VACANZE IN MOZAMBICOSpiagge incontaminate, terra di boa gente
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3 EDITORIALE: PARCO DELLA PACE di Nunzio De Nigris
4 UTOPICO. POSSIBILE? di Nunzio De Nigris
5 PERCORSI DI DEMOCRAZIA E DI SVILUPPO di Alessandro Cavaglià
8 GET GREAT EGRET TOUR ESTATE 2013 di Laura Giampaolo
11 VIVA LA MULHER MOÇAMBICANA! di Kurz
13 ANGOLA, MOZAMBICO STRASCICHI COLONIALI di Alessandro Cavaglià
15 COMIDA SECURA NA RUA di Stefano Bauducco
17 RINCARA L’AUTOSTRADA MAPUTO-S. AFRICA di Nunzio De Nigris
18 LE RICETTE DI ARMINDA di Arminda
19 MOZ... di Stefano Bauducco
21 IL TRENTINO IN MOZAMBICO di Barbara Zamboni
25 ERESIE AFRICANE AL FESTIVAL DELL’ECONOMIA di Fabio Pipinato
27 ASPETTANDO L’AEREO A MAPUTO... di Stefano Bauducco
30 LAVANDERIA INDUSTRIALE A MACHAVA di Nunzio De Nigris
P O E L E L A M A G A Z I N E
Foto di Nunzio De Nigris
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EDITORIALE: PARCO DELLA PACEdi Nunzio De Nigris
Stando a quanto rivela Live Science, sembrerebbe che i bracconieri abbiano ucciso tutti gli esemplari che vivevano nel Parco nazionale del Limpopo, una grande riserva naturale del Mozambico.Gli amministratori del parco hanno annunciato l'estinzione dei rinoceronti, avvenuta per colpa del commercio illegale dei corni, molto richiesti dai mercati cinesi e vietnamiti.Il problema più grande è che alcuni dei lavoratori del parco sono coinvolti nel bracconaggio, che sfrutta la corruzione come chiavistello per introdursi nei parchi e sterminare animali.E' in corso una polemica fra gli ecologisti a proposito della popolazione di pachidermi nel Kruger National Park in Sud Africa. "Sono troppi" e distruggono l'ambiente secondo l'ex direttore del parco Salomon Joubert. "Non sono troppi" e l'ambiente è in buona salute secondo l'ecologista Sam Ferreira. Nel 1994 si contavano c i rca 8000 esemplar i che aumentavano al ritmo del 6.5% all'anno, di quel passo sarebbero divenuti 24.500 entro il 2012. Invece il censimento dell'anno scorso ne ha contati 16.700, segno che la natalità è diminuita grazie a meccanismi naturali di controllo. Tutto il contrario di quanto avviene nel confinante Mozambico, dove gli elefanti e i rinoceronti stanno scomparendo a ritmi spaventosi. Nel 2011 una ricognizione nell’aerea della Riserva del Niassa ha contato 2667 carcasse di elefanti uccisi dai bracconieri per prelevarne le zanne da vendere ai mercati Orientali. Quando non ci saranno più elefant i e r inoceront i nel Mozambico, molto presto purtroppo, il timore è che la pressione dei bracconieri aumenterà nel Kruger. Recentemente il governo sudafricano ha deciso di impiegare nel pattugliamento anche le forze armate per un maggiore controllo.
Sempre più urgente è la necessità di accelerare il progetto di parco Trasfrontaliero (Parco della Pace) tra Kruger N.P. in Sud Africa, Limpopo N.P. in Mozambico e Gonarezhou N.P. in Zimbabwe. E’ fondamentale creare una cultura eco-sostenibile che promuova un turismo consapevole e responsabile a sostegno dello sviluppo delle economie dei paesi interessati al progetto.
Solo l’unione e l’azione coesa tra i paesi africani permet teranno la conservaz ione e la salvaguardia dell’intero patrimonio ecologico di questo continente così meraviglioso.
Hanno collaborato:
Alessandro Cavaglià, Amerigo Mavale, Arminda, Barbara Zamboni, Fabio Pipinato, Gianpaolo Rama, Isacco Rama, Kurz,
Laura Giampaolo, Nunzio De Nigris, Sefano Bauducco
Lagoa Poelela Magazine nasce dal desiderio di creare un ponte virtuale che colleghi il Mozambico all’Italia attraverso racconti, esperienze, notizie, curiosità.
Ringraziamo gli amici che hanno collaborato alla realizzazione di questo numero. Ti invitiamo a condividere questo spazio con noi attraverso aneddoti, idee, riflessioni, fotografie o quanto vorrai inviarci ai nostri contatti
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Per collaborare con POELELAMAGAZINE
Foto di Nunzio De Nigris
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[...] Questi fermenti pratici di utopia non sono fantasia, non sono in “nessun luogo”, ma sono tra noi. Ci sfidano a rimettere in discussione il primato del nostro benessere personale e immediato, restituendo così alla democrazia una risorsa che le è propria: la discussione pubblica sui fini e sugli orizzonti della nostra coesistenza. La terza edizione di Biennale Democrazia dedicherà una sezione speciale del suo programma all’Africa, “luogo simbolico” di una riflessione sullo sviluppo possibile. Insieme ai protagonisti della sua storia recente vogliamo comprendere i processi che hanno condotto il continente africano a trovare la strada della crescita economica, della democrazia e del pluralismo. Nel “risveglio
dell’Africa” troveremo patrimoni ideali cui attingere per la nostra riflessione.
di Gustavo Zagrebelsky Presidente Biennale Democrazia
A Torino si è tenuta la terza edizione della Biennale Democratica dal 10 al 14 aprile 2013
http://biennaledemocrazia.it/
Tra gli interessanti appuntamenti spicca quello di giovedì 11 aprile ore 18.00 Teatro Carignano:
L’AFRICA DEL FUTURO, TRA DEMOCRAZIA E SVILUPPO
UTOPICO. POSSIBILE?di Nunzio De Nigris
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013 Partecipano: Bienvenu Okiemy,
Romano Prodi, Paolo Scaroni, Alberto Vaquina, Manuel Vicente
Coordina Pietro Veronese
L’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, capo del la Commissione Onu per l’Africa, ha incontrato il primo ministro d e l M o z a m b i c o , i l v i c e presidente del l ’Angola e i l portavoce del Governo del Congo
G r a z i e a i p r o c e s s i d i d e m o c r a t i z z a z i o n e , a l l a progress iva d i f fus ione de l pluralismo e a una costante crescita economica – con un tasso medio di aumento del PIL intorno al 6% – l’Africa è destinata a diventare uno dei protagonist i del mondo di domani. Dalle autorevoli voci della sua storia recente le esperienze di un continente che combatte e vince le sue sfide e si trasforma così in soggetto attivo nel processo di evoluzione attualmente in corso.
Il programma completo http://b i e n n a l e d e m o c r a z i a . i t /opuscolo.pdf
Africa: Zagrebelsky, i percorsi della democrazia e dello sviluppodi Alessandro Cavaglià
La terza edizione di Biennale Democrazia di Torino ha dedicato una sezione speciale del suo programma all’Africa
“Luogo simbolico - afferma il presidente della manifestazione, Gustavo Zagrebelsky - di una riflessione sullo sviluppo possibile. Insieme ai protagonisti della sua storia recente - dice ancora il presidente emerito della Corte costituzionale - vogliamo comprendere i processi che hanno condotto il Continente africano a trovare la strada della crescita economica, della democrazia e del pluralismo. Nel risveglio dell’Africa troveremo patrimoni ideali cui attingere per la nostra riflessione”.Nel capoluogo piemontese per il confronto di giovedì sera su “L’Africa del futuro, tra democrazia e sviluppo” ci saranno il vice-presidente dell’Angola, Manuel Vicente; il premier del Mozambico, Alberto Vaquina; e il ministro delle Comunicazioni della Repubblica del Congo, Bienvenu Okiemy.
DEMOCRAZIA E PARTECIPAZIONE - E’ esplicito il ministro degli Esteri di Luanda, Georges Chikoti, nell’evidenziare il rilievo della presenza di Vicente a Torino e il riconoscimento che la democrazia in Angola è una realtà: “Abbiamo un Parlamento democratico e tutti i segnali che vengono dal coinvolgimento e dalla partecipazione della società civile e dei partiti politici agli eventi fondamentali della nostra nazione sono indicatori precisi di maturità democratica, che ci hanno guadagnato il riconoscimento della comunità internazionale”.Significativo riconoscimento per chi in Italia ha sempre sostenuto le lotte dei popoli dell’Africa australe è l’appuntamento che il primo
Foto di Nunzio De Nigris
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ministro Vaquina avrà a Reggio Emilia, città che ha un rapporto storico con il Mozambico e il Frelimo, grazie all’opera di un grande militante internazionalista, Giuseppe Soncini.
TEATRO VALLI - Una relazione peculiare di solidarietà e di cooperazione, prima nei riguardi di un popolo in lotta per l’indipendenza, poi diventata collaborazione e impegno solidaristico per un popolo deciso a uscire dalla guerra civile e dalla povertà.
Nel 1973 la lotta per l’indipendenza e contro il colonialismo di tutti i popoli dell’Africa australe trova in Reggio Emilia un punto di riferimento in Italia e in Europa. Si tenne al teatro Valli, dove Vaquina abbraccerà due donne simbolo Bruna
Soncini, vedova di Giuseppe, e Olga Fornaciari, la prima Conferenza di solidarietà a cui furono presenti Samora Machel, Armando Guebuza e Josè Oscar Monteiro.Giuseppe Soncini (1926-1991) iscritto al Pci fin dal 1944, fu responsabile del Comitato di fabbrica delle Officine Meccaniche Reggiane negli anni ’50 e poi presidente dell’Arcispedale Santa Maria Nuova, dove organizzò i primi interventi di assistenza sanitaria con i popoli africani e quindi assessore del Comune di Reggio Emilia, avviando numerosi progetti di sensibilizzazione, cooperazione decentrata e relazioni internazionali per l’affermazione dei diritti di autodeterminazione dei popoli.
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Foto di Nunzio De Nigris Foto di Nunzio De Nigris
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SUCCESSO DOPO GLI ATTACCHI - Dante Bigliardi,partigiano, dirigente sindacale e della sinistra reggiana, scomparso all’inizio del 2010, parlava così del compagno di lotta: “lo ricordo in Sicilia ad allestire il primo Festival meridionale de L’Unità e poi a festeggiare con Palmiro Togliatti la vittoria contro la ‘legge truffa’. Quando divenne assessore, nella giunta del sindaco Benassi, fu soprattutto fiero del lavoro a favore dei popoli dell’Africa e della grande battaglia per la liberazione dal colonialismo, in particolare nel Mozambico. I violenti attacchi che subì non riuscirono ad indebolire il suo lavoro e, alla fine, ottenne il giusto riconoscimento quando una delegazione composta da alte autorità di vari stati africani venne a Reggio per rendergli omaggio”.
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Ascolta il testo integrale dell’intervento
di Romano Prodi, capo della
Commissione Onu per l’Africa
Per ascolta il testo integrale dell’intero
intervento del Primo Ministro del
Mozambico Alberto Vaquina
Per ascolta il testo integrale dell’intero
intervento del Presidente dell’ENI Giuseppe
Recchi
Foto di Nunzio De Nigris
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Trecentocinquanta chilometri a nord di Maputo, vicino alla città di Inhambane, tra distese piantagioni di palme da cocco, si incontra il Lagoa Poelela Resor t 4 s te l le . Questo nuovo complesso turistico sorge sulle rive orientali del Lago Poelela, da cui prende il nome, a soli 10 minuti dall’Oceano Indiano. Offre sistemazioni in chalet sulla spiaggia da 2 e 4 posti letto con bagno privato in ogni camera, acqua calda e corrente elettrica. Ogni letto è dotato di zanzariera. Gli chalets, costruiti con materiali indigeni, nel rispetto della natura c i rcostante, sono spaz ios i e confortevoli. Tutte le camere hanno arredi e finiture di pregio, le decorazioni tipicamente africane evocano i colori caldi del la terra a complemento dell’idilliaco scenario della spiaggia bianca e delle acque turchesi del lago.Ampie vetrate scorrevoli danno accesso ad un grazioso terrazzino prospiciente la laguna. Gli chalet quattro posti sono composti da s o g g i o r n o l i v i n g e c u c i n a accesso r i a t a con f r i go r i f e ro , congelatore a gas, cucina e forno a gas, stoviglie e acqua potabile. Le camere da letto sono due, una matr imonia le e l ’a l t ra doppia, entrambe con bagno privato. Gli chalet due posti sono composti da una spaziosa camera matrimoniale e un bagno. Sulla spiaggia davanti ad ogni unità c’è un’area attrezzata per il fuoco ed il barbecue. Il lago Poelela offre diverse attività acquatiche: nuoto, pesca con la lenza, kayaking birdwatching o romantiche crociere al tramonto. La grande varietà di farfalle e uccelli rende questo luogo un paradiso per gli amanti del birdwatching. Poiché buona parte del Mozambico è ancora territorio non mappato, potreste essere scopritori di una specie non ancora registrata! Non è raro c o n t e m p l a r e i l t r a m o n t o i n compagnia della Ghiandaia dal petto lilla e del Martin Pescatore.
1 giorno Maputo
Arrivo all’Aeroporto Internazionale di Maputo e trasferimento in hotel. Se la
stanchezza del viaggio lo permette, breve tour della città; d’obbligo una sosta per la cena in uno dei
caratteristici ristoranti dell’Avenida Marginal per gustare ottimi piatti di
pesce della tradizione mozambicana: Garoupa, Amejoas, Camarao e Lulas grelhado
Pernottamento a Maputo presso Guest House o in altro hotel di pari
categoria.
2 giorno Maputo
Una giornata speciale immersi nell’autentica cultura locale. Con il
supporto dell’associazione Muteko cominciamo la giornata con i l laboratorio di batik in cui apprendere
l’antica tecnica per disegnare e colorare i tessuti, con un po’ di
fantasia e manualità realizziamo noi stessi un originale batik da riportare in Italia come souvenir. E’ l’ora del
pranzo! Accompagnati da una guida locale ci rechiamo al mercato del
barrio dove acquistare ciò che serve per un pasto tradizionale che lo staff di Muteko preparerà per noi. Dopo
pranzo ed una breve visita all’atelier dei batik, saremo ospiti di una
famiglia mozambicana che apre le porte di casa per raccontarci la propria storia sorseggiando un
refresco in un’atmosfera conviviale. Pernottamento a Maputo presso
Guest House o in altro hotel di pari categoria.
3 giorno Maputo
Una giornata camminiamo per le
esotiche Avenide della capitale tra i palazzi coloniali ed i vivaci mercati,
attraversiamo piazze estese e chiese solenni. Praça de Independencia con il Conselho Municipal (Municipio) e la
Catedral de Nossa Senhora da Conceiçao, la “Fortaleza” l’antico
f o r t e con l ’ an ima to me rca to artigianale del sabato, il Centro Cultural Franco-Moçambicano,
centro nevralgico dell’arte e della cultura cittadina, l’imponente Casa
de Ferro, la stazione ferroviaria progettata da Eiffel come residenza del governatore. Pernottamento a
Maputo presso Guest House o in altro hotel di pari categoria.
4 giorno Lagoa Poelela
Tappa di trasferimento in auto 400
km, durata prevista del viaggio 6/7 ore circa comprese le soste. Ci si
al lontana dal l’eccitazione del la caotica capitale per raggiungere il Lagoa Poelela, durante il percorso
incontriamo piccole città e villaggi dai colorati mercati, caratteristico quello
di Macia. Suggestivi paesaggi ci regalano panorami mozzafiato come
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GET - Great Egret Tour Estate 2013di Laura Giampaolo
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que l lo d i Qu iss ico . La ca lda a c c o g l i e n z a d e l p o p o l o
mozambicano ed il sorriso della gente ci danno il benvenuto in Africa e ci accompagnano per tutto il
viaggio.Cena al tramonto sulle rive del lago.
Pernottamento al Lagoa Poelela Resort
5 giorno VilankulosTappa di trasferimento, 300 km da
percorrere, durata prevista del viaggio 4 ore e mezzo circa comprese le
s o s t e . D o p o u n ’ a b b o n d a n t e colazione si parte alla volta di Vilankulos, porta d’accesso per
l ’ A r c i p e l a g o d i B a z a r u t o . Pernottamento a Vilankulos presso
Guest House o in altro hotel di pari categoria.
6 giorno VilankulosDhow Safari all’isola di Magaruque,
Arcipelago di Bazaruto. Dopo la colazione ci imbarchiamo dalla spiaggia di Vilankulos sul “dhow” la
tipica imbarcazione a vela e a motore dei pescatori locali, per raggiungere
u n a d e l l e i n c a n t e v o l i i s o l e dell’arcipelago dove ci si potrà rilassare sulle spiagge bianchissime
lambite dal mare cristallino o fare snorkeling sulla barriera corallina tra
un’infinità di pesci colorati. Con un po’ di fortuna potremmo incontrare il timido Dugongo! Pernottamento a
Vilankulos presso Guest House o in altro hotel di pari categoria.
7 giorno Tofo e BarraTappa di trasferimento, 300 km da percorrere, durata prevista del viaggio
5 ore e mezzo circa comprese le s o s t e . D o p o u n ’ a b b o n d a n t e colazione si parte per Tofo, sosta a
Morrungulo, piacevole vi l laggio immerso nelle piantagioni di palme da
cocco in una tratto d i costa particolarmente bello e suggestivo. Ci si può ristorare con una fermata alla
padar ia de l v i l lagg io dove la tradizione del pane, eredità del
colonialismo portoghese, si tramanda di generazione in generazione. Pernottamento in Guest House o in
altro hotel di pari categoria.
8 giorno Tofo e BarraOcean safari alla ricerca delle
megattere e dello squalo balena, il più grande mammifero vivente, inoffensivo per l’uomo. Una nuotata
al fianco del gigante buono degli oceani rappresenta un’esperienza
unica ed indimenticabile.Pernottamento in Guest House o in altro hotel di pari categoria.
9 giorno Lagoa PoelelaTappa di trasferimento, 120 km da percorrere. Durante il viaggio sosta
ad Inhambane, una delle città più eso t i che ed a f f a sc i nan t i de l M o z a m b i c o , a f f a c c i a t a
sull’incantevole baia. Pernottamento al Lagoa Poelela Resort.
10, 11, 12 e 13 giorno
Lagoa PoelelaLontano dal turismo e dai circuiti più
battuti, ci si immerge nella quiete del lago dove il sole africano scandisce i
ritmi lenti ed assonnati. La spiaggia finissima, il colore intenso del lago, le immense piantagioni di palme da
cocco in cui trovano rifugio centinaia di specie di uccelli, conducono
lontano dalla frenesia dei ritmi occidentali. E poi al tramonto ci si prepara per l’incredibile spettacolo
del sole che si getta nel lago.Possibilità di organizzare alcune delle
attività proposte dal Lagoa Poelela Resort: diving, ocean safari, horse riding, pesca con la lenza, kayaking,
birdwatching o romantiche crociere al
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t ramonto . Per not tament i con trattamento mezza pensione al Lagoa
Poelela Resort.
14 giorno MaputoTappa di trasferimento, 400 km da percorrere, durata prevista del viaggio
7 ore circa comprese le soste. Si lascia il lago alla volta della capitale,
durante il percorso attraversiamo piccole città e villaggi affaccendati e vivaci. I profumi, la curiosità, l’allegria,
i sorrisi, la semplicità e l’ospitalità della popolazione locale, rimangono
per sempre nel cuore del viaggiatore. P e r n o t t a m e n t o a M a p u t o presso Guest House o in altro hotel
di pari categoria..
15 giorno MaputoTrasferimento all’Aeroporto
Internazionale di Maputo per il rientro in Italia.
Contattaci:
Date di Partenza:dal 26 luglio 2013
dal 10 agosto 2013
dal 28 agosto 2013
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Il 7 aprile è la festa della donna in Mozambico.
Questa data commemora la morte di Josina
Machel, moglie del primo presidente Samora
Machel, uccisa nel 1971 durante la lotta
armata per l’indipendenza. Josina è diventata
la figura-simobolo delle donne mozambicane
chiamate a “lottare” per la vita. Oggi è un
giorno speciale, per le strade si sentono
musica e canti batuque; è bello vedere così
tante donne cantare, danzare o chiacchierare
avvolte nelle vivaci capulane dai mille colori tra
le quali spunta quella col ritratto della loro
eroina. Oggi è la loro festa e sono orgogliose
di essere mulheres, oggi possono
abbandonare le fat iche quotidiane e
dimenticare per qualche ora problemi e
sacrifici. Si sono date appuntamento nelle
varie città per marciare verso le piazze degli
eroi e deporre corone di fiori in memoria di
Josina, la loro eroina. Ogni volto racconta una
storia, nasconde una vita faticosa, rivendica
una lotta, ma dove comincia questa lotta?
Vi è un impegno sempre maggiore da parte
delle famiglie nel mandare le figlie femmine a
scuola, affinché non rimanga un privilegio
esclusivo dei maschi. L’istruzione e la
conoscenza sono strumenti necessari per
vivere la vita con dignità, per fare scelte
consapevoli, per essere indipendenti, per
realizzare i propri sogni. Le donne possono
fare progetti per il loro futuro, possono
ricoprire ruoli importanti e di responsabilità,
possono essere ministre, deputate, insegnanti
o dottoresse. La mulher è il nucleo della
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Viva a mulher moçambicana!di Kurz
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famiglia mozambicana, come in molte altre
società africane: alleva i figli, lavora nei campi,
cucina, raccoglie la legna per il fuoco e
l’acqua, percorrendo a piedi ogni giorno
decine e decine di chilometri. La sfida più
ambita è il giusto riconoscimento del lavoro
quotidiano delle donne. Lavorano senza orari,
sottopagate e spesso sfruttate, senza diritto
alle ferie né alla malattia o alla maternità. Altro
grande obiettivo è la regolamentazione dei
prezzi di mercato, attualmente vengono fissati
dai commercianti senza regole precise da
seguire, soprattutto nei villaggi più lontani
dove le vie di comunicazione, poche e spesso
inagibili, sono il pretesto per abbattere
ulteriormente i prezzi.
Unite dalla solidarietà queste donne lottano
senza armi, non vogliono uccidere nessuno
ma manifestare contro la violenza domestica,
la povertà, l’analfabetismo e la mancanza di
lavoro, certe che l’unica via di emancipazione
per i lori figli sia l’istruzione. Sfilano per le
strade sorridenti e piene di speranza mentre
cantano “viva a mulher mocambicana!”
Foto di Nunzio De Nigris
Foto di Nunzio De NigrisFoto di Nunzio De Nigris
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Alla vigilia del 39esimo anniversario della ‘Rivoluzione dei garofani’ del 25 aprile 1974 in Portogallo, che innescò la fine dell’impero coloniale portoghese, da un lato nuovi documenti sulla crudeltà della repressione della lotta indipendentista del Frelimo in Mozambico e dall’altro la condanna da parte di un tribunale di Lisbona nei confronti di Maria Eugénia Neto, vedova di Agostino, leader del Mpla e primo Presidente dell’Angola, riportano a galla le scorie di un’epoca. In Mozambico torture ed esecuzioni furono perpetrate fino agli ultimi giorni del dominio coloniale del Portogallo. La tragica realtà della prigione di Machava, alla periferia di Maputo, allora chiamata Lourenço Marques, gestita dalla Pide/Dgs, la crudele polizia politica dei regimi di António de Oliveira Salazar e di Marcelo Caetano, emerge dai documenti della Croce Rossa portati alla luce da un’inchiesta del settimanale portoghese ‘Expresso’.
TORTURE - Nell’aprile 1973 un missionario protestante svizzero, Marcel Vonnez, stilò una relazione in cui documentava violenze e torture, compresa la drammatica morte del pastore Zedequias Manganhela, capo della Chiesa presbiteriana in Mozambico, mentre in un documento della Croce Rossa tra l’altro si s e g n a l a n o l e d i c h i a r a z i o n i d i “ 4 5 prigionieri”, che affermavano “di essere stati sottoposti a tortura durante gli interrogatori. 32 di loro portano evidenti segni di sevizie”. Altri documenti parlano dell’impegno comune di polizia politica, governatore del Mozambico e ministero delle Colonie di Lisbona per impedire la visita di emissari della Croce Rossa nella zona di Wir iamu, dove i commandos portoghesi avevano compiuto un terribile massacro.
Maria Eugénia Neto
DIFFAMAZIONE - Quanto alla vicenda di Maria Eugénia Neto, condannata per diffamazione nei confronti di una scrittrice portoghese, si può partire dalle severe parole di un editoriale dell’autorevole ‘Jornal de Angola’: “All’epoca, il tribunale del regime fascista non riuscì a portarla alla sbarra, poiché fu capace di sfuggire alle loro grinfie. Ma nel Portogallo di oggi, dominato dalla crisi finanziaria, da élite corrotte e dalla perdita dei valori, è stata sottoposta a giudizio e condannata!”, un tribunale portoghese “finalmente” è riuscito - per interposta persona - “a giudicare Agostinho Neto e i suoi compagni di lotta. Povera giustizia portoghese”.
L’accusa in oggetto era legata allo sferzante giudizio che la signora Neto aveva pronunciato su di un libro che ripercorreva un passaggio della storia del Mpla, quello dello scontro tra lo
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3 Angola, Mozambico e quelle scorie dell’epoca colonialedi Alessandro Cavaglià
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3 stesso Neto e la fazione guidata da Nito Alves, che tentò un fallito golpe. Una vicenda drammatica e intensa, che andava a inserirsi nella guerra in corso contro l’aggressione da parte del Sudafrica dell’apartheid e dell’Unità, il tutto negli anni ad alta tensione della “guerra fredda”, raccontata, segnala il “Jornal de Angola” in modo da essere soltanto “un insulto alla memoria di Neto”, a cui la vedova ha reagito con tutta la sua passione. Una condanna a Maria Eugénia Neto per aver espresso la propria critica, che fa a pugni con la recente decisione di un altro giudice portoghese, che ha archiviato la querela per diffamazione presentata da alcuni alti ufficiali angolani nei confronti di un giornalista, che li accusava di essere degli “assassini e torturatori”. In questo caso la magistratura portoghese, sottolinea ancora il “Jornal de Angola”, ha stabilito di difendere la libertà di espressione: “lo stesso diritto esercitato da Maria Eugénia Neto, per la quale però la stessa libertà non è stata tutelata. Due pesi, due misure”.
colonie del Portogallo in Africa
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Potrei partire dall’ultimo incontro per tentare di spiegare cosa si prova a esserci, condividere il loro quotidiano, i problemi e i sogni. E da questa posizione cercare insieme una risposta ai loro bisogni. Essere lievito, le idee e i progetti ci sono, sono lì come l’acqua e la farina, basta solo un po’ di lievito un po’ di incoraggiamento perché la pasta si trasformi in una bella pagnotta. Sono gesti e sguardi che rimangono, come Lucia che sale in macchina insieme alla sua amica Maria. Mi stringe la mano a cui mancano le dita, poi, sistema l’immancabile sacchetto di nylon ai suoi piedi. Tira fuori un piccolo contenitore di plastica lo apre, all’interno c’è un po’ di insalata con poche fette di pomodoro e cipolla, con l’altra mano prende il pane. Sono le sei e trenta e mi offre la sua colazione.
Mentre me la porge appoggia la mano sinistra su quella destra in un gesto di gentilezza e rispetto. Questo atto così semplice e carico di significato mi dà una grande gioia e un profondo senso di condivisione. Spezzo il pane, lo apro, metto dentro un po’ d’insalata e mangio. Lucia si scusa perché non è riuscita a mangiare a casa e in questo clima intimo inizia a raccontare la sua storia. E’ sveglia dalle 4,30, ha preparato il cibo che oggi andrà a vendere in piazza. Lucia ha quattro figli è sola e non può mandarli a scuola, vive in una baracca nel
bairro di Hulene dove l’aria è ammorbata dai fumi della grande discarica e le strade di terra si trasformano in torrenti nel periodo delle piogge. Lucia non riesce ad avere due euro e cinquanta centesimi, 2,50 euro per comprare due contenitori di plastica per alimenti. Lucia fa parte di quel miliardo di persone che secondo il Fondo Monetario Internazionale non contano nulla dal punto di vista economico, non muovono denaro, non hanno un conto in banca. Ma Lucia è una persona e lì in carne ed ossa, condivido con lei la sua colazione. Parla in shangana, racconta delle difficoltà del suo lavoro, la polizia che sequestra le poche cose, durante le piogge non sa dove mettere i contenitori perché la strada è allagata, i prezzi aumentati, la fatica nel cucinare in ambienti non idonei. E poi la grande gioia di oggi, con la sua amica Maria stiamo andando a comprare venti contenitori per alimenti per le donne del suo gruppo. Questo è il primo passo del proget to pensato ins ieme a Mava le , associazione Prodes, e alla donna leader del gruppo Marilinka. Sono dieci donne che ogni giorno vendono la loro comida nella piazza della fiera alla Baixa di Maputo. Non hanno nulla, arrivano, collocano i bidoncini sull’asfalto a lato un contenitore qualsiasi contiene il caril, il contorno, che può essere carne pesce o pollo. Sopra i coperchi, i piatti impilati e i cucchiai. Quando arriva un cliente si chinano, aprono prima il bidoncino del riso, prendono il mestolo e formano una grande porzione nel piatto. Poi, passano al caril, aprono il barattolo e con lo stesso mestolo lo versano sul riso. Tutto rigorosamente sul marciapiede, con la difficoltà di reperire l’acqua, usano un bidone dove immergono i piatti e i cucchiai per lavarli. Davanti a loro c’è la piazza. Il sabato si anima per la fiera dell’artigianato e allora diventa un microcosmo interessante. Ci sono i turisti, bianchi con i loro cappelli, gli zaini grandi, le
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3 Comida segura na ruadi Stefano Bauducco. Presidente SOLE onlus
www.soleonlus.org , [email protected]
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macchine fotografiche appese al collo pronti a rubare uno sguardo, un volto. Hanno una gran voglia di fare l’affare. Iniziano un tira e molla sul prezzo di una statuetta o una borsa che va avanti per delle mezze ore. Tentano di abbassare il prezzo dell’oggetto, frutto dell’inventiva e dell’ingegno, di uno o due euro. Poi soddisfatti dell’affare vanno verso il parcheggio. Ci sono gli artisti e i venditori dell’artigianato. Su un lato della piazza i batik, espressione artistica di Maputo, appesi alle corde con i loro colori e forme. Tutt’intorno è un fiorire di oggetti sistemati sulle stuoie: statue, jambè, capulane, borse …. Gli artisti sono la “ classe media “ della piazza. Se vendono nella mattinata possono permettersi il piatto ben confezionato con le posate di plastica che l’associazione Prodes prepara ogni sabato. Attorno alla piazza che ribolle di colori e voci ci sono i ragazzi che lavano le auto. Un secchio con un po’ d’acqua e de te r s i vo , uno s t r acc i o bagna to , e sorprendentemente rendono l’auto pulita e lucente come fosse appena uscita da un autolavaggio. Passano tutto il giorno chinati tra le ruote e la carrozzeria, il costo di un lavaggio va dai 0,50 ad 1 euro sono tanti e la concorrenza è molta. Sono loro i clienti di Lucia, Maria e delle altre donne. Quando arriviamo davanti al magazzino della plastica Maria e Lucia incominciano a discutere sulla forma e sui colori dei contenitori. Sono molto contente. Compriamo i venti contenitori più una cassa di plastica per Julia che vende le bibite. Usciamo vedendo la loro felicità mi rendo conto che basta veramente poco per iniziare a dare speranza e a migliorare la vita delle persone. Abbiamo investito sessanta euro per iniziare questo progetto! I prossimi passi vedranno l’acquisto di undici tavoli e ombrelloni e contenitori per l’acqua. Insieme a loro
abbiamo concordato un mini corso di igiene alimentare con relativo attestato. L’idea originale era di fare prima il corso ma viste le condizioni di disagio abbiamo pensato di intervenire subito con un gesto concreto per migliorare la situazione. Nel gruppo si è così creata una fiducia reciproca. Molto spesso qui e in altre parti dell’Africa i gruppi le associazioni locali vengono sommerse di promesse, parole che poi non si concretizzano. Questo genera diffidenza e recuperare non è facile. Mi rimane il sorriso radioso su visi solcati da rughe della dura vita di queste donne, la volontà di migliorarsi, l’entusiasmo di Mavale nel proporre progetti di solidarietà per migliorare la vita di altre persone. Ecco cosa rimane, la voglia di credere che ognuno di noi può pensare un po’ di più agli altri. La solidarietà e disponibilità toccata con mano lì, me la porto dentro. E’ questa la cosa più importante, l’aver intessuto relazioni e appreso grandi insegnamenti.
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Dona il 5x1000 all’associazione SOLE onlus
Firma il riquadro delle associazioni di volontariato e riporta il nostro CF
95574450011Non costa nulla al contribuente e
non sostituisce l’8x1000.
Ogni €uro ricevuto viene investito nei nostri progetti di solidarietà!
Per saperne di più: www.soleonlus.org
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IL MOZAMBICO paese ricco di colori e suggestioni
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Programmi di viaggio 2013
La TRAC, società che gestisce l'autostrada Maputo-Sud Africa, ha aumentato i pedaggi dei due caselli alle porte del Mozambico molto più del tasso di inflazione.
L'aumento dei pedaggi varia dall’8% al 28%, anche se il tasso di inflazione del Mozambico nel 2012 era solo 2,02%. I nuovi pedaggi sono entrati in vigore il 1° aprile 2013. L'ultimo aumento dei pedaggi risale al 1° marzo dello scorso anno.
Al casello Maputo, all'inizio dell'autostrada, il pedaggio per i veicoli leggeri e moto sale a 25 meticais, con un incremento del 25 per cento (a cambio corrente, servono 30,1 meticais per un dollaro USA) .
Ci sono altre quattro diverse t a r i f f e , a s e c o n d a d e l l e dimensioni del veicolo. Per i
veicoli più pesanti, con cinque o più assi, il pedaggio sale a 250 meticais, che è anche il 25%.
C ' è s e m p r e s t a t o m o l t o malcontento per la localizzazione di questo casello, visto che i n t e re s s a t u t t o i l t r a f fi c o pendolare tra Maputo e la vicina città di Matola. Diventa così una tassa giornaliera che interessa i pendolari che vivono e lavorano tra Maputo e Matola.
Al secondo casello, nel quartiere di Moamba, i veicoli leggeri devono pagare ora 135 meticais con un aumento dell’8%. Il pedaggio per gli autocarri pesanti aumenta da 780 a 1 .000 meticais (+28%).
