeva che, oltre a quelle mera-
viglie, nel cielo erano rimasti anche il sole, la
luna e le stelle... Il sogno del cardinale fu com-
pletato nel 1227. E fa rabbrividire il pensiero
che nello stesso anno lui morì. Ma certamente
continuò a vegliare sulla sua creatura, proteg-
gendola dal suo nuovo trono tra le stelle.
E allora tu, visitatore sensibile, quando
ammiri la basilica nelle notti serene, cerca nel
cielo la stella più bella: la stella del cardinale.
Vercelli. Basilica di Sant’Andrea. Orgoglio e vanto della città natale di Guala Bicchieri,
il complesso fu costruito dal cardinale al ritorno dalla sua legazione inglese. Guala investì nell’impresa
i proventi ricavati dalla chiesa di St.Andrew’s Chesterton e, più in generale, dal patrimonio
che accumulò durante la sua missione inglese.
Morte di Riccardo Cuor di Leone ed ascesa al trono di Giovanni
Senzaterra, suo fratello
Iniziano le lotte tra il re d’Inghilterra Giovanni Senzaterra (King John)
e il Papa, alla morte dell’arcivescovo di Canterbury
17 giugnoInnocenzo III consacra Stephen
Langton Arcivescovo di Canterbury
1 ottobreNascita di Henry III,
fi glio di Giovanni Senzaterra
marzoInnocenzo III proclama un
interdetto contro l’Inghilterra
Cronologia degli avvenimenti più importanti
1199-1218
novembreInnocenzo III scomunica
Giovanni Senzaterra
13/15 maggioGiovanni Senzaterra accetta le volontà di Innocenzo III e si
dichiara vassallo del Papa.Pochi giorni dopo vieneassolto dalla scomunica
27 luglioBattaglia di Bouvines
La Corona inglese perde gran parte dei suoi
possedimenti francesi e il sovrano perde il consenso
dei baroni
15 giugnoPrima concessione della Magna Carta (a Runnymede), che verrà
annullata dal Papa in agosto.In settembre i baroni inglesi ribelli
dichiarano deposto Giovanni Senzaterra e offrono la sua corona al delfi no di Francia Luigi VIII.
Nello stesso periodo il Papa scomunica l’arcivescovo di
Canterbury Stephen Langton e lo richiama a Roma.
Tra novembre e dicembreIV Concilio Lateranense,
convocato a Roma da Innocenzo III: è il dodicesimo
concilio ecumenico della Chiesa, il quinto celebrato dopo
lo scisma d’Oriente
gennaioInnocenzo III assegna a Guala
Bicchieri la missione diplomatica in Inghilterra
febbraio/aprileGuala parte per l’Inghilterra e si
ferma in Francia per parlamentare con il sovrano Filippo Augusto e suo
fi glio Luigi VIII
novembreGrande assemblea a Bristol dei
notabili del regno. Seconda concessione della Magna Carta, con
sigilli di Guala Bicchieri e di William Marshal
ottobreMorte di Giovanni Senzaterra
Incoronazione di Henry III a GloucesterWilliam Marshal diventa reggente
e Guala diventa esecutore testamentario del re defunto, nonché
guida del giovane erede al trono
maggioGuala e Luigi VIII sbarcano
separatamente in Inghilterra. Luigi VIII conquista rapidamente il Sud.
Guala lo scomunica
16 luglioMorte di Innocenzo III.Gli succede Onorio III
20 maggioBattaglia di Lincoln
24 agostoBattaglia navale di Sandwich
settembreTrattato di Kingston-Lambeth
novembreTerza concessione della
Magna Carta, di nuovo siglata da Guala e Marshal
Concessione della Charter of the Forest, con i sigilli degli stessi
Henry III concede St.Andrew’s Chesterton in dono perpetuo a Guala Bicchieri, in cambio dei
servigi resi alla Corona nei suoi due anni di legazione pontifi cia
in Inghilterra
novembreAl re viene concessoil sigillo personale
Fine della legazione inglese di Guala Bicchieri e ritorno in Italia
alla fi ne dell’anno.
Nel febbraio 1219 è a Vercelli per la posa delle prime pietre di
Sant’Andrea, la basilica da lui donata alla sua città natale
I principali interlocutori
di Guala Bicchieri
Il rosone della basilica di Sant’Andrea
è uno dei simboli di Vercelli. Lo si riproduce in argento come
oggetto-ricordo della città.
PAPA INNOCENZO III (Pontefi ce dal 1198 al 1216)
PAPA ONORIO III (Pontefi ce dal 1216 al 1226)
JOHN LACKLAND meglio noto in Italia
come re Giovanni Senzaterra (regnò in Inghilterra dal 1199 al 1216). Era re d’Inghilterra, signore d’Irlanda,
duca di Normandia e Aquitania e conte d’Anjou
HENRY III noto in Italia come re Enrico III
(regnò in Inghilterra dal 1216 al 1272). La fi gura del sovrano è citata da Dante nella
Divina Commedia (Canto VII del Purgatorio):
“Vedete il re de la semplice vitaseder là solo, Arrigo d’Inghilterra:
questo ha ne’ rami suoi migliore uscita”1
FILIPPO AUGUSTOdi Francia, della dinastia dei Capetingi
(regnò dal 1180 al 1223)
LUIGI VIII principe e delfi no di Francia,
fi glio di Filippo Augusto (regnò dal 1223 al 1226)
ALEXANDER II,sovrano di Scozia dal 1214 al 1249
LWYWELYNprincipe del Galles (morto nel 1240)
WILLIAM MARSHALnoto in Italia come Guglielmo
il Maresciallo, grande condottiero e cavaliere, Earl of Pembroke e reggente dopo la morte di
King John. La sua data di nascita è sconosciuta, mentre si sa che egli morì nel 1219, l’anno
dopo la fi ne della legazione di Guala Bicchieri.
STEPHEN LANGTONarcivescovo di Canterbury dal 1207 al 1228.
Tra il settembre 1215 e il maggio 1218 Langton fu assente dall’Inghilterra, in seguito
al suo coinvolgimento nelle vicende che condussero alla prima concessione della Magna
Carta (giugno 1215).
PANDOLFOlegato pontifi cio in Inghilterra dal 1218 al
1221 e successore di Guala in Gran Bretagna. A lui William Marshal affi dò Henry III
all’epoca appena dodicenne, quando sentì avvicinarsi la morte. É noto in Inghilterra
come Pandulph e compare nella tragedia “King John” di William Shakespeare, poiché Pandolfo era già stato in Inghilterra prima dell’arrivo di
Guala Bicchieri.
PETER DES ROCHES (morto nel 1238) chief justiciar
d’Inghilterra e vescovo di Winchester (carica che occupò dal 1204 al 1238). Originario della
Touraine, era un abile amministratore, ma anche un esperto di guerra e un uomo d’azione.
Combattè a Lincoln nel 1217 con l’esercito di Henry III e fu determinante nel propiziare la
vittoria del suo schieramento. Alla morte di Gio-vanni Senzaterra fu tra i prescelti per il diffi cile compito di assistere il giovane erede al trono.
1 Dante, Divina Commedia, Purgatorio, canto VII, vv. 130-132.
May the road rise to meet you.
May the wind be always at your back.
May the sun shine warm upon your face.
The rain fall soft upon your fi elds.
And, until we meet again,
May God hold you in the palm of His hand.
Capitolo I In viaggio nel Medio Evo
“Che la strada possa levarsi per venirti incontro. Che il vento possa soffi are sempre alle tue spalle. Che il sole possa splendere dolce sul tuo viso. Che la pioggia possa cadere soffi ce sui tuoi campi. E, fi nché non ci ritroveremo, Che il Signore possa tenerti nel palmo della Sua mano”.
(Antica benedizione popolare irlandese, che si pronunciava in occasione della partenza per un lungo viaggio).
Irish Blessing
Per molti anni l’uomo moderno ha iden-
tifi cato il Medio Evo con un millennio oscuro,
tutto maghi e streghe, monaci e pellegrini, leg-
gende e superstizioni e l’“età di mezzo” è sempre
stata considerata una lunga fase di immobilità,
durante la quale non si lasciava mai il luogo na-
tale, tranne quando si partiva per la guerra. In
realtà il Medio Evo fu tutt’altro che un periodo
statico e buio: fu un’epoca di grande fermento
intellettuale, di profonde trasformazioni sociali
e anche di lunghi viaggi. Gli uomini medievali,
infatti, viaggiavano parecchio, sebbene il loro
concetto di viaggio fosse diverso dal nostro, dal
momento che in genere all’epoca non si viaggia-
va per diletto, ma per necessità.
Nell’Alto Medio Evo, per la verità, i viaggi
subirono un certo declino rispetto alle epoche
precedenti, per effetto delle invasioni barbari-
che, dell’espansione musulmana e del degrado
della antiche strade romane. In quei secoli viag-
giavano quasi esclusivamente i funzionari stata-
li, i feudatari, i messaggeri e i dignitari di corte
e i mercanti, i cui spostamenti rispondevano a
precise esigenze politiche ed amministrative.
Alla loro guida spesso si poneva lo stesso sovra-
no, che poteva controllare i suoi domini sol-
tanto visitandoli periodicamente di persona.
L’incontro con il sovra-
no rappresentava per i sudditi un momento im-
portante, che i più avrebbero ricordato per tutta
la vita, poiché l’origine divina del potere reale
esercitava sul popolo un fascino irresistibile. Per
quasi tutto il Medio Evo, i sovrani furono iti-
neranti, continuamente in viaggio da una capo
all’altro dei loro domini e quando non viaggia-
vano per necessità lo facevano per lunghe battu-
te di caccia in compagnia di valletti e cortigiani.
Il seguito dei sovrani variava tra le 300 e le 1000
persone, a seconda della ricchezza della corte e
delle ragioni del viaggio.
A causa delle pessime condizioni delle stra-
de nel Medio Evo ci si spostava preferibilmente
a piedi o a cavallo e per migliorare le prestazioni
delle cavalcature tra l’VIII e il IX secolo in Euro-
pa fu inventata la ferratura degli zoccoli. Sovrani
e pontefi ci al massimo si spostavano in portanti-
na, soprattutto quando erano malati o feriti, ma
il mezzo rallentava notevolmente la velocità del
convoglio e non era adatto a tutti i tipi di per-
corso.
Nel Basso Medio Evo la situazione mutò
sensibilmente: lo sviluppo agricolo e demogra-
fi co e l’affermazione dell’economia moneta-
ria urbana favorirono la ripresa degli scambi
commerciali, così
Viaggi e viaggiatori medievali
un numero sempre crescente di mercanti prese
a percorrere le vie di comunicazione. Le antiche
strade romane — ormai in pessimo stato, dopo
secoli di incuria e di usura — persero progres-
sivamente la loro primitiva funzione di uniche
arterie di collegamento e una rete di nuove stra-
de secondarie fu creata tra i villaggi e le città, a
tutto vantaggio dei contatti locali. Non si pensi,
però, che nel Medio Evo le uniche ragioni per
mettersi in viaggio fossero la politica o gli scam-
bi commerciali. Ci si spostava anche per cercare
lavoro, come facevano i muratori, i carpentieri
e i mille altri artigiani che si muovevano da un
centro all’altro in cerca di cantieri o di botteghe.
Inoltre si viaggiava per studiare ed i primi a farlo
furono i monaci, che affrontavano viaggi massa-
cranti per salvare dall’oblio o dalla distruzione
pagine di cultura e di civiltà che poi sarebbero
diventate preziose. A partire dal XIII secolo si
potevano incontrare sulle strade anche gruppi
di studenti diretti verso i principali centri uni-
versitari — Parigi, Oxford, Cambridge, Padova,
Vercelli e Bologna — dove la fama dei grandi
maestri richiamava schiere di intellettuali di di-
verse nazionalità.
Instancabili viaggiatori erano poi i saltim-
banchi, i trovieri, i giullari e i cantastorie che
vivevano sulla strada e si esibivano nelle piazze o
nei palazzi, in occasioni festose come fi ere, mer-
cati e banchetti. Di gran lunga meno allegra era
la condizione di chi viaggiava per fede, come i
missionari, i crociati o i pellegrini. Ognuno di
loro aveva un’impresa da compiere, un sogno
da coronare, una meta geografi ca, ma anche
un luogo mentale da raggiungere e per far-
lo doveva affrontare un viaggio pericoloso
ed estenuante. Ma mentre il viaggio di
missionari e crociati era funzionale al
raggiungimento di un obiettivo — dif-
fondere la parola di Dio o riconqui-
stare il Santo Sepolcro — nel caso dei
pellegrini il viaggio “era” l’impresa
Laura Mancinelli,Biglietto d’amore.
Cambridge. St.John’s College.
(…) Non posso nascondervi che
l’impresa che vi affi do non è priva di pericoli,
primo tra tutti i briganti delle strade
e delle foreste, osti e locandieri disonesti.
Cercate di percorrere vie battute
dai mercanti, chiedete
ospitalità nei monasteri e nei castelli
più grandi (…)
stessa: il pellegrino era infatti il viaggiatore per
antonomasia, colui che lasciava gli schemi e
i ritmi della vita ordinaria per entrare in un
“luogo diverso” e lontano. Non a caso il termi-
ne “peregrinus” deriva dall’avverbio latino “pe-
regre” che signifi ca appunto “lontano”, “fuori”.
Il pellegrino medievale incarnava appieno la
condizione cristiana dell’HOMO VIATOR,
secondo la quale i cristiani sono stranieri di
passaggio (“peregrinus” signifi ca “viandante
estraneo ai luoghi che attraversa”) in un mon-
do che non è il loro e verso una meta ben più
alta dell’esistenza terrena. Il pellegrinaggio
diventava pertanto una metafora dell’espe-
rienza cristiana, una fase del viaggio verso la
vita ultraterrena. Nell’intraprendere il viaggio
i pellegrini “morivano al mondo” — sia pure
solo temporaneamente — e si allontanavano
dalla prosaica quotidianità entrando in una
dimensione mistica, tutta
proiettata verso la contem-
plazione e la trascendenza.
Per questo prima di par-
tire spesso dettavano le
loro ultime volontà. Non
erano soltanto i pellegrini,
tuttavia, a fare testamento
prima della partenza. Lo facevano anche altre
categorie di viaggiatori, perché tutti i viaggi
implicavano mille insidie mortali. Ladri, ban-
diti, assassini, malviventi di ogni sorta erano
sempre in agguato, così come le bestie feroci o
i serpenti velenosi. Inoltre si poteva incappare
in gruppi di lebbrosi, contrarre gravi malattie,
mangiare cibi avvelenati o rimanere vittime di
incidenti mortali.
In epoca medievale le grandi mete di pelle-
grinaggio erano Gerusalemme, Roma e Santia-
go de Compostela. I pellegrini vi si recavano
devotionis causa, ex poenitentia, pro voto o per
altre ragioni (c’era addirittura chi viaggiava
su ordinazione, pagato per affron-
tare un pellegrinaggio in vece
di qualcuno che non poteva o
non voleva viaggiare). Incon-
fondibili per il bordone e la
scarsella, cioè il bastone e la
sacca di cuoio, segni distin-
tivi della categoria, quando
potevano i pellegrini si sposta-
vano a gruppi, per proteggersi
reciprocamente e condividere
l’esperienza del viaggio.
Ely. The monastic buildings.
SIGILLO UTILIZZATO IN VERCELLI QUALE CREDENZIALE PER I PELLEGRINI IN TRANSITO NELLA CITTÀ.
Il sigillo è stato progettato seguendo quanto richie-sto, o suggerito, dalla sfragistica. Si è adottata la forma a mandorla tipica degli antichi sigilli d’uso ecclesiastico che ritroveremo più avanti anche nel sigillo di Guala Bicchieri.All’apice è posta la mitra episcopale: segno distin-tivo del Pastore di una diocesi. Nel caso di Vercelli la diocesi, dal 1817, è retta da un Arcivescovo. Al centro, ad intersecarsi tra loro, il bastone o bordo-ne, segno distintivo dei pellegrini durante il loro cammino di fede; a destra il pastorale, segno di-stintivo della dignità dei Pastori della Chiesa (ci si è ispirati al pastorale degli orafi cremonesi Gia-como e Galeazzo Cambi (detti Bombarda), risa-lente al 1520 e custodito presso il Museo del Tesoro del Duomo di Vercelli); a sinistra la croce astile nella forma riservata alle diocesi sede di un arci-vescovo metropolita. I tre simboli sono avvolti dal pallio, segno di grande dignità riservato in primis al Papa, poi agli Arcivescovi, ai Patriarchi e ai Pri-mati della Chiesa.Il pallio deriverebbe dalla toga contabulata, cioè ripiegata più volte nel senso della lunghezza. Nel sigillo si è scelto di rappresentare il pallio secondo la forma antica, che si mantenne fi no al IX sec.,
per trasformarsi, dopo l’XI sec., in una forma cir-colare chiusa, con due appendici, una anteriore sul petto, l’altra sul dorso, entrambe terminanti con brevi parti nere. Questa seconda forma è tuttora in uso, tuttavia per il sigillo in questione si è pre-ferito optare per la forma antica in omaggio a Be-nedetto XVI, che ha voluto indossare il pallio di foggia antica forse in memoria di quella centralità cristiana che caratterizzava il mondo occidentale dell’epoca. La confezione dei pallii è affi data alle monache di Torre de’ Specchi in Roma, le quali si servono della lana di due agnelli, benedetti ogni anno nella festa di Sant’Agnese (21 gennaio), presso la basilica omonima*. La scritta AD VIDENDA LOCA SANCTA è stata gentilmente suggerita dal prof. mons. Mario Capellino, Direttore delle Biblioteche Agnesiana e Diocesana di Vercelli, che ha estrapolato la frase dalla lettera di Sant’ Eusebio indirizzata ai Vercel-lesi dal suo esilio a Scitopoli (356).Si reputa particolarmente adatta tale scritta per-ché, oltre a ricordare il primo vescovo di Vercelli, essa è un invito a conoscere i “luoghi santi”, ovun-que essi siano.Sotto l’aspetto grafi co la scritta è stata disegnata ispirandosi fedelmente ai caratteri con i quali è stato composto il celebre Codex Vercellensis Evange-liorum, prima edizione nota dei Vangeli in latino, e per antica tradizione attribuito a sant’Eusebio (IV sec.).Trasversalmente al sigillo un cartiglio reca la scritta “VERCELLI” a memoria del pellegrino che transi-tò o fu ospite della nostra città.
* Le notizie relative al pallio sono tratte da Mario Rigetti, Storia di liturgia. Vol. I, Milano, 1950.
Disegno e commento di Mario Guilla.
Forse non tutti sanno che essi furono anche,
in un certo senso, gli inventori dei souvenirs, in
quanto tornando dal lungo viaggio non mancava-
no mai di portare con sé un oggetto ricordo — nel
caso di chi si era recato a Santiago poteva trattarsi
di una conchiglia raccolta sulle coste dell’Atlanti-
co — che testimoniasse il raggiungimento della
meta e simboleggiasse l’esperienza vissuta. E’ pur
vero che non tutti i pellegrini di cui abbiamo
tracce nella letteratura erano modelli di contri-
zione e virtù: i personaggi di Chaucer in viaggio
verso la tomba di Thomas à Becket a Canterbu-
ry, ad esempio, non lo sono affatto, né il loro
viaggio si avvicina all’esperienza totalizzante cui
abbiamo accennato più sopra. Ma i viaggiato-
ri di Chaucer si distinguono anche per un’altra
funzione, quella di ritrarre con garbato umo-
rismo la middle class inglese dell’epoca, con i
suoi vezzi e le sue debolezze.
Antonio Rimpatta (Bologna, documentato a Napoli dal 1509 al 1511).
San Sebastiano e San Rocco, olio su tavola (particolare). Vercelli, Fondazione Museo
Francesco Borgogna, per gentile concessione del Presidente, avv. Francesco Ferraris.
Vercelli. Basilica di S.Andrea. La facciata..
Per chi non conosceva il cammino, fi n
dall’antichità furono approntati dei manuali da
viaggio, inizialmente detti itinerari (in latino iter
signifi ca viaggio) che contenevano suggerimenti,
consigli, informazioni e descrizioni utili a chi af-
frontava una nuova esperienza. Gli itinerari più
forniti contenevano anche piccoli glossari ove
le parole più comuni erano tradotte in diverse
lingue.
Viaggiare e raccontare divennero presto
attività inscindibili. Il viandante era colui che
viaggiando riferiva notizie, racconti, curiosità,
usanze, testimonianze. Egli offriva la sua espe-
In viaggio con un libro
rienza a coloro che incontrava nei luoghi di
sosta: gli xenodochia, gli hospitalia, gli hospitia.
Così coloro che non potevano lasciare la loro
casa “vedevano” scorci di mondo attraverso gli
occhi dei viaggiatori, mentre magari chi era re-
stio a partire trovava in quelle testimonianze lo
stimolo necessario per mettersi in cammino.
E’ fatale che la trasmissione orale delle notizie
arricchisse di dettagli fantasiosi i racconti dei
viaggiatori, privandoli di una parte della loro
veridicità, ma questa commistione di fantasia,
verità e leggenda è uno degli elementi che ren-
dono suggestivo e intrigante lo studio dell’età
medievale.
In un’epoca ruvida come il Medio Evo, in cui
non si poteva contare sulle prenotazioni on line
o sugli agenti di viaggio, essere viandanti signi-
fi cava chiedere ospitalità a privati, monasteri,
taverne e locande.
La forma di ospitalità medievale oggi più
nota è quella benefi co-cristiana praticata dalla
Chiesa in xenodochia, monasteri, hospitalia ed
hospitia. Gli xenodochia erano speciali edifi ci
adibiti all’accoglienza dei forestieri; erano gestiti
da ecclesiastici e fi nanziati da monasteri, signori
Ospitalità
e persino monarchi. Essi fecero la loro comparsa
in Italia a partire dal IV secolo e si diffusero nei
secoli seguenti, soprattutto tra il V e il VII e tra
il X e l’XI. Gli xenodochia sorsero soprattutto
nelle città, nei grandi santuari, sui valichi alpini
e lungo le vie di pellegrinaggio. L’ospitalità che
vi si praticava si ispirava alla Regula Magistri e
alla Regola Benedettina: era limitata nel tempo
(in genere l’ospite poteva trattenersi al massimo
tre giorni, per non gravare eccessivamente sulle
risorse dell’istituto) e differenziata a seconda del
rango del viaggiatore.
Courtesy Fondazione del Museo del Tesoro del Duomo e Achivio Capitolare di Vercelli. Per gentile concessione del Presidente, avv. Enzo Pozzolo.
Con il passare del tempo il termine xenodochia
fu sostituito da hospitalia e hospitia e poiché pres-
so tali strutture venivano accolti anche poveri e
malati del luogo, la parola hospitale passò poi a
designare ciò che oggi è noto come ospedale.
A partire dai secoli XI e XII le antiche
forme di ospitalità gratuita non furono più suf-
fi cienti a soddisfare la sempre crescente richiesta
di accoglienza: fu così che si affermò l’ospitalità
professionale a pagamento, che veniva offerta
presso taverne e locande. Per la verità i primi
esempi di locande sorgevano presso i santuari già
nell’antichità, ma si trattava di locande gratuite
per lo più destinate a fedeli in visita ai luoghi di
culto. Le locande e le taverne del Basso Medio
Evo erano ben diverse: le frequentavano loschi
individui e donne di dubbia reputazione che
vi si ubriacavano, giocavano d’azzardo e spesso
truffavano gli ignari visitatori. Gli ospiti di que-
sti locali dormivano tutti insieme, in una con-
dizione di pericolosa promiscuità che suscitava
lo sdegno della Chiesa: salvo particolari ecce-
zioni, infatti, agli ecclesiastici era vietato sostare
in questi locali, considerati luoghi di perdizione
inadatti alle persone di sana moralità. Con il
passare del tempo, però, anche la Chiesa dovette
accettare che i chierici dormissero nelle taverne
laddove non si trovasse altra forma di riparo e
sulla base di questa eccezione si affermò poi il
principio di diritto ecclesiastico che permetteva
anche ai pellegrini di pernottare nelle taverne in
mancanza di altri istituti di accoglienza.
Tutti gli ospiti che giungono in monastero siano ricevuti come Cristo, poiché un giorno egli dirà: “Sono stato ospite e mi avete accolto”
San Benedetto
Vercelli. Basilica di S.Andrea. Tiburio ottagonale e torre campanaria.
Ely. The Monastic buildings.
Se i pellegrini viaggiavano armati solo di
bordone, scarsella e borraccia, gli ecclesiastici di
alto rango si spostavano con grande sfarzo, in-
numerevoli assistenti, cavalli e persino cani da
caccia e rapaci. Già nel V secolo a questa ca-
tegoria di viaggiatori furono concessi gli stessi
diritti di ospitalità riservati ai monarchi: parroc-
chie e monasteri dovevano accoglierli con tutti
gli onori, offrendo vitto e alloggio non solo ai
prelati, ma anche a tutto il loro seguito. Questi
tributi in natura, che erano noti come procura-
tiones (in Inghilterra: procurations), gettarono
sul lastrico non pochi monasteri e parrocchie,
come accadde al monastero inglese di Brindlin-
gton, che fu rovinato dalla visita dell’Arcivesco-
vo di Richmond. Il Concilio Laterano del 1179
cercò di risolvere il problema delle procurationes
ridimensionando il seguito degli altri prelati:
fu stabilito che un arcivescovo avrebbe potuto
viaggiare con 40-50 cavalli, mentre un cardinale
avrebbe potuto averne non più di 25.
A partire dalla fi ne dell’XI secolo alle procu-
rationes riservate ai vescovi si aggiunsero quelle
destinate ai legati pontifi ci e dopo il XII secolo
si affermò la tendenza a trasformare le procura-
tiones in veri e propri tributi in denaro. Come
vedremo più avanti, il cardinale Guala Bicchieri
era autorizzato ad esigere le procurationes e viag-
giava con un seguito certamente sfarzoso.
Ospitalità ai notabili e ai religiosi di alto rango
Ely. The monastic buildings.Firmary Lane. Sulla destra si nota la Black Hosterly.
In fatto di mezzi di trasporto l’uomo medie-
vale disponeva di una scelta alquanto limitata:
poteva viaggiare solo a piedi o in sella ad una ca-
valcatura, che poteva essere un cavallo, un asino,
un mulo. Solo per tratti molto brevi era possibile
ricorrere ad un carro a quattro ruote, che arran-
cava con grande fatica sulle strade dissestate del
tempo. Viaggiare a piedi signifi cava mantenere
una velocità media assai ridotta: non più di 3-4
chilometri all’ora, per un totale di una trenti-
na di chilometri al giorno (quando il tempo lo
consentiva ed il fi sico reggeva), erano in genere
i tempi e le distanze del viaggiatore medievale
medio. In sella ad un animale si poteva arriva-
re a 5-6 chilometri orari: viaggiare a cavallo era
certamente più comodo che procedere a piedi e
permetteva al viaggiatore di mantenere le estre-
mità inferiori asciutte ed integre, ma spesso la
strada era così impervia che il cavaliere doveva
scendere dall’animale e proseguire a piedi. An-
che le merci viaggiavano a dorso di mulo, asino
o cavallo, ma non era raro il caso di viaggiatori
che trasportavano da sé il loro bagaglio, carican-
doselo sulle spalle. Decisamente superiore era la
velocità dei corrieri a cavallo, che percorrevano
fi no a 60 chilometri al giorno, a tutto vantaggio
della diffusione delle notizie e della consegna di
pacchi leggeri. Grazie ai corrieri che si spostava-
no lungo la rete viaria locale una missiva poteva
Mezzi di trasporto
percorrere ampi tratti della Pianura Padana (ad
esempio il tragitto da Torino a Verona) in meno
di due giorni, il che sembra davvero sorpren-
dente anche per i mezzi di oggi.
In mancanza di strade adeguate alla circo-
lazione di veicoli su ruote, dov’era possibile si
ricorreva alle vie d’acqua, con tutti i limiti che
queste comportavano: non tutti i fi umi erano na-
vigabili da grandi imbarcazioni, perciò spesso gli
unici natanti consentiti erano chiatte. A questo
si aggiunga che, nel caso del trasporto via mare,
talvolta le avverse condizioni atmosferiche cau-
savano naufragi o lunghe soste in porto. Infi ne,
in assenza di navi destinate al trasporto esclusivo
di passeggeri, le condizioni dei viaggiatori erano
allucinanti: uomini, merci e animali viaggiavano
insieme, nella stessa stiva, avvolti dall’oscurità e
tormentati da topi, pulci, scarafaggi e miasmi
di ogni tipo. Solo i passeggeri “di alto bordo”
potevano sottrarsi alla promiscuità della stiva.
E’ impensabile che un personaggio importante
come Guala Bicchieri abbia viaggiato nell’oscu-
rità della stiva, tra parassiti e cibi avariati: con
tutta probabilità egli fu accolto nella parte più
confortevole delle navi su cui viaggiò, e godette
di alloggi relativamente arieggiati e riservati. E
tuttavia anche così la traversata della Manica non
dovette essere una crociera di lusso.
Ely. Le guglie della cattedrale si scorgono anche da molto lontano.
Vercelli. Basilica di S.Andrea. La facciata. Sulla sinistra, semi-nascosta dagli alberi, l’antica abbazia.
Capitolo IIL’Inghilterra al tempo di Guala Bicchieri
Quattro generazioni non erano bastate
a fondere il sangue ostile di normanni
e anglo-sassoni o a cementare in un
comune linguaggio e reciproci interessi
due razze avverse, di cui l’una sentiva
ancora l’esaltazione della vittoria mentre
l’altra gemeva sotto tutte le conseguenze
della sconfi tta.
W. Scott, Ivanhoe
Ripercorrere la missione inglese di Guala
Bicchieri signifi ca compiere un viaggio imma-
ginario che ci riporta alla corte dei Plantagenets
- Anjou2.
Alla corte dei Plantagenets
La dinastia ascese al trono d’Inghilterra
nel 1154, alla morte dell’ultimo re norman-
no3 Stephen of Blois, dopo circa vent’anni di
guerra civile. Erano gli anni dei “Pilastri della
terra” di Ken Follett, tempi intrisi di violenza
e di anarchia. Ma anche tempi misteriosi e bel-
li. I primi sovrani della dinastia plantageneta si
distinsero per il loro temperamento collerico e
furioso: si sussurrava che discendessero da Me-
lusine, fi glia di Satana, indicata da leggende
come moglie di uno dei primi conti d’Anjou4.
Il primo re d’Inghilterra della casata dei Plan-
tagenets-Anjou, Henry II, soleva scherzare sulle
sue presunte origini diaboliche, affermando che
i suoi consanguinei non potevano evitare di es-
sere malvagi. Ma queste sono antiche leggende
alimentate dalla fantasia popolare e forse raffor-
zate da qualche storico desideroso di enfatizzare
il potere del casato. A onor del vero, però, sul
nome di Henry II pesa l’ombra della tragica fi ne
dell’arcivescovo di Canterbury Thomas Becket,
assassinato — forse dai sicari del re — sull’altare
della cattedrale.
2 Il termine Plantagenet è un soprannome derivante da “planta genistra”, cioè “pianta di ginestra”. Sembra che il conte Geoffrey of Anjou (noto in Italia come Goffredo il Bello) solesse portare un ramoscello di questa pianta sulla tesa del cappello e che per questo sia passato alla storia come Geoffrey Plantagenet. Secondo un’altra versione, il termine Plantagenet deriverebbe dalla pianta di ginestra raffi gurata sullo stemma di famiglia degli Angioini. In realtà il cognome della famiglia era Anjou, dal nome dell’omonima regione francese della quale il casato era originario. Il primo ad adottare il termine Plantagenet come un vero e proprio cognome fu Richard of York, che intorno al 1460 — in piena Guerra delle Due Rose — volle sottolineare la sua appartenenza alla grande famiglia angioina per rafforzare il suo diritto di successione al trono.3 La dominazione normanna dell’Inghilterra iniziò nel 1066 con la battaglia di Hastings, nella quale si distinse l’astro di William the Con-queror, meglio noto in Italia come Guglielmo il Conquistatore. I Normanni introdussero in Inghilterra i loro usi e costumi, la loro lingua (che da quel momento divenne la lingua della corte e dell’aristocrazia) e il sistema feudale, che si sovrappose all’organizzazione tribale in uso presso le popolazioni anglo-sassoni autoctone. 4 Warren,W.L. King John (New Haven and London, 1997) pp.2-3.
Figlio di Geoffrey of Anjou e della principes-
sa normanna Matilda5, Henry II aveva ereditato
un Paese nel caos, ma aveva saputo ripristinare
l’ordine e la pace e introdurre riforme giuridi-
che6 così lungimiranti da fare di lui un pioniere
della giurisprudenza. I suoi domini si estende-
vano “dai Cheviots ai Pirenei”7, oscurando il
prestigio del re di Francia e dell’imperatore. E
quando, nel 1152, il giovane re sposò la duches-
sa Eleonora d’Aquitania, il suo già vastissimo
regno raggiunse dimensioni inaudite. Eleono-
ra era una donna ricchissima,
bella, potente, invidiata da tut-
ta l’Europa e cantata da poeti e
trovieri. Con lei Henry II ebbe
otto fi gli ( William, Henry, Ri-
chard, Geoffrey, John, Matilda,
Leonora e Joan), dei quali solo
sette sopravvissero. Da monarca
prudente e lungimirante, Henry
II (che aveva ereditato il nome
del nonno materno, discendente
di Guglielmo il Conquistatore)
provvide presto a dettare le sue
5 Matilda era la fi glia del re normanno Henry I, che nel 1135 morì senza eredi maschi. La principessa avrebbe dovuto ereditare il trono, ma Stephen of Blois lo usurpò. Ne nacque una guerra che fi nì solo nel 1153, con Matilda che concedeva il trono al rivale, ma a patto che alla morte di quest’ultimo il nuovo re fosse il principe Henry, fi glio di Geoffrey of Anjou e della stessa Matilda. Stephen morì un anno dopo e la corona effettivamente andò al fi glio della principessa. E’ proprio il giovane Henry — divenuto re come Henry II — il primo sovrano d’Inghilterra della dinastia Plantagenet-Anjou. 6 Le riforme giuridiche più note realizzate da Henry II possono essere così sinteticamente riepilogate 1)introduzione della Common Law 2) introduzione delle cosiddette Constitutions of Clarendon, con le quali il sovrano intendeva sottrarre il clero al giudizio della magistratura ecclesiastica, per affi darlo invece alla magistratura ordinaria. Fu questa la causa della lotta tra Henry II e l’arcivescovo di Canterbury Thomas Becket. Quest’ultimo fu assassinato nel 1170 nella sua cattedrale per mano, si dice, di cavalieri inviati dal re. Nel XX secolo l’argomento è stato ripreso da T.S. Eliot in “Assassinio nella cattedrale”3) l’istituzione di un corpo di magistrati itineranti, che istruivano processi nella varie città del regno, anziché in un unico tribunale centrale; 4) il trial by jury, cioè la sostituzione dell’ordalia con un processo in cui una giuria era chiamata ad esprimersi sulla colpevolezza o innocenza dell’imputato; 5) lo “scutage”, con il quale i feudatari potevano evitare di fornire ai loro signori il servizio militare annuale previsto dal sistema feudale, ma dovevano pagare ai loro signori una somma in denaro detta “shield money”; il signore se ne serviva per assoldare mercenari, che in tal modo poteva tenere al suo servizio ed addestrare per più dei quaranta giorni annui previsti dall’ordinamento feudale. 7 Warren,W.L. op.cit. p.60.8 In realtà successivamente Henry II decise di assegnare a John anche alcuni castelli in Touraine, ma questi erano già controllati dal primo-genito Henry e la decisione fece scoppiare una guerra fratricida.
ultime volontà. Al primogenito Henry, detto il
Giovane Re, erede designato al trono, assegnò la
Normandia; a Richard, futuro eroe della terza
crociata, offrì le terre del Poitou; a Geoffrey pro-
curò la contea di Bretagna attraverso un’oculata
politica matrimoniale. All’ultimo fi glio maschio,
John, invece, non assegnò alcuna delle terre di
Francia o d’Inghilterra, ma solo l’Irlanda8 e fu
così che il principe fu soprannominato “Lack-
land”, “Senzaterra”. Nessun appellativo sarebbe
potuto essere più profetico.
