MASSIMO FIDANZA
Breve saggio critico su
Antonio Canepa,
Sistema di dottrina del fascismo, (libro primo)
Il problema della scienza –
1937, Ed. A.F. Formiggini (Roma).
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BIOGRAFIA
Antonio Canepa nasce, a Palermo, il 25 ottobre 1908. Il padre, Pietro, è
un noto giurista docente universitario e la madre Teresa Pecoraio, è
sorella dell‟onorevole A. pecoraio, deputato del Partito popolare
italiano.
Nel 1930, si laurea in legge, a Palermo, con 110 e lode e pubblica la
tesi, “Unità e pluralità degli ordinamenti giuridici.
Svolge tre anni di servizio militare come sottotenente dei reparti
motorizzati dell‟esercito.
Nel 1933, assieme al fratello Luigi, organizzano un colpo di stato
militare a S. Marino.
Mentre si accinge a partire per Rimini, viene arrestato a Catania,
assieme ad altri due golpisti.
Si finge pazzo e grazie anche all‟intervento della famiglia, viene
internato in una clinica psichiatrica, per due anni.
Nel 1936 falso rinsavimento e finto ravvedimento.
Aderisce al fascismo e torna ad esercitare a Palermo, l‟avvocatura con
il padre.
Tra il 1936 e 1937 pubblica in tre volumi, sistema di dottrina del
fascismo, che gli vale la cattedra universitaria a Catania e a Palermo,
come più giovane professore d‟Italia, in storia delle dottrine politiche.
Nel 1938 la società italiana per il progresso delle scienze gli affida la
relazione ufficiale su ”Gli studi Italiani sulla dottrina del fascismo nel
quinquennio”. In seguito pubblica anche, L’URSS sulla via delle Indie,
dove pronostica suggestivamente in anticipo, l‟invasione sovietica
dell‟Afghanistan. Nei suoi libri, disseminati, di note bibliografiche
ufficialmente proibite dal regime e nelle sue lezioni appassionate
all‟università, dietro un apparente idealismo kantiano contrabbanda una
stringente dialettica materialistica e marxista. Poco tempo dopo il suo
arrivo a Catania Canepa viene ospitato in casa dal preside Mario
Petroncelli antifascista cattolico che lo introduce nei salotti separatisti
della città. Intorno al 1940 i primi contatti con il Mi britannico
attraverso la ducea di Nelson duca di Bronte. Nel ‟41, stampa e
diffonde clandestinamente, a Catania, la prima parte del libello politico
indipendentista, La Sicilia ai Siciliani. Essere indipendentista voleva
dire essere contro la dittatura italiana di Mussolini, e nel 41, il giovane
professore intrattiene contatti documentati e stabili, con i servizi segreti
britannici del Mi, una delle dodici sezioni del S I S.
Dal 1941 al 1943, a capo del movimento clandestino, Giustizia e
Libertà, organizza e coordina la resistenza armata nell‟isola, con una
serie di attentati che culminano nel sabotaggio dell‟aereo, porto militare
tedesco, di Gerbini (giugno ‟43).
Nell‟agosto del ‟43, con l‟aiuto dei servizi britannici risale la penisola
italiana, ancora occupata dai tedeschi e raggiunge l‟Abruzzo. Assieme
a, D. Turioni, Guido Biglieri, e Sandro Massolo, fondano e organizzano
in pochi mesi la “brigata Matteotti”.
Nel giugno del 44, nella Firenze ancora occupata dai nazisti, diffonde
clandestinamente un appello e lo firma per, “il comitato centrale”, con
il nome di battaglia partigiano, di Tolù. L‟appello invita gli alleati, a
completare l‟opera di liberazione fino in fondo, abbattendo in Italia,
assieme a Mussolini, anche la borghesia Capitalista che ne aveva
sostenuto la dittatura, fino alla guerra.
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Il 20 agosto dello stesso anno, proprio mentre gli alleati entravano a
Firenze, escono sempre a firma dello stesso, Tolù, un giornale, “il grido
del popolo”, ed un manifesto su carta rossa con una stella a cinque
punte, che ribadiscono, nella sostanza, i contenuti già espressi
nell‟appello del giugno. Gli stessi, compagni del comitato toscano di
liberazione nazionale vedono nel piglio troppo radicale dei testi, una
minaccia, alla neo nata, linea morbida togliattiana, e se ne dissociano
pubblicamente. “Tolù”, viene arrestato dal comando alleato,
condannato a 20 giorni di prigione, con la condizionale; multato di
mille lire e ufficialmente allontanato, dal partito comunista Italiano.
Nell‟Ottobre, del „44, ritorna ad insegnare all‟università di Catania e
rinsalda i contatti con l‟indipendentismo isolano intanto riunito sotto la
bandiera del M I S di Finocchiaro Aprile. L‟esperienza partigiana, ha
reso il suo Marxismo più radicale, proprio nel momento in cui le
congiunture internazionali e il governo di coalizione nazionale, di
Bonomi, impongono a Togliatti e “compagni”, la moderazione.
Nell‟ottobre del 44, anche il siciliano, Gullo, ministro comunista
dell‟agricoltura, con i suoi decreti di riforma agraria, mirati a mutare
l‟equilibrio socio-economico dell‟isola, presupponeva lo scontro
sociale, in un momento in cui la direzione nazionale del suo stesso
partito mirava a contenerlo.
Dal novembre del 44 stampa un nuovo periodico clandestino, la Sicilia
indipendente, e costituisce l‟Evis (esercito volontario per
l‟indipendenza della Sicilia).
Nel dicembre del 44, l‟ex partigiano riprende la via delle montagne ma
questa volta in Sicilia e con il vecchio nome di battaglia indipendentista
di Mario Turri, comandante dell‟E V I S.
Il 17 giugno 1945, all‟età di soli 37 anni, muore assassinato, assieme a
due dei suoi volontari, Carmelo Rosano e Giuseppe Lo Giudice, nelle
circostanze misteriose dell‟eccidio di Murazzu ruttu, a Randazzo (sotto
segreto giudiziario fino al 2016).
Massimo Fidanza
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Premessa
Canepa rivestirà la cattedra in storia delle dottrine a Catania, senza
soluzione di continuità, dal 1938 al 1943, e poi, dopo un anno di
esperienza partigiana vi ritornerà ad insegnare dal novembre del 44 fino
alla sua morte. La sua attività teorica come storico del diritto e le sue
pubblicazioni accademiche si concentrano sotto il fascismo, negli anni
che vanno dal 37 al 40.
A partire dal 1940 l‟attività di docente viene subordinata da Canepa,
alla prassi militare-politica, e la sua stessa produzione letteraria e
concettuale diviene prassi politica, finalizzata ad incidere sulla realtà.
Dalla Sicilia ai siciliani, scritto nel 41, fino all‟ultimo periodico,
nell‟inverno del 44-45, la Sicilia indipendente, tutti i testi di Canepa
sono pumplet politici; divulgati, clandestinamente. La guerra,
l‟impegno rivoluzionario, la morte prematura hanno impedito a Canepa
di ritornare nella sua vita alla pura disquisizione teorica.
Il risultato è che oggi nonostante la lunga resistenza armata al fascismo
di Canepa come indipendentista e come partigiano, gli unici suoi testi
teorici siano paradossalmente proprio quelli della sua falsa adesione
ideologica al regime. Come cercherò di mostrare, proprio perché
l‟adesione al regime di Canepa fu da subito un doppio gioco, la sua
stessa attività teorica e accademica in quel periodo era già subordinata
ad una prassi politica. Prenderemo in esame il primo testo teorico di
Canepa, sistema di dottrine del fascismo, pubblicato in tre volumi e che
gli varrà la cattedra universitaria nel 1938. La mia intenzione è di
mostrare come il testo venga concepito e strutturato, da Canepa, con un
“doppio fondo”. Innanzi tutto la dichiarazione di un ex collega di
Canepa all‟ateneo catanese, il professore M. Gaudioso, riportata da
Barbagallo (Una rivoluzione mancata, 1974) ce lo descrive in quegli
anni “Dopo i primi anni d‟insegnamento si poté capire che questo
giovane insegnante impartiva lezioni che poco avevano a che vedere
con la dottrina fascista. Trapelava in lui un Marxismo lievitato alla luce
di studi profondi. Dal 1940 prese a frequentare noti antifascisti quali le
famiglie Gaglio, I Bruno, I Castiglione”. A. Canepa pubblica il primo
dei tre libri che compongono il suo sistema di dottrina del fascismo nel
1937; l‟opera molto apprezzata in campo internazionale viene
severamente attaccata da una parte della stampa fascista e dallo stesso
Pravolini. L‟accusa più ricorrente rivolta al teorico fascista Canepa era
di avere ridotto il fascismo ad un arido schematismo Kantiano. In
un‟intervista concessa a S. Barbagallo, (Una rivoluzione mancata,
1974) Luigi Canepa (fratello minore di Canepa) cita la dichiarazione
fattagli dal fratello mentre preparava il suo sistema di dottrina.
“Semplicissimo: io scriverò una Dottrina del fascismo in dieci volumi
ma arriverò a completarne solo due. Quanto basta per allontanare ogni
dubbio sulla mia persona. Ma chi saprà leggere tra le righe, e nelle
note dell’opera, conoscerà quanti antifascisti ci sono nel mondo”.
La mia tesi è che l‟arido schematismo Kantiano, un po‟ come avveniva
nelle sue lezioni universitarie, venga utilizzato da Canepa, anche nel
suo testo letterario per contrabbandare metaforicamente una stringente
dialettica materialistica e Marxista.
Prenderemo in esame solo i primi due capitoli del primo libro e ne
leggeremo alcune pagine per seguire il sistema di rimandi testuali e
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citazionali attraverso cui Canepa introduce il lettore ad una
comunicazione sotterranea e meta concettuale. A conclusione
ricostruiremo l‟intero percorso semantico sotterraneo del testo, che
come vedremo ruota intorno al concetto teorico marxista di sistema e
gioca con le sue molteplici implicazioni in campo storico, politico e
scientifico. In sede di strutturazione formale del testo Canepa compie
un‟operazione estetica molto vicina a quella espressa in quegli stessi
anni dal futurismo russo in campo artistico. Un po‟ come nelle
scenografie cubo futuriste di Meierchold. L‟arido schematismo astratto
e scientifico viene utilizzato da Canepa come metafora funzionale per
descrivere analogicamente una realtà più profonda e per celare dietro
un‟apparente disquisizione dottrinale (costruens) una critica
materialistica e dialettica (destruens) del fascismo e della società
italiana dei suoi tempi.
Si deve serenamente ammettere che al di là delle infinite connotazioni
ideologiche e implicazioni politiche, l‟operazione metodologica di
Marx, (come nel caso di De Sassures per esempio), ha contribuito e non
poco nel corso del novecento alla costituzione di una moderna scienza
sociale, studi storiografici compresi.
E‟ quindi molto probabile che il giovane Canepa, anche solo come
sedicente storico, oltre che per indole e prima ancora che per motivi
politici, fosse attratto dal tipo d‟indagine scientifica (sincronica) e al
tempo stesso dinamica, dialettica, contingente, costituita dal Marxismo
storico.
A conferma di quanto appena detto si potrebbe inoltre addurre
l‟abbondante messa di letteratura Marxista, propagandata di
contrabbando nella nota a piè di pagina “6”, del primo capitolo del suo
libro.
Massimo Fidanza
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I.
DOTTRINA E SISTEMA
1. Pregiudizi sulla dottrina del Fascismo. Pensiero e azione; pretesa
precedenza dell'uno o dell'altra. - Accingendoci alla costruzione sistematica
di una scienza dobbiamo innanzi tutto esser convinti che una tale costruzione
sia necessaria e, prima ancora che necessaria, che sia possibile.
Fornire la prova di questo duplice assunto, in merito alla nostra
disciplina, è dunque compito preliminare e pregiudiziale dello studio
intrapreso: compito che sarà oggetto del presente Titolo.
Ma prima di indagare le ragioni che persuadono alla opportunità del
sistema, non sarà superfluo liberare il terreno da numerosi errori, imprecisioni,
pregiudizi, luoghi comuni, ond‟esso appare ingombrato.
Ed anzitutto cerchiamo di chiarire la nozione di ciò che debba intendersi,
in senso tecnico, per « sistema della dottrina del Fascismo ».
Già la sola parola sistema suscita qualche reazione fra gli studiosi del
Fascismo(1)
. Ma anche intorno alla nozione dì dottrina le opinioni non sono
concordi e, soprattutto, le idee non sono chiare.
Si è troppo abituati a pensare che il Fascismo prima e piuttosto che una
dottrina sia una prassi di vita.
(1) Così il Gentile nell‟aureo scritto Origine e dottrina del Fascismo (Roma, (Libr. in un Del
Littorio», 1929), in un capitolo intitolato appunto «Il centro del sistema », scriveva : «Il sistema
fascista non è un sistema …» (p.42). Egli però chiariva, subito dopo, il suo pensiero.
