Lista (provvisoria) dei docenti (titoli e riassunti delle lezioni/corsi/seminari): Giorgio Parisi (Università Roma “La Sapienza” e Presidente dell’Accademia Lincei - Fisica) (si attende una risposta) Lamberto Maffei (Scuola Normale Superiore Pisa e Accademia Lincei - Neurofisiologia) Titolo provvisorio “Linguaggio e pensiero nella formazione dell’intelligenza” Carlo Ossola (Collège de France Parigi e Accademia Lincei - Letteratura) Titolo provvisorio “La descrizione della natura nell’opera letteraria” (il 29 ottobre) Sergio Albeverio (Università di Bonn - Matematica e Fisica) Titolo provvisorio “Natura e fenomeni estremi” (il 28 ottobre) Mauro Carfora (Università di Pavia - Fisica) Titolo provvisorio “Entropia e irreversibilità nella natura” (28 ottobre) Giuseppe Mussardo (SISSA Trieste - Fisica) Titolo “A qualcuno piace freddo. Una breve storia della fisica delle basse temperature”
Riassunto: Si discute di come l’uomo via via si sia addentrato nel territorio delle basse temperature e
di quello che ha scoperto in questo viaggio. Questa è la storia di Michael Faraday e dei suoi primi
tentativi di liquefare il cloro, della grande rivalità’ che divise Dewar e Omnes per ottenere la
liquefazione dell'elio, della scoperta della super-conduttività e della superfluidità e della conquista del
limite ultimo della Natura, lo Zero Assoluto.
Referenze
Kurt Mendelssohn, Sulla via dello zero assoluto, Il Saggiatore 1966.
Stephen Blundell, Superconductivity. A Very Short Introduction, Oxford University Press 2009
Giuseppe Mussardo, L’Alfabeto della Scienza, Dedalo (in stampa)
Lorenzo Fioramonti (Università di Pretoria e Vice Ministro alla Pubblica Istruzione, Ricerca e Università - Economia politica) Ha risposto positivamente all’invito, aspettiamo un titolo. Alberto Oliverio (Università Roma “La Sapienza” - Neuropsicologia) Titolo “Determinismo, plasticità cerebrale e coscienza” Il tema dei rapporti tra nature e nurture, natura e cultura, è stato al centro di lunghe discussioni
filosofiche: nel campo della visione, giustamente si cita Voltaire che ebbe a dire che “Si impara a vedere
esattamente come si impara a parlare e a leggere”. Voltaire, in qualche modo, ha anticipato uno degli
aspetti della plasticità e del non determinismo che hanno rivoluzionato l’immagine del cervello e il modo
stesso in cui le neuroscienze guardano oggi al ruolo dell’ambiente e del classico problema
nature/nurture. Questa diversa concezione del cervello affonda le sue radici negli ormai classici studi di
David Hubel e Torsten Wiesel (1975) centrati sulle dinamiche con cui si stabiliscono le connessioni
nervose tra la retina ed il IV strato della corteccia visiva nel corso dello sviluppo, dinamiche che in un
periodo critico come sono le prime settimane di vita possono portare a une cecità centrale nel caso di
una prolungata occlusione di un occhio.
A mio parere, però, le ricadute del concetto di plasticità nervosa riguardano, più in generale, la
concezione che abbiamo del cervello. Un aspetto di questo problema riguarda il presunto legame
esclusivo tra una particolare area della corteccia cerebrale e una funzione specifica: in realtà questo
legame univoco è generalmente raro in quanto, come indica Stanislas Dehaene (1997) la storia evolutiva
del sistema nervoso indica che nella stessa struttura possono essere conservate funzioni precedenti e a
queste affiancarsene di nuove, connesse tra loro da una logica interna. Ciò spiega come la comparsa
della scrittura o delle abilità numeriche nella specie umana si sia verificata in tempi troppo rapidi per
essere compatibili con l’evoluzione di apposite strutture cerebrali. La versatilità funzionale di una stessa
area deve spingerci a riflettere sul concetto di funzione mentale in quanto questa rispecchia spesso
concetti o categorie operative, al centro della nostra cultura, che però non dipendono dall’esistenza di
programmi insiti nella struttura cerebrale.
