5/28/2018 Maurizio Pallante - La Decrescita Felice
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Introduzione
La decrescita felice
1. Manifesto del Movimento per la decrescita felice (Mdf)
2. Sobriet e autoproduzione
3. Povert e ricchezza
4. Decrescita, lavoro e occupazione
5. Decrescita e paesi poveri
6. Efficienza, sobriet e autoproduzione energetica
7. Crescita, innovazione e progresso
8. Consumatori o niente
9. Lo Stato sociale (del benessere...)
10. Care, losche e tristi acque in bottiglie di plastica
11. Cambieresti?
Note
Bibliografia essenziale
Indice
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Introduzione
Buon giorno, disse il piccolo principe. Buon giorno, disse ilmercante. Era un mercante di pillole perfezionate che calmavano la
sete. Se ne inghiottiva una alla settimana e non si sentiva pi il
bisogno di bere. Perch vendi questa roba? disse il piccolo
principe. una grossa economia di tempo, disse il mercante. Gli
esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano cinquantatr minuti
alla settimana. E che cosa se ne fa di questi cinquantatr minuti?
Se ne fa quel che si vuole... Io, disse il piccolo principe, se
avessi cinquantatr minuti da spendere, camminerei adagio adagio
verso una fontana... Antoine de Saint-Exupry, Il piccolo principe,
Milano, Bompiani, 1990, p. 101
Siete in treno in uno stato di felicit negativa. State imprecando contro la vostra
intelligenza negativa per aver bevuto una verit negativa che vi ha fatto fare un affare
negativo, quando una persona dalla giovent negativa vi chiede di posare la sua valigia
sul portapacchi perch la sua forza negativa non le consente di farlo. Mentre vi alzate,
il treno si ferma in aperta campagna e dall'altoparlante una voce avverte che per un
guasto sulla linea state viaggiando a una velocit pari a zero. Vi viene un attacco di
serenit negativa come dopo aver letto queste righe e vorreste correre dal libraio perfarvi ridare indietro soldi. Ma siete sul treno e non potete... Rassegnatevi. Finch il
treno continua a viaggiare a una velocit pari a zero non avete niente di meglio da fare
che leggerlo. Da qualche anno l'economia italiana viaggia come il vostro treno e ogni tre
mesi, quando l'istituto di statistica pubblica i dati sull'andamento del prodotto interno
lordo, sui mezzi di comunicazione di massa gli opinionisti, i politici e i docenti
universitari, tutte persone sagge, laureate e ben stipendiate, ci dicono che sta
attraversando una fase di crescita negativa, o, quando va un po' meglio, di crescita pari
a zero. Io sono un po' fumantino e non faccio testo, ma a nessun altro, proprio a nessun
altro sembra che lo stiano trattando come una persona dall'intelligenza negativa? Nonesistono nel vocabolario italiano le parole decrescita e diminuzione? Non esistono i verbi
decrescere e diminuire? Non esiste la parola stabilit? E cos scandaloso pronunciare la
frase: il prodotto interno lordo diminuito, il prodotto interno lordo rimasto
stabile? Il fatto che la crescita si incorporata nell'economia, come l'anima nelle
nostre povere spoglie mortali e non pi possibile separarle. Agli studenti di economia
insegnano, come riaffiora dai ricordi giovanili di un economista di grandissimo successo,
che i conti tornano solo se sono preceduti dal segno pi. E prova a farglielo entrare in
testa che la produzione non pu crescere all'infinito perch le risorse del pianeta non losono e non infinita la sua capacit di metabolizzare le sostanze di scarto emesse dai
processi produttivi, dai prodotti nel corso della loro vita e dai rifiuti in cui prima o poi si
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trasformano. Sempre pi in fretta se si vuole che la produzione cresca. Un'economia che
non cresce considerata come un pesce che non nuota. Una contraddizione in termini.
Un incubo di cui si pu parlare solo per perifrasi. Invece, se cresce e quanto pi cresce...
Ma che cos' questa crescita? la crescita dei beni e dei servizi di cui gli esseri umani
hanno bisogno per vivere sempre meglio? Se vai da qui a l in automobile e non trovitraffico lungo la strada consumi una certa quantit di carburante. Se t'imbottigli in una
coda chilometrica, ne consumi di pi. Quindi fai crescere di pi il prodotto interno lordo.
Quindi stai meglio. E allora perch t'arrabbi? Pensa che fai star meglio anche me, che
nemmeno mi conosci, e gli altri 57 milioni e passa d'italiani. Pensando alla tua
generosit mi commuovo mentre soffro come un matto e, lo ammetto con vergogna
perch sono proprio un ingrato, sto facendo soffrire anche te che non conosco e gli altri
57 milioni e passa d'italiani, lungo un sentiero di montagna dove non faccio crescere il
prodotto interno lordo perch non consumo nulla se non un po' della suola dei miei
scarponcini. Ma li ho comprati dieci anni fa e sono ancora belli. Certo in questi dieci anni
hanno fatto dei modelli nuovi, hanno cambiato i colori, hanno spostato gli inserti in finta
pelle prima un po' pi in su, poi un po' pi in gi, poi un po' pi di qua, poi li hanno fatti
pi stretti, poi pi larghi, ma quest'anno, li ho visti ieri in vetrina, sono di nuovo uguali
agli inserti dei miei scarponcini. E li hanno rimessi nello stesso posto. Anche il colore
lo stesso. Sembra che li abbia appena comprati. Sto per arrivare al colle. Cammino
lentamente, con passo regolare. Per non farmi commiserare e per non sentirmi troppo
in colpa nei tuoi confronti, non ti dico nulla del paesaggio e dell'aria che respiro. Non
costano nulla nemmeno loro e guardando e respirando non consumo niente. Chisscome sarai felice tu che stai consumando benzina, freni, frizione e pneumatici immerso
tra le lamiere e i gas di scarico! Quanto mi stai facendo felice! Ti manca solo di
accendere una sigaretta e bere una golata di coca cola per raggiungere e farmi
raggiungere un livello di felicit ancora maggiore. Invece io sto solo riempiendo la
borraccia con l'acqua di una sorgente. Non costa nulla. Poi manger i pomodori che ho
coltivato nell'orto, non sono costati nulla neanche loro, e qualche fetta di pane che ho
fatto in casa con farina di grano coltivato biologicamente. La compro direttamente dal
produttore con gli amici del gruppo d'acquisto solidale, saltando tutte le
intermediazioni. Comprando la farina lo faccio crescere anch'io il prodotto interno lordo,
ma meno che se la comprassi al supermercato, con la sua bella certificazione che la fa
costare di pi. E meno ancora che se comprassi il pane. Non riesco a liberarmi da questo
egoismo, da questo desiderio d'infelicit che mi si appiccica addosso come l'asfalto
infuocato alle suole delle tue scarpe. Le hai appena comprate e dovrai comprarne delle
altre. Pensa che fortuna che hai! Le occasioni per fare del bene ti saltano addosso come
le zecche. Ora sei fermo davanti a un cartellone pubblicitario dove campeggia la scritta:
Strada dopo strada la tua provincia cresce. Aspetti che la Protezione civile ti porti
dell'acqua minerale in bottiglie di plastica. Strada dopo strada la tua provincia cresce.L'amministrazione provinciale di Treviso orgogliosa di fartelo sapere. Va bene che il
verbo crescere racchiude il meglio del meglio possibile, ma cosa vuol dire che una
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provincia cresce? Diventa pi grande? L'unica cosa che cresce, strada dopo strada, la
quantit di superficie terrestre impermeabilizzata. Cos quando piove l'acqua non
penetra nella terra e non alimenta le falde freatiche. Viene raccolta dai tombini, va nelle
fogne, al fiume, al mare. come se non fosse piovuto. I pozzi si asciugano. Le sorgenti
non buttano pi. L'acqua bisogna andare a prenderla in montagna e metterla nellebottiglie di plastica che stanno per portarti. Ci vogliono camion per portare il petrolio
all'industria petrolchimica che ne far plastica, camion per portare la plastica alla
fabbrica che ne far bottiglie, camion per portare le bottiglie vuote alla sorgente,
camion per portare le bottiglie piene ai supermercati, camion per portare le bottiglie
svuotate in discarica o all'incenerimento. Per far viaggiare tutti questi camion bisogna
fare strade e autostrade. Sbriciolare le montagne, trasportare le pietre, stendere
l'asfalto, impermeabilizzare altro suolo, far viaggiare altri camion. La stessa acqua che
sto bevendo io alla sorgente e non costa nulla e non fa crescere il prodotto interno lordo,
quando la bevi tu costa e lo fa crescere molto. Tutto benessere in pi. E fa crescere la
tua provincia, strada dopo strada, camion dopo camion, litri di gasolio su litri di gasolio,
CO2 su CO2, polveri sottili su polveri sottili, discarica dopo discarica. Ah, le discariche
non le vuoi e gli inceneritori nemmeno? Ma la crescita si, quella ti piace, purch tutto
quello che butti via lo portino in un'altra provincia. La parola magica della crescita un
soffio, un semplice soffio che schiude appena le labbra: pi. Basta pronunciarla davanti
a un'altra parola e si schiudono i battenti del meglio. Non lo dico con ironia. Ripeto
soltanto le frasi che mi hanno costretto a sentire e a vedere stampate sui muri. Le
Olimpiadi lasciano un buon segno. Pi infrastrutture. Pi turismo. Pi ambiente. Picultura. Pi occupazione. Pi sviluppo. Il bello che resta in provincia di Torino. Un fuoco
d'artificio di pi. Tanti pi tutti insieme non ne avevo mai visti. Inevitabile che lascino un
buon segno. Per forza rester il bello in provincia di Torino. Dove c'erano degli inutili
boschi e dei prati banali che non rendono niente, un po' di fieno, qualche mucca, dei
formaggi, frutta e verdura, funghi e legname, ci saranno strade asfaltate, automobili e
camion per fare arrivare i turisti e rifornire di merci i negozi dove andranno a comprare
di tutto, case e palazzi per farli dormire, ristoranti e caff per farli mangiare, discoteche
per farli divertire, lo stadio del curling per farli tifare (il curling!), impianti di risalita per
farli andare su e gi come criceti, e condotte dell'acqua, della luce, del gas, delle fogne.
Dove c'era aria pulita, quanto fa guadagnare l'aria pulita?, ci saranno emissioni
inquinanti e polveri fini; dove c'era silenzio, quanto fa crescere l'economia il silenzio?, ci
saranno amplificatori e motori; dove c'erano orti e malghe e frutteti, quanto fanno
crescere il prodotto interno lordo questi patetici residui d'un mondo arcaico?, ci saranno
centri commerciali con cataste di pere che vengono dall'Argentina; dove il fiume
scorreva nel letto che si era scavato tra i prati e le rocce senza aver dato lavoro a
nessuno, ruspe e betoniere costruiranno un alveo in cemento, operai avranno una paga,
impresari un profitto, cementifici un guadagno da cui altri operai ricaveranno una pagae altri impresari un profitto. Pi infrastrutture. Pi turismo. Pi occupazione. Pi
sviluppo. Al posto d'inutili boschi, di prati banali, di malghe e frutteti. Il bello che resta
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in provincia di Torino. Se piace... Ma cosa vuol dire pi ambiente? Vuol dire che cresce?
Che diventa migliore? E perch pi cultura? Perch c' il curling? Potenza del semplice
soffio che schiude appena le labbra: pi. L'altro giorno mio figlio tornato a casa da
scuola dicendo che aveva tre debiti. Figliolo, ho balbettato, e adesso come facciamo a
pagarli? Lo sai che siamo poveri relativi. Cosa significa?, mi ha risposto. Non cimanca nulla. Abbiamo una casa, da vestirci e sin troppo da mangiare. Ti sei mai
guardato la pancia?. Ho fatto finta di non sentire l'ultima frase e gli ho spiegato che
essere poveri relativi significa avere un reddito inferiore alla met del reddito medio. Per
essere poveri non necessario esserlo. Basta crederlo. E per crederlo basta fare un
confronto con le persone che conosci. Se puoi comprare molto meno di loro, ti senti
povero. Ah, ha bofonchiato con l'aria di chi non aveva capito granch. Pensavo che
fosse povero chi non ha una casa o non riesce a riscaldarla d'inverno, chi non ha
abbastanza soldi per comprare da mangiare e da vestirsi. Le persone che non hanno
abbastanza soldi per comprare il necessario a vivere sono i poveri assoluti, gli ho
detto. Ma noi non compriamo mica tante cose da mangiare, ha obiettato. Le
coltiviamo nell'orto e nel frutteto, le mettiamo nei barattoli per l'inverno. Per scaldarci
non compriamo il gasolio, ma tu tagli gli alberi pi vecchi del bosco, cos quelli giovani
crescono pi in fretta e la nostra provvista si rinnova in continuazione. Ci facciamo tante
cose da soli. Costano di meno e sono pi buone di quelle che si comprano. Anche senza
tanti soldi si pu non essere poveri. Chi ha pi soldi di noi pi ricco, ma se deve
comprare tutto pi povero. Giusto, ho replicato. Solo quando uno non pu n
prodursi, n comprare ci di cui ha bsogno, veramente povero. rimasto un po' insilenzio, poi mi ha detto di non preoccuparmi per quella storia dei debiti a scuola, perch
sua sorella aveva dei crediti che pareggiavano il conto della famiglia. Ma la mattina
andate a scuola o in banca?, gli ho chiesto. Debiti e crediti scolastici. Dopo aver
colonizzato tutto il territorio dei beni materiali e gran parte del territorio dei servizi, la
mercificazione ha inviato le sue avanguardie nel territorio del pensiero. Non penserai
pi se non in termini quantitativi e con parametri monetari. Se sai, hai un titolo in pi nel
tuo portafogli, che potrai spendere al momento opportuno. Hai fatto un investimento
fruttifero nella borsa del sapere. Ma, attenzione, non tutti i titoli hanno lo stesso valore.
Alcuni sono pi quotati e danno pi crediti, altri sono meno quotati e danno meno
crediti. Prima d'investire chiedi il prospetto informativo. Se non sai, hai uno o pi debiti
da recuperare, che nessuno per verr mai ad esigere. come con le tasse: vige il
condono. Tanto, meno sai e meno pensi, meno pensi e pi sei plasmabile sulle esigenze
della crescita: produrrai sempre pi merci per poterne consumare sempre di pi e
consumerai sempre pi merci per poterne produrre sempre di pi, senz'altro orizzonte
davanti a te. Misurare il sapere in debiti e crediti ti far capire da subito, che nella vita
il denaro la misura di tutto. Che tutto quello che conta si compra e si vende. Mi faccia
un'offerta. Offerta speciale. Gentile famiglia, la nostra primaria scuola ha il piacere el'orgoglio di presentare alla sua attenzione un pof irripetibile. Cosa??? Un pof innovativo
e moderno, che anticipa le tendenze dell'evoluzione tecnologica in corso. Ma io vorrei
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che mio figlio imparasse a fare il geometra... Nel nostro pof le sue esigenze troveranno
piena soddisfazione e anche qualcosa in pi. La invitiamo a leggere con attenzione il
prospetto allegato. Si, si, lo far, ma mi scusi, da quando mi sono diplomato, tanti anni
fa, non ho pi avuto tempo di leggere un libro, sa com' sono costretto a lavorare tutto
il giorno per portare a casa uno stipendio e comprare tutto ci che serve alla miafamiglia, ma ai miei tempi questo pof a scuola non c'era... Caro cliente, il pof, il piano
dell'offerta formativa che la nostra primaria scuola presenta alla domanda sul mercato
dell'istruzione. un elemento centrale della riforma che le pi moderne scuole
pedagogiche, di destra e di sinistra, hanno realizzato per svecchiare la scuola, per
modernizzarla e metterla al passo coi tempi. Svecchiare. Modernizzare. Innovare.
Cambiare. Bisogna stare al passo coi tempi. Indietro non si torna. Non si ferma il
progresso. Quando eravamo povera gente. Il boom economico. La durata della vita
aumentata. Non c' mai stato tanto benessere. La crescita dell'occupazione. Pensare
che solo dieci anni fa i telefonini non c'erano. Vuoi mettere che comodit. Io non potrei
pi farne a meno. Ma come si faceva a vivere senza? Il tuo non fa le foto? ora che lo
butti via e ne compri uno nuovo. Ma se l'ho comprato solo sei mesi fa. Eh, ma la
tecnologia avanza a passi da gigante. Quello che ieri era nuovo oggi gi vecchio.
Quello che oggi nuovo, sar vecchio domani. I progressi scientifici e tecnologici ci
proiettano verso il futuro. Pensa che quando sono sceso qualche anno fa alla stazione di
Prato i muri e le fiancate degli autobus erano tappezzati di manifesti con la scritta:
Prato: la citt che sar. Oddio!, m' scappato di pensare, sono arrivato troppo presto.
Sono risalito sul primo treno e me ne sono andato.
Dedico questo libro: Alla memoria di Alfredo Salsano che, inaspettatamente, undici anni
fa, con una telefonata mi ha aperto le porte dell'editoria, sebbene non avessi i titoli per
esservi ammesso. Sono Alfredo Salsano, della Bollati Boringhieri. Ho letto il suo
dattiloscritto e lo porter con parere favorevole alla prossima riunione del comitato
editoriale. Se passa, tra sei mesi sar in libreria. Ha letto il dattiloscritto? Tra sei mesi
sar in libreria? sicuro di non aver sbagliato numero di telefono?. Tre capitoli di quel
libro erano sulla decrescita. Ne ho riportato l'incipit in un capitolo di questo libro come il
testimone d'una staffetta. Ciao Alfredo, come vedi, sto ancora lavorando sul tema. A
Bruno Ricca che, dopo aver ricevuto a luglio la mia richiesta di pubblicare un libretto
sulla decrescita e aver letto i primi capitoli, invece di pensare che il caldo mi avesse dato
alla testa, mi ha scritto: Caro Maurizio, ho letto il testo e non solo lo condivido ma ne
sono affascinato. Finalmente qualcuno dice di passare dal dire al fare. Ogni giorno
abbiamo conferme che il sistema attuale ci porta dritto a sbattere contro un muro di
cemento, ma anche oggi brindiamo all'aumento dello 0,7 per cento del pil. A morte il pil.
Viva l'uomo e l'umanit e la sua sopravvivenza. Avanti tutta. Usciamo a novembre. Un
abbraccio. A tutti coloro che praticano la decrescita nella propria vita. Sono molti di pidi quanto si immagini. Per ognuno di quelli che conosco, e non sono pochi, questo libro
un abbraccio e un invito a fare insieme a me una pernacchietta a chi si accontenta di
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parlarne.
1. Manifesto del Movimento per la decrescita felice (Mdf)
Lo yogurt prodotto industrialmente e acquistato attraverso i circuiti commerciali, per
arrivare sulla tavola dei consumatori percorre da 1.200 a 1.500 chilometri, costa 5 euro
al litro, viene confezionato al 95 per cento in vasetti di plastica quasi tutti monouso,
raggruppati in imballaggi di cartoncino, subisce trattamenti di conservazione che spesso
non lasciano sopravvivere i batteri da cui stato formato. Lo yogurt autoprodotto
facendo fermentare il latte con opportune colonie batteriche non deve essere
trasportato, non richiede confezioni e imballaggi, costa il prezzo del latte, non ha
conservanti ed ricchissimo di batteri. Lo yogurt autoprodotto pertanto di qualit
superiore rispetto a quello prodotto industrialmente, costa molto di meno, contribuisce
a ridurre le emissioni di CO2 perch non comporta consumi di fonti fossili per il trasporto
e per la produzione dei contenitori usa e getta, non produce rifiuti. Tuttavia questa
scelta, che migliora la qualit della vita di chi la compie e non genera impatti ambientali,
comporta un decremento del prodotto interno lordo: sia perch lo yogurt autoprodotto
non passa attraverso la mediazione del denaro, quindi fa diminuire la domanda di
merci; sia perch non richiede consumi di carburante; quindi fa diminuire la domanda di
merci; sia perch non richiede confezioni e imballaggi, quindi fa diminuire la domanda di
merci; sia perch fa diminuire i costi di smaltimento dei rifiuti.Ci disturba i ministri delle finanze perch riduce il gettito dell'Iva e delle accise sui
carburanti; i ministri dell'ambiente perch di conseguenza si riducono gli stanziamenti
dei loro bilanci e non possono pi sovvenzionare le fonti energetiche alternative
nell'ottica dello sviluppo sostenibile; i sindaci, i presidenti di regione e di provincia
perch non possono pi distribuire ai loro elettori i contributi statali per le fonti
alternative; le aziende municipalizzate e i consorzi di gestione rifiuti perch
diminuiscono gli introiti delle discariche e degli inceneritori; i gestori di reti di
teleriscaldamento alimentate da inceneritori, perch devono rimpiazzare la carenza di
combustibile derivante da rifiuti (che ritirano a pagamento) con gasolio (che devonocomprare). Ma non tutto. Facendo diminuire la domanda di vasetti di plastica e di
imballaggi in cartoncino, l'autoproduzione dello yogurt fa diminuire ulteriormente la
domanda di petrolio. Sia quello che serve per produrre la plastica (due chili di petrolio
per chilo di plastica), sia quello che serve per il carburante necessario a trasportare
vasetti e imballaggi dalle fabbriche in cui vengono prodotti alle fabbriche in cui viene
prodotto industrialmente lo yogurt. Comporta quindi una ulteriore diminuzione delle
emissioni di CO2 e del prodotto interno lordo. Ci disturba una seconda volta i ministri
delle finanze e dell'ambiente, i sindaci, i presidenti di regione e di provincia per le ragionigi dette. Ma non tutto. I fermenti lattici contenuti nello yogurt fresco autoprodotto
arricchiscono la flora batterica intestinale e fanno evacuare meglio. Le persone affette
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da stitichezza possono iniziare la loro giornata leggeri come libellule. Pertanto la qualit
della loro vita migliora e il loro reddito ne ha un ulteriore beneficio, perch non devono
pi comprare purganti. Ma ci comporta una diminuzione della domanda di merci e del
prodotto interno lordo. Anche i purganti prodotti industrialmente e acquistati attraverso
i circuiti commerciali, per arrivare nelle case dei consumatori percorrono migliaia dichilometri. La diminuzione della loro domanda come le condizioni ambientali e delle
relazioni tra i popoli, gli Stati e le culture. La sua prospettiva opposta a quella del
cosiddetto sviluppo sostenibile, che continua a ritenere positivo il meccanismo della
crescita economica come fattore di benessere, limitandosi a proporre di correggerlo con
l'introduzione di tecnologie meno inquinanti e auspicando una sua estensione, con
queste correzioni, ai popoli che non a caso vengono definiti sottosviluppati. Nel
settore cruciale dell'energia, lo sviluppo sostenibile, a partire dalla valutazione che le
fonti fossili non sono pi in grado di sostenere una crescita durevole e una sua
estensione a livello planetario, ne propone la sostituzione con fonti alternative. Il
Movimento per la decrescita felice ritiene invece che questa sostituzione debba avvenire
nell'ambito di una riduzione dei consumi energetici, da perseguire sia con l'eliminazione
di sprechi, inefficienze e usi impropri, sia con l'eliminazione dei consumi indotti da
un'organizzazione economica e produttiva finalizzata alla sostituzione
dell'autoproduzione di beni con la produzione e la commercializzazione di merci. Questa
prospettiva comporta che nei paesi industrializzati si riscoprano e si valorizzino stili di
vita del passato, irresponsabilmente abbandonati in nome di una malintesa concezione
del progresso, mentre invece hanno prospettive di futuro pi ampie degli stili di vitamoderni che li hanno sostituiti, non solo nei settori tradizionali dei bisogni primari, ma
anche in alcuni settori tecnologicamente avanzati e cruciali per il futuro dell'umanit,
come quello energetico, dove la maggiore efficienza e il minor impatto ambientale si
ottengono con impianti di autoproduzione collegati in rete per scambiare le eccedenze.
Nei paesi lasciati in stato di indigenza dalla rapina delle risorse che sono state
necessarie alla crescita economica dei paesi industrializzati, un reale e duraturo
miglioramento della qualit della vita non potr esserci riproducendo il modello dei
paesi industrializzati, ma solo con una crescita dei consumi che non comporti una
progressiva sostituzione dei beni autoprodotti con merci prodotte industrialmente e
acquistate. Una pi equa redistribuzione
2. Sobriet e autoproduzione
Sostenere la necessit di una decrescita economica e produttiva, descriverne i vantaggi
in termini di felicit individuale, di sollievo per gli ecosistemi terrestri, di relazioni pi
eque e serene tra gli individui e tra i popoli, un passaggio obbligato nella costruzionedi una nuova cultura capace di superare i terribili problemi posti all'umanit e a tutte le
specie viventi da un sistema economico fondato sulla crescita illimitata della produzione
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di merci. Ma come voler parlare a voce in un ambiente dove un potente sistema di
amplificazione sostiene contemporaneamente il concetto opposto. Non si viene ascoltati
non solo perch si sostengono posizioni cosi contro corrente da essere respinte a priori
dai pi, ma anche perch non si riesce nemmeno a far udire la propria voce. come
voler fermare un treno in corsa contrapponendogli solo la propria forza muscolare. Cinonostante occorre ribadire in tutte le sedi i rapporti di causa-effetto tra la crescita del
prodotto interno lordo e l'esaurimento delle risorse non rinnovabili, l'incremento
esponenziale delle varie forme di inquinamento, la progressiva devastazione degli
ambienti naturali e storicamente antropizzati, la disoccupazione, le guerre, il degrado
sociale. Ma l'analisi e la denuncia non bastano. Occorre contestualmente effettuare
nella propria vita scelte che comportano decrementi, anche infinitesimali, del prodotto
interno lordo. Innanzitutto perch se si convinti che la decrescita sia un elemento
indispensabile per una vita pi felice sarebbe sciocco non cominciare a praticarla subito
nella propria. In secondo luogo perch, se le riflessioni sulla necessit della decrescita si
sviluppano da una pratica concreta e sperimentata, non sono soltanto speculazioni
teoriche e diventano pi credibili. Infine perch i vantaggi derivanti dalla loro pratica
non si limitano all'ambito individuale, alla costruzione di una nicchia in cui rifugiarsi da
un mondo che va in direzione opposta e difendersi dalle sofferenze che genera, ma
acquistano il valore di una proposta politica. Nella ossessiva ripetitivit e passivit dei
comportamenti consumisti massificati acquistano visibilit e luminosit, manifestano i
loro vantaggi e, di conseguenza, possono suscitare ripensamenti: Se lo stanno
facendo alcuni e ne sono felici, per quale motivo non posso farlo anche io? Come si pupraticare la decrescita nelle proprie scelte di vita? Innanzitutto chiarendo a se stessi
cosa e come si realizza la crescita del prodotto interno lordo. A differenza di quanto
comunemente si crede, questo indicatore non misura l'incremento dei beni prodotti da
un sistema economico, ma l'incremento delle merci scambiate con denaro. Non sempre
le merci sono beni, perch nel concetto di bene insita una connotazione qualitativa
qualcosa che offre vantaggi che invece non pertiene al concetto di merce. Se si fanno
le code in automobile aumenta il consumo della merce carburante, ma si ha uno
svantaggio, una disutilit. Viceversa, non necessariamente i beni sono merci, perch si
pu produrre qualcosa di utile senza scambiarla con denaro, ma per utilizzarla in proprio
o per donarla. I prodotti del proprio orto e del proprio frutteto autoconsumati, non sono
merci e, pertanto, non fanno crescere il prodotto interno lordo, ma sono
qualitativamente superiori alla frutta e agli ortaggi prodotti industrialmente e comprati
al supermercato. La cura dei propri figli o l'assistenza dei propri vecchi fatta con amore
qualitativamente molto superiore della cura che pu prestare una persona pagata per
farlo. Ma questa attivit svolta in cambio di denaro fa crescere il prodotto interno lordo,
l'altra, donata per amore, no. Fare scelte esistenziali nell'ottica della decrescita significa
quindi ridurre la quantit delle merci nella propria vita. A tal fine si possono percorreredue strade: molto di pi di chi non le segue e, quindi fa crescere il prodotto interno lordo
acquistando illusioni scambiate per realt. Vive in uno stato di ottusit mentale, di cui i
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pubblicitari sono ben consci: basta ascoltare i loro messaggi per capire che escludono a
priori le poche persone dotate di autonomia di pensiero. Tanto questa minoranza non
comprerebbe comunque le merci e le vacanze alla moda che pubblicizzano. La sobriet
nell'acquisto di merci, in funzione di bisogni reali e non indotti, privilegiando quelle
prodotte col minor impatto ambientale, che provengono da meno lontano e quindihanno fatto consumare meno fonti fossili nel trasporto dal produttore al consumatore,
che generano pochi o punti rifiuti, che non costano poco perch non hanno sfruttato
ignobilmente la miseria dei lavoratori nei paesi poveri, che sono fatte per durare o per
essere riciclate, quindi al contempo una manifestazione d'intelligenza e una virt. Il
rifiuto di acquistare merci che non servono, o danneggiano il mondo e se stessi, non
una rinuncia fatta per nobili motivi, ma una scelta fatta per egoismo. Per stare meglio.
Non si rinuncia alla televisione, si sceglie di non averla perch non si accetta di passare
il proprio tempo in maniera idiota e si hanno cose pi interessanti da fare. Non si
rinuncia a fare 200 chilometri di coda in automobile alla domenica, si sceglie di fare
qualcosa di meglio per s e per il mondo. Non si rinuncia ad acquistare prodotti che la
pubblicit fa apparire come indispensabili, ma si sceglie di non sottomettersi ai canoni
comportamentali massificati imposti dal consumismo. La sobriet comporta una
riduzione della crescita del prodotto interno lordo attraverso una riduzione del consumo
di merci, ma non consente una emancipazione dalla dipendenza assoluta nei loro
confronti. E la sempre maggiore dipendenza dalle merci la conseguenza di una sempre
maggiore incapacit di autoprodurre beni. Per aver bisogno di comprare tutto ci che
serve a soddisfare i propri bisogni vitali bisogna essere incapaci di tutto. Solo chi non safare niente di ci che gli serve pu diventare un consumista senza alternative. La
condizione di non saper produrre nessun bene, o quasi, nei paesi industrializzati ormai
generalizzata. Oggettivamente costituisce un enorme depauperamento culturale, che
invece stato proposto e vissuto come un progresso e come un'emancipazione
dell'uomo dai limiti della natura. Se la crescita del prodotto interno lordo considerata
sinonimo di benessere e la crescita quantitativa delle merci un bene in s, la possibilit
di acquistarne la maggiore quantit possibile e, quindi, la sostituzione dei beni
autoprodotti con merci prodotte industrialmente, viene identificata con un
miglioramento della qualit della vita. Il passaggio da un bene a una merce nella
soddisfazione di un bisogno esistenziale, nelle societ industriali diventato un
indicatore di emancipazione e progresso. Nell'arco di una generazione alcuni beni di uso
comune, come lo yogurt, le marmellate, la passata di pomodoro, la pasta e il pane, le
verdure sottolio e sottaceto, non si sono pi fatti in casa e sono stati sostituiti da
prodotti comprati al supermercato. L'autoproduzione di frutta e verdura stata
sostituita con prodotti agroalimentari carichi di veleni e senza sapore. Un processo
disastroso in cui la perdita di qualit si somma alla perdita di conoscenze, ma che stato
considerato un progresso perch ha comportato una crescita quantitativa dellaproduzione di merci e del prodotto interno lordo. La rivalutazione dell'autoproduzione di
beni non solo consente di ridurre il consumo di merci e, di conseguenza, il prodotto
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interno lordo, ma anche di riscoprire un sapere e un saper fare dimenticati, considerati
arretrati e poco scientifici perch non finalizzati ad accrescere le quantit. Ha quindi una
grande valenza culturale, che non si limita a questo recupero di conoscenze, ma, cosa
ancora pi importante, libera dalla dipendenza assoluta dalle merci. Emancipa dalla
subordinazione alle leggi del mercato. Aumenta il prezzo della frutta? E chi se neimporta, se me la produco io. Maggiore la quantit di beni che si sanno autoprodurre,
minore la quantit di merci che occorre comprare, meno denaro occorre per vivere.
Non si costretti a incolonnarsi tutti giorni feriali due volte al giorno sulle tangenziali per
andare a guadagnare un salario con cui acquistare tutto ci che non si sa autoprodurre.
Non si ha bisogno di incolonnarsi tutti i giorni festivi sulle autostrade nell'illusorio
tentativo di recuperare con altro stress lo stress accumulato nella settimana lavorativa.
La sostituzione delle merci con beni, dell'acquisto con l'autoproduzione, comporta
dunque una decrescita del prodotto interno lordo, ma non ristrettezze di
approvvigionamento, sacrifici e rinunce. Ne derivano anzi sensibili miglioramenti della
qualit della vita individuale e delle condizioni ambientali. La frutta e la verdura
autoprodotte non sono nemmeno paragonabili qualitativamente a quelle prodotte
industrialmente. Inoltre, nel loro statuto ontologico non esiste il carattere della crescita,
perch non ha nessun senso produrne pi di quanta se ne consuma e se ne dona. Chi ne
autoproducesse pi del suo fabbisogno farebbe soltanto una fatica inutile. E se nel loro
statuto ontologico non esiste il carattere della crescita non esiste nemmeno la necessit
delle protesi chimiche per sostenerla (antiparassitari, diserbanti, fitofarmaci, concimi di
sintesi). Non c' quindi inquinamento dei suoli, n l'inquinamento dell'aria causato daiconsumi di energia necessari a produrre e trasportare le protesi chimiche, n quello
causato dal trasporto delle merci dai produttori ai consumatori. Non ci sono imballaggi
n rifiuti da raccogliere e smaltire. E ognuno di questi vantaggi un fattore di
decrescita. Al contrario, nel patrimonio genetico delle merci, insito il gene della
crescita. Se la produzione finalizzata alla vendita, il suo obiettivo vendere il pi
possibile. Ma per vendere di pi occorre produrre di pi e a costi sempre pi bassi per
sostenere la concorrenza degli altri produttori che fanno altrettanto. Di qui nasce
l'esigenza di utilizzare protesi chimiche e tecnologie di potenza che accrescono la
produttivit a danno degli ambienti, di avere sempre maggiori disponibilit di fonti
energetiche, di ampliare i mercati facendo percorrere alle merci distanze sempre pi
lunghe con conseguenti aumenti dell'inquinamento dell'aria. Mai viste le pere prodotte
in Sudamerica sui banchi dei supermercati in Europa? Tuttavia, nessuno pu illudersi di
autoprodurre tutto ci che gli serve per vivere. L'autoproduzione di beni e servizi pu
essere per potenziata da scambi non mercantili fondati sul dono e sulla reciprocit, che
oltre a essere fattori di decrescita economica contribuiscono anche a rafforzare i legami
sociali. Il dono e la reciprocit, che hanno sostanziato la vita economica delle societ
preindustriali e nei paesi industrializzati hanno apportato i loro benefici fino agli annicinquanta del secolo scorso, non devono essere confusi con i regali acquistati e donati in
un numero di circostanze fittizie crescenti, create appositamente per potenziare il
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consumismo, n possono essere semplicemente ridotti al baratto (scambio di prodotti
senza l'intermediazione del denaro), ma consistono essenzialmente in uno scambio
gratuito di tempo, professionalit, conoscenze, disponibilit umana. In tutte le societ
di tutti i luoghi del mondo in cui si sono realizzate, prima dell'industrializzazione e
dell'estensione della mercificazione a tutte le sfere dell'attivit umana, queste forme discambio non mediato dal denaro hanno seguito tre regole, non scritte, ma
generalizzate: l'obbligo di donare, l'obbligo di ricevere, l'obbligo di restituire pi di
quello che si ricevuto. In questo modo si creano legami sociali, mentre gli scambi
mercantili li distruggono. La parola comunit, formata dall'unione delle parole latine
cum, che significa con, e munus, che significa dono, indica un raggruppamento di
persone fondato su scambi non mercantili, sul dono e la reciprocit, su legami sociali pi
forti di quelli esclusivamente mercantili che legano i membri di una societ. Maggiore
l'incidenza degli scambi fondati sul dono e la reciprocit, minori sono gli scambi
mercantili e la crescita del prodotto interno lordo. Per ampliare sempre pi la sfera delle
merci e degli scambi mercantili, la societ industriale ha distrutto progressivamente gli
scambi non mercantili, anche all'interno dei nuclei comunitari pi forti, quelli fondati sui
vincoli del sangue. Le famiglie sono state vieppi ridotte al nucleo ristretto di genitori e
figli e anche nei legami tra genitori e figli i servizi alla persona fondati sul dono e la
reciprocit sono stati progressivamente sostituiti da prestazioni a pagamento: in
particolare la cura dei piccoli e degli anziani. Rivalutare i legami comunitari nella
famiglia, rompere i limiti mononucleari in cui stata ristretta, riscoprire l'importanza dei
rapporti di vicinato, costruire gruppi di acquisto solidali e banche del tempo (sebbenequanta cultura mercantile indotta insita nella denominazione di banca data a una
forma di legame sociale che si propone di rompere i limiti della mercificazione nella
fornitura di servizi alla persona!), restituire ai nonni il loro ruolo educativo e di
trasmissione del sapere nei confronti dei nipoti: tutto ci comporta una decrescita del
prodotto interno lordo attraverso una riduzione della mercificazione nei rapporti
interpersonali e al contempo forti miglioramenti della qualit della vita. La sobriet,
l'autoproduzione e gli scambi non mercantili non possono comunque abolire la
dimensione mercantile, n sarebbe auspicabile che ci avvenisse, perch alcuni beni e
servizi si possono soltanto acquistare e la loro privazione peggiorerebbe le condizioni di
vita. Ma possono contribuire a ridurla in maniera determinante, riportandola alle sue
dimensioni fisiologiche. Le attivit lavorative svolte dagli uomini si sono sempre
suddivise in tre aree, che si possono immaginare come tre cerchi concentrici. Il pi
interno costituito dall'autoproduzione di beni, il secondo dai lavori svolti nell'ambito
degli scambi non mercantili, il terzo dai lavori svolti in cambio di denaro. Nei sistemi
economici fondati sulla crescita gli scambi mercantili hanno progressivamente invaso le
altre due sfere dell'attivit umana, sostituendo con merci sia l'autoproduzione di beni,
fino a farla sparire nelle citt, sia un numero crescente di servizi alla persona. Anche sesi riconquistano questi due spazi ridimensionando la sfera mercantile, occorre
comunque mantenere la possibilit di accedervi, svolgendo delle attivit in cambio di
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denaro in modo da poter acquistare attivit e prodotti che non si possono fare in proprio
o scambiare gratuitamente. Quanto e cosa si pu, o conviene, autoprodurre? Dipende
dal luogo in cui si vive, dal tipo di lavoro salariato che si fa, dalla fascia d'et, dalle
caratteristiche della propria famiglia, dalla sofferenza (culturale, psicologica,
esistenziale) che si prova a rimanere rinchiusi nella sola dimensione mercantile. Ognunotrover la dimensione ottimale per s, iniziando da poco e da ci che gli sembra pi
facile o pi vantaggioso, per estendere progressivamente, se lo riterr opportuno, la
sfera dell'autoproduzione e degli scambi non mercantili. Ma chi stato educato a non
saper fare nulla per essere costretto a comprare tutto, come pu recuperare forme di
conoscenza che sono state cancellate dalla memoria collettiva? In realt, come tutti i
tentativi di uniformazione, anche questo non riuscito del tutto. Qua e l sono rimaste
nicchie di resistenza, che negli ultimi tempi si sono moltiplicate e hanno acquisito nuovi
adepti. Come nei monasteri del primo e del secondo millennio, in questi luoghi sono
stati conservati patrimoni di conoscenze che altrimenti sarebbero andate perdute. Anzi
in molti casi il sapere e il saper fare che liberano dalla dipendenza assoluta dalle merci
sono stati anche implementati da una maggiore consapevolezza scientifica rispetto al
passato. Un movimento che si ponga l'obiettivo di ricomporre gli equilibri sconvolti dal
meccanismo della crescita economica e che persegua la decrescita come presupposto di
questa riconquista, non pu non proporsi di collegare in rete questi luoghi dove
l'autoproduzione dei beni ha ancora un ruolo centrale. Mettere in circolo il sapere e il
saper fare che li caratterizza, pu consentire di realizzare un'alternativa concreta alla
mercificazione totale che caratterizza la societ della crescita. Il primo passo dacompiere una mappatura di questi luoghi, evidenziando le forme di autoproduzione
che vi sono praticate. La reciproca conoscenza pu attivare scambi di informazioni e
saperi che consentono di ampliare la gamma di beni autoprodotti in ognuno di essi, con
benefici effetti, quantitativi e qualitativi, sia per le persone e i gruppi direttamente
coinvolti, sia sul processo della decrescita. I luoghi in cui si praticano forme di
autoproduzione sono numerosi. La variet dei beni che si autoproducono pi ampia di
quanto possa immaginare anche chi ha introdotto questa pratica nella sua vita. Nel loro
insieme costituiscono gi una proposta alternativa all'economia mercantile. Il loro
collegamento consentir di diffondere una nuova alfabetizzazione basata sul saper fare,
consentendo a chi vuole avvicinarsi a questa dimensione di vita di avere un quadro
complessivo di ci che si autoproduce e dei luoghi in cui pu imparare a fare ci che
desidera. La costituzione di questa rete pu mettere in moto un processo moltiplicatore
con effetti significativi sulla decrescita del prodotto interno lordo e, forse, anche sulla
felicit individuale di molte persone. Non forse questo il significato pi profondo e
nobile della politica?
3. Povert e ricchezza
Cos' la povert e cos' la ricchezza? Una domanda semplice semplice, che passata al
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vaglio dei criteri di valutazione di un sistema economico fondato sulla crescita del
prodotto interno lordo, cio della produzione di merci, riceve risposte complicate,
diversificate e contraddittorie. Secondo la Banca Mondiale, l'Agenzia per lo sviluppo
delle Nazioni Unite e l'Unicef, bisogna innanzitutto distinguere tra la povert nelle
societ opulente, in cui il prodotto interno lordo pro capite alto e cresce, e la povertnei paesi sottosviluppati, in cui il prodotto interno lordo pro capite basso e cresce
poco, o non cresce. Nelle societ opulente la povert relativa. Nei paesi
sottosviluppati assoluta. Nelle societ opulente viene considerato povero (povert
relativa) chi ha un reddito inferiore alla met del reddito medio, cio chi non pu
acquistare almeno la met delle cose che vengono mediamente acquistate dai suoi
connazionali. Un concetto ripreso e adattato dall'Unicef ai bambini, che vengono definiti
poveri quando la parte di reddito familiare disponibile per loro meno della met del
reddito medio a disposizione dei bimbi dello stesso Stato. Nelle societ
sottosviluppate considerato povero (povert assoluta) chi ha un reddito inferiore a
1 dollaro al giorno, ma una interpretazione pi estensiva ritiene che possa essere
considerato tale anche chi ha un reddito giornaliero tra 1 e 2 dollari. Questi parametri
sono comunemente accettati dagli istituti di ricerca economica e sociale, dai partiti, dai
mass media, dalle associazioni di volontariato. Fanno parte della cultura condivisa.
Meglio: sono un luogo comune. In genere si utilizzano per stilare le statistiche sul
numero dei poveri relativi nei paesi opulenti e sul numero dei poveri assoluti a livello
mondiale. Sulla base di questi criteri di valutazione, l'istituto di ricerche sociali Eurispes,
nel suo rapporto 2005 ha calcolato che 4,7 milioni di famiglie italiane (il 22 per cento deltotale) e 14 milioni di cittadini sono poveri (relativi), o quasi poveri. Il Ministero del
Lavoro in uno studio pubblicato nel 2003 ne aveva invece contati soltanto 7 milioni, pari
al 12 per cento della popolazione. Per quanto riguarda la povert assoluta, le statistiche
sono elaborate dalla Banca Mondiale, che nel rapporto 2004 ha valutato in circa 3
miliardi il numero delle persone che sopravvivono con meno di 2 dollari al giorno. Quasi
la met dell'intera popolazione mondiale. Il numero dei poveri relativi viene utilizzato
nella polemica politica tra maggioranze e opposizioni. Se aumenta vuol dire che la
politica economica di chi governa non favorisce la crescita del prodotto interno lordo e,
quindi, fa aumentare la povert. Se diminuisce, vuol dire che la politica economica di chi
governa favorisce la crescita del prodotto interno lordo e quindi della ricchezza. Il
numero dei poveri assoluti viene utilizzato per denunciare l'intrinseca iniquit del
mercato, che crea divari sempre pi accentuati tra un numero sempre pi ristretto di
ricchi superprivilegiati nei paesi sviluppati e un numero sempre pi ampio di disperati al
limite della sopravvivenza nei paesi sottosviluppati. Di qui la richiesta di una
maggiore equit nella distribuzione della ricchezza prodotta a livello mondiale. Questi
criteri di valutazione della ricchezza e della povert sono intrinseci alla cultura di un
sistema economico e produttivo fondato sulla mercificazione totale e sulla crescita delprodotto interno lordo, perch misurano, sia la povert relativa, sia la povert assoluta,
con parametri monetari. Con la capacit di acquistare merci. L'autoproduzione di beni
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non viene nemmeno presa in considerazione. In realt, in una societ opulenta, con una
capacit d'acquisto inferiore alla met della media si (relativamente) poveri soltanto
se non si autoproduce nulla. Se si autoproduce gran parte dei beni necessari al proprio
fabbisogno alimentare; se la maggior parte dei servizi alla persona si scambia
gratuitamente all'interno dei nuclei familiari, meglio se non mononucleari, o attraversolegami di solidariet reciproca; con lo stesso reddito non si poveri, perch il bisogno di
accedere alla sfera delle merci si limita a ci che non si sa o non si pu fare da s. Anche
nei paesi poveri, due dollari di reddito indicano la povert assoluta solo se non si
autoproduce nulla, ma acquisterebbero un valore diverso se fossero integrativi a una
significativa sfera di autoproduzione. In un sistema economico non fondato sulla
mercificazione assoluta e sulla crescita del prodotto interno lordo, ma sulla sintesi tra
autoproduzione, scambi di vicinato basati sul dono e la reciprocit, scambi mercantili
complementari alle altre due sfere di attivit economica, la povert assoluta consiste
nella privazione e nell'impossibilit di procurarsi quanto necessario a una vita
dignitosa: una casa in grado di offrire riparo e comfort; cibo e abiti a sufficienza, i beni
immateriali e materiali necessari a soddisfare esigenze generalmente riconosciute come
indispensabili. Non sarebbe misurata in termini monetari, ma di soddisfazione reale dei
bisogni storicamente e socialmente dati. Non con la quantit di pomodori che si possono
comprare, ma con pomodori effettivamente messi in tavola. Eppure, come parametro di
benessere e di ricchezza il reddito monetario, cio la possibilit di comprare merci, pi
aleatorio dell'autoproduzione: se per una qualsiasi ragione i supermercati e i negozi di
abbigliamento non potessero essere riforniti, i soldi non si possono n mangiare, nindossare; se ci fossero difficolt di approvvigionamento di petrolio, bruciando la
cartamoneta si ricaverebbe ben poco calore; se i prezzi delle fonti fossili salissero alle
stelle, la ricchezza misurata col reddito si ridurrebbe in proporzione inversa. Come
indicatore di ricchezza sono molto pi significativi un orto e un bosco, cio la possibilit
di autoprodurre beni, che un conto in banca, cio la possibilit di comprare merci. Ma i
beni autoprodotti per autoconsumo non rientrano nel calcolo della contabilit e della
ricchezza nazionale, le merci si. La crescita dei conti in banca e degli scambi
commerciali sono fattori di sviluppo. L'autoproduzione no, perch non fa crescere il
prodotto interno lordo. E un paese che non si sviluppa , per definizione,
sottosviluppato. Cio, povero. La valutazione della ricchezza e della povert in
termini di reddito si basa sull'idea che le societ fondate sulla crescita della produzione
di merci siano pi evolute delle societ in cui l'autoproduzione di beni mantenga un
ruolo determinante. Poich l'autoproduzione di beni inversamente proporzionale alla
produzione di merci, le societ in cui l'autoproduzione di beni mantiene un ruolo
determinante, per la cultura delle societ fondate sulla crescita della produzione di
merci, sono arretrate e povere. Un filosofo attento ai sentimenti e alla loro incidenza
nelle dinamiche sociali come Umberto Galimberti, in un inciso del suo libro Le cosedell'amore scrive: Ancora oggi l dove le societ sono povere e il mantenimento del
nucleo familiare essenziale in un'economia di sussistenza [...]. Economia di
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sussistenza e povert sono identificate come sinonimi. Ci tuttavia non gli impedisce di
sostenere che le societ industriali devono smetterla di crescere'. Se si ritiene che la
povert sia un male da estirpare, se ne deduce che le societ fondate sull'economia di
sussistenza devono essere aiutate ad avviarsi sulla strada dello sviluppo. Per estirpare
la povert assoluta si deve fare in modo che i paesi sottosviluppati evolvano in paesiin via di sviluppo. Si inseriscano cio nel circuito dell'economia mercantile per poter
crescere. Riducano il numero degli agricoltori e accrescano il numero degli operai.
Sostituiscano la produzione agricola per autoconsumo con la produzione agroindustriale
per la vendita, la variet delle specie coltivate per il proprio fabbisogno alimentare con
la monocultura della specie pi produttiva e redditizia, l'agricoltura biologica con
l'agricoltura chimica, i semi autoctoni che nel corso dei secoli si sono adattati alle
caratteristiche geomorfologiche e climatiche dei luoghi con semi selezionati
geneticamente al fine di accrescerne la produttivit. Nella migliore delle ipotesi, in
conseguenza di queste trasformazioni il reddito pro capite aumenter (ma non nella
stessa misura per tutti) e si potranno acquistare sotto forma di merci qualitativamente
peggiori i prodotti qualitativamente migliori che prima si autoproducevano sotto forma
di beni. Nella migliore delle ipotesi, la pi realistica, la concorrenza internazionale dei
paesi pi evoluti tecnologicamente e pi ricchi economicamente costringer a tenere
cosi bassi i prezzi di vendita dei prodotti agricoli che i modesti incrementi del reddito
monetario non consentiranno di compensare con l'acquisto di merci la perdita
dell'autosufficienza produttiva di beni. Quanto all'occupazione nelle industrie di
propriet delle multinazionali, o che producono per esse, la irrisoria crescita del redditomonetario derivante da salari al limite della sopravvivenza non consente certamente
un'uscita dalla povert, n la disciplina da caserma, la durata degli orari di lavoro, la
mancanza delle pi elementari misure di sicurezza costituiscono un miglioramento della
qualit della vita. Sia nell'agricoltura, sia nell'industria la crescita non si trasformer in
benessere, ma in peggioramento delle condizioni di vita. Analogamente, per
combattere la povert relativa nelle societ opulente si ritiene che occorra far superare
la soglia del 50 per cento del reddito medio a coloro che ne sono al di sotto. Occorra cio
accrescere il loro reddito e la loro capacit di consumo in modo che possano comprare
almeno la met di ci che comprano mediamente i loro connazionali. Per accrescere il
loro reddito bisogna accrescere il prodotto interno lordo, cio la produzione e la vendita
di merci. Ma anche vero che per accrescere la produzione di merci occorre accrescere
la capacit di consumo dei poveri relativi. Come si fa a vendere quantit crescenti di
merci senza consentire a un sempre maggior numero persone di trascorrere il sabato
pomeriggio nei centri commerciali ad acquistare prodotti sempre meno utili sempre pi
pubblicizzati come indispensabili per non sentirsi poveri? Ma se per aumentare il reddito
monetario dei poveri relativi bisogna aumentare il prodotto interno lordo, ogni aumento
di questo valore si traduce in un aumento del reddito medio pro capite, per cui la sogliadella povert relativa si alza. In un sistema fondato sulla crescita, la soglia della povert
relativa misurata in termini di reddito monetario si sposta sempre pi in alto. Nel 2003,
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secondo la Cgil, in Italia si era poveri con un reddito di 800 euro al mese2. Nel 2005,
secondo l'istituto di ricerche economiche Isiae, nella percezione degli italiani, le
aspettative e i desideri, sommati ai bisogni, richiedevano un reddito minimo di 1250
euro3. Pur avendo a disposizione un reddito sempre maggiore, i poveri relativi non
escono dalla loro condizione. Restano poveri relativi. Sempre pi forniti di oggettisempre meno utili che diventano rifiuti in tempi sempre pi brevi, ma sempre al di sotto
della soglia del 50 per cento di un reddito medio sempre pi alto, reso sempre pi alto
anche dai loro stessi aumenti di reddito. Se, coerentemente con i parametri di una
societ fondata sulla produzione di merci, la povert viene valutata in termini di
insufficiente reddito monetario, sembra ovvio che l'unica cosa da fare per ridurla sia
accrescere la disponibilit economica di chi si trova in quella condizione. Invece questa
strada non solo non ovvia perch non consente di ottenere i risultati voluti, ma
impedisce di vedere un'altra possibilit molto pi efficace: quella di ridurre il bisogno di
merci sviluppando l'autoproduzione di beni. L'insufficienza del reddito monetario viene
cosi superata dalla eliminazione del bisogno di acquistare tutto ci che si autoproduce.
Pu una societ fondata sulla crescita perseguire questo tipo di soluzione che comporta
una decrescita economica? Pu immaginare qualcosa che implicherebbe una mutazione
della sua natura? Ma se non la immagina nemmeno chi stretto nella sofferenza della
povert, vuol dire che avvenuta, per usare le parole di Pasolini, una mutazione
antropologica. Che questa prospettiva stata cancellata dall'ambito del possibile. Oltre
a fornire l'unica soluzione realistica al problema della povert, relativa e assoluta,
l'autoproduzione ha quindi una valenza politica di contrasto ai meccanismi economiciche la generano, e una valenza culturale di liberazione dagli schemi mentali imposti agli
esseri umani dalla mercificazione assoluta. un aspetto imprescindibile di quel
processo che Latouche definisce decolonizzazione dell'immaginario.
4. Decrescita, lavoro e occupazione
Se il numero di coloro che si autoproducono lo yogurt crescesse in misura rilevante (non
sar cosi, perch tutto il sistema continuer a far credere che sia un progresso e una
liberazione di tempo andarlo a comprare), diminuirebbe la domanda di yogurt prodotto
industrialmente. Di conseguenza, le industrie del settore dovrebbero ridurre i loro
addetti e gli ordini di vasetti di plastica, coperchietti di alluminio e cartoncini stampati
per le confezioni. Le aziende che fabbricano questi prodotti dovrebbero a loro volta
sfoltire il numero degli occupati e diminuirebbe anche il numero dei camion che portano
su e gi per l'Italia gli yogurt, i vasetti di plastica, i coperchietti di alluminio e i cartoncini
stampati delle confezioni. Toccherebbe allora alle aziende di logistica licenziare e ridurre
gli ordini di carburante per autotrasporto. L'eccesso di produzione si estenderebbe
quindi alle raffinerie, che sarebbero costrette a licenziare e diminuire le importazioni dipetrolio. Ci sarebbe infine una riduzione di plastica, alluminio e cartoncino nei rifiuti, per
cui le aziende che li raccolgono e/o gestiscono le discariche e gli inceneritori vedrebbero
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diminuire loro utili e sarebbero costrette a ridimensionare gli organici. Ma le riduzioni
di occupazione derivanti dalla diminuzione della domanda di yogurt non si fermerebbero
qui, perch tutti i disoccupati di questi settori, non avendo pi un reddito monetario
farebbero diminuire la domanda di tutte le altre merci, innescando un processo di
licenziamenti a catena. Ammesso che l'autoproduzione dello yogurt possa migliorare, inmisura infinitesimale, la qualit della vita di chi la pratica, questo miglioramento
avverrebbe al prezzo di un peggioramento totale della vita di tutti i licenziati che ne
deriverebbero. Il rapporto costi-benefici sarebbe disastroso. Apparentemente sembra
che questo ragionamento non faccia una grinza. In realt, se si analizza con attenzione
si vede che la sintesi di tre presupposti, ritenuti talmente evidenti da non dover essere
dimostrati, su cui invece occorre fare qualche riflessione: 1) l'identificazione del lavoro
con l'occupazione, cio con il lavoro salariato; 2) la convinzione che la crescita
economica faccia crescere l'occupazione; 3) la convinzione che la decrescita economica
faccia decrescere l'occupazione. Nelle statistiche economiche la popolazione divisa in
due grandi categorie: le forze di lavoro e le non forze di lavoro. Le forze di lavoro sono
a loro volta suddivise in due sottoinsiemi: gli occupati, cio coloro che svolgono
un'attivit in cambio di un reddito monetario, e i disoccupati, cio coloro che non hanno
un'occupazione, ma la cercano. Le non forze di lavoro comprendono le categorie di
persone che non hanno un'occupazione e non la cercano, o perch non sono ancora, o
non sono pi, in condizione di farlo (le fasce di et da 0 a 15 anni; le donne
ultrasessantacinquenni e gli uomini ultrasettantenni), o perch non ne hanno bisogno
(chi vive di rendita), o perch scelgono di non farlo (le casalinghe). Se una personaproduce direttamente la frutta e la verdura con cui si nutre la sua famiglia, non figura
tra gli occupati perch il suo lavoro non svolto in cambio di un reddito monetario e non
genera un reddito monetario, ma non figura nemmeno tra i disoccupati. Non fa parte
delle forze di lavoro: non lavora. Sembra incredibile, ma cos. Chi produce frutta e
verdura per il mercato, come coltivatore diretto, come imprenditore o come salariato
agricolo, cio svolge la stessa attivit di chi la produce per se stesso, ma lo fa in cambio
di denaro, occupato e inserito nelle forze di lavoro. Le casalinghe lavorano
giornalmente per un numero di ore almeno doppio rispetto a ogni occupato e il loro
lavoro ha mediamente un'utilit maggiore, ma non svolto in cambio di denaro e non
genera reddito monetario, per cui non sono incluse nelle forze di lavoro: non lavorano.
Chiunque svolga un'attivit non remunerata, per quanto possa essere utile, non
occupato e non fa parte delle forze di lavoro. Da dove derivano queste assurdit, questi
non sensi a cui si d valore scientifico? Dal fatto che i beni autoprodotti e i servizi
autogestit impediscono che il loro posto venga occupato da prodotti e servizi offerti in
cambio di denaro. Ostacolano la crescita del prodotto interno lordo. Ogni bene
autoprodotto e ogni servizio autogestito costituiscono un impedimento e un'alternativa
a una merce, per cui un sistema fondato sulla crescita della produzione di merci non punon ridurne progressivamente l'incidenza e svalorizzarli culturalmente, utilizzando tutto
l'apparato dei mezzi di comunicazione di massa per far credere che il passaggio
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dall'autoproduzione di un bene all'acquisto di una merce costituisca un progresso,
dall'ironia sulla ristrettezza mentale di chi continua a spezzarsi la schiena per produrre
pomodori che si possono comodamente comprare al supermercato fino alla damnatio
nominis: le attivit che producono beni per autoconsumo e servizi autogestiti non
vengono inserite nelle statistiche economiche perch non sono lavori. E non sono lavoriperch non producono un reddito monetario. Sono il residuo di un mondo arcaico,
tecnologicamente arretrato, timoroso dei cambiamenti, conservatore se non
reazionario, incapace di apprezzare i valori e i vantaggi della modernit. Per realizzare
trasferimenti di massa dalla produzione di beni alla produzione di merci, veri e propri
esodi biblici dall'autosufficienza economica alla dipendenza assoluta dal mercato, non
stato trascurato alcun mezzo. All'inizio si fatto ricorso alla violenza. Nell'Inghilterra del
settecento la recinzione dei terreni agricoli e l'abolizione delle terre comuni costrinsero
i piccoli contadini ad abbandonare le campagne e a trasferirsi in citt, dove la legge
puniva l'accattonaggio con la reclusione in fabbriche-carcere, per cui erano obbligati a
diventare operai. I luddisti, che si opponevano all'industrializzazione, furono puniti non
solo con la repressione armata, ma anche con la damnatio memoriae.L'introduzione
delle tasse nei paesi coloniali fu utilizzata per obbligare i nativi ad abbandonare la
produzione di beni, che non forniscono il denaro necessario a pagane, e costringerli alla
produzione di merci, ch invece danno un reddito monetario. Oltre a distruggere la loro
cultura, questa imposizione ha distrutto i loro ambienti riducendo la ricchezza biologica
della produzione agricola per autoconsumo alla rnonocultura agroindustriale. Senza mai
abbandonare la violenza e il controllo repressivo, sono poi stati sviluppati sistemi dipersuasione di massa cinema, radio, giornali, riviste, pubblicit, televisione e
televisione satellitare per imporre come valori positivi e progressivi le norme di
comportamento funzionali alla crescita economica: l'innovazione, la modernit, la
scienza e la tecnologia, la ricchezza monetaria, il consumismo, l'identificazione del
benessere con tanto avere anche quando genera malessere: le code di 200 chilometri in
autostrada per andare dalle citt-lavoro dove si producono le merci alle citt-vacanza
dove si spendono in merci i soldi guadagnati a produrle, una follia collettiva che fa
crescere il prodotto interno lordo e rende felice chi all'universit ha studiato che i conti
devono avere il segno pi davanti. Solo se si ritiene che questo sistema economico, in
cui l'umanit inserita da poco pi di due secoli, sia, panglossianamente, il migliore dei
sistemi possibili, l'occupazione si pu identificare col lavoro e diventa un valore
assoluto. Anche le fabbriche di armi creano occupazione, ma se il lavoro l'attivit con
cui la specie umana migliora le sue condizioni di vita, la produzione di armi una
contraddizione in termini. Anche le fabbriche di mine che mutilano i bambini creano
occupazione. Eppure chi all'universit ha studiato che i conti devono avere un pi
davanti sostiene l'esportazione di armi e se ne rallegra. Anche la droga crea
occupazione e chi ne ricava reddito pu accedere alla sfera delle merci lecite chealtrimenti gli sarebbe preclusa, contribuendo con i suoi acquisti alla crescita del
prodotto interno lordo. Ma, oltre a non essere un valore assoluto, l'occupazione non
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esaurisce nemmeno il concetto di lavoro. Non tutto il lavoro possibile, ma soltanto la
parte finalizzata alla produzione di merci, che acquista un ruolo totalizzante solo se non
si pi capaci di produrre beni e la sopravvivenza dipende dall'acquisto di merci. Se
invece si valorizza la dimensione dell'autoproduzione, pi beni si autoproducono e meno
merci occorre comprare, meno si ha bisogno di reddito monetario, anche se non si pupensare di farne a meno del tutto. Se un'economia che produce esclusivamente merci
(nemmeno quella industriale, fortunatamente lo ) costituisce un'utopia negativa,
anche un'economia che si proponesse di produrre esclusivamente beni sarebbe
un'utopia negativa. Meglio un po' e un po', in dosi variabili in relazione alle circostanze
storiche e ambientali La decrescita del prodotto interno lordo derivante dallo sviluppo
dell'autoproduzione di beni pu comportare un decremento dell'occupazione, ma non
del lavoro, e compensa la diminuzione del reddito monetario con una minore necessit
di acquistare merci. L'entit del reddito monetario di cui si ha bisogno per vivere
inversamente proporzionale alla quantit di beni che si autoproducono. Maggiore la
quantit di lavoro applicata alla produzione di beni, minore la necessit di lavorare in
cambio di un reddito monetario. L'aumento dei beni autoprodotti non solo in grado di
sostituire la riduzione del potere d'acquisto di merci, ma, quel che pi conta costituisce
un miglioramento qualitativo non altrimenti ottenibile. Se l'autoproduzione dello yogurt
si diffondesse, i lavoratori del settore caseario potrebbero dedicare la riduzione del
tempo di lavoro salariato che ne consegue ad autoprodursi pane e vegetali
qualitativamente superiori a quelli che comprano, a dedicare pi tempo ai propri figli o
ai propri genitori invece di affidarli a pagamento ad estranei, a inventare un rapporto dicoppia pi bello, a sviluppare il loro sapere (approfondire la storia dell'arte, ascoltare
musica, leggere la Divina Commedia) e il loro saper fare (il restauro dei mobili, le
riparazioni, la manutenzione), a passare il tempo libero in modo meno costoso, pi sano
e creativo delle code di 200 chilometri in autostrada. Tuttavia, non necessariamente la
decrescita comporta una riduzione dell'occupazione. Anzi, se ben guidata politicamente
(Elemire Zolla parlava di recessione ben temperata) in questa fase storica l'unico
modo per accrescere l'occupazione nei paesi industrializzati. Prima di vedere come ci
sia possibile, occorre ancora verificare se, come generalmente si crede e viene
ossessivamente ripetuto da politici, economisti, industriali, sindacalisti e giornalisti, la
crescita economica sia indispensabile per far crescere l'occupazione. I dati dell'Istat lo
smentiscono. Dal 1960 al 1998 in Italia il prodotto interno lordo a prezzi costanti si pi
che triplicato, passando da 423.828 a 1.416.055 miliardi di lire (valori a prezzi 1990), la
popolazione cresciuta da 48.967.000 a 57.040.000 abitanti, con un incremento del
16,5 per cento, ma il numero degli occupati rimasto costantemente intorno ai 20
milioni (erano 20.330.000 nel 1960 e 20.435.000 nel 1998). Una crescita cos rilevante
non solo non ha fatto crescere l'occupazione in valori assoluti, ma l'ha fatta diminuire in
percentuale, dal 41,5 al 35,8 della popolazione. Si limitata a ridistribuirla tra i tresettori produttivi, spostandola dapprima dall'agricoltura all'industria e ai servizi, poi, a
partire dagli anni settanta del secolo scorso, anche dall'industria ai servizi. Se la crescita
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del prodotto interno lordo non crea occupazone, a maggior ragione si potrebbe pensare
che non ne possa creare la decrescta. Si d anzi per scontato che la decrescita ne causi
inevitabilmente una diminuzione. Se produrre pi merci non ha richiesto pi occupati,
produrne di meno ne richieder di meno. Ma vero? Se si rispettasse la normativa in
vigore (legge 10 del 1991), in Italia il riscaldamento degli edifici assorbirebbe 140chilowattora al metro quadrato all'anno. In realt se ne consumano molti di pi. In
Germania, dove fa pi freddo, non si possono superare i 70 chilowattora al metro
quadrato all'anno. Lo stesso valore stato imposto dalla Provincia di Bolzano. Ma, in
Germania e nella provincia di Bolzano ci sono imprenditori edili, professionisti e tecnici
che costruiscono edifici con consumi energetici minori. I pi efficienti mantengono una
temperatura interna di 20 gradi centigradi con un consumo inferiore a 15 chilowattora al
metro quadrato all'anno. Un decimo del limite massimo previsto dalla legge italiana. Se
al centro della politica economica nazionale si ponesse la ristrutturazione degli edifici
esistenti per ridurre i loro consumi energetici agli standard vigenti in Germania, si
risparmierebbe dalla met ai due terzi delle fonti fossili attualmente utilizzate per il
riscaldamento, che rappresentano circa un terzo di tutte le importazioni. In prospettiva
questa scelta farebbe diminuire di circa il 20 per cento i consumi globali di fonti fossili,
a parit di comfort termico. La ristrutturazione del patrimonio edilizio comporterebbe
pertanto, sia una forte riduzione nei consumi di una merce che incide molto
pesantemente sulla bilancia commerciale, e di conseguenza una riduzione significativa
del prodotto interno lordo, sia una forte crescita occupazionale nei settori tecnologici
che accrescono l'efficienza energetica dell'edilizia. Questa decrescita farebbe crescerel'occupazione in quantit altrimenti non ottenibili e tanto maggiori quanto maggiore.
In pratica si attiverebbe un gigantesco trasferimento di denaro dall'acquisto di fonti
fossili al pagamento di redditi monetari in lavori che diminuiscono le emissioni
climalteranti e migliorano la qualit dell'aria. Oltre a essere quantitativamente
rilevante, questa occupazione avrebbe anche straordinarie connotazioni qualitative,
ben diverse rispetto all'esportazione di armi. Prospettive analoghe possono essere
aperte da tutte le innovazioni tecnologiche non finalizzate ad accrescere la produttivit,
ma a ridurre il consumo di risorse, l'inquinamento e i rifiuti a parit di produzione. Il
riciclaggio dei rifiuti consente di ricavare materie prime secondarie e di risparmiare
risorse, quindi di ridurre i costi. Se si consumano meno materie prime e si spende di
meno, il prodotto interno lordo decresce, ma per ricavare risorse sostitutive dai rifiuti
occorrono nuove professionalit e una maggiore occupazione che trasforma in redditi
monetari i risparmi che consente di ottenere. La riduzione dell'inquinamento ambientale
fa risparmiare i costi di risanamento, quindi comporta una decrescita, ma richiede
nuove tecnologie e nuove professionalit per approntare processi produttivi, che per
essere meno inquinanti devono essere pi evoluti tecnologicamente. Anche in questi
casi l'occupazione avrebbe connotazioni qualitative e assolutamente opposteall'esportazione di armi. Un discorso a s merita la micro-cogenerazione diffusa, perch
assomma entrambi gli aspetti della decrescita: la sobriet, in quanto comporta una
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riduzione dei consumi attraverso il recupero degli sprechi, e l'autoproduzione di energia
per autoconsumo, un'autoproduzione innovativa che non consiste nel recupero delle
potenzialit di futuro insite in tecnologie del passato frettolosamente abbandonate per
obbedire agli imperativi della crescita (come l'autoproduzione agricola), ma
nell'applicazione di questa logica economica preindustriale a una tecnologia piavanzata di quella attualmente in uso nei grandi impianti. Le stesse considerazioni
valgono per tutte le energie rinnovabili che, per esprimere al meglio la loro efficienza e
per ridurre al minimo i loro specifici impatti ambientali, devono essere di piccola taglia
e tarate sull'autoproduzione per autoconsumo. Una centrale fotovoltaica ricopre di
materiali inorganici enormi superfici, impedendovi lo svolgimento della fotosintesi
clorofilliana, il modo in cui l'ecosistema terrestre assorbe la CO2 dall'atmosfera e la
trasforma in energia. Un impianto fotovoltaico sul tetto di una casa occupa una
superficie gi ricoperta di materiale inorganico e non causa impatti ambientali.
L'energia prodotta da una centrale va trasportata a lunghe distanze e una parte si
disperde lungo i fili di trasmissione. L'energia autoprodotta si utilizza nello stesso luogo
in cui si produce e non va trasportata. Ci premesso, l'esemplificazione di questo
modello sulla micro-cogenerazione consente in primo luogo di fare un discorso
immediatamente attuabile e non futuribile, in secondo luogo di effettuare un confronto
con l'industria automobilistica di cui la figlia ripudiata, ma non illegittima. Un
mcro-cogeneratore composto da un motore automobilistico, un alternatore e alcuni
scambiatori di calore inseriti in una scatola di metallo insonorizzata. Il motore
automobilistico fa girare l'alternatore, che produce energia elettrica. Mentre svolgequesto lavoro, in cui l'energia chimica del combustibile si trasforma in energia
meccanica con un rendimento di circa il 25 per cento, il motore sviluppa anche energia
termica con un rendimento di circa il 70 per cento. Con una parte di questa energia
termica, quella del radiatore, d'inverno si riscalda l'abitacolo delle automobili. Oltre al
calore del radiatore, gli scambiatori dei micro-cogeneratori utilizzano anche l'energia
termica dei gas di scarico (circa 700 gradi) e della coppa dell'olio per riscaldare l'acqua
dei radiatori e dei sanitari. Se la loro potenza termica tarata sul fabbisogno di calore,
l'energia elettrica che producono molto superiore alle esigenze della stessa utenza,
per cui pu essere ceduta in gran parte alla rete. Per produrre la stessa energia elettrica
in centrale e la stessa energia termica in una caldaia, occorrerebbe il doppio del
combustibile. Ogni micro-cogeneratore dimezza quindi il consumo di fonti fossili a parit
di servizi energetici. Determina una decrescita. Tuttavia, se si incentivasse un
programma nazionale di sostituzione delle caldaie con micro-cogeneratori quanta
occupazione si potrebbe creare? Anche in questo caso i salari e gli stipendi si
ricaverebbero dai risparmi sulle importazioni di fonti fossili. Ma c' un elemento in pi da
considerare: la tecnologia per costruire i micro-cogeneratori la stessa delle
automobili. Soltanto che la produzione automobilistica ha pi che saturato il mercato eda pi di un decennio riduce costantemente il numero degli occupati. Inoltre le
automobili circolanti contribuiscono a circa il 30 per cento delle emissioni di CO2, delle
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polveri sottili e dell'inquinamento atmosferico. Invece il mercato dei micro-cogeneratori
tutto da inventare, per cui ha enormi potenzialit di espansione e l'occupazione che si
potrebbe creare in questo settore riconvertendo la produzione di una parte degli
stabilimenti automobilistici, oltre che significativa, sarebbe di qualit, perch
contribuirebbe a ridurre le emissioni di CO2 e l'inquinamento atmosferico. Vogliamotogliercelo dalla testa questo mito della crescita? Vogliamo smetterla di demonizzare la
decrescita?
5. Decrescita e paesi poveri
Viene spontaneo pensare che se, tutto sommato, un po' di decrescita ai paesi ricchi non
farebbe male, come non farebbe male una riduzione dei pasti ai loro cittadini obesi, nei
paesi poveri, dove il problema da combattere non l'obesit, ma la denutrizione,
sarebbe un controsenso. A chi ha troppo, anche se per l'economia di mercato non mai
abbastanza, si pu proporre di moderarsi, anche perch il troppo ormai la causa di
tutti i suoi mali, ma a chi ha troppo poco si pu proporre di avere ancora di meno?
Sfidiamo pure le regole del mercato e a quel 20 per cento della popolazione mondiale
che consuma l'80 per cento delle risorse diciamo di frenare la loro corsa e di lasciare
qualcosa di pi all'80 per cento, che deve spartirsi il rimanente 20 per cento delle
risorse, ma il reddito dei paesi poveri non pu non crescere se si vuole che escano dalla
povert. O no? Dopo la caduta dell'Unione Sovietica, che pagava a Cuba lo zucchero aprezzi molto superiori a quelli di mercato, l'economia dell'isola entrata in crisi e la
struttura produttiva agroindustriale fondata sulla monocoltura della canna da zucchero
si disfatta. Gli agricoltori non avevano pi i soldi per comprare il carburante per le
macchine agricole, i concimi di sintesi e tutte le altre protesi chimiche necessarie alla
produzione intensiva. Secondo i dati della Fao, nel 1989 ogni cubano assumeva circa
3.000 calorie al giorno. Quattro anni dopo questo valore era sceso a 1.900. In pratica
saltavano un pasto al giorno. Poi qualcosa cambiato: al posto delle colture di canna da
zucchero sono spuntati migliaia di piccoli orti in cui vengono coltivati frutta e verdura. In
mancanza di prodotti chimici il sistema agricolo diventato di fatto biologico. Al posto
dei trattori stata reintrodotta la trazione animale. stata vietata la macellazione dei
buoi, l'istituto di ricerca per l'agricoltura ha messo a disposizione il progetto di un aratro
multiplo per l'aratura e l'erpicatura. Vengono organizzate fiere dove si vendono gli
animali, sono nate botteghe di redini e finimenti. Il numero dei fabbri quintuplicato. I
due terzi delle terre di propriet statale sono state ridistribuite a cooperative o singoli
agricoltori che possono vendere le eccedenze. Dalle 50 mila coppie di buoi presenti a
Cuba nel 1990 si arriva alle 400 mila del 2000. Il sistema ha funzionato cos bene che
oggi i cubani si sono riappropriati di quel pasto giornaliero che avevano perso'. Ladecrescita economica realizzata col passaggio dalla produzione per il mercato
all'autoproduzione per autoconsumo, dalla produzione di merci alla produzione di beni,
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dalla canna da zucchero alla frutta e agli ortaggi, dalla quantit drogata chimicamente
alla qualit dei cicli naturali, ha accresciuto il benessere dei cubani e migliorato la
qualit dell'ambiente in cui vivono. Li ha fatti diventare meno sviluppati e pi ricchi. Ora
non solo mangiano di pi (da 1.900 a 3.000 calorie al giorno), ma mangiano meglio: pi
variet e coltivate biologicamente. Ha ridotto l'occupazione e ha creato lavoro, hasostituito il reddito con cui acquistavano ci che riuscivano a trovare sul mercato con
l'autoproduzione di ci che vogliono. Ha arricchito il patrimonio collettivo del sapere e
del saper fare attraverso la riscoperta di mestieri che emancipano dalle fluttuazioni dei
prezzi imposti dalle multinazionali in base ai propri interessi. Ora i cubani hanno di pi
perch sanno di pi. Hanno un reddito reale, fatto di beni, che dipende soltanto dal loro
lavoro. Non un reddito aleatorio come quello monetario. Ma sono tornati dai trattori alle
coppie di buoi, dai meccanici agli artigiani del cuoio, dai giunti cardanici ai finimenti, dai
concimi chimici allo stallatico, dalle scatole di conserva alla passata di pomodoro.
stato un progresso o un regresso?
La rivoluzione verde stata uno degli strumenti utilizzati dagli Stati Uniti per
contrastare l'influenza esercitata dall'Unione Sovietica sui movimenti di liberazione del
terzo mondo. Oltre l'aspetto simbolico della contrapposizione alla rivoluzione rossa,
questo slogan indicava una politica volta a incrementare le rese della produzione
agricola nei paesi del sud del mondo mediante l'impiego di fertilizzanti chimici.
Sconfiggendo in questo modo la fame, si sarebbe anche sconfitta la tentazione di scelte
rivoluzionarie. Del resto la fissazione dell'azoto permetteva, per la prima volta nella
storia dell'umanit, di avere grandi quantit di concimi a basso costo, aprendo laprospettiva di entrare nell'era dell'abbondanza. I risultati non tardarono a venire: le
rese del frumento passarono da 0,9 tonnellate per ettaro con le variet tradizionali, a
4-4,5 nel 1954 e, addirittura, a 6 nel 1964; quelle del riso da 16 a 27 quintali per ettaro
dal quinquennio '61-'65 a quello '88- '92. [...1 Secondo le statistiche della Fao, nel 1998
in Asia l'84% del frumento ed il 74% del riso erano coltivati con tali variet. .] Il Messico
raggiunge l'autosufficienza per il frumento nel 1956 e diventa esportatore netto di
mezzo milione di tonnellate nel 1964. Stessa strada seguir l'India, esportatrice di
frumento da met degli anni ottanta. Negli anni ottanta venne il turno dell'Africa, fino ad
allora non ancora toccata2. Eppure, nonostante questa crescita straordinaria dei
rendimenti agricoli, la fame nel mondo non stata sconfitta, anzi il numero delle
persone che ne muoiono o sono sottonutrite aumentato. Come mai? L'uso dei
fertilizzanti chimici per accrescere i rendimenti comporta il passaggio da un'agricoltura
di sussistenza a un'agricoltura mercantile. Dalla biodiversit per autoconsumo alla
monocoltura della specie pi redditizia del luogo. I fertilizzanti chimici costano e il
denaro necessario ad acquistarli si pu avere solo se si vende ci che si produce,
ovvero, solo se si produce per vendere. Ma gli incrementi della produzione che
consentono di ottenere l'aumento dell'offerta comportano una diminuzione dei prezzi divendita. Inoltre impoveriscono la fertilit dei suoli, per cui ne occorrono quantit
crescenti. I piccoli produttori si trovano cos ad avere costi sempre maggiori e utili
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sempre minori. Pertanto non sono in grado di sostenere la concorrenza con i grandi
produttori, ma non riescono nemmeno a uscire dalla giostra infernale in cui si sono
cacciati, perch avendo smesso di autoprodurre per autoconsumo devono comprare
tutto ci di cui hanno bisogno. La crescita stata la loro rovina e la rovina del suolo da
cui prima ricavavano il necessario per vivere. Se restano nella giostra, il denaro che nericavano non sufficiente per acquistare ci di cui hanno bisogno. Se decidono di
uscirne per tornare alla biodiversit e all'agricoltura biologica di sussistenza (indietro
non si torna?), devono ricostituire l'humus impoverito dalla fertilizzazione chimica e
dalla monocoltura fino alla desertificazione. E ci vogliono anni. Per non parlare dei
problemi posti dall'inquinamento delle falde idriche. In uno studio dell'International
Labour Organization (ILO) si legge: La fame e la malnutrizione aumentano molto
rapidamente proprio nelle aree in cui arrivata la Rivoluzione Verde3. Eppure la
crescita non sente ragioni. Essere irragionevole, del resto, nella sua natura. Per
accrescere i rendimenti agricoli ora si affida alle biotecnologie e agli organismi
geneticamente modificati, i nuovi strumenti della nuova rivoluzione verde che far
entrare l'umanit in una nuova era dell'abbondanza. E critica i danni ambientali causati
dall'agricoltura chimica, che aveva sostenuto come strumento dell'abbondanza, solo
per abbindolare gli sciocchi e magnificare i vantaggi degli ogm che consentono di farne
a meno. In realt i problemi ecologici che avrebbe creato la chimica erano noti, ma
erano considerati meno importanti dei vantaggi economici che avrebbe portato. Ora i
sostenitori della crescita fanno proprie le critiche ambientaliste alla chimica, che
avevano sempre respinto, e si preparano ad abbandonarla soltanto perch le nuovefrontiere del progresso scientifico e tecnologico consentono di accrescere la produzione
ancora di pi. Fra qualche anno un altro istituto di ricerca dir che la fame e la
malnutrizione sono aumentate molto rapidamente proprio nelle aree in cui arrivata la
seconda Rivoluzione Verde. Pierre Rabhi coltiva per autoconsumo da pi di quarant'anni
un appezzamento agricolo nelle Cvennes del sud. Nato nel 1938 in Algeria, arrivato nel
1958 a Parigi, dopo aver lavorato due anni in un'officina come operaio specializzato ha
abbandonato la citt per la campagna, dove contava di realizzare una dimensione
lavorativa diversa, non finalizzata al profitto, quindi alla massimizzazione dei
rendimenti, ma all'autoproduzione. Non a vivere della terra, ma con la terra.
Immediatamente si accorse che anche l'agricoltura era stata risucchiata nella stessa
logica mercantile della produzione industriale finalizzata alla crescita quantitativa. I
funzionari del Credito agricolo gli negarono un prestito di 15 mila franchi (pari al costo
di un'automobile di media cilindrata), dicendogli che non volevano aiutarlo a suicidarsi.
In cambio gli presentarono alcune fattorie che gli avrebbero consentito di fare soldi e
gli offrirono un prestito di 400 mila franchi per acquistarne una. Gli tocc quindi
sperimentare per qualche tempo, come operaio agricolo, le tecniche con cui si facevano
soldi in agricoltura: rivestito di tuta, maschera e guanti passava la maggior parte delsuo tempo a irrorare di sostanze altamente tossiche l'aria e il suolo. Dopo due anni di
questa