sezioni unite penali; sentenza 16 marzo 1994; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Dell'Anno, P.M.Aponte (concl. parz. diff.); ric. P.m. in c. Munaro. Annulla senza rinvio Pret. Ivrea 8 giugno1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1994), pp.403/404-405/406Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188492 .
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PARTE SECONDA
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite penali; sentenza 16 marzo 1994; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Dell'An
no, P.M. Aponte (conci, parz. diff.); ric. P.m. in c. Muna
ro. Annulla senza rinvio Pret. Ivrea 8 giugno 1993.
Prescrizione penale — Interruzione — Disciplina (Cod. pen., art. 160).
Per individuare il momento in cui si produce l'interruzione del la prescrizione del reato occorre aver riguardo a quello in
cui si è fatto luogo all'emissione di uno degli atti indicati nell'art. 160 c.p. e non a quello della sua eventuale notifi
cazione. (1)
1. - Con due sentenze, emesse entrambe in data 8 giugno
1993, il Pretore di Ivrea dichiarò di non doversi procedere a carico rispettivamente di Munaro Riccardo e Munaro Lorenzo
Giovanni, entrambi imputati della contravvenzione all'art.
9 octies, 3° comma, d.l. n. 379 del 1988 per avere omesso di
(1) L'intervento operato dalle sezioni unite con la sentenza de qua ha risolto il contrasto, «presente» anche nella più recente giurispruden za di legittimità, circa la sufficienza della sola emissione di uno degli atti indicati nell'art. 160 c.p. (norma questa novellata dall'art. 239 d.
leg. 28 luglio 1989 n. 271) a realizzare l'effetto interruttivo del corso
della prescrizione previsto da tale articolo.
Al riguardo giova ricordare che, mentre Cass. 9 ottobre 1990, Toti
no, Foro it.. Rep. 1991, voce Prescrizione penale, n. 9, aveva afferma
to che «il decreto di citazione a giudizio, per conseguire il suo effetto
di diritto sostanziale quale atto idoneo ad interrompere la prescrizione del reato, deve essere notificato all'imputato», e Cass. 1° febbraio 1991, Di Paolo, id., Rep. 1992, voce cit., n. 9, aveva sostenuto che «non
interrompono la prescrizione del reato gli atti non portati a conoscenza
dell'interessato entro i termini nei quali la prescrizione stessa matura», Cass. 19 ottobre 1990, Sica, id., 1991, II, 516, aveva, invece, ritenuto
che la rilevanza del decreto di citazione e della richiesta di rinvio a
giudizio in quanto emanati ed ancorché non notificati, costituisce una
regola non circoscritta al solo esercizio dell'azione penale, ma valevole
anche in tema di interruzione della prescrizione, atteso che l'art. 160
c.p., come modificato dall'art. 239 disp. att. nuovo c.p.p., enumera
la richiesta di rinvio ed il decreto di citazione a giudizio tra gli atti
interruttivi e considera questi ultimi nella loro consistenza obiettiva, senza alcun riferimento alla notificazione agli interessati.
Nello stesso senso della decisione da ultimo menzionata, d'altro can
to, si erano pronunciate, tra le più recenti, Cass. 15 marzo 1989, Di
Lisi, id., Rep. 1990, voce cit., n. 13, secondo la quale «ai fini dell'inter
ruzione della prescrizione non è necessaria la notifica degli atti indicati
nell'art. 160 c.p. ma è sufficiente l'emissione degli stessi, idonea a di
mostrare la persistenza nello Stato di un interesse punitivo», nonché
Cass. 4 dicembre 1990, id., Rep. 1991, voce Tributi in genere, n. 1656, che, in materia di tributi, aveva affermato che «alla causa di interruzio
ne della prescrizione dei reati tributari, prevista dalla seconda parte del l'art. 9 d.l. 10 luglio 1982 n. 429, si applica il principio di cui all'art.
160 c.p., secondo cui non è necessario che l'atto interruttivo sia notifi
cato all'imputato», con la conseguenza che «l'avviso di accertamento dei redditi emesso dalla amministrazione finanziaria, ai sensi dell'art.
42 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, interrompe la prescrizione del reato di omesso versamento delle ritenute (art. 2, 2° comma, cit. d.l.) ancor
ché non sia notificato al contribuente; né la mancata notifica fa venir
meno la validità dell'atto e perciò la sua capacità di interrompere la
prescrizione». Una posizione più articolata — e che, per vero, sembra conservare
attualità pur dopo la decisione delle sezioni unite che qui si riporta — era stata poi espressa da Cass. 4 giugno 1992, C. G., id., Rep. 1992, voce Prescrizione penale, n. 10, per la quale «la perdurante volontà
dello Stato di perseguire un illecito penale non deve essere solamente
manifestata mediante l'emissione dell'atto normativamente a ciò ido
neo, occorrendo invece, per una sufficiente garanzia dei diritti dell'im
putato, la certezza della data di emissione dell'atto che corrisponde a
quella del suo deposito», mentre «non è richiesta la notificazione del
l'atto all'interessato che costituisce un elemento estrinseco e temporal mente incerto dal quale non può farsi dipendere la prescrizione».
