sentenza 12 gennaio 1979, n. 2; Pres. Caianiello, Est. Borioni; Colussi (Avv. Zaganelli) c.Questore di Perugia (Avv. dello Stato Massella Ducci Teni)Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1980),pp. 377/378-379/380Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171217 .
Accessed: 28/06/2014 17:06
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 46.243.173.88 on Sat, 28 Jun 2014 17:06:47 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
di utilizzare dette aree ancora disponibili « esclusivamente o qua si per incrementare il parco servizi ».
Il vincolo in parola dunque non è fine a se stesso, ma prodro ■nico ad una diversa utilizzazione dell'area con la sola esclusione
di quella edilizia, residenziale, tanto che, con la adottata variante, il comune ha destinato la zona ad « attrezzature e servizi sociali »
che non precludono affatto l'edificazione: la precludono solo
a fini abitativi.
Che poi l'area, con la variante in questione, sia stata desti
nata ad attrezzature e servizi sociali non osta con la utilizza
zione a parcheggio in quanto, in mancanza di esplicita preclu sione o di adozione di provvedimenti attuativi concreti, nulla
impedisce che in tali attrezzature e servizi possono ricompren dersi i parcheggi per autovetture a favore della generalità.
Per tali ragioni devono essere accolti anche il secondo e il
terzo motivo del ricorso, mentre restano assorbite le residue
censure.
Per tutte le considerazioni esposte il ricorso proposto dalle
signore W. Bartolini Bompani (nella qualifica) e A. Martens Me
roHe deve essere accolto e, per l'effetto, va annullata l'ordinan
za del sindaco di Firenze 13 febbraio 1978, n. 77.
Per questi motivi, ecc.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'UM
BRIA; sentenza 12 gennaio 1979, n. 2; Pres. Caianiello, Est. TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'UM
BRIA; sentenza 12 gennaio 1979, n. 2; Pres. Caianiello, Est.
Borioni; Colussi (Avv. Zaganelli) c. Questore di Perugia
(Avv. dello Stato Massella Ducei Teni).
Passaporto — Imputato — Rilascio in base a nullaosta dell'au
torità giudiziaria — Sentenza di condanna appellata — Riti
ro — Illegittimità (Legge 21 novembre 1967 n. 1185, norme
sui passaporti, art. 3, 12).
È illegittimmo il provvedimentho con il quale il questore ritira il
passaporto rilasciato ad imputato, in base a nullaosta dell'auto
rità giudiziaria davanti alla quale pende il relativo procedimento
penale, perché questo si è concluso con sentenza di condanna, se la sentenza stessa non ha adottato disposizioni relativamente
al concesso nullaosta, e sia stata appellata. (1)
Il Tribunale, ecc. — Oggetto del presente ricorso è il provve dimento del 6 giugno 1977, con il quale il questore di Perugia ha disposto il ritiro del passaporto rilasciato al ricorrente in
data 9 febbraio 1975, sulla base del nullaosta del giudice istrut
tore presso il Tribunale di Napoli. Il provvedimento impugnato è stato adottato nell'esplicito pre
supposto che il nullaosta anzidetto ha esaurito la propria effi
cacia in seguito alla sentenza di condanna pronunziata a carico
del ricorrente dal Tribunale di Napoli, il 16 maggio 1977.
Con l'unico motivo di gravame il ricorrente muove, sotto di
versi profili, una sola sostanziale censura volta ad affermare che
il nullaosta dell'autorità giudiziaria resta salvo ed operante fino
ad esplicita revoca, ovvero fino alla conclusione del procedi mento penale con sentenza definitiva.
Per una esatta impostazione della questione giova premettere che la materia in esame trova la propria disciplina nell'art. 3, lett. c), e nell'art. 12 legge 21 novembre 1967 n. 1185.
La prima norma stabilisce che il passaporto non può essere
rilasciato a « coloro contro i quali esista mandato o ordine di cat
tura o di arresto, ovvero nei cui confronti penda procedimento
penale per un reato per il quale la legge consente l'emissione
(1) Dopo l'entrata in vigore della legge 21 novembre 1967 n. 1185, v., per riferimenti, T.A.R. Lazio, Sez. I, 10 marzo 1976, n. 147, Foro it., 1976, III, 268, con nota di Montanari, che ha affermato la
illegittimità dell'applicazione dell'annotazione « non valida per l'espa trio », sulla tessera ferroviaria al cui titolare sia stata inviata una co municazione giudiziaria.