…questa gemma incastonata in un mare d’argento (…)
Questo angolo benedetto, questa terra, questo regno,Quest’Inghilterra.
W. Shakespeare, Riccardo II, atto II, scena 1
La sorte, però, aveva deciso diversamente: il
Giovane Re, infatti, morì prematuramente l’11
giugno 1183 e tre anni dopo scomparve anche
il principe Geoffrey. Alla morte di Henry II,
pertanto — nel 1189 — la
corona passò a Richard I,
il celeberrimo Riccardo
Cuor di Leone, che re-
gnò per dieci anni, ma
trascorse in Inghilterra
solo pochi mesi9. Hen-
ry II e i suoi fi gli “non
sciupavano il tempo
in affetti fraterni”10:
Richard e i suoi fra-
telli furono spesso
in confl itto con il
padre e John fu
9 Richard partecipò infatti alla terza crociata, tra il 1191 e il 1192, distinguendosi nell’assedio di Acri. E’ interessante sottolineare che, pur regnando per dieci anni, dal 1189 al 1199 (per un totale di 117 mesi), Richard si fermò in Inghilterra solo per 6 mesi, mentre trascorse 61 mesi in Francia (per quanto non consecutivamente), 16 mesi in diverse prigioni dell’Austria e della Germania, 15 mesi in Terrasanta, 7 mesi in Sicilia, 1 mese a Cipro e 3 mesi a bordo delle diverse navi crociate su cui si imbarcò. Alla stessa crociata partecipò anche un Vercellese di nome Guala Bicchieri, consanguineo del nostro cardinale. Secondo Mons. Mario Capellino quel Guala Bicchieri che partecipò alla terza crociata e si distinse nell’assedio di Acri del 1191 era il padre del legato pontifi cio protagonista di questo libro (si veda in proposito Documenti vercellesi collegabili ai temi del pellegrinaggio e della processione a cura di Capellino,M. (Vercelli, 2000 p.35). 10 Warren, W.L. op.cit. p.30.
(…) la data della nostra storia risale intorno alla fi ne
del regno di Riccardo, quando il suo ritorno dalla lunga
prigionia era diventato più un desiderio che una speranza
per i suoi sudditi infelici, soggetti nel contempo a ogni
specie di oppressione feudale. I nobili, il cui potere era
accresciuto oltre misura durante il regno di Stefano, mentre
la prudenza di Enrico II li aveva fi no a un certo punto
assoggettati alla Corona, avevano allora ripreso come
non mai l’antica libertà, disprezzando i deboli interventi
del Consiglio di Stato inglese, fortifi cando i loro castelli,
aumentando il numero dei dipendenti, piegando al
vassallaggio tutto il contado e sforzandosi con ogni mezzo
disponibile di porsi ognuno alla testa di forze in grado di
metterli in vista nelle lotte intestine che sembravano incombere.
talvolta sleale nei confronti di Richard, giun-
gendo a tramare con il re di Francia per impa-
dronirsi del trono inglese mentre il fratello era
impegnato nella crociata.
W. Scott, Ivanhoe
Vercelli. Basilica di S.Andrea. Particolari del portale centrale.
Si narra che quando King Richard, di ritor-
no dalla guerra, fu rapito e consegnato all’impe-
ratore, John e il sovrano Filippo di Francia of-
frirono un’enorme somma di denaro al rapitore
affi nché prolungasse la prigionia del re. John era
ostile al fratello Richard perché nel 1191 que-
st’ultimo aveva scelto come erede al trono il gio-
vane principe Arthur, fi glio del defunto Geof-
frey. Le losche trame contro il sovrano rapito
comunque non ebbero successo e così quando
Richard fu liberato, tutti coloro che in Inghil-
terra avevano appoggiato John tornarono ad es-
sere fedeli al loro legittimo re: questi perdonò il
fratello e da quel momento i due collaborarono
lealmente, al punto che negli ultimi istanti di
vita Richard nominò proprio John, e non più il
giovane Arthur, suo legittimo erede. Di lì a qual-
che anno, ereditata la corona del fratello, King
John avrebbe creato i presupposti della missione
inglese di Guala Bicchieri.
King John: da Senzaterra a re d’Inghilterra Era la notte del 10 aprile 1199 quando Wil-
liam Marshal — noto in Italia come Guglielmo
il Maresciallo — Earl of Pembroke e fedele col-
laboratore della Corona inglese, mentre si trova-
va in Francia fu svegliato dall’improvvisa notizia
della morte del re d’Inghilterra. Riccardo Cuor
di Leone era spirato il 6 aprile, colpito a morte
da una freccia nemica durante l’assedio al castel-
lo di Chalus.
Senza por tempo in mezzo, poiché la
successione doveva essere effettuata con la
massima tempestività, Marshal si precipitò a
Rouen dall’arcivescovo di Canterbury Hubert
Walter, e lo indusse ad accettare John come
nuovo sovrano. Ad essere sinceri l’arcivescovo
avrebbe preferito il giovane principe Arthur,
Vercelli. Basilica di S.Andrea. La lunetta di Guala Bicchieri, in
cui il cardinale è raffi gurato nell’atto di offrire
la basilica a S.Andrea.
ma Marshal fu molto persuasivo. Di lì a pochi
giorni, il 27 aprile 1199, John fu incoronato
nell’Abbazia di Westminster, e salutato come
nuovo legittimo sovrano da un’Inghilterra per
la verità non troppo entusiasta. Era il giorno
dell’Ascensione: il principe destinato a vivere
nell’ombra del celebre padre e dei valorosi fratelli
era asceso al trono e ci sarebbe rimasto per 17
anni, fi no all’ottobre del 1216, governando
contemporaneamente sui domini inglesi e sui
possedimenti francesi della sua famiglia. Con
la sua incoronazione si apriva una delle pagine
più importanti, memorabili e al contempo più
tragiche della storia d’Inghilterra: negli anni a
venire, infatti, la Corona inglese avrebbe perso la
Normandia e l’Anjou, tradizionali roccaforti del
potere angioino in Francia; nello stesso periodo
i baroni inglesi sarebbero insorti contro John
costringendolo a concedere la Magna Carta
e infi ne la Gran Bretagna avrebbe rischiato di
diventare una colonia francese. All’inizio del
suo regno, tuttavia, tutto questo non poteva
turbare i sonni del nuovo re ed egli si accingeva
a governare con il fasto e la grandeur propri di
uno degli uomini più potenti d’Europa.
I cronisti dell’epoca non ci hanno lasciato
descrizioni convincenti del nuovo sovrano e
se non fosse per il monumento funebre con-
servato nella cattedrale di Worcester forse per-
sino l’aspetto fi sico del sovrano non ci sarebbe
noto. Se leggiamo “Ivanhoe” di Walter Scott11,
tuttavia, troviamo il ritratto di un uomo aitan-
te, gioviale, elegante, sempre in sella ad un bel
destriero in compagnia di un’allegra brigata di
nobili. Scott racconta che, come tutti i sovrani
dell’epoca, anche John indossava vesti sfarzose
ricamate in oro, un mantello foderato di er-
mellino, un cappello di pelliccia ornato di per-
le, scarpe di marocchino e speroni d’oro. Non
mancava mai di indossare gioielli molto pre-
ziosi, che amava collezionare ed ostentare come
simboli di abbondanza e prestigio. Quanto alle
caratteristiche fi siche, sappiamo che in gioventù
il re portava capelli lunghi e ondulati, ma che
invecchiando diventò quasi calvo; parallelamen-
te, il fi sico del sovrano si appesantì, in conse-
guenza della vita oziosa, della buona tavola12 e
dei vini pregiati13 che il re amava sorseggiare in
compagnia dei suoi ospiti. Quando non era im-
pegnato nelle numerose attività politiche ed am-
ministrative, alle quali si dedicava con grande
passione, dal momento che il governo esercitava
su di lui un fascino irresistibile14, il re si con-
cedeva lunghe battute di caccia, usando falconi
che si faceva inviare appositamente dai sovrani
11 Scott,W. Ivanhoe (ed.Garzanti,1979, 1982) pp.111-112.12 Le leggende raccontano che per un banchetto natalizio nel palazzo di Winchester il re ordinò 1500 polli, 5000 uova, 20 buoi, 100 maiali e 100 pecore. D’altra parte è noto che i sovrani dovevano investire forti somme di denaro in feste e ricevimenti per enfatizzare la ricchezza ed il potere della loro dinastia. 13 A questo proposito vale la pena sottolineare che nel 1203 John esentò i mercanti francesi della regione di Bordeaux dal pagamento delle tasse sulle esportazioni di vino. Gli stessi mercanti ricambiarono il favore sostenendo la causa di John contro il re di Francia. L’alleggerimento della pressione fi scale sui commercianti di vino di Bordeaux favorì un’esportazione di vini pregiati francesi verso l’Inghilterra.14 John fu un sovrano operoso e amante dei suoi doveri di capo di stato. Era molto preciso, amava far catalogare i documenti e aveva capito che con una burocrazia effi ciente si poteva ottenere una migliore amministrazione dello stato. A lui va riconosciuto il merito di aver istituito la fi gura professionale dell’archivista e di aver compreso l’importanza della conservazione dei documenti e della memoria storica.
di Danimarca, Svezia e Scozia. Sappiamo che
era anche un appassionato lettore (possedeva
una ricca biblioteca e scambiava libri sacri con
importanti ecclesiastici) e che non disdegnava il
gioco d’azzardo, sia pure puntando cifre mode-
ste. Energico e dinamico, forte e determinato,
durante i suoi 17 anni al potere John fu con-
tinuamente in moto da un angolo all’altro del
regno: non si fermava mai più di qualche gior-
no nello stesso luogo, non aveva un’unica “vera”
casa e per questo ordinava che le sue residenze
fossero sempre pronte a ricevere la sua visita e
ad accogliere il suo incredibile seguito: con lui
viaggiavano almeno centocinquanta persone e
un’enorme quantità di bagagli. Egli portava con
sé anche barili e sacchi di monete d’argento, che
gli venivano inviati da Londra, dove i sudditi si
recavano a saldare i loro debiti (solo più tardi fu
istituito un sistema di pagamento in loco delle
rendite, in modo da evitare al contante di viag-
giare continuamente in direzione di Londra e
poi verso la corte itinerante del re). Del denaro
che portava con sé il re si serviva spesso per di-
spensare doni ai suoi collaboratori ed amici: era
generoso con i cortigiani fi dati, le donne, e in
generale con tutti coloro che riteneva inferiori a
lui ed ai suoi grandi antenati, forse per un mai
risolto complesso di inferiorità. Non dimenticò
mai di offrire regali alla sua prima moglie, agli
ordini monastici ed alle spose dei suoi dignita-
ri. Fu straordinariamente attratto dalle donne,
che amava corteggiare anche se erano sposa-
te: ebbe cinque fi gli illegittimi e fu osteggiato
da molti dei suoi baroni anche a causa del suo
comportamento licenzioso. Sapeva essere spie-
tato con chi gli era stato sleale, o chi riteneva
pericoloso. Certamente era collerico, dispotico,
autoritario e non esitava a ricorrere alle gabelle
per rimpinguare di continuo le casse dello stato.
Molti di noi lo ricordano rappresentato dal leo-
ne con il pollice in bocca magistralmente creato
da Walt Disney per “Robin Hood”. Il regno di
John infatti coincide con l’epopea del bandito
della Foresta di Sherwood che derubava i ricchi
per aiutare i poveri vessati dallo sceriffo di Not-
tingham e dagli altri funzionari del re. E’ noto
che John ricorreva alla violenza per reagire alla
sua mania di persecuzione e alla sua eccessiva
preoccupazione per le misure di sicurezza, ma
anche per affermare la sua supremazia: ad esem-
pio, soleva tenere in ostaggio15 i fi gli dei nobili,
per accertarsi che i loro padri non lo tradissero
e nel luglio 1212 fece uccidere 28 ostaggi, fi gli
di baroni gallesi, ritenendo che i loro genitori
avessero tramato contro di lui. La sua tendenza
all’uso della violenza trova conferma anche nella
15 Anche William Marshal fu costretto ad affi dare uno dei suoi fi gli in ostaggio al sovrano.
Vercelli. Basilica di S.Andrea.Il galletto di S.Andrea.
vicenda del principino Arthur, nipote del re, in
quanto fi glio di suo fratello Geoffrey. Conside-
rato un pericoloso avversario, nel 1202 il giova-
ne Arthur fu catturato da John durante l’assedio
al castello di Mirabeau e da allora sparì in circo-
stanze misteriose. I più ritengono che il ragaz-
zo sia stato assassinato per volere del re, in una
notte tempestosa, il 3 aprile 1203, mentre il so-
vrano si trovava sotto l’effetto dell’alcool. Ralph
of Coggeshall16 racconta che il principe sarebbe
dovuto essere accecato con un ferro rovente da
Hubert de Burgh, su incarico di King John. E’ a
questa versione della vicenda che probabilmente
si ispirò William Shakespeare nella sua tragedia
King John.
(…)
ARTURO: Se il Cielo vuole
Che tu mi faccia del male, devi farlo.
Mi caverai gli occhi? Quegli occhi
Che non ti hanno mai rivolto, né mai lo faranno,
Uno sguardo corrucciato?
UBERTO: Ho giurato di farlo.
E col ferro rovente te li dovrò bruciare17.
(Atto IV, scena 1)
Ma il giovane Arthur supplica Hubert in modo
così accorato che il compito non viene eseguito
e Hubert concede la grazia al principe:
UBERTO: Vedi per vivere: non toccherò i tuoi occhi
Per tutti i tesori posseduti da tuo zio.
(…)
Silenzio, basta. Addio, tuo zio
Deve solo sapere che sei morto.
Queste spie maledette le riempirò
Di false informazioni. E tu, bel fanciullo,
Dormi senza paura, sicuro che Uberto,
per tutte le ricchezze del mondo, non ti farà
Mai del male18.
(Atto IV, scena 1)
Nella tragedia shakespeareana Arthur muore
gettandosi dagli spalti del castello reale:
“Meglio morire fuggendo che morire
E star fermo. (Salta giù) Ahimè in questi sassi
C’è lo spirito di mio zio. Il Cielo
Si prenda la mia anima e l’Inghilterra
Conservi le mie ossa!”19
(Atto IV, scena 3)
Con tutta probabilità i fatti si svolsero diver-
samente e la leggenda della morte del principe
rimase per sempre come una macchia infamante
sulla reputazione di King John.
Se la tragedia di Shakespeare non ricostrui-
sce fedelmente la vicenda del principe Arthur,
riferimenti più completi essa ci offre in merito ad
un altro dei gravi problemi che affl issero il regno
di King John: i diffi cili rapporti con il papato.
16 Radulphi de Coggeshall Chronicon Anglicanum, ed. J.Stevenson, Rolls Series (London 1875) pp.139-41.17 Shakespeare, Re Giovanni, ed. Grandi Tascabili Economici Newton (Roma, 2004). A cura di Agostino Lombardo, p.109.18 ibid. p.113.19 ibid. p.129.
La lotta tra John e il Papato
La lotta tra King John e il Papato iniziò
nel 1205, alla morte dell’Arcivescovo di Can-
terbury, lo stesso Hubert Walter al quale Wil-
liam Marshal aveva imposto John come suc-
cessore di Richard nel 1199. Walter era stato
anche justiciar e chancellor presso la segreteria
della corte, cioè aveva ricoperto i due ruoli
più importanti della macchina amministrati-
va dello stato. Che un ecclesiastico occupasse
una carica statale non era una novità: da mol-
to tempo la Corona si avvaleva di membri del
clero per incarichi amministrativi anche molto
delicati. Gli ecclesiastici erano infatti più eru-
diti dei laici e inoltre potevano essere retri-
buiti mediante la concessione di preben-
de, parrocchie ed altri benefi ci, a tutto
vantaggio delle casse dello stato.
La linea di demarcazione tra
Chiesa e stato in materia di royal
clerks20 era sempre stata piuttosto sfu-
mata: sia la Chiesa sia lo stato erano
consapevoli dell’utilità dei royal clerks
nell’amministrazione del Paese e la
Chiesa chiudeva un occhio sulla pre-
senza dei suoi uomini tra le fi la dei bu-
rocrati reali, nella consapevolezza che
“una pace imperfetta fosse preferibile
ad un legittimo confl itto”21. Malau-
guratamente, però, durante il regno
20 Così erano defi niti gli ecclesiastici al servizio dello stato. Nacque in questo modo il duplice signifi cato del termine inglese clerk, oggi usa-to sia nel senso di impiegato, sia nel senso di ecclesiastico, membro del clero.21 Warren, W.L. op.cit. p.159.
Ely. La West Tower torreggia in tutta la sua imponenza. Sulla sinistra si
scorge la Lady Chapel.
di King John l’antico equilibrio improvvisamen-
te si infranse allorché si trattò di procedere alla
nomina del nuovo arcivescovo di Canterbury.
Il re credeva di poter scegliere personalmente il
successore di Hubert Walter con la stessa facilità
con cui aveva sempre infl uenzato la nomina dei
vescovi, ma si sbagliava. I monaci di Canterbury
furono lesti ad eleggere segretamente il nuovo
arcivescovo nella persona del loro priore, Regi-
nald, e lo inviarono a Roma presso Innocenzo
III22. King John ne fu informato e reagì con
grande fermezza, punendo i monaci con pesan-
ti sanzioni pecuniarie e costringendoli ad una
nuova elezione, che si concluse con la nomina
di Walter de Grey, il candidato del re. Quan-
do la notizia giunse a Roma, il Papa dichiarò
nulle entrambe le elezioni e propose la nomina
di un terzo candidato, che i monaci accettarono
all’unanimità. Fu così che il titolo di arcivescovo
di Canterbury fu assegnato a Stephen Langton,
che all’epoca non si trovava in Inghilterra bensì
a Parigi: in lui Innocenzo III riconosceva l’uomo
che avrebbe saputo realizzare le riforme del cle-
ro che da tempo Roma intendeva attuare e un
intellettuale di altissimo profi lo, già docente di
fi losofi a ed autore di numerosi trattati. Il nuo-
vo arcivescovo godeva dell’approvazione del-
la Chiesa, ma non di quella del sovrano: King
John accolse infatti con sdegno la notizia della
sua nomina, espellendo i monaci dal monaste-
ro di Canterbury (per anni essi furono costretti
all’esilio in Francia, ove mendicarono aiuto ed
ospitalità), vietando a Langton l’ingresso in In-
ghilterra, dichiarando nemici del re tutti coloro
che avessero osato sostenere Langton e infi ne
confi scando alcune proprietà del clero.
Innocenzo III teneva ovviamente in gran con-
to la questione della scelta dei vescovi, poiché
sapeva che occorrevano uomini di provata fi du-
cia per realizzare le auspicate riforme ed attuare
le direttive del Concilio Laterano del 1179. Egli
decise tuttavia di non intervenire immediata-
mente contro King John, bensì di concedergli
ancora un po’ di tempo, oltre il quale — il 17
giugno 1207— presso la Cattedrale di Viterbo,
consacrò Stephen Langton arcivescovo di Can-
terbury nonostante l’ostinato parere contrario
del re. Nell’agosto dello stesso anno, inoltre, in-
caricò alcuni fi dati vescovi inglesi, tra cui quello
di Ely, di convincere il re a riconoscere Langton
e, in caso di rifi uto da parte di King John, di
proclamare un interdetto23 contro l’Inghilterra.
Il Papa sperava che la minaccia di un interdetto
avrebbe ammorbidito la resistenza del re, come
era accaduto in Francia qualche tempo prima,
22 Innocenzo III salì al soglio pontifi cio nel 1198. Il suo vero nome era Lotario dei conti di Segni e il suo pontifi cato è passato alla storia come uno dei momenti di massima affermazione dell’autorità papale. Innocenzo III si considerava infatti non solo un successore di Pietro, bensì il vicario di Cristo, un sovrano universale investito direttamente da Dio e quindi superiore a tutti gli altri monarchi. In virtù di questa superiorità egli investiva uffi cialmente i sovrani con la sacra unzione, li controllava, li giudicava e non esitava a condannarli se li riteneva indegni di difendere la Chiesa o colpevoli di non rispettare l’autorità papale. Le massime sanzioni comminate dal Papa furono l’interdetto e la scomunica, che Innocenzo usò come armi invincibili per ottenere l’obbedienza dei sovrani europei alla Chiesa di Roma. Tenace assertore della sua missione di guida del mondo cristiano, il Pontefi ce fu quasi ossessionato dalla minaccia delle eresie e dell’espansione turca: per questo bandì una crociata contro gli albigesi nella Francia meridionale e promosse la quarta crociata per la liberazione del Santo Sepolcro. Egli inoltre sollecitò la ripresa della “reconquista” spagnola contro i Mori oppressori. Sulla scena politica europea Innocenzo si schierò dapprima con Ottone IV di Brunswick e poi con Federico II di Svevia. Parallelamente, il suo iniziale sostegno a favore della Corona francese si trasformò in lotta contro la stessa quando il re inglese King John si dichiarò vassallo di Roma.23 Il termine “interdetto” indica un provvedimento punitivo che la Chiesa cattolica romana adotta nei confronti della Chiesa di un certo territorio o di un’intera nazione. In conseguenza di tale provvedimento nell’area da esso colpita tutte le chiese vengono chiuse, i sacramenti sono aboliti e le manifestazioni pubbliche di culto sono vietate. L’interdetto può colpire anche una persona fi sica.
quando la voce del Pontefi ce aveva tuonato con-
tro la bigamia di re Filippo Augusto. Ma King
John non tornò sui suoi passi e perseverò nella
sua ostinazione anche quando il Papa inviò ai
vescovi un’esortazione a contrastare la linea del
re senza timore (in cui dichiarava che John do-
veva essere aiutato dai membri del clero a ritro-
vare il rispetto per Dio e per la Chiesa). Anche
John fece uso dell’informazione per sostenere
la sua causa: fu sempre attento a mostrarsi ri-
spettoso verso Roma e pronto a negoziare con
il Papa, sia pure solo apparentemente. Paralle-
lamente egli fece in modo di dipingere la sua
vertenza con Roma come un’ingiusta persecu-
zione contro la sua persona,
la sua corte, il clero inglese e
le più antiche tradizioni del
Paese. Dal canto suo, Inno-
cenzo III non era uomo da
arrendersi facilmente: nel
marzo 1208 egli proclamò
uffi cialmente la sentenza di
interdetto contro l’Inghil-
terra, forse credendo che il
re si sarebbe arreso di fronte
alla realtà del provvedimen-
to. Contrariamente alle aspettative, King John
rispose all’interdetto con una manovra fi nanzia-
ria fulminea estremamente vantaggiosa per le
casse dello stato perennemente a corto di liqui-
dità: il giorno in cui il clero inglese si schierò
uffi cialmente a favore del Papa (24 marzo 1208)
in ottemperanza alla sentenza di interdetto, il re
inviò uno stuolo di agenti speciali presso tutti i
possedimenti ecclesiastici, che furono confi scati
e trasferiti alla Corona. Il sovrano conservò il
possesso delle proprietà per un breve periodo,
poi restituì i beni ai legittimi proprietari, ma in
cambio di forti somme in denaro e una percen-
tuale sulle rendite. Non conosciamo i dettagli
dell’operazione, poiché purtroppo i documenti
relativi ad essa sono andati perduti o distrutti,
ma è lecito pensare che la manovra abbia frutta-
to una piccola fortuna.
Con la sentenza di interdetto la vita del clero
e dei cristiani d’Inghilterra subì un radicale mu-
tamento. Solo il battesimo dei neonati e la con-
fessione dei moribondi erano ammessi, men-
tre gli altri sacramenti e tutte le altre pratiche
di culto furono vietati. Le
chiese erano chiuse, i luo-
ghi consacrati erano deserti,
e la gente cominciò ad eri-
gere croci sulle strade, nelle
piazze, in luoghi pubblici,
soprattutto in occasione
della Settimana Santa. Nel
1209 Innocenzo III con-
cesse ai monaci di celebrare
la Santa Messa una volta la
settimana, ma rigorosamen-
te a porte chiuse, e nel 1212 permise ai mori-
bondi di ricevere l’estrema unzione. In linea di
massima dalla metà del 1208 per ben sei anni i
fedeli inglesi non poterono accostarsi all’altare,
contrarre matrimonio religioso, essere seppelliti
in terreno consacrato. Le fosse erano scavate nei
boschi e nei casi più estremi i cadaveri venivano
gettati nei corsi d’acqua. In assenza di cerimonie
celebrate in chiesa, i fedeli tendevano a riunirsi
in altri luoghi, come le case o i cortili privati.
Vercelli. Basilica di S.Andrea. Interno.
Paradossalmente, la pratica dei pellegrinaggi
non fu bandita, ma, anzi, incoraggiata, e lo stes-
so King John si recò più volte in pellegrinaggio
alla cattedrale di Canterbury e presso altri luo-
ghi santi del Paese come un qualsiasi devoto cri-
stiano. E’ lecito pensare che il re ostentasse fede
e carità più per aggiudicarsi il consenso popolare
che per sincera devozione.
Nonostante le pesanti conseguenze arrecate
dall’interdetto ai danni della vita religiosa del
Paese, comunque, King John rimase fermamente
arroccato sulle sue posizioni. Nel novembre
1209 Innocenzo III ricorse alla scomunica24
del sovrano, ma ancora una volta King John
non si lasciò impressionare e reagì inasprendo
la pressione fi scale sulle proprietà del clero. Il
risultato fu che molti vescovi contrari alla politica
ecclesiastica del monarca scelsero la via dell’esilio
volontario e si rifugiarono in Francia. I loro beni
furono confi scati, svenduti, trascurati e nuovi
vescovi furono nominati tra gli amici del sovrano
in sostituzione degli assenti, anche se in regime
di interdetto non si poteva procedere alla loro
consacrazione uffi ciale. Sorprendentemente, per
tutto il periodo dell’interdetto e della scomunica
King John continuò a effettuare donazioni agli
ordini monastici e leggere testi sacri. Giunse
anche a chiedere di essere sepolto nella cattedrale
di Worcester, presso la tomba di St. Wulfstan,
un santo al quale si professava particolarmente
devoto. Naturalmente l’opinione pubblica
veniva puntualmente informata sulle opere di
bene del re, che durante l’interdetto furono
triplicate: in tal modo John rafforzava la sua
immagine di uomo pio e di sovrano generoso
e moderato. Anche quando il Pontefi ce inviò in
Inghilterra il legato Pandolfo, a proposito del
quale Shakespeare ha lasciato tracce importanti
nella già citata tragedia King John, il sovrano
si preoccupò di ostentare la sua disponibilità
a dialogare con la Chiesa di Roma, sia pure
respingendo le proposte del legato e lasciando
di fatto la situazione inalterata. In occasione
della visita di Pandolfo il re potè contare sulla
tacita approvazione dei baroni, che non spesero
una parola a favore del Papa. E’ lecito tuttavia
concludere che essi fossero più perplessi e confusi
che realmente favorevoli al re. Di fatto anche
l’aristocrazia inglese era ormai preoccupata per
Tutto il Kent ha ceduto; laggiù resiste Soltanto il castello di Dover; Londra
Ha accolto da ospite gentileIl Delfi no e le sue truppe
W. Shakespeare, King John, atto V, scena 1
24 Scomunica: il termine deriva dal latino excommunicare, cioè escludere dalla comunità. Scomunicare signifi ca estromettere una persona dalla comunità dei fedeli alla Chiesa Cattolica Romana. La scomunica è la massima punizione comminata dalla Chiesa di Roma: colpisce solo le persone fi siche (e in questo si differen-zia dall’interdetto, che colpisce luoghi o intere comunità), tanto laiche, quanto ecclesiastiche. La persona colpita dalla scomunica è estromessa da tutte le attività della Chiesa intesa come società. Conseguentemente non può accedere ai sacramenti, partecipare alle funzioni religiose, essere sepolta con rito cristiano in terra consacrata. Se lo scomunicato è un membro del clero, il prov-vedimento gli vieta di ottenere cariche ecclesiastiche, celebrare la messa, amministrare i sacramenti. Quando lo scomunicato è un sovrano, la punizione scioglie i sudditi dall’obbligo di fedeltà al loro capo, e, di fatto, priva quest’ultimo della sua autorità politica.
Vercelli. Basilica di S.Andrea. La navata centrale.
la crescente tirannia di John e cominciava a
vedere in lui una potenza destinata a minacciare
anche i diritti della nobiltà. Di lì a poco, infatti,
gli scenari sarebbero radicalmente mutati.
Dopo il 1211 King John si trovò ad affron-
tare tre grandi ostacoli: la sua ostinata intenzio-
ne di riconquistare i territori francesi persi nella
guerra contro Filippo Augusto; l’ormai annosa
lotta con il Papato; la crescente ostilità dei ba-
roni inglesi, sempre più stanchi delle vessazioni
imposte dal re. King John era giunto al pun-
to di costringere i baroni ad un indebitamento
pressoché insanabile nei confronti della Corona,
sperando di conservare così la fedeltà dell’aristo-
crazia. In realtà il suo metodo sortì l’effetto con-
trario, esasperando i baroni oltre ogni limite di
sopportazione. I tre ostacoli si intrecciarono in
modo inestricabile, cosicché King John si trovò
circondato da nemici su tutti i fronti.
L’Inghilterra sembrava ormai sul punto
di soccombere. Nel 1212, però, proprio quan-
do “i cieli si erano improvvisamente oscurati per
la casa d’Anjou”25, William Marshal (che pure
era caduto in disgrazia intorno al 1208) tornò
a recitare quel ruolo di indispensabile soste-
gno della monarchia inglese che oggi tutti gli
riconoscono, convincendo 26 baroni irlandesi a
rinnovare il loro giuramento di fedeltà a King
John e dichiararsi pronti a “vivere o morire per
il re”. Parallelamente, Marshal consigliò al re di
riconciliarsi con il Papa e si offrì come media-
tore tra i due contendenti. Il sovrano prese in
seria considerazione il suggerimento di Marshal
in merito alla vertenza con Roma, anche perché
da più parti gli erano giunte notizie inquietanti:
si sussurrava che Innocenzo III fosse sul punto
di deporre King John e offrire la sua corona al
re di Francia. Certamente le voci erano fondate:
non solo il Papa era deciso a ridurre John all’ob-
bedienza, ma i Francesi, volendo approfi ttare
del momento favorevole, si stavano preparando
ad un’invasione dell’isola. E quel che più conta
è che l’invasione sarebbe avvenuta con la piena
approvazione del Papa e in difesa della Chiesa di
Roma. John decise allora di inviare a Roma una
delegazione che doveva annunciare al Pontefi ce
la disponibilità della corte inglese ad accettare le
condizioni proposte dal legato Pandolfo.
Nella primavera del 1213 la Francia era ormai
pronta all’attacco e John aveva radunato un esercito
nel Kent per contrastare la minaccia nemica, quan-
do il sovrano inglese realizzò la mossa a sorpresa
più geniale di tutto il suo regno: il 13 maggio 1213
accettò di ricevere l’arcivescovo di Canterbury Ste-
phen Langton e i vescovi che si erano rifugiati in
Francia e due giorni dopo, con un documento fi r-
mato dai notabili del clero e della Corona, tra cui
William Marshal, offrì al Pontefi ce l’Inghilterra e
l’Irlanda, dichiarandole feudi papali. Contestual-
mente egli si dichiarò vassallo del Papa e pronto
ad accogliere le decisioni della Santa Sede.
25 Warren, W.L. op.cit. p.201.
Attraverso questa Carta, autenticata con il nostro sigillo, vogliamo
che sia noto a tutti che noi, avendo offeso Dio e la nostra santa
madre Chiesa in molti casi, e pertanto essendo alquanto bisognosi
della divina misericordia, e non avendo altro da offrire che
noi stessi e il nostro regno come dovute ammende a Dio e alla
Chiesa, desideriamo umiliarci per Colui che umiliò se stesso per
noi sino alla morte; e, ispirati dalla grazia dello Spirito Santo,
e non indotti dalla forza o dalla paura, ma dalla nostra libera e
spontanea volontà, e dal consiglio dei nostri baroni, liberamente
offriamo a Dio e ai suoi Santi Apostoli Pietro e Paolo, e alla Santa
Romana Chiesa nostra madre, e al signore papa Innocenzo e ai
suoi successori cattolici, l’intero regno d’Inghilterra e l’intero
regno d’Irlanda, con tutti i loro diritti e le loro proprietà, per la
remissione dei nostri peccati e dei peccati dei membri della nostra
famiglia, siano essi viventi o defunti. Pertanto d’ora in poi noi
controlliamo tali regni ricevendoli da Lui (il Papa, n.d.t.) e dalla
santa romana Chiesa dei quali ci professiamo vassalli... 26
26 Selected Letters of Pope Innocent III concerning England 1198-1216, ed. C.R. Cheney & W.H. Semple (London, 1953) e Foedera, Conven-tiones, Litterae et cuiuscumque generis Acta Publica, ed. T. Rymer, New Edition, vol.I, part i, ed. A.Clark and F.Holbrooke (London,1816), p.144. Il testo del documento è riportato anche dal professor Warren, op.cit. p.208 (la traduzione del brano è dell’autrice).
L’atto di sottomissione al Papa è mirabilmente registrato anche da Shakespeare nella tragedia King John:
RE GIOVANNI: (dando la corona al cardinale)
Così ho consegnato alla vostra mano
Il cerchio della mia gloria.
CARDINALE PANDOLFO (restituendo la corona)
Riprendete da questa mia mano, per concessione
Del Papa, la vostra sovrana grandezza e autorità.
RE GIOVANNI: E voi mantenete la vostra parola
Sacra. Andate incontro ai Francesi
E a nome di Sua Santità usate
Tutto il vostro potere per fermare
La loro marcia prima che noi
Ne siamo infi ammati. Le nostre contee
Scontente si ribellano, il nostro popolo
Rifi uta l’obbedienza, giurando lealtà
E totale sostegno a sangue straniero,
A un monarca forestiero. Questa inondazione
Di umori disordinati, soltanto voi
Potete placarla. Dunque non indugiate,
Perché il presente è così ammalato
Che la medicina deve essere somministrata
Al più presto, impedendo mali incurabili.
(…)
CARDINALE PANDOLFO (…) Dopo la vostra arroganza nei confronti del Papa
(…) la mia lingua
(…) riporterà
Il bel tempo nel vostro Paese tormentato.27
(Atto V, scena 1)
27 Shakespeare,W. op. cit. p.141.
L’inattesa svolta fu accolta dal Papa come
un balsamo ristoratore su una piaga da tempo
dolente. Non era la prima volta che uno stato
si piegava al Pontefi ce dichiarandosi feudo pa-
pale. Lo avevano già fatto la Sicilia, la Polonia,
il Portogallo, la Danimarca, la Svezia e il Regno
d’Aragona. Ma la resa inglese regalava un nuovo
prestigio alla Santa Sede e ingigantiva il già
vasto potere politico di Innocenzo III.
In cambio della sottomissione, il 20
maggio 1213 John fu assolto dalla scomunica: il
provvedimento fu emanato da Stephen Langton, a
nome del Pontefi ce. L’interdetto, tuttavia, non venne
ancora annullato, perché John doveva prima risarci-
re il clero che aveva vessato ed espropriato durante
gli anni di lotta con il Papato. Con il documento
del 15 maggio cui abbiamo accennato più sopra il
sovrano si era anche impegnato a versare alla Chiesa
di Roma una somma annuale pari a mille marchi in
cambio del feudo d’Inghilterra e Irlanda.
28 Il Peter’s Pence era l’Obolo di San Pietro, ossia l’offerta in denaro inviata fi n dall’antichità a coloro che annunciano il Vangelo e si pren-dono cura dei bisognosi (si veda: Atti degli Apostoli 4,34; 11,29). In Inghilterra l’usanza di versare l’obolo alla Chiesa di Roma si affermò stabilmente nell’VIII secolo, durante la dominazione anglo-sassone. Dall’Inghilterra la pratica si diffuse nel resto d’Europa con il nome di “Denarius Sancti Petri”. Nel mondo cattolico questa colletta è ancora in uso e viene effettuata in prossimità della solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. 29 Per quanto riguarda il marco rimandiamo all’opera del prof. Warren (op.cit. p.28, nota), nella quale lo storico spiega che non è possibile quantifi care il valore del marco paragonandolo alla moneta attuale. Il professore precisa che un marco dell’epoca poteva valere circa due terzi di una sterlina (“i.e.135s. 4d.”). 30 Warren, L. op.cit. p.208 (la traduzione del brano è dell’autrice).
(…) E come pegno della nostra eterna gratitudine, vogliamo
e decretiamo che dalle nostre rendite personali e dai pro-
venti che ricaveremo dai suddetti regni, la Chiesa di Roma
riceverà, per tutti i servigi e i costumi che noi siamo tenuti a
rispettare (oltre al pagamento del Peter’s Pence28
)
la somma annua di 1000 marchi.29
(…)
E se noi o qualcuno dei nostri successori avrà l’ardire di
opporsi a questo, chiunque egli sia, che possa perdere qual-
siasi diritto nel nostro regno. E che questa Carta di obbligo
e concessione rimanga valida per sempre. (…)30
John, King of England
Di lì a breve Roma inviò a Londra un al-
tro legato, noto in Inghilterra come Nicholas of
Tusculum31. A lui fu affi dato il compito di defi -
nire le modalità e l’ammontare del risarcimento,
che tuttavia si rivelò inferiore alle aspettative del
clero e pertanto estremamente favorevole al re.
L’interdetto venne cancellato uffi cialmente il 2
luglio 1214.
Al di là dei risvolti economici, l’atto di sot-
tomissione del re inglese al Papa si rivelò una
manovra politica degna di un grande statista:
piegandosi al Pontefi ce John aveva di fatto po-
sto se stesso ed il suo regno sotto l’ala protettrice
dello Stato Pontifi cio, acquisendo un alleato im-
battibile ed un prestigio incomparabile in am-
bito europeo. In pratica, come ebbe a scrivere
Warren, con il suo atto di contrizione John ave-
va sottoscritto “una polizza assicurativa assolu-
tamente redditizia”32, i cui benefi ci si sarebbero
fatti sentire nel volgere di pochi anni.
Poco dopo la soluzione della contesa con
il Papa John potè tornare a concentrarsi sulla
interminabile guerra contro la Francia, nel
tentativo di riappropriarsi di tutti i territori
francesi che aveva perduto da quando era salito
al trono. In un primo momento i suoi uomini si
imposero sulla fl otta nemica (30 maggio 1213),
ma l’anno dopo Filippo trionfò nella famosa
battaglia di Bouvines (27 luglio 1214), che
decretò la fi ne dell’autorità di John presso i suoi
baroni, stroncò le speranze della corona inglese
di riconquistare le terre angioine e di fatto
spianò la strada alle lotte per la concessione della
Magna Carta. Il 15 giugno 1215 il documento
fu fi rmato a Runnymede da King John e da una
rappresentanza di baroni inglesi, i cosiddetti
rebel barons.
La fi rma della Magna Carta avrebbe dovu-
to portare alla riconciliazione tra il sovrano e i
ribelli, restaurando la pace e la cooperazione. In
realtà i baroni si abbandonarono presto a pla-
teali trasgressioni in nome della libertà concessa
loro dalla Magna Carta, il che nel mese di luglio
dello stesso anno indusse King John a rivolgersi
al Papa per ottenere la revoca del documento. Il
Pontefi ce rispose con una bolla datata 24 agosto
1215 con la quale dichiarava formalmente nul-
la la carta costituzionale concessa da John nel
mese di giugno. Parallelamente egli sospendeva
dall’incarico Stephen Langton, reo di non aver
scomunicato i rebel barons, e lo richiamava a
Roma. I ribelli reagirono con un’assemblea ge-
nerale, nel corso della quale dichiararono John
uffi cialmente deposto ed offrirono la corona al
delfi no di Francia Luigi VIII33. Costui poteva
vantare una legittima, quanto fl ebile, pretesa al
trono inglese — avendo sposato una nipote di
31 Niccolò o Nicolò de Romanis, vescovo di Frascati.32 Warren, W.L. op.cit. p.211.33 Luigi VIII era fi glio del re di Francia Filippo Augusto, illustre membro della dinastia dei Capetingi, che era ascesa al trono francese nel 987 con Ugo Capeto. Fino al XIII secolo i possedimenti della casata erano frammentari e circoscritti all’area dell’Ile de France, ma tra il 1200 e il 1270 essi si estesero enormemente, principalmente a danno della Corona inglese. Dopo la battaglia di Bouvines del 1214, infatti, i Capetingi realizzarono una svolta radicale nella geografi a politica del Paese e portarono a compimento la formazione dello stato territoriale francese. Agli inizi del XIV secolo, a causa dell’assenza di eredi diretti, i Capetingi furono sostituiti dai Valois.
Henry II, Bianca di Castiglia34 — e soprattutto
poteva attingere alle immense risorse dei Cape-
tingi. Luigi VIII accolse con entusiasmo le pro-
poste inglesi e rispose dichiarandosi pronto ad
intervenire con il suo esercito. Ormai era guerra
aperta: in breve i ribelli anglo-francesi si impa-
dronirono di Londra e delle contee dell’est, ma
il re inglese poteva ancora contare su una spina
dorsale di castelli e fortezze nella zona centrale
dell’isola e di basi militari nelle zone ad ovest,
dove i baroni erano rimasti fedeli alla Corona.
In quelle zone John riceveva aiuti dall’Irlanda,
dove la rivolta non raccoglieva consensi e dove
34 Bianca di Castiglia, nata il 4 marzo 1188 in Spagna e morta il 27 novembre 1252 a Melun, in Francia, era la fi glia di Alfonso VIII di Casti-glia e di Eleonora d’Inghilterra. Come tale era direttamente imparentata con la casa reale inglese, in quanto sua madre era fi glia di Eleonora d’Aquitania e di Henry II. Il matrimonio tra Luigi VIII e Bianca di Castiglia fu celebrato nel 1200. In virtù di un trattato stipulato a Goulet nello stesso anno le nozze tra i due sposi avrebbero dovuto riconciliare la Francia e l’Inghilterra.
I vostri nobili
Non vi stanno a sentire
E sono andati a offrire
I loro servigi al vostro nemico;
Il panico fa correre su e giù
I pochi dubbiosi vostri amici
William Marshal trovava uomini e risorse pre-
ziosi. John poteva contare, infi ne, anche sulle
fortezze di Dover e di Lincoln, che pur essendo
in territorio nemico rimasero sempre fi lo-rea-
liste. L’Inghilterra era ormai una polveriera sul
punto di esplodere e le sue sorti sarebbero state
segnate per sempre dalla conquista francese se
Innocenzo III non avesse giocato la sua carta
migliore: il cardinale vercellese Guala Bicchieri,
che nel mese di febbraio 1216 venne inviato in
Inghilterra come legato pontifi cio. Mentre sul-
l’isola i Francesi e i ribelli erano ormai pronti
all’attacco, in attesa dell’arrivo di Luigi VIII, il
legato era in viaggio verso le coste inglesi, ove
sbarcò il 20 maggio 1216. Il giorno seguente
vide l’arrivo di Luigi VIII, che si installò nella
parte meridionale dell’isola con un enorme eser-
cito, grazie al quale in poche mosse si impadronì
del sud del Paese, entrò trionfalmente a Londra
e poi conquistò Winchester. Di fronte all’avan-
zata nemica numerosi aristocratici e condottieri
che erano stati alleati di John tradirono il loro
sovrano, abbandonandolo al suo destino. Tra
questi erano Hugh de Devile, l’earl of Surrey e
persino l’earl of Salisbury, fratellastro di John,
che aveva sempre servito il sovrano con lealtà.
Nel mese di agosto la città di Carlisle si arren-
deva ad Alexander of Scotland, che più avan-
W. Shakespeare, King John, Atto V, scena 1
Vercelli. Basilica di S.Andrea. Interno.
ti si recò a Londra per rendere personalmente
omaggio al delfi no di Francia. Luigi VIII era
ormai ritenuto il nuovo sovrano d’Inghilterra
da tutti i nemici di King John. Ma quest’ultimo
non si arrese: nel mese di settembre si spinse a
nord, verso Lincoln, e fece il suo ingresso nella
città acclamato come un eroe dalla popolazione
a lui fedele. Da Lincoln egli si trasferì a King’s
Lynn, in East Anglia, zona di acquitrini e palu-
di (wetlands) pericolosi e malsani. Inaspettata-
mente, raggiunta King’s Lynn, il re si ammalò
di dissenteria, non si sa se a causa delle acque
paludose, o per le libagioni e i festeggiamenti
riservatigli dai suoi sostenitori (alcune fonti ag-
giungono che la malattia fu causata da un’indi-
gestione di sidro e pesche, ed altre si spingono
ad affermare che il sovrano fu avvelenato da un
monaco di Worcester, ma nessuna di queste te-
stimonianze risulta provata). Ritenuto prudente
lasciare la zona al più presto, l’11 ottobre il so-
vrano si diresse a Wisbech e il 12 ottobre decise
di attraversare le terre d’acqua che lo separavano
dall’Abbazia di Swineshead, nel Lincolnshire.
Durante la traversata del Wash, tuttavia, per ra-
gioni che non sono mai state suffi cientemente
chiarite, una parte del suo convoglio affondò
nelle paludi e le sabbie mobili risucchiarono uo-
mini, cavalli, forzieri e forse persino il tesoro del
re. La malattia contratta a King’s Lynn, frattan-
to, si era aggravata irrimediabilmente. Incapace
di reggersi in sella il re sostò a Sleaford il 14 e il
15 ottobre, per poi dirigersi a Newark, dove fu
ospite al castello del vescovo di Lincoln. Lì fu
visitato e assistito dall’abate di Croxton — la cui
esperienza nella cura dei malati era proverbiale
— e nella notte tra il 17 e il 18 ottobre esalò l’ul-
timo respiro35. Sugli spalti del castello un vento
freddo e impetuoso spirava dalla valle del Trent.
Alla fi oca luce delle torce l’abate di Croxton ac-
colse la confessione del re e annotò le sue ultime
volontà. Tra le altre richieste il sovrano espresse
il desiderio di affi dare il suo giovane erede alle
cure e alla tutela del legato pontifi cio, il cardina-
le Guala Bicchieri, affi nché le sorti del nuovo
re e di tutto il Paese fossero custodite e protette
dall’autorità papale. Dal giorno del suo sbarco
sull’isola il cardinale aveva operato ininterrot-
tamente per trattare con i Francesi, convincere
i singoli ribelli a riappacifi carsi con King John,
difendere la Corona inglese e restituire all’In-
ghilterra l’ordine e la pace.
…in una notte il meglio delle mie truppe (…)
E’ stato sorpreso dalle sabbie del Wash
E divorato dalla marea inaspettata
35 Secondo i racconti popolari, ai quali gli storici si sono rifatti nel corso dei secoli, quella notte i baroni ribelli inviarono a corte alcuni loro messaggeri per comunicare al re che avevano deciso di ritornare fedeli all’Inghilterra e giurare lealtà al loro legittimo monarca. La notizia, tuttavia, sarebbe giunta quando John ormai non poteva più gioirne.
W. Shakespeare, King John; atto V, scena 7
Il testo delle ultime volontà del sovrano è molto interessante e conferma il potere di Guala presso la corte
plantageneta:
Essendo sopraffatto da una grave malattia, e così essendo incapace di compiere una disposizione dettagliata delle
mie ultime volontà, affi do l’ordine e l’esecuzione del mio testamento alla fedeltà ed alla discrezione dei miei fedeli uomini i cui nomi sono elencati qui sotto, senza i consigli dei quali io
non avrei mai, nemmeno quando ero in buona salute, ordinato alcunché; e ratifi co e confermo qualsiasi cosa essi fedelmente ordineranno e determineranno in merito ai miei beni (…) e
prego che chiunque conceda loro consiglio e sostegno nei loro sforzi possa ricevere la grazia e il favore di Dio; e possa colui che violerà queste disposizioni incorrere nella maledizione di
Dio Onnipotente, della Beata Maria Vergine, e di tutti i Santi. Prima di tutto, dunque, desidero che il mio corpo sia sepolto nella chiesa della Beata Vergine e di San Wulfstan a Worcester.
Inoltre, nomino miei esecutori testamentari i seguenti: lord Gualo, legato apostolico della Santa Sede; Peter, lord vescovo di Winchester; Richard, lord vescovo di Chichester; Silvestro,
lord vescovo di Worcester; Fratel Amery di S.te Maurie; William, Marshal, earl of Pembroke; Ranulph, earl of Chester; William; earl of Ferrers; William Brewer; Walter Lacy; John of
Monmouth; Savary de Mauléon; Fawkes de Breauté. 36
36 Foedera, Conventiones, Litterae et cuiuscumque generis Acta Publica, ed. T. Rymer, New Edition, vol.I, part i, ed. A.Clark and F.Holbrooke (London,1816), p.144 . Il testo della dichiarazione è anche contenuto in Warren, op.cit. p.255. Si noti come in questo documento il nome del legato sia Gualo e non Guala. Come diremo più avanti, il fatto che il nome del cardinale sia stato trascritto in modi diversi è in parte responsabile della scomparsa di molti documenti relativi alla sua attività e della diffi coltà di reperire nei vari archivi il materiale appartenente al personaggio. (Il documento è stato tradotto dall’autrice).
Dal cadavere del re furono asportati i visce-
ri, poi il corpo fu portato in corteo funebre alla
Cattedrale di Worcester, dove fu deposto pres-
so l’altare di Saint Wulfstan, come negli ultimi
istanti di vita King John aveva espressamente
richiesto.
Roger of Wendover ricorda che qualcuno
compose un epitaffi o e lo fece incidere sulla
tomba del sovrano:
Hoc in sarcophago sepelitur regis imago
Qui moriens multum sedavit in orbe tumultum.
Hunc mala post mortem timor est ne fata sequantur.
Qui legis haec, metuens dum cernis te moriturum,
Discute quid rerum pariat tibi meta dierum37.
Il piccolo re e il punto cardinale:
Guala Bicchieri salva il regno
Quando la notizia della morte del re rag-
giunse il nucleo dei suoi sostenitori, che era at-
testato nella zona occidentale del Paese, il fi glio
maggiore di John, Henry, fu portato in gran
fretta da Devizes a Gloucester, dove fu incoro-
nato nella locale abbazia. Era il 28 ottobre 1216.
L’erede al trono aveva solo nove anni, troppo
pochi per regnare da solo, soprattutto in un mo-
mento così delicato. L’incoronazione avvenne
secondo le indicazioni del cardinale Guala Bic-
chieri, che come sede della cerimonia scelse la
cattedrale di Gloucester nel timore che altrove
il giovane re potesse essere attaccato dai nemici
anglo-francesi. Si narra che dal momento che il
tesoro del re era andato perduto nel disastro di
King’s Lynn il sovrano dovette essere incoronato
con un “ringlet”, una coroncina appartenuta a
sua madre.
Diversi anni dopo, lo storico Wykes38, rac-
contò che Henry III era stato incoronato con
una semplice ghirlanda di fi ori, alla presenza di
Guala e del vescovo di Dublino. Lo stesso sto-
rico aggiunse che dopo l’incoronazione la casa
reale emanò un editto in base al quale per tren-
ta giorni la popolazione era tenuta ad indossare
una ghirlanda di fi ori simile a quella del re. In
tal modo si intendeva forse sottolineare l’inizio
37 Wendover, R. Flowers of History. Translated from the Latin by J.A. Giles. Volume two, part two. 1215 to 1235 (Felinfach,1996) p. 379.38 Annales Monastici, ed. H.R. Luard, 5 vols. (Rolls Series, 1864-9) iv,60.
Ely Cathedral con la croce di San Giorgio, simbolo dell’Inghilterra.
del nuovo regno e rendere omaggio alla perso-
na del nuovo sovrano: una sorta di primavera
fi orita, di rinascita a nuova vita di una monar-
chia inglese che per la verità negli ultimi anni
non aveva brillato, né aveva acceso speranze nei
cuori dei suoi sudditi. Per quanto il racconto
possa sembrare suggestivo, appare quanto meno
improbabile che in pieno autunno, in un Paese
notoriamente piovoso ed umido, si sia potuto
ordinare al popolo di indossare diademi di fi o-
ri. Il professor Vincent afferma in proposito che
“non sarebbe saggio fi darsi eccessivamente del
racconto di Wykes”39. E tuttavia forse l’aneddo-
to della ghirlanda non è del tutto inventato, se
si pensa che nel primo sigillo di Henry III, che
fu confezionato nel 1218, il sovrano è ritratto
seduto su un trono di fi ori. L’immagine effetti-
vamente non trova riscontro in alcuno dei sigilli
reali precedenti.
I baroni presenti all’incoronazione furono
profondamente commossi per la semplicità e
la rapidità con cui il re dovette essere incoro-
nato, sebbene quando si parla di un’incorona-
zione i termini “semplicità” e “rapidità” debba-
no essere sempre considerati in senso relativo:
si trattava pur sempre di una cerimonia reale a
cui parteciparono almeno sette vescovi. Sembra
probabile che Guala abbia affi dato al vescovo di
Winchester il compito di procedere all’incoro-
nazione del re. Certo gli Inglesi dovettero essere
profondamente toccati dalla velocità con cui la
39 Vincent,N. The Letters and Charters of Cardinal Guala Bicchieri Papal Legate in England, 1216-1218 (The Canterbury and York Society, 1996) pp.28-29.
situazione della monarchia era precipitata. Solo
pochi giorni prima il loro re cavalcava instanca-
bile e forte nelle pianure del Norfolk, agguerrito
e deciso come non era mai stato, pronto a scon-
fi ggere i baroni e i Francesi, e ora egli giaceva là,
nella cattedrale di Worcester, mentre sul trono
sedeva un bambino smarrito. Ancora una vol-
ta il resoconto più affascinante della cerimonia
di incoronazione ci viene offerto dal monaco e
storico Roger of Wendover: “Dopo la morte di
King John, la vigilia del giorno degli apostoli Si-
mon e Giuda, fu convocata a Gloucester — alla
presenza di Walo, il legato della Sede Aposto-
lica — un’assemblea alla quale parteciparono
Peter vescovo di Winchester, Silvestro vescovo
di Worcester, Ralph of Chester, William Mar-
shal earl of Pembroke,William earl of Ferrers,
John Marshal, Philip d’Albiney, con abati, prio-
ri, e molti altri, per organizzare l’incoronazio-
ne di Henry, il fi glio maggiore di King John. Il
giorno seguente, fatti tutti i preparativi, il lega-
to, in compagnia dei vescovi e dei nobili citati
più sopra, condusse il re in solenne processione
alla chiesa conventuale per l’incoronazione e là,
stando in piedi davanti al grande altare, alla pre-
senza del clero e del popolo, il re giurò sui Santi
Vangeli e altre reliquie di santi che avrebbe os-
servato l’onore, la pace, e la reverenza verso Dio
e la santa Chiesa con tutti i suoi ministri per
tutti i giorni della sua vita; egli giurò anche di
mostrare giustizia verso le genti affi date alla sua
cura e di abolire tutte le leggi e i costumi iniqui,
se mai ce ne fossero nel regno, e di applicare solo
quelli giusti, facendo in modo che essi fossero
osservati da tutti. Egli poi rese omaggio alla san-
ta Chiesa di Roma e a papa Innocenzo per i re-
gni d’Inghilterra e d’Irlanda e giurò che, fi nché
avesse conservato tali regni, egli avrebbe fedel-
mente pagato i mille marchi che suo padre aveva
promesso alla Chiesa di Roma; dopo questo, il
vescovo di Winchester pose la corona sul capo
del re e lo consacrò con le formule, le preghiere e
i canti previsti per tutte le incoronazioni. Dopo
la fi ne della messa i vescovi e i cavalieri vestirono
il re con gli abiti regali e lo condussero a tavola,
dove tutti presero posto secondo il loro rango e
fecero festa in letizia e gaudio40.”
Le cronache riportano che il banchetto
reale offerto da Henry dopo l’incoronazione
fu rovinato dalla notizia di un attacco nemico
al castello di William Marshal (a Goodrich): il
nuovo regno non si apriva di certo all’insegna
dei migliori presagi. Il 29 ottobre 1216, il gior-
no dopo l’incoronazione, una grande assemblea
di nobili fu convocata alla corte di Henry III. I
baroni fedeli e gli esecutori testamentari del re
dovevano decidere le sorti del regno. Secondo le
disposizioni testamentarie di John, l’incarico di
reggente doveva essere affi dato a William Mar-
shal, da sempre fedele servitore della Corona e
leale consigliere del re anche nel periodo suc-
cessivo al 1208, quando il nobile era caduto in
disgrazia agli occhi di John per il carattere ca-
priccioso e volubile del monarca. Marshal, però,
sembrava esitare: forse era stanco di sfi dare i pe-
ricoli e i nemici, forse desiderava ritirarsi nelle
sue terre in Irlanda, forse sentiva il peso degli
anni, o forse voleva semplicemente farsi pregare.
Fu Guala a convincerlo ad accettare, prometten-
dogli che se avesse assunto l’incarico di reggente
il Cielo gli avrebbe concesso la remissione dei
suoi peccati. Dio solo sa quanti poteva averne
commessi il nobile Pembroke, in tanti anni di
potere e di manovre politiche, ma certo è che la
prospettiva della ricompensa spirituale lo indus-
se ad accettare il nuovo, gravoso ruolo. Persuaso
dalle promesse del cardinale il nobile Pembroke
giurò dunque di essere pronto ad accollarsi il
fardello: era stato il fedele servitore del re e ora
avrebbe protetto il suo erede, anche a costo di
prenderlo in spalla e portarlo di contea in con-
tea alla ricerca di un posto sicuro.
Se da un lato la morte del re era fonte di
smarrimento e di preoccupazioni per coloro che
lo avevano sostenuto nella lotta contro i ribelli,
dall’altro la fi gura del successore sembrava così
innocente e indifesa che anche molti nemici di
John decisero di abbandonare le ostilità. Tutta-
via la lotta tra le due fazioni rivali era ancora in
corso. Ai primi di novembre del 1216 il reggen-
te e Guala Bicchieri convocarono a Bristol un
grande consiglio dei sostenitori del re, nel corso
del quale Henry III si dichiarò consapevole delle
forti tensioni tra i baroni e il suo defunto padre.
40 Wendover, R. op.cit. pp. 379-380.
Egli fu abile ad aggiungere che intendeva can-
cellare ogni traccia degli antichi rancori per dare
inizio a una nuova era. Era il primo, importante
passo verso la distensione. Ma il passo decisivo
ebbe luogo pochi giorni dopo, il 12 novembre
1216, quando obbedendo alle indicazioni dei
suoi consiglieri, di undici vescovi, dell’earl of
Chester, del conte di Aubale, di Hubert de Bur-
gh, di William Breer e di diciotto altri membri
dell’aristocrazia, Henry III concesse una nuo-
va edizione della Magna Carta. Il documento
portava i sigilli di Guala Bicchieri (a sinistra) e
di William Marshal (a destra). Per l’occasione
quest’ultimo usò per la prima volta il sigillo di
reggente.
La seconda edizione della Magna Carta
costituisce una tappa fondamentale del lungo e
travagliato processo verso la pace. Seppure ap-
parentemente concessa dal sovrano, in realtà la
carta fu fortemente voluta dal legato, che quasi
certamente la promosse sotto la sua personale
responsabilità, con un colpo di scena che non
mancò di sorprendere i suoi interlocutori. Con
la concessione della Magna Carta Guala inten-
deva offrire ai ribelli un concreto tentativo di
dialogo, una proposta di mediazione. La Carta
era dunque un mezzo per realizzare un incorag-
giante compromesso tra “lo stato del re” e l’utile
comune e come tale poneva le basi per un nuovo
corso nella storia della monarchia britannica41.
Papa Onorio III reagì alla nuova conces-
sione della Magna Carta con speranza ed otti-
mismo ed in generale continuò a guardare alla
situazione inglese con fi ducia. In una lettera dei
primi di dicembre egli suggeriva ai baroni ribelli
la possibilità che la morte del re si rivelasse po-
sitiva per i suoi eredi, e chiedeva a coloro che si
erano ribellati a John di pentirsi, dal momento
che la causa del loro odio per il re era venuta
a mancare. Due giorni dopo aver scritto questa
lettera, il Papa ne scrisse un’altra, indirizzata a
Guala, nella quale confermava al legato la sua
stima e lo esortava a perseverare nella sua opera
a favore della corona inglese42.
I primi mesi del regno di Henry III, tuttavia,
non sembravano molto promettenti, poiché i
nemici più irriducibili rimasero sulle loro po-
sizioni. Dal canto suo, Luigi costrinse alla resa
il castello di Hertford (tra il 30 novembre e il 6
dicembre del 1216) e poi attaccò il castello di
Berkhampstead (tra il 4 e il 6 dicembre). A quel
punto entrambe le fazioni in lotta decisero di ini-
ziare una tregua, che doveva durare sino al gen-
naio del 1217, ma che fu prolungata sino al 23
di aprile. In cambio della tregua i membri della
fazione realista dovettero pagare un alto prezzo
ai Francesi: inizialmente fu ceduto il castello di
Berkhampstead, e successivamente furono cedu-
ti anche i manieri di Oxford, Norwich, Hedin-
gham e Colchester. Erano perdite importanti,
41 Come è stato osservato da David Carpenter in The Minority of Henry III (London,1990) p.23, nel 1216 Henry III era minorenne e come tale non poteva effettuare concessioni permanenti che limitassero o riducessero i suoi beni. Secondo lo stesso storico è dunque probabile che la responsabilità formale della seconda concessione della Magna Carta sia da attribuirsi al legato. Carpenter ipotizza anche che Guala abbia deciso di introdurre alcune modifi che al documento del 1215: forse sarebbe stato proprio il cardinale vercellese a ridurre la libertà della Chiesa in materia di elezioni ecclesiastiche al fi ne di limitare il più possibile l’infl uenza dei Francesi sul clero locale. 42 Anche queste lettere sono contenute in Vincent, N. op.cit. p. 137.
Vercelli. Basilica di S.Andrea. Il tiburio e dettagli del bestiario medievale.
che sommate all’estrema povertà della Corona e
alla mancanza di risorse per proseguire la guerra
contribuirono a creare tensioni all’interno della
fazione realista. Approfi ttando di questo stato
di cose e della momentanea sospensione delle
ostilità, Luigi VIII si recò in Francia per cercare
nuovi uomini e mezzi. Le navi inglesi cercarono
di impedirgli di guadagnare il largo, ma senza
successo. Durante la sua assenza, tuttavia, le sor-
ti del giovane Henry cominciarono a cambiare
e molti nobili che erano stati nemici di John
si schierarono a favore di suo fi glio. Per inco-
raggiare i baroni ribelli a rinunciare alle ostilità
Guala non esitò a premiare coloro che abbando-
navano Luigi VIII e tornavano con i Plantage-
neti. Ad esempio, premiò con l’assoluzione dalla
scomunica il fi glio di William Marshal e l’earl of
Salisbury, William Longspee. I cronisti del tem-
po non sono concordi nell’individuare le cause
dell’improvviso ritorno dei baroni al fi anco del
legittimo sovrano inglese. Alcune fonti, tra cui il
Waverley annalist43, raccontano che le defezioni
tra le fi le francesi si accumularono poiché gli In-
glesi non erano più così fi duciosi nei confronti
di un sovrano straniero e temevano che dopo la
conquista defi nitiva dell’Inghilterra Luigi VIII
avrebbe compiuto delle ingiustizie al momen-
to di dividere il bottino di guerra, i privilegi e
i possedimenti. Altri cronisti, tuttavia, come
Ralph of Coggeshall44 e il Barnwell annalist45,
attribuirono il merito di questo nuovo corso degli
eventi unicamente al cardinale Guala, che con la
sua intelligenza, la sua prudenza e il suo intuito,
nei pochi mesi trascorsi dalla morte di John aveva
saputo trasformare l’impegno militare di Henry e
dei suoi sostenitori in una vera e propria crociata.
L’ipotesi di Coggeshall e del Barnwell
annalist può sembrare suggestiva e fantasiosa,
ma sembra ampiamente suffragata dai fatti se si
pensa che nel gennaio 1217 Onorio III scrisse
a Guala concedendogli il potere di sciogliere il
voto di coloro che avevano giurato di partire per
le crociate se costoro avessero deciso di unirsi a
Henry III nella guerra contro Luigi VIII. Ma c’è
di più: Guala Bicchieri promise che tutti gli al-
leati di Henry avrebbero ricevuto la remissione
dei loro peccati, come se stessero combattendo
contro i nemici della cristianità. E’ lecito credere
che questo spirito fosse già ampiamente affer-
mato tra i soldati del re entro la fi ne di febbraio
del 1217 e che in quel periodo gli alleati del re
fossero indicati come crociati o come combat-
tenti dell’esercito di Cristo. Il fatto è veramen-
te sorprendente se si pensa che all’inizio delle
ostilità, nel 1215, erano stati i baroni ribelli a
dichiarare di combattere nel nome di Dio e della
Chiesa. Ma le scene politiche, si sa, sono spesso
teatri di incredibili sorprese.
Sulla base di queste premesse, e di un rin-
novato entusiasmo, gli alleati del re trascorsero
43 Annales Monastici, op cit.44 Radulphi de Coggeshall Chronicon Anglicanum, ed. J.Stevenson, Rolls Series (London 1875).45 Memoriale Fratris Walteri de Coventria. The Historical Collections of Walter of Coventry, ed. W. Stubbs, 2 vols., Rolls Series, (London, 1872-3).
Cambridge. Ely Cathedral, particolari delle guglie.
così i soldati di Henry III riuscirono a introdur-
si nel maniero guidati da William Marshal in
persona. Dietro di lui il vescovo di Winchester
urlava a gran voce “Dio aiuti i Marshals!”. L’in-
gresso a sorpresa attraverso la porta segreta fu
la mossa vincente degli alleati del re: prima di
sera l’esercito francese fu clamorosamente scon-
fi tto e i più agguerriti nemici di Henry furono
catturati. Si narra che subito dopo la battaglia,
sia pure estenuato dalla lotta, William Marshal
si sia precipitato a Nottingham in sella al suo
destriero. Voleva comunicare personalmente la
notizia della vittoria al re e a Guala Bicchieri,
che ardevano dal desiderio di conoscere l’esito
dello scontro. Luigi VIII fu invece informato
solo qualche giorno più tardi, mentre ancora as-
sediava il castello di Dover. Ricevuta la notizia,
egli abbandonò immediatamente la fortezza per
rifugiarsi a Londra, dove si rinchiuse dapprima
nel palazzo del vescovo e successivamente nella
Tower of London.
I negoziati di pace
iniziarono presto,
sotto lo sguardo
severo di Gua-
la Bicchieri. Il
13 giugno 1217
i rappresentanti
delle due fazioni
la primavera del 1217 preparandosi a sferrare
l’attacco decisivo. Il 17 e il 18 maggio 1217,
infatti, essi si radunarono a Newark per coor-
dinare le manovre offensive. Con l’esperienza
maturata in anni di battaglie, giostre e tornei,
William Marshal tenne discorsi infuocati per ac-
cendere gli animi delle truppe. Il cardinale Gua-
la Bicchieri pronunciò sermoni che dipingevano
l’attacco imminente come una guerra contro gli
infedeli e ordinò che sulle uniformi dei solda-
ti del re fossero cucite le croci dei difensori del
Santo Sepolcro. Così, ispirati dal desiderio di
vendicare l’onta subita e rafforzati dalle insegne
dei crociati, gli Angevins o Henricians, come gli
storici inglesi li designano, il giorno 20 maggio
1217 attaccarono il castello di Lincoln, che era
controllato dall’esercito dei ribelli di Nicola de
la Haye. Vitale fu la collaborazione del vesco-
vo di Winchester Peter des Roches: egli sapeva
che nelle mura del castello c’era un ingresso da
tempo in disuso e pensò di utiliz-
zarlo per penetrare nella
roccaforte e sorpren-
dere i nemici. Gli
Anglo-Francesi che
controllavano la for-
tezza evidentemente
ignoravano l’esistenza
di quell’antico varco e
Dover. Edifi ci del castello.
raggiunsero un primo accordo: Luigi doveva
annullare tutti i giuramenti che i ribelli inglesi
avevano pronunciato nei suoi confronti e resti-
tuire le proprietà di cui si era impossessato. In
cambio, avrebbe ottenuto ottime condizioni per
i suoi sostenitori: sia i laici, sia gli ecclesiastici
che lo avevano aiutato sarebbero stati assolti
dalla scomunica e avrebbero ottenuto la resti-
tuzione delle terre che possedevano prima della
guerra. I prigionieri catturati dagli Inglesi dopo
l’arrivo di Luigi sarebbero stati liberati e a tutti i
ribelli sarebbero stati riconosciuti i diritti sanciti
dalla Magna Carta. A questo proposito vale la
pena osservare che una o più copie della Magna
Carta probabilmente furono consegnate a Luigi
VIII durante i negoziati di pace: questo spieghe-
rebbe perché uno dei pochissimi esemplari del
documento ancora esistenti sia fi nito negli ar-
chivi della Corona francese.
L’accordo del mese di giugno, tuttavia,
naufragò quasi subito per volere di Guala Bic-
chieri, che lo riteneva troppo generoso nei con-
fronti del clero ribelle e in particolare di Simon
Langton, Gervase of Heybridge, Elias of De-
reham and Robert de St.Germain. La posizione
del legato potrebbe essere stata più complessa di
quello che ci è dato sapere, tuttavia è certo che
l’intervento di Guala rallentò notevolmente i
negoziati. All’inizio dell’estate 1217 il cardinale
si accinse a punire con la spoliazione gli eccle-
siastici che si erano ribellati alla Corona inglese.
Prima di allora egli aveva certamente effettuato
collazioni di chiese vacanti a benefi cio di prela-
ti di provata fedeltà alla causa plantageneta, ma
non aveva mai compiuto spoliazioni. Il primo
atto di “spoliation” fu compiuto forse il 29 giu-
gno 1217 e certamente entro il 1 agosto. Il trat-
tato di giugno, in altri termini, per quanto mai
applicato, rimane di fondamentale importanza,
poiché segnò l’inizio di una nuova fase delle
sanzioni ecclesiastiche con cui Guala intendeva
colpire il clero ribelle.
Nonostante Luigi tentasse in tutti i modi
di difendere coloro che lo avevano appoggiato,
nella primavera e nell’estate del 1217 molti degli
antichi ribelli presero ad abbandonare il princi-
pe francese quando fu chiaro che i negoziati era-
no entrati in una fase di stallo. Tra il 15 e il 23
giugno 1217 oltre 60 ribelli tornarono presso il
re inglese e complessivamente tra maggio e ago-
sto si verifi carono più di 150 cambiamenti di
fronte, certamente propiziati dall’intransigenza
e dall’acume politico del legato. A coloro che
abbandonavano Luigi VIII venivano restituite
le antiche proprietà. Parallelamente, la Magna
Carta veniva fatta leggere pubblicamente nel
Worcestershire e forse anche in altre zone del
Paese.
Mentre Luigi continuava a restare asserra-
gliato nella Torre di Londra, Guala pensava che
fosse necessario attaccare la capitale, ma William
Marshal era di parere contrario, forse perché te-
meva che nuovi scontri avrebbero messo in pe-
ricolo i suoi possedimenti personali nell’ovest,
dove il principe del Galles del nord, Llywellyn,
continuava ad espandere la sua supremazia. Nel
frattempo a Oxford si tennero grandi raduni di
sostenitori del re (21-25 giugno e 7-13 agosto),
che William Marshal intendeva coordinare. Era
sua intenzione indire a Oxford un grande con-
siglio il 25 agosto, ma proprio nell’imminenza
dell’evento avvenne un nuovo ed imprevisto
colpo di scena.
La guerra, infatti, non era ancora del tutto
fi nita. In quello stesso mese la moglie di Luigi
VIII inviò una fl otta allo scopo di difendere i
Francesi in diffi coltà. Hubert de Burgh allora
entrò in azione con le navi inglesi ormeggiate
sulla costa e fi nse di dirigersi verso la Francia, in
realtà cercando di cogliere le navi francesi alle
spalle, col favore dei venti. Fu così che, al co-
mando di Eustace de Monk, l’ammiraglia della
fl otta francese e un buon numero di altre pic-
cole navi caddero in mano nemica presso Sand-
wich. Eustace fu catturato il 24 agosto 1217 e il
giorno dopo Luigi VIII si arrese. Il 24 agosto è
la festa di San Bartolomeo. La leggenda racconta
che il giorno della battaglia il santo apparve ai
soldati di Henry III e propiziò la loro vittoria.
Le trattative di pace ripresero così il 28 di
agosto e proseguirono sino alla metà di settem-
bre. Il 12 settembre, presso una piccola isola sul
fi ume Tamigi, vicino al borgo di Kingston, Luigi
VIII incontrò Henry III, Guala, William Mar-
shal e la regina madre: formalmente egli accettò
le condizioni del trattato di pace, ma Bicchie-
ri rifi utò di assolverlo dalla scomunica perché,
a quanto si racconta, Luigi si presentò senza le
vesti da penitente imposte dal legato46. La resa
uffi ciale fu ratifi cata quindi il giorno dopo,
quando Luigi tornò a Kingston, vestito secondo
i patti in segno di contrizione, sia pure con un
compromesso: gli indumenti così sconvenienti
per un re erano celati da un ampio mantello.
Al contrario, per inasprire ulteriormente il peso
dell’umiliazione, il cardinale e tutti gli altri ec-
clesiastici presenti intorno al sovrano sconfi tto
indossavano abiti sontuosi riccamente decorati.
Quel giorno segnò il ritorno formale di Luigi
VIII entro la comunità cristiana, in quanto il
cardinale Guala Bicchieri concesse l’assoluzio-
ne da quella scomunica che egli stesso aveva
lanciato contro il Francese nel maggio 1216 e
in altre successive occasioni. Il passo seguente
fu la fi rma del trattato di pace, che avvenne a
Lambeth il 20 settembre 1217. Il 22 settembre
Luigi VIII incontrò uffi cialmente il penitentiary
del Papa, Nicholas de Clairmont. Dell’incontro
tra le due fazioni rivali troviamo un interessante
e dettagliato resoconto nel trattato di Roger of
Wendover47.
Sappiamo che il trattato di Lambeth fu
voluto da Guala Bicchieri, che ne indicò con
precisione le formule ed i contenuti. Il trattato
recava il sigillo del legato, tuttavia alcuni mesi
dopo (13 gennaio 1218) il Papa concesse la sua
personale ratifi ca e dichiarò che la pace era sta-
ta siglata con la mediazione del cardinale. In
merito alle disposizioni imposte dal Trattato di
Lambeth diremo che l’accordo costituisce una
signifi cativa affermazione dei voleri del legato.
Le clausole del trattato inerenti Luigi VIII tut-
tavia sono solo una parte degli accordi che in
realtà intercorsero tra il principe e gli Inglesi: la
Corona britannica infatti versò 10.000 marchi
46 Vincent, N. op.cit. p.44; L’Histoire de Guillaume le Maréchal, ed.P.Meyer, 3 vols., Société de l’Histoire de France (Paris, 1891-1901) vv.17704-16.47 Wendover, R. op.cit. pp.402-3 (vedi pagina seguente).
Ely Cathedral. La St.George’s cross, emblema nazionale d’Inghilterra. E’ anche la croce dello stemma di Vercelli.
In the fi rst place Louis and all those who were
excommunicated and all his fellow adventurers, swore on the
holy gospels that they would abide by the decision of the holy
church, and would thenceforth be faithful to their lord the
pope and the church of Rome. Louis also swore
that he would immediately leave England with all his
followers, and would never again in his life
return with evil designs; and that he would use his best
endeavours to induce his father Philip to restore to the English
king, Henry, all his rights in the transmarine provinces. He
also swore that he would immediately give up to the king
and his followers all castles and all lands, which he and his
followers had seized in England during the war. The king of
England, with the legate and the marshal, swore on the holy
gospels, that they would restore to the barons of England and
to all others in the kingdom, all their rights and inheritances,
together with all the liberties formerly demanded and on
account of which the dispute had arisen between John king of
England and the barons.
Roger of Wendover
a Luigi in cambio della sua partenza dall’Inghil-
terra, mentre il principe si impegnava a far sì che
Henry III ottenesse la restituzione di alcuni ter-
ritori francesi un tempo controllati dagli Anjou.
Secondo il professor Vincent48 si può supporre
che nel redigere il testo del trattato alcuni accor-
di fossero omessi perché non approvati dal le-
gato. Sembra anche importante osservare che il
Trattato di Lambeth rimase una faccenda squi-
sitamente laica, e che l’unico ecclesiastico chia-
mato a garantirne gli accordi fu proprio Guala
Bicchieri. Egli chiese punizioni speciali per il
clero francese che aveva accompagnato Luigi in
Inghilterra, mentre il clero ribelle inglese fu pri-
vato dei suoi benefi ci e in alcuni casi costretto a
chiedere udienza al Papa per ottenere il perdono
di Roma. Elias of Dereham e Simon Langton, i
due principali leaders della ribellione, furono al-
lontanati dall’Inghilterra. 13 ecclesiastici inglesi
furono incatenati in Westminster, salvo essere li-
berati dal legato Pandolfo, successore di Guala,
subito dopo il ritorno a Roma di quest’ultimo49.
Alcuni mesi dopo la conclusione del confl itto,
nel febbraio 1218 (ultimo anno di permanenza
di Guala in Inghilterra) il governo di sua maestà
incaricò gli sceriffi di tutto il Paese di ordinare
che tutti gli ecclesiastici non ancora assolti dal-
la scomunica lasciassero l’Inghilterra entro il 25
marzo, data convenzionalmente assunta ad in-
dicare la metà del periodo quaresimale. Coloro
che si fossero ribellati al provvedimento sarebbe-
ro stati arrestati e tradotti in carcere.
A quanto ci è dato sapere, dopo il Tratta-
to di Lambeth fu il cardinale Guala Bicchieri a
condurre personalmente, con l’assistenza di una
scorta armata, il principe Luigi VIII a Londra,
ove il cardinale verifi cò la resa della capitale e
della Tower of London. Da Londra il principe
francese fu poi scortato da Guala fi no alle coste
inglesi, da cui salpò per tornare defi nitivamen-
te in patria verso la fi ne di settembre del 1217.
In occasione della partenza di Luigi VIII Guala
dovette scrivere lettere ai vescovi e arcivescovi di
Francia per comunicare che per i successivi due
anni il principe francese avrebbe dovuto usare un
decimo delle sue rendite per fi nanziare le future
crociate. In tal modo Luigi VIII avrebbe parzial-
mente risarcito la Terrasanta del danno arrecato
dal lungo confl itto anglo-francese. Analogamen-
te, i sostenitori di Luigi VIII avrebbero versato
un ventesimo delle loro rendite, con le stesse fi -
nalità. Contestualmente il cardinale annunciava
che gli ecclesiastici francesi fedeli a Luigi VIII
non ancora assolti dalla Chiesa di Roma erano
sospesi dal servizio e dovevano presentarsi al
Pontefi ce entro il 2 febbraio 1218.
La sanzione pecuniaria comminata da Gua-
la ricorda quanto stabilito dal Concilio Laterano
del 1215, secondo il quale per i successivi tre
anni, ossia fi no al 1218, il Pontefi ce e i cardinali
erano chiamati a versare un decimo delle loro
entrate per sostenere l’impresa dei crociati. Pa-
rallelamente, il Concilio Laterano IV chiedeva
48 Vincent, N op.cit. p.45.49 Annales Monastici, op.cit. III,52-3.
agli altri ecclesiastici di devolvere un ventesimo
delle loro entrate a favore della stessa causa. Non
è dato sapere se Luigi VIII e i suoi sostenitori
abbiano poi effettivamente versato la somma
che doveva fi nanziare la crociata, perché succes-
sivamente il Papa si dimostrò generoso con chi
fosse disposto ad intervenire nella crociata con-
tro gli albigesi. Ciò signifi ca che parte delle san-
zioni pecuniarie imposte dal legato a carico dei
Francesi fu modifi cata e privata della sua effi ca-
cia per volere dello stesso Pontefi ce. Questo non
fu l’unico caso in cui Roma alleviò o annullò le
sentenze del legato. Il caso più eclatante riguar-
da Elias of Dereham, che a dispetto del ruolo
determinante svolto nell’ambito della ri-
volta inglese, fu graziato da Onorio III e
potè tornare in Inghilterra.
Con Luigi VIII fortunatamente lon-
tano dalle coste inglesi il nuovo compito
di Guala e del reggente era quello di raf-
forzare la pace e far rispettare il Trattato
di Lambeth. L’estrema povertà della Co-
rona e la tensione che serpeggiava in seno
al governo esponevano il Paese al rischio
di una nuova guerra civile. La stessa so-
pravvivenza del re era in pericolo, a causa
dell’esodo di moltissimi soldati e uomini
fi dati: basti pensare che mentre ai tempi di King
John la casa reale disponeva di almeno 50 cava-
lieri, Henry III ne aveva conservati solo 7. Men-
tre il Paese dunque arrancava verso un faticoso
ritorno alla normalità, un grande consiglio ebbe
luogo a Westminster tra il 21 ottobre e l’8 no-
vembre 1217. Al consiglio parteciparono molti
degli aristocratici che ai tempi della guerra ci-
vile erano stati ostili ai Plantageneti e che ora
si presentavano come vassalli di Henry III. In
occasione dell’evento il governo concesse una
seconda riedizione della Magna Carta e un nuo-
vo documento, la Charter of the Forest, meno
noto ma altrettanto importante. La Charter of
the Forest, infatti, o Forest Charter, introduceva
una fondamentale riforma della gestione delle
foreste, rendendo tali aree accessibili al popolo
e abolendo le terribili sanzioni (mutilazioni e
pena di morte) che la legge precedente prevede-
va per chi utilizzava in modo improprio le aree
Le leggi sulla caccia e le molte altre
ugualmente ignote allo spirito più mite e
liberale della costituzione sassone, erano
state accollate agli abitanti sottomessi
per aumentare il peso, per così dire, delle
catene feudali da cui erano oppressi.
Vercelli. Basilica di S.Andrea. Interno.
W.Scott, Ivanhoe
boschive reali o gli animali che vi abitavano. La
tradizione popolare ci ha tramandato la strug-
gente storia di Geordie, accusato di aver rubato
dei cervi in una delle Royal Forests e impiccato
nonostante le suppliche della sua innamorata.
Intorno alla fi gura del poacher nacquero indi-
menticabili ballate inglesi e scozzesi, che nel XX
secolo ispirarono anche il cantautore italiano
Fabrizio De Andrè.
Più concreta e vicina al popolo rispetto
alla Magna Carta, anche la Charter of the
Forest fu concessa con i sigilli del legato e di
William Marshal: essa rimane un’indiscutibile
dimostrazione dell’infl uenza di Guala sulla vita
inglese del tempo e dell’effi cacia degli interventi
del legato in materia di questioni giuridiche. Il
documento fu concesso il 6 novembre 1217 nella
cattedrale londinese di St.Paul. Sulla datazione
del documento non ci sono dubbi, mentre non
si sa con certezza in quale data fu concessa la
Magna Carta del 1217. Il documento infatti non
è datato e questo ha sollevato un ampio dibattito
tra gli storici, che hanno formulato ipotesi
diverse. David Carpenter ha rilevato che data
la somiglianza esistente tra il preambolo della
Charter of the Forest e il preambolo della Magna
Carta del 1217 è possibile che quest’ultima sia
stata siglata intorno al 6 novembre. Carpenter
ritiene che prima di tale periodo Guala e
William Marshal fossero ancora troppo presi
dai problemi relativi alla riappacifi cazione del
regno e alle clausole del trattato di pace per
dedicarsi alla stesura della nuova Magna Carta.
Sembrerebbe pertanto possibile escludere che
il documento risalga al mese di settembre del
1217, periodo in cui Guala e il reggente erano
ancora occupati con il Trattato di Kingston-
Lambeth50. Sembra interessante sottolineare che
il Consiglio di Westminster del novembre 1217
fu il più grande consesso di notabili del regno
riunitosi in Inghilterra dalla fi ne del confl itto
The Conqueror’s penalty for killing a deer
had been blinding. Rufus had gone even
further: a peasant who killed a stag must
suffer death. The forest laws were hated.
E.Rutherfurd, The Forest
50 Carpenter, D. op.cit. p. 60.
Chesterton, Cambridge. La chiesa di St.Andrew’s, donata a Guala
Bicchieri da Henry III nel 1217.
anglo-francese: nessuna occasione sarebbe
dunque stata più adatta alla concessione della
Magna Carta51.
Per il lettore interessato alle vicende perso-
nali del legato e agli effetti della missione inglese
sulla città natale del cardinale diremo che il con-
siglio di Westminster dell’autunno 1217 rappre-
senta un momento fondamentale per la storia di
Vercelli in quanto fu proprio in quel consiglio
che Henry III concesse a Guala Bicchieri la chie-
sa di St.Andrew’s Chesterton, i cui proventi fu-
rono destinati da Guala all’allora nascente com-
plesso abbaziale di Sant’Andrea in Vercelli.
51 Carpenter, D. op.cit. p. 60.
Capitolo III Il punto cardinale
Re Giovanni si è riconciliato con Roma; il suo spirito
Tanto contrario alla Santa Chiesa,
Alla grande metropoli e alla sede di Roma,
E’ rientrato in sé.
W. Shakespeare, King John
La storia della missione inglese di Guala
Bicchieri è ancora parzialmente avvolta nelle
nebbie della vecchia Inghilterra, poiché i
registri, i cartulari e le lettere che certamente
un tempo esistevano a futura memoria delle
attività diplomatiche del cardinale sono andati
perduti. Esiste ancora, invece, conservata presso
gli Archivi Vaticani, una parte del carteggio di
Nicolò de Romanis (in Inghilterra noto come
Nicholas of Tusculum), il legato che precedette
Guala in Inghilterra.
E’ quasi sicuro che il cardinale Bicchieri
scrivesse al Pontefi ce con regolarità, anche se non
con la cadenza settimanale con cui scrivevano i
legati del tardo Medio Evo. Nicholas Vincent,
autore dell’unica raccolta completa delle lettere
e degli acta del cardinale52, ha catalogato nel suo
trattato 37 lettere del cardinale tuttora esistenti,
riferimenti a un centinaio di lettere che non
sono state ritrovate e un ampio studio sulle
attività del legato53. Il volume contiene inoltre
Guala Bicchieri in Inghilterra: quasi un Papa, quasi un re
una ricca appendice in cui l’autore ha raccolto
testi relativi alla legazione inglese di Guala e
lettere indirizzate a Guala dai due Pontefi ci con
i quali il legato collaborò. Si tratta ovviamente di
una minima parte di tutte le missive che Guala
dovette inviare e ricevere nell’arco dei suoi trenta
mesi in Inghilterra.
Purtroppo nei registri pontifi ci venivano
annotate solo alcune delle lettere che partivano
dalla cancelleria del Papa e d’altra parte i
registri relativi agli ultimi anni di pontifi cato
di Innocenzo III non si trovano più. Sul fronte
dei documenti inglesi la situazione non è molto
diversa: è lecito credere che un gran numero dei
provvedimenti di Guala non sia stato annotato
negli archivi locali, il che rende molto diffi cile
ricostruire l’attività del legato con la precisione
dovuta ad una pagina così importante della
storia inglese54. Che un simile tesoro non sia
più disponibile suscita ovviamente profondo
rammarico, ma stupisce pensare che la scomparsa
52 Vincent,N. op.cit. A quest’opera rimandiamo per ulteriori approfondimenti e per il testo completo delle lettere del cardinale. Il lavoro del professor Vincent resta insuperato per l’accuratezza della ricerca, la completezza delle informazioni e la passione con la quale il professore ha studiato la fi gura del legato. L’opera di Vincent costituisce un riferimento essenziale nel presente lavoro e nello studio di chiunque si accosti all’argomento. I testi delle lettere di Guala citati nel presente volume si rifanno ai documenti catalogati da Vincent e da Frova, G. (alias Phi-ladelpho Libico), Gualae Bicherii presbiteri cardinalis S.Martini in Montibus vita et gesta collecta a Philadelpho Libico (Milano, 1747).53 In realtà successivamente alla pubblicazione del suo lavoro il professor Vincent ha trovato altre lettere di Guala, che non sono state anco-ra pubblicate. Il professore ne ha dato conto in occasione della sua conferenza “Guala and the Three Kings: the Italian Element in England 1200-1220”, tenuta nella città natale del cardinale il 15 marzo 2008. 54 A dimostrazione del fatto che anche in Inghilterra esiste solo un numero esiguo di documenti relativi alla missione inglese di Guala il pro-fessor Nicholas Vincent (op.cit.) cita l’esempio dei Rolls del vescovo Hugh of Lincoln, dove non si trova traccia della collazione della chiesa di Alwalton a favore di master Constantine, che pure sappiamo essere avvenuta. E’ legittimo pensare che molti altri casi analoghi si siano verifi cati e che dunque quanto conosciamo su Guala sia solo una minima parte di ciò che effettivamente il cardinale realizzò.
delle lettere di Guala possa essere stata causata
dalla confusione che per lungo tempo aleggiò
intorno al nome del legato. I primi segnali
di questa confusione compaiono già nelle
lettere dell’eminente cardinale vercellese, dove
troviamo che il nome del mittente è indicato
nelle diverse forme Gual’, Gwal’, Guala, Gualo,
Walla, Gwalo55.
Roger of Wendover56 indica il legato con il
nome Walo. Successivamente, pur essendo
piuttosto diffuso nella Vercelli medievale, come
dimostrano i necrologi dell’epoca57 (numerosi
notabili portavano lo stesso nome; basti pensare a
Guala Advocatus o Avogadro I, Guala Avogadro
II, Guala de Tronzano, Guala Bentivoglio, Guala
Bondono, Guala de Uguccione e altri) il nome
del cardinale fu ulteriormente trasformato,
diventando Giacomo Gualla de Beccheri58,
Qualo, Gallus59 e Jacomo Guala de Bicheriis, noto
anche come Qualo60. Guala diventava così una
sorta di cognome, mentre il nome di battesimo
veniva trasformato in Giacomo o Jacomo.
Parallelamente, anche il cognome del cardinale
fu oggetto di equivoci e trasformazioni. Esso
diventò un toponimo (Beccheri or Bercheria)61
e con il passare del tempo fu fatto coincidere
con il nome di una località lombarda ritenuta il
luogo natale del cardinale62.
A complicare una situazione già tanto nebulosa
si aggiunga il fatto che tra la fi ne del 1400 e gli
inizi del 1500 un certo Jacomo o Jacobo Gualle,
residente nella pianura pavese ed interessato alle
vite dei santi, aveva scritto un’agiografi a intitolata
“Jacobi Gualle consulti Papie Sanctuarium” 63.
La straordinaria somiglianza tra il nome dello
scrittore e il nome del nostro cardinale indusse
le generazioni successive a credere che Guala
avesse avuto legami con la città di Pavia e con il
territorio circostante e che fosse stato canonico
presso l’abbazia pavese di San Pietro in Ciel
d’Oro64. Anche nel XX secolo, d’altra parte, gli
storici non sono concordi sul nome del cardinale:
il professor Warren, ad esempio, autore di un
fondamentale saggio su King John65, si riferisce
al cardinale chiamandolo Gualo. Questa
complicata serie di equivoci certamente fece sì
che molti dei documenti relativi alla carriera
ecclesiastica del cardinale fossero catalogati
sotto nomi diversi e pertanto successivamente
fossero distrutti o smarriti. D’altra parte questo
ci autorizza anche a ritenere che in qualche
polveroso archivio romano o inglese — o magari
nella stessa Vercelli, città natale del cardinale
— siano ancora presenti manoscritti inediti
contenenti importanti rivelazioni sulla fi gura e
sulle attività del grande legato.
55 Vincent,N. op.cit., pp. 5, 7, 8, 15, 16, 18, 27, 34, 35, 36, 39, 40, 41, 46, 53, 58, 60, 61, 63, 64, 68, 75, 85, 88, 89, 94, 96. Si vedano anche ibid. pp. 50, 68, 97 e pp.3, 14, 50, 72, 73, 74, 87, 49.56 Wendover,R. op.cit.57 I necrologi eusebiani (a cura di G.Colombo, in “BSBS”, III (1898). Si veda anche Mandelli,V. Il comune di Vercelli nel Medio Evo (Vercel-li,1857-61).58 Corio,B. Patria Historia (Milano,1503) e Storia di Milano di Bernardino Corio, a cura di E.de Magri (Milano, 1845-47) vol.1, p.362.59 Panvinius,O. Epitome Pontifi cum Romanorum a S.Petro usque ad Paulum IIII (Venezia, 1557), p.149.60 Ciaconius, A. Vitae et gesta summorum pontifi cum a Cristo domino usque ad Clementem VIII (Rome, 1601), pp.530-1.61 Vincent,N. op.cit., p.xxxii.62 Aubéry,A. Histoire Généralle des Cardinaux, 5 vols., (Parigi, 1642-9), i, pp.233-5.63 Jacobi Gualle consulti Papie Sanctuarium (Pavia,1505).64 A questo accenna anche il professor Vincent, op.cit. p.xxxiii.65 Warren,W.L. op.cit.
La data precisa in cui Papa
Innocenzo III conferì a Guala
Bicchieri l’incarico di legato pon-
tifi cio presso la corte inglese non è
nota e sono sconosciuti anche i ter-
mini e i dettagli della missione. Sap-
piamo però che Guala fu il terzo legato
pontifi cio appositamente nominato per
il regno di King John (1199/1216) e che
fu il primo di quattro agenti papali che
operarono con pieni poteri durante il re-
gno di Henry III (1216/1272).
Per comprendere gli scopi della missione
inglese di Guala Bicchieri occorre considera-
re non solo le condizioni dell’Inghilterra del
tempo, di cui si è cercato di dar conto nel corso
del secondo capitolo, ma anche la situazione
politica del resto d’Europa e della Terra Santa.
Nel gennaio 1216 Innocenzo III aveva ri-
cevuto segnali inquietanti dal bacino del
Mediterraneo (dove i Turchi avevano
cinto d’assedio la città di Acri) e dal-
la regione dello Champagne (dove
Luigi VIII aveva tentato di coinvolgere
Bianca di Navarra in un progetto di con-
quista dell’Inghilterra). Agli occhi del Pontefi -
ce l’assedio di Acri rendeva indispensabile una
nuova crociata, per la quale il Papa auspicava il
sostegno delle principali potenze europee, e quindi
anche dell’Inghilterra. Roma non aveva dimenticato
il ruolo determinante che il re inglese Riccardo Cuor
di Leone aveva svolto nell’ambito della terza crociata
e Innocenzo III sperava che King John intendesse emula-
re l’eroismo del fratello. Le mire espansionistiche di Luigi
VIII, tuttavia, impo-
nevano a King John di
concentrare la sua atten-
zione esclusivamente sulla
difesa del suo regno, e sot-
traevano alla nuova crociata
un contributo al quale il Papa
non intendeva rinunciare. E’
dunque possibile ipotizzare che
la missione inglese di Guala
Bicchieri dovesse assolvere al
triplice compito di porre fi ne
alla guerra civile tra la fazione di
King John e i baroni ribelli, sventa-
re i piani di conquista del principe
francese e creare le condizioni per la
realizzazione di una nuova crociata
sostenuta anche dal sovrano planta-
geneto. L’importanza della legazione
era pertanto pressoché sconfi nata, dal
momento che essa implicava rapporti
con le principali forze politiche e so-
ciali del tempo e interessava uno sce-
nario che si estendeva dalla Gran Bre-
tagna al Santo Sepolcro, passando per
la Francia e la Santa Sede. Che la scelta
di Innocenzo III fosse caduta proprio su
Guala Bicchieri certamente non era sta-
to frutto del caso: il cardinale aveva già
avuto contatti con
l’Inghilterra almeno
fi n dal 1206, quando
era stato coinvolto in una
questione legale in merito al-
l’abbazia di Evesham; Guala,
inoltre, aveva già operato nelle
terre francesi che erano apparte-
nute ai Plantagenets (Norman-
dia, Poitou, Touraine, Bretagna e
Maine) e nel 1214-15 aveva sta-
bilito stretti legami con la Chiesa
inglese unitamente al cardinale
Stefano di Fossanova con il quale
si era occupato del vescovo di
Ely. Non va trascurato, infi ne,
che fi n dal 1215 Guala era uno dei
quattro cardinali che si occupava-
no intensamente degli affari inglesi
presso la Santa Sede, incarico per il
quale riceveva dall’Inghilterra una re-
tribuzione di 20 marks66 all’anno.
Guala fu inviato in Inghilterra con
il titolo di legatus a latere67, che all’epoca
costituiva il massimo livello nella gerar-
chia dei legati e una tappa signifi cativa
nel cursus honorum verso il soglio pon-
tifi cio68. Come legatus a latere egli rappre-
66 Warren ha osservato che nell’Inghilterra del tempo un parroco poteva dirsi soddisfatto se le rendite annue della sua parroc-chia ammontavano a 10 marks. Ciò signifi ca che la retribuzione assegnata a Guala per il suo incarico diplomatico era più che ragguardevole (si veda Warren, L.R. op.cit. p.28 nota).67 Gli altri livelli erano, dal basso verso l’alto : legatus missus e legatus natus.
68 Vincent,N. op.cit. p. xlvi e Robinson,I.S. The Papacy 1073-1198 (Cambridge,1990).
sentava il Papa, agiva in sua vece ed operava al
di sopra di tutti gli altri ecclesiastici locali, non
esitando ad opporsi alle loro volontà ed ai loro
interessi se questi si scontravano con le direttive
papali. Essere un legatus a latere signifi cava ve-
stire come il Papa, recare le insegne papali, pos-
sedere un cavallo dai fi nimenti bianchi ed essere
accompagnato da uno stuolo di assistenti e col-
laboratori. Il ruolo di legatus a latere, inoltre, au-
torizzava Guala ad esigere le cosiddette procura-
tiones (vedi cap.1) ossia a pretendere l’ospitalità
che i parroci e i monasteri erano tenuti a fornire
ai vescovi ed agli ecclesiastici di alto rango che
viaggiavano per motivi uffi ciali. A differenza di
tutti gli altri ecclesiastici, il legatus a latere pote-
va poi visitare anche i monasteri posti sotto la
diretta autorità del Papa e normalmente esentati
dal versamento delle ordinarie procurationes. Ma
quel che più conta è che al momento della sua
partenza Guala sapeva che in Inghilterra avreb-
be potuto disporre del clero locale con grande
libertà, decidendone i trasferimenti, le promo-
zioni, le sospensioni, le spoliazioni, le condan-
ne, le assoluzioni e persino le scomuniche. Ci è
noto che questa autorità fu poi effettivamente
usata con particolare vigore contro quei mem-
bri della Chiesa inglese che durante il confl itto
anglo-francese avevano sostenuto Luigi VIII e i
baroni ribelli.
69 A Vercelli, città natale del legato, il Museo Leone conserva uno dei preziosi cofani da viaggio del cardinale. Di dimensioni ridotte, costi-tuisce un autentico gioiello. Un cofano ben più grande fu riportato a Vercelli nel 2004 per volere del dott. Giorgio Fossale. Il cofano rimase in mostra sino al maggio del 2005, nell’ambito di un evento espositivo chiamato Scrinium Cardinalis. L’evento diede il via ad un’ondata di studi e conferenze sulla fi gura del legato e alla ripresa dei legami tra Vercelli e i luoghi inglesi che furono cari a Guala: Cambridge, St.Andrew’s Chesterton e la Diocesi di Ely. Oggi a Vercelli opera l’Associazione Culturale Chesterton, tra i cui compiti sono lo studio e la valorizzazione dell’opera di Guala Bicchieri e la promozione di eventi culturali che concorrano a riavvicinare Vercelli all’Inghilterra.
Erano dieci uomini, tra i quali i due che cavalcavano in testa al drappello avevano l’aspetto di personaggi importanti, men-tre gli altri parevano il loro seguito. Non era diffi cile riconoscere le condizioni e il grado di uno di questi personaggi. Senza
dubbio era un alto dignitario ecclesiastico.
W.Scott, Ivanhoe
La nomina di Guala a legatus a latere per
l’Inghilterra fu decisa dalla Santa Sede nel
mese di gennaio del 1216, durante i lavori del
Concilio Laterano IV. Con tutta probabilità il
cardinale lasciò Roma dopo il 24 febbraio 1216.
Non siamo in grado di ricostruire con esattezza
l’itinerario del cardinale e l’elenco dei luoghi
ove egli pernottò durante il lungo viaggio verso
le Isole Britanniche. Sicuramente egli dovette
percorrere ampi tratti della Via Francigena,
ma è innegabile che il fasto e il seguito con cui
viaggiava non facessero di lui un pellegrino: si
pensa che dovesse avere con sé almeno dieci
cavalli, molti collaboratori e una gran quantità
di cofani pregiati69 ricolmi di abiti, oggetti sacri
ed effetti personali di inestimabile valore. Anche
a proposito della composizione del gruppo
di ecclesiastici che lo seguì in Inghilterra non
disponiamo di una documentazione sicura.
Possiamo supporre che egli fosse accompagnato,
tra gli altri, da Lorenzo di San Niccolò, Giovanni
di Brusasco, Tolomeo il Romano, Giacomo di
Carnario e Otto di Vercelli. Dovevano viaggiare
con Guala anche i suoi nipoti Ubertino e
Giovanni, nonché due scrivani papali di nome
Azzo e Costantino. Di quest’ultimo sappiamo
che il 5 settembre 1217 ottenne da Guala la
chiesa di Alwalton, in seguito alla scomunica e
alla spoliazione di Geoffrey Gibwin. E’ probabile
che con Guala viaggiasse almeno un segretario
italiano incaricato di tenere i rapporti con Roma
e inoltre alcuni ecclesiastici di provata fedeltà
che avrebbero dovuto assistere il cardinale nelle
questioni diplomatiche più delicate. Certamente
il seguito comprendeva anche numerosi valletti,
servitori e collaboratori di rango inferiore,
come si conveniva ad una personalità del suo
prestigio.
La tappa più importante del cammino verso
l’Inghilterra fu certamente il soggiorno presso
la corte francese, che avvenne verso la fi ne di
aprile del 1216. Il 24 o il 25 di quel mese Guala
partecipò ad un importante consiglio presiedu-
to dal re di Francia Filippo Augusto, il cui fi glio
ed erede al trono Luigi VIII intendeva, come si
è visto, impadronirsi della corona inglese. Guala
si adoperò per convincere il principe a rinuncia-
re alle sue mire espansionistiche, probabilmente
minacciando di scomunicarlo se avesse osato di-
chiarare guerra al re d’Inghilterra, ma la media-
zione fallì e Luigi VIII partì per Londra, pronto a
combattere contro King John. Di tutta la paren-
tesi inglese, questo episodio sembra essere stato
l’unico insuccesso del legato. Guala lasciò la cor-
te di Filippo Augusto subito dopo la partenza
del principe, ma per non incappare nelle truppe
francesi in marcia verso Calais ritenne prudente
compiere una lunga deviazione che lo costrinse
a ritardare il suo arrivo in Inghilterra: anziché
puntare direttamente su Calais, infatti, il cardi-
nale piegò a est e si diresse a Neuss, dove scrisse
una lettera indirizzata al vescovo di Lincoln che
Vercelli. Antica abbazia di S.Andrea. Il chiostro.
Torino. Museo Civico d’Arte Antica. Scrinium Cardinalis.
nel frattempo si trovava a Limbourg. La data
e il luogo di composizione di quella lettera70
oggi ci permettono di ricostruire una parte
dell’itinerario del cardinale e indirettamente di
intuire la preoccupazione del legato al pensiero
di una possibile aggressione da parte degli uo-
mini di Luigi VIII. Guala doveva certamente
ricordare che pochi anni prima, nel 1208, il le-
gato pontifi cio Pietro di Castelnau, inviato da
Innocenzo III in Francia, era stato assassinato
da un cavaliere del conte Raimondo di Tolosa.
Era l’epoca dei confl itti tra la Santa Sede e gli
albigesi, o catari, che poi assunse i contorni di
una crociata fortemente sostenuta da Innocen-
zo III. Per un uomo determinato e ambizioso
come Guala Bicchieri, d’altra parte, le diffi col-
tà della missione dovevano rappresentare una
sfi da avvincente.
70 Per tutte le lettere e gli acta relativi alla missioni inglese di Guala Bicchieri si rimanda qui al volume di Vincent, N. op.cit. La lettera inviata da Guala al vescovo di Limbourg dalla città di Neuss è commentata a pag. 24 di tale trattato.
L’approdo in Inghilterrae i primi provvedimenti
Quasi un mese dopo la sua partenza dalla
reggia di Filippo Augusto il cardinale raggiun-
se fi nalmente le coste inglesi, ove approdò il 20
maggio 1216, probabilmente ancora atterrito
al pensiero della minaccia francese. A quanto
risulta egli non accettò di pernottare a Can-
terbury, nel timore di essere raggiunto dagli
avversari, ma preferì accettare di consumare
un pasto con i monaci del Christ Church per
poi dirigersi immediatamente alla corte del re,
presso Winchester, dove si sarebbe sentito più
al sicuro.
Proprio a Winchester, alcuni giorni dopo
il suo arrivo, Guala convocò un importante
concilio di ecclesiastici e il 29 maggio lanciò
la scomunica contro Luigi VIII, che nel frat-
tempo stava estendendo la sua supremazia
nella parte meridionale dell’isola. Da allievo
diligente di Innocenzo III, il cardi-
nale non faceva altro che seguire
il modello del suo Pontefi ce,
che ricorse spesso alla sco-
munica per affermare la
supremazia della Chiesa
di Roma. La sentenza
contro Luigi VIII fu
ribadita nel corso dei
mesi seguenti.
Il primo periodo
della legazione dovette
essere particolarmen-
te pesante. Lo confer-
merebbe una lettera che
Guala inviò a Innocenzo
III per aggiornarlo sulla de-
licatezza dell’incarico: oggi non
disponiamo più della missiva, ma sappiamo che
Onorio la citò nella sua corrispondenza del set-
tembre 121671. In quella stessa estate, verosimil-
mente nel mese di agosto, Guala concesse sal-
vacondotti ai Gallesi disposti a scendere a patti
con il re: in quel periodo forse Guala si recò in
visita uffi ciale in Galles, dove sarebbe anche en-
trato in confl itto con i cistercensi locali. Pochi
mesi dopo, nell’autunno 1216, contestualmen-
te alla seconda scomunica contro Luigi VIII,
Guala pronunciò un interdetto contro il Galles
e la Scozia, anche se a quanto ci è dato sapere
la sentenza contro gli Scozzesi non fu applicata
per tutto l’anno seguente. Contemporaneamen-
te Guala scomunicò re Alessandro di Scozia e i
suoi baroni, che si erano schierati apertamente a
favore del principe francese.
Gli interventi più drastici furono
compiuti da Guala soprattutto
dopo il 17 gennaio 1217, quando
papa Onorio III, successore di
Innocenzo III dal 1216, autorizzò
il legato ad intervenire con
la massima decisione contro
tutti i nemici del re, a disporre
delle chiese rimaste vacanti e a
proibire la celebrazione della
messa da parte di sacerdoti
scomunicati o in chiese poste
sotto interdetto72. Al contempo,
inoltre, Onorio III autorizzò
Guala Bicchieri ad adottare misure
particolarmente rigorose contro gli
ecclesiastici britannici che, sotto varie forme,
osassero mantenere rapporti con i nemici del
sovrano o contravvenire alle norme dettate dalla
Santa Sede.
Di tutte le scomuniche pronunciate dal
legato la più solenne e tonante fu certamente
quella del 19 maggio 1217, che Guala lanciò
dal castello di Newark, nell’imminenza della
battaglia di Lincoln. E’ possibile che tra gli sco-
municati vi fossero anche il Dean e il Capitolo
della cattedrale di Lincoln, dal momento che
nei primi giorni dopo la battaglia il legato ordi-
nò all’esercito di Henry III di trattare tali illu-
stri prelati alla stregua di biechi ribelli, nemici
del legittimo sovrano inglese e della Chiesa di
Roma. In occasione della scomunica emanata
a Newark il 19 maggio 1217 Guala ostentò un
atteggiamento particolarmente grave. Al termi-
ne della Messa egli si fermò sull’altare, in tutta
la magnifi cenza delle sue vesti bianche e del
suo ruolo di rappresentante del Papa. Da abi-
le persuasore e straordinario conoscitore del-
l’animo umano, il cardinale infi ammò i cuori
dei soldati con un discorso infuocato, che di-
pingeva la lotta ai Francesi con i colori della
crociata contro gli infedeli. Parallelamente, il
legato concedeva ai soldati del re il diritto di
sciogliere il voto di andare a combattere in Ter-
rasanta. Guala raccomandò infi ne al vescovo di
Winchester il compito di assolvere gli uomini
di Henry III da tutti i loro peccati e mantenere
alto l’ardore militare che li avrebbe trasformati
in eroi del regno e della Chiesa.
71 Vincent, N. op.cit. p.137.72 Vincent, N. op.cit. pp.137-38.
Pochi mesi dopo l’arrivo di Guala Bicchieri
nelle Isole Britanniche, come si è visto nel secon-
do capitolo, due eventi importanti erano desti-
nati a scuotere la scena politica internazionale: la
morte del Papa e la morte del re. Innocenzo III
si spense il 16 luglio 1216. King John concluse
la sua parentesi terrena nella notte tra il 18 e il
19 ottobre dello stesso anno.
Malgrado la scomparsa del Pontefi ce che lo
aveva inviato in Gran Bretagna, Guala rimase
sull’isola in virtù di un mandato indirizzatogli
dal nuovo Papa, Onorio III73, che gli annunciava
uffi cialmente la morte di Innocenzo III e lo
incaricava di proseguire la missione inglese74.
Dal momento che in linea di massima
la morte di un Pontefi ce comportava
automaticamente il ritorno a Roma dei
suoi legati, l’atteggiamento di Onorio
III nei confronti di Guala oggi suona
abbastanza sorprendente e ci dimostra il grande
prestigio del quale il cardinale vercellese godeva
presso la Santa Sede. Il mandato fu redatto dalla
cancelleria di Onorio III a Perugia nel luglio del
1216, poco dopo la scomparsa di Innocenzo
III. Il testo è molto interessante: attraverso il
mandato, infatti, il Papa riconosceva le fatiche e
i sacrifi ci sopportati dal legato nell’ambito della
missione inglese e lo esortava ad assistere King
John, dal momento che il re aveva imbracciato
la croce di Cristo e si era proclamato vassallo di
Roma75. Poco tempo dopo, il 30 settembre dello
Dopo la morte di King John
73 Onorio III fu eletto Papa nel 1216, alla morte di Innocenzo III. Accettò la tiara con riluttanza e manifestò da subito un carattere molto diverso da quello del suo predecesso-re. Come Innocenzo III, tuttavia, fu interes-sato alla riconquista del Santo Sepolcro e bandì una nuova crociata (la quinta, 1217-21). Approvò la Regola di San Domenico nel 1216, la Regola di San Benedetto nel 1223 e l’Ordine Carmelitano nel 1226. Da uomo di cultura e appassionato di teolo-gia, promosse gli studi teologici e conferì privilegi alle università di Bologna e di Pa-rigi. Morì nel 1227 e il suo successore fu Gregorio IX.74 Vincent,N. op.cit. p.49.75
Reg.Vat.9 fos.1v. – 2r no.6. L’autrice ringrazia il professor Vincent per la se-gnalazione.
stesso anno, Onorio III tornò sugli stessi concetti
in un’altra lettera a Guala, nella quale spronava
il legato a sopportare il peso della missione come
un novello Ulisse, gli confermava la libertà di
agire per il bene del re e del regno secondo la
sua discrezione e assicurava che sarebbe stato
ricompensato nel Regno dei Cieli76.
Non disponiamo della lettera che Guala
inviò a Roma per annunciare la morte di King
John, ma ne troviamo traccia in lettere papali
del 3 dicembre 121677. Nello stesso mese
Guala inviò un’altra missiva al Pontefi ce, in cui
descriveva le diffi coltà della missione inglese,
comunicava che alcuni prelati locali avevano
aderito alla fazione ribelle e sottolineava che,
in punto di morte, King John aveva affi dato i
suoi fi gli e il suo regno alla protezione del Papa
e della Chiesa78.
La conferma ottenuta dal nuovo Papa e la
morte del re consolidarono notevolmente la già
forte autorità del cardinale sul clero e la corte
inglesi, anche perché, come si è visto, nelle ulti-
me ore di vita King John aveva indicato proprio
Guala tra i suoi esecutori testamentari. Conte-
stualmente, King John aveva affi dato al cardi-
nale il delicato compito di assistere e proteggere
l’erede al trono, il principe Henry, che si appre-
stava a diventare il nuovo monarca con il nome
di Henry III all’età di soli nove anni. In realtà
dal punto di vista formale il tutore di Henry
nominato da King John era Peter des Roches,
vescovo di Winchester, ma di fatto il legato fu
sempre molto vicino all’erede di John, il qua-
le non avrebbe potuto trovare un collaboratore
più fi dato. Tra gli altri notabili designati da King
John come esecutori testamentari comparivano,
come si è visto, William Marshal, primo Con-
te di Pembroke, il vescovo di Chichester e altri
membri infl uenti della fazione fi lo-realista. Poco
tempo dopo, con un documento redatto dalla
cancelleria papale nel gennaio 121779, il Pontefi -
ce ordinava a Guala e ai vescovi di Winchester e
Chichester di punire con la censura ecclesiastica
tutti coloro che ostacolassero l’applicazione del-
le disposizioni testamentarie del re.
76 Vincent,N. op.cit. p.137.77 Vincent,N. op.cit. p.68.78 Vincent,N. op.cit. p.68.79
Vincent,N. op.cit. p.140.
Guala e l’incoronazione del re d’Inghilterra
In virtù del suo ruolo di rappresentante del
Papa e del potere conferitogli dal defunto sovra-
no, Guala decise che l’incoronazione del nuo-
vo re avvenisse nella Cattedrale di Gloucester
anziché nella consueta abbazia di Westminster,
certamente per difendere Henry dai nemici che
gravitavano nella zona di Londra. A proposito
di quella incoronazione, alla quale abbiamo già
accennato nel secondo capitolo, va aggiunto che
la cerimonia è ormai ammantata di leggenda,
al punto che oggi risulta diffi cile stabilire quali
siano le versioni più attendibili tra tutte quelle
fornite dai vari cronisti. La maggior parte degli
storici è concorde nell’affermare che nell’am-
bito dell’incoronazione Guala recitò una parte
fondamentale. Secondo i documenti dell’epoca
Onorio III dichiarò che il legato aveva addirit-
tura posto la corona sul capo di Henry III80
e secondo Robert Grosseteste81 lo
stesso sovrano avrebbe dichia-
rato di essere stato incoronato
dal cardinale. Negli annali di
Dunstable e Gloucester82 si
legge che l’atto di incoro-
nazione fu compiuto dal
vescovo di Winchester per
ordine di Guala Bicchieri.
Secondo il Worcester annalist83, il so-
vrano fu incoronato dal vescovo di Winchester
“precipiente legato et ipso legato coronam sibi im-
ponente” . Secondo i Tewkesbury annals84 fu pro-
prio Guala a porre la corona sul capo del re (“le-
gato ei coronam imponente”). Coggeshall85 scrisse
che Guala era presente alla cerimonia, ma non
specifi cò che ruolo ebbe nell’ambito della stessa
e in generale tutti gli altri cronisti registrarono
la partecipazione del legato sottolineando che il
re fu incoronato da Guala e da numerosi vesco-
vi, tra cui quelli di Worcester, Winchester, Bath,
Coventry e Dublino.
Né Wendover, né Paris descrivono Guala
nell’atto di incoronare il sovrano, il che non ci
deve far sembrare il ruolo di Guala meno im-
portante poiché durante la missione inglese il
legato fu sempre incline a non in-
frangere i privilegi dei vescovi
in materia di cerimonie solen-
ni. E’ dunque molto probabi-
le che Guala abbia dettato le
modalità e le condizioni in
cui l’incoronazione avrebbe
avuto luogo, ma abbia deli-
beratamente affi dato ad uno
o più vescovi il privilegio di porre la co-
rona sul capo del sovrano proprio per rispetto
80 Vincent, N. op.cit. p.28.81 Rotuli Roberti Grosseteste ed. F.N.Davis, Canterbury and York Society, x (London, 1910-13).82 Annales Monastici ed. H.R. Luard, 5 vols. (Rolls Series, 1864-9) iii,48 (Contenente gli annals di Margam, Tewkesbury, Winchester, Waverley, Dunstable e Worcester).83 Annales Monastici op.cit. iv.407.84 Annales Monastici op.cit. iv.62. In proposito si veda anche Vincent,N. op.cit. p.28.85 op.cit. p184.
delle tradizioni ecclesiastiche e reali del
Paese. Nonostante questa delicatezza nei con-
fronti del clero locale, il cardinale fu aspramente
contestato dal priore del Christ Church di Can-
terbury e dall’abate della Westminster Abbey di
Londra, che si appellarono al Papa sostenendo
che l’incoronazione di un sovrano poteva avve-
nire soltanto in Westminster per mano dell’arci-
vescovo di Canterbury. La reazione di Guala alle
proteste dei due alti prelati non si fece attende-
re: il cardinale scomunicò i due ecclesiastici, che
tuttavia non sembrarono particolarmente tur-
bati dal provvedimento. Successivamente Guala
inviò al priore e al capitolo di Canterbury un
mandato che vietava l’uso dell’organo durante
le funzioni religiose86.
Che Guala abbia partecipato all’incorona-
zione del re in qualità di attore principale o vi
abbia semplicemente assistito come rappresen-
tante del Papa, garante dell’ordine e tutore del
sovrano oggi pare francamente poco importan-
te. Quello che conta è il ruolo sostanziale recita-
to dal legato sulla scena inglese: egli fu una stella
di prima grandezza nel fi rmamento dell’Inghil-
terra del tempo e un sostegno incrollabile per
il giovane re. E’ vero che sul piano formale il
ruolo di reggente era stato affi dato a William
Marshal, ma è altrettanto vero che Marshal non
era l’uomo più importante ed infl uente del re-
gno: al di sopra del reggente vi era il legato, la
cui posizione era superiore anche a quella del
86 Vincent, N. op.cit.p.10.
re, dal momento che nel 1213 King John si era
proclamato vassallo del Pontefi ce. Di fatto il car-
dinale fu l’uomo più importante del regno per
tutta la durata della sua missione inglese: il re
era solo un bambino affi dato alla sua custodia; il
reggente era valoroso e potente, ma non quanto
il rappresentante del Papa e infi ne Peter, vescovo
di Winchester, tutore uffi ciale del giovane re, era
pur sempre un vescovo subordinato all’autorità
papale. Dal punto di vista strettamente formale,
inoltre, non va dimenticato che Henry III era un
vassallo della Santa Sede e che l’Inghilterra era un
feudo papale.
Il rapporto tra Guala e il re, tuttavia, sconfi nava
anche in territori più personali: in una lettera di
Onorio III datata 17 gennaio 121787 leggiamo
che il Papa incaricò il legato di indagare sulle
possibilità di trovare una moglie adatta al
giovane sovrano e dichiarò che Roma avrebbe
approvato senza riserve qualsiasi fanciulla
fosse stata scelta dal legato. Una responsabilità
certamente importante, e un dettaglio che non
molti conoscono. Il 3 luglio 1217, inoltre, il
Papa scrisse al legato incaricandolo di operare
con il consiglio di altri prelati e dei notabili
del regno affi nché l’istruzione del sovrano
fosse affi data a persone degne della massima
fi ducia88. Nella stessa lettera il Pontefi ce affi dava
a Guala il compito di decidere se fosse il caso
di far confezionare il sigillo personale del re89.
Poco tempo dopo, con un’altra lettera inviata da
Anagni90, Onorio III affi dò a Guala un incarico
persino più delicato: poiché William Marshal
era ormai anziano e agli occhi di molti non era
più la roccia invincibile di un tempo, al Papa
87 Vincent, N. op.cit. p.138.88 Vincent, N. op.cit. p.141.89 In realtà il sigillo fu confezionato nel 1218.90 Vincent, N. op.cit. p.142.
era stato richiesto di nominare Richard Marsh
come collaboratore del reggente. Onorio III,
però, sapeva bene che William Marshal era
ancora forte e permaloso e temeva la reazione
del vecchio condottiero. Era dunque necessario
essere molto cauti, agire con prudenza,
esaminare la questione con la massima calma.
Onorio III incaricò perciò Guala di occuparsi
del caso e di risolverlo a sua discrezione, con
il pieno appoggio di Roma. Con estrema
saggezza, il cardinale decise di non modifi care
la posizione di William Marshal e di non dare
corso alle richieste di Richard Marsh. Un’altra
dimostrazione della grande considerazione di
cui il cardinale vercellese godeva sia presso la
Santa Sede sia presso la corte inglese e della
lungimiranza con cui il legato seppe affrontare
le vicende politiche del Paese.
Guala e il clero locale: le punizioni
Una delle armi usate dal cardinale per
supportare la Corona inglese fu la sua autorità
sul clero locale, che Guala potè esercitare con
ampia libertà anche grazie alla lunga assenza
dall’Inghilterra dell’Arcivescovo di Canterbury
Stephen Langton, in esilio dal settembre 1215
al maggio 1218.
Al fi ne di indagare sull’operato del clero
ed accertare i casi di ribellione, Guala istituì
un gruppo di collaboratori speciali che inviò
in tutto il Paese con il compito di esaminare la
condotta degli ecclesiastici, individuare i ribelli
e punirli adeguatamente. Non sappiamo quanti
fossero questi inviati, ma conosciamo i nomi di
almeno tre di loro: master Theobald de Valognes
e i fratelli Robert e Thomas of Dean. Tutti e tre
incontrarono non poche diffi coltà nell’esercizio
del loro mandato: il primo fu imprigionato a
Stamford, gli altri due a Tonbridge.
Come abbiamo visto, nel gennaio 1217
il legato ottenne dal Pontefi ce il potere di
intervenire duramente sul clero ribelle; tranne
in rari casi, tuttavia, egli iniziò a ricorrere
concretamente alla spoliazione solo nell’estate
dello stesso anno, dopo il fallimento dei
negoziati di pace di giugno. Ancora una volta
dobbiamo ammettere che i documenti di cui
disponiamo sono pochi rispetto al numero di
sentenze sicuramente pronunciate dal legato.
L’unico registro episcopale tramandato fi no a noi
è quello della diocesi di Lincoln91, ma sappiamo
che quella non fu l’unica diocesi ove avvennero
spoliazioni e d’altra parte il registro non riporta
tutti i casi effettivamente trattati da Guala.
Secondo Nicholas Vincent92 i casi di spoliazione
di cui si ha notizia appartengono alle diocesi
di Lincoln, Norwich, Canterbury, Lichfi eld,
Worcester e Londra. La diocesi di Lincoln era
certamente terra di rebel clerks particolarmente
91 Vincent, N. op.cit. p.lxi.92 Vincent, N. op.cit. p.lxi-lxvi. Per ulteriori approfondimenti sulle varie diocesi si rimanda alla stessa opera.
attivi, così come Londra, dove la cattedrale
di St.Paul’s fu uno dei più importanti focolai
di rivolta ecclesiastica anche prima della guerra
civile. E’ probabile che in altre diocesi, come Ely,
York e Durham, l’attività del clero ribelle sia stata
signifi cativa e pertanto punita con la spoliazione.
I leaders della rivolta ecclesiastica furono
essenzialmente quattro: Simon Langton (fra-
tello dell’arcivescovo di Canterbury Stephen),
Elias of Dereham, Gervase of Howbridge e
Robert de St.Germain. I primi due gravitava-
no nell’ambito della Cattedrale di Canterbury,
di cui Simon era l’Archdeacon. Gli altri due
erano canons di St.Paul’s a Londra. Robert de
St.Germain aveva avuto contatti con il re di
Scozia e con Luigi VIII di Francia già prima
della guerra civile. I quattro prelati erano dei
pluralists, cioè controllavano ben più di un
solo benefi cio a testa, per cui nel momento in
cui li spogliò dei loro benefi ci il legato si trovò
a dover distribuire un considerevole numero di
chiese tra altrettanti prelati di provata fi ducia.
Accanto a questi quattro personaggi famosi sia-
mo in grado di elencare altri ecclesiastici meno
noti che subirono gli stessi provvedimenti. In-
dichiamo qui alcuni dei casi documentati, ma
è chiaro che si tratta solo di una parte di tutti
i provvedimenti introdotti da Guala93. Alcuni
termini sono stati volutamente lasciati in in-
glese per maggiore fedeltà al dato storico e al-
l’atmosfera del tempo.
93 Si rimanda a Vincent, N. op.cit. per ulteriori approfondimenti.
Ely Cathedral. The Lantern.
Ely Cathedral e monastic buildings.
Rebel clerk su cui Guala impose la spoliazione
Benefi cioNuovo benefi ciario scelto da Guala
tra prelati di provata fi ducia
Peter de Valogne chiesa di Alrewas Filippo, nipote di Guala
Geoffrey Gibwin chiesa di Alwalton
Costantino, lo scrivano papale che aveva seguito Guala da Roma nel 1216. Anche Azzo, che aveva seguito Guala con lo stesso incarico di Costantino, fu premiato dal legato con alcuni benefi ci.
William of Calne Norton (Suffolk) Giovanni di Brusasco
Brand, canon di St.Paul’s London
una parte della chiesa di Caddington (pari a circa la metà dei suoi possedimenti)
William de Grisneto, nipote dell’abate di Beaulieu
John de Bello Campo
una parte della chiesa di Houghton Conquest (pari a circa la metà dei suoi possedimenti)
Gervase of Howbridge chiesa di Lambeth Giovanni de Tebaldo
Richard de Camera chiesa di Haughley master Alan of Beccles
Simon Langton prebend of Finsbury Philip Fortis Brachii
Elias of Derehamuna parte della chiesa di Melton Mowbray (pari a circa la metà dei suoi possedimenti)
master Walter of London
il fi glio di Fabian of Ryston chiesa di Ryston Thomas de Blumville
Wigan the Breton chiesa di Braughing Holy Trinity Priory London
Gervase of Howbridge the chancellorshipof St.Paul’s
Henry de Cornhill
Luke the clerk chiesa di Lambourne (Essex)
Elias of Dereham chiesa di Melton master Walter of London
Alan de Boullers chiesa di Poulton(Gloucestershire)
Cinthius, nipote di Pietro Cardinale di S.Pudenziana
Robert de Barentin chiesa di St.Bride’s Fleet Street Otto di Vercelli
A distanza di tanti secoli risulta diffi cile
aggiungere ulteriori particolari sicuri a questo
elenco di nomi e benefi ci, ma si può certamente
affermare che gli ecclesiastici colpiti dalle sanzioni
del legato furono più numerosi di quelli elencati
sin qui. Vincent94 afferma che essi dovevano
essere all’incirca un centinaio. Alcuni dei prelati
che abbiamo elencato non erano particolarmente
famosi ed il nome di battesimo è tutto ciò che
ne sappiamo. Colpisce però il fatto che molti di
loro operassero presso la St.Paul’s Cathedral di
Londra e questo spiega perché fi n dall’autunno
del 1217 Guala fu drastico nel punire il capitolo
della cattedrale, rimuovendo ben 7 su 8 dei suoi
uomini più importanti ed assegnando i rispettivi
benefi ci ad altrettanti prelati di sua fi ducia95.
Il 18 febbraio 1218 agli sceriffi dell’Essex e
del Kent si ordinava di comunicare che tutti gli
ecclesiastici non ancora assolti dalla scomunica
lasciassero il Paese entro il 25 marzo, pena
l’arresto e la prigionia96. Secondo il Dunstable
annalist97 già anteriormente a tale data il legato
aveva condannato e fatto imprigionare tredici
ecclesiastici ribelli colpevoli di aver ordito
trame inquietanti contro lo stesso Guala ed i
suoi collaboratori. Gli storici hanno osservato
che Guala fu molto severo con i rebel clerks
inglesi a tutto vantaggio di ecclesiastici italiani.
Effettivamente il legato concesse benefi ci e
titoli a uomini del suo seguito e a parenti di
connazionali infl uenti. Lo stesso Vincent ha
calcolato che delle circa 18 chiese ove il legato
impose un provvedimento di spoliazione nei
confronti di un rebel clerk, almeno la metà
passò a Italiani98 e il totale dei provvedimenti
a favore di connazionali del cardinale potrebbe
essere anche molto maggiore se disponessimo di
una documentazione più ricca. Tra i nomi dei
benefi ciari italiani sembra lecito citare anche
Giovanni di Paolo, Teobaldo di Milano, Uberto
di Confi enza e Lorenzo di San Nicolò. Gli ultimi
due ottennero proprietà laiche ed ecclesiastiche
in Inghilterra anche dopo la fi ne della legazione
di Guala99. Anche alla luce di questi dati,
tuttavia, per diversi motivi non sembra prudente
pronunciare un giudizio troppo severo sulla
generosità di Guala verso gli Italiani: in primo
luogo va ricordato che dall’atto di sottomissione
di John al Papato molti ecclesiastici provenienti
dall’Italia godettero di privilegi in Inghilterra per
esplicito volere del sovrano, poiché quest’ultimo
intendeva ingraziarsi i favori della Santa Sede.
A questo si aggiunga che fi n dagli inizi del
secolo numerose istituzioni religiose inglesi
(verosimilmente per instaurare positive relazioni
diplomatiche con Roma) avevano elargito
benefi ci a Italiani ritenuti esperti in diritto e
quindi in grado di offrire sostegno e consiglio
in materia di vertenze legali: l’esempio più
94 Vincent,N. op.cit. p.lxv.95 Vincent,N. op.cit. p.41.96 Vincent,N. op.cit. p.lxv.97 “Annales Monastici” op.cit. iii,52.98 Vincent,N. op.cit. p.lxvii.99 Vincent,N. op.cit. p.lxviii.
conosciuto in questo senso è costituito dall’abbazia
di Evesham, ma anche Westminster e Glastonbury
furono generose con personaggi italiani ritenuti
potenzialmente in grado di aiutarle in situazioni delicate.
Guala, inoltre, non si limitò a promuovere ecclesiastici
provenienti dal suo Paese: al contrario, come abbiamo visto,
concesse benefi ci anche a persone di altre nazionalità.
Ciò nonostante, per completezza di informazione dobbiamo
riferire che per secoli la presenza dei legati italiani in Inghilterra e più
in generale di esponenti del clero italiano fu considerata dagli Inglesi
un elemento di disturbo, caratterizzato da sentimenti come l’avidità e
la cupidigia più che dall’altruismo e dalla generosità verso un popolo in
profonda crisi politica e religiosa. Con tutta probabilità questa visione severa
della legazione di Guala e dei suoi connazionali si deve alle cronache degli
storici di St.Albans Roger of Wendover e Matthew Paris, che nel XVI secolo
furono certamente enfatizzate dai sostenitori della riforma protestante.
Guala e il clero locale: i vescovi e i monaci
Oltre a scomunicare, deporre e privare dei
loro benefi ci gli ecclesiastici ribelli, il cardinale
agì come custode indiscusso della Chiesa in-
glese, esercitando un decisivo controllo sulle
principali attività ecclesiastiche, ivi comprese
le elezioni dei vescovi e degli abati, e sulle as-
segnazioni di prebende, rendite, parrocchie e
altri privilegi.
Secondo David
Carpenter100 nes-
sun vescovo inglese
osò sostenere Luigi VIII.
Al contrario, 7 vescovi
erano presenti all’incoro-
nazione di Henry III e ben
11 vescovi parteciparono al
100 Carpenter, D.A.op.cit. p.19.
grande Concilio
di Bristol dell’11
novembre 1216. Al-
l’arrivo di Luigi VIII
in Inghilterra, inoltre, il
Dean della cattedrale lon-
dinese di St.Paul’s e l’abate di
St.Alban’s si rifi utarono di so-
stenere il principe francese.
Essendo dichiaratamente fa-
vorevole ai Plantageneti, nella
nomina dei nuovi vescovi Guala si
orientò verso candidati fedeli alla
causa del re: sappiamo che
infl uenzò le elezioni nelle
diocesi di Carlisle, Durham,
Chichester e Worcester, dove
favorì i candidati appoggiati dal
re o dal Papa. A Worcester egli im-
pose l’elezione di William de Blois,
Archdeacon di Buckingham e canon
di Lincoln, nonostante i monaci locali in-
tendessero eleggere un membro del
loro capitolo. A Chichester approvò
l’elezione di Ranulph of Warham, un mona-
co benedettino che aveva collaborato con John
de Gray, vescovo realista della città di Norwich.
Parallelamente, Guala promosse il passaggio di
Richard Poer da Chichester a Salisbury, proba-
bilmente per premiare la fedeltà di Richard, che
forse aveva usato le rendite della sua cattedrale
(secondo Matthew Paris 600 marchi) per retri-
buire i mercenari del re. A Carlisle e Durham,
infi ne, fece eleggere rispettivamente Hugh de
Beaulieu e Richard Marsh, nonostante la re-
putazione non propriamente cristallina dei due
candidati.
Se in generale Guala scelse i nuovi vescovi
tra gli alti prelati di provata fedeltà a Henry o ai
due Papi della sua missione, nel caso della Dio-
cesi di Ely (dove fi n dal 1215, anno della morte
del vescovo Eustace, l’elezione del successore di
quest’ultimo era oggetto di un’aspra e delicata
contesa), il cardinale si comportò in modo del
tutto diverso: egli evitò di intervenire in modo
risolutivo a favore di uno dei due contendenti
(Robert of York e Geoffrey de Burgh) e lasciò
in sospeso la nomina del nuovo arcivescovo. In
realtà, Guala lasciò trapelare un implicito soste-
gno nei confronti di uno dei contendenti, ma-
ster Robert of York, al quale in pratica rivolse
le attenzioni normalmente dovute ad un legitti-
mo vescovo. Il fatto oggi suona particolarmente
strano, dal momento che Richard of York non
fu mai un tenace sostenitore dei Plantagenets: al
contrario, intorno alla sua fi gura aleggiano un
alone di mistero e persino il sospetto di com-
plotti con i baroni ribelli. In veste di vescovo
eletto della diocesi di Ely il 13 novembre 1217
Robert of York confermò a Guala il possesso
della chiesa e dei beni di St.Andrew’s Chester-
ton, dono di Henry III al cardinale e premio per
lo straordinario successo della legazione inglese.
Robert of York in seguito fu generoso anche nei
confronti di amici e parenti del cardinale, ai quali
assegnò chiese e benefi ci nella stessa diocesi.
In accordo con le indicazioni del Concilio
Laterano IV (che nel 1215 aveva stabilito che
in una sede vescovile vacante il nuovo vescovo
doveva essere nominato entro tre mesi dal
momento in cui la sede si era resa disponibile)
Guala si prodigò affi nché i nuovi vescovi
venissero nominati in tempi brevi. Durante la
missione inglese del legato tre sedi vescovili si
resero vacanti: i rispettivi nuovi vescovi vennero
nominati al massimo entro sei mesi e quello di
Worcester addirittura in due settimane.
La scelta di Guala in tal senso fu
particolarmente coraggiosa ed onesta, perché
nominare i nuovi vescovi in breve tempo
signifi cava sottrarre alle casse dello stato le
entrate che normalmente provenivano dalle sedi
vescovili vacanti. E’ importante sottolineare che
durante i primi due anni del regno di Henry
III lo stato non benefi ciò minimamente di
entrate provenienti da sedi vescovili vacanti, il
che non si era mai verifi cato prima: il fatto è
certamente spiegabile con la presenza di Guala
in Inghilterra. Il legato rinunciò al suo diritto di
procedere personalmente alla consacrazione dei
vescovi, per rispetto delle tradizioni e aspettative
della Chiesa locale: egli preferì infatti affi dare
il compito di consacrare i vescovi ai suffragans
della cattedrale di Canterbury o all’arcivescovo
di York.
Se in merito alla nomina e alla consacrazione
dei nuovi vescovi Guala adottò una linea
morbida, che conciliasse le direttive del Concilio
Laterano IV con il rispetto delle tradizioni
locali, i rapporti del legato con gli ordini
monastici furono meno lineari e dunque più
diffi cili da spiegare. Sappiamo che a Thorney fu
in qualche modo responsabile delle dimissioni
dell’abate locale, che fu sostituito con Robert
of Graveley, il quale godeva della protezione del
re. Sappiamo anche che il cardinale si occupò
delle elezioni degli abati di Tewkesbury, di
Ramsey, di Guisborough e di Shaftesbury. A
Shaftesbury nominò ecclesiastici di provata
fi ducia per esaminare le pretese di due fazioni
rivali che lottavano per l’elezione della madre
badessa: una fazione aveva già eletto Joan, ma la
decisione era stata impugnata da una misteriosa
“A. sacrista”, della quale non sappiamo nulla. In
un primo momento Guala rifi utò di riconoscere
l’elezione di Joan, ma dopo aver incaricato gli
abati di Bindon e di Cerne di indagare sulla
vicenda, confermò la nomina di Joan e chiese
all’arcivescovo di Salisbury di impartire la sua
benedizione sulla nuova badessa101.
101 Vincent, N. op.cit. pp.84-85.
Bury St.Edmunds: the Cathedral.I rebel barons inglesi forse si incontrarono in questa città nel 1214 per indurre il re a concedere la Magna Carta.
A proposito di Salisbury vale la pena di
raccontare una vicenda molto interessante, nella
quale il ruolo di Guala si rivelò della massima
importanza. Il Decano e il capitolo della
cattedrale di Old Sarum si erano rivolti al Papa
lamentandosi per l’insalubrità del luogo in cui
vivevano. Essi descrivevano l’ambiente intorno
alla loro cattedrale come esposto alla forza dei
venti (“continua quasi collisione ventorum”) e
di continue tempeste che causavano malanni
agli abitanti (“locus sic est reomaticus propter
ventos quod clerici frequenter incurrunt perpetuas
passiones et adversa coguntur valetudine laborare”).
Gli ecclesiastici di Old Sarum sostenevano anche
che a causa dell’eccessiva aridità del territorio e
del candore del terreno circostante la cattedrale
essi soffrivano di disturbi visivi (“plerique de
clericis ammiserunt offi cium oculorum”)102.
Nel marzo 1217 Onorio III scrisse a Guala
riferendo le lamentele ricevute da Old Sarum e
incaricando il legato di raccogliere informazioni
in proposito. Tra il marzo del 1217 e il marzo
del 1218 Guala rispose al Papa confermando
la fondatezza delle lamentele. La conferma del
cardinale rese possibile l’edifi cazione dell’attuale
costruzione di Salisbury, i cui lavori iniziarono
di lì a poco. La leggenda narra che la nuova
chiesa fu eretta nel punto in cui un cervo morì
ucciso da una freccia.
Più o meno nello stesso periodo in cui si oc-
cupò del caso di Shaftesbury Guala fu di nuovo
chiamato ad occuparsi dell’abbazia di Evesham,
alla quale si era già interessato una decina di
anni prima, in qualità di esperto di diritto ec-
clesiastico. La vicenda era stata risolta nel 1213
dal legato pontifi cio Nicholas of Tusculum, che
aveva deposto l’abate Roger Norreis, punendo
così le sue eccessive libertà, ma intorno al 1216
Norreis pretese da Guala una piena riabilitazio-
ne. Il legato ribadì la deposizione dell’abate e
allontanò Norreis con grande determinazione.
E’ noto che Guala Bicchieri fu in aperto dissidio
con i cistercensi della Scozia e del Galles (che si
erano schierati contro il legittimo sovrano in-
glese) e con i monaci cluniacensi di Lewes. In
Galles i monaci più ostili ai provvedimenti di
Guala furono probabilmente gli abati di Whi-
tland e Strata Florida. A causa delle loro proteste
esagerate contro il legato essi furono deposti nel
corso del capitolo generale dell’ordine cistercen-
se del settembre 1217. Relativamente ai monaci
scozzesi disponiamo di un mandato di Walter
of Wisbech che per volere di Guala, il 25 marzo
1218, ordinava a tutti i monaci cistercensi della
Scozia di astenersi dal celebrare le loro funzioni
religiose103. Il mandato rivela che i cistercensi si
erano considerati immuni dalla sentenza di in-
terdetto che il legato aveva precedentemente pro-
nunciato contro la Chiesa scozzese (11 novem-
bre 1216). Nell’aprile del 1218 lo stesso Walter
of Wisbech (da non confondersi con Adam of
Wisbech, primo Vicar di St.Andrew’s Chester-
ton, nominato da Guala Bicchieri) convocò un
102 Per tutti i riferimenti alla vicenda della cattedrale di Salisbury contenuti nel presente lavoro si rimanda a Vincent,N. op.cit. p.82 e pp.140-1.103 Vincent,N. op.cit. p.82.
Vercelli. Basilica di S.Andrea.
concilio a Berwick per ribadire la sentenza di
interdetto, il che sollevò aspre proteste presso
tutti i monasteri cistercensi del Paese. Il capitolo
generale dell’ordine, alla presenza dei cistercensi
di Inghilterra, Scozia e Galles, nel 1218 lanciò
pesanti accuse contro Guala Bicchieri e decise
di inviare a Roma otto abati per descrivere al
Papa la condotta del legato. La protesta ebbe
esito positivo, poiché di lì a poco il Pontefi ce
introdusse alcuni provvedimenti della massima
importanza. In primo luogo egli assunse il di-
retto controllo della Chiesa scozzese. Parallela-
mente, Onorio III stabilì che da quel momento
in poi i legati in visita ai monasteri dell’ordine
non avrebbero più potuto esigere procurationes
in denaro, ma solo vitto (senza carne) e alloggio.
Infi ne, nel mese di dicembre del 1218, il
Papa inviò lettere che proibivano ai le-
gati di porre sotto interdetto o scomu-
nicare i cistercensi se non in presenza di
un preciso mandato papale104.
Nel frattempo Guala concesse l’assoluzione
agli abati di Coupar, Melrose, Newbattle,
Culross e Kinloss, che probabilmente
incontrò a York tra il mese di aprile e
il mese di maggio del 1218105.
Anche i vertici dei monasteri benedet-
tini di Westminster e di Canterbury
(Christ Church Canterbury) furono
scomunicati da Guala Bicchieri. Nel
1216 essi si opposero alla scelta della cattedrale
di Gloucester come sede dell’incoronazione di
Henry III, così, poco dopo la cerimonia, Guala
inviò la scomunica attraverso una lettera redatta
alla fi ne di ottobre del 1216106. Successivamen-
te, come abbiamo visto, il legato inviò un’altra
lettera a Canterbury per impedire al priore e al
capitolo di suonare l’organo nelle funzioni reli-
giose durante il periodo di interdetto107.
Queste prese di posizione nei confronti di
alcuni ordini monastici, tuttavia, non devono
indurre in false generalizzazioni: Guala ebbe
rapporti diffi cili con alcuni monasteri e abati ma
limitatamente a specifi che situazioni e località, e
sempre in conseguenza della sua ferma intenzio-
ne di ristabilire la pace nel regno e consolidare
la monarchia inglese. In generale, in
altri termini, egli non si accanì mai
immotivatamente contro alcun or-
dine, neppure quello cistercense, e non favorì
mai troppo apertamente un solo ordine, anche
se è innegabile che fosse particolarmente legato
agli agostiniani108. Per ben due volte, ad esempio,
il Papa gli ordinò di rimuovere da Carlisle i
canonici agostiniani, sostituendoli con un
nuovo capitolo secolare di provata fi ducia,
ma in entrambe le occasioni il cardinale di-
sobbedì e si limitò a rimpiazzare i canonici
in odore di ribellione con altri canonici fe-
deli al sovrano109. Nell’arco del soggiorno in-
104 Vincent,N. op.cit. p.83.105 Vincent,N. op.cit. p.83.106 Vincent,N. op.cit. p.90.107 Vincent,N. op.cit. p.10.108 Vincent,N. op.cit. pp. lvii-lviii.109 Vincent,N. op.cit. p.lviii.
St.Andrew’s Chesterton. Il galletto di S.Andrea
glese questi furono gli unici
eclatanti atto di disobbedienza
al Pontefi ce che possiamo attribuire a
Guala con certezza: per
il resto della sua missio-
ne, come rivelano i mandati
pontifi ci indirizzati al cardinale110,
Guala fu sempre solerte nell’eseguire gli ordini
dei suoi due Papi e a prodigarsi per la salvaguar-
dia dei due sovrani inglesi con cui collaborò.
110 Per i quali si rimanda a Vincent,N.op.cit..111 Le informazioni relative alle lettere di Guala di cui si parla in questo libro sono tratte principalmente da Vincent,N. op.cit..112 Vincent,N. op.cit. pxciii.113 Vincent,N. op.cit. pp.41,53.114 Vincent,N. op.cit. p..46.115 Vincent,N. op.cit. p..68.116 Vincent,N. op.cit. pp.40, 73, 89.
La corrispondenza del cardinale
Come risulta dalla raccolta di Nicholas Vin-
cent111, le lettere del cardinale sono tutte in lati-
no, all’epoca lingua uffi ciale delle cancellerie rea-
li, della magistratura e ovviamente della Chiesa.
Vincent ha osservato che le lettere rispondono
a tre principi fondamentali; “uniformità, sem-
plicità e effi cacia”112 e in effetti l’espressione che
ricaviamo leggendo la corrispondenza di Guala
è che il legato fosse un uomo concreto, prag-
matico e sintetico, che si limitava a fornire le
informazioni essenziali, non si perdeva in inutili
convenevoli e si preoccupava di esplicitare le sue
indicazioni in modo chiaro e diretto. In linea di
massima Guala tendeva ad evitare il preambolo
iniziale (“arenga”) e ad entrare immediatamente
in argomento, secondo un uso inglese. La cosid-
detta arenga si limitava a formule come “Nove-
ritis” 113, “Noverit universitas vestra” 114, “Univer-
sitati vestre notum facimus” 115, “Ad universitatis
vestre notitiam volumus pervenire” 116. Le lettere
erano brevi, chiare e costruite secondo un im-
pianto lucido e regolare. Anche a distanza di
ottocento anni è relativamente semplice scom-
porre ciascuna lettera nella varie sezioni che se-
condo la diplomatica costituiscono i documenti
di siffatta natura117. Il professor Vincent ha an-
che osservato che esaminando le lettere di Guala
è possibile individuare una serie di espressioni-
tipo118, quasi che i segretari del legato dispones-
sero di un ventaglio di formule standardizzate
da combinare tra loro a seconda dei destinatari,
delle circostanze e delle intenzioni comunicati-
ve del cardinale. Una sorta di “copia e incolla”
medievale, insomma, che la dice lunga sull’ef-
fi cienza e sulla professionalità della segreteria
di Guala. All’interno di uno schema prefi ssato
il segretario inseriva infatti i dati che di volta
in volta andavano rinnovati e in particolare il
nome e la qualifi ca del destinatario, lo scopo
e il contenuto della lettera. Quale che fosse il
contesto nel quale si inseriva la missiva, Gua-
la si presentava unicamente come cardinale di
San Martino e legato della Santa Sede (“Gual(a)
miseratione divina tituli sancti Martini presbiter
cardinalis apostolice sedis legatus”)119. Il professor
Vincent ha individuato tre lettere che conten-
gono questa stessa formula, ma non le parole
“apostolice sedis legatus” 120. Sembra condivisibile
117 Sembra opportuno fornire alcune indicazioni tecniche basilari sulla struttura di un documento/di una lettera e sulla terminologia usata dalla diplomatica, ossia da quella branca di studi che si occupa dell’analisi e della catalogazione dei documenti, allo scopo di stabilire il va-lore dei documenti stessi come testimonianze storiche. Il principale interesse di questa scienza è l’analisi delle forme.Secondo la diplomatica in un documento si possono individuare tre parti principali:1. protocollo: è la parte iniziale del documento;2. testo: è il “corpo” del documento, la parte che contiene la maggior parte dei contenuti e dunque le informazioni più importanti;3. escatocollo: è la parte conclusiva del documento.Ciascuna di queste parti a sua volta si suddivide in un numero variabile di sezioni:Nel protocollo possiamo pertanto individuare le seguenti parti:• INVOCATIO: invocazione o riferimento alla divinità (ad esempio: “In nomine Domini”). Questa parte è assente nei documenti pontifi -ci a partire dal pontifi cato di Gregorio VII.• INTITULATIO: elenco dei diversi nomi, titoli, dignità del mittente della lettera o di colui che emana il documento;• INSCRIPTIO: elenco dei nomi, titoli, etc. del destinatario; nella cancelleria pontifi cia talvolta si usava sostituire questa parte con il gemi-nipunctus, un doppio punto orizzontale che stava al posto del nome del destinatario. Questo avveniva quando si indirizzava la lettera non all’individuo, ma alla carica che costui rappresentava o al ruolo professionale, politico, istituzionale che svolgeva;• SALUTATIO, FORMULA PERPETUITATIS: la salutatio è il saluto rivolto al destinatario ed è una caratteristica delle lettere. Nel caso del saluto da un superiore ad un inferiore la salutatio si esprime sotto forma di augurio (accusativo dipendente da un verbum dicendi sottinteso). Se la lettera è inviata da un inferiore ad un superiore la salutatio indica obbedienza. Ci sono formule di saluto tipiche della can-celleria apostolica, come “Salutem et apostolicam beneditionem”. La formula perpetuitatis è tipica dei documenti pubblici attraverso i quali si concedono privilegi illimitati nel tempo (ex: “in perpetuum”, “ad perpetuam rei memoriam”). Nel testo si evidenziano:• ARENGA O PREAMBOLO: è una sorta di cappello introduttivo in cui si indicano le ragioni ideali per cui si redige il documento. Si tratta di una parte in cui si utilizzano formulari preconfezionati;• NOTIFICATIO: è la parte in cui si afferma che il documento deve essere reso noto a tutti gli interessati;• NARRATIO: è la parte in cui si spiegano le ragioni concrete che hanno reso necessaria la redazione del documento;• DISPOSITIO: è la parte dispositiva del documento, quindi quella più varia, benché anche qui, nei limiti imposti dall’argomento e dalla situazione, si ricorra a formulari prestabiliti;• SANCTIO O MINATIO: è la parte che mira ad assicurare che le disposizioni contenute nel documento siano osservate. Si parla di san-ctio negativa quando si minaccia chi non osserva le disposizioni del documento; si parla invece di sanctio positiva quando si promettono ricompense a chi applicherà le disposizioni stesse;• CORROBORATIO: è la parte in cui si indicano le misure adottate per garantire l’autenticità del documento. Vi si citano la sottoscrizio-ne del testo da parte del suo autore e l’apposizione del sigillo;L’escatocollo è costituito da:• SUBSCRITIONES: è l’elenco delle fi rme di coloro che hanno prodotto il documento, cioè l’autore, i testimoni (se necessari), i redattori.• DATATIO: nel documento si indicano il tempo della redazione (data cronica) e il luogo della redazione (data topica). Tali dati in genere sono posti all’inizio del documento (atti privati) o alla fi ne dello stesso (atti pubblici).118 Vincent,N.op.cit.p.xciv.119 Vincent,N. op.cit. pp. 3, 5, 7, 8, 14, 15, 16, 18, 27, 34, 35, 36, 39, 40, 41, 46, 49, 50, 53, 58, 60, 61, 63, 64, 68, 74.120 Vincent,N. op.cit. pp.72,73,85.
Vercelli, Basilica di S.Andrea.
l’ipotesi dello studioso inglese secondo la quale
le tre lettere forse furono scritte dopo che Gua-
la aveva rassegnato le dimissioni dall’incarico di
legato in Inghilterra, quando il cardinale proba-
bilmente riteneva di non potersi più fregiare del
titolo di legato pontifi cio avendo egli già presen-
tato la richiesta di tornare in Italia e porre fi ne
alla sua missione121.
Come abbiamo visto all’inizio del capitolo, il
nome del cardinale veniva scritto in forme di-
verse, il che nel corso del tempo ha certamente
causato errori nella classifi cazione delle lettere e
in ultima analisi nella loro conservazione. Dai
documenti contenuti nella raccolta di Vincent
emerge che Guala poneva all’inizio del docu-
mento l’inscriptio e al secondo posto dello stesso
l’intitulatio quando si rivolgeva a destinatari im-
portanti come vescovi e arcivescovi. Al contra-
rio, la lettera cominciava con l’intitulatio e pro-
seguiva con l’inscriptio quando il destinatario
era meno importante. Nel rivolgersi ai vescovi
Guala usava l’espressione “venerabili padri”, per
sottolineare il suo atteggiamento deferente. In
questo si distingueva dal Papa, che preferiva la
formula “venerabili fratelli”. Se il destinatario
era un ecclesiastico di rango meno elevato Gua-
la gli si rivolgeva chiamandolo “diletto fi glio”, il
che lasciava trasparire la sua benevola superio-
rità. Quando la lettera non era diretta ad una
persona specifi ca, bensì all’intera comunità dei
fedeli, Guala introduceva una delle seguenti for-
mule: “universis Cristi fi delibus presentes litteras
visuris”122, “universis Cristi fi delibus presentes lit-
teras inspecturis”123, “universis Cristi fi delibus pre-
sentes litteras visuris et audituris”124, con le quali
intendeva sottolineare che il contenuto del suo
documento doveva essere noto a tutti. Confor-
memente alle abitudini della cancelleria ponti-
fi cia anche il legato ricorreva al geminipunctus
quando scriveva ai responsabili delle istituzioni
religiose rivolgendosi non alle loro persone fi si-
che, bensì alle loro posizioni direttive nell’ambi-
to della gerarchia dell’istituzione. Il geminipun-
ctus serviva a prolungare la validità delle dispo-
sizioni anche oltre la morte dell’ecclesiastico cui
erano indirizzate e comunque anche in caso di
avvicendamenti ai vertici delle istituzioni stesse.
Pur essendo un personaggio della massima
importanza, che usava il plurale maiestatis e
trattava con i potenti della terra, Guala si preoc-
cupava di sottolineare il suo ruolo di esecuto-
re delle direttive papali e per questo ricorreva a
formule come “auctotitate sedis apostolice” 125, “de
(speciali) mandato domini pape” 126, “de mandato
sanctorum patrum dominorum Innocentii III et
Honorii III Romanorum pontifi cum” 127. Altrove
Guala dichiarava di avere operato “divine pietatis
intuitu”128 o “intuitu Dei”129 e nel caso della lette-
121 Vincent,N. op.cit. p.xvi.122 Vincent,N. op.cit., p. xcii.123 ibidem.124 ibidem.125 Vincent,N. op.cit. p.97.126 Vincent,N. op.cit. pp.34,40.127 Vincent,N. op.cit. p.41.128 Vincent,N. op.cit. pp.3,53,68.129 Vincent,N. op.cit. p.89.
ra con cui rendeva note le ragioni per cui aveva
optato per la cattedrale di Gloucester come sede
dell’incoronazione di Henry III, Guala sostenne
di aver agito “de consilio
et consenso prelatorum et
magnatorum regni” 130.
Contestualmente, Il le-
gato spiegava che la scel-
ta era avvenuta “propter
necessitatem temporis et
maliciam hominum” 131.
Nelle lettere in cui
comunicava le sentenze
contro i Francesi Guala
ricorreva all’immagine
delle crociate, come a vo-
ler sottolineare il legame
tra la punizione e la fi na-
lità benefi ca della stessa
(non va dimenticato che
Guala aveva imposto il
pagamento di somme in
denaro da devolversi a fa-
vore delle crociate). Del
resto il ricorso al concet-
to di crociata risponde
anche ad una necessità di coerenza rispetto a
quanto Guala aveva predicato durante il con-
fl itto anglo-francese, quando aveva presentato la
lotta contro Luigi VIII come una guerra santa.
Molte delle lettere di Guala fi niscono senza
una formula di corroboratio.
Alcune contengono la for-
mula “Nulli ergo omnino”132.
In linea di massima sembra
possibile affermare che le let-
tere di Guala si concludeva-
no con una formula di questo
tipo: “In cuius rei testimonium
presentem paginam scribi feci-
mus et nostri sigilli munimine
roborari”133.
Come si evince dalla raccol-
ta del professor Vincent134,
le lettere di Guala in genere
contengono una datazione
precisa, sebbene occorra pre-
cisare che nella corrisponden-
za privata talvolta il cardinale
soleva omettere la data o il
saluto “Valete”. La formula
usata per la data inizia sem-
pre con la parola “Dat’” scrit-
ta in questa forma contratta
ed apostrofata. Nella maggior
parte delle lettere la datatio consiste nell’indica-
zione del luogo di redazione, seguito dal giorno
e dal mese del calendario romano. Talvolta veni-
130 Vincent,N. op.cit. p.94.131 Vincent,N. op.cit. p.94.132 Vincent,N. op.cit. p.7.133 Vincent,N. op.cit. pp.3,4,5.134 Vincent,N. op.cit. pp.xcv-xcvi.
va aggiunto l’anno di pontifi cato. Il cardi-
nale badava a non lasciare mai spazi vuoti
oltre la conclusione della lettera per evitare
che tali spazi venissero riempiti con aggiun-
te apocrife, inserite abusivamente ad insa-
puta dell’autore e pertanto estremamente
pericolose.
Le lettere di Guala Bicchieri era-
no sempre rese autentiche dall’apposi-
zione del sigillo del legato. Non sono
state trovate tracce dei sigilli usati per
le lettere inviate dalla Francia, mentre
Vincent ha trovato 6 tracce del sigillo
usato tra il 1216 e il 1218, proprio gli
anni della missione inglese. Da questi
frammenti lo studioso ha dedotto che
mentre il Pontefi ce sigillava le sue
lettere con il piombo, Guala usava
la cera naturale, come tutti gli altri
legati. Su un documento esistono
tracce di un sigillo di cera verde,
ma non è stato possibile
ricostruire la ragione di
tale eccezione135. Mentre
i sigilli degli altri legati
erano in genere di forma
arrotondata, il sigillo di Guala ha una for-
ma a mandorla (in inglese è stato descritto
con l’espressione “vesica shaped”), forse per
imitare i sigilli usati da vescovi ed arcivesco-
vi inglesi o forse, più semplicemente, perché
realizzato in Inghilterra da artigiani locali
sul modello allora corrente dei sigilli de-
gli altri ecclesiastici del luogo. D’altra
parte agli inizi del XIII secolo molti
cardinali e legati coinvolti in vicende
diplomatiche francesi usavano sigilli
a mandorla. Il sigillo di Guala mostra
una fi gura umana maschile intera — la
fi gura del cardinale, è lecito ritenere
— rivolta verso di noi: la caratteriz-
zano la dalmatica, la mitra appuntita
e le mani levate verso l’alto, all’altezza
delle spalle, con il palmo rivolto verso
l’osservatore. La postura indica dun-
que un atteggiamento benevolo e al
tempo stesso solenne, come se il car-
dinale fosse stato ritratto nell’atto
di impartire la sua bene-
dizione al destinatario
della missiva. Intorno ai
bordi del sigillo si legge
quanto segue:
135 Vincent,N. op.cit. (pp.lxxxviii-xci).
Vercelli. Antica abbazia di S.Andrea. Il pozzo del chiostro.
SIGILL(UM) GUALE T(I)T(ULI) S(AN)C(T)I
MARTINI PR(ESBITERI) CAR(DINALIS)136
Come abbiamo visto, il sigillo di Guala com-
pare anche in calce alla Magna Carta, nelle edi-
zioni del 1216 e del 1217, e alla Charter of the
Forest, cioè ai tre documenti più importanti del
Medio Evo inglese. Il sigillo del cardinale che è
posto in calce all’edizione del 1217 della Magna
Carta è di tipo pendente ed è posto sulla sinistra
del documento. A destra compariva il sigillo di
William Marshal. Giova precisare come non sia
casuale il legame tra Guala Bicchieri e la Ma-
gna Carta: il legato infatti possedeva una vasta
competenza giuridica ed era apprezzato per la
sua saggezza e la profonda esperienza in materia
di giurisprudenza. In quanto italiano, e soprat-
tutto in quanto fi glio del Comune di Vercelli,
egli aveva sperimentato personalmente la fusio-
ne tra le leggi del Comune e le leggi dell’impe-
ro. Era un uomo di pace, ma aveva anche una
certa consuetudine con il concetto di crociata,
dal momento che suo padre era morto templare
nell’assedio di Acri. Era anche un profondo co-
noscitore delle teorie fi losofi che della Scuola di
Parigi. Questo complesso e ricchissimo retroter-
ra culturale gli consentì di applicare in Inghil-
136 Vincent,N. op.cit. pagg.xc e xci.137 Alla fi ne del 2007 una copia della Magna Carta, quella emanata nel 1297 durante il regno di Edward I, è stata messa all’asta da Sotheby’s a New York. Il professor Vincent è stato incaricato dalla casa d’aste di curare il catalogo relativo al documento stesso.
terra un modello legislativo che sapesse fondere
le leggi del re con quelle della nobiltà e con gli
interessi del popolo. Se è escluso che Guala sia
stato l’autore della Magna Carta, che peraltro fu
emanata per la prima volta nel 1215, un anno
prima della legazione del cardinale, è certamen-
te possibile affermare che fu grazie a Guala che
la Magna Carta fu reintrodotta in Inghilterra,
da dove successivamente si diffuse negli altri
Paesi di lingua inglese diventando il documento
storico più famoso negli Stati legati alla Corona
britannica137.
Sigillo di Guala Bicchieridalla forma “a mandorla” impresso su cera naturale colorata applicata su una striscia di pergamena.Si veda pag.158.
Vercelli, S.Andrea. Il chiostro.
Capitolo IV St.Andrew’s Chesterton e la basilica di Sant’Andrea in Vercelli
“Ecce diploma, quo Henricus donavit Gualam Bicherium Cardinalem Ecclesia
Cestretunensi, a qua donatione exorta vulgaris assertio ex aedifi catae Ecclesiae
S.Andreae Vercellensis sumtibus Henrici Regis Anglorum.
— Henricus Dei gratia Rex Anglorum Dominus Hybernie. Dux Normannie et Aquitanie. Comes
Andegavie. Universis Christi fi delibus presentes litteras visuris, vel audituris Salutem in Domino.
Universitati vestre notum facimus quod nos intuiti Dei et pro salute nostra et pro animabus
predecessorum nostrorum. Ad preces etiam Venerabilis Patris et Amici nostri Karissimi Domini
Guale tituli S.Martini Presbiteri Cardinalis Apostolice Sedis Legati de Consilio fi delium
nostrorum dedimus et concessimus Deo et Ecclesie B.Andree Vercellensis quam idem Dominus
Guala in honore Dei et B.Andree construxit ibidem et Canonicis ibidem Deo servientibus
Ecclesiam decestretune in Episcopatu Elyensi que de nostra est donacione Cum omnibus ad illam
pertinentibus in liberam et puram et perpetuam elemosinam.in proprios usus omni tempore
possidendam. ad sustentacionem domus ejusdem conseciente Venerabili Patre Domino Roberto
tunc Elyensi electo. Quare volumus et fi rmiter precipimus quod Canonici domus memorate
habeant et teneant acclesiam memoratam liberam et quietam ab omni servitio et exactione
seculari. sicut supra dictum est. et in hujus rei testimonium. has litteras nostras patentes dedimus
eisdem sigillo Comitis Willelmi Marescalli rectoris nostri et regni nostri sigillatas. teste eodem
aput West-monasterium octavo die Novembris. anno regni secundo —.
Sigillum parvum e cera viridi pendens a funicolo membranaceo rapraesentat bellatorem
insidentem equo, et gestantem dextra ensem: circum autem haec Ephigraphes.
Sigillum Marescalli.” 138
138 Frova, G. (alias Philadelpho Libico) op.cit. pp. 100-101 e Capellino, M. op.cit. pp 19-20.
Il dono del re: St.Andrew’s Chesterton
“aveva faticato e lavorato a lungo e con sacrifi cio
per la nostra pace e per quella del nostro regno”139,
con possedimenti che Guala avrebbe a sua volta
offerto alla nascente comunità di canonici
agostiniani della sua città natale, Vercelli.
Il diploma con cui il sovrano effettuava la
donazione è riportato a pagina 120.
In cambio del prezioso aiuto ricevuto dal
legato, l’8 novembre 1217 il re offrì in dono
perpetuo al cardinale la chiesa e i beni di
St.Andrew’s Chesterton, presso Cambridge. Il
dono fu concesso su consiglio di otto vescovi
e cinque notabili, tra cui il reggente, il justiciar
e il conte di Winchester. Con la donazione di
Chesterton il re intendeva premiare il legato, che
139 Frova, G. (alias Philadelpho Libico), “Gualae Bicherii presbiteri cardinalis S.Martini in Montibus vita et gesta collecta a Philadelpho Libico” (Milano, 1747), pagg. 100-101.
Cambridge. St.Andrew’s Chesterton.
La donazione fu effettuata con l’avallo
dell’arcivescovo di York (Walterus Dei gracia
Eboracensis Archiepiscopus), da altri otto ves-
covi (Willelmus Londonensis, Petrus Winto-
niensis, Ricardus Dunhelmensis, Ricardus Sar-
resburiensis, Hugo Lincolniensis, Joscelinus Ba-
thoniensis et Glastoniensis, Simon Exoniensis,
Willelmus Coventrensis), da William Marshal,
Hubert de Burgh e altri consiglieri reali. Nel
loro documento di garanzia si legge:
“(…)Universitati vestre notum facimus quod Dominus noster Karissimus Henricus
rex Anglie illustris nobis presentibus et consencientibus ac consulentibus intuitu Dei et
pro salute sua propria et animabus predecessorum suorum dedit et concessit ad preces
Domini Guale tituli S.Martini Presbiteri Cardinalis tunc Apostolice Sedis Legati in
Anglia. Qui pro pace sua et regni diu et multum laboravit. Ecclesiam de Cestretune
que de sua erat advocacione cum omnibus pertinentibus ad illam. Deo et Ecclesie
Beati Andree Vercellensis et Canonicis ibidem Deo servientibus ad sustentacionem
eorumdem. quam quidem Ecclesiam idem Dominus Guala in honore Dei et Beati
Andree construxit ibidem habendam et possidendam in liberam et puram et perpetuam
elemosinam. Consenciente et confi rmante Domino Roberto tunc Elyensi electo in
cujus episcopatu consistit Ecclesia memorata. In cujus rei testimonium presentibus
litteris sigilla nostra fecimus apponi —. Sigilla appensa funiculis membranaceis sunt
XV. omnia ex cera alba illo Mareschalli Willelmi excepto, quod est ex cera viridi.”140
140 Frova, G. (alias Philadelpho Libico) op.cit. pp.100-101 e Capellino, M. op cit. p 20. Nella stessa opera si trova anche il documento di pag.123.
Solo pochi giorni più tardi, il 13 novembre
1217, a Londra, il vescovo eletto di Ely, Robert
of York, di cui si è già parlato a proposito dei
rapporti tra Guala e il clero locale, confermò
uffi cialmente la donazione. Una copia del do-
cumento di Robert of York è citata nell’ “Indi-
ce ovvero Sommario categorico dell’Archivio
della Rever.ma Abbatia et Monastero di San-
t’Andrea di Vercelli ordinato l’anno 1769”,
alla pagina 138. Il volume è conservato presso
l’Archivio del Capitolo della Cattedrale di Ver-
celli. Il documento recitava così:
En confi rmationem electi Elyensis memoratam a consiliariis.
-Universis S.Matris Ecclesie fi liis. ad quos littere presentes
pervenerint. Robertus Dei gracia Elyensis Ecclesiae electus.
Salutem in Domino. Ad universitatis vestre noticiam volumus
pervenire. Quod nos Ecclesiam de Cestreton nostre diocesis de
donatione Domini Regis. Ecclesie ac fratribus S.Andree Vercellensis
in puram et perpetuam elemosinam ad usus proprios. Divine
pietatis intuitu ob reverentiam quoque Domini Guale tit. S.Martini
Presbiteri Cardinalis Apostolice Sedis Legati concessimus. Quam
eis Dominus Rex de communi consensu, et voluntate totius consilii
sui concessit. In hujus autem rei testimonium has nostras litteras
patentes sigilli nostri munimine roboratas dictis Fratribus duximus
concedendas. Dat. Londonii Idus Novembris Pontifi catus Domini
Papae Honorii III, et Regni Henrici Regis Anglie III.anno II.iis
testibus Magistro Rogerio de Dunolmen. Waltero de Kurham.
Gilleberto Clerico. Johanne Marescallo. Henrico de Pontefracto.
Merita ricordare che, come si legge chiara-
mente nei documenti riportati più sopra, la do-
nazione della chiesa di St.Andrew’s Chesterton
e dei benefi ci ad essa connessi era da intender-
si come un dono perpetuo, cosa alquanto rara
durante la “minority” di Henry III: in realtà il
governo successivamente stabilì che tutti i doni
concessi dal sovrano prima che costui raggiun-
gesse la maggiore età dovevano essere considera-
ti revocabili quando Henry III fosse diventato
maggiorenne141. Alcuni anni prima, nel 1215, la
chiesa di Chesterton era stata assegnata da King
John ad un chierico di nome Richard de Thony
(22 settembre 1215). Costui, tuttavia, entro il
29 giugno 1217 scomparve dalla scena: non
sappiamo con certezza cosa fu di lui e possia-
mo pensare che in quel periodo si sia ritirato a
vita privata e persino che si sia schierato con il
clero ribelle. In quel periodo certamente un col-
laboratore di Guala Bicchieri noto in Inghilterra
come Laurence of S.Nicolo, descritto come ret-
tore della Chiesa di Chesterton, fu ricompen-
141 Carpenter,D. op.cit. pp. 68 e 95.
sato con rendite ricavate dalla stessa chiesa. E’
lecito supporre che da Laurence of St.Nicolo la
chiesa di Chesterton sia defi nitivamente passa-
ta a Guala nel novembre del 1217. Quel che
è certo è che nel volgere di due anni Vercelli
era effettivamente in possesso di Chesterton e
amministrava la proprietà attraverso i canonici
regolari dell’abbazia, ai quali Guala aveva fatto
dono della chiesa e dei beni di St.Andrew’s.