Quanto alla dottrina, pur non mancando posizioni diverse (v., ad
esempio, Bartolo, Prescrizione del reato, voce dell 'Enciclopedia giuri dica Treccani, Roma, 1991, XXIV, 10, secondo il quale «appare inac cettabile quell'orientamento giurisprudenziale che ha portato a ritenere che ai fini dell'interruzione della prescrizione non è necessaria la notifi ca degli atti . . .»), la maggior parte degli autori appare tuttavia orien tata in senso favorevole al principio accolto dalle sezioni unite; al ri
li Foro Italiano — 1994.
comunicare entro il 28 febbraio 1990 la quantità e qualità dei
rifiuti prodotti e smaltiti nel corso del 1989, per essere il reato
estinto per prescrizione. Rilevò il pretore che, per quanto affer
mato da questa corte con le decisioni della sezione III dell'8
novembre 1990 e della sezione VI del 2 maggio 1991, non pote
va riconoscersi efficacia interruttiva al decreto di citazione a
giudizio emesso dal pubblico ministero nel giudizio pretorile per essere stato lo stesso notificato agli imputati quando già era
decorso il termine dei tre anni dalla data di consumazione del
reato.
2. - Avverso le pronunce ha interposto ricorso il procuratore
della repubblica che denuncia la erronea interpretazione di leg
ge. Deduce che al fine di individuare il momento nel quale l'at
to produce la interruzione del termine di prescrizione del reato
occorre avere riguardo a quello della sua emissione, il che nella
concreta fattispecie avvenne il 22 febbraio 1993, e non all'altro
della notificazione dello stesso all'imputato.
A sostegno della impugnazione il ricorrente richiama altre pro
nunce, sempre di questa corte di segno opposto a quelle indica
te dal pretore. Argomenta con l'atto di impugnazione che nella
disposizione dettata dall'art. 160 c.p., come modificato dall'art.
239 d. leg. n. 271 del 1989, non si rinviene riferimento alcuno alla necessità della notificazione degli atti in essa indicati al fine
della loro idoneità alla interruzione della prescrizione e sottoli
nea che il subordinare questo effetto alla presa di conoscenza
dell'atto stesso da parte dell'imputato si risolverebbe nel lasciarne
la sua causazione a circostanze esterne incerte e imprevedibili
rimesse talora alla esclusiva volontà di terzi.
3. - La terza sezione, all'udienza di discussione dei ricorsi
del 17 dicembre 1993, rilevato che si è registrato un contrasto
sulla interpretazione dell'art. 160 c.p. in ordine alla necessità
o meno della notificazione dell'atto perché da esso consegua
l'effetto interruttivo della prescrizione, con ordinanza collegiale
ha rimesso la decisione sugli stessi alle sezioni unite penali.
4. - Va rilevato che la giurisprudenza di legittimità è stata
costantemente orientata, fino a un certo periodo, nel ritenere
la efficacia interruttiva dell'atto in sé escludendosi che questo
dovesse essere seguito dalla notificazione, esprimendosi con la
emanazione dell'atto stesso il non sopito interesse dello Stato
alla repressione del fatto penalmente illecito.
Questa tendenza subì' un arresto con la sentenda della I sezio
ne penale n. 4216 del 21 aprile 1986, Colussi (.Foro it., Rep.
1987, voce Prescrizione penale, n. 10) seguita da altre (tra le
ultime si confronti sez. VI n. 4870 in data 1° febbraio 1991,
Di Paolo, id., Rep. 1992, voce cit., n. 9), con la quale si affer
mò per la prima volta il principio per il quale non è valido
a interrompere la prescrizione l'atto non portato a conoscenza
dell'interessato entro il periodo in cui matura la causa estintiva
del reato, stante la necessità che concretamente, e non in ma
niera meramente astratta, si dia attuazione al dovere, imposto tra l'altro dalla convenzione europea dei diritti dell'uomo, rati
ficata con la 1. 4 agosto 1955 n. 848, che, con l'art. 6, riconosce
all'incolpato il diritto ad un'equa e pubblica udienza entro un
termine ragionevole, dovendo ritenersi, secondo questa tesi in
terpretativa, che le norme sulla prescrizione costituiscono l'e
spediente di carattere formale escogitato dal legislatore per rea
lizzare la finalità di carattere sostanziale della durata ragionevo le del processo penale.
