Ordinanza 16 ottobre 1962; Giud. Mannacio, P. M. Maiani (concl. conf.); MastronardiSource: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 10 (1962), pp. 299/300-301/302Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150856 .
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299 PARTE SECONDA 300
nn monstrumi irrecepibile. La diagnosi della Corte puõ
tardare, ma il male noil puõ non essere estirpato ab imis, La reatroattivitä di quella diagnosi di nullita assoluta
deriva dunque anclie dal principio quod nullum est nul
lum producit effectum. 11 legislatore, forse per preoccupazioni di certezza giu
ridica, non ha osato affermare esplicitamente 1'appliea bilitä, di questo principio. Ciõ 11011 impedisce all'inter -
prete (anzi, e proprio in siffatti eani ehe si manifesta la
sua piu alta funzione !) di ricavarlo dal sistema.
Quanto alle preoccupazioni per la certezza giuridica, va osservato che la generale retroattivita della dichiara
zione d'incostituzionalitPi non puõ non trovare un limite, in considerazione che la legge, benche viziata, maiata,
appariva vigente. Tale limite e perõ piu. ristretto di quello entro cui puõ oontinuarsi a considerare applicabile, a
rapporti passati, una legge «abrogata». Cosi, ad esem
pio, mentre rispetto alia legge abrogata puõ invocarsi la
regola tempus regit actum (continuandosi, cosi, nella sua
applicability, sia pure a posteriori), rispetto alia legge dichiarata incostituzionale anche 1'applicability a poste riori e esclusa (arg. anche dall'art. 30, 3° comma, della
legge 11 marzo 1953 n. 87) : l'unico limite concepibile e quello del «rapporto esaurito ». Va poi caso per caso
accertato quando il rapporto e esaurito : in genere, nel
campo negoziale ciõ avviene quando tutti gli effetti sono
cessati; nel campo amministrativo, quando l'atto e dive
nuto definitivo ed inimpugnabile ; nel campo processuale,
quando la sentenza e passata in giudicato (salva, in ma
teria penale, l'eccezione di cui al 2° comma dell'art. 2
cod. pen., riprodotta dall'ult. comma dell'art. 30 della
legge 11 marzo 1953 n. 87). Peraltro, in ordine al giudicato,
1'intangibility non dipende dalla validity della legge in
base alia quale fu emanato : quindi, diventa irrilevante
che quella legge fosse o non costituzionalmente legittima ; il giudicato, per forza propria, rimarrebbe, anche se per assurdo fosse stato emanato in base a legge inesistente.
L'elaborazione giurisprudenziale, pur non essendo an
eora pervenuta all'inquadramento dogmatico innanzi pro
spettato, õ giä, decisamente nel senso della generale retroat
tivita della dichiarazione d'incostituzionalita. Ben vero, la Suprema corte ha insegnato : «La pronuncia d'illegit timitä costituzionale di una legge rende questa inapplica ble a tutti i rapporti per i quali penda controversia giu diziale, sempre che gli stessi non siano stati oggetto di
una pronuncia passata in giudicato, con la conseguenza che in ogni stato e grado del giudizio ed anche di ufficio, il giudice deve tener conto dell'intervenuta dichiarazione
d'illegittimita costituzionale della legge» (3 novembre
1961, n. 2565, Foro it., Rep. 1961, voce Corte cost., 11. 10 bis ; 30 maggio 1961, n. 1273, ibid., 11. 10 ; Sez. unite 22 luglio 1960, n. 2077, id., Rep. 1960, voce eit., nn. 66-68 ; 15 marzo 1960, n. 524, ibid., n. 62 ; 23 marzo 1959, 11. 876, id., Rep. 1959, voce cit., n. 49 ; 29 ottobre 1957, n. 4186, id., Rep. 1957, voce cit., n. 101 ; 11 ottobre 1955, 11. 2994, id., 1955, I, 1292, ecc.). «La legge dichiarata costituzional mente illegittima da una sentenza della Corte costituzionale non puõ essere applicata nei giudizi pendenti al momento della emanazione della sentenza della Corte ancorche iniziatisi antecedentemente e relativi a fatti anteriori» (16 settembre 1957, n. 3492, id., 1957, I, 1607).
Anche il Consiglio di Stato si e sostanzialmente espresso nello stesso senso : «L'effetto della dichiarazione di ille
gittimitä costituzionale di una norma di legge da parte della Corte costituzionale consiste nella totale e defini tiva eliminazione della norma stessa dall'ordinamento, cosicche dal giorno successivo alia pubblicazione della decisione i giudici debbono regolarsi come se la norma stessa non fosse mai esistita e non possono piu applicarla, a nessun caso, nõ passato ne futuro » (8 marzo 1961, n. 234, Foro it., Rep. 1961, voce Giustizia amm., nn. 49, 50). A sua volta la Corte costituzionale ha sancito che « alia dichiarazione d'incostituzionalita di una legge consegue l'inefficacia degli atti emessi sulla base della legge me
desima», senza affatto distinguere se gli atti fossero stati emessi prima o dopo la dichiarazione d'incostituziona
lita (24 giugno 1961, n. 36, ibid., voce Oontabilitä Stato, n. 17).
Applicandosi tali' concetti al procedimento in esame, il Pretore deve dieliiarare l'incompetenza per materia,
Infatti, il rapporto processuale non e esaurito (in con
creto, l'unico atto processuale e il decreto di proroga della competenza). A tale decreto non e applicabile la
regola tempus regit actum, perclie e stato emanato in base
a norma non «abrogata » ma « costituzionalmente illegit tima » fin dal 1° gennaio 1948 (data in cui iniziõ il vigore della Carta costituzionale e sorse l'inconciliabilita con
l'art. 25, sulla predesignazione legislativa del giudice
naturale). II pretore, per ritenere la propria competenza dovrebbe continuare ad applicare il decreto di proroga e
quindi la norma costituzionalmente illegittima. II pretore puõ declinare la competenza prorogatagli,
se venga meno uno dei presupposti vincolativi legali (reato di competenza del tribunale, sussistenza di un'attenuante,
ecc.) (Cass. 6 dicembre 1951, Magli, Foro it., Eep. 1952, voce Competenza pen., n. 47). A maggior ragione deve decli
nare quella competenza or che la sua base legislativa e
retroattivamente inefficace, inficiata da nullita assoluta.
B appena il caso di ricordare che non c concepibile il sorgere di conflitto di competenza fra il P. m. proro
gante e il pretore che, agendo quale giudice, declina eon
sentenza la competenza (Cass. 13 ottobre 1950, Fantaccini, Foro it., Eep. 1951, voce Competenza pen., nn. 97, 98).
Per questi motivi, ecc.
GIÜDICE DI SORVEGLIANZA DEL TRIBUNALE DI VIGEYAMO.
Ordinanza 16 ottobre 1962 ; Giud. Mannacio, P. M.
Maiani (concl. conf.); Mastronardi.
Misure cli sieurczza — Sentenza di pi-oseioglimenlo — Esecuzione della misura in pendenza di reela
mo — Inammissibilitä (Cod. proo. pen., art. 576).
La misura di sicurezza, disposta con sentenza di proscio
glimento, non b esegwibile in pendenza di reclamo ; per tanto, deve essere disposta Vimmediata scarcerazione del
prosciolto cui era stata applicata la misura del ricovero
in manicomio giudiziario. (1)
Il Giudice di sorveglianza, ritenuta la propria compe tenza a norma degli art. 635 e segg. cod. proo. pen. ; letto
il sopracitato parere del P. m. ; rilevato ehe Lucio Mastro
nardi lia impugnato anehe per la parte riguardante la
misura di sicurezza la sentenza 2 settembre 1962 del Pre
tore di Alessandria, con la quale veniva ordinato il suo
ricovero in un manicomio giudiziario per anni due; misura
di sicurezza non dic-hiarata provvisoriamente eseguibile ; osserva :
1) 1'art. 576, 3° comma, cod. proc. pen., reeita: «Le sentenze di proscioglimento sono eseguite appena pronunciate ».
Da ciõ si e voluto desumere ehe la misura di sicurezza
(non provvisoriamente eseguibile), disposta con una sen tenza di proscioglimento, e immediatamente eseguibile non ostante ehe sia stata proposta impugnazione avverso la sentenza (Cass., Sez. I, 26 novembre 1959, ric. Manzi, Foro
it., Rep. 1960, voce Misure di sicurezza, n. 20). Si deve disattendere un cosi pur autorevole insegna
mento. Ed infatti :
a) nella sentenza penale, ehe applica una misura di
sicurezza, b paeifieo ehe siano contenuti due accertamenti e due pronunce conseguenti, una attinente all'azione
penale e l'altra a quella di prevenzione criminale. Non
(1) Contra Oass. 26 novembre 1959, Manzi, 28 rnarzo 1960, Benetti, 30 novembre 1959, Silvestri, Foro it., Rep. 1960, voce Misure di sicurezza, nn. 20, 21, 54 ; Cass. 13 aprÜe 1958, id., Rep. 1958, voce eit., n. 29 ; Cass. 5 dicembre 1932, Lo Vecchio, id., Rep. 1933, voce eit., n. 48.
In dottrina, cons. U. Guai.tieri, Considerazioni in tema d'esecuzione delle misure di sieurczza detentiva (nota a Cass. 26 novembre 1959, eitata anche nella presente ordinanza), in Riv. it. dir. e proc. pen., 1960, 632,
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301 GIURISPRUDENZA PENALE
si puõ quindi, nell'applicazione dell'art. 576, 3° comma, cod. proc. pen., considerare la sentenza un tutto inscin
dibile, ma, tenuto conto dei due accertamenti, stabilire se il principio fissato nel ricordato artioolo si applica a
tutte e due le pronunce o ad una sola di esse.
Su questo punto esattamente il P. m. rileva come
l'art. 576, 3° comma, cod. pioc. pen. non vuole significare, se non che, per effetto del proscioglimento, debbono ces
sare illico et immediate tutti gli effetti pregiudizievoli
all'imputato creatisi nel corso del rapporto processuale
penale ed infatti giä, il tenore letterale della norma ne
impone una interpretazione ad esclusivo vantaggio del
prevenuto. Ma la norma stessa si collega, funzionalmente, all'art. 37 delle disp. att. cod. proc. pen. che prevede le
modalitä tecnico-amministrative della scarcerazione, onde
e lecito concludere che l'art. 576, 3° comma, attiene solo
al rapporto penale e pone solo e semplicemente l'obbligo della immediata scarcerazione del prosciolto, attiene cioe
alia carcerazione preventiva.
b) £ dunque ai principi generali sulle misure di sicu
rezza che bisogna far riferimento onde stabilire se esse
siano o meno eseguibili in pendenza di esecuzione (sempre che non provvisoriamente eseguibili).
Pare lecito al Giudice di sorveglianza affermare che la
legge processuale penale non si attiene al principio della
immediata eseguibilitä delle misure di sicurezza. E infatti:
1) Per gli art. 485 e 486 cod. proc. pen. si puõ disporre la provvisoria esecuzione di misure di sicurezza inflitte
con sentenza di condanna e ciõ chiaramente dimostra
che per loro natura tali misure non sono provvisoriamente
eseguibili. Ne õ possibile, come pure e stato fatto con
interpretazione formalistica e contraria alia disciplina degli istituti giuridici, affermare che gli art. 485 e 486 cod. proc.
pen. si riferiscono solo alle misure di sicurezza applicate con sentenza di condanna.
A parte il rilievo che non appare razionale il muta
mento della disciplina giuridica della misura di sicurezza
a seconda che essa sia contenuta in una sentenza di con
danna piuttosto che di proscioglimento, basta osservare, contro la interpretazione combattuta, che il principio della
non eseguibilitä delle misure di sicurezza, stabilito dall'art.
485 apparentemente solo per le misure di sicurezza irro
gate con sentenza di condanna, 6 espressione di un prin
cipio ancor piu generale e cioe che, durante il termine per
impugnare e durante il giudizio sulFimpugnazione, l'esecu
zione del provvedimento impugnato õ sospesa (art. 204). La stessa specificazione da parte della legge proces
suale dei casi, in cui il reclamo contro le misure di sicurezza
non ne sospende la esecuzione (art. 631, ult. comma, e 642, 2° comma, cod. proc. pen.), conforta le tesi qui sostenute.
,Ve puõ ricavarsi diverso principio dall'esame degli art. 301 e 400 cod. proc.. pen. che riguardano 1'imposizione di misure di sicurezza durante la istruzione.
Or dunque in relazione a questo generalissimo prin
cipio la norma dell'art. 485 non puõ interpretarsi che nel
senso qui sostenuto e cioe che anche la misura di sicurezza
disposta con sentenza di proscioglimento non e provvi soriamente eseguibile in pendenza di reclamo. Ciõ appare tanto piü giustificato ove si considerano da un Jato il ca
rattere sostanzialmente afflittivo della misura di sicurezza e
dall'altro il preciso intento del legislatore di dare alia misura
di sicurezza una regolamentazione del tutto affine (soprat tutto per quanto riguarda le garanzie a favore del preve
nuto) alia pena criminale (principio di stretta legality,
doppio grado di giurisdizione, ecc. . .). Ne ha rilievo osser
vare che le finalitä di una misura di sicurezza imposta con sentenza di proscioglimento sarebbero frustrate dato
che essa non puõ, in pendenza di reclamo, essere eseguita,
posto che il pericolo sussiste anche per le misure imposte con sentenza di condanna e che nessuno ostacolo logico e giuridico v'e ad applicare anche alle prime (misure im
poste con il proscioglimento) la provvisoria esecuzione.
2) Ooncludendo, poiche pende impugnazione contro il
provvedimento che dispone il ricovero del Mastronardi
in manicomio, tale ricovero non e eseguibile ; manca in
altri termini il titolo esecutivo per procedere all'esecuzione
della misura di sicurezza.
Conseguentemente Lucio Mastronardi deve essere im mediatamente scarcerato se non detenuto per altra causa.
Per quosti motivi, eco.
Rivista di Giurisprudenza Penale Prova in materia penale — Sillogismo probatorio —
Estremi — Rilevanza (Cod. proc. pen., art. 479).
Deve escludersi la sussistenza di elementi di eolpevolezza a carico dell'imputato e questi va assolto per non aver commesso il fatto, qualora la presunzione relativa, che costi tuisce la premessa maggiore di un sillogismo probatorio, contrasti con 1'esperienza e il buon senso comune, oppnre qualora la circostanza indiziante, assunta nella premessa minore, non sia rigorosamente accertata. (1)
Tribunale di Roma ; sentenza 20 giugno 1962 ; Pres. Giallombardo P., Est. Perri, P. M. Bruno (concl. diff.) ;
imp. Fabrizi.
(1) Per qualche riferimento, cons., in giurisprudenza, Cass. 27 gennaio 1960, Guerr zzi, Foro it., Rep. 1960, voce Prova
penale, n. 29 ; 9 luglio 1960, Marr s, ibid., n. 30 ; 18 dicembre 1959, Guidar Hi, ibid., n. 28 ; 9 dicembre 1959, Me lini, ibid., n. 27 ; 22 aprile 1958, S iaresa, id., Rep. 1959, voce cit., n. 39. In dottrina, cons. Flobian, J)elle prove penali, Varese Milano, 1961 ; PiSAJfi, Intorno alia prova come argomeniazione teorica, in Biv. dir. civ., 1959, I, 458 ; Pannain, La certezza della prova, in Biv. pen., 1959, I, 285 ; Babletta Caldabeba, La logica della sentenza, in Giust. pen., 1960, I, 33.
* * *
La sentenza e cosi motivata : « II Oollegio osserva che, mal
grado l'impressione data dalla notevole mole cartacea, questo processo non presenta complessitä di alcun genere ; sfrondato, infatti, del troppo e del vano ebe vi 6 stato compreso, nell'af
fannosa, encomiabile ricerca della prova, ognora sfuggente, della
eolpevolezza dell'imputato, esso consente di pervenire, in modo lineare e quasi schematico, alia pronuncia, che il Collegio ritiene l'unica di giustizia. Occorre, pertanto, indagare come dall'ini ziale convincimento che la sottrazione fosse avvenuta nell'am bito dell'ufficio e del personale ad esso addetto, si pervenne a sospettare il Fabrizi, e accertare come sorse l'accusa contro di lui ; verificare rigorosamente la validity degli elementi su cui l'accusa riposa; infine, sottoporre a critica approfondita gli as seriti indizi raccolti, e a cui tanto i verbalizzanti quanto gli istruttori, tanto il rappresentante di parte civile quanto il P. m. di udienza, per l'avvertita, irrimediabile debolezza della
posizione accusatoria principale, hanno attribuito il valore di univoca indicazione di eolpevolezza, elevandoli al rango di prova.
« Nel rapporto della Squadra mobile si legge che per la distribuzione dei pacchi valori e dei pacchi valori urgenti, nel l'ufficio postale di Roma Termini, vigono tre turni di servizio : il 1° con orario 7-15, il 2° con orario 8-16, il 3° con orario 15-23. Per ogni turno operano un numero variabile di sezioni, intenden dosi con tale espressione il gruppo composto dal portapacchi e dall'autista che, dotato di autofurgone, a costui e assegnato. l)opo questi chiarimenti relativi alia tecnica del servizio, si dice in quel rapporto che, per il numero non rilevante di pacchi da distribuire, il 18 agosto 1961 furono costituite, per il primo turno di distribuzione, solo tre sezioni, e che i tre pacchi in
oggetto, con i relativi bollettini di consegna, furono assegnati al portapacchi Fabrizi, il quale firmõ, per ricevuta, il modello
260, su cui, appunto, il capo dell'ufficio, ogni volta, trascrive
gli estremi dei pacchi affidati a ciascun portapacchi. Effet tuato il giro, il Fabrizi riportõ in tfficio tutti i bollettini fir mati dai destinatari dei pacchi, e li riconsegnõ al ripartitore Magnani, che, come tale, aveva, in partenza, suddiviso i pacchi per zona, assegnandone un gruppo a ciascuna delle tre sezioni.
« Nella stessa giornata il capo ufficio, Oianfoni Igino, redi
geva il bilancio dei pacchi, che si articola in tre voci: numero
dei pacchi pervenuti, rilevabile dai modelli 260 da lui stesso
compilati; numero dei pacchi consegnati, che si desume dai
bollettini firmati dai destinatari; numero dei pacchi giacenti, che 6 dato dall'eventuale differenza fra il numero dei pacchi
pervenuti e quello dei bollettini firmati. II bilancio risultõ chiuso
in pareggio. Senonche il 24 successivo (e non il 23, com'c scritto
nel rapporto), dopo che una richiesta di notizie sui pacchi, for
mulata da un funzionariö del Credito italiano lo stesso giorno 18 alle ore 17, non aveva suscitato allarme alcuno, e non aveva
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