Per altri riferimenti, v. Trib. Bologna 4 dicembre 1973, id., Rep. 1974, voce Passaporto, n. 2 (annotata da Illuminati, in Giust. veri., 1974, III, 374), sui rapporti tra nullaosta dell'autorità giudiziaria e
provvedimenti dell'amministrazione, con le affermazioni, tra l'altro, che il nullaosta si rivolge all'amministrazione, e solo indirettamente al
privato, e che ogni questione sulla legittimità o la necessità delle con dizioni alle quali viene subordinata l'autorizzazione all'espatrio può essere sollevata solo in sede di impugnazione del provvedimento del
l'amministrazione, la quale a sua volta deve consistere nel ricorso
agli organi di giustizia amministrativa. In dottrina. Pisani, Ritiro del passaporto e processo penale, in
Foro it., 1975, V, 22, e, sugli aspetti costituzionali del diritto del
passaporto come misura cautelare nel processo penale. Illuminati, in Giur. costit., 1975, 1166.
del mandato di cattura, salvo il nullaosta dell'autorità giudiziaria
competente»; la seconda dispone che «il passaporto è ritirato, a cura delle autorità indicate dall'art. 5, quando sopravvengono circostanze che, ai sensi della presente legge ne avrebbero le
gittimato il diniego ».
Ciò posto, in mancanza di una specifica previsione normativa, il problema della efficacia nel tempo del nullaosta dell'autorità
giudiziaria va affrontato con l'ausilio dei criteri desumibili dalla
finalità della norma ed in coerenza con i principi acquisiti nel
vigente ordinamento.
Orbene, indipendentemente dalla classificazione formale del
nullaosta nel quadro degli atti espressivi di pubbliche potestà incidenti sul diritto di espatrio, è agevole ricavare dalla norma
citata l'indicazione di sicure analogie, sul piano contenutistico
e funzionale, tra l'atto in questione e le misure processuali cau
telari.
Inducono a tale convinzione sia la formulazione letterale della
norma, dove il nullaosta si configura come titolo di legittima zione, necessario e sufficiente, per derogare il divieto di rilascio
del passaporto posto come evidente corollario delle misure di
custodia preventiva, sia la circostanza che la valutazione di
merito è demandata in via esclusiva alla competenza di quella stessa autorità giudiziaria che è chiamata istituzionalmente ad
apprezzare le esigenze di cautela processuale e ad adottare con
seguentemente provvedimenti preventivi restrittivi (misure di cu
stodia) o reintegrativi (revoca delle misure di custodia, libertà
provvisoria) della libertà personale dell'interessato.
Da tali elementi è dato agevolmente desumere che il nullaosta
al rilascio del passaporto trova il suo presupposto logico-giuridico nella valutazione del pericolo che l'interessato si sottragga al
processo e alla eventuale sentenza di condanna, ed assolve cosi, al pari delle misure cautelari di custodia preventiva, una fun
zione non già autonoma e definitiva, ma strumentale rispetto allo
svolgimento del processo e alla esecuzione del giudicato penale. La rilevata convergenza nel nullaosta dell'autorità giudiziaria di
molteplici e specificativi tratti omogenei con quelli propri degli istituti processuali cautelari implica, per evidenti ragioni di coe
renza legislativa, che il regime dell'efficacia temporale dell'atto
non possa essere diverso da quello delle misure preventive adot
tate dalla stessa autorità ed incidenti, al pari del passaporto, e
in forma spesso più penetrante, sulla libertà personale.