SAGGIO CRITICO a cura di Massimo Fidanza
I. Il fascismo come strumento
1° L’autore ci avvisa alla prima pagina che, Già la sola parola sistema (il corsivo è di Canepa) suscita qualche reazione fra gli studiosi del fascismo. Alla dichiarazione è collegata una nota su Gentile, il quale scriveva a sua volta che: (…) il sistema fascista non è un sistema (…). Come mai il concetto teorico, di sistema faceva storcere il muso agli intellettuali fascisti?
Inizialmente elaborato nel campo delle scienze naturali per la descrizione del
mondo fisico, il concetto di sistema era stato utilizzato da C. Marx, nel suo
capitale per la prima volta per una descrizione scientifica, della società del
suo tempo.
Indubbiamente il termine soprattutto ai tempi in cui scriveva l’autore
presentava una forte connotazione ideologica, anche nel titolo del testo la
parola, sistema è scritta in piccolo.
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E ad ogni momento si sente ripetere che, nel Fascismo, l'azione precede il
pensiero(2;
così. Nella letteratura corrente, varie affermazioni del Duce sono
state inopportunamente invocate per suffragare questo unto di vista(3)
. Non è
mancato, però. chi si sia opposto risolutamente a un simile luogo comune e
soprattutto alle esagerazioni che potevano derivarne(4)
. In realtà, generalmente,
siamo in presenza di un modo quanto mai elementare di concepire la
questione dei rapporti fra pensiero e azione.
E‟ quasi superfluo osservare che soltanto in quegli atti riflessi che
studia la
(2)
La comune opinione si ritrova pienamente in un popolare libro di C. Delcrois, Un uomo e un
popolo (Firenze, Vallecchi, 1928): «Il Fascismo prima ha vissuto e agito, poi ha pensato: eravamo
afflitti da un grande male e l‟abbiamo curato con mezzi empirici ma efficaci e ora che siamo fuori
pericolo possiamo fare la filosofia perché abbiamo la vita.». « L‟autorità fu prima un bisogno che
un‟idea …
«Una volta instaurata la disciplina, bisognava darle un volto e un anima …» (pp. 397 sgg.). (3)
Nell‟ottobre 1919, parlando a Firenze alla I Adunata nazionale dei Fasci di combattimento, Egli
affermava: « Noi fascisti non abbiamo dottrine precostituite, la nostra dottrina è il fatto. Noi
aborriamo i sistemi dottrinali e filosofici perché la nostra mentalità ripugna da tutte le dottrine
precostituite». Cfr. G. A. CHIURCO, Storia della Riv. Fasc. (Firenze, Vallecchi , 1929) , I, p.201.
E, diversi anni dopo:
« Non è più il caso di discutere sulla opportunità o meno del sindacalismo. Come sempre, il fatto, nel
Fascismo, ha preceduto la dottrina» MUSSOLINI, V, p.112.
«La mia dottrina anche in quel periodo, [ nel periodo 1903-1914, in cui Egli era socialista], era stata
la dottrina dell‟azione.
«Il Fascismo … nacque da un bisogno di azione e fu azione.
«Gli anni che precedettero la marcia su Roma, furono anni durante i quali le necessità dell‟ azione
non tollerarono indagini o complete elaborazioni dottrinali. Si discuteva, ma – quel ch‟è più sacro e
importante – si moriva». MUSSOLINI, Dottr ., pp. 8-10.
Queste affermazioni non significano ciò che da taluni si vorrebbe desumerne; in primo luogo esse si
riferiscono, evidentemente, l‟una alle ideologie astratte ed avulse dell‟azione, e l‟altra a quel tipo di
dottrina elaborata e sistematizzata di cui diremo in appresso, sotto la lettera B; in secondo luogo esse
sono un richiamo alla necessità di troncare gl‟indugi dell‟eterne discussioni o delle sterili teorie.
Così, a un giornalista francese che chiedeva: « Anche il Fascismo si lusinga di essere una mistica
…», il Duce rispose seccamente: « Una mistica che agisce». M. LUCAIN, Les Romains
d’aujourd’hui (Paris, Tallandier, 1933 (4)) pp. 51 sg. (4)
«Prima di esistere come fatto e nella sua ultima espressione materiale di forza, il fascismo è esistito
come tendenza, come impulso e come idea, rampollato dalle condizioni stesse della vita che si
viveva».
2° Scrive Canepa, si è troppo abituati a pensare che il fascismo prima e
piuttosto che una dottrina sia una prassi di vita. In ogni momento si sente
ripetere che, nel fascismo, l’azione precede il pensiero. Alla dichiarazione
corrisponde la nota (2) che cita l’opinione, di C. Delcrois, Il fascismo prima ha
vissuto e agito poi ha pensato, eravamo afflitti da un grande male e
l’abbiamo curato con mezzi empirici ma efficaci e ora che siamo fuori pericolo
possiamo fare la filosofia (…).
Il pericolo da cui “siamo venuti fuori” il grande male di cui parla la nota
implicitamente era stato in Italia quello di una rivoluzione socialista. Il
fascismo quindi come reazione automatica ad un grande male che affliggeva
la società italiana.
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fisiologia (ed, impropriamente, un certo ramo della psicologia)1(5)
, atti che
sono mere reazioni agli stimoli esterni, è lecito parlare di azioni umane
separabili da un contenuto di volontà o di pensiero: in tutto il resto, voler
separare quelle da questo significherebbe voler ridurre l'uomo al livello della
macchina.
Sicché, ritornando dal generale al particolare, se si considera la questione
storicamente, se si studia cioè il farsi della vicenda politica che ha nome
Fascismo, non si può non rilevare 1‟improprietà ed inesattezza di quel
concetto che vorrebbe posporre il pensiero all'azione: quasi chè fosse
possibile, così in politica come in qualunque altra branca dell'attività umana,
agire senza aver prima pensato(6)
.
E la filosofia moderna, o, almeno, uno fra gli indirizzi prevalenti nella
filosofia rnoderna, superando da un punto di vista speculativo l'antitesi fra
pensiero e azione, come quella fra contenuto e forma, ha risolto l'uno
nell'altra, mediante la concezione immanentistica della realtà come perpetuo
concretizzarsi dell'idea (7)
.
E. CICCOTTI, Il fascismo e le sue fasi: anarchia, dittatura, deviazioni (Milano, «Unitas », 1925) Prefaz . ,
pp. VII-VIII.
E, con altro spirito,il PASINI, Impero Unico. Teoria dello Stato Sinarchico (Roma, Berlutti, 1924): «Chi va
blaterando di una dottrina fascista da formarsi dopo l‟azione, trascura la profonda preparazione storica
dell‟anima italiana a questo balzo in avanti» ( p. 50).
(5) Gli atti riflessi non sono da confondere con gli atti istintivi, né con quelli denominati semi-riflessi
(in cui partecipano l‟istinto e la volontà) ; Cfr. G. LINDER, Manuale di psicologia empirico , trad. it.
Visintainer (Innsbruck, 1899) 74; E. v. Hartman, Die moderne Psycologie (Leipzig, Haacke, 1901) pp.177,
212-216, 433; E.LUBAC, Esquisse d’un systeme de Psychologie rationelle (Paris, Alcan, 1903) p. 184. Lo
studio degli atti riflessi appartiene più alla fisiologia che non psicologia ; così si spiega come il JAMES non
se ne occupi quasi affatto e come egli, da altro punto di vista, possa affermare che « Dai riflessi animali si
passa gradatamente agli atti volontari, attraverso quegli atti che possono essere compiuti automaticamente,
ma possono pure essere modificati da un‟intelligenza cosciente » Principi di Psicologia, tr. it. Ferrari-
Tamburini (Roma, Soc. Editr. Libraria, 1905 ) p. 11.
Nel senso da noi indicato, v. anche le voci Automatism (I, p. 95) e Reflex action (II, p. 436) del Dictionary
of Philosophy and Psychology (New York, MacMillan, 1902).
(6) Pur affermando che « talvolta … importa meno sapere che volere. La scienza può esser minima», si
riconosce che occorre « La prescienza, l’intuizione dello scopo, dell’ideale finale », benché poi si dica che
«la sola volontà basta per trovare, cammin facendo, anche la scienza che manca»,
sola volontà basta per trovare, cammin facendo, anche la scienza che manca»,
D. LISCHI, Sotto i segni del Littorio (Pisa, Nistri – Lischi , 1933) p.31.
3° Soltanto in quegli atti riflessi che studia la fisiologia ( ed impropriamente,
un certo ramo della psicologia) atti che sono mere reazioni a gli stimoli
esterni, è lecito parlare di azioni umane separabili da un contenuto di volontà
o pensiero (…). Nella nota testuale (5) Canepa aggiunge, Gli atti riflessi non
sono da confondere con gli atti istintivi, né con quelli denominati semi-riflessi
(in cui partecipano l’istinto e la volontà); e vi è uno schema riferito a James,
dai riflessi animali si passa gradatamente agli atti volontari, attraverso quegli
atti che possono essere compiuti automaticamente, ma possono pure essere
modificati da un’intelligenza coscienti. Seguiamo per un momento il gioco
retorico di Canepa: Al livello più basso dello schema sono gli atti riflessi i
quali sono reazioni del tutto automatiche del nostro organismo, agli stimoli
esterni. Gli atti riflessi sono reazioni completamente passive, e del tutto
separabili da una volontà e da un pensiero, un esempio in questo caso è il
nostro battito cardiaco, la nostra circolazione del sangue, i riflessi e tutta
quella serie d’attività primarie attraverso cui il nostro organismo, si conserva
in vita e su cui anche impegnandoci non abbiamo nessun controllo volontario
E, sebbene la parola piano sembri poco appropriata, giustamente osserva il MISSIROLI, nella sua opera più
recente, che l‟azione politica di Mussolini si svolge « secondo una sua direttiva, si uniforma ad un piano e a
delle idee basilari: idee generalissime … coerenza sostanziale » Studi sul Fascismo (Bologna,
ZANICHELLI, 1934) p.3.
E il Duce, ricordando agli italiani taluni punti programmatici fissati fin dalla adunata di Piazza San
Sepolcro, affermava che « Tutti questi motivi costituiscono le grandi immutabili direttrici della nostra
marcia » VIII, p.162.
(7) Sulla questione, oltre alle opere classiche da Kant in poi – e, in particolare, a quel
meravigliosamente chiaro Sistema dell‟idealismo trascendentale dello SCHELLING ( Werke), Leipzig,
Eckardt, 1907) – si consultino: RIEHL, Der Philos. Kritzismus (Leipzig, Engelmann, 1876) I, pp.10 sgg.
W.RAUSCHENBERGER, Kritische Idealismus und seine Wuiderlgung (Leipzig, Quelle u. Meyer, 1918)
pp. 23 sgg.; A.KRZESINSKI, Une nouvelle philosophie de l’immanence (Paris, Alkan, 1931); R. Zocher,
Husseris Phanomenologie und Schuppes Logik ( Munchen, Reinhardt, 1932) pp. 31 sgg., 132-142 e passim;
FRIEDR. Jodl, Critica dell’Idealismo; tr. it. Rensi (Roma, « Casa del Libro », 1932);MANNARINO,
Idealism, realismo e filosofia della vita (in «Logos», 1936, 2, pp. 105- 117).
Quest‟ultimo, seguendo una larga corrente del pensiero contemporaneo, si propone di dimostrare che «
anche sotto l‟aspetto dell‟ineliminabilità del dissidio di trascendenza e immanenza, il conflitto tra Realismo
Idealismo è basato su di un equivoco».
Cfr. infine B.SCHULTER, Trascendence and the Logical Difficulties of Trascendence : A logical Analysis
(Copenaghen, Levin a. Munksgaard, 1936).
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2. Distinzione tecnica fra pensiero e azione. Dottrina sistematizzata.
- Prescindendo dai riflessi storici e filosofici cui questi concetti possono dar
luogo - rifles2si che sarebbe lungo ed inopportuno valutare qui particolarmente
-, quel che più interessa è il liberarsi, una volta per tutte, dalla maniera volgare
di considerare i concetti stessi.
(già) di attività, frutto di un apprendimento regresso, divenuto implicito con il
tempo di cui oggi siamo poco consapevoli (pertinenze) ma su cui
sforzandoci possiamo ancora oggi possibile fondare una tecnica di pensiero al
posto di un semplice dilettantismo a base di luoghi comuni.
e cosciente. Ad un livello più alto e intermedio, troviamo quegli atti da noi
oggi compiuti in maniera apparentemente del tutto automatica (istintiva e
semiriflessa). In questo caso si tratta riuscire ad esercitare un certo controllo volontario e quindi a modificare. Si tratta del nostro sapere strumentale e fanno parte di questa categoria le azioni come: mangiare, bere, camminare, defecare. Al livello ancora più alto dello schema, di James invece ritroviamo gli atti volontari i quali esprimono più propriamente le azioni umane attive e coscienti, nei confronti dell’ambiente. Ora, mentre gli atti riflessi sono tipi di reazione, del tutto passiva, dell’organismo all’ambiente, gli atti strumentali sono tipi di reazione, quasi, del tutto passiva. Nonostante apparentemente automatici, gli atti strumentali ammettono in linea di principio un sapere implicito e quindi un grado cosciente profondo di controllo volontario. Attraverso l’antico espediente retorico, della pars “pro toto” e la metafora naturalistica di un sistema biologico, il movimento fascista può venire descritto formalmente e analogicamente, con una semplice disquisizione di fisiologia. Il movimento fascista, sembra dirci Canepa, non può essere considerato alla stregua di un atto del tutto attivo e volontario, ne alla stregua di una reazione del tutto passiva e spontanea. In quando reazione strumentale, il fascismo ammette al suo interno e per definizione, un grado cosciente profondo di controllo volontario latente.
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A noi preme porre a fondamento della nostra indagine nozioni chiare e ben
definite: giacché esclusivamente attraverso la chiarezza e la precisione è
possibile fondare una tecnica di pensiero al posto di un semplice dilettantismo
a base di luoghi comuni. Ai fini della nostra scienza, la distinzione fra dottrina ed azione ha un
significato, soltanto quando per dottrina si intenda il pensiero che ha
informato i fatti, sistematizzato in un tempo successivo, così la filosofia
politica di Zenone - al dire di Plutarco - teorizzò le realizzazioni di Alessandro
il Grande (8;
così la dottrina hegeliana dello Stato sistemò, in ultima analisi, la
realtà di fatto del nuovo Stato Prussiano(9)
.
Ma qualora, nel concepire una dottrina politica, non se ne consideri la
successiva sistemazione teorica, e si guardi invece sostanzialmente a
quell'insieme di idee, principi, sentimenti e suggestioni che è in fondo lo
spirito dell'azione, in questo caso la distinzione fra dottrina e realtà risulta
inconsistente; e più che mai si rivela fondata l'asserzione del Duce secondo la
quale «il Fascismo è prassi e pensiero, azione a cui è immanente una
dottrina».(10)
.
Abbiamo dunque due possibili tipi di dottrina: A) quella, cui riferisce
l'asserzione del Duce, che non solo è contemporanea all'azione, ma a questa è
intrinseca, da questa è inscindibile, con questa costituisce - nello sviluppo
storico del reale - una indissolubile unità;
(8) Alessandro il Grande, allargando I confine della Grecia, estese pure la visione dell‟orizzonte politico-
sociale del tempo. E dopo le imprese guerresche onde nacque l‟impero di Alessandro, apparve un‟opera di ZENONE, Lo Stato
sociale e universale, nella quale secondo Plutarco si esponeva in teoria ciò che il Macedone aveva attuato.
Cfr.O.APELT, Zur Gesch. der griech Philos. (Leipzig, Teubner, 1891) pp. 350 sg. ; B.NIESE Gesch. der griech. und makedonischen Staaten seit der Schlacht bei Cheronea (Gotha, Perther, 1903).
(9) Nella mente di Hegel, lo Stato «è niente altro che il riflesso teorico di una realtà di fatto: lo Stato Prussiano degli Hohenzollern , creazione artificiale volontaria di una Dinastia e di una Casta politica
ristretta e potentemente organizzata» a. TILLGHER, lo spaccio del bestione trionfante (Roma, «Libr. Polit.
Moderna », 1926). (10) MUSSOLINI, Dottr . , p.1.Egli usa la parola dottrina nel medesimo senso quando scrive che il Fascismo
ha « un suo proprio inconfondibile punto di vista – e quindi di direzione – dinnanzi a tutti i problemi che angustiano, nelle cose o nelle intelligenze, i popoli del mondo» (Ibid., p. 11).
11
B) quella che è stata desunta, dopo il fatto, dal fatto; vale a dire, una
dottrina ripensata, teorizzata e, comunque, successiva all'azione.
In questa distinzione tecnica fra due forme di dottrina si annidano
tuttavia numerosi interrogativi.
Che cosa sia, che cosa debba essere la dottrina di tipo B) in confronto
a quella prima accennata; se cioè sia un sistema, e quali siano l'utilità e la
necessità di uno studio così inteso: sono gli interrogativi cui bisogna ancora
esaurientemente rispondere, per la chiarificazione dei concetti indispensabili a
qualunque indagine scientifica.
3. Concetti di dottrina e di sistema; loro anatomie e differenze. - La parola
dottrina, a parte il significato primitivo di insegnamento o di cultura(11)
presenta già ad un sommario esame 1‟idea d'un corpo di verità
interdipendenti, solidali, organiche; verità non avulse dall'azione o da compiti
di possibile azione(12)
Sicché, caratteristiche dell'idea di dottrina in senso
generale sarebbero, da una parte, il collegamento tra le varie verità, e,
dall'altra parte, il riferimento di esse all'azione. Una asserzione isolata
ovvero una mera teoria cui non corrispondesse alcuna realtà non basterebbero
a costituire una dottrina.
(11) Il senso primitivo di insegnamento si trova prevalentemente nel pensiero medievale. Così quando il
PORT-ROYAL, nella sua Logique (Lyon, M. Liberal, 1684), scrive: « Il y a deux sortes de methodes: l‟une
pour decouvrir la veiritè, qu‟on appelle analyse … et qu‟on peut aussi appeller methode d‟invention;
L‟autre, pour la faire entendre aux autres quand on l‟a trouvee, qu‟on appelle synthese … et qu‟on peut
appelle aussi methode de doctrine » ( part. IV, ch. 2).
Da questo senso primitivo è derivato l‟uso antico di dottrina per dire istruzione acquisita, cognizioni
possedute (onde la frase: uomo di molta dottrina). (12) «Ce terme implique toujours l‟idee d‟un corps de verites organisees, solidaries, et meme le plus souvent
liees a l‟action ; non d‟une assertion isolee ou de pure theurie» A.LALANDE, Voc. de la philos. (Paris,
Alcan 1928) III, p. 40.
E MUSSOLINI (VII, p. 125): «La dottrina serve ad animare gli orientamenti pratici dell‟azione quotidiana
».
4° Definito il concetto di dottrina come, l’idea di un corpo d’idee interdipendenti, solidali, organiche; verità non avulse dall’azione, Canepa sembra inizialmente isolare in maniera dicotomica due diversi tipi di dottrina.
12
Questa nozione di ciò che sia dottrina ci riporta istintivamente a raffigurarci,
in qualunque campo della vita sociale (13)
, un pensiero che sia intrinseco
all'azione (senso A): un pensiero che abbia finalità immediatamente
realizzatrici; che divenga realtà esso stesso nell'atto del suo estrinsecarsi.(14).
La dottrina, invece, successiva all'azione, quella dottrina (senso B) della
quale abbiamo trovato esempio, a distanza di secoli, in Zenone come in Hegel,
non è più una dottrina inerente all'azione o che divenga essa stessa realtà,
bensì una dottrina che è stata desunta dalla realtà. Caratteristica di questa
dottrina è lo studio di chi la desume, la ritrae, la sviluppa dai fatti accaduti.
(13) «Ogni dottrina tende ad indirizzare l‟attività degli uomini verso un determinato obbiettivo ;ma l‟attività
degli uomini reagisce sulla dottrina, la trasforma, l‟adatta alle nuove necessità o la supera. La dottrina,
quindi, deve essere essa stessa non un‟esercitazione di parole ma un atto di vita» MUSSOLINI, Dottr. ,p.
18.
Anche la definizione seguente, sebbene non possa dirsi che precisi l‟essenza delle dottrine morali, ne coglie
però chiaramente l‟aspetto deontologico: la morale « e‟ la forza mistica che tende a trasformare ciò che è in
ciò che dev‟essere. Stimola il reale ad adeguare l‟ideale» G. ORTOLANI, La morale del Fascismo (Savona,
Ricci,1929) pp. 3-4.
Analogo è il carattere delle dottrine religiose. Ecco,ad esempio, quanto agli scopi normativi del
Cristianesimo: « la sola bussola con qui solcar si può questo mare, la sola facie , che può drizzare uno
spirito si limitava e ristretto ad accostarsi all‟infinito, all‟immenso, all‟eterno, è la Rivelazione» (p. IV);« in
qual‟altro modo avrebbe potuto Mosè indurre tutta quella nazione ad abbracciare una legge evidentemente
gravosa e difficile a portarsi?» ( p. VI ) A. MARTINO, Prefaz. gener. a Vecchio Testamento (Napoli,
Marghieri, 1871).
Ed ecco quanto all‟Ebraismo: « Il Dio dell‟Ebraismo è Azione. Effetto e motivo di quest‟azione è il Bene »
(p.11) ; « La religione non è soltanto fede ma anche azione ; … è eticità in atto non eticità in principio; è
eticità attiva per cui l‟uomo redime se stesso colle sue forze e si sublima» (p.27); « ma la torah è più che
legge, è altro che Legge. E‟ dottrina di vita; è la parola che di continuo tien vivo nell‟anima il senso del
dovere » (p. 77) D. LATTES, Apologia dell’Ebraismo (Roma, Formiggini , 1925). (14) Un esempio pratico di compenetrazione fra idea e atto, nella prassi del Governo Fascista, vien dato dalla
Circolare 3500, 21 aprile 1935, del Ministero della Guerra nella quale può leggersi: «La presente circolare precede la nuova regolamentazione tattica. Come è ormai consuetudine di lavoro, prima di lanciare la
dottrina si prepara l‟ambiente che deve applicarlo, cercando che i principi fondamentali siano in anticipo
acquisiti e assimilati da tutta la gerarchia». Ed uno scrittore di materie militari commentava:
Nelle pagine che seguono invece l’autore con un leggero slittamento di
metodo comincia a mettere in correlazione i due diversi tipi di
dottrina precedentemente isolati.
13
In questo secondo caso, ci troviamo di fronte ad un lavoro esclusivamente di
pensiero, sia che esso si limiti al commento della realtà o che assurga a dignità
di scienza.
Ecco, dunque, in particolare, quali sono i principali caratteri che
differenziano la dottrina immanente all'azione (senso A) dalla dottrina
susseguente all'azione (senso B).
ά) La prima non vive che dell'azione e per l'azione; si realizza
nell'azione alla quale è immediatamente diretta e dalla quale non può
scindersi se non attraverso un'operazione di analisi; la seconda, invece,
segue l'azione sia in ordine di tempo che in ordine logico, non ha quindi per
scopo immediato l'azione, sebbene d'altra parte non si esaurisca in una
sterile accademia ma giovi, in ultima analisi, all'azione futura3(15)
.
β) La prima è opera dell‟uomo pratico, essendo essa stessa azione o
motrice di azioni; la seconda è opera del teorico, è unicamente pensiero, cioè
ritorno e ripiegamento, soltanto dello spirito, sopra una realtà la quale fu
insieme spirituale e materiale, insieme pensiero e azione(16)
.
«perché la dottrina sia veramente sangue del nostro sangue, è necessario che non si la dottrina che crei lo
spirito, ma lo spirito che crei la dottrina.«Solo se l‟uno e l‟altra sono aderenti, la dottrina è concreta e
realistica». E. COTRONEI, La dottrina della forza viva (in« Rivista di Fanteria», Febbraio 1937, p. 215).
(15) «Nella storia del pensiero, la sistemazione succede all‟azione, la illumina come fato e la ignora come
fare G. PERTICONE , L’eredità del mondo antico nella filos . Polit . , (Torino, Paravia, 1923) p.3 (16) Il CROCE ha del sistema una visione meramente speculativa, ma che pure ne lumeggia tutta la
teoreticità, quando scrive : « dalle percezioni si geminano … la coscienza del realmente accaduto, che nelle sue forme letterarie eminenti prende il nome di storia, e la coscienza dello
Un po’ come abbiamo già visto nello schema di James, vi sarebbero
secondo Canepa due diverse forme di sapere culturale dell’uomo.
Abbiamo detto che mentre i movimenti riflessi dei nostri organi non
ammettono al loro interno nessuna attività di pensiero, i nostri
movimenti semi riflessi ed istintivi invece ammettono già un’attività di
pensiero di cui però siamo poco o per niente consapevoli.
Il primo pensatore occidentale moderno che se ne accorse fu, B. Pascal
il quale scriveva già nel XVII sec. che l’uomo, con il tempo finisce per
considerare fisiologiche e naturali, l’insieme di conoscenze primarie
che compongono il suo sapere culturale più antico.
Pensiamo al nostro linguaggio, alla nostra capacità di contare, la nostra
conoscenza delle figure geometriche, alla stessa nostra percezione
logica e “gestaltica” della simultaneità caleidoscopica che ci circonda.
A un livello gnoseologico l’uomo non può distinguere all’interno della
sua conoscenza del mondo tra natura e cultura, ma piuttosto tra due
diversi livelli culturali di produzione significativa. Sarebbero quindi
presenti in noi stessi, una cultura primaria fatta di convenzioni “mute”
e implicite nelle nostre procedure e una di secondo grado, teorica, la
quale analizza le nostre stesse interazioni significative primarie con il
mondo.
14
γ) La prima si dissimula sovente dietro i fatti, onde non a tutti è dato
discernere il suo vero volto, specie quando - caso non infrequente - si
mascheri di ingannevoli apparenze; la seconda, al contrario, si fa palese,
chiara, evidente, giacché segue appunto lo sforzo di indovinare l'essenza della
realtà (17)
.
δ) La prima può apparire incoerente e contraddittoria ama se lo fosse
davvero, non sarebbe più una dottrina); la seconda non può né essere, né
apparir tale: in quanto dottrina teorica, deve necessariamente possedere doti di
armonia e di logica(18)
.