David Hubel, nel suo libro “Occhio, cervello e visione”, nota come la straordinaria capacità da parte del
cervello a trattare separatamente attributi come la forma, il colore e il movimento, sollevi
immediatamente il problema di come tutta l’informazione sia alla fine unificata per consentirci di avere
la percezione, per esempio, di una palla rossa che rimbalza. Questa dimensione unitaria di diversi
processi mentali, ad esempio la ricostruzione dei singoli aspetti di una percezione, riguarda la capacità
dell'Io di vagliare e sintetizzare le esperienze del mondo esterno ed interno, integrandole in un insieme
di coordinate spazio-temporali. Partendo dalla cosiddetta “coscienza primaria” Gerald Edelman e Giulio
Tononi hanno affrontato “la coscienza di essere coscienti”, la coscienza legata all’integrazione tra
coscienza primaria, memoria simbolica e linguaggio: una coscienza che dipenderebbe dal cosiddetto
meccanismo del “rientro”, una sorta di incessante brusio neuronale attraverso cui i nuclei profondi del
cervello pongono in relazione le diverse mappe che a livello della corteccia racchiudono le diverse
rappresentazioni di una stessa esperienza.
In qualche modo la concettualizzazione di Edelman e Tononi richiama quel ruolo del dialogo interiore
che è al centro delle opere di James Joyce, e in particolare in Dedalus e ne l’Ulisse: lo scrittore mette in
scena una sorta di viaggio all’interno della coscienza, un flusso di sensazioni, ricordi, associazioni che
rispecchiano gli stati di coscienza dei personaggi e del narratore stesso. Ma il fluire caotico delle
associazioni, che caratterizza la nostra coscienza può essere indagato, oltre che con gli strumenti del
letterato, dal punto di vista scientifico? La coscienza può essere esplorata nelle sue diverse dimensioni
psicobiologiche così da chiarirne la logica interna? Oggi, grazie allo sviluppo di complesse tecniche
neurofisiologiche è possibile comprendere quando diveniamo consapevoli di un evento ma anche
quando questo evento non approda alla coscienza.
Bibliografia
Dehaene S., Coscienza e cervello, Raffaello Cortina, Milano 2014.
Edelman G.M. e Tononi G., Un universo di coscienza. Come la materia diventa immaginazione,
Einaudi, Torino, 2000.
Oliverio A., La vita nascosta del cervello, Giunti, Firenze 2010.
Flavio Keller (Università Campus Bio-Medico, Roma - Fisiologia umana) Titolo provvisorio “Le basi genetiche ed evolutive del linguaggio umano” (30 ottobre) Luigi Miraglia (Accademia Vivarium Novum, Frascati - Filosofia) Novella Bellucci (Università Roma “La Sapienza” - Letteratura e Poesia) Franco D’Intino (Università Roma “La Sapienza” - Letteratura e Filosofia) Giulio Ferroni (Università di Roma “La Sapienza” - Letteratura) Titolo “Natura, spazio, tempo in Machiavelli”
Paola Italia (Università di Bologna - Letteratura) Titolo “Uomo e natura tra Leopardi e Gadda” (2 novembre) Letture consigliate:
G. Leopardi, Operette morali,
Appunti leopardiani (in formato PDF)
Il Companion Carocci di Franco D’Intino su Leopardi.