Per tale ragione deve ritenersi che il nullaosta all'espatrio, ac
cordato dal giudice penale in qualunque fase o stato del proce dimento, conservi la sua efficacia fino a quando la sentenza di
condanna non sia divenuta irrevocabile, salva espressa revoca di
sposta dall'autorità giurisdizionale competente. D'altronde, la stessa conclusione trova conferma anche attra
verso una diversa prospettazione del problema. Può, infatti, osservarsi che il ritenere, come assume l'ammini
strazione, la sentenza di condanna idonea di per sé a comportare la caducazione del nullaosta equivale alternativamente o a ipo tizzare una situazione legittimante il ritiro del passaporto al di fuori di quelle specificamente fissate dall'art. 12 della citata legge n. 1185 del 1967 (che presuppone, come dianzi precisato, la so
pravvenienza di circostanze che avrebbero impedito il rilascio del
passaporto, e la semplice sentenza di condanna non figura tra
queste: cfr. art. 3 legge n. 1185 del 1967) o ad ammettere un'an
ticipata esecuzione, sia pure limitatamente agli effetti anzidetti, della sentenza non ancora definitiva.
La prima alternativa è palesemente inaccettabile, tanto più che la disciplina dettata dall'art. 12 legge n. 1185 del 1967 per il ritiro del passaporto e quella, ivi richiamata, per il rilascio del passaporto, apportando una deroga al principio della libertà di espatrio, sancito dall'art. 13 Cost., va considerata di stretta
interpretazione.
Egualmente inaccettabile è la seconda alternativa che, oltre ad essere estranea alla disciplina della materia, si pone in aperto contrasto con il principio discendente dalla posizione costitu
zionale di non colpevolezza fino alla condanna definitiva (art. 27 Cost.).
Né contrasta con la conclusione cui si è pervenuti l'osserva
zione formulata dall'amministrazione nelle memorie difensive, per cui l'attività esplicata dal magistrato ai sensi dell'art. 3, lett. c),
legge n. 1185 del 1967 è ben diversa dall'attività del giudice che
decide con ordinanza in materia di libertà personale degli in
dividui.
La tesi qui accolta, infatti, lungi dal porre in discussione gli evidenti caratteri differenziali esistenti, sotto il profilo strutturale, tra il nullaosta rilasciato dall'autorità giudiziaria, quale interve
niente ex lege nel procedimento di rilascio del passaporto, e i
provvedimenti incidenti sulla libertà personale formalmente ri
conducibili ai suoi poteri decisionali, si limita ad affermare, sulla
This content downloaded from 46.243.173.88 on Sat, 28 Jun 2014 17:06:47 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE TERZA
base di un procedimento analogico ampiamente giustificato dai
numerosi ed incisivi elementi assimilati sopra indicati, una uni
formità di regime dell'efficacia delle misure cautelari e dell'effi
cacia del nullaosta rispetto allo svolgersi del processo penale. D'altra parte, se è vero che il particolare modulo procedimen
tale previsto dall'art. 3, lett. c), più volte citato, mantiene in ogni caso la titolarità del provvedimento di rilascio o di ritiro del
passaporto all'autorità amministrativa, è pur vero che il nullaosta
dell'autorità giudiziaria assume chiaramente, per quanto riguarda le implicanze tra il procedimento penale e l'eventuale espatrio
dell'inquisito, un ruolo formalmente permissivo, ma sostanzial
mente dispositivo, attesa la sua vincolante influenza sul provve dimento conclusivo.
Neppure ha consistenza l'altro rilievo dell'amministrazione, per cui dalla soluzione qui accolta deriverebbe l'inaccettabile conse
guenza che, una volta rilasciato dall'autorità giudiziaria il nulla
osta, il passaporto non sarebbe più revocabile né dalla stessa
autorità giudiziaria, cui la legge non attribuisce il relativo po
tere, né dall'autorità amministrativa, cui sarebbe interdetto un
qualsiasi riesame.
Anzitutto, la rilevata affinità con le misure cautelari induce a
ritenere, in mancanza di dati testuali che depongono per il con
trario, certamente ammissibile e addirittura necessaria la perma nenza in capo all'autorità giudiziaria di idonei poteri di tutela
delle esigenze di cautela processuale, dalla cui mutevolezza può
emergere l'opportunità di impedire all'interessato l'esercizio, pri ma consentito, del diritto di espatrio.