Peraltro numerose altre decisioni continuarono a seguire il
precedente indirizzo (per tutte si rinvia, tra le ultime, a sez.
guardo si vedano, tra gli altri, Prbsutti, in Commentario del nuovo
codice di procedura penale diretto da Amodio e Dominioni, Appendice, Milano, 1990, 250; Molari, Prescrizione del reato e della pena (diritto
penale), voce del Novissimo digesto, Torino, 1966, XIII, 700, nonché
Pisa, Prescrizione (diritto penale), voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1986, XXXV, 86, che, tra l'altro, osserva che «al particolare
profilo che qui interessa sono estranee ... le esigenze di conoscenza
e (conseguentemente) di garanzia di difesa che presiedono alla discipli na processuale: ciò che ha importanza è il concretizzarsi nell'atto della volontà dell'autorità giudiziaria di procedere nei confronti del soggetto
per quel determinato reato».
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GIURISPRUDENZA PENALE
Ill 4 dicembre 1990, id., Rep. 1991, voce Tributi in genere, n. 1656).
5. - Perché possa pervenirsi a una corretta e meditata soluzio
ne del problema sottoposto a queste sezioni unite, occorre indi
viduare preliminarmente quale sia la natura dell'istituto della
prescrizione, la cui ratio (e sul punto non si registrano voci di
dissenso) deve identificarsi nella persistenza, fino al momento in cui non si sia raggiunta una più o meno lunga distanza tem
porale dalla commissione del fatto illecito, dell'interesse dello
Stato alla punizione dell'autore della condotta illecita.
Orbene, non appare seriamente contestabile in conformità del
resto a quanto ritengono sia la predominante dottrina che la
stessa giurisprudenza (per tutte si confronti, tra le ultime, sez.
II 5 gennaio 1993, Barbagallo), che all'istituto stesso debba at
tribuirsi una concezione di diritto sostanziale e non processuale.
Diversamente era per l'omologo istituto previsto dagli art.
91 e 95 del codice Zanardelli secondo il quale la prescrizione
estingueva rispettivamente l'azione penale e la condanna e non, come per gli art. 157 e 173 di quello vigente, il reato e la pena,
derivandone che, all'epoca, essa rientrava tra le cause di impro
cedibilità della prima e poneva processualmente nel nulla la pro
nuncia adottata.
Anche a volersi prescindere dal considerare, il che non sareb
be di per sé probabilmente decisivo, che testualmente si precisa va nel par. 81 della «relazione» al codice penale del 1930 dal
ministro guardasigilli proponente che «la prescrizione non è un
istituto di diritto processuale, ma di diritto sostanziale», occor
re aversi riguardo, come avvertito da una qualificata dottrina,
ai fini della decisiva dimostrazione della estraneità della prescri zione rispetto all'azione penale, al disposto del 2° comma del
l'art. 129 del codice di rito penale vigente, sostanzialmente ripe
titivo del corrispondente art. 152 di quello abrogato, che impo
ne al giudice di pronunciare sentenza di assoluzione nella ipotesi
in cui ricorra una causa di estinzione del reato ma risulti evi
dente la prova dell'innocenza dell'imputato, il che non si preve
de nella eventualità che il proscioglimento sia stato determinato
per l'assenza di una qualche ragione processuale che determini
la improcedibilità. 6. - Ma se cosi' è, se cioè la prescrizione opera automatica
mente, quale fatto storico di natura sostanziale non legato alla
volontà dell'autore della condotta e per il solo fatto del verifi
carsi della scadenza del tempo nella pendenza del quale, per finzione giuridica, si presume ancora permanente la volontà pu
nitiva della istituzione, deve conseguenzialmente ritenersi che
anche gli atti nominati, che si siano compiuti nel corso di quello
stesso periodo e ai quali il legislatore attribuisce l'esclusivo si
gnificato di dimostrare che lo Stato non ha inteso restare inerte
e che anzi persiste l'interesse pubblico alla repressione dell'ille
cito, siano anche essi idonei, per il solo loro valore oggettivo,
a privare il decorso del tempo della sua efficacia estintiva del
l'illecito, e operino a prescindere dalla volontà e dalla stessa
scienza dell'interessato, necessariamente anche a essi dovendo
riconoscersi natura sostanziale, questa distinguendosi dall'altra
processuale che è invece legata agli effetti che su quest'ultimo
piano da essi possono derivare, se capaci a produrli una volta
che siano conformi al modello normativamente stabilito.
7. - E del resto, non può non rilevarsi che in questo senso
è la stessa formulazione letterale del disposto dell'art. 160 c.p.
non rinvenendosi in esso, neanche per gli atti che sono da con
siderarsi come ricettivi per la loro validità processuale, accenno
alcuno alla necessità della loro notificazione perché possano con
siderarsi validi per la interruzione della prescrizione.
Diversamente era invece per il codice prima vigente, per il
quale sanciva l'art. 93 che la idoneità di un provvedimento del
giudice alla interruzione della prescrizione era subordinata a che
10 stesso fosse stato legalmente notificato all'imputato.
La diversità delle due previsioni non è certamente casuale,
dipendendo essa invece dalla stessa diversità della natura dell'i stituto della causa estintiva, che è di diritto sostanziale per l'or dinamento vigente e che era di diritto processuale per quello
precedente.
Quello che interessa insomma è che venga formato, prima
dello spirare del termine previsto, un atto, tra quelli «veramen
11 Foro Italiano — 1994.
te fondamentali del procedimento penale» (cosi si legge nel par. 80 della relazione al re al codice penale), con il quale l'organo,
deputato nel procedimento penale alla manifestazione della vo
lontà dello Stato, esprima tempestivamente nei confronti della
collettività e non del singolo l'intendimento alla persecuzione del soggetto autore del reato e l'immanenza quindi dell'interes
se pubblico alla punizione. In questo senso del resto pare muoversi la stessa Corte costi
tuzionale che, sia pure non occupandosi ex professo della que stione che qui interessa ma esclusivamente al fine di ribadire
la tassatività delle cause interruttive della prescrizione, nella mo
tivazione della sentenza n. 155 del 1973 (id., 1974, I, 29) fa cenno della sola emissione del provvedimento, trascurando ogni richiamo alla necessità della sua notificazione, perché si esterio
rizzi «il convincimento del magistrato che si debba procedere». 8. - D'altra parte, non può non evidenziarsi la fragilità della
argomentazione addotta dai sostenitori della tesi opposta, in
quanto pur sempre alla emanazione dell'atto, e per quello che
qui interessa del decreto di citazione al giudizio dibattimentale,
segue necessariamente la sua comunicazione all'interessato, che
quindi prenderà conoscenza dello stesso, venedo cosi, in piena conformità al disposto del 3° comma dell'art. 6 della conven
zione europea, «informato, nel più breve tempo possibile, . . .
dell'accusa elevata a suo carico».
Si aggiunga infine che, tra gli atti «fondamentali», ritenuti
idonei alla interruzione della prescrizione, l'art. 160 c.p., nella
sua vigente formulazione, annovera un atto che, almeno di per
sé, è sicuramente non recettizio, quale la richiesta di rinvio al
giudizio dibattimentale, e altro al quale è estraneo un qualsiasi avvertimento di inizio della azione penale, e cioè il decreto di
fissazione dell'udienza per la decisione sulla richiesta di archi
viazione, derivandone che appare arduo collegare la disciplina
sulla interruzione del termine prescrizionale al principio posto
dall'art. 6 della convenzione europea, dovendo invece conclu
dersi che, pur sempre nel rispetto di questo, non essendo con
sentito superare il termine massimo posto per la estinzione dei
reati a seconda della loro gravità, la manifestazione della vo
lontà statuale di persecuzione del presunto responsabile dell'il
lecito, che avvenga attraverso uno dei provvedimenti indicati
dal legislatore, vale a far nuovamente decorrere il periodo di
tempo utile per la pronuncia giurisdizionale sulla responsabilità
dell'imputato. 9. - In accoglimento dei ricorsi, va disposto che, previo an
nullamento senza rinvio delle sentenze impugnate, il giudice del
merito proceda al dibattimento a carico degli imputati per il
reato loro contestato con i decreti di citazione a giudizio.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II penale; sentenza 10 feb
braio 1994; Pres. Adami, Est. Sirena, P.M. (conci, diff.);
ric. Avolio. Annulla senza rinvio Pret. Roma 20 luglio 1993.
Pena (applicazione su richiesta) — Confisca — Limiti — Fatti
specie (Cod. pen., art. 240, 708; cod. proc. pen., art. 445).
Con la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle
parti la misura di sicurezza patrimoniale della confisca può essere ordinata solo nei casi previsti dall'art. 240, 2° comma,
c.p. o in quelli ai quali il legislatore abbia esteso la disciplina dettata sul punto (in via di eccezione) dall'art. 445 c.p.p.;
ne consegue che non può essere disposta la confisca del dena
ro sequestrato a persona resasi responsabile della contravven
zione di possesso ingiustificato di valori in quanto tale dena
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