Luciano Boi (EHESS e CiPh, Parigi - Matematica e Filosofia della Scienza) Titolo: “La matematica invisibile che genera azione e armonia nella natura” Olga Pombo (Università di Lisbona - Filosofia) Titolo provvisorio “Nature and the unity of thought” (28 ottobre) Françoise Graziani (Università di Corsica – Letteratura e Filosofia) Titolo provvisorio “Interrogazioni filosofiche sulla natura, da Aristotele a Bruno” Alberto Folin (Università di Napoli – Letteratura) Titolo “Leopardi: uomo e natura” (2 novembre) Ignazio Licata (Università Palermo – Fisica ed Epistemologia) Titolo “Osservare le nuvole, percorsi tra mappe e territori” (29 ottobre)
Remo Bodei (UCLA e Scuola Normale Superiore, Pisa - Filosofia) Titolo Umberto Curi (Università di Padova - Filosofia) Titolo provvisorio “ ” Tomaso Montanari (Università di Siena - Storia e Teoria dell’Arte) (si attende una risposta) Amalio Marichalar (European Environment Foundation - Sostenibility) Titolo “Sobre sostenibilidad y cultura” Antonio Rostagno (Università Roma “La Sapienza” – Musica ed Estetica) Titolo “Musica humana (Boezio), Reinmenschilche (Wagner) e la ‘sovrumana’ musica
assoluta” Riassunto. Mettere insieme Boezio e i romantici potrebbe sembrare a prima vista disorientante. Ma sia la umanità della musica sia la sua qualità assoluta sono categorie che si fronteggiano per tutta la storia della musica premoderna e moderna, da Dante a oggi. Quando Dante ascolta Casella quella è solo musica umana; quando ascolta i cori angelici del XXVII ("tutto il paradiso" che canta il Gloria; la "sinfonia di paradiso") ecco l'esperienza di una musica assoluta, che non parla né "descrive" nulla, ma è piena della claritas, ossia grazia in forma luminosa. Wagner non è molto lontano nel finale delle quattro opere che costituiscono la spina dorsale della sua produzione: L'Olandese volante, Tristan, Il crepuscolo degli dei, Parsifal. Piero Bevilacqua (Università Roma “La Sapienza” - Storia Contemporanea) Titolo "L'agricoltura industriale ignora la natura" (29 ottobre) Riassunto: Tratterò il tema con uno sguardo storico di lungo periodo, e a livello globale, mostrando
come l'agricoltura sia consistita, nei secoli, nella capacità degli uomini di far operare la natura al fine di
produrre cibo, utilizzando tutti i mezzi per rigenerare la fertilità del suolo: quell'ecosistema che è alla
base della vita sulla Terra. Ovviamente con una lunga carrellata, arriverei alle caratteristiche
dell'agricoltura attuale, che non punta alla rigenerazione della fertilità, ma saccheggia la terra (estraendo
fosfati e potassio dalle miniere sparse per il mondo e consumando petrolio per fabbricare azoto) e non
coopera con essa, fondandosi su un dominio distruttivo e ormai insostenibile.
Testi di lettura:
V. Shiva, Terra Madre. Sopravvivere allo sviluppo, Utet
C. Petrini, Buono pulito e giusto, Einaudi; Manifesto Food for health, Terra Nuova edizioni
P. Bevilacqua, Il cibo e la terra. Agricoltura, salute e ambiente negli scenari del nuovo millennio,
Donzelli.
Ignacio Armella Chavez (Accademia Vivarium Novum - Filosofia antica) Titolo provvisorio “La natura nella poetica lucreziana” (1° novembre) Augustin Berque (EHESS – Geografia e Filosofia orientale (Giappone)) Titolo “Transhumanisme et cyborgie, ou recouvrance de la Terre?” Riassunto/Abrégé – Parler d’«anthropocène», c’est attribuer à l’humanité tout entière la responsabilité
des ravages que subit l’environnement terrestre à cause de l’action humaine. Or cette responsabilité
n’est pas celle de l’humanité en général, mais celle d’un certain type de civilisation, dont ne profite
qu’une minorité, à l’exclusion des autres humains. Ceux qui ont provoqué et continuent d’aggraver
l’anthropocène ne sont pas ceux qui en pâtissent.
La cause principale de l’anthropocène s’est instaurée en Europe au XVIIe siècle : elle a consisté à
couper le lien entre l’être humain et le milieu terrestre, converti en un simple objet mécanique,
manipulable et utilisable à volonté. Le milieu, tant social qu’écologique, est devenu ce qu’il est pour le
capitalisme : une simple externalité, dont l’échelle a enflé au point de mériter aujourd’hui un nom,
l’anthropocène.
Or le lien entre l’être humain et son milieu n’est pas supprimé pour autant. L’humain dépend de plus
en plus de son milieu extra-individuel (social, techno-symbolique, collectif) comprenant aussi les
écosystèmes. Il y a interdépendance, couplage dynamique entre l’humain et son milieu. L
’environnement est un objet abstrait que s’est donné la science moderne, l’écologie en l’occurrence. Le
milieu n’est pas l’environnement, et corrélativement, la mésologie n’est pas l’écologie, science de
l’environnement. Les êtres vivants ne sont pas des machines, mais des « machinistes », et
corrélativement, leur milieu non plus n’est pas le donné environnemental brut. Dans la réalité concrète,
les choses n’existent pas en soi – de purs objets – mais toujours en tant que quelque chose pour un
certain être.
Dans l’idéologie du transhumanisme, en particulier dans la figure du cyborg, prétendue liberté idéale
ou autonomie du corps individuel, on cache en fait sa dépendance exponentielle à l’égard des systèmes
techniques ( par exemple nos téléphones portables, dont chacun suppose un système mondial tant pour
sa fabrication que pour sa vente et son fonctionnement). Cet idéal ne peut que nous conduire à un
déséquilibre dangereux, poussant l’anthropocène toujours plus outre vers des effets incontrôlables, qui
mettent en danger notre existence même sur la Terre. La Sixième Extinction risque bien d’entraîner la
nôtre, la conjecture est à peu près certaine. Ni notre maîtrise relative des lois physiques, ni même celle
des processus biologiques, ne pourront nous sauver du désastre inéluctable d’un monde qui dévaste
absurdement la Terre qui le porte. Pour échapper à un tel sort, c’est une révolution que nous devons
accomplir : répudier la figure abstraite du sujet individuel moderne toisant un environnement objectif,
et assumer rationnellement notre condition terrestre.
L’anthropocène, plutôt qu’une simple question de géologie, devrait donc aussi être considéré comme
un problème social. Autrement dit, c’est un drame du milieu humain, qui devrait plutôt s’écrire
«anthropocène». C’est une pièce de théâtre, une comédie humaine que nous nous jouons à nous-mêmes.
Nous autres humains avons toujours été le sujet principal et le metteur en scène de la comédie humaine
– mais cela ne signifie pas que le vivant (l’humain en particulier), tel un dieu, créerait son propre milieu
à partir de rien. Il ne peut le créer qu’à partir de la matière première que sont les données brutes de
l’environnement. Ces données sont interprétées par les sens et par l’action, par la pensée et par la
parole.
Il s’agit donc de recouvrer nos liens à la fois géographiques, ontologiques et logiques avec la Terre,
liens qui ont été coupés par le dualisme moderne et son rationalisme du tiers exclu. C’est d’abord par
la terre (le sol arable) que nous devons recouvrer la Terre ; car si, à la rigueur, nous pourrions nous
passer de bien des acquis de la modernité (les Amish le font bien), nous ne pourrons jamais nous passer
de manger ; or le fait est que notre présente agriculture industrielle est devenue l’un des pires facteurs
aggravants de l’anthropocène : elle massacre les sols par ses intrants et sa mécanique lourde, ravage
la biosphère par ses biocides, torture les animaux d'élevage, tout en ruinant et décimant la paysannerie
et en faisant proliférer la malbouffe par ses biocides. Dépasser la modernité, ce sera donc, d’abord et
indissociablement, dépasser cette agriculture devenue mortifère par une agroécologie tournée vers la
vie, pour recouvrer durablement nos liens existentiels avec la terre, avec la Terre.
Indications bibliographiques
BERQUE Augustin, Ecoumène. Introduction à l'étude des milieux humains, Paris, Belin, 2000, 2008.
Id., Poétique de la Terre. Histoire naturelle et histoire humaine, essai de mésologie, Paris, Belin, 2014
(Poetics of the Earth. Natural history and human history, London : Routledge, 2019).
DUFUMIER Marc & LE NAIRE Olivier, L'agroécologie peut nous sauver, Arles, Actes Sud, 2019.
Giulio Maria Chiodi (Istituto universitario “Suor Orsola Benincasa” Napoli - Filosofia del diritto) Titolo “ ” Guido Alliney (Università di Macerata – Filosofia medievale) Titolo “La denaturalizzazione della volontà” (Il 28 ottobre pomeriggio o 29 mattina) Riassunto: Il contrasto fra l’agire libero, inteso come contingente, e l’agire naturale, considerato
necessario, sembra oggi individuare due sfere irriducibili della realtà: da un lato, l’universo fisico che si
sviluppa secondo leggi deterministiche e necessarie, dall’altro il mondo umano che opera tramite scelte
autodeterminate e libere. Questa frattura che distingue l’umano dal naturale appare con evidenza nella
riflessione scolastica sulla libertà. In particolare, è Giovanni Duns Scoto a sancire un’opposizione
trascendentale fra natura e libertà, sottraendo l’agire umano dal teleologismo naturale in cui era stato
collocato da Aristotele nella Fisica e nell’Etica Nicomachea, e mantenuto anche in una lunga tradizione
cristiana, da Agostino e Anselmo d’Aosta fino a Tommaso d’Aquino. Le conseguenze di questo gesto
teoretico sono importanti: la specificità dell’umano non è più colta all’interno di una concezione unitaria
di natura, dove anche la necessità della perfetta azione morale trova adeguata collocazione, bensì in
contrarietà alla natura, alla quale l’agire umano si oppone proprio per la sua libertà di agire senza alcuna
necessità, ma con un potere illimitato sui propri atti.
Bibliografia:
G. ALLINEY (2016). La denaturalizzazione della volontà in Giovanni Duns Scoto. Bollettino della
società filosofica italiana, vol. 219, pp. 23-36
James Levine (President, Fondation Ipsen – Science for People – Medicine and Health)
Titolo “Movement is life”
Carlos Lobo (CiPh Parigi, e CFCUL Lisbona - Filosofia)
Titolo. “Natura naturans formaliter spectata. Considérations phénoménologiques sur les
conditions et les limites de la mathématisation de la nature”
Résumé : La lecture que Husserl donne de Spinoza, dans ses cours d’introduction à la philosophie (de
1920) permet de remettre en perspective les analyses critiques du naturalisme qui culminent dans
la Krisis, mais prêtent à des interprétations, à mon sens, divergentes et souvent erronées. S’il y dénonce
le mythe de l’exactitude et la métaphysique qui le sous-tend, ce n’est pas pour préconiser une approche
pré-socratique de la nature qui condamnerait les sciences mathématiques à une compréhension de
surface. Le grief principal est plutôt que l’on opère ainsi subrepticement une mathématisation rigide et
figée. Loin de rejeter la nécessité et la fécondité de la mathématisation (des sciences et, corrélativement,
des phénomènes établis par ces sciences), Husserl en affirme au contraire le caractère incontournable et
historiquement irréversible. Mais pour des motifs épistémologiques prégnant à cette époque et encore
plus de nos jours, il s’agit de réouvrir en profondeur la réflexion sur les conditions de possibilité et de
validité d’une telle mathématisation, conçue comme une application motivée de formes mathématiques
à des champs empiriques. La critique de Spinoza est particulièrement éclairante à cet égard, en ses deux
volets: épistémologique et métaphysique. L’excès spinoziste consiste dans une double décision
arbitraire: 1)l' attribution à la réalité (la substance infinie) d'une mathématique rigide, en particulier
d'une géométrie rigide ; 2) l'attribution définitive et non provisoire, absolue et non relative,
d'une mathématique déterminée doublement relative (au degré de développement des mathématiques
elles-mêmes et au degré d’approfondissement empirique qui motive l’adoption de tel ou tel modèle
mathématique). Le point de départ euclidien, avec sa forme axiomatique et le contenu de ses axiomes
(en particulier une métrique rigide, exprimée dans ses axiomes), l’ontologie spinoziste hérite d’une
forme déductive particulièrement rigide et fixe. Les modifications de la substances n'ont en effet pas
plus de liberté et de spontanéité que les figures de la géométrie euclidienne. La natura raturans est elle-
même, dit Husserl, un « être mort rigide » produisant « un monde conceptuel rigide ». Les vivants et les
esprits finis que nous sommes sont eux-mêmes « des analogues de figures géométriques dans un espace
géométriques ». Une géométrisation de la natura raturans qui échappe à cet écueil doit donc
d’abord situer le modèle dans l'univers des formes possibles (de l’ontologie formelle), et justifier ce
choix par des motifs empiriques qui sont factuels et contingents. Une ontologie mathématisante
reste légitime pour autant qu’elle fasse droit à la spontanéité et à la vie. C’est ce qui entraîne
nécessairement la philosophie dans un style de réflexion transcendantale, i.e. dans une réflexion sur les
conditions de développement d’une physique mathématique et expérimentale et les formes possibles et
légitimes d'une natura formaliter spectata,.
Massimo Natale (Università di Verona - Letteratura)
Titolo provvisorio “La natura nella poetica di Andrea Zanzotto” (2 novembre)
Fabio Bentivoglio (Pisa – Filosofia)
Titolo “Uomo, Natura e Tecnica nel pensiero moderno” (1° novembre)
Testi di riferimento:
Jonas, H., “Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica”, Einaudi Editore.
Bentivoglio, F., “Giustizia, limite, identità. Per un fondamento filosofico” Accademia Vivarium novum,
2019,
Si tratterà di ampliare la riflessione proposta della lezione con richiami alla filosofia di Platone,
Aristotele ed Hegel, e di attualizzarli nel contesto contemporaneo.