In altri termini, dalla particolare configurazione del nullaosta
non può non scaturire la naturale conseguenza che esso possa essere revocato dall'autorità giudiziaria di propria iniziativa, con
l'ulteriore conseguenza che l'autorità amministrativa è poi tenuta
a ritirare il passaporto a norma dell'art. 12 legge n. 1185 del
1967, essendosi venuta a determinare una situazione impeditiva del rilascio del passaporto (pendenza di un procedimento penale
per un reato per il quale è consentita l'emissione del mandato
di cattura, in assenza del nullaosta dell'autorità giudiziaria com
petente; ex art. 3, lett. c, legge n. 1185 citata). In secondo luogo, nulla si oppone a che l'autorità amministra
tiva emanante il provvedimento di rilascio del passaporto eserciti
il proprio ius poenitendi, beninteso nel rispetto dei principi che
delimitano sul piano generale la potestà di revoca dei provvedi menti amministrativi.
Cosi quando il riesame sia fondato su una delle circostanze
ricomprese nella esclusiva sfera di accertamento della pubblica
amministrazione, è fuor di dubbio che questa mantenga pieni
poteri di ritiro del passaporto, anche nell'ipotesi in cui il rilascio
sia stato preceduto dal nullaosta dell'autorità giudiziaria. Quando, invece, si tratti di circostanze legate allo svolgimento
del procedimento demandate in quanto tali alla esclusiva valu
tazione dell'autorità giudiziaria, deve escludersi che la pubblica amministrazione abbia autonomi poteri di revoca dati i perdu ranti effetti vincolativi del nullaosta all'espatrio rilasciato dall'au
torità giudiziaria. Nulla impedisce, tuttora, che in tale situazione l'autorità am
ministrativa, in quanto centro formale di riferimento del provve dimento in questione, solleciti l'autorità giudiziaria a revocare il
nullaosta all'espatrio, sottoponendo al suo esame le circostanze
che giustificherebbero una simile misura.
Per tutte le considerazioni che precedono, atteso che — come non è contestato — la sentenza di condanna pronunziata a
carico del ricorrente dal Tribunale di Napoli in data 16 maggio 1977 ed impugnata presso la competente corte d'appello non reca alcuna disposizione in ordine al nullaosta all'espatrio rilasciato
precedentemente dal giudice istruttore competente, deve ritenersi
che tale atto abbia conservato la propria validità ed efficacia pur
dopo la richiamata pronunzia giurisdizionale. L'unico motivo di gravame è pertanto fondato, comportando
l'accoglimento del ricorso e l'annullamento del provvedimento impugnato.
Per questi motivi, ecc.
Rivista di giurisprudenza amministrativa Istruzione pubblica — Concorso riservato a posti di preside
negli istituti medi superiori — Requisiti di ammissione — Que stione non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 97; d. pres. 31 maggio 1974 n. 417, norme sullo stato
giuridico del personale docente, direttivo ed ispettivo della
scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Sta
to, art. 133).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esa
me alla Corte costituzionale) la questione di costituzionalità
dell'art. 133, 1° comma, d. pres. 31 maggio 1974 n. 417, nella
parte in cui prevede che il concorso a posti di preside negli istituti medi superiori è riservato al personale insegnante di
ruolo, incaricato da almeno due anni della presidenza dei cor
rispondenti tipi di istituto, dando luogo tale ultimo inciso (in
caricato, ecc.) ad ingiustificate discriminazioni a danno di talu
ne categorie di concorrenti, qualunque sia l'interpretazione di
esso che si intenda scegliere, in riferimento agli art. 3, 1° com
ma, 97, 1° comma, Cost. (1)
Consiglio di Stato; Sezione VI; ordinanza 27 luglio 1979
(Gazz. uff. 9 aprile 1980, n. 98); Pres. Anelli; Vairo c. Min.
pubblica istruzione ed altro.
(1) La decisione ha invece ritenuto manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 133, 1° comma, d. pres. 417/1974, sotto il profilo dell'eccesso di delega, in relazione all'art. 4, n. 5, legge 30 luglio 1973 n. 477.
