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Università Telematica Pegaso Le sanzioni tributarie
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Indice
1 INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 IL SISTEMA SANZIONATORIO AMMINISTRATIVO ------------------------------------------------------------- 5
3 IL PROCEDIMENTO DI IRROGAZIONE DELLE SANZIONI --------------------------------------------------- 12
4 LE SANZIONI ACCESSORIE --------------------------------------------------------------------------------------------- 15
5 AZIONI A TUTELA DEGLI INTERESSI ERARIALI --------------------------------------------------------------- 16
6 LA RISCOSSIONE DELLA SANZIONE -------------------------------------------------------------------------------- 20
7 IL SISTEMA SANZIONATORIO PENALE ---------------------------------------------------------------------------- 21
8 L’ATTUALE DISCIPLINA DEI REATI TRIBUTARI --------------------------------------------------------------- 23
Università Telematica Pegaso Le sanzioni tributarie
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1 Introduzione
La normativa tributaria prevede il sorgere, per determinati soggetti, di situazioni passive di
diverso tipo e contenuto (esempio: obbligo di richiesta del codice fiscale, di tenuta della contabilità
etc.).
Oltre al fondamentale obbligo di adempiere il tributo, dunque,vengono posti a carico del
contribuente altri obblighi formali e sostanziali.
Tali obblighi, pur essendo strumentali rispetto all’obbligazione principale, sono esaminati
autonomamente dalla legge.
La violazione di obblighi tributari determina l’irrogazione di sanzioni che sono tanto più
opportune quanto più ampia è l’iniziativa che la legge lascia al singolo contribuente per
l’adempimento dell’obbligazione tributaria.
La sanzione nel nostro ordinamento assume una duplice funzione:
repressiva, per punire la violazione addossando al responsabile un onere maggiore di quello
previsto dalla norma violata;
intimidatrice, per prevenire le violazioni fiscali.
Si noti che non sempre l’evasione è l’elemento costitutivo dell’illecito tributario: talvolta,
infatti, essa rappresenta un elemento eventuale o successivo all’illecito o costituisce un’aggravante
(ad es. la legge sanziona l’omessa presentazione della dichiarazione, indipendentemente dalla
effettiva evasione: la pena pecuniaria viene poi aumentata qualora, dalla dichiarazione omessa,
emerga un debito d’imposta).
Altre volte, invece, l’entità dell’evasione costituisce il parametro in base al quale l’illecito si
trasforma da amministrativo in penale.
L’illecito tributario deriva, dunque, dall’inosservanza di obblighi principali ed accessori che
traggono origine dal rapporto giuridico d’imposta. In particolare, deve considerarsi “illecito”
qualunque fatto o comportamento dal quale l’ordinamento tributario fa derivare, come conseguenza,
una sanzione.
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La forma più grave di illecito prevista dalla legge tributaria è la cd. frode fiscale: essa
scaturisce da un comportamento positivo del soggetto, diretto, con frode ed artifici, all’evasione del
tributo.
Per anni la normativa di base delle sanzioni tributarie è stata dettata dalla L. 7-1-1929, n. 4,
recante la disciplina in materia di repressione delle violazioni delle leggi finanziarie.
Ma l’attuale disciplina è stata concepita con i tre decreti legislativi (nn.rr.471.472 e 473 del
18.12.1997) di attuazione della delega conferita all’esecutivo dalla legge 662/96 diretta alla
revisione organica e al completamento delle sanzioni tributarie non penali (art.3, co. 133) e del D.
L.gs 74/2000, emanato in attuazione della legge delega n. 205 del 1999, che ha riformato le sanzioni
tributarie penali.
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2 Il sistema sanzionatorio amministrativo
Il sistema sanzionatorio amministrativo è disciplinato dai DD. LLgs. 471, 472 e 473 del
1997.
Il punto di partenza del nuovo sistema sanzionatorio, in particolare delle disposizioni
generali, è costituito dalla surrogazione della pena pecuniaria e dalla soprattassa con la sanzione
pecuniaria e le sanzioni accessorie (art.2 D.Lgs. 472/97).
La sanzione pecuniaria, che consiste nel pagamento di una somma di denaro improduttiva di
interessi, è inflitta a chi abbia commesso la violazione da solo o in concorso con altre persone.
Essa può essere determinata in misura fissa,o tra un limite minimo e un limite massimo. Gli
importi sono suscettibili di aggiornamento, con cadenza triennale da parte dell’Istat,
Altra importante innovazione contenuta nelle disposizioni generali è quella che,
introducendo il principio di legalità pieno nella normativa tributaria, ha fatto venir meno la discussa
ultrattività delle leggi fiscali (art.3).
L’art.4 del D.Lgs 472/97 stabilisce che non può essere assoggettato a sanzione chi, al
momento della commissione del fatto, era, in base ai criteri indicati nel codice penale,incapace di
intendere e di volere.
Anche tale istituto, quindi, riafferma un principio sancito dall’ordinamento penale: quello
dell’ imputabilità, vale a dire della volontà e della consapevolezza di commettere l’illecito.
In base all’art.5 del D. L.gs. 472/97 per le violazioni punite con sanzioni amministrative
ciascuno dei trasgressori risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa
dolosa o colposa (personalizzazione della sanzione).
L’autore della violazione viene identificato, per presunzione e fino a prova contraria, nel
sottoscrittore o in colui che ha compiuto l’atto illegittimo.
In tal caso si è espresso anche l’art.27 del D.Lgs. 472/97, secondo il quale le violazioni
riguardanti società, associazioni o enti, si intendono riferite alle persone fisiche che ne sono autrici.
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La ratio del principio di colpevolezza va ricercata nel fatto che l’autore materiale del fatto
non può essere che l’unico “responsabile “ di fronte alla legge, specie se non è il contribuente di
diritto ma solo la persona che ha agito in nome e per conto di costui.
Per questo motivo, è previsto che quando un dipendente, un rappresentante legale o
negoziale o un amministratore di società commettono una violazione tale da incidere sulla
definizione o sul pagamento di un tributo, il soggetto (sia esso persona fisica, società o ente) nel cui
interesse ha agito il trasgressore è solidamente obbligato al pagamento di una somma pari alla
sanzione irrogata.
E’concessa, tuttavia, la possibilità di esercitare l’azione di regresso.
Quanto sin qui affermato è attualmente valido solo con riferimento alle persone fisiche e agli
enti senza personalità giuridica. I principi della responsabilità personale e solidale sono, infatti,
mitigati dal disposto dell’art.7 del D.L.269/2003, conv. in L. 326/2003, il quale stabilisce che le
sanzioni relative al rapporto fiscale proprio degli enti e delle società con personalità giuridica sono a
carico esclusivamente degli stessi.
Ove manchino il dolo o la colpa grave, e quando il trasgressore non tragga diretto vantaggio
dal suo operato, per la sanzione è fissato un limite massimo di 51.645 euro.
In proposito,giova ricordare che la colpa grave ricorre allorché vi sia un’indiscutibile
imperizia o negligenza nel comportamento e non si possa dubitare, ragionevolmente, del significato
e dell’importanza della norma violata. Di conseguenza, il comportamento illecito deve essere
ascritto alla macroscopica inosservanza di elementari obblighi tributari (art.5 D.Lgs. 472/97). La
regola tuttavia, assume una valenza diversa in relazione al tipo di soggetto trasgressore. Lo stesso
articolo, infatti, dispone che le violazioni commesse nello svolgimento dell’attività di consulenza
tributaria sono punibili solo in casi di dolo o colpa grave, quando il consulente sia chiamato a
risolvere problematiche di difficoltà tecnica non comune (diversamente, il tributarista è responsabile
anche per colpa lieve).
L’art. 6 del D.Lgs. 472/97 prevede la non punibilità dell’agente nelle ipotesi di:
errore di fatto, che si verifica nel caso in cui un soggetto ritiene di tenere un comportamento
diverso da quello vietato dalla norma sanzionatoria;
forza maggiore, che si concretizza nel caso in cui un soggetto è costretto a commettere la
violazione a causa di un evento imprevisto ed imprevedibile;
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incertezza dovuta alla scarsa chiarezza di norme o indeterminatezza delle richieste di
informazioni o dei modelli per la dichiarazione e il pagamento. Si ha obiettiva incertezza quando ci
si trova di fronte a norme di complessa formulazione tale da consentire diverse interpretazioni e da
non consentire, in un preciso momento, l’individuazione certa di un determinato significato.
Nella disposizione si ravvisa, quindi, anche un indiretto invito, agli organi preposti, ad
adottare una fiscalità più semplice.
Non costituiscono, altresì, causa di punibilità:
- il mancato pagamento del tributo da parte del contribuente, del sostituto o del responsabile
di imposta, per fatto denunciato all’Autorità giudiziaria e attribuibile, in via esclusiva, a
terzi (il riferimento a quanti si sono ritrovati in veste di evasori perché truffati dai propri
consulenti è palese);
- l’ignoranza inevitabile della legge tributaria.
Il D.Lgs.203/98 ha aggiunto come cause di non punibilità:
- le rilevazioni contabili effettuate rispettando la continuità dei valori di bilancio e i criteri
contabili;
- le valutazioni effettuate in ossequio a corretti criteri di stima ( una disposizione analoga è
prevista, in campo penale, dall’art.7 del D.Lgs. 74/2000 che individua i casi di non
punibilità per le rilevazioni nelle scritture contabili e di bilancio);
- le violazioni che, pur derivando da stime imprecise, presentano uno scostamento inferiore
al 5%.
Un’ulteriore causa di non punibilità è data dalle violazioni che non arrecano pregiudizio
all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile,
dell’imposta e sul versamento del tributo (art.6, co.5bis, del D.Lgs. 472/97).
Le disposizioni appena esaminate sono, d’altro canto, espressione del principio della tutela
dell’affidamento e della buona fede del contribuente sancito dall’art.10 della L.212/2000 (Statuto
del contribuente), cui si ispira anche l’art.16 del D.Lgs. 74/2000 in materia di sanzioni penali.
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Il concorso di più soggetti in una violazione comporta, per ciascuno, la punibilità con la
sanzione disposta per quella fattispecie (art.9). In tal modo, si mira a scoraggiare connivenze di
vario tipo tese a favorire l’evasione.
In ordine all’apporto causale di chi concorre alla violazione, la partecipazione può essere
psichica (è la più ricorrente), quando si estrinseca nell’opera di chi, come un professionista, fornisca
suggerimenti, consigli o indicazioni, su un preciso modo di agire; materiale, se si manifesta in un
comportamento tangibile qual è, ad esempio, l’emissione di fatture di comodo.
Se l’illecito è riferito a un obbligo cui sono tenuti più soggetti in solido, la sanzione irrogata
è unica e il pagamento da parte di un corresponsabile libera gli altri, salvo il diritto di rivalsa di
quest’ultimo.
Connesso a quello appena citato è l’art. 10 del D.Lgs.472/97. La norma, invero, fatti salvi i
casi di corresponsabilità, prescrive la punibilità, in luogo dell’autore materiale, del cd. autore
mediato della violazione. E’ quindi sanzionabile il comportamento di chi con minaccia, violenza,
inducendo altre persone in errore o approfittando di un soggetto incapace, anche in via transitoria,
di intendere e di volere, provochi la commissione di un illecito ( operando in tal senso si punta a
limitare il ricorso ai prestanome ).
E’ punito con la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da
un quarto al doppio, chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni relative anche
a tributi differenti ovvero commette, anche con più azioni od omissioni, diverse violazioni formali
della medesima disposizione (art. 12 D.Lgs. 472/1997).
Lo stesso tipo di sanzione è inflitto a chi, anche in tempi diversi, commette più violazioni
articolate in modo da compromettere la determinazione dell’imponibile o la liquidazione anche
periodica del tributo.
Nel caso di violazioni rilevanti ai fini di più tributi, si considera quale sanzione base su cui
calcolare l’aumento, quella più grave aumenta di un quinto; se le violazioni riguardano periodi
d’imposta diversi la sanzione base è aumentata dalla metà al triplo.
Grazie al nuovo istituto, che fissa limiti sanzionatori differenti per le violazioni riferite a
tributi o periodi d’imposta diversi, viene meno la possibilità, da parte della pubblica
amministrazione, di irrogare maxisanzioni cumulative originate dal concorso di illeciti anche di
lieve entità (si pensi,ad esempio, a una reiterazione della mancata emissione dello scontrino fiscale).
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Il settimo comma dispone che, per i casi disciplinati, la sanzione non può essere superiore a
quella che risulterebbe sommando le sanzioni previste per le singole violazioni.
L’ottavo comma dell’art.12, infine, derogando a quanto stabilito nei precedenti capoversi,
prescrive che nei casi d’accertamento con adesione, le disposizioni sulla determinazione di una
sanzione unica si applicano
separatamente per ogni tributo e per ciascun periodo d’imposta. La sanzione conseguente
alla rinuncia, all’impugnazione dell’avviso d’accertamento, alla conciliazione giudiziale e alla
definizione agevolata, non può essere aumentata per violazioni non indicate nell’atto di
contestazione o d’irrogazione delle sanzioni.
L’obbligazione al pagamento della sanzione non si trasmette agli eredi. Così l’art.8 del
decreto sui principi generali in materia di sanzioni amministrative.
Attraverso l’istituto del ravvedimento il trasgressore può, con il pagamento di una sanzione
minima e regolarizzando la propria posizione nei termini stabiliti dalla legge, rimediare, alle
inadempienze commesse.
Il ravvedimento – regolato da una disciplina unitaria per imposte sui redditi e IVA ed
applicabile anche agli altri tributi indiretti – è esperibile in assenza di contestazione della violazione
o di attività di accertamento (art.13 D.Lgs 472/97); in tal modo, si mira a premiare il
comportamento spontaneo del soggetto. In base alle disposizioni di cui all’art.13 del D.Lgs 472/97
la sanzione è ridotta:
- a 1/10 del minimo, nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se
esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data della sua commissione;
- a 1/8 del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se
incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine
per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata
commessa la violazione ovvero entro un anno dall’emissione o dall’errore quando
non sia prevista alcuna dichiarazione;
- a 1/10 del minimo di quella prevista per l’omissione della presentazione della
dichiarazione, se questa viene presentata con ritardo non superiore a novanta giorni,
ovvero a un 1/10 del minimo di quella prevista per l’omessa presentazione della
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dichiarazione periodica prescritta in materia di IVA, se questa viene prescritta con
ritardo non superiore a trenta giorni.
Le nuove misure risultano applicabili, oltre che alle violazioni commesse a decorrere dal 1°
febbraio 2011, anche alle violazioni commesse prima di tale data, qualora il termine per
perfezionare il ravvedimento non sia ancora decorso.
In relazione ai crediti assistiti da garanzia reale o personale, se il versamento avviene con un
ritardo non superiore ai quindici giorni, la sanzione già ridotta ad 1/10, come stabilito dall’art. 13
del D.Lgs. 472/97, è ulteriormente ridotta nella misura di 1/15 per ogni giorno di ritardo.
Il pagamento della sanzione è contestuale a quello del tributo o della differenza, se dovuti,
nonché alla corresponsione degli interessi di mora.
Quando la liquidazione deve essere eseguita dall’ufficio, il ravvedimento si perfeziona con
l’esecuzione dei pagamenti nel termine di sessanta giorni dalla notificazione dell’avviso di
liquidazione.
Il legislatore può fissare ulteriori circostanze in presenza delle quali prevedere l’attenuazione
della sanzione.
L’importanza di operazioni come il trasferimento d’azienda o quelle riguardanti mutazioni
nella veste giuridica di una società è alla base delle disposizioni contenute negli art.14 e 15 del
D.Lgs. 472/97.
Il cessionario è responsabile in solido sia per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni
relative a illeciti commessi nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due anni precedenti, sia per
le sanzioni già irrogate e contestate nel medesimo periodo quantunque relative a violazioni
commesse in epoca anteriore.
Al cessionario è accordato il beneficio della preventiva escussione, entro i limiti del valore
dell’azienda o del ramo d’azienda, del cedente.
A tutela del cessionario è, inoltre, stabilito che la sua obbligazione è limitata al debito che,
alla data del trasferimento, risulta dagli atti degli uffici e degli enti preposti all’accertamento dei
tributi di loro competenza.
Detti uffici ed enti, su richiesta dell’interessato,sono tenuti a rilasciare la certificazione
relativa a eventuali contestazioni in corso o già definite per le quali i debiti non risultano soddisfatti.
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Il mancato rilascio della certificazione entro quaranta giorni dalla richiesta o il rilascio di un
certificato negativo funge da liberatoria per il cessionario.
Le limitazioni alla responsabilità del cessionario non ricorrono nel caso di cessione operata
in frode ai creditori tributari – cioè, l’erario – attraverso il trasferimento frazionato di singoli beni.
Al riguardo, si presume come fraudolenta, salvo prova contraria, la cessione d’azienda o del
ramo d’azienda effettuato entro sei mesi dalla constatazione di una violazione penalmente rilevante.
Si vuole così evitare che, nelle more della trasmissione di una notizia di reato dagli organi di
polizia tributaria agli uffici competenti per l’accertamento delle relative imposte, possa essere
realizzata una cessione d’azienda e ottenere la relativa liberatoria.
La società o l’ente che deriva dalla trasformazione o dalla fusione, anche per incorporazione
sostituisce le società trasformate o fuse negli obblighi riguardanti il pagamento delle sanzioni.
L’orientamento è quello di fare in modo – vi è, infatti un esplicito richiamo all’articolo 2499
(ora art. 2500quinquies) del c.c. – che un operazione straordinaria come la fusione o la scissione
non liberi i soci con responsabilità illimitata dalle obbligazioni sociali conseguenti a violazioni
tributarie anteriori all’operazione stessa.
La scissione anche parziale di società o enti comporta, invece, l’obbligo solidale, per
ciascuna società o ente che ne scaturisce, di pagare le somme dovute per violazioni commesse in
epoca precedente quella da cui ha effetto la scissione.
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3 Il procedimento di irrogazione delle sanzioni
Il legislatore delegato ha previsto tre diverse procedure di irrogazione delle sanzioni:
Procedura ordinaria (art. 16 D. Lgs. 472/97);
Procedura di deroga, applicabile se le sanzioni sono collegate al pagamento del tributo (art.
17, co. 1 e 2, D. Lgs. 472/97);
Procedura speciale, applicabile alle sanzioni per omesso o ritardato pagamento (art. 17, co.
3, D. Lgs. 472/97).
Sia nella procedura di deroga che in quella speciale l’irrogazione delle sanzioni è immediata,
cioè effettuata senza previa contestazione della violazione.
Il primo sistema (procedura ordinaria), la cui adozione è obbligatoria per infliggere sanzioni
conseguenti a irregolarità formali (tali, cioè da non incidere sulla determinazione o sul pagamento
del tributo), prende le mosse della notifica, al trasgressore e ai coobbligati ( se presenti) dell’atto di
contestazione da parte dell’ufficio o dell’ente competente.
Gli atti di contestazione relativi a violazioni quali la mancata emissione di ricevute, scontrini
fiscali o documenti di trasporto o l’omessa installazione dei misuratori fiscali commesse dopo il
1°aprile 2003, devono essere notificati al trasgressore entro novanta giorni dalla contestazione della
violazione, ovvero centottanta giorni se la notifica deve essere eseguita nei confronti di soggetto
non residente (art. 16bis D. Lgs. 472/97).
Nell’atto, a pena di nullità, devono essere indicati:
- I fatti attribuiti al trasgressore;
- Gli elementi probatori;
- Le norme applicate;
- I criteri seguiti per determinare le sanzioni e la loro entità;
- I minimi edittali previsti dalla legge per le singole violazioni;
- L’invito al pagamento delle somme dovute entro il termine previsto per la
proposizione del ricorso;
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- L’indicazione dei benefici connessi alla definizione agevolata;
L’invito a produrre, ove si reputi opportuno non beneficiare della definizione agevolata
entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, le deduzioni difensive;
L’indicazione degli organi cui proporre l’impugnazione immediata.
Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal trasgressore,
questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduce il
contenuto essenziale.
Entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, il trasgressore o i soggetti obbligati
in solido, possono:
Optare per la definizione agevolata, pagando un importo pari ad 1/3 della misura indicata.
Tale importo, tuttavia, non può essere inferiore a 1/3 dei minimi edittali previsti per le sanzioni più
gravi relativi a ciascun tributo.
Produrre deduzioni difensive. Qualora l’atto di contestazione è notificato sia all’autore della
violazione che al contribuente, le deduzioni possono essere presentate da entrambi o anche da uno
solo di essi.
Impugnare immediatamente l’atto di contestazione tramite ricorso all’organo competente per
materia (commissione tributaria, giudice ordinario, autorità amministrativa indicata dall’art. 18 D.
Lgs. 472/97). Questo tipo di opzione determina, ex lege, la trasformazione dell’atto di contestazione
in provvedimento d’ irrogazione della sanzione.
La procedura di deroga (art. 17, co. 1 e 2, D. Lgs. 472/97) è espletabile se le sanzioni sono
collegate al tributo cui si riferiscono.
In tale ipotesi le sanzioni sono irrogate senza previa contestazione, con atto contestuale
all’avviso di accertamento o di rettifica (è il caso ad esempio degli accertamenti e delle rettifiche
che riguardano i tributi diretti o indiretti).
L’atto in parola deve essere motivato a pena di nullità.
Anche nel caso di irrogazione immediata è possibile ricorrere alla definizione agevolata; le
sanzioni sono ridotte a 1/3 se si provvede al pagamento entro il termine previsto per la proposizione
del ricorso. Tuttavia, l’importo non può essere inferiore a 1/3 dei minimi edittali previsti per le
violazioni più gravi relative a ciascun tributo.
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Una procedura speciale (art. 17, co. 3, D. Lgs. 472/97) è, infine, prevista relativamente alle
sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei tributi. Ricorrendo tale ipotesi le sanzioni sono
irrogate attraverso iscrizione a ruolo, senza previa contestazione. Nel caso di specie, non è
consentita la definizione agevolata mediante il pagamento di1/3 delle sanzioni irrogabili.
I ruoli devono essere resi esecutivi entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello
in cui è avvenuta la violazione o nel maggior termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi.
Ai sensi dell’art. 20 del D. Lgs. 472/97 sia l’atto di contestazione sia quello di irrogazione
devono essere notificati a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a
quello in cui è avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli
tributi.
Se la notificazione è stata eseguita nei termini previsti nei confronti di almeno uno degli
autori dell’infrazione o degli obbligati in solido, il termine è prorogato di un anno.
L’ultimo comma dell’art. 20 dispone che i diritto alla riscossione della sanzione irrogata si
prescrive nel termine di cinque anni e che l’impugnazione del provvedimento di irrogazione
interrompe la prescrizione, che non torna a decorrere fino alla fine del procedimento.
Contro il provvedimento che irroga la sanzione è ammesso ricorso alle Commissioni
tributarie.
Se le sanzioni si riferiscono a tributi per i quali la giurisdizione delle Commissioni tributarie
è insussistente, il contribuente, entro sessanta giorni dalla notifica del provvedimento, può:
Ricorrere in sede amministrativa (alla Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate
competente per territorio);
Adire l’autorità giudiziaria ordinaria: il ricorso è possibile anche dopo la decisione
amministrativa ed entro centottanta giorni dalla sua notificazione.
Qualora, in presenza di più soggetti legittimati a ricorrere, uno di essi si rivolga all’autorità
giudiziaria, il ricorso amministrativo diviene inammissibile e, se già presentato, improcedibile. Ne
consegue che la controversia pendente dovrà essere riproposta dinanzi al giudice ordinario nel
termine di centottanta giorni dalla notificazione della decisione di improcedibilità. Le decisioni
delle Commissioni tributarie e dell’autorità giudiziaria hanno esecutività immediata.
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4 Le sanzioni accessorie
Come già segnalato, oltre alle sanzioni pecuniarie sono previste, quali sanzioni
amministrative, anche le pene accessorie (art. 21 D. Lgs. 472/97).
Si tratta di pene conseguenti all’irrigazione della pena cd. principale ( la sanzione pecuniaria
nel caso di specie), la cui durata è funzione della gravità dell’illecito e dei limiti minimi e massimi
della sanzione principale.
Sono sanzioni amministrative accessorie:
- L’interdizione per la durata massima di sei mesi, dalle cariche di amministratore,
sindaco o revisore di società di capitali e di enti pubblici o privati;
- L’interdizione per la durata massima di sei mesi dalla partecipazione a gare per
l’affidamento di pubblici appalti e forniture;
- L’interdizione per la durata massima di sei mesi, dall’ottenimento di licenze,
concessioni o autorizzazioni amministrative per l’esercizio di imprese o di attività
di lavoro autonomo, e la loro sospensione;
- La sospensione, per la durata massima di sei mesi, dall’esercizio di attività di
lavoro autonomo o di impresa diverse da quelle di cui al punto precedente.
Le sanzioni accessorie della sospensione dell’esercizio dell’attività e della licenza o
dell’autorizzazione dell’esercizio all’attività sono disposte per un periodo da quindici giorni a due
mesi dal Direttore regionale dell’Agenzia delle entrate per i contribuenti che non hanno aderito al
concordato preventivo biennale e nei cui confronti siano state constatate in tempi diversi tre distinte
violazioni dell’obbligo di emissione di scontrini o ricevute fiscali compiute in giorni diversi nel
corso di un quinquennio. Il provvedimento di sospensione è immediatamente esecutivo.
La disposizione si applica alle violazioni constatate dal 2 ottobre 2003, qualora i
corrispettivi non documentati sono complessivamente uguali o superiori a cinquanta euro (art. 33,
co. 11, D. L. 269/2003 conv. in L. 326/2003). Il secondo comma dell’art. 21 citato, demanda ad
ogni singola legge istitutiva di tributi l’individuazione delle sanzioni accessorie applicabili;
pertanto, nei capitoli illustrativi dei singoli tributi si riporteranno le diverse sanzioni accessorie
previste in caso di violazione del dettato normativo.
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5 Azioni a tutela degli interessi erariali
L’art. 22 del D. Lgs. 472/97 tutela i crediti tributari vantati dall’erario disciplinando le azioni
che l’amministrazione finanziaria può porre in essere al fine di garantirsi la riscossione delle somme
richieste in base al provvedimento di irrogazione della sanzione ovvero al processo verbale di
constatazione o all’atto di contestazione.
Una volta notificati gli atti in parola, l’ufficio o l’ente quando abbia fondato timore di
perdere la garanzia del proprio credito, può chiedere con istanza motivata al Presidente della
Commissione tributaria provinciale, l’iscrizione d’ipoteca sui beni del trasgressore (e dei soggetti
obbligati in solido) e degli atti soggettivi obbligati nonché l’autorizzazione a procedere, attraverso
l’ufficiale giudiziario al sequestro conservativo dei beni, compresa l’azienda.
Ove non sussista giurisdizione delle Commissioni tributarie, le istanze devono essere
presentate al Tribunale competente per territorio in regione della sede dell’ufficio richiedente.
L’istanza va contemporaneamente notificata alle parti interessate in modo da consentire loro di
produrre – entro venti giorni dalla notifica –memorie e documenti difensivi. Il presidente della
Commissione tributaria provinciale, con decreto fissa la trattazione dell’istanza alla prima Camera
di consiglio utile.
L’adozione dell’uno o dell’altro provvedimento cautelare è decisa con sentenza dalla
Commissione.
Tuttavia, nei casi di necessità il Presidente, ricevuta l’istanza, agisce autonomamente con
provvedimento motivato avverso il quale è ammesso reclamo entro trenta giorni.
Il contribuente può evitare l’assunzione di provvedimenti cautelari prestando idonea
garanzia (cauzione o fidejussione bancaria o assicurativa): in tal caso la Commissione può decidere
di non adottare il provvedimento o di adottarlo solo parzialmente.
I provvedimenti cautelari perdono efficacia:
Qualora, entro centoventi giorni dalla loro adozione, non venga notificato atto di
contestazione o di irrogazione della sanzione;
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A seguito di sentenza, anche non passata in giudicato, favorevole al contribuente.
Il D. L. 185/2008, all’art. 27, co. 5 ha esteso l’applicazione delle misure cautelari anche ai
crediti per imposte e relativi interessi in precedenza previste dall’art. 22 D. lgs. 472/97 solo per le
somme dovute a titolo di sanzione.
Ai sensi dell’art. 23 del D. Lgs. 472/97 è prevista la possibilità per l’amministrazione
finanziaria di sospendere il rimborso nei confronti del contribuente, autore di una violazione, se è
stato notificato atto di contestazione o di irrogazione della sanzione.
In base a tale istituto, dopo l’accertamento dell’esistenza di eventuali debiti nei confronti del
terzo, l’Amministrazione finanziaria può, con provvedimento definitivo, procedere
all’incameramento delle somme dovute dallo Stato al terzo e compensare i debiti con i crediti dello
Stato.
La sospensione dei pagamenti nei confronti del soggetto che sia debitore nei confronti
dell’erario è richiesta, dall’Amministrazione che vanta il credito alle altre amministrazioni
eventualmente debitrici. Queste sono tenute ad eseguirla in attesa di un successivo provvedimento
definitivo di incameramento o di sblocco del pagamento oggetto del fermo.
L’art. 86 del D.P.R. 602/73 prevede, inoltre, la possibilità per l’agente della riscossione di
procedere al fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri.
In particolare, il fermo sui veicoli a motore – grazie al disposto dell’art. 3, co. 41, D.L.
203/2005 – fino all’emanazione del decreto previsto dall’ art. 86, co. 4, del D.P.R. 602/73, può
essere eseguito secondo le modalità fissate nel D.M. 7.9.1998, n. 503.
Chiunque circoli con veicoli, autoscafi o aeromobili sottoposti al fermo è soggetto alla
sanzione amministrativa da 656 euro a 2.028 euro, nonché la confisca del mezzo.
L’iscrizione al PRA viene fatta precedere da una comunicazione (c.d. “preavviso di fermo”),
nella quale l’agente della riscossione invita il contribuente a presentarsi entro 20 giorni dalla
notifica per il pagamento di quanto indicato al fine di evitare che il fermo diventi operativo.
Decorso, infatti, tale termine l’agente della riscossione può procedere al pignoramento
verificandosi, pertanto, un’aggressione di fatto, rapida ed efficace, dei beni del debitore.
Tuttavia si rileva che il fermo è esperibile solo dopo che sono decorsi i 60 giorni dalla
notifica della cartella di pagamento. Ciò significa che la procedura di espropriazione forzata non è
così automatica come può
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sembrare ma offre al debitore una serie di garanzie volte ad evitare un eccessivo aggravio
della sua posizione.
Ai sensi dell’art. 23 del D. Lgs. 472/97 nei casi in cui l’autore della violazione o i soggetti
obbligati in solido vantino un credito nei confronti dell’amministrazione finanziaria, il rimborso può
essere sospeso se è stato notificato atto di contestazione o di irrogazione della sanzione anche non
definitivo. Se il provvedimento è definitivo l’ufficio competente per il rimborso pronuncia la
compensazione del debito.
Nondimeno, va sottolineato che tanto il provvedimento di sospensione del rimborso quanto
la pronuncia della compensazione sono impugnabili innanzi alla Commissione tributaria che può
disporre la sospensione ex art. 47 D. Lgs. 546/92. Se non sussiste giurisdizione delle commissioni
tributarie è ammessa azione avanti il Tribunale, cui è rimesso il potere di sospensione.
L’art. 72bis del D.P.R. 602/73, nell’ottica di potenziare ulteriormente i mezzi a disposizione
della pubblica amministrazione per perseguire in modo efficace i debitori inadempienti, prevede la
possibilità del pignoramento dello stipendio e degli altri emolumenti connessi ai rapporti di lavoro,
mediante l’ordine al datore di lavoro di pagare direttamente all’agente della riscossione fino a
concorrenza del credito per il quale si procede.
In base anche alle nuove disposizioni, introdotte dall’art. 72ter del D.P.R. 602/73 (aggiunto
dal D.L. 16/2012) il pignoramento può essere effettuato:
In misura pari ad 1/10 per importi fino a 2.500 euro;
In misura pari ad 1/7 per importi da 2.000 a 5.000 euro;
In misura pari ad 1/5 per importi superiori ai 5.000 euro.
L’atto di pignoramento può essere redatto anche da dipendenti dell’agente della riscossione
procedente non abilitati all’esercizio delle funzioni di ufficiale della riscossione.
Inoltre è stata introdotta la possibilità per l’agente della riscossione procedente di pignorare
non solo i crediti ma anche i beni del debitore iscritto a ruolo in possesso dei terzi con la stessa
procedura di cui all’art. 72bis (art. 73, co. 1bis, D.P.R. 602/73).
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Le visure ipotecarie e catastali necessarie nell’ambito dell’attività di esecuzione immobiliare
sono rilasciate gratuitamente da parte degli uffici dell’Agenzia del territorio (adesso uffici
dell’Agenzia delle entrate e del territorio, in seguito all’accorpamento dell’Agenzia del territorio
all’Agenzia delle entrate). Questi ultimi, inoltre, provvedono a svolgere gratuitamente anche le
perizie sui terreni da espropriare per i quali gli strumenti urbanistici prevedano la destinazione
edificatoria.
Inoltre con la determinazione del 18 dicembre 2007 è stata accertata l’effettiva operatività
del sistema di circolazione e fruizione dei dati catastali per i comuni.
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6 La riscossione della sanzione
Per la riscossione della sanzione valgono le disposizioni relative alla riscossione dei tributi
cui è riferita la violazione.
A richiesta dell’interessato che versi in condizioni economiche disagiate, l’ufficio o l’ente
irrogante può, in via eccezionale, disporre il pagamento della sanzione in rate mensili, fino a un
massimo di trenta. In ogni caso, il debito può, in qualsiasi momento, essere estinto in un’unica
soluzione.
Il mancato pagamento anche di una sola rata fa, tuttavia, decadere dal beneficio e costringe
al pagamento del debito residuo entro trenta giorni dalla scadenza della rata non corrisposta.
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7 Il sistema sanzionatorio penale
L’appartenenza di una violazione all’area dell’illecito penale comporta un giudizio ed una
condanna a pena detentiva da parte dell’autorità giudiziaria. Nondimeno, con la riforma della
disciplina dei reati tributari e l’introduzione di soglie di punibilità comparate all’entità dell’imposta
evasa, il giudice penale si è visto attribuire compiti di verifica che sovente coincidono con quelli del
giudice tributario anche se, come espressamente indicato nella relazione di accompagnamento al
decreto di riforma, si è voluta affermare l’autonomia reciproca tra procedimento amministrativo e
procedimento penale, escludendo qualsiasi rapporto di pregiudizialità nell’uno o nell’altro senso.
Il discrimine tra illecito penale e illecito amministrativo non riguarda, tuttavia, l’autorità
preposta all’irrogazione della pena o il tipo di interesse “offeso” ma la stessa applicabilità di certe
norme sanzionatorie: in caso di pluralità di trasgressori, infatti, mentre la sanzione penale colpisce
in proprio ciascuno di essi, per talune sanzioni amministrative vige il principio di responsabilità
solidale.
La revisione della disciplina degli illeciti tributari torva le sue origini, oltre che nella più
volte citata riforma Visco, nel processo di depenalizzazione dei reati minori di cui alla L. 205/99.
L’art. 5 di tale legge, ha, infatti, delegato il Governo ad emanare un decreto legislativo
contenete nuove regole riguardanti i reati in materia d’imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
E’ stato, così, varato il D. Lgs. 10.3.2000, n. 74, che, dando piena attuazione alla delega,
rivisita completamente la normativa in vigore.
Il principio informatore della delega legislativa va rinvenuto nella necessità di lasciarsi alle
spalle un’impostazione normativa, quella prevista dalla L. 516/82 (c.d. manette agli evasori) che,
lungi dall’aver fornito risultati soddisfacenti, puntava essenzialmente alla repressione dei reati c.d.
prodromici: vale a dire quei comportamenti criminosi nei quali fossero ravvisabili i segnali per una
successiva evasione.
Conseguenza pratica di tale strategia:
Un alto tasso d’inflazione dei procedimenti per i reati tributari che, spesso e volentieri, ha
portato alla congestione degli uffici tributari;
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L’irrogazione di pene il più delle volte oblazionabili, quindi non idonee a scoraggiare
l’evasione fiscale.
Con le nuove disposizioni, si abbandona la punibilità delle violazioni formali e preparatorie
per dare spazio ad un tipo di repressione limitato alle fattispecie intimamente connesse, sia dal
punto di vista oggettivo, sia da quello soggettivo, alla lesione d’interessi fiscali.
L’attuale sistema penale tributario prevede esclusivamente delitti, punibili solo in presenza
di dolo (volontà di evadere determinate imposte), al contrario della precedente disciplina che, per
non subordinare la punizione alla presenza del dolo, necessario per i delitti, definiva i reati come
contravvenzioni.
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8 L’attuale disciplina dei reati tributari
Presupposto obiettivo e definitivo dell’evasione d’imposta diventano le distorsioni nell’uso
della dichiarazione annuale ai fini IVA e delle imposte sui redditi. In particolare, il nucleo centrale
del nuovo sistema sanzionatorio è costituito dalle seguenti tre figure d’illecito:
la dichiarazione fraudolenta (artt. 2 e 3), che è la dichiarazione non soltanto ingannevole, ma
caratterizzata da un alto coefficiente d’insidiosità. La fattispecie si verifica quando la dichiarazione
è supportata da un impianto contabile, o più genericamente documentale, atto a sviare od ostacolare
la successiva attività di accertamento dell’amministrazione finanziaria o, comunque, ad accreditare
la mendicità dei dati contenuti in essa. Il legislatore ha individuato due ipotesi di dichiarazione
fraudolenta: falsa dichiarazione fondata sull’uso di fatture o altri documenti insistenti e falsa
dichiarazione fondata sull’uso di fatture o altri documenti insistenti e falsa dichiarazione fondata su
artifici diversi;
la dichiarazione infedele (art. 4), caratterizzata dalla semplice sottrazione di materia
imponibile e di imposta senza condotta fraudolenta;
l’omessa dichiarazione (art. 5), in caso di mancata presentazione della stessa.
Alle fattispecie criminose di cui sopra, sono associate:
l’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti al fine di consentire a terzi
l’evasione (artt. 8 e 9);
l’occultamento o la distribuzione di documenti contabili in modo da non consentire la
ricostruzione dei redditi o del volume d’affari (art. 10);
l’omesso versamento di ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata dai sostituti, per un
ammontare superiore a 50.000 euro per ciascun periodo di imposta (art. 10ter);
l’omesso versamento IVA per un ammontare superiore a 50.000 euro (art. 10ter);
l’utilizzazione in compensazione di crediti non spettanti o inesistenti per un ammontare
superiore a 50.000 euro (art. 10 quater);
la sottrazione alla riscossione coattiva delle imposte, mediante compimento di atti
fraudolenti su propri od altrui beni (art. 11, co. 1);
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la sottrazione parziale alla riscossione delle imposte, mediante la presentazione di elementi
fittizi nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale (art. 11, co. 2).
Tali fattispecie, seppur non attinenti la fase dichiarativa, sono state inserite dal legislatore in
quanto rappresentano comunque figure criminali di particolare pericolosità dal momento che
riguardano comportamenti illeciti sia volti a supportare l’esposizione in dichiarazione di elementi
fittizi sia tendenti alla materiale sottrazione di somme dovute all’Erario.
Allo scopo di limitare il ricorso alla sanzione penale e di creare un deflatore dei processi
penali, sono previste (eccezion fatta per la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri
documenti per operazioni inesistenti, emissione di tali documenti e occultamento o distruzione di
scritture contabili) soglie di punibilità che riducono l’intervento punitivo ai soli illeciti di
significativo rilievo economico.
La confisca per equivalente
La finanziaria 2008 (L. 244/2007) ha disposto all’art. 1, co. 143, che in presenza di reati in
materia di imposte sui redditi e IVA e più precisamente nei casi di:
dichiarazione fraudolenta (artt. 2 e 3 D. Lgs. 74/2000);
dichiarazione infedele (art. 4 D. Lgs. 74/2000);
omessa dichiarazione (art. 5 D. Lgs. 74/2000);
emissione di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8 D. Lgs. 74/2000);
omesso versamento di ritenute certificate (art. 10bis D. Lgs. 74/2000);
indebita compensazione (art. 10quater D. Lgs. 74/2000);
sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11 D. Lgs. 74/2000),
si applica la disciplina di cui all’art. 322ter del codice penale relativa alla cd. “confisca per
equivalente”.
Tale disposizione prevede che si provveda alla confisca, a carico di chi commette reato, dei
beni che ne costituiscono il prezzo o il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato,
ovvero, quando ciò non è possibile, alla confisca dei beni di cui il reo ha la disponibilità, per un
valore corrispondente a tale prezzo.
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Questa nuova disposizione si applica ai reati commessi a decorrere dal 1° gennaio 2008 in
quanto in tale ipotesi la confisca ha natura di pena e, pertanto, non può essere applicata
retroattivamente.
Accanto alle figure principali di sanzioni relative alle dichiarazioni sia dei redditi sia
dell’IVA, il D. Lgs. 74/2000, all’art. 12, prevede una serie di sanzioni accessorie quali:
interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per un periodo non
inferiore a sei mesi e non superiore a tre anni;
incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per un periodo non inferiore ad un
anno e non superiore a tre anni;
interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per un periodo
non inferiore a un anno e non superiore a cinque anni;
interdizione perpetua dall’ufficio di componente di commissione tributaria;
pubblicazione della sentenza a norma dell’art. 36 del codice penale.
Il co. 2bis (introdotto dal D.L. 138/2011) stabilisce, inoltre, che l’istituto della sospensione
condizionale non trova applicazione nell’ipotesi in cui l’ammontare dell’imposta evasa sia superiore
al 30% del volume d’affari o a 3 milioni di euro.
Inoltre gli artt. 13 e 14 prevedono una serie di circostanze attenuanti volte a favorire il
risarcimento del danno.
Quanto alle circostanze esimenti, particolare importanza riveste la disposizione contenuta
nell’art. 15 del D. Lgs. 74/2000 che prevede la non punibilità delle violazioni di norme tributarie
dipendenti da obiettive condizioni di incertezza sulla loro portata e sul loro ambito di applicazione.
Tale disposizione si pone come obiettivo quello di punire i soli comportamenti dolosi i quali
presuppongono l’intenzionalità del contribuente ad infrangere una norma dell’ordinamento
giuridico. L’intenzionalità viene chiaramente a mancare li dove la norma di riferimento è di incerta
portata.
A norma dell’art. 17 del D. Lgs. 74/2000, il decorso della prescrizione dei delitti in materia
di imposte dirette e IVA è interrotto dal verbale di constatazione o dall’atto di accertamento delle
relative violazioni, oltre che dagli atti indicati nell’art. 160 c.p.c. (tra cui figurano la sentenza e il
decreto di condanna). Nel caso di interruzione della prescrizione si determina una nuova decorrenza
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del termine di prescrizione che, tuttavia, non può essere prolungato oltre la metà (art. 160, co. 3,
c.p.c.).
Inoltre il co. 1bis (introdotto dal D.L. 138/2011) ha stabilito l’elevazione di 1/3 dei termini
di prescrizione per i delitti previsti dall’art. 2 all’art. 10 dello stesso decreto.
L’art. 18 del D. Lgs. 74/2000 individua le nuove competenze territoriali in ordine ai reati
tributari.
In particolare per i delitti in materia di dichiarazione è competente il giudice del luogo in cui
il contribuente ha il domicilio fiscale.
In caso di domicilio all’estero, è competente il giudice del luogo di accertamento del reato.
Tale criterio è stato scelto anche per le ipotesi di trasmissione telematica delle dichiarazioni
attraverso soggetti abilitati al fine di evitare, da un lato, che il contribuente possa scegliersi a
proprio piacimento il giudice competente lì dove la competenza territoriale fosse stata decisa in base
al luogo di partenza della dichiarazione e, dall’altro, che fosse sempre competente il tribunale di
Roma lì dove si fosse deciso di focalizzare la competenza sulla base del luogo in cui affluiscono i
dati delle dichiarazioni.
Nell’ipotesi, invece, in cui vengano emesse o rilasciate più fatture o documenti per
operazioni inesistenti in luoghi rientranti in più circolari, è competente il giudice di uno di tali
luoghi in cui ha sede l’ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo ad iscrivere la
notizia di reato nel registro apposito ex art. 335 c.p.p.
Infine, per gli altri casi previsti dal decreto, la competenza territoriale è determinata dal
luogo in cui è consumato il reato o, in subordine, dal luogo di accertamento del reato.
L’art.19 del D.Lgs. 74/2000 ha introdotto il principio di specialità in virtù del quale se lo
stesso illecito è sanzionato sia dal punto di vista amministrativo, sia dal punto di vista penale, si
applica la disposizione speciale. Una norma si definisce “speciale”se contiene tutti gli elementi di
una norma generale più un ulteriore “elemento specializzante”. In tal senso può essere considerata
speciale, ad esempio, una norma penale che consente l’individuazione di una soglia minima di
punibilità rispetto ad una amministrativa.
In sostanza, quindi,l’art.19 ribalta la precedente situazione sancita dall’art, 10 della L.516/82
che stabiliva il cumulo delle sanzioni penali e amministrative.
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Unica deroga al principio di specialità è contenuta nel secondo comma dello stesso art.19 in
base al quale in ogni caso permane la responsabilità amministrativa dei soggetti di cui
all’art.11.co.1,del D.Lgs. 472/97 qualora essi operino nell’ambito di un ente non dotato di
personalità giuridica che non siano persone fisiche concorrenti nel reato. Tale disposizione è volta
ad evitare che il medesimo fatto venga punito due volte in capo al medesimo soggetto mantenendo
comunque la possibilità di sanzioni differenti in capo ai diversi soggetti.
L’art.20 del D.Lgs. 74/2000 sancisce l’indipendenza tra il procedimento penale e quello
amministrativo. E’esclusa, infatti, la sospensione del procedimento amministrativo di accertamento
e del processo tributario per la pendenza di un procedimento penale avente ad oggetto i medesimi
fatti o atti dal cui accertamento comunque dipende la relativa definizione. Tale norma è volta ad
impedire un’eccessiva dilatazione dei tempi di conclusione dei rispettivi processi al fine di
consentire un più efficace utilizzo dello strumento sanzionatorio.
L’art.21 stabilisce,invece,la modalità e la misura delle sanzioni amministrative da irrogare in
caso di contestuale procedimento penale .Le sanzioni amministrative relative alle violazioni oggetto
del reato vanno immediatamente irrogate, salvo poi sospenderne l’esecutività in attesa dell’esito del
procedimento penale. Quest’ultimo può concludersi con una sentenza di condanna, nel qual caso si
avrà l’inapplicabilità della sanzione amministrativa irrogata,oppure potrà concludersi con una
sentenza di assoluzione, nel qual caso si riattiverà la procedura di irrogazione della sanzione. Resta
così salvo il principio di unicità della sanzione.
Infine il comma 3 dell’art.21 riguarda il caso di irrogazione di un’unica sanzione
amministrativa per più violazioni tributarie in concorso o continuazione tra loro. Se alcune
violazioni sono rilevanti anche penalmente, l’ufficio competente provvederà all’irrogazione di
un’unica sanzione per tutte. Tuttavia, soltanto la parte relativa a violazioni non penalmente rilevanti
sarà sottoposta immediatamente a procedura di riscossione, secondo la norma tributaria, mentre la
restante parte, collegata a violazioni rilevanti dal punto di vista penale, è sospesa in attesa dell’esito
del procedimento penale. Solo se questo si conclude con
l’assoluzione o il proscioglimento per la riconosciuta irrilevanza penale del fatto allora tale
parte sarà eseguibile nei confronti dell’imputato.