Nel 1220, tuttavia, il Consiglio del Re rifi u-
tò di riconoscere il dono perpetuo di Henry III
a Sant’Andrea. Il dono fu d’altra parte confer-
mato da Onorio III il 2 maggio 1224 e succes-
sivamente dallo stesso re Henry III nel gennaio
del 1238. Anche Papa Urbano IV lo confermò,
nel mese di maggio del 1262142.
L’antico villaggio di Chesterton sorge im-
mediatamente a nord di Cambridge e a circa
15 miglia dalla cittadina di Ely, sede della dio-
cesi omonima e della splendida cattedrale del-
la Santa Trinità. Il nome Chesterton deriva dal
latino “castra”, a ricordo di un accampamento
fortifi cato che i Romani avevano eretto subito
a nord del fi ume Cam. Il villaggio mantenne la
sua indipendenza amministrativa sino al 1912,
quando una parte di esso venne inglobata nel
territorio del Comune di Cambridge. Nel 1935
tutta la parte edifi cata del villaggio passò allo
stesso comune. Oggi essa forma la parte residen-
ziale a nord est del centro della prestigiosa città
universitaria.
A distanza di tanti secoli non è ancora chiara
la ragione per cui il re scelse di donare a Gua-
la proprio St.Andrew’s. Il cardinale avrebbe
meritato infatti una proprietà caratterizzata da
un clima e da una posizione migliori di quan-
to si potesse trovare a Chesterton. Il villaggio
era prossimo alle paludi dell’East Anglia, ove gli
abitanti vivevano soprattutto di agricoltura e di
pesca all’anguilla143, la vita era dura e il clima era
ostile e malsano e tuttavia il re aveva scelto pro-
prio quella specifi ca rectory manor come dono al
cardinale che aveva salvato la Corona d’Inghil-
terra. In assenza di spiegazioni convincenti che
dimostrino perché Henry III offrì Chesterton
al legato possiamo solo avventurarci in supposi-
zioni più o meno fantasiose144. Forse il re scelse
Chesterton perché era intitolata a Sant’Andrea,
come la piccola chiesa vercellese donata a Guala
nel 1215 dal vescovo della sua città? L’ipotesi non
sembra plausibile, perché nella zona di Chester-
ton esistevano molte altre chiese intitolate allo
stesso santo, dal momento che Sant’Andrea era
un pescatore e i territori della Diocesi di Ely ab-
bondavano di comunità dedite alla pesca. Forse
la scelta di Chesterton dipendeva dall’indiscuti-
bile somiglianza tra il suo territorio e quello delle
142 “Regesta Honorii Papae III”, ed. Pressutti, 2 vols. (Roma, 1888-95), n. 4955; “Calendar of the Charter Rolls”, 6 vols. (London, 1903-27) (1226-57, 234); Cambridge, Trinity College muniments ms.Box 22.143 In inglese il termine “anguilla” si traduce con “eel”. Esso ha dato origine al nome di Ely, che anticamente era un’isola delle paludi Fens ove si praticava un’economia basata appunto sulla pesca all’anguilla. La presenza di tante comunità di pescatori spiega perché nell’East Anglia esistano tante chiese intitolate a Sant’Andrea, che era un pescatore.144 L’autrice ringrazia il Dr. Jonathan Smith del Trinity College di Cambridge per aver collaborato alla formulazione di queste ipotesi.
Ely Cathedral.
“terre d’acqua” che circondavano Vercelli e che
nel Medio Evo videro i monaci di Lucedio in-
trodurre la coltivazione del riso? L’ipotesi suona
suggestiva, ma francamente poco convincente.
Sembra decisamente più affascinante l’idea che
Guala abbia ricevuto Chesterton per la vicinan-
za di questo villaggio alla città di Cambridge,
ove nel 1209145 era nato il primo nucleo della
omonima università. Guala era noto per esse-
re un uomo intelligente e colto. Aveva studiato
giurisprudenza e teologia ed era uno degli intel-
lettuali più raffi nati del suo tempo. Forse Henry
III pensava che la presenza del cardinale a po-
chi passi dall’università di Cambridge avrebbe
contribuito a rendere grande il locale ateneo, il
che a sua volta si sarebbe tradotto nella forma-
zione di una nuova schiera di clerks e royal
clerks preparati e fedeli alla Co-
rona. Questa ipotesi sembra
ancora più condivisibile se si pensa che pochi
anni dopo la fi ne della missione inglese di Guala
Bicchieri Vercelli si inserì nell’elenco delle prime
università italiane ed europee, con la fondazione
del locale Studium Generale, costituito dal Co-
mune nell’anno 1228. A quell’epoca il cardinale
era già morto (morì nel 1227, anno del com-
pletamento della sua basilica di Sant’Andrea),
ma è innegabile che egli abbia contribuito a
creare nella sua città natale lo spirito e le con-
dizioni necessarie per la nascita dell’università.
Per quanto le ipotesi suggerite fi n qui possano
sembrare affascinanti non va trascurato un det-
taglio certamente più prosaico, ma proprio per
questo più realistico: Henry III potrebbe aver
donato Chesterton a Guala Bicchieri semplice-
mente perché si trattava di un dono prezioso,
dal momento che St.Andrew’s era una parroc-
chia ricca, tra le più redditizie di tutta la diocesi
145 La storia racconta che nel 1209 un membro dell’università di Oxford assassinò una donna dileguando-si senza lasciare traccia. Nell’impossibilità di catturarlo, la città ottenne dal re il permesso di impiccare i compagni dell’omicida. L’esecuzione violava i privilegi del mondo accademico e spaventò gli intellettuali
di Oxford a tal punto da indurre una parte di loro alla fuga. Essi si rifugiarono a Cambridge dove di fatto nel 1209 fondarono il primo nucleo della locale università. Da quell’episodio di cronaca nera, dunque, curiosamente sarebbe nata una delle più importanti università del mondo.
Ely. The monastic buildings.
di Ely. Se si considera
che Guala aveva svolto un
ruolo determinante nell’isola,
salvando il Paese e la monar-
chia e proteggendo il giovane re Henry
III per tutta la durata della legazione,
è lecito ritenere che nella scelta della ri-
compensa per il cardinale il sovrano sia
stato attento a valutazioni di natura eco-
nomica.
Il villaggio di Chesterton occupava una super-
fi cie di circa 2800 acri, dei quali solo 200 co-
stituivano il dono elargito a Guala dal sovrano.
La proprietà vercellese, infatti, non coincideva
con l’intero villaggio, bensì solo con la Rectory
Manor, ossia la porzione di terreni e fabbricati
appartenenti alla chiesa locale. Il resto delle
terre e degli immobili costituiva il cosiddet-
to Chesterton Manor ed era gestito dalla
Barnwell Priory, una comunità di cano-
Cambridge. Ponte sul fi ume Cam.
nici agostiniani fondata nelle vicinanze alla fi ne
del XII secolo. I terreni assegnati a Vercelli erano
frazionati in tanti piccoli appezzamenti: il più
vasto era coltivato da Alexander son of Giles,
mentre il più piccolo era condotto da Robert
of Papworth. Gran parte della superfi cie colti-
vabile era destinata alla produzione di grano ed
orzo, ma non mancavano altre coltivazioni e si
praticava anche l’allevamento di pollame e di
bestiame. Sembra corretto affermare che la pro-
prietà vercellese a Chesterton fosse caratterizzata
dalla presenza di 25 affi ttuari che conducevano
i terreni della chiesa e da altrettante famiglie che
vivevano nei vari edifi ci e poderi locali chiamati
messuages. Considerata la distanza tra Vercelli e
Chesterton, che all’epoca doveva sembrare un
notevole ostacolo, non è diffi cile immaginare
che i canonici vercellesi di Sant’Andrea trovas-
sero complicato e faticoso seguire la gestione dei
beni inglesi. Inizialmente essi decisero di conce-
dere in affi tto la proprietà ai membri della Bar-
nwell Priory. Pochi anni dopo, però (nel 1255),
quando quella comunità si dimostrò avida ed
aggressiva, l’arcivescovo di Milano chiese al so-
vrano inglese di intervenire affi ché gli agostinia-
ni della Barnwell Priory restituissero il controllo
di Chesterton all’abbazia vercellese. Nel 1256,
infatti, i canonici italiani presero a gestire diret-
tamente la proprietà, secondo il metodo noto
in Inghilterra come demesne farming146. Da quel-
l’anno in poi i canonici inviarono a Chesterton
un loro rappresentante italiano con il titolo di
procurator. Costui doveva gestire la chiesa e le
terre dell’abbazia in nome e per conto dell’aba-
te di Vercelli. Il procurator era affi ancato da un
bailiff indigeno al quale, in virtù della sua pa-
dronanza della lingua inglese e della conoscenza
degli usi e costumi locali, era affi dato il compito
146 Per demesne farming si intende l’amministrazione di una proprietà effettuata direttamente dal proprietario.
Cambridge. Barnwell Priory.
di collaborare con il procurator per il bene della
proprietà. Oltre al bailiff era presente anche un
reeve, che fungeva da assistente e forniva un uti-
le supporto in caso di necessità. Considerate la
lontananza geografi ca, la relativa solitudine e le
diffi coltà, agli occhi dei canonici vercellesi essere
inviati a Chesterton come procuratores non do-
veva apparire molto attraente.
I procuratores si fermavano in Inghilterra dai
10 ai 15 anni, il che spiega perché ben presto essi
sentirono l’esigenza di costruirsi una residenza
ove potessero godere di una certa privacy. Fin
dal 1250 un terreno di 2,5 acri a nord della
chiesa conteneva una canonica abitata dai vari
procuratores. Verso la metà del 1300, tuttavia,
venne costruita un’abitazione più grandiosa.
L’edifi cio esiste tuttora, sorge non
lontano da St.Andrew’s, è noto come
Chesterton Tower ed è uno dei
pochissimi esempi ancora
esistenti nell’isola di edifi cio
adibito a dimora di stranieri.
Si tratta di una costruzione
squadrata, a due piani, con
una torretta. All’interno
si trovano solo quattro
ambienti: nel corso dei
secoli essi sono stati
ripetutamente modifi cati,
tuttavia la stanza al piano
terra conserva ancora le
volte originali decorate da
sculture antropomorfi che
in pietra. Poiché spesso i
committenti chiedevano
ai costruttori di essere
immortalati nelle loro residenze per essere
conosciuti e ricordati dai posteri, non è escluso che
tali sculture in pietra rappresentino il procurator
vercellese che risiedeva nella Chesterton Tower
al momento della sua costruzione. Se così fosse,
saremmo dunque di fronte al ritratto di uno dei
primi canonici inviati da Vercelli a controllare la
vita e le fi nanze della comunità di St.Andrew’s.
In quanto Lords of the Rectory Manor i canoni-
ci erano anche responsabili dell’amministrazione
giudiziaria, fungendo da garanti del rispetto del-
le leggi e da intermediari tra la corte e la popo-
lazione. Essi erano pertanto autorizzati a istruire
processi noti come manorial courts, i quali ri-
guardavano principalmente piccole questioni di
tipo amministrativo e fi nanziario, generalmente
legate alla gestione delle proprietà terriere. Non
si trattava di grandi problemi giuridici,
naturalmente, dal momento che di
questi si occupavano i tribunali
più importanti, tuttavia erano
casi di notevole interesse per
la vita quotidiana del vil-
laggio. Malauguratamente
esistono ben pochi do-
cumenti relativi a quelle
vertenze. Da quanto ri-
mane possiamo dedur-
re che i processi istruiti
nella proprietà vercelle-
se non erano affi dati al
procurator, bensì al bai-
liff, perché quest’ultimo
parlava inglese e poteva
comunicare con le par-
ti. E’ vero che le senten-
ze venivano poi redatte
in latino, ma era certamente più saggio che le
udienze si svolgessero nella lingua parlata dalla
popolazione locale. A questo proposito occorre
tenere presente che la dominazione normanna,
iniziata nel 1066 con la battaglia di Hastings,
aveva introdotto l’uso del francese come lin-
gua della corte e della nobiltà, relegando la
parlata locale agli ambiti meno formali ed
istituzionali, come possiamo leggere nel ro-
manzo di Walter Scott. Lo stesso principio
doveva valere in materia di amministrazione
spirituale: i canonici vercellesi sapevano che
per quanto i riti fossero offi ciati in latino,
i fedeli comunicavano con il loro pastore
esclusivamente in inglese e perciò decisero
di affi dare la cura delle anime di Chesterton
non al procurator italiano, ma ad un Vicar
appositamente scelto tra i membri del clero
locale.Il Vicar era anche responsabile della
condotta di tutti gli ecclesiastici della comu-
nità ed era assistito da almeno un chaplain e
da diversi parish clerks. Al Vicar spettavano i
compiti di raccogliere il Peter’s Pence, distribuire
l’elemosina tra i bisognosi e assistere tutti coloro
che necessitavano di aiuto. Nel 1218 Guala no-
minò Adam of Wisbech Vicar di St.Andrew’s147.
Il testo della lettera con cui il cardinale comuni-
cò la nomina è il seguente:
147 L’autrice ringrazia il dottor Jonathan Smith del Trinity College di Cambridge per la collaborazione e per la conferenza La Basilica di Sant’Andrea in Vercelli e la chiesa di St.Andrew’s Chesterton, tenuta dallo stesso dottor Smith il 23 settembre 2006 presso il Seminario Arcivescovile di Vercelli. Allo studioso si deve anche un caloroso ringraziamento per aver reso possibile la consultazione dei manoscritti relativi ai legami tra Vercelli e Cambridge conservati al Trinity College e per le fotografi e degli stessi.
In questa lapide, posta nella chiesa di St.Andrew’s
Chesterton, sono elencati tutti i Vicars che esercitarono il loro ministero presso la parrocchia.
Guala miseratione divina tituli sancti Martini Presbiter Cardinalis Apostolice Sedis Legatus
Universis Christi Fidelibus praesentes litteras visuris, et audituris Salutem in domino.
Universitati vestrae notum facimus quod nos intuitu Dei concessimus Adae de Wisebech’
Capellano sue honestatis optuitu perpetuam Vicariam in Ecclesia S. Andreae de
Cestretune Elyensis diocesis, quam quidem Ecclesiam Dominus Henricus tertius rex
Anglorum illustris contulit Prioratui nostro quem in honore beati Andreae construximus
Vercellis. Habebit autem dictus Adam nomine Vicarie totum Altaragium integre tamen
garbis exceptis, et tertiam partem Mansi pertinentis ad Ecclesiam et duas acras terrae arabilis
quarum una proxima est Hysuenewenelle et extenditur versus Becheweye, et alia est in
Ferfurlongo ubi Ecclesia habet quinque Rodas. Habebit etiam novem solidos annuos de
redditu Tenentium Ecclesiae quos recipiet in quatuor terminis anni per manum Custodis
Ecclesiae. Vicarius quidem ipse cum Ministris suffi cientibus et ydoneis personaliter
ministrabit ibidem, et omnia onera debita et consueta quae ipsi Ecclesiae incumbunt
substinebit. Hanc ergo Vicariam de consensu domini Roberti tunc Elyensis electi assignatam,
Capellano memorato praesentium testimonio duximus confi rmare. Dat’ Rading’ xv kal’
Decembr’ Pontifi catus Domini Honorii Pp.III anno III. Ita in Membrana 55.inter Chartas
Tabularii S.Andreae Vercellarum spectantes ad Ecclesiam Cestretunensem”. 148
148 Frova, G. (alias Philadelpho Libico), op cit. p. 104 e Alcuni documenti su Chesterton, a cura di Mario Capellino (Vercelli, 1993). L’originale di questo documento è andato perduto, ma alla Biblioteca Reale di Torino se ne conserva una copia (ms.Pergamene XIII/88).
Dopo tale nomina sembra che la carica di
Vicar di St.Andrew’s Chesterton sia rimasta a
lungo vacante: il periodo forse coincise con la fase
in cui la proprietà era amministrata dalla vicina
Barnwell Priory. Probabilmente quest’ultima
affi dava la gestione di St.Andrew’s a uno o più
dei suoi membri, senza ricorrere ad un apposito
Vicar e realizzando un notevole risparmio sui
costi di gestione.
Nel 1256, in coincidenza con la separazione
tra St.Andrew’s e la Barnwell Priory, si tornò
a nominare il Vicar di Chesterton, per il cui
incarico fu scelto Stephen Rampton. Ancora
oggi sulla lapide che nella chiesa di Chesterton
elenca tutti i Vicars che nel corso della storia si
sono susseguiti alla guida della chiesa locale, il
nome di Stephen Rampton compare al primo
posto (la data della nomina è 1973).
Il legame di appartenenza tra l’abbazia
vercellese intitolata a Sant’Andrea e St.Andrew’s
Chesterton durò 227 anni, dal 1217 al 1444.
Come abbiamo visto, per i canonici vercellesi la
chiesa inglese fu sempre causa di preoccupazioni
e di diffi coltà. Non stupisce, dunque, che fi n
dal XIII secolo Vercelli cercasse di liberarsi
della proprietà. Nel 1298 il sovrano Edward I
concesse ai canonici di Sant’Andrea il permesso
di trattare la cessione di Chesterton alla Badessa
e alle suore del monastero di Waterbeach. Le
trattative si protrassero per un certo periodo, ma
poi si interruppero senza risultati apprezzabili.
Nel 1347 l’abbazia vercellese tentò
nuovamente di vendere Chesterton, questa
volta attraverso contatti con la Contessa di
Pembroke149. La donna era intenzionata ad
La relazione tra l’Abbazia di Sant’Andrea in Vercelli e St. Andrew’s Chesterton
149 Nel 1347 Edward III autorizzò la cugina Mary of the Pol, Countess of Pembroke, a fondare una “casa per studiosi” nella città di Cam-bridge. Il luogo doveva diventare il Pembroke College di Cambridge, da cui la nobildonna è ricordata come la fondatrice. Il documento con cui il sovrano concedeva l’autorizzazione a fondare il college è conservato negli archivi dell’istituto. Mary discendeva da quel Pembroke che abbiamo citato più volte come William Marshal, o Guglielmo il Maresciallo, già fi gura chiave del regno inglese all’epoca della missione di Guala Bicchieri. L’autrice desidera segnalare che l’attuale Dean and Chaplain of Pembroke College Cambridge è il Rev.nd Dr. James Gardom, fi no al 2006 Vicar di St.Andrew’s Chesterton. Dr. Gardom nel 2005 è stato fautore, con la stessa autrice, della rinascita dei legami tra la chiesa di Chesterton e la basilica vercellese.
The Chesterton Gressum Book. Courtesy Master and Fellows of Trinity College Cambridge.
assegnare la proprietà alle monache della Denny
Abbey, che erano sotto la sua protezione, così
come quelle di Waterbeach. Anche il tentativo
del 1347 tuttavia fallì e Sant’Andrea conservò
il titolo di “Lord of the Rectory Manor” di
Chesterton.
Nel 1391 un mandato papale stabiliva che a
causa della distanza tra l’Inghilterra e l’Italia la
chiesa e i beni di St.Andrew’s sarebbero dovuti
tornare in mani inglesi. La volontà del Pontefi ce
ebbe un ulteriore sviluppo di lì a poco, quando fu
redatto un documento che indicava il St. Mary
College di Oxford, oggi New College, come il
nuovo possibile custode di Chesterton. Ad un
certo punto, però, le trattative si interruppero
ancora una volta e la situazione rimase
immutata. Negli anni che seguirono
le diffi coltà andarono aumentando al
punto che si dovette abbandonare il
sistema del demesne farming con cui
la Rectory Manor era amministrata
sin dal 1256. La proprietà venne
infatti concessa in affi tto al londinese
Thomas de Wonderford.
Forti delle lettere uffi ciali con cui la Corona
aveva ripetutamente concesso la sua protezione
a Sant’Andrea (1254, 1348 e 1405), ricono-
scendone lo status di Lord of the Rectory Manor,
i canonici vercellesi si ritenevano al riparo dai
pericoli che incombevano su tutte le proprietà
gestite da stranieri. Nel breve volgere di qualche
anno, tuttavia, un nuovo ed imprevisto evento
si verifi cò sulla scena politica internazionale, in-
fl uenzando le relazioni tra Vercelli e Chesterton:
nel 1438 papa Eugenio IV fu deposto e sosti-
tuito da Amedeo VIII di Savoia, con il sostegno
di molti nomi illustri, tra cui il vescovo di Ver-
celli. La Chiesa inglese approfi ttò dell’occasione
per sottrarre Chesterton all’abbazia vercellese ed
offrire la proprietà al King’s Hall di Cambrid-
ge150. Nel 1440 il sovrano Henry VI151 assegnò
formalmente Chesterton al King’s Hall e la
decisione fu ribadita quattro anni dopo
da un documento (fi rmato da John
Salle, John Welles e William Spalding)
emanato da una commissione appo-
sitamente nominata. Era il 1444. La
storia dell’unione tra Vercelli e Che-
sterton era durata oltre due secoli.
150 Già nel 1412 il King’s Hall di Cambridge si era rivolto alla magistratura per dimostrare che Vercelli non aveva più alcun diritto di ammi-nistrare Chesterton. Sant’Andrea aveva risposto con le stesse armi. Gli archivi del Trinity College conservano i documenti relativi alla disputa e ci rivelano molti particolari interessanti, dei quali ci si promette di dar conto in un’altra occasione.151 Henry VI (1422/1471) fi glio di Henry V e Caterina di Valois. Sovrano della dinastia Lancaster. Salì al trono a soli nove mesi. e regnò at-traverso un reggente fi no al 1437. Coinvolto nella Guerra dei Cent’anni (fu durante il suo regno che l’Inghilterra combattè la terza ed ultima fase del confl itto, nella quale perse tutti i suoi possedimenti francesi, tranne Calais, e nella quale comprò Giovanna d’Arco dai Borgognoni. Come è noto, la giovane fu condannata al rogo nel 1431) e nella Guerra delle Due Rose, il re diede segni di squilibrio e fu imprigionato dai nemici nella Torre di Londra, ove fu ucciso il 21 maggio 1471. Poiché egli fondò l’Eton College di Eton e il King’s College di Cambridge, ogni anno in occasione dell’anniversario della sua morte, i vertici dei due colleges depongono gigli e rose nel punto in cui il sovrano spirò. Le vicende terrene della vita di Henry VI sono state ripercorse da Shakespeare.
Trinity College Cambridge. Henry VIII.
Non si può pensare che i Vercellesi si
arrendessero tanto facilmente. In effetti già
nel 1380 l’abbazia vercellese si era rivolta a
papa Sisto IV per tornare in possesso della
Rectory Manor. Il Pontefi ce aveva appoggiato
la richiesta, ma neppure il suo intervento aveva
potuto risolvere la disputa a favore di Vercelli.
L’abbazia tornò alla carica nel 1557, grazie
all’intervento di Emanuele Filiberto di Savoia,
che inviò presso la regina Mary Tudor due
emissari incaricati di perorare la causa vercellese.
Mary era cattolicissima e legata a Casa Savoia
da vincoli di amicizia e parentela. Certamente
avrebbe accolto con benevolenza la richiesta dei
due Italiani e restituito Chesterton all’Abbazia di
Sant’Andrea, ma non ne ebbe il tempo, poiché
morì alcuni mesi più tardi, nel 1558. Proprio
quando la soluzione era sembrata a portata di
mano la sorte aveva deciso diversamente. La
nuova sovrana, Elizabeth I, non proseguì l’opera
della sorella e Vercelli dovette rinunciare per
sempre alle sue pretese. Da allora St.Andrew’s
Chesterton è rimasta in mani inglesi. Il King’s
Hall ne conservò il possesso per un secolo.
Nel 1546 il College fu soppresso da Henry
VIII che, sentendo avvicinarsi la fi ne, decise
di fondare un college dedicato alla Santissima
Trinità fondendo diversi istituti, tra cui lo stesso
King’s Hall. Il nuovo ateneo fondato dal re si
chiamò Trinity College. Ancora oggi esso è il
patron di St.Andrew’s Chesterton e l’attento
custode dei preziosi manoscritti nei quali si
raccontano le vicende dei canonici vercellesi
inviati a Chesterton come procuratores e il loro
compito nella Rectory Manor.
Trinity College Cambridge.
Cambridge. St.Andrew’s Chesterton.
Trinity College Cambridge, the Chesterton Gressum Book. Il volume contiene i dati relativi all’amministrazione della proprietà della Chesterton Rectory Manor nel periodo compreso tra il 1256 e il 1444. Nella prima riga in alto si legge chiaramente il riferimento all’abbazia di Vercelli come custode della chiesa di Chesterton.
Courtesy Master and Fellows of Trinity College Cambridge.
Da St.Andrew’s Chesterton a Sant’Andrea in Vercelli
Come abbiamo visto, tornando dall’Inghil-
terra il cardinale si fermò nella natia Vercelli, ove
volle assistere personalmente alla fondazione del
complesso abbaziale di Sant’Andrea, da lui con-
cepito e fortemente voluto come dono al luogo
che egli tanto amava. Costruzione elaborata e
raffi natissima, oggi orgoglio e simbolo della bel-
la città piemontese, Sant’Andrea richiese un
enorme impegno economico,
che il cardinale potè sostenere
grazie ai risparmi accumu-
lati nella sua brillante
carriera e anche grazie
alle rendite prove-
nienti da St.Andrew’s
Chesterton. La ba-
silica vercellese e la
chiesa inglese sono in-
titolate allo stesso santo,
ma il particolare non deve
trarci in inganno: si tratta solo
di una coincidenza e non già di un
omaggio del cardinale Guala alla chiesa
avuta in dono dal re d’Inghilterra. In realtà poco
fuori dalla cinta muraria di Vercelli sin dal XII
secolo esisteva già una piccola cappella intitolata
a Sant’Andrea. Nel 1169 essa era diventata par-
rocchia e nel 1215 il vescovo di Vercelli l’aveva
donata proprio a Guala Bicchieri152. Quanto agli
ecclesiastici che animarono e amministrarono
il complesso abbaziale vercellese nel corso dei
secoli, dobbiamo registrare una storia piuttosto
complessa e travagliata. Nel 1219 Guala portò
con sé i canonici sanvittorini di Parigi e scelse
come primo abate Tommaso Gallo. Nella pri-
ma cappella del transetto destro è ospitato il
suo monumento funebre, che
ricorda ai visitatori i livelli di
eccellenza raggiunti dalla
vita culturale e spirituale
della Vercelli di quel
tempo. I sanvittorini
rimasero in posses-
so del luogo per oltre
due secoli, fi no al 1466,
quando furono sostitui-
ti dai canonici lateranensi.
Con loro l’abbazia divenne, se
possibile, persino più importante e pre-
stigiosa, al punto che l’abate locale era
in genere destinato a diventare generale
dell’ordine lateranense. Nel 1798 papa Pio VI
soppresse l’abbazia, così i canonici lateranensi
dovettero abbandonarla. Ad essi fecero seguito
i cistercensi, ma solo per pochi anni, in quanto
nel 1802 il governo francese (che allora domi-
152 Il presente lavoro non pretende certo di fornire un resoconto completo della storia della basilica. Per approfondimenti : Bo, G. L’Abbazia di Sant’Andrea(Vercelli, 1980); Faccio,G.C., Chicco,G.,Vola,F. Vecchia Vercelli (Vercelli, 1980);Bo,G., Guilla,M. Vercelli. Invito a scoprire la città in 9 itinerari (Vercelli,1994); Ordano, R. La Basilica (Vercelli, 1981); Ordano, R. Sommario della storia di Vercelli (Vercelli, 1955); Ordano,R. Storia di Vercelli (Vercelli,1982); Pastè, R., Arborio Mella, F. L’Abbazia di S.Andrea in Vercelli (Vercelli, 1907); Verzone, P. L’ab-bazia di S.Andrea (Vercelli, 1939).
Cambridge. St.Andrew’s Chesterton.
nava la città) soppresse tutti gli ordini religiosi e
mortifi cò i nobili scopi per i quali l’abbazia era
stata eretta. Il luogo infatti divenne tra l’altro
magazzino, ospedale militare e persino carcere
femminile, ossia teatro di attività ben più pro-
saiche e modeste di quelle per le quali esso era
stato originariamente fondato.
Nel 1823 la basilica fu nuovamente consa-
crata ed assegnata ad una comunità, quella de-
gli oblati di San Carlo, che però fu cacciata nel
1866, a seguito dell’ennesima soppressione delle
congregazioni religiose. In quell’anno Sant’An-
drea diventò proprietà del Comune di Vercelli, che
la possiede e la custodisce anche ai giorni nostri.
Proprio per decisione dell’amministrazione co-
munale nel 1930 i canonici lateranensi furono ri-
chiamati a vivere ed offi ciare nel bel complesso ab-
baziale. Per tutto il XX secolo essi hanno pregato e
operato sotto le antiche volte della basilica e nella
pace mistica del chiostro. Solo recentemente essi
hanno lasciato le loro antiche celle, questa volta non
per ingerenze politiche o per atti di sopraffazione,
ma semplicemente per ragioni di età. Il 2 settembre
2006 anche l’ultimo abate è volato in cielo. Si chia-
mava Mario Del Negro e aveva donato all’abbazia
il meglio dei suoi anni e delle sue energie. Ora è
certamente lassù, a vegliare sulla “sua casa”, accanto
al fondatore e alla lunga schiera di canonici che nel
corso dei secoli hanno scritto la storia dell’abbazia.
Fine e bilancio della missione
La missione inglese di Guala Bicchieri si
concluse nell’autunno 1218, probabilmente
su richiesta dello stesso cardinale, come si può
dedurre da lettere papali del 12 settembre dello
stesso anno. Vincent sostiene che Guala rimase
in ottimi rapporti con la Santa Sede e con il
collegio dei cardinali anche dopo la conclusione
della sua missione inglese e respinge la tesi di
Tillmann153 secondo la quale Guala sarebbe stato
richiamato a Roma dopo aver essere caduto in
disgrazia presso la Santa Sede, o comunque dopo
aver perso la fi ducia inizialmente concessagli da
Onorio III. Sembra lecito affermare che Guala
lasciò l’incarico mentre si trovava a Reading nel
mese di novembre del 1218 e che subito dopo
affrontò la traversata della Manica e il ritorno
a Roma. La data esatta della sua partenza dalle
coste inglesi è ancora oggetto di discussione tra
gli storici: Roger of Wendover154 la collocava il
30 novembre 1218, ma altre fonti ipotizzano
il 23155 dello stesso mese. Carpenter156 e
Richardson157 sostengono che Guala partì dalle
153 Vincent,N.op.cit.p.68; Tillmann,H. Die päpstlichen Legaten in England bis zur Beendigung der Legation Gualas 1218 (Bonn,1926) pp.116-117.154 Matthaei Parisiensis, Monachi Sancti Albani, Chronica Maiora, ed. H.L. Luard, 7 vols.,Rolls Series (London,1872-83).155 Si veda Vincent,N. op.cit. p.xlii nota; Annales Monastici, op.cit., i 63, ii 291, iv 410.156 Carpenter,D. op.cit. p.95.157 Letters of the Legate Guala H. G. Richardson, in The English Historical Review, Vol. 48, No. 190 (Apr., 1933), pp. 250-259.
St.Andrew’s Chesterton. L’ingresso.
coste inglesi addirittura nel mese di dicembre.
Se non è possibile stabilire con certezza la data
della partenza dall’Inghilterra, è tuttavia sicuro
che tornando a Roma Guala si fermò a Vercelli
dove attese alla fondazione dell’Abbazia158 di
Sant’Andrea, da lui voluta come omaggio alla
sua città natale.
Il viaggio di ritorno dovette essere caratteriz-
zato da un grande sfarzo e dispiego di mezzi, se
si pensa che la corona inglese stanziò un’ingente
somma in denaro e mise a disposizione due navi
per garantire al cardinale un ritorno degno del
suo prestigio.
Con la posa delle prime due pietre della
basilica vercellese si concluse la parentesi
britannica del cardinale. La missione si era
rivelata eminentemente politica, piuttosto
che religiosa. E proprio dal punto di vista
politico si era conclusa con un successo davvero
esaltante: aveva sventato il pericolo francese,
restituito energia e prestigio alla Corona inglese
e contribuito all’affermazione dei principi
democratici della Magna Carta.
E’certamente per questi meriti, ma anche
per i consigli, l’aiuto e la protezione che Henry
III ricevette dal legato che, rievocando la fi gura
di Guala, il giovane sovrano ebbe a riconoscere
che il cardinale aveva “…restituito all’Inghilterra
la pace e l’ordine, aiutato la monarchia inglese
a salvarsi dalla sopraffazione, (…) rispettato le
ultime volontà di King John e (…)assicurato la
continuità della dinastia plantageneta”.159
Non deve sembrare eccessivo, dunque, che
in una poesia che ricorda la battaglia di Lincoln
del 1217 Guala sia elogiato come “il famoso
legato, depositario di consigli benedetti, specchio
delle ragione, Guala l’amico di Dio, incoronato
con l’elmo del governo” 160.
158 Sappiamo che la chiesa fu fondata il 19 febbraio 1219, come risulta dal verbale che registrava la posa delle prime pietre: “anno Dominice Incarnationis MCCXIX, Indict. VII. Decimo die ante Kalendas Martii…duos lapides primarios in fondamento illius Ecclesie posuerunt…”.159 Curia Regis Rolls of the Reigns of Richard I, John and Henry III preserved in the Public Record Offi ce 17 vols. (London, 1922-92); “Epistolae Grosseteste”, 338-9 n.117.160 The Political Songs of England from the Reign of King John to that of King Edward II, Camden Society, ed. T.Wright, vi (1839) p.23.
Vercelli. Basilica di S.Andrea. Il bestiario medievale.
Ely Cathedral. The Lantern.
Cambridge: St.Andrew’s Chesterton. La chiesa e il churchyard.
Capitolo V
Nel corso dei suoi trenta mesi in Inghilterra
Guala fu in continuo movimento da un capo
all’altro del Paese: visitò cattedrali, monasteri,
parrocchie e se pensiamo a quant’era diffi cile e
faticoso spostarsi nell’età medievale dobbiamo
concludere che il cardinale aveva veramente la
stoffa del viaggiatore. Nel 1216, ad esempio, si
mosse continuamente tra Gloucester, Worcester
e Bristol, tenendosi prudentemente alla larga da
Londra e dall’Inghilterra sud orientale, ove erano
attestati i Francesi e i loro sostenitori. Sappiamo
che nel mese di dicembre del 1216 il cardinale
si trovava a Gloucester e che probabilmente tra-
scorse il Natale a corte, accanto al piccolo re che
aveva appena perso il padre. E’ lecito supporre
che il legato volesse far compagnia al giovane
Henry in un momento in cui il ragazzo dove-
va sentirsi particolarmente solo e bisognoso di
sostegno, ma certamente la sua presenza doveva
costituire un monito e un baluardo difensivo:
nessuno avrebbe infatti osato attentare all’inco-
lumità del sovrano in presenza del legato papale.