Si rileva che « accogliendo la prima interpretazione, secondo la
quale possono essere ammessi al concorso soltanto i titolari di incari chi di presidenza per il biennio continuativo 1972-73 e 1973-74 (bien nio agganciato alla data di entrata in vigore della legge), si discri
mina, senza alcuna plausibile ragione, a danno dei titolari di incarichi di presidenza per bienni diversi, continuativi o meno, compresi nel
quadriennio 1972-73 a 1975-76, che è quello che interessa l'operatività del concorso riservato, di cui si contende.
Accogliendo la seconda interpretazione, secondo la quale possono essere ammessi al concorso soltanto i titolari di incarichi di presidenza nel biennio 1974-75 e 1975-76 (biennio continuativo agganciato alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda di par tecipazione al concorso) si discrimina, ancora senza plausibile ragio ne, a danno dei titolari di incarichi di presidenza per i diversi bienni, continuativi, o meno, compresi nel citato quadriennio 1972-73 e 1975-76.
Accogliendo infine la terza interpretazione, secondo la quale sono ammissibili al concorso, soltanto i titolari di incarichi di presidenza per qualunque biennio continuativo compreso nel quadriennio 1972 73 a 1975-76, si discrimina, sempre senza alcuna plausibile ragione, a danno dei titolari di incarichi di presidenza per bienni non continua
tivi, compresi nello stesso quadriennio. Si pensi in particolare al caso del ricorrente, incaricato della presidenza negli anni scolastici 1972-73 e 1974-75, che si vede escluso dal concorso a differenza del collega incaricato negli anni scolastici 1972-73 e 1973-74, la cui esperienza, risalendo ad epoca anteriore, non sembra possa presumersi più ricca ed attuale della sua ».
Per l'illegittimità del comportamento del ministero della pubblica istruzione che, nell'indire il concorso a preside previsto dall'art. 133 d. pres. 417/1974, ammette a parteciparvi solo i docenti già incaricati della presidenza di un istituto di tipo corrispondente a quello messo a concorso negli anni scolastici 1972-73 e 1973-74, anziché tutti i do centi che nel periodo intercorso tra l'anno scolastico 1972-73 e quello in cui è stato indetto il concorso abbiano effettivamente ricoperto l'in carico per un biennio, v. T.A.R. Lazio, Sez. Ili, 5 giugno 1978, n.
472, Foro it., Rep. 1978, voce Istruzione pubblica, n. 153.
Giustizia amministrativa — Appello — Ricorrente vittorioso in
primo grado — Proposizione di motivi aggiunti — Ammissi
bilità (Legge 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribu
nali amministrativi regionali, art. 28).
È ammissibile, da parte dell'appellato ricorrente vittorioso
in primo grado, la proposizione contro il provvedimento im
pugnato di motivi aggiunti che si basino su nuove acquisizioni e che perciò non potevano essere dedotti anteriormente (la mo
tivazione ha anche precisato che in tal caso il Consiglio di
Stato trattiene il giudizio per la sua definizione, senza rinviarlo
al giudice di primo grado). (1)
Consiglio di Stato; Sezione VI; decisione 13 luglio 1979, n.
518; Pres. Daniele, Est. Virgilio; C.i.p.e. e altro (Avv. dello
Stato Imponente) c. Soc. Petrolifera italiana (Avv. Predieri, Gua
rino). Conferma T.A.R. Lazio, Sez. Ili, 14 aprile 1975, n. 155.
(1) Nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. V, 17 giugno 1977, n. 612, Foro it., Rep. 1977, voce Giustizia amministrativa, n. 1165, che però nella specie ha dichiarato inammissibile il motivo aggiunto, per man
canza dei requisiti specifici di proponibilità di esso: il documento sul
quale si basava, era venuto in possesso del ricorrente al di fuori del
processo e in via privata. Inoltre, Sez. IV 13 novembre 1979, n. 1052, Cons. Stato, 1979, I, 1608, ha ammesso la deduzione di un motivo ag
giunto in appello, basato su una legge sopravvenuta con effetto re
troattivo (sembra, peraltro, che nella fattispecie il richiamo di tale
legge fosse solo una specificazione di un motivo già dedotto). La pro
ponibilità di motivi aggiunti in grado di appello sembra ammessa per
This content downloaded from 46.243.173.88 on Sat, 28 Jun 2014 17:06:47 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions