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«La divisione città-collina deve essere superata»Andreatta: «Dobbiamo investire suU'interdisciplinarietà>> «Ateneo e centri di ricerca: collaborazionenell'autonomia»

Data: 12/02/2013 | Fonte: Corriere del Trentino | Pagina: 4 Aggiungi al PDF

TRENTO--Non ama le separazioni artificiali, Marco Andreatta. Sarà l'indole delmatematico sensibile alle scienze sociali Tanf è che quelle frontiere tra disciplinetecniche e umanistiche, a suo dire, vanno sgretolate. Anche nella loro accezionegeografica: «Dobbiamo superare la logica "città e e collina" -- spiega -- è totalmenteobsoleta». Ospite dell'incontro organizzato dal Corriere del Trentino, il docenteordinario di geometria ed ex preside di Scienze -- oggi candidato al rettorato per lasuccessione di Davide Bassi--ha ridisegnato i confini dei saperi. L'orizzonte è uncrocevia, una miscellanea di risorse e intelligenze disponibili: «Le strade delle disciplinetecniche e umanistiche devono intrecciarsi -- precisa -- nella ricerca e nella didattica».Bioetica, biodiritto, neuroscienze. Queste le potenzialità Incalzato dalle domande di Viola Galligioni,presidente dell'associazione dottorandi e dottori di ricerca (Adi), Andreatta ha poi individuato i passifondamentali. Investire nella trasversalità delle discipline significa abbandonare vecchi schemi: «Dobbiamosuperare le vecchie appartenenze -rilancia--legate all'università del passato». Professore, lei è stato definitoun «matematico umanista». Una locuzione che, in effetti, trova piena realizzazione nel suo programma. Dire«interdisciplinarietà» cosa significa? «Quando s'incrociano le strade delle discipline tecniche e umanistiche esi sperimenta qualcosa di nuovo, a cavallo, si realizza il progresso della ricerca e della società in generale.Credo che percorsi interdisciplinari possano essere individuati sia per la ricerca sia per la didattica e laformazione. In quest'ultimo caso mi riferisco in particolare alle lauree magistrali e al dottorato. Già tanto èstato fatto. Pensiamo al paradigma della scienza della vita: abbiamo una serie di aree presenti in ateneo,dalle biotecnologie, ai biomateriali, alla bioetica, il biodiritto, le neuroscienze. Ecco, queste sono sfere dove ilrapporto tra ricerca scientifica e umanistica s'incrociano. Sono convinto che qui si possa spingere ancheuna sperimentazione didattica, percorsi magistrali interdisciplinari, dei master in biodiritto. Già ci sono dellecompetenze condivise, allora dobbiamo implementarle con coraggio, n punto è saper valorizzare le risorseesistenti, farle interagire e creare qualcosa di nuovo». Ma, come rileva Viola Galligioni, i docenti sono pronti aquesto salto? «Tutti noi docenti dobbiamo capire che la laurea triennale è il primo passo. La magistrale, ilmaster americano, è un percorso più libero, più aperto, più articolato, non così burocratico com'eral'università italiana di una volta Io penso di sì, ci sono le competenze e la fantasia per avviare percorsitrasversali. Purché si superi una logica di appartenenza a un settore che, in realtà, è un'impostazionecontraria alle necessità dell'oggi, ovvero al superamento degli schemi e delle barriere». Gli approcci e lesensibilità diverse dei sei candidati rettore emergono in particolare sul tema della ricerca, o meglio sulrapporto che si dovrebbe instaurare con il sistema della ricerca trentino (Star). Qua! è, a suo avviso,l'equilibrio ideale? Stefano Vitale, per esempio, cita il modello tedesco del Max Planck. «Io ho lavorato perdiversi mesi al Max Planck di Bonn e credo che il caso trentino sia diverso da questo modello. In Trentinoabbiamo enti di ricerca strutturali, enti strumentali della Provincia che lavorano per obiettivi. Detto questo:avere delle collaborazioni con le istituzioni di ricerca presenti sul territorio è fondamentale,importantissimo. È un'occasione, per entrambi, per fare massa critica e avere progetti di ricerca europei,mettendo in comune laboratori e macchinari, condividendo dottorandi e post-doc. Sul personale docentenon so, la doppia affiliazione non mi convinca In linea generale dev'essere rispettata l'autonomia reciproca:l'università ha un obiettivo di ricerca coniugato con la didattica diverso da quello dei centri di ricerca». Neisuoi interventi parla spesso di giovani, di una generazione fiaccata dalla crisi e che va accompagnata. Come?«Oggi ci sono vincoli esterni terribili: il blocco del turnover, per esempio, n contesto economico e strutturalerende tutto più difficile, il Paese punta sui vecchi e non sui giovani. All'università di Trento, salvopochissime eccezioni, non c'è più un professore, associato o ordinario, sotto i quaranf anni. È incredibile.Come provare, allora, a dare delle prospettive? Una delle prime cose da fare è attivare la Commissionereclutamento prevista dallo statuto, affinchè studi tutte le possibilità e i metodi per favorire l'accessoall'università, con quali contratti e con quali garanzie. Collaborazioni con istituti di ricerca internazionali elocali, come per esempio sta facendo Trento Rise, sono un'ottima partenza Mi piacerebbe che i giovaniassunti a tempo determinato fossero responsabilizzati: questo significa dare loro fondi di startup conresponsabilità specifiche, significa dare loro la possibilità di gestire in prima persona dei progetti di lavoro,anche più pagati. Un aspetto, questo, che non va sottovalutato. Molti giovani scienziati vanno all'esteroperché possono avere una vita più dignitosa). Didattica: come sperimentare forme più innovativerispettando la qualità? Con un rapporto studenti-docenti non propriamente brillante è fattibile? «Trento è incontrotendenza rispetto ai dati nazionali, gli studenti aumentano. Questo crea anche delle necessitàOvviamente avere più docenti sarebbe la via da seguire. Risolvere il problema con escamotage di altro tipopuò essere rischioso. Sono favorevole alla didattica online, ma quella frontale è indispensabile. Quello chepossiamo fare, allora, è sperimentare sinergie con atenei vicini, per offrire percorsi qualificati. Non è lasoluzione madre, certo, ma un aiuto per riqualificare la didattica). Ma la riforma Berlinguer e l'attualeperimetro del «tre più due» non ha forse minato la qualità dei percorsi accademici? «In media c'è stato un

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