ε) La prima, infine, è semplicemente dottrina, cioè vita; la seconda,
essendo esclusivamente pensiero, è anche scienza, cioè scoperta delle leggi
della vita: o, se ancora scienza non sia, tende a diventarlo(19)
.
universale, che nelle sue forme eminenti prende il nome di sistema o filosofia » Brev. di Estetica (Bari,
Laterza, 1928) p. 71.
Bisogna rifarsi al senso B) specificato nel testo per intendere il significato di questa verità: L‟Histoire
des doctrines economiques prouve l‟antique veritè que la pratique a precede la theorie » N. C. BUNGE,
Esquisse de Litterature politico-economique (Paris, Alcan, 1898) pp. 3 sg .
(17) « In tutti i libri sul Fascismo abbiamo trovato quel desiderio di spiegare il Fascismo che è l‟asse
portante di questi libri; anche di quelli a base di ricordi personali; spiegare il Fascismo, riuscire a concretare
in un certo numero di pagine la visione che ognuno ha del Fascismo, imporre la propria concezione … era
l‟istinto di definire, di spiegare, di imbandire una verità, e non una verità puramente teorica e indifferente,
ma una verità la cui attestazione preme, e sembra improrogabile e urgente » ARGO, I libri ; Fascismo ( in «
Civiltà Fascista » , 1934, p. 1045 ). (18) Quest‟ultimo carattere, proprio della dottrina sistematizzata, vien messo in luce egregiamente dalla
definizione che segue: « A system arises wherever a particular plan, a working hypotesis, or scientific method has been so consistently, extensively and deductively applied to the interpretation and arrangement
of a body of facts as to give them a internal intellectual coherence and unity, obvious external detachment
or distinction from other facts » J. DEWEY, Dictionary of Philosophy and Psychologie (New York, MacMillan, 1902) alla voce: System, II, p. 659.
(19) Ecco come il PIROU ( Les doctrine econom. en France depuis 1870; Paris, Collin, 1025)
precisa questo concetto nel distinguere la scienza[dottrina in senso B) o sistema] dalla dottrina
in senso [ in senso A)]: Science et doctrine ont des fins differentes : l‟une constate et explique,
l‟autre juge et prescrit. La doctrine a besoin de lignes simples et de parti pris tranches ».
Ai pièdi di questa pagina troviamo in una nota quasi del tutto
scollegata dal testo l’affermazione, bisogna rifarsi al senso B)
specificato nel testo per intendere il significato di questa verità e la
citazione in Francese: La storia delle dottrine economiche prova
l’antica verità che è la pratica a precedere la teoria. Qual è il senso B a
cui si riferisce Canepa e a cui bisogna rifarsi per intendere il vero
significato di quetsa frase enigmatica? In questa stessa pagina Canepa
distingue tra due diversi tipi di dottrina, una pratica e immanente
all’azione; un’altra, che è esclusivamente pensiero, scienza, scoperta
delle leggi della vita. Nella pagina seguente Canepa afferma: Questo
secondo tipo di dottrina noi chiamiamo sistema. Ritorniamo alla nostra
frase in Francese: La storia delle dottrine economiche prova la vecchia
verità che, è la pratica a precedere la teoria. Le dottrine economiche a
cui si riferisce la frase rientrano sicuramente nel secondo tipo di
dottrina descritto da Canepa. Accettiamo, di conseguenza, la parola
sistema, come come l'integrale equivalente della parola dottrina in
senso B. Una storia dei sistemi economici era nata proprio con Marx è
penso che in un certo senso costituisca il fulcro stesso del suo metodo
d’indagine. Inoltre mi risulta che gli stessi Marx ed Engels pubblicarono
un’opera dal titolo, Storia delle Teorie Economiche ma ci ritorneremo
tra breve.
15
Questo secondo tipo di dottrina noi chiamiamo, «sistema»(20)
, non perché
differisca dal primo tipo nella sua natura sistematica, ma perché i1 sistema,
cioè lo sforzo di sempre meglio organizzare la dottrina, costituisce il compito
specifico ed essenziale dell'indagine stessa (21)
.
Se fosse di qualche giovamento ai fini scientifici, si potrebbe a questo
punto imprendere una lunga discussione, di carattere filosofico, per decidere
se la dottrina e il sistema che ne scaturisce siano due diversi aspetti o due
diversi stadi della realtà; se il problema gnoseologico prevalga su quello
ontologico e sia piuttosto questione di forme diverse di conoscenza, anziché
d'una conoscenza di realtà diverse.
Ma tutta questa speculazione non farebbe che complicare a vuoto cose di
per sé molto semplici. Il sistema, per chi guardi il fondo delle cose non è altro
che la dottrina resa visibile. chiara, organica nella sua effettiva integrità. Una
nozione tanto evidente non abbisogna di ulteriori approfondimenti.
Accettiamo, per conseguenza. la parola sistema, più che come un sinonimo,
come l'integrale equivalente della parola dottrina in senso B). Useremo sempre
sistema anziché dottrina, riferendoci al senso B), allo scopo di evitare
costantemente la confusione che, potrebbe sorgere fra le due forme della
dottrina. Ed useremo la parola dottrina sempre e soltanto nel senso A).
(20) La parola sistema richiama immediatamente alla nostra mente un insieme di elementi, materiali o non,
che dipendono reciprocamente gli uni dagli altri in modo da formare un tutto organico. Sicché noi parliamo
del sistema solare, del sistema nervoso, d‟un sistema di tre equazioni, ecc.
Conseguentemente taluno ne ha messo in rilievo la ordinata tendenza verso un fine. «A l‟unitè de serie, qui
fait naitre chaque mouvement d‟un precedent, sera venue s‟ajouter l‟unite de systeme, qui fait converger
plusierus mouvements vers un but commun» J.LACHERIER, Du fondement de l’induction (Paris, Alcan,
1896) p.74. Altri ne ha messo in rilievo l‟organicità: « System is a whole from the stand point of the
methodic connection and arrangement of its constituent members» J. DEWEY, Dictionary of Philosophy
and psychology, cit. , II, P. 659.
(21) Perciò il LALANDE, con qualche esagerazione, definisce il sistema come un « ensemble d‟idees
scientifiques ou philosophiques logiquement solidaries, mais en tant qu‟on les considere dans leur
choerence plutot dans leur veritè » (Op. cit. , II, p. 859).
Dopo avere correlato dialetticamente i due diversi tipi di dottrina
isolati, l’autore passa ad adottarne uno in funzione escatologica
dell’altro. In maniera (apparentemente) Kantiana, Canepa sembra
inquadrare fenomenologicamente la società degli uomini, attraverso
due diversi livelli logici analitici (strutturali); al primo livello: abbiamo
la realtà quotidiana e sociale di tutti i giorni, la dottrina a questo livello
logico e congetturata come un pensiero immanente all’azione, pratico
operatorio, intrinseco alla quotidianità, che struttura la realtà sociale
nel profondo e la organizza: la dottrina che è immanente all’azione
sovente, si dissimula dietro ai fatti , onde non a tutti è dato discernere
il suo vero volto, specie quando - caso non infrequente - si mascheri di
ingannevoli apparenze. La dottrina perciò si manifesta nel quotidiano
in maniera contraddittoria e mistificata: La prima può apparire
incoerente e contraddittoria (ma se lo fosse davvero non sarebbe una
dottrina). E’ possibile però secondo Canepa attraverso una costruzione
teorica, ridurre sistematicamente dalla nostra percezione immanente
(immediata) della realtà sociale ogni contraddizione fino a penetrarne
chiaramente nel profondo, la dottrina che la informa e struttura: Se
fosse di qualche giovamento ai fini scientifici, si potrebbe a questo
punto imprendere una lunga discussione, di carattere filosofico, per
decidere se la dottrina e il sistema che ne scaturisce siano due diversi
aspetti o due diversi stadi della realtà; se il problema gnoseologico
prevalga su quello ontologico e sia piuttosto questione di forme diverse
di conoscenza, anziché d'una conoscenza di realtà diverse.
16
Con ciò risultano evidenti il significato e la portata della locuzione «sistema
della dottrina fascista »(22)
.
4. Genesi del sistema. - Com'è facile vedere, l'origine dei sistema sta in
ciò: che qualcuno lo costruisce. Sicché. mentre la semplice dottrina (senso A)
è come la linfa che circola più o meno invisibile interiormente al suo mondo,
il sistema, per contro, ci si raffigura alla mente nel suo apparato di costruzione
logica, perfettamente visibile ed accessibile anche al profano.
Ora, da un punto di vista teorico, qualunque dottrina, purché abbia -
s'intende - una certa individualità e autonomia, è suscettiva di essere sceverata
dalle sue impurità, elaborata armonicamente, ricostruita con criteri tecnici,
ridotta - in una parola a sistema.
Purtroppo nulla Garantisce che una siffatta costruzione dottrinale riesca a
dare risultati che meritino l'appellativo di sistema. Di questo appellativo sarà
degna, infatti, unicamente quando abbia saputo discernere i nessi logici dai
quali dipende l‟intrinseca coerenza della realtà che si studia. In caso diverso,
sarà un tentativo, più simile a un aborto che non a un sistema.
Accade così che molte dottrine rimangano perpetuamente nel seno dei fatti e
non si presentino mai sotto forma di sistema. Questa trasformazione di una
dottrina in un sistema è l'opera delicatissima dei tecnici; opera che, spesso,
manca la meta, presentando come sistema uno zibaldone di nozioni indigeste
male elaborate e peggio collegate l‟una con l'altra. La facilità di esagerare nel
meccanicismo sistematico, da una parte, e la difficoltà di raggiungere la
perfetta fusione tra l‟oggetto studiato e la teoria che se ne ricava, dall‟altra
(22) Di questa locuzione il Duce ha dato la precisa nozione, distinguendo chiaramente il sistema dalla
dottrina:
«La dottrina – bell‟e formata, con divisione di capitoli e paragrafi e contorno di elucubrazioni – poteva
mancare …
«E poiché mancò il sistema si negò dagli avversari in malafede al Fascismo ogni capacità di dottrina»
MUSSOLINI , Dottr. , pp. 10 sg.
17
parte, han fatto sì che molti scienziati considerino con qualche diffidenza tutto
ciò che sappia di sistema.
Questo atteggiamento viene assunto in prevalenza da certi studiosi le cui
pretese sperimentali spesso poi non riescono che ad un limitato empirismo.
Ed ha luogo principalmente quando il sistema verta sul campo delle scienze
naturali, nel quale più che altrove l'intervento di una logica astratta può
apparire inadatto(23)
. Bisogna riconoscere tuttavia che è tanto facile scivolare
per la china di un infondato dogmatismo, quanto illudersi sulla effettiva
costruzione di un sistema cui non corrispondono gli indispensabili coefficienti
logici che, in ogni caso, sono substrato di qualunque sistema.
Converrà quindi esaminare a suo luogo i criteri tecnici conformemente ai
quali si debba procedere alla sistematica della dottrina e le competenze
specifiche che si richiedono negli artefici della difficile mansione.4
(23) Taluno è giunto ad attribuire alla teoria il metodo sperimentale, al sistema il metodo razionale: « Quand
l‟hypothese est soumis al la methode experimentale, elle devent une theorie; tandis que si elle est soumise a
la logique seule, elle devient un systeme » Cl. BERNARD, Introd. a l’etude de la Medicine exper. (Paris,
Bailliere, 1865) p. 385.
Il Bernard usa qui il termine sistema in senso dispregiativo. Ma a questa tendenza di certi scienziati siè
opposto risolutamente L‟Hamedin affermando che « le savoir, quoiqu‟on fasse, est un systeme » ( Essay, p.
11) ; ed osservando – nel vedre gli empiristi costruire storie genetiche del mondo – che « rien ne montre
nieux le pouvoir qu‟a conserve sur les espritz l‟idee de systeme. On en medit, ce qui est facile on la
calomnie meme, mais on y revient ou plutot on ne s‟en detache jamais » (Ibid. , p. 6).
5° Ed ha luogo principalmente quando il sistema verta sul campo delle scienze naturali, nel quale più che altrove l'intervento di una logica astratta può apparire inadatto. Con questa frase apparentemente innocua Canepa sposta l’attenzione del lettore dal campo delle moderne scienze sociali a quello delle più tradizionali scienze naturali. Nelle note ai piedi della pagina vengono riportate le riflessioni e le dichiarazioni di scienziati naturali: medici, genetisti etc. In realtà Canepa si accinge ad una costruzione teorica sistematica in campo sociale ed è in questo campo come vedremo, che il termine sistema è più gravido di conseguenze, di più “scomodi” rimandi epistemologici.
18
II.
POSSIBILITA E NECESSITA DEL SISTEMA
5. Mancanza del sistema nella letteratura intorno al Fascismo.
Molto si è scritto sul Fascismo; direi anche troppo, se questo eccessivo
fervore di studi non lusingasse il nostro animo di fascisti, testimoniando della
vitalità, della bellezza, del fascino di un'idea che è capace di appassionare
talmente pensatori e scrittori di ogni paese e di ogni partito5(1)
.
Parrebbe dunque, o sarebbe almeno sperabile, che una simile congerie di
libri, opuscoli, articoli, avesse ormai sviscerato sotto tutti gli aspetti le
questioni relative all'idea intorno alla quale essa gravita.
Purtroppo la realtà delude siffatta aspettativa(2)
.
Senza anticipare giudizi sul valore di tali studi e senza indagare per il
momento le ragioni della generale mediocrità, è innegabile che la letteratura
sul Fascismo non ha dato finora, neppure in questi ultimi anni, qualcosa che
anche lontanamente si avvicini ad un sistema.
1)
La Biblioteca della Camera dei Deputati contiene circa diecimila volumi sul Fascismo,dei quali oltre
duemila vertono su questioni prevalentemente dottrinali.
Cfr. il diligente catalogo Opere sul Fascismo, possedute dalla Bibl. Della Camera Fascista al 28 Ottobre
1934, XII (Roma, Tip. della Camera , 1935) e i successivi supplementi semestrali. (2)
« Una percentuale impressionante di libri che escono sul Fascismo è meno che mediocre.
«Ci sono molti libri commerciali scritti sul Fascismo, commerciali nelle pie intenzioni dell‟Autore
disinteressato, ma in realtà poco o punto commerciali; libri imbecilli, impasticciati, arruffati … , redatti
senza serietà, senza convinzione.
«Questi libri sono privi di senso, perché sono privi di un emozione qualsiasi, suonano falso come le monete
falsificate ». ARGO, I libri: Fascismo ( in « Civiltà Fascista”, 1934, p. 371).
Ma la critica contro i cattivi libri fascisti è generale in coloro che hanno spirito di comprensione e senso di
responsabilità.
DARIO LUPI era portato a riconoscere, pur offrendone una giustificazione, che« fino a ieri ….
trascurammo – né potevamo fare diversamente – il più grande problema dello spirito per il più rapido
sviluppo di una coscienza nazionale » Nel solco dell’idea (Roma, « libr. del Litt . », 1928) p.16.
I.
II. II. Il Fascismo come strumento significante
III.
1° Nel capitolo precedente abbiamo visto, come attraverso l’antico espediente retorico della pars pro toto e la metafora fisiologica del sistema biologico umano Canepa sembrerebbe paragonare analogicamente il fascismo ad una reazione strumentale. Lo strumento è per sua stessa definizione privo di una sua volontà autonoma e in modo dialettico e per via negativa, ciò che è manovrabile ed è, manovrato.
19
Sebbene chiunque scriva su argomenti attinenti il Fascismo si sforzi
visibilmente di intenderne la realtà dottrinale, pochi sono coloro che riescono
a penetrare lo spirito del fenomeno, mentre nessuno ne ha offerto fin qui una
costruzione integrale ed organica (3)
.
Questa deficienza non è esclusiva dell'Italia. Anche in Russia, dove una
dottrina, politica o economica. prevale nella vita pubblica, non si è creato
nulla di solido in tema di sistematica della dottrina(4)
.
Prescindendo dalla parte che, quanto all'assenza del sistema, va attribuita
ad incapacità di costruirlo, non è mancato chi, giustificando tale assenza,
abbia volato sostenere che il Fascismo non si presti a costruzioni di questo
6(3) Nel 1925, scrivendo sul « fondamento teorico del Fascismo », il PREZZOLINI poteva quindi affermare:
«In generale, tutte queste teorie hanno avuto una influenza debolissima sul movimento fascista. Esse
corrispondono all‟esistenza di piccoli gruppi intellettuali e ne caratterizza la nuance più che determinarne
l‟azione » Le fascisme, tr. fr . Bourgin (Paris, Bossard , 1925) p. 171.
Ed il Pelizzi dichiarava che il suo scritto Problemi e realtà del Fascismo « Quasi nessun Fascista ha mai
letto» ( nell‟opera Fascismo – Aristocrazia; Milano « Alpes » 1925 ; p. 9 ).
Cfr. la nota (17) del capitolo precedente. (4) Tra i libri più recenti e più teorici è quello di J. CHORON, La doctrine Bolcheviste ( Paris , Riviere,
1935), che costituisce un insigne tentativo di indagare le origini filosofiche della teoria attraverso la logica
degli sviluppi di essa. Lo studio, infatti, si rivolge soprattutto alla filosofia, all‟economia politica e alla
sociologia. Ma, nonostante la buona volontà dell‟autore anche qui non si tratta di una vera e propria
ricostruzione di una dottrina bolscevica , sebbene di un commento più o meno originale degli scritti di
Lenin.
Quanto al marxismo, esso ha una letteratura migliore che non il bolscevismo; il che non stupisce ove si
tenga conto della natura ideologica e libresca del marxismo. Del resto, anche i saggi migliori sono ben
lontani dal soddisfare: TH. S. MASARYK, Die philosophischen und sozologischen Grundlagen des
Marxismus (Wien, 1899); M. TUGAN-BARANOWSKY, Theoretische Grundlagen des M. (Leipzig,
1905); E. HAMMACHER, Die philos, Entwicklungsbedingungen des M. (Bonn, 1908), Das philos
okonomische System des M. (Leipzig, 1909); ecc. E persino il recentissimo Cours de Marxisme (Paris,
Bureau d‟editions, 1936-1937) cui hanno collaborato numerosi teorici è ben lungi dal riuscire soddisfacente
da un punto di vista sistematico.
20
genere perché esso è ancora un movimento in piena fase di evoluzione(5)
.
Questa ragione, se poteva forse valere negli anni che precedettero la
Marcia su Roma o persino in quelli che immediatamente la seguirono, appare
oggi, dopo diciotto anni di Fascismo, completamente infondata.
Equivarrebbe a sostenere che ancor oggi non esista una dottrina fascista
assodata, univoca e organica, suscettiva di sistemazione. Onde critiche in tal
senso potrebbero non sorprenderci unicamente qualora partissero da avversari
dichiarati e in mala fede: caso, comunque, che verrà tosto esaminato.
Se invece si ammette l'entità dottrinale del Fascismo, non si può escludere
la possibilità di ridurne i principi a sistema. Tutte le dottrine, come abbiamo
visto, purè abbiano un minimum dì particolarità, sono riducibili a sistema
(num. 4).
E‟ questione, piuttosto, di ben considerare quale debba essere il carattere
del sistema: indagine questa , importantissima della quale ci occuperemo tra
poco.
Vaglieremo prima, però, quella critica più radicale che nega, non già che la
dottrina sia suscettiva di sistemazione, ma addirittura che il Fascismo sia una
dottrina.
6. Argomenti contro il sistema, e loro confutazione. - La pretesa che il
Fascismo non abbia un suo pensiero, una sua dottrina, come ha una sua
volontà e una sua fede, questi pretesa incomincia - per usare una frase storica -
a raccogliere i fischi dei mondo.
(5) Questa opinione è stata autorevolmente sostenuta di recente dal PETRONE, XIV anno imperiale. Storia
del Fascismo (Roma, « Conquiste d‟Impero »,1936 ) , il quale afferma testualmente:
«Oggi non è ancora possibile scrivere saggi organici e sistematici sulla Storia e Dottrina del Fascismo,
appunto perche si tratta di un movimento in piena fase di evoluzione e che investe tutto il nostro sistema
statale» (p. 5).
2° Lo stesso autore si prodiga in queste pagine a mostrarci, come
nonostante l’abbondante messa di pubblicazioni sull’argomento, (...)
oggi, dopo diciotto anni di Fascismo, nessuno è stato ancora in grado
di estrapolarne una dottrina originale e coerente. E questo,
Equivarrebbe a sostenere che ancor oggi non esista una dottrina
fascista assodata, univoca e organica, suscettiva di sistemazione. E
ancora, quella critica più radicale che nega, non già che la dottrina sia
suscettiva di sistemazione, ma addirittura che il Fascismo sia una
dottrina.
21
Se, nel 1925, Alfredo Rocco poteva lamentare(6)
che il valore del Fascismo,
come movimento intellettua1e sfuggiva a molti, anche fra i suoi seguaci ed
amici(7)
, e che era negato sistematicamente dagli avversari(8)
, oggi la
situazione è mutata. Salvo in qualche limitato ambiente - limitato, non solo
numericamente, ma anche intellettualmente(9)
- siamo ormai lontani dalla
assoluta incomprensione dei primi anni del Regime.
(6) In un discorso tenuto a Perugia, il 30 Agosto 1925. (7) Accadeva non di rado di leggere nei libri di pensatori fascisti affermazioni di tal sorta.
« Il fascismo è un formula? Un‟idea astratta? Una dottrina? No: è un‟inesauribile fede, una forte volontà ».
C. CURCIO, L’esperienza liberale del fascismo (Napoli, Morano, 1924) p.161. «E‟ difficile scoprire e segnalare nel movimento fascista unità coerente di una visione di vita e dottrina
morale e politica » R. MURRI, Fede e Fascismo (Milano, «Alpes» , 1924) p. 59.
Onde MUSSOLINI nel 1925 proclamò: «Non dovete credere che tutto ciò sia effetto di considerazioni di ordine contingente. No! Al fondo c‟è un sistema, c‟è una dottrina, c‟è un ideaì» (V, pp. 160 sg.). A ben
guardare, la terminologia non differisce da quella da noi adottata; con l‟affermare che il sistema è «al
fondo» non si sostiene che il sistema esista già bell‟e formato , ma si vuol dire che i principi del Fascismo possiedono un ordine intrinseco e che quindi sono suscettivi di sistemazione quando si riesca a leggervi in
fondo. (8) «Nel 1922 … gli avversari seguitavano a dire che il programma fascista, così indeterminato, non era
programma. «I sottili ragionatori e abili costruttori di schemi ideologici, confondendo filosofia e vita, dimenticavano che
sentimenti e passioni sono o possono essere anch‟essi pensieri in formazione» G. VOLPE, Storia del
movimento fascista, in MUSSOLINI, La Dottr. Del Fasc., (Milano, Treves, 1933) p. 78. «Essi puntavano le loro armi su tutta l‟opera e , ormai [1924], su tutto quel complesso di idee e concezioni
che, implicite nell‟opera stessa o esplicite,cominciavano a formare il bagaglio dottrinario, pur sempre
mobile e fluttuante,del Fascismo » VOLPE, Ibid. , p. 111. v« Si è detto anche : - Voi non avete dottrina. « Ebbene io affermo che non vi è nessun movimento politico che abbia una dottrina più salda e determinata
della dottrina fascista » MUSSOLINI, IV p.76.
Nel 1930 , però, sono già una sparuta minoranza quegli scrittori di storia che « continuano o tornano a parlare del movimento Fascista come di una sorta di processo morboso, che sia capitato, non si sa come,
alla povera Italia: magnificato bensì,quasi una grande civiltà nuova, da interessanti furbi o da intellettuali sempliciotti, ma privo d‟ogni ragione e significato nella storia italiana » G. GENTILE, La Formaz. Politica
della coscienza nazion. (in « Ed. Fasc. », 1930, p. 681 ).
(9) Tra i pochi del genere, un libro del DEUTSCH, Antifaschismus ! (Wien, «Wiener Wolksbuchhandlung
» 1926 ), che nel cap. II , dedicato
L’intera pagina note comprese viene dedicata dall’autore alla presunta
debolezza dottrinale del fascismo soprattutto alla sua scarsa coerenza
e originalità.
Ciò nonostante secondo Canepa i principi del fascismo, possiedono un
ordine intrinseco e quindi sono suscettibili di sistemazione quando si
riesca a leggervi nel fondo.
22
Coloro che, da principio, si trovavano concordi sopra tutto nel negare al
Fascismo qualunque fondamento ideale o, almeno, qualunque originalità di
idee, riconoscono adesso che nel fenomeno italiano vive un contenuto
spirituale che si può combattere, ma non ignorare.
Gli scritti recenti del Graf, dell'Andreae, del Palme Dutt, del Nicolai, del
La Rochelle e dello Sternberg7(10)
- benché frutto di mentalità irriducibilmente
contrastanti col Fascismo - attaccano la dottrina fascista, ma la riconoscono e
qualche volta perfino ne esagerano la « pericolosità ».
Pur ammettendo che il Fascismo italiano abbia un sostrato di pensiero, gli
avversari insinuano che impropriamente si parla di vera e propria dottrina
fascista, e per difetto di originalità, e per difetto di coerenza.
all‟essenza e allo spirito del Fascismo, non esita ad affermare che questo, quindi dopo la Marcia su Roma,
« Offenbarte sofort seine geistige Sterilitat » ( p. 24); altro della BALABAMOFF, Wesen und Werdegang
des italienischen Faschismus ( Wien-Leipzig, Hess, 1931) ha ricalcato in pieno, solo aggiornandole, le
vecchie critiche del Bergamo,Il Fascismo visto da un Repubblicano (Bologna, Cappelli, 1921) pp.20-22,
29, 33 sg., del DE FALCO Il fascismo milizia di classe ivi, 1921) pp. 5 sg., 13, 16, 23, 29 dello ZIBORGHI
Critica socialista del fascismo, (Bologna, Cappelli, 1922) pp. 59-60, e del Labriola Polemica anti fascista (
Napoli, Cecconi, 1925) pp. 23, 66, 212.
Non è il caso poi di ricordare tutti i libri sul genere di quello, recentissimo del conte Sforza, Synthese de
l’Europe ( Paris, Gallimar, 1937 ) in cui può leggersi che il fascismo sia «assez eclectique por tout
admettre , sauf une chose: la discussion. Elle le tuerait a l‟instant ». sono di tali sciocchezze cui non mette
conto rispondere.
(10) G. E. GRAF , Die faschistische Gefahr ( Leipzig, « Leipziger Buckdruckerei ,1930 ) ». W. ANDREAE,
Kapitalismus, Bolchevismus, Faschismus ) Jena, Fischer, 1933) ; R. PALME DUT, Fascism and revolution
( London, Lawrence, 1934 ); M. NICOLAI, Probleme der Zeit: Bolschevimus, Faschismus,
Neoamericanismus ( Berlin, Obelisk-Verlag, s.d.); D. LA ROCHELLE, Socialisme fasciste (Paris,
GAllimart, 1934); FRITZ STENBERG, Der Faschismus ander Macht ( Amsterdam, Contat, Verlag,
1935). L‟opera del Palme Dut,sebbene non sia delle meno violente, è però una delle meglio informate; egli,
come anche gli altri teste citati, insorge contro le « conventional anti-Fascist idelogical interpretation of
Fascism », interpretazioni le quali vedono in esso « only the principle of dictatorship or violence » ( p.76 ).
Gli avversari, dice Canepa, pur ammettendo che il Fascismo abbia un
sostrato (struttura profonda) di pensiero, una dottrina, non ritengono
che questa sia qualcosa di originale al movimento. Anzi proprio perché
esprime una dottrina, un sostrato (livello più profondo) di pensiero il
Fascismo sarebbe un’espressione (è strumento). Di conseguenza
proprio per coerenza (per rigore logico) il fascismo non potrebbe
essere considerato allo stesso livello (logico strutturale) di una
dottrina.
23
Questi due difetti, in realtà, annullerebbero la dottrina: giacché non è una
dottrina quella che non abbia qualche originalità, vale a dire qualche
individualità e autonomia di pensiero; e che non abbia, come si è detto nel
capitolo precedente, anche una coerenza logica.
Ma l'accusa di insufficiente originalità8(11)
è la più comica accusa che
possa muoversi contro la dottrina fascista. Nel campo del pensiero è difficile
rintracciare cosa alcuna che sia assolutamente nuova; e in particolare le
dottrine liberali e socialiste, dalle quali muove una così arguta critica. sono
esse stesse ciò che vi ha di più vecchio al mondo(12)
.
(11) L‟accusa di mancanza di originalità è così diffusa all‟estero da ritrovarsi perfino tra gli scrittori filo
fascisti.
Un simpatizzante, il DE FELS, scrive che il fascismo è un amalgama di sindacalismo, di socialismo, di
nazionalismo ( La crise du parlamentarisme, nella « Revue de Paris », 1929, p. 727 ). Un sincero amico
dell‟Italia il BENCKISER, scrive del Fascismo Italiano proprio recentemente : « Der Kern des Neuen ist
eben dok das Naitnoal » Italien als Nation. Faschismus, Vilk und Welt (Frankfurt a M. , Societat-Verlag,
1934) p. 49. Ma non si finirebbe più se si volesse ricordare tutti coloro che, fascisti o non, in Italia o fuori,
si sono compiaciuti di identificare il Fascismo volta a volta sia col capitalismo, sia col bolscevismo, sia col
liberalismo, sia coll‟umanesimo, sia con altre numerose e differenti dottrine.
Queste opinioni verranno singolarmente esaminate nel corso dell‟opera. Qui basti rilevare che l‟ANDREAE
è uno dei pochissimi tra gli stranieri, che distinguano nettamente il Fascismo tanto dal capitalismo tanto dal
bolscevismo (Op. cit., pp. 171 sgg.). (12) La dottrina socialista? Ma « una dottrina univoca, universalmente accettata, del socialismo non esisteva
più sin dal 1905…
Nel 1919, finita la guerra, il socialismo era già morto come dottrina » MUSSOLINI, Dottr. , pp. 8 sg.
Non è il caso neppure di ricordare le antichissime fonti del liberalismo e del socialismo; nota il
BECKERATH che la differenza dottrinale del fascismo primitivo era comune con gli altri partiti italiani.
«Die beiden grossten programm-gebundenen Parteien der Nachcriegszeit, Sozialisten und Popolari, waren
charakteristischerweise nack deutschen Vorbild modelliert» Wesen und Werden des faschistischen Staates (
Berlin, Springer, 1927) p. 52.
Il Socialismo, in particolare, è vecchio come aspirazione, vecchio come dottrina e vecchio come
movimento. Rob. v. POHLMANN, nella sua celebre Geschichte der sozialien Fragen und der Soszialismus
in der antiken Welt ( Munchen, Beck, 1925 ): si dichiara nella impossibilità di scorgere una differenza tra il
socialismo ellenico del tempo d‟ Aristotele e la moderna social-democrazia (II, p. 409).
24
L'errore di tale accusa consiste nel pretendere una assoluta novità: nessuna
dottrina potrà mai possedere un tale requisito, dopo che per millenni il
pensiero umano si è esercitato in tutti i campi gettando sprazzi di luce verso
tutti gli orizzonti.
E quanto all'accusa di poca coerenza9(13)
, soltanto chi non comprenda lo
spirito del Fascismo può seriamente prestarvi fede.
E il LICHTENBERGER poté scrivere un volume di quasi 500 pagine sulle doittrina socialiste dal 1700 al
1789 : Le socialisme au XVIII siecle ( Paris, Alcan, 1895 ). Cfr. anche A. O. OLIVETTI, Storia crit.
dell’utopia comunistica (Roma, « Libr. del Litt. » , 1930 ) vol. I.
Si veda la requisitoria di Mussolini contro l‟accusa di poca originalità fatta alla dottrina fascista ( Dottr. , p.
18 ).
E‟ stato rilevato che « quelli che hanno rimproverato al Duce dibattere le vecchie strade sono gli stessi che
si dettero in preda al più vivo allarme temendo fosse inaugurata dalle sue mani una politica di colpi di testa
e di avventure .
« Ma quando fu dimostrato che la nuova politica era un perfetto risultato di volontà e di prudenza, di
audacia e di saggezza, si disse che non vi era nulla di nuovo tranne la voce grossa. La verità si dimostra da
sé; ma- anche se non vi fosse nulla di nuovo – di profondamente mutato , di irriconoscibile vi ha lo spirito »
C. DELCROIX, Un uomo e in popolo (Firenze, Vallecchi, 1928 ) pp. 375 sg.
Ed ecco un episodio che, in tema di originalità dice tanto: sorse polemica nel 1924, tra il Marinetti e il
Licitra. Al primo, che riaffermava la sua concezione del Fascismo, come creatività spregiudicata e
originale, rispondeva il Licitra che questa era già l‟idea di Gianbattista Vico. Alchè, il Marinetti ribattè:
« Può essere vero. Ma la nostra originalità sta in ciò: che, per questa idea, noi abbiamo fatto a pugni e a
fucilate.
Cfr. C. PELLIZZI, Fascismo-Aristocrazia ( Milano, « Alpes », 1925 ) p. 48. (13) L‟accusa di poca coerenza si appunta principalmente contro quello che è stato, di tempo in tempo, il
Programma prima del Partito e poi del Governo fascista.
« Spesso [ il Fascismo ], avendo tentato di fissare un segno da raggiungere, un concetto da realizzare, una
via da percorrere, non ha esitato, alla prova, a cambiare rotta e respingere come inadeguato o ripugnante al
proprio principio quel segno o quel concetto. «Ha spesso annunziate riforme, il cui annunzio era
politicamente opportuno, ma alla cui esecuzione non ha creduto per ciò di restare obbligato » G. GENTLE,
Op. cit. , p. 371. La critica contro il «programma fascista» si ritrova in quasi tutta la letteratura
dell‟antifascismo. Cos‟, fin dal 1921, nello scritto cit. del BERGAMO (Cap. II ) ; nel 1924 L‟AMENDOLA
( Una battaglia liberale, Torino, il Gobetti, 1924 ) teneva a ricordare « tutte le tesi sociali, come quelle
della terra ai contadini, venute da parti conservatrici … (p. 208); e il partito socialista pubblicava postumo,
di G. MATTEOTTI, Il fascismo della prima ora.
Nella nota a piè di pagina da me sottolineata a proposito dell’accusa di
poca originalità avanzata al fascismo Canepa invita il lettore a tornare
indietro a pag. 18 dello stesso libro dove sempre una nota riferisce
l’affermazione del Duce: No! Al fondo c’è un sistema c’è una dottrina
c’è un’ idea (…)a cui segue la nota: i principi del Fascismo posseggono
un ordine intrinseco e che quindi sono suscettibili di sistemazione
quando si riesca a leggervi a fondo. Ad un livello più profondo per chi
sappia bene guardare i fatti in maniera più coerente (scientifica) vi è
una dottrina intrinseca al fascismo.
Abbiamo già detto con Canepa, gli avversari sostengono che il
fascismo proprio perché esprime, manifesta un sostrato, (livello più
profondo di pensiero), per coerenza (a rigore logico) non può essere
considerato allo stesso livello logico formale di una dottrina. Se il
fascismo estrinseca, manifesta, rende visibile una dottrina; forse allora
possiamo considerare il Fascismo come sistema, come strumento
significante una dottrina?
E si badi non solo come lo strumento significante di una dottrina, ma
significante una dottrina.
25
Non si esclude che qualche manifestazione della politica del Regime
possa apparire, a un superficiale esame, contraddittoria-con l'uno o l'altro fra i
principi fascisti; ma questa apparenza può ingannare soltanto chi sia affetto da
quella «malattia incurabile» della quale parlava Fichte, propria di chi non è
-Pagine estratte dal « Popolo d’Italia » ( Roma, Tip. Ital. , 1924 ); l‟anno dopo il BARTELLINI ( La
rivoluz. In atto : 1919-1924; Torino, Gobetti, 1925 ) sosteneva che il Fascismo « sorto come affermazione
rivoluzionaria di alcuni interventisti che proclamavano la necessità della Costituente, del popolo libero e
sovrano del divieto di ogni avventura imperialistica altrui e nostra ( Fasci di Combattimento 1919 ) » si sia
in seguito capovolto fino a diventare « lo strumento più formidabile ( ed in primo tempo forse,
inconsapevole ), che mai classe reazionaria si sia foggiato per soggiogare altre classi » ( p. 38) ; nel 1928 un
cattolico francese, F. L. FERRARI ( Le Regime fasciste italien; Paris, « Spes » , 1928) , dopo essersi
minutamente soffermato sul programma del 1919 (pp. 44-45), conclude con queste parole: « La rafale de
bon sens, qui en automne 1920 abatit les illusions bolschevistes, dissipa aussi les chimeres fascistes » ( p.
46); e la BALABANOFF, nel 1931, trova ancora opportuno riprodurre integralmente quel programma , con
i commenti che è facile immaginare ( Op. cit. , pp. 251 sg. ). Però la difesa del fascismo fatta dal
PREZZOLINI è cos‟ equivoca da non potersi assolutamente sottoscrivere: « non è necessario in Italia [egli
afferma] essere strettamente legati a un programma , ciò che più conta, nella vita politica, è l‟azione
politica, vale a dire la conquista del potere.
«La lotta per il potere interessa più che la realizzazione del programma. Un partito può cambiar programma
senza perciò diminuire nella pubblica stima »( Op. cit. ,p. 17 ).
Molto più giustamente l‟ERCOLE (Dal Nazionalismo al Fascismo; Roma, de Alberti , 1928) spiega che il
programma riguarda « problemi incombenti nel momento attuale sulla vita del Paese » ; costituisce una «
enunciazione perciò contingente, e non affatto assoluta, di propositi e di tendenze, che impegnano il Partito,
sino a che esso non creda, pel mutare delle circostanze di fatto o per il sorgere di nuovi problemi, di
assumere delle nuove o diverse, ma non impegnano, nel suo nucleo essenziale e vitale di credenza il
fascismo » ( P. 219 ). Si noti che anche da parte di scrittori fascisti si sono acerbamente criticate alcune
manifestazioni della politica del Regime: principalmente le elezioni per quanto plebiscitarie. «La
convocazione di comizi in un regime come il fascista,antidemocratico e antiliberale , o è una beffa
collettiva,che può ridondare a danno dello Stato, o è una formalità vuota, senza giustificazione storica e
senza necessità spirituali » S. GATTO, 1925. Polemiche del pensiero e dell’azione fascista (Roma, «
Conquiste Alfa », 1934) p.37. Questo articolo venne pubblicato per la prima volta in « Costruire » nel
gennaio 1928.
Anche l‟INTERLANDI, nel 1934, lamentò, pur giustificando in qualche modo, quel ritorno ai vecchi usi
elettoralistici: « La sezione elettorale, la scheda, la cabina e – ahimè! – l‟urna, la classica urna che fu
simbolo dell‟elettoralismo e della cosiddetta conquista democratica del voto universale; tutto questo
armamentario non piace » ( Il corpo e l’ombra, in « Civiltà Fascista », 1934, p. 358 ).
Ed ecco quanto, ad altro proposito, scriveva GIUSEPPE SAITTA:
«Egli [MUSSOLINI], divenuto il primo uomo di Stato della nuova Italia uscita da Vittorio
Veneto, rovescia d‟un colpo il programma originario dei Fasci di Combattimento nettamente
anticlericale e antimonarchico …
26
filosofo e abitualmente scambia l'accidentale col necessario10(14)
.
In tal modo si snatura l'essenza di una dottrina alterandone i tratti distintivi.
Si esporranno, al luogo opportuno, i criteri da seguire nel valutare i fenomeni;
ma fin da ora conviene anticipare due considerazioni.
La prima: che esistono fatti irrilevanti, così ai fini della teoria come, in genere,
ai fini della storia. Bisogna quindi avvezzare il nostro spirito d'osservazione a
cogliere l'essenziale, senza fermarsi al transitorio, all'occasionale, al
contingente.
La seconda: che per riuscire a ciò, bisogna un poco spersonalizzarsi. E‟
necessario mettersi dal punto di vista del fenomeno, oggetto della nostra
osservazione; non osservare sempre e soltanto dal nostro individuale,
soggettivo, arbitrario punto di vista. Quest'ultimo metodo ci esporrebbe - ed
espone infatti i nostri avversari - alle più gravi incomprensioni(15)
.
«L‟antico rivoluzionario sentiva dall‟odio implacabile contro la Chiesa, ma questo odio era tutto penetrato
da una passione divorante per la Patria » Religione e Fascismo, nell‟opera: La civiltà fascista (Torino, Utet,
1928) p. 159.
Modo di vedere, questo del SAITTA, sul quale sono da fare molte riserve. (14) Lo Stato secondo ragione ( Torino, Bocca, 1909 ) p.76. (15) Quanto alla prima nostra considerazione, ecco ciò che scrive efficacemente lo SPENCER, Educaz.
Intellettuale, morale e fisica, tr. It. Fortini-Santarelli ( Firenze, Barbera, 1892 ):
«Se qualcuno venisse a dirvi che la gatta del vostro vicino ha dato alla luce dei gattini, voi pensereste che
nulla v‟importa di tale notizia; sebbene quello sia un fatto, voi lo chiamereste un fatto senza valore, un fatto
che non ha alcuna influenza sulle azioni della vostra vita, un fatto la cui cognizione non serve a render più
completa la vostra esistenza.
- «Ebbene, applicate lo stesso metodo di valutazione alla gran congerie dei fatti storici. Vi sono dei quali
nessuna conclusione può trarsi, fatti che non è possibile ridurre a dottrine…» (p. 39 ).
27
Ma queste incomprensioni non sono che soggettive, posteriori, posteriori
alla dottrina, e per conseguenza non intaccano l‟integrità oggettiva della
dottrina stessa. Il fatto che taluni fra gli osservatori errino nella interpretazione
del fenomeno fascista può avere sul fenomeno la medesima influenza che
l'errore degli astronomi tolemaici poteva esercitare sull‟effettivo movimento
degli astri.
Non questo il luogo per fare la critica esauriente delle accuse mosse alla
dottrina; una siffatta critica è, implicitamente, tutta quest'opera, giacché non
costruiremo il sistema della dottrina senza contemporaneamente confutare le
accuse che contro i dottrina si scagliano.
Ci basti per ora l'aver chiarito questo punto: che l'entità dottrinale del
Fascismo non subisce limiti opposti dalla malevolenza degli avversari, ma
presenta in possibilità teorica di esser ridotta a sistema.
3° Nella parte di nota da me sottolineata, il cane che non riconosce
più il padrone perché indossa un vestito nuovo, soggiace alle
apparenze. Nella realtà profonda, pratica e materiale, dei fatti il
padrone è sempre il padrone sia che indossi o non indossi il cappello o
un determinato abito.-
Ed uno scrittore spagnolo lamentando questa ignoranza del Fascismo nel suo paese, ne dava anche la
ragione:
« … existe todavia en España una confusion enorme sobre lo que sea en relidad el Fascismo.
« Ello se debe, sin duda alguna, a que ha solido interesar mas la parte anecdotica y pintoresca del Fascismo
que su fondo trascendental.
«Las gentes se han fijado mas en el apartato externo del Fascismo y han tomado como esencial lo que era
en el solo accidental y accesorio» MARQUES DE LA ELISEDA, Fascismo, Catolicismo, Monarquia
(Madrid, Cleto Vallinas, 1935) pp. 8-9.
III. Il Fascismo come sistema?
1° Possiamo intendere il Fascismo, nel suo schematismo, un sistema che
renderebbe esplicita, chiara, evidente e organica una dottrina che altrimenti
rimarrebbe nascosta (mistificata) e apparentemente contraddittoria? La
prima obiezione alla mia domanda parrebbe provenire proprio dalla stessa
separazione logico strutturale operata da Canepa: il sistema è uno strumento
logico teorico dell’analisi, uno strumento formale scientifico. Il fascismo
invece è una realtà storica immanente al Canepa e non è costruzione teorica
(di secondo livello), ma istituzione pratica tout court.
2° Torniamo nuovamente alla citazione in francese, La storia dei sistemi
economici prova la vecchia verità che, è la pratica a precedere la teoria .
Il Marxismo storico è per sua stessa fondazione, una storia dei sistemi
economici o delle teorie economiche, che è lo stesso essendo sistema e
teoria economica, (contingente) due termini interscambiabili.
Il primo passo teorico compiuto da Marx è stato quello di inquadrare la realtà
sociale a lui immanente (contingente) dal punto di vista pratico e materiale
dei suoi stessi processi tecnici di produzione.
Il risultato è l’elaborazione di uno schema formale della società, un suo
modello operatorio di funzionamento, che Marx definisce con il termine di
struttura.
Nonostante il termine possa ispirare al lettore, un qualcosa di rigido, per
Marx la struttura è processo dinamico di costante interazione dialettica, tra
l’insieme delle forze di produzione materiale dell’uomo e i rapporti tra gli
uomini all’interno di questa stessa produzione.
Marx definisce la struttura come modo di produzione della società e
considera le pratiche di produzione (più) materiale degli uomini precedere le
loro produzioni (più) concettuali e ideologiche.
Per Marx, è il modo di produzione di una società, il suo tipo di realtà
strutturale contingente a precedere le sue sovrastrutture ideologiche .
Si badi per Marx la struttura precede le sovrastrutture in due modi:
1) Come livello logico gerarchico in quanto grammatica normativa profonda
condizionante in maniera sincronica le sovrastrutture sociali, giuridiche e
politiche.
2) Come dimensione diacronica in quanto le trasformazioni della struttura
economica, anticipano e determinano, nel tempo le trasformazioni giuridiche
e politiche.
Anche all’interno dell’analisi di Marx quindi ritroviamo ipotizzati due diversi
livelli logici di realtà sociale, un livello strutturale più profondo e uno sovra
strutturale. E il livello strutturale (le pratiche più materiali) viene ipotizzato
non solo precedere nel suo sviluppo storico determinandolo quello sovra
strutturale (ideologico) ma viene ipotizzato da Marx anche in funzione
paradigmatica ed escatologica al secondo.
Postulata teoricamente alla base della realtà sociale immanente degli uomini
l’esistenza di una struttura, di un processo socio materiale che la condiziona
e determina sempre in divenire, lo stesso metodo d’indagine materialistico e
contingente conduce ad elaborare diversi sistemi esplicativi correlati tra loro
in maniera dialettica da uno stesso macro processo di evoluzione strutturale.
In altre parole quella di Marx è la costituzione teorica di una storia di
secondo grado, mi si perdoni il gioco di parole, il Marxismo è una storia socio-
materiale della storia socio politica e giuridica degli uomini o meglio ancora il
Marxismo è una storia strutturale delle sovrastrutture ideologiche
dell’uomo. Nello stesso gesto teorico Marx non solo fonda i principi teorici e
formali di una moderna scienza sociale (studi sincronici) ma
contemporaneamente pone le basi teoriche per la costituzione di una storia
sociale di secondo livello. Inquadrando da un punto di vista pratico e
materiale (sperimentale) la realtà sociale a lui immanente (immediata) Marx
riduce sistematicamente dalla sua percezione (ideologica) ogni
contraddizione. Il risultato è un modello formale di descrizione processuale
della società, che Marx definisce, struttura. Proprio in quanto la struttura è
postulata processo in divenire, essa è in modo dialettico, sia un modello
esplicativo sincronico della società sia modello escatologico, di descrizione
diacronica. Viene implicitamente postulata e in virtù dello stesso gesto
teorico una serie ipoteticamente infinita di modelli strutturali contingenti, di
diversi tipi storici di struttura che è poi l’operazione tentata da Marx ed
Engels anche nel loro, Storia delle Teorie Economiche, dove troviamo distinti
e in modo dialettico: un sistema di produzione Feudale, un sistema di
produzione Capitalistico, ma anche distinzioni di grado più sottili, come un
Capitalismo mercantile e uno Industrializzato.
Più tardi ancora si avrà con Lenin, Capitalismo Finanziario o un Capitalismo
limitato, tutti modelli teorici che descrivono formalmente, diversi stili
contingenti, nel modo di produrre di un’epoca, di una società in un preciso
momento storico. Marx definisce questi mutamenti contingenti nella
struttura con il concetto teorico di sistema, ed è proprio questo termine
teorico del Marxismo che indica la realtà storica e contingente della
struttura. Marx ci avverte costantemente di non considerare i suoi modelli, i
sistemi al modo della scienza positivista, in maniera separata e ideologica.
Per Marx i diversi sistemi esplicativi non solo sono intrinsecamente
processuali ma sono essi stessi da intendere nel divenire, come i diversi
momenti dialettici di uno stesso sviluppo strutturale. Di conseguenza il
concetto teorico di sistema proprio in quanto descrive formalmente un tipo
di struttura determinata e contingente, è in se concetto plurale e dialettico.
Marxisticamente, ciò che è tipico ammette nella sua stessa identità e per via
negativa una costante intermediazione dialettica con l’altro, in quanto ogni
sistema descrive un tipo di struttura contingente esso ammette nella sua
stessa costituzione e in maniera dialettica l’esistenza d’altri tipi diversi di
strutture altrimenti contingenti. Ogni sistema è una struttura tipica,
contingente di un momento storico determinato e costituisce la sua identità
in costante correlazione dialettica con tutti gli altri. Mentre per Marx la realtà
strutturale (socio-materiale) degli uomini è una e fluida, sempre in
movimento, i vari sistemi come una serie di istantanee scattate in frequenza
ne inquadrano per l’analisi un momento contingente dell’evoluzione. Allo
stesso tempo come abbiamo detto ogni tipo di struttura contingente, ogni
sistema, viene postulato da Marx come il livello normativo più profondo della
realtà sociale degli uomini. Non solo la struttura è costante processo di
produzione socio-materiale sempre in divenire ma questo stesso processo
nel suo divenire, determina diacronicamente e condiziona in sincronia, tutta
una serie di attività umane postulate dall’analisi Marxista come livelli logico-
strutturali più superficiali della struttura sociale.
Marx definisce questa serie di pratiche di superficie appunto come sovra
strutturali e ideologiche.
Credo che per il momento questo sia sufficiente a delineare il Marxismo
Storico come una storia dei sistemi, dei diversi tipi di struttura contingente
degli uomini.
Sottolineo come sia proprio il termine sistema e la sua connotazione
dialettica, di tipico ad esprimere la realtà storica e contingente della struttura
e quindi a definire il Marxismo come storia strutturale delle sovrastrutture
ideologiche degli uomini. Il sistema come abbiamo detto è
contemporaneamente e in modo squisitamente dialettico, sia un modello di
descrizione formale e sincronica, sia un modello escatologico di descrizione
diacronica. Il sistema è la teoria economica contingente, di una società
storicamente determinata.
IV. Una vecchia verità?
1° Proprio perché erano le pratiche produttive ed economiche a precedere
storicamente le trasformazioni giuridiche e politiche di una nazione, secondo
Marx la borghesia occidentale era storicamente arrivata al potere sovra
strutturale, trasformando progressivamente nel tempo le forze produttive e
strutturali. Attraverso i suoi stessi processi tecnici di produzione la borghesia
aveva prima trasformato l’antica struttura della società feudale e poi
divenendo consapevole nel tempo, del suo potere strutturale, con l’aiuto
delle masse popolari e attraverso una rivoluzione violenta, aveva abbattuto
l’ancient regime oggettivandone la mistificazione assolutistica e svelando alle
masse, la realtà materiale e contingente del suo potere feudale: gli uomini
non regnano per volontà divina ma solo per la volontà degli altri uomini. Da
questa importantissima demistificazione del diritto divino dei Re scaturiva la
nozione di contratto sociale tra gli uomini liberi di un paese; nasceva il
moderno costituzionalismo borghese. Nonostante la carta costituzionale
però secondo Marx, la società borghese dei suoi tempi celava, al suo interno
una contraddizione profonda e strutturale. Proprio in virtù, della proprietà
privata il patto sociale sancito tra gli uomini, a livello sovra strutturale,
(giuridico - politico), veniva sistematicamente, contraddetto dal tipo di
rapporti che gli stessi uomini, intrattenevano, a un livello strutturale.
2° La struttura, come abbiamo detto, è un livello teorico dell’analisi di Marx e
viene postulata come una descrizione del livello normativo profondo
organizzante e strutturante la realtà sociale degli uomini.
Il sistema è un tipo preciso di struttura contingente o meglio il sistema
descrive formalmente un momento contingente dell’evoluzione strutturale di
una società.
Nel suo capitale, Marx aveva esposto per la prima volta la sua teoria del
sistema Capitalistico e l’aveva postulata come un livello esplicativo profondo
(formale), della società Borghese dei suoi tempi. Fino a questo punto
comunque quella del sistema capitalistico di Marx rimaneva una teoria
economica, un livello logico strutturale della sua analisi, un modello
scientifico. In altre parole, come per Canepa, il sistema di Marx rimarrebbe
una costruzione teorica.
3° Lo stesso Marx però qualche anno più tardi in una serie di articoli dal
titolo, Il diciotto brumaio di Luigi Buonaparte, (1852) torna ad analizzare gli
avvenimenti storici accaduti nella società francese all’indomani dei moti
rivoluzionari del ‘48.
Attraverso la sua teoria economica questa volta Marx descrive l’effimera
esperienza francese di una moderna democrazia borghese definendola allo
stesso tempo come una democrazia formale e come una dittatura
economica.
Marx, considera le due definizioni, dialetticamente come le due facce della
stessa medaglia: da un lato i principi costituzionali sanciti dal patto sociale
democratico tendevano a rimanere formali, invalidati e contraddetti dalla
strutturazione economica dei rapporti sociali di produzione; dall’altro proprio
per effetto dell’intrinseca contraddizione costituzionalista, il sistema di
produzione Capitalistico era costretto ad una mistificazione giuridica e
politica, della sua dittatura economica. Questo bene inteso, almeno fino a
quando nulla e nessuno minacciavano il sistema (naturalmente rimando il
lettore ad una lettura degli articoli e ad un minimo approfondimento degli
avvenimenti storici presi in esame).
In breve diremo che all’indomani dei moti rivoluzionari del ‘48 nella neonata
Repubblica Democratica Francese, secondo Marx una borghesia spaventata
dal pericolo di una rivoluzione sociale proletaria, aveva interrotto il processo
di democratizzazione all’ora in atto invocando l’uomo forte, Luigi
Buonaparte. La dittatura militare di Luigi, attraverso la forza armata aveva
sospeso immediatamente in un sol colpo la costituzione democratica (e tutti i
diritti ad essa connessi). Eliminando dalla realtà sociale della nazione le
contraddizioni esercitate dalle sovra strutture giuridico - politiche la dittatura
secondo Marx funzionava direttamente nella realtà (immanente) come
strumento di messa in coerenza del modello, come, sistema. Attraverso la
sua stessa azione schematica, il dittatore aboliva dalla realtà sociale
immanente ogni contraddizione democratica, portando allo scoperto e in
superficie, la realtà strutturale profonda e contingente, del sistema
Capitalistico. Di conseguenza non solo la stessa dittatura militare nel suo
schematismo era modello esplicativo, ma era secondo Marx lo stesso sistema
Capitalistico divenuto concreto, fisiologico organico, in una parola realtà
pratica, quotidiana, immanente. La dittatura larvata, già presente nel
profondo della società francese dei tempi, come livello strutturale (come
pratica materiale socio economica), attraverso l’azione strumentale del
dittatore emergeva in superficie nella realtà immanente della nazione,
divenendo dittatura sociale, politica e militare. Il sistema, la teoria economica
congetturata da Marx nel suo capitale per descrivere praticamente e
materialmente, la società borghese dei suoi tempi, era divenuto realtà
organica e fisiologica, era divenuto una verità sperimentale. Proprio la
dittatura militare del dittatore dimostrava sperimentalmente che la pratica
precede la teoria, e che il sistema Capitalistico (la struttura oligarchica)
teorizzato da Marx solo come un livello logico analitico, era in realtà da
considerarsi una verità storica.
La dittatura larvata era già presente all’interno delle pratiche economiche
della democrazia Borghese e questo lo dimostrava sperimentalmente L.
Buonaparte con la sua dittatura militare.
Indichiamo allora nel colpo di stato di Napoleone III l’episodio storico
attraverso cui il Marxismo, da sistema esplicativo teorico, diventa secondo lo
stesso Marx una verità storica.
Allo stesso tempo indichiamo nella dittatura del dittatore l’incarnazione
organica e immanente, di un sistema, prima solo congetturato teoricamente.
V. Il Fascismo come sistema organico
1° A questo punto torniamo alla nostra domanda: possiamo considerare il
fascismo perché dittatura, come un sistema teorico divenuto organico?
E ritorniamo alla citazione, La storia dei sistemi economici prova la vecchia
verità che, è la pratica a precedere la teoria.
Abbiamo detto che il Marxismo è una storia dei sistemi economici, questa
storia dei sistemi, ci dice Canepa, prova la sua vecchia verità, ha già
convalidato la sua teoria, nel colpo di stato militare di un dittatore francese
dell’800.
2° Mediante la nota, guarda caso in francese e attraverso il gioco dei rimandi
storici, Canepa mette in analogia il dittatore francese Buonaparte a quello
italiano Mussolini e sovrappone al lettore l’analisi Marxista della dittatura
borghese.
Ecco allora la vecchia verità, o meglio la vecchia validazione sperimentale
della teoria, il colpo di stato che trasforma il sistema ipotetico, in verità
storica, lo descrive lo stesso Marx nel suo, Il diciotto brumaio di Luigi
Buonaparte (1852). Una borghesia spaventata dal pericolo “rosso”
interrompe il processo democratico in atto (la svolta liberale) e ricorre
all’uomo forte, Mussolini, il quale con il potere della forza violenta e militare,
riduce fino ad abolire, dalla vita pubblica Italiana ogni contraddizione
democratica. Cosi facendo Mussolini mette in coerenza il sistema rendendolo
organicamente visibile e provando ancora una volta la vecchia verità. La
teoria economica di Marx, il suo sistema teorico è nuovamente dimostrato
sperimentalmente, diventa una verità storica, il fascismo è la nuova
conferma, di una vecchia verità (sperimentale). Ancora una volta, la pratica
ha preceduto la teoria, la realtà strutturale ha preceduto quella delle
sovrastrutture. Attraverso la sua dittatura Mussolini incarna materialmente,
fisiologicamente, organicamente e in maniera escatologica persino per il
profano, il sistema Capitalistico Italiano.
Nella società italiana, demo - liberale che aveva preceduto il fascismo, era già
presente come livello strutturale profondo, una dittatura larvata, un sistema
Capitalistico. Il fascismo è il sistema Capitalistico Italiano divenuto organico e
coerente, la dittatura economica è divenuta anche giuridica politica e
militare. Ancora Canepa, (pag.12) “il sistema per chi guardi il fondo delle
cose, non è altro che la dottrina resa visibile, chiara organica nella sua
effettiva integrità. Una nozione tanto evidente non abbisogna d’altri
approfondimenti”.
3° Il Fascismo è un sistema teorico divenuto fisiologico organico e per chi
guardi a fondo delle cose non è altro che la dottrina profonda, la struttura
contingente resa visibile. Il fascismo di Mussolini non può essere considerato
forza attiva e rivoluzionaria proprio perché non in antitesi con il sistema
Capitalistico che precedendolo lo ha determinato. Viceversa la dottrina
socialista è forza attiva e rivoluzionaria perché minaccia attivamente di
colpire la realtà strutturale della nazione di mutare i rapporti di produzione,
abolendo la proprietà privata. Attraverso il fascismo emerge nella realtà
sociale sovra-strutturale il tipo d’oligarchia gerarchica già intrattenuta dagli
italiani all’interno delle loro pratiche socio- economiche. Proprio perché
espressione di una profonda coscienza di classe, il fascismo è una
convenzione strutturale che scatta muta e in maniera quasi del tutto
automatica, determinata e condizionata fisiologicamente, nel profondo dalla
realtà socio-strutturale, della nazione. Il sistema reagisce quasi
automaticamente attraverso la contro rivoluzione preventiva di Mussolini e
la sua dittatura militare, nel suo schematismo grottesco, finisce per diventare
quasi artisticamente, una vera e propria metafora fisiologica, dello stesso
sistema che strutturandola l’ha determinata. Si potrebbe concludere
poeticamente il discorso sulla scia di Canepa, e affermare che il fascismo
fosse divenuto con il tempo l’espressione sempre più chiara e chiassosa, di
una muta coscienza di classe.
Si badi che per il Marxismo la differenza tra il fascismo e le democrazie
borghesi occidentali, monarchie costituzionali comprese, era solo di grado
ma non nell’essenza. In altre parole, la dittatura di Mussolini da un lato
rendeva palese, chiaro evidente ciò che fino a prima in Italia era rimasto
sotterraneo e larvato (il sistema). E quindi provava che la struttura determina
cronologicamente, diacronicamente le sovrastrutture ideologiche della
società. Dall’altro, in campo internazionale, il Fascismo palesava in Italia ciò
che nelle democrazie occidentali, rimaneva nascosto nel profondo. E quindi
che anche all’interno delle più moderne democrazie borghesi il sistema
comunque presente, continuava a condizionare in maniera larvata e dal
basso le sovrastrutture ideologiche, giuridiche e politiche.
VI. Sul concetto teorico Marxista di sistema, due righe, per concludere.
1° Riguardo al senso B), a cui occorre rifarsi, indicato da Canepa come chiave
per la lettura della sua misteriosa frase in francese.
Abbiamo detto che è proprio il termine sistema e la sua connotazione
dialettica, di tipico, ad indicare la realtà storica e contingente, della struttura
e quindi a definire il Marxismo come storia strutturale delle sovrastrutture
ideologiche degli uomini. E’ proprio il concetto teorico di sistema a fare del
Marxismo un metodo d’indagine al tempo stesso sincronico (scientifico) e
diacronico (storico). Proprio perché, la struttura è un processo in divenire e
proprio perché, è la pratica a precedere la teoria, il sistema di Marx è
contemporaneamente e in modo squisitamente dialettico, sia modello di
descrizione formale e sincronica, sia modello escatologico di descrizione
diacronica. Il sistema, abbiamo detto, è per sua stessa costituzione, la teoria
economica contingente, di una società storicamente determinata.
2° Prendiamo come ultimo esempio lo stesso titolo del libro di Canepa,
sistema di Dottrina del Fascismo.
Nel mio commento alla prima pagina del libro di Canepa ho scritto che:
Inizialmente elaborato nel campo delle scienze naturali per la descrizione del
mondo fisico, il concetto di sistema era stato utilizzato da C. Marx, nel suo
capitale per la prima volta (e con profitto), per una descrizione scientifica,
della società del suo tempo.
Nelle scienze naturali il termine tecnico indicava nella sua accezione più
convenzionale, un modello teorico di descrizione formale della realtà
naturale.
Nella sua analisi scientifica Marx postula innanzi tutto la struttura come
modello di descrizione formale (profonda) della sua società.
Di conseguenza anche se applicata in campo sociale, nel suo funzionamento
sincronico ed esplicativo, il modello teorico, della struttura di Marx, rimane
un sistema formale nell’accezione scientifica più convenzionale del termine.
Viceversa proprio per specificare il carattere processuale e contingente della
struttura Marx adotta il termine sistema in una nuova accezione più
dinamica, contemporaneamente sia formale che dialettica, sincronica e
diacronica.
In altre parole ancora, per Marx, sistema non è sinonimo di struttura
(formale) ma di, struttura contingente.
Se assumiamo il termine tecnico, sistema nell’accezione Marxista dobbiamo
aggiungere alla definizione denotativa e convenzionale, del termine tecnico,
il senso dialettico (B), della sua connotazione Marxista, struttura contingente.
Aggiungendo a sistema il senso (B) della sua connotazione marxista
otteniamo allora nello stesso titolo dell’opera di Canepa, struttura
contingente di Dottrina del Fascismo.
In questo modo fin dal titolo, Canepa giocando con i rimandi connotativi
storico scientifici, del termine formale sistema, ci avvisa che la Dottrina
espressa dal Fascismo è un tipo di realtà strutturale contingente e in quanto
tale come tutte le cose degli uomini, ha una sua durata, con un inizio, e
soprattutto una fine.
In altre parole Canepa sembra dirci che il Fascismo non è assoluto e infinito,
ma relativo e contingente e in quanto tale il Fascismo è storico e
storicizzabile, e proprio dal Marxismo.
3° E’ proprio la connotazione storica e scientifica, del termine sistema che è
alla base dell’operazione estetica e meta concettuale compiuta da Canepa e,
a mio modesto parere, questo stesso termine tecnico posto in piccolo sulla
copertina del libro fornisce fin dal titolo al lettore più avvezzo, una
prospettiva più profonda da cui interpretare l’intera opera.
La storia delle realtà strutturali contingenti degli uomini prova la vecchia
verità che è la pratica a precedere la teoria.
Massimo Fidanza