Nel 1217 Guala visitò più volte Oxford, King-
ston upon Thames, Gloucester, Londra. Nello
stesso anno si recò anche a Dorking, Chichester,
Newark, Chertsey e Worcester. Nel mese di mag-
gio visitò la contea di Nottingham, che all’epoca
di King John era stata teatro delle vicende dello
sceriffo locale e della banda di Robin Hood. Tra
agosto e settembre fu ospite a Windsor, presso
il meraviglioso castello voluto da William the
Conqueror al tempo della conquista normanna
Cronologia essenziale degli eventi relativi alla missione inglese e degli spostamenti di Guala Bicchieri in Inghilterra161
161 La cronologia è stata ricostruita con l’aiuto del prezioso volume di Nicholas Vincent, op.cit.
e ristrutturato da Henry II nel 1170. Nel 1217
Guala si recò certamente anche a Merton, Lon-
dra, Dover e probabilmente visitò in tranquillità
il sud del Paese, dopo che i Francesi si erano riti-
rati e le contee meridionali erano tornate ad es-
sere luoghi sicuri. Non abbiamo notizie precise
su come trascorse il Natale del 1217, ma in quel
periodo doveva trovarsi a Northampton162. Nel
1218 fu continuamente in viaggio e visitò loca-
lità anche molto lontane tra loro come Canter-
bury, York, Bury St.Edmunds, Oxford, Lewes,
Wargrave e Londra. Non deve sorprendere il
fatto che il legato abbia soggiornato poco nella
capitale inglese. Come si è visto nel secondo ca-
pitolo, nel Medio Evo i sovrani erano itineranti
e non consideravano Londra la sede principale
della Corona. Ma c’è di
più: durante la legazio-
ne di Guala la capitale
inglese era controllata
dai nemici di Henry III
e il cardinale se ne ten-
ne prudentemente alla
larga fi no alla fi ne del
confl itto anglo-france-
se. Guala, inoltre, aveva
bisogno di viaggiare per
occuparsi personalmen-
te delle infi nite questioni legali e politiche che
sorgevano ogni giorno nei villaggi, nelle parroc-
chie e nei monasteri di tutto il Paese.
La rete degli spostamenti del cardinale
viene oggi ricostruita attraverso le date e i nomi
delle località che compaiono sulle lettere e sui
documenti relativi all’epoca della missione.
Non disponendo di registri uffi ciali dobbiamo
limitarci ai pochi testi che sopravvivono, in
edizione originale o in
copia. In generale possiamo
schematizzare come segue
la rete degli spostamenti
di Guala:
162 Vincent,N. op.cit. p.157.
Ely. Graziosa abitazione medioevale.
Roma
FEBBRAIO 1216Partenza per l’Inghilterra. L’itinerario non è noto, così come non sono certi la data della partenza e l’itinerario percorso dal legato. Conosciamo solo alcune delle tappe.
Francia: Melun / Parigi
24 - 25 APRILE 1216E’ la tappa fondamentale del viaggio del cardinale. Coincide con un importante incontro diplomatico con la corte francese, ove Guala fu ricevuto da re Filippo II Augusto e dal principe Luigi VIII.
Neuss
TRA LA FINE DI APRILE E I PRIMI DI MAGGIO DEL 1216Da qui inviò una lettera che ci permette oggi di risalire a questa tappa del viaggio. La lettera rivela infatti che nel dirigersi a Calais Guala effettuò una lunga deviazione, quasi sicuramente per paura delle truppe francesi. In assenza di tale lettera non avremmo saputo spiegarci perché Guala avesse impiegato tanto tempo a raggiungere l’Inghilterra dopo la tappa presso la corte francese.
Canterbury
20 MAGGIO 1216Verosimilmente, a Canterbury i monaci del Christ Church lo ospitarono per la cena, ma Guala non trascorse la notte a Canterbury, per timore di essere assalito dai Francesi o da qualche traditore inglese. Sin dall’inizio della sua permanenza in Inghilterra, dunque, il legato si sentiva fi sicamente minacciato dal pericolo francese e per questo evitava accuratamente di viaggiare nelle zone controllate dai soldati di Luigi VIII.
Winchester
TRA IL 28 E IL 30 MAGGIO 1216A Winchester si era rifugiato il re per sfuggire alla cattura da parte delle truppe di Luigi VIII, che dal 21 di maggio stavano estendendo il loro controllo sull’Inghilterra sud-orientale.Qui il legato convocò un consiglio di ecclesiastici, nel corso del quale scomunicò Luigi VIII.
Bristol INTORNO AL 20 LUGLIO 1216
Gloucester INTORNO AL 21 LUGLIO 1216
Galles
AGOSTO 1216Pare che il legato abbia compiuto un tour del Paese nell’estate del 1216 e che proprio a tale visita risalgano i primi confl itti con il clero locale, soprattutto i cistercensi.
WorcesterSETTEMBRE 1216Presso la cattedrale di Worcester è ancora vivo il ricordo del cardinale.
Gloucester 17 OTTOBRE 1216
Worcester
19 OTTOBRE 1216Mentre Guala Bicchieri si trovava a Worcester King John arrivò, già in fi n di vita, al castello di Newark, dove fu assistito da un monaco e morì il 18 ottobre.
Gloucester
FINE OTTOBRE 1216Questo nuovo spostamento coincide con la cerimonia di incorona-zione di Henry III nella cattedrale di Gloucester (28 ottobre 1216) e con il vertice della corte riunitosi intorno al legato per procedere alla riorganizzazione del regno. Fu durante questo vertice, o forse in un momento privato tra le varie assemblee, che il legato persuase Mar-shal ad accettare il ruolo di reggente che King John aveva scelto per lui prima di morire.
Bristol (The Bristol Council)
11 E 12 NOVEMBRE 1216L’11 novembre 1216 Guala Bicchieri emanò una sentenza di inter-detto contro l’intero Galles, per punire la sua ribellione contro King John.
Questo viaggio coincide con la prima riconferma della Magna Carta, che venne effettuata su consiglio del cardinale e ratifi cata con i sigilli di Guala Bicchieri e William Marshal. La Magna Carta teoricamente era stata annullata da Papa Innocenzo III nel mese di agosto 1216, sotto l’infl uenza di King John. Il Papa aveva ritenuto possibile annullare il documento appellandosi al fatto che esso era stato estorto al re con la forza dai rebel barons.
Gloucester NATALE DEL 1216
gennaio 1217Sappiamo che nel mese di gennaio 1217 Onorio III affi dò ampi poteri a Guala Bicchieri, autorizzandolo a scomunicare tutti i nemici del re e porre le loro proprietà sotto interdetto.
Gloucester23 GENNAIO 1217PRIMI DI FEBBRAIO 1217
Dorking 28 FEBBRAIO 1217
Chichester APRILE 1217
Castello di Newark
17 E 19 MAGGIO 1217Sono i giorni che precedettero la Battaglia di Lincoln (20 maggio), scontro decisivo tra i Francesi (appoggiati dai ribelli inglesi) e l’esercito di Henry III, guidato da William Marshal.E’ qui che Guala pronunciò il suo discorso infuocato accendendo gli animi dei soldati ed equiparandoli a crociati in lotta contro gli infedeli.
Nottingham20-21 MAGGIO 1217E’ qui che William Marshal si precipitò dopo la vittoria di Lincoln, per annunciare a Guala la notizia del trionfo.
Chertsey 12 GIUGNO 1217
OxfordWindsorKingston upon ThamesWorcesterCanterburyMertonDover
ESTATE 1217È l’estate dello scontro decisivo di Sandwich, in cui la fl otta inglese sconfi sse defi nitivamente quella francese, ponendo fi ne alla guerra ed assegnando la vittoria ai Plantageneti.Dopo Sandwich iniziarono i negoziati di pace, che si svolsero a più riprese e in diverse località, ma sempre secondo la volontà del legato, che fu infl essibile nel dettare le condizioni del trattato.
Londra
22, 27, 28 E 29 OTTOBRE 12176 E 7 NOVEMBRE 1217E’ il momento del grande consiglio di Westminster, in cui con tutta probabilità venne emanata la seconda riedizione della Magna Carta. Contestualmente fu concessa anche la Charter of the Forest. Entrambe le leggi recavano il sigillo del legato e di William Marshal.
Wymondham 6 DICEMBRE 1217
Feltwell 9 DICEMBRE 1217
NorthamptonDICEMBRE 1217La settimana precedente il Natale Guala incontrò il re di Scozia, Alexander, che nel frattempo era stato assolto dalla scomunica.
Canterbury 7 GENNAIO 1218
Abingdon 19 GENNAIO 1218
Gloucester GENNAIO E MARZO 1218
Worcester
PRIMA METÀ DI MARZO 1218E’ il periodo in cui avvenne l’incontro con Llywelyn del Galles, che aveva accettato l’invito di Guala a comparire davanti ai rappresentanti del governo inglese per negoziare la pace. Nello stesso periodo Guala si occupò della vicenda di Robert de Gaugi e del castello di Newark. Il 27 luglio 1218 Gaugi si arrese al re e il castello fu restituito al vescovo di Lincoln con il beneplacito di Guala.
Malvern 17 MARZO 1218
York
PRIMAVERA 1218 (APRILE / MAGGIO)In questa occasione probabilmente Guala incontrò ed assolse dalla scomunica gli abati di Coupar, Melrose, Newbattle, Culross e Kinloss.
Howden 3 GIUGNO 1218
Faxfl eet 4 GIUGNO 1218
Bury St. Edmunds 20 GIUGNO 1218
Oxford 12 AGOSTO 1218
Chichester 2 SETTEMBRE 1218
Lewes 16 SETTEMBRE 1218
Londra 8 OTTOBRE 1218
Westminster 11 E 20 OTTOBRE 1218
Wargrave 24 OTTOBRE 1218
Cambridge. St.Andrew’s Chesterton. Particolare di un antico banco della chiesa.
Reading
5, 17 E 18 NOVEMBRE 1218Il 5 novembre Guala scrisse un documento in cui si riferiva alla cerimonia di incoronazione di Henry III, avvenuta presso la cattedrale di Gloucester. In tale documento il cardinale sottolineava che Westminster non doveva considerare violati i suoi diritti per effetto della scelta di Gloucester quale sede della cerimonia. Il 17 novembre 1218 Guala scrisse uffi cialmente la conferma dell’assegnazione perpetua del Vicarage di Chesterton a Adam of Wisbech. Secondo Frova l’originale di questa lettera si trovava a Vercelli presso gli archivi di S.Andrea, ma non è stato possibile rintracciarlo163. Nello stesso periodo Guala probabilmente lasciò il suo incarico di legato pontifi cio in Inghilterra.
Ritorno in Italia FINE NOVEMBRE O DICEMBRE 1218
163 Ne esiste una copia alla Biblioteca Reale di Torino (Pergamene XIII, 88).
Cambridge. St.Andrew’s Chesterton. Targhe commemorative che testimoniano l’amore della parrocchia per i concerti di campane.
To Lorna Dazeley, with gratitude.
Vercelli. Basilica S.Andrea.
Documenti e immagini
Grazie all’insostituibile collaborazione del
Chapter of Durham Cathedral e del Trinity Col-
lege di Cambridge (Master and Fellows of Tri-
nity College Cambridge, the Archivist and the
Library) è possibile inserire nel presente lavoro
le fotografi e di alcuni dei manoscritti risalenti
all’epoca di Guala Bicchieri e del tempo in cui
Vercelli amministrava St.Andrew’s Chesterton.
Alcuni di questi manoscritti sono il frutto del-
l’attività del legato:
• la Magna Carta del 1216, di cui pubbli-
chiamo qui il testo conservato a Durham
• la Forest Charter del 1217, conservata a
Durham
• la lettera di Guala Bicchieri indirizzata a
William de Roing.
Altri documenti sono successivi alla missione
di Guala in Inghilterra. Appartengono al Trinity
College di Cambridge, che li conserva da secoli
in quanto patron di St.Andrew’s Chesterton, e
riguardano i rapporti tra l’abbazia vercellese di
Sant’Andrea e la chiesa di Chesterton. Data la
vastità della materia e la ricchezza di materiale
ancora disponibile negli archivi inglesi non si
pretende qui di fornire un resoconto esaustivo
dell’argomento, bensì solo un primo esempio,
sperando di tornare sulle vicende in una prossi-
ma occasione.
Chesterton, l’edifi cio oggi noto come Chesterton Tower. Era la residenza
dei canonici che amministravano St.Andrew’s per conto dell’abbazia
vercellese di Sant’Andrea.
Trinity College Archive Box 22/17
Proceedings in the case of the Master or Warden and fellows, scholars or students of Kings Hall, Cambridge, v. William Bishop of Vercelli and administrator of St.Andrew’s Vercelli and its convent.
Courtesy the Master and Fellows of Trinity College Cambridge
Trinity College Archives Box 22/6
An exemplifi cation of John Judde of various early charters relating to the gift of Chesterton Rectory
to Vercelli, 23rd Mar 1404.
Courtesy the Master and Fellows of Trinity College Cambridge
Trinity College Archives Box 22/15.
Letters patent granting the rectory of Chesterton to The King’s Hall, 2nd May 1440.In questo documento è registrata la concessione della Chesterton Rectory al King’s Hall, nel 1440. Si ringrazia Jonathan Smith per la collaborazione.
Courtesy the Master and Fellows of Trinity College Cambridge
Trinity College Archives Box 22/10
An arrangement between Brother Conrad de Minelis and Thomas Wandesford of London, Merchant, to deliver books and archives to Vercelli, 16th Oct 1425.Nella foto (prima riga in alto) si legge chiaramente il nome della basilica vercellese. Si ringraziano Jonathan Smith per la collaborazione e Daniela Saglio per la fotografi a, scattata in occasione del primo viaggio a Chesterton e Cambridge della associazione culturale vercellese che si occupa dello studio della fi gura di Guala Bicchieri e della legazione inglese del cardinale.
Courtesy the Master and Fellows of Trinity College Cambridge
Ritratto di Guala Bicchieri conservato a Chesterton.
Courtesy Rev.nd Nicholas Moir, Vicar of St.Andrew’s Chesterton
Gwal’ miseratione divina tituli sancti Martini presbiter cardina-lis apostolice sedis legatus dilecto fi lio Willelmo de Roing’ salutem in domino. Attendentes fi dem et devotionem quam in negotiis regi set regni Anglie iam dudum et ma-xime tempore turbationis nuper preterite habuisti, tecum auctorita-te sedis apostolice cuius legatione fungimur dispensamus ut eccle-siam de Bedlinton’ quam tibi ve-nerabilis pater Ricardus Dunelm’ episcopus ad presentationem prio-ris et conventus Dunelm’ contulit, cum aliis benefi ciis ecclesiasticis que prius habebas, retinere pos-sis et in eis per alios deservire. In cuius rei testimonium presentem paginam scribi fecimus et nostri si-gilli munimine roborari. Dat’ apud Hoveden’ tercio non’ lun’.
Courtesy Chapter of Durham Cathedral
Lettera di Guala Bicchieri a William the Roing. The Chapter of Durham Cathedral.
Il documento che vediamo qui a sinistra è
una delle pochissime lettere originali di Guala
Bicchieri. Fu redatta dalla cancelleria del cardi-
nale il 3 giugno 1218 a Howden, secondo un
modello che molto probabilmente gli scrivani
del legato seguivano in tutti i casi analoghi. Il
destinatario è “Willelmo de Roing’”, ossia Wil-
liam de Roing o William de Roinges, un royal
clerk forse originario della contea dell’Essex par-
ticolarmente fedele e devoto alla Corona inglese
durante gli ultimi anni del regno di King John.
Per la sua devozione alla causa del sovrano e la
sua presenza al fi anco dello stesso in momenti
importanti della sua carriera politica William
de Roing aveva ricevuto dal re diverse chiese.
Ciò nonostante nel 1218 egli ottenne anche
la chiesa di Bedlington, in Northumberland,
e pertanto Guala Bicchieri gli indirizzò questa
lettera per autorizzarlo a detenere più di un
benefi cio. In tal modo William veniva di fatto
autorizzato a rimanere un pluralist, ossia, per
l’appunto, a possedere non uno, ma diversi be-
nefi ci ecclesiastici.
La lettera è conservata a Durham (Archives
and Special Collections, Durham Cathedral
Muniments 1.3.Spec.9 ). Come si può vedere, il
sigillo (la cui forma è detta “a mandorla”) è stato
impresso su cera naturale colorata ed applicato a
un funicolo membranaceo (striscia di pergame-
na) “sur double queue”.
Si ringraziano the Chapter of Durham Cathe-
dral nonché il professor Nicholas Vincent, che ha
pubblicato la lettera nel suo trattato su Guala Bic-
chieri più volte citato nel corso di questo lavoro164.
L’autrice deve al professor Vincent la scoperta di
questa preziosa lettera, il cui perfetto stato di con-
servazione ci conforta e ci autorizza a sperare che
in futuro sia possibile reperire altre lettere del car-
dinale, magari nello stesso perfetto stato di conser-
vazione.
La nitidezza della grafi a, la chiarezza del testo
e la facilità con cui è ancora possibile leggere la let-
tera e comprenderne il senso e lo scopo, inoltre, ci
proiettano nel lontano mondo del cardinale.
164 Vincent,N. op.cit. p.97.
Magna Carta del 1216Durham, University Library Archives & Special Collections Durham Cathedral Muniments Ref: DCD 1.2. Reg. 3
Come si può vedere dalla fotografi a, per la quale si ringraziano the Chapter of Durham Cathedral, il documento è in condizioni quasi perfette. In alto a sinistra si nota che la lettera H iniziale di Henricus è decorata. I sigilli di cera non sono più presenti, mentre rimangono le due strisce di pergamena alle quali i sigilli erano applicati.
Courtesy Chapter of Durham Cathedral
165 Vincent,N. The Magna Carta, (New York, 2007) p.74.
Durham 1217 Forest Charter.Durham, Archives and Special Collections, Durham Cathedral MunimentsRef: DCD 1.2. Reg.4
Del documento esistono solo due esemplari: uno è quello fotografato, conservato a Durham. L’altro è a Lincoln. Dal 1217 in poi, ogni volta che veniva riconcessa la Magna Carta parallelamente veniva riconfermata anche la Forest Charter. Per questa ragione i due documenti sono noti come “the Charters” o “the Charters of the liberties”. Lo studio della Magna Carta non può dunque prescindere dalla conoscenza della Forest Charter.165
Courtesy Chapter of Durham Cathedral
Come in molti racconti medievali, anche
nella storia di Guala Bicchieri compaiono mi-
steriosi forzieri, che alla morte del cardinale
furono trovati nel suo palazzo romano. Si trat-
tava di tre cofani grandi (scrinei) e due cofani
piccoli (cophini), autentici capolavori di ore-
fi ceria gotica. Erano caratterizzati da fermagli
in rame sbalzato, inciso e dorato, decorazioni
elaborate, ma soprattutto da medaglioni in
smalto champlevé realizzati nelle botteghe ar-
tigiane di Limoges, in Francia.
Il cardinale aveva certamente avuto modo di
conoscere personalmente l’arte limosina du-
rante i suoi soggiorni francesi. Sappiamo che
egli era particolarmente vicino all’abbazia pa-
rigina di Saint Victor, ove si conservavano me-
ravigliosi esemplari di orefi ceria limosina. Non
è escluso però che il cardinale abbia scoperto
le botteghe di Limoges grazie ad Innocenzo
III, che fu folgorato da tale artigianato du-
rante una visita all’abbazia di Grandmont nel
1198. Da allora il Pontefi ce rimase un fedele
Courtesy Museo Leone - Vercelli
Cofanetto di Guala Bicchieri. Vercelli. Museo Leone. L’oggetto ha un valore inestimabile. E’ un gioiello di artigianato limosino e si presenta perfettamente conservato.
ammiratore dei preziosi manufatti provenienti
da quella regione: agli inizi del 1200 chiamò a
Roma una équipe di artigiani limosini cui affi dò
l’incarico di decorare il frontale della Confessio-
ne di San Pietro; nel 1215, inoltre, nell’ambito
del Concilio Laterano IV, raccomandò che per
il sacramento dell’Eucarestia in tutte le chiese si
usassero oggetti sacri confezionati dagli artigiani
di Limoges.
Di tutti i forzieri del cardinale solo due sono
giunti sino a noi. Uno di essi è un cofanetto
conservato al Museo Leone di Vercelli: Guala
lo donò all’abbazia di Sant’Andrea nel 1224,
cioè tre anni prima della morte. E’ un oggetto
di rara bellezza, perfettamente conservato,
probabilmente confezionato intorno al 1220 e
già ammirato dagli studiosi francesi del Museo
del Louvre. L’altro cofano ancora esistente è
conservato al Museo Civico di Torino: è uno
dei tre “scrinei”, cioè forzieri di dimensioni più
grandi rispetto al cofanetto del Museo Leone, e
possiede una storia davvero affascinante, che si
intreccia con la morte del cardinale.
Nel 1227, quando Guala esalò l’ultimo
respiro, le sue spoglie mortali furono seppellite
a Roma in San Giovanni in Laterano, ma
successivamente furono traslate nella città natale
del legato, ove furono deposte nella basilica
donata da Guala alla sua Vercelli. Si sa che il
feretro fu deposto in un’arca di marmo presso
l’altare maggiore. Nel 1611 l’arca fu aperta e
rivelò la presenza di un cofano limosino (proprio
quello attualmente conservato a Torino) al
cui interno era conservato uno scheletro che
secondo i canonici dell’abbazia era quello
di Guala Bicchieri. L’abate Pietro Francesco
Malletto decise di ricollocare il cofano nell’arca
e di inserire nel cofano stesso una pergamena
al fi ne di testimoniare ai posteri che l’antico
forziere era in realtà la cassa contenente le
ossa del fondatore dell’abbazia. Molti anni più
tardi, forse all’epoca delle guerre napoleoniche,
i canonici estrassero il cofano dall’arca e lo
murarono nella parete sinistra del presbiterio,
probabilmente per proteggerlo da possibili atti
vandalici.
Nel 1823, nel corso di restauri della basilica,
l’architetto Arborio Mella si imbattè per caso
nel cofano e vi scoprì la presenza delle ossa del
cardinale. La cassa era in pessime condizioni
e fu necessario sostituire la struttura lignea,
ma i medaglioni in smalto champlevé e tutte
le altre decorazioni erano ancora splendidi e
furono riposizionati con la massima cura negli
stessi punti in cui erano stati trovati sul forziere
originario. I resti di Guala furono trasferiti in
una nuova cassa che fu posta a destra dell’altare
maggiore della basilica, mentre lo scrigno
antico fu donato al suo scopritore dall’allora
vescovo di Vercelli Giuseppe Maria Grimaldi.
Confrontando il cofanetto del Museo Leone
con la descrizione effettuata da Mella del cofano
da lui ritrovato sembra possibile concludere che
l’oggetto del Leone è ancora intatto, e che non
ha subito i pesanti interventi di restauro delle
parti lignee che invece si resero necessari per il
cofano scoperto da Mella.
Non è stato stabilito come i cinque cofani
limosini siano giunti nelle mani di Guala. Forse
gli furono offerti in dono da personaggi illustri
e magari dal Papa o dallo stesso re d’Inghilterra.
E’ interessante osservare che le due fi gure che
compaiono sulla serratura dello Scrinium
conservato a Torino hanno code terminanti
con fi ori che ricordano un motivo ornamentale
vicino al gusto dei Plantageneti166.
Anche sull’uso dei cofani non esistono in-
formazioni precise. E’ lecito supporre che Guala
vi riponesse effetti personali, libri, indumenti
liturgici e gioielli. Secondo Simonetta Castro-
novo167 nel cofano conservato a Torino Guala
conservava tra l’altro calici in oro e argento,
“una croce pettorale d’oro”, “nove anelli d’oro
con rubini, ventitre con zaffi ri, altri diciassette
anelli più piccoli senza pietre”, oltre a cucchiai-
ni, brocche d’oro e altri oggetti certamente di
grande valore.
Secondo le ultime volontà del cardinale, nel
1227 la collezione di oggetti preziosi di Guala pas-
sò all’abbazia vercellese di Sant’Andrea, ove rimase
sino alla fi ne del 1400, quando il patrimonio fu
smembrato e — malauguratamente — disperso.
166 Castronovo,S. Scrinium Cardinalis. Un tesoro medievale per il Museo Civico d’arte antica di Torino (Savigliano,2004) p.14.167 Castronovo,S. op.cit.p.13.
Cofanetto di Guala Bicchieri. Vercelli. Museo Leone. Particolare.
Courtesy Museo Leone - Vercelli. Per gentile concessione del Presidente Amedeo Corio.
Bury St.Edmunds: the Cathedral. Guala fu in questa città il 20 giugno 1218.
Guala Bicchieri: note biografi che
Guala Bicchieri nacque a Vercelli tra il 1150
e il 1160, da una potente famiglia borghese
ghibellina. I suoi antenati erano facoltosi
possidenti terrieri, esponenti di spicco del
Comune e delle istituzioni ecclesiastiche locali.
Suo padre era stato console di Vercelli e membro
del Consiglio di Credenza prima di partire per la
Terrasanta e morire nell’assedio di Acri durante
la terza crociata.
Grazie alle risorse economiche della famiglia,
Guala potè dedicarsi allo studio, manifestando
interesse ed attitudini per le materie giuridiche.
Nel 1187 divenne canonico di Sant’Eusebio,
poi lasciò Vercelli per perfezionarsi in diritto
canonico, forse a Bologna. Nel 1205 divenne
cardinale con il titolo diaconale di Santa Maria
in Portico. Due anni dopo iniziò la sua attività di
legato pontifi cio, collaborando con Innocenzo
III e poi con il suo successore, Onorio III.
Tra il 1208 e il 1209 operò in Francia, per
promuovere una nuova crociata, riformare i
costumi del clero locale ed affrontare la causa
di divorzio tra re Filippo Augusto e la moglie
Ingeborga di Danimarca. In quel periodo entrò
in contatto con l’abbazia parigina di Saint Victor
e con gli intellettuali ed artisti che gravitavano
intorno ad essa. Nel 1209 visitò brevemente
Vercelli con Tommaso Gallo ed altri sanvittorini
francesi, poi fu a Roma, dove Innocenzo III
gli conferì il titolo presbiteriale della chiesa dei
Santi Silvestro e Martino ai Monti, titolo che da
quel momento egli indicò nell’intitulatio di tutte
le sue lettere. Nel 1215 soggiornò nuovamente
a Vercelli, ove intendeva fondare una comunità
di canonici regolari e dove ricevette in dono dal
vescovo locale la piccola chiesa di Sant’Andrea,
che sorgeva poco fuori le mura della città.
Tornato a Roma per partecipare al IV
Concilio Lateranense del novembre 1215, nel
febbraio 1216 partì per la legazione inglese,
che si concluse alla fi ne del 1218. Di ritorno
dall’Inghilterra Guala sostò brevemente a Parigi,
quindi a Vercelli (ove il 19 febbraio 1219 assistè
alla posa delle prime due pietre della nascente
basilica di Sant’Andrea, che egli volle erigere
come omaggio alla sua città) e infi ne tornò
a Roma, dove rimase sino al 1224, al fi anco
di Onorio III. A Roma viveva in un sontuoso
palazzo in prossimità della chiesa di Santa
Maria maggiore, circondato dagli oggetti d’arte
e dagli arredi preziosi che aveva accumulato
nel corso della sua fortunata carriera. L’ultima
sua importante missione diplomatica risale al
1225, quando fu inviato in Campania presso
Federico II allo scopo di indurlo a promuovere
una nuova crociata. L’incontro con l’imperatore
dovette svolgersi all’insegna della stima e
dell’ammirazione reciproche, e certamente
Guala lasciò nel sovrano un’impronta indelebile
se l’anno dopo (era il 1226), dalla residenza
di Catania, Federico II emanò un diploma
di protezione imperiale per l’abbazia di
Sant’Andrea in Vercelli e per tutte le proprietà
che nel frattempo Guala aveva donato alla stessa
attingendo al suo patrimonio personale.
Alla morte di Onorio III, nel 1227, Guala
prese parte al conclave che elesse Gregorio IX.
Nello stesso periodo, forse presagendo l’arrivo
della morte, o forse toccato dalla scomparsa del
Papa, dettò le sue ultime volontà, con le quali
nominava erede universale dei suoi beni la sua
abbazia vercellese, pur non dimenticandosi di
altre chiese e comunità religiose di Vercelli e di
Roma. Poco dopo aver redatto il suo testamento
il cardinale concluse la sua missione terrena. Era
il 30 maggio 1227.
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Crediti fotografi ci
Tutte le immagini del volume sono dell’autrice, ad eccezione di:
pagine 45, 110, 141, 157: Daniela Saglio
pagine 144-145, 190-191, 192: Silvano Alboresi
pagine 156, 160, 161: Courtesy Chapter of Durham Cathedral
pagine 132, 136-137, 155-156: Courtesy Master and Fellows Trinity College Cambridge
pagina 157: Courtesy the Vicar of St.Andrew’s Chesterton
pagina 26: Fondazione Museo Borgogna di Vercelli
pagine 162, 165, 182-188: Museo Leone di Vercelli
Le immagini delle sguardie e delle pagine 182-188 riproducono stampe acquerellate di Carlo Emanuele
Mella. Si ringraziano il presidente del Museo Leone di Vercelli, Amedeo Corio, e la direttrice dello stesso,
dott.ssa Anna Maria Rosso.
L’iscrizione LUX CLERI PATER DECUS CAR GUALA DINALIS che decora in alto le pagine del libro
è tratta dalla lunetta di sinistra della facciata della basilica di S.Andrea ed elogia la fi gura e le opere del
cardinale.
The Plantagenets
Richard I (Richard the Lionheart
o Riccardo Cuor di Leone)(1189 – 1199)
Richard II
(1377 – 1399)
(John of Gaunt – Lancaster) (Edward the Black Prince)
(Edmund of Langley – York)
Henry II(1154 – 1189)
John Lackland(Giovanni Senzaterra)
(1199 – 1216)
Henry III(1216 – 1272)
Edward I(1272 – 1307)
Edward II(1307 – 1327)
Edward III(1327 – 1377)
Riproduzione di stampe acquerellate di Carlo Emanuele Mella. Si ringraziano il presidente del Museo Leone di Vercelli, Amedeo Corio, e la direttrice dello stesso, dott.ssa Anna Maria Rosso.
Riproduzione di stampe acquerellate di Carlo Emanuele Mella. Si ringraziano il presidente del Museo Leone di Vercelli, Amedeo Corio, e la direttrice dello stesso, dott.ssa Anna Maria Rosso.
Indice
Prefazione ........................................................................................................................... pag. 5
Ringraziamenti .................................................................................................................... pag. 6
Premessa ............................................................................................................................ pag. 9
Introduzione ......................................................................................................................... pag. 10
Cronologia degli avvenimenti più importanti 1199 – 1218 ................................................... pag. 14
I principali interlocutori di Guala Bicchieri ........................................................................... pag. 18
Capitolo 1: In viaggio nel Medio Evo .................................................................................... pag. 20
Capitolo 2: L’Inghilterra al tempo di Guala Bicchieri ........................................................... pag. 38
Capitolo 3: Il punto cardinale ............................................................................................... pag. 84
Capitolo 4: St.Andrew’s Chesterton e la basilica di Sant’Andrea in Vercelli ........................... pag. 120
Capitolo 5: Cronologia essenziale degli eventi relativi alla missione inglese
e degli spostamenti di Guala Bicchieri in Inghilterra .............................................................. pag . 146
Documenti e immagini ........................................................................................................ pag. 154
Guala Bicchieri: note biografi che ........................................................................................ pag. 168
Bibliografi a ........................................................................................................................ pag. 170
Crediti fotografi ci ................................................................................................................ pag. 180
La Ely Choral Society di Ely (U.K.) in concerto nella basilica di S.Andrea in Vercelli, in onore del cardinale Guala Bicchieri. Ambasciatori culturali nel segno della musica, della spiritulità e della storia.
Concerto per il cardinale: coro di voci inglesi nella basilica di Guala.
Gianna Baucero
IIn viaggion viaggiocon il cardinalecon il cardinale
Guala Bicchieri in Inghilterra (1216-1218): dalla corte inglese alla fondazione della basilica di S.Andrea in Vercelli
Con immagini e notizie inedite sulla storia della basilica vercellese
ISBN 978-8895125107
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Gianna Baucero è docente ordinaria di Lingua e Letteratura Inglese.
Appassionata di storia medievale inglese, ha fondato nel 2005 l’Associazione Culturale Chesterton, che si occupa della riscoperta e della valorizzazione della fi gura di Guala Bicchieri e dei legami che univano Vercelli all’Inghilterra in epoca medievale.
Nel 2005, in occasione della mostra “Scrinium Cardinalis” ha realizzato con Dr. James Gardom, attuale Dean and Chaplain of Pembroke College Cambridge, e con l’assessore alla Cultura del Comune di Vercelli, Dott. P. Giorgio Fossale, la ripresa dei rapporti tra Vercelli e St.Andrew’s Chesterton, la chiesa che fu donata a Guala dal re inglese Henry III.
Si occupa di ricerca storica e dell’organizzazione di eventi che avvicini-no Vercelli alla cultura inglese e promuovano l’immagine di Vercelli nei Paesi anglo-sassoni: ha organizzato il tour del Choir of Ely Cathedral a Vercelli e provincia nel 2006, il tour del Pembroke College Chapel Choir a Vercelli nel 2007 e numerose conferenze dedicate a Guala Bicchieri e alla sua legazione inglese.
Ha collaborato con l’Assessorato alla Cultura di Vercelli in occasione dell’evento espositivo “Peggy Guggenheim e l’Immaginario Surreale” del 2007/8, organizzando il ciclo di conferenze “Da Guala a Guggenheim”.
Nel corso dei suoi frequenti viaggi in Inghilterra ha realizzato diversi reportages fotografi ci, dai quali ha tratto alcune delle immagini contenute nel volume.
SAVIOLOEDIZIONI
Gian
na B
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SAVIOLOEDIZIONI