Sconti per il trasporto pubblico. Tutti gli autobus registrati e i m i n i b u s - t a x i ( n o t i c o m e "Chapas") riceveranno il 40 per
cento di sconto. Ciò si traduce con un prezzo del pedaggio al casello di Maputo di 15 meticais.
In base al contratto tra TRAC e il governo del Mozambico, i prezzi dei pedaggi vengono revisionati annualmente. Gli aumenti sono giustificati a causa di fluttuazioni dei tassi di cambio (ma di recente il metical ha avuto un apprezzamento nei confronti del rand sudafricano), o per la n e c e s s i t à d e l l a T R A C d i rimborsare i prestiti bancari ricevuti per costruire l'autostrada.
M o l t i u t e n t i d e l l a s t r a d a lamentano che TRAC non fa significativi investimenti per la ges t ione la manutenz ione dell'autostrada sul versante mozambicano, in contrasto con il versante Sud Africano, dove la s t r a d a è i n c o n d i z i o n i notevolmente migliori.
Rincara l’autostrada Mozambico - Sud Africadi Nunzio De Nigris
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3 Le Ricette di Arminda Questa rubrica propone le ricette mozambicane preparate da Arminda la cuoca del Sunset Restaurant, Lagoa Poelela Resort.
Pesce al Cocco
Piatto di pesce
Questo piatto é tipico della provincia di Inhambane. Il pesce che si utilizza per questa ricetta è il Serra, che si trova in abbondanza in questo tratto di mare.
Il cocco è parte integrante della cucina, del paesaggio con le alte palme della provincia. È il piatto che compare sulle tavole quotidianamente, non poteva non essere
tra le specialità di Arminda.
Ingredienti per 4- 6 persone
2 kg di pesce Serra2 cocchi 3 pomodori 2 cipolle sale q.b.
Preparazione
Si mettono pomodori e cipolle in una padella con 2 cucchiai di olio e sale.
Si soffriggono per 5 minuti a fuoco lento. Nel frattempo si taglia il pesce a fette e si
dispone nella padella ricoperto con il latte dei due cocchi. Si lascia sobbollire lentamente per 15 minuti rimestando piano le fette per non romperle.
Servire con riso bianco bollito.
Preparazione del latte di cocco:grattugiate la noce di cocco dopo aver tolto la scorza scura legnosa e impastatela con un litro e mezzo di acqua tiepida
aggiunta poco a poco. Strizzate la polpa di cocco e filtrate il liquido così ottenuto attraverso un setaccio.
In Italia si può sostituire il cocco fresco con
quello in latta scolando la polpa. Può anche essere util izzato per la preparazione di ottime torte.
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3 MOZ...di Stefano Bauducco
I mesi trascorrono veloci tra il lavoro e i pensieri. Il ricordo del
Mozambico vive attraverso i racconti ai nostri amici. Ogni volta sembra di essere più vicini di sentire sulla pelle e nel cuore le parole, i volti delle persone che abbiamo lasciato laggiù. Il mal d’Africa si sta impossessando di noi,
lentamente entra nel cuore, nella pancia e nella testa. Si è pieni di questa malinconia per la luce, i paesaggi assolati e le persone che vi abitano. Quando me ne parlavano mi sembrava esagerato, una esaltazione, ora tutto appare vero.
Dicono che l’Oriente ti colpisca alla testa per il misticismo, che l’ America Latina ti rimanga dentro per i colori e la musica. L’Africa, almeno come l’ho vissuta io, ti assorbe, ti colpisce allo stomaco. Un attimo prima è dolce, calda e
protettiva come un abbraccio materno, un attimo dopo si trasforma in una strega, pronta a strapparti un moto di rabbia quasi feroce. Tutto in un battere di ciglia, tutto in un sorriso di un bambino. Le sensazioni che condivido con Paola sono
queste. Come si fa quando sei colpito da una malattia, ne parli per esorcizzarla, per digerire quella grande quantità di emozioni. Ne parliamo in famiglia, con gli amici e notiamo le reazioni più strane. Davanti ad una fotografia e alle parole si
può scappare dalla paura, dal senso di impotenza. Oppure si rimane, ad ascoltare il nostro essere più profondo, la nostra umanità. Ecco allora alcune persone che ci contattano per sapere di più, per aiutarci. Presi da questo attivismo e dalla
“nuova malattia” pensiamo ad un ritorno a Pemba nel mese di agosto. Da quel momento il tempo trascorre veloce. E’ già ora di ripartire! Siamo di nuovo sull’aereo con destinazione Pemba. In valigia, qualche maglietta e tanti indumenti per
bambini. Quando gli amici hanno saputo della nostra partenza si sono prodigati nel portarci vestiti. Tanto altro riempie le valige: l’amicizia con nuove persone e il nostro amore verso quella terra cosi lontana!
Ci sembra di non essere mai partiti. Ora la strada è famigliare. Usciamo dall’aeroporto e siamo inondati dalla luce, il sole è sullo zenit, l’aria è calda ma una leggera brezza la mitiga. Non c’è l’umidità opprimente di gennaio. Il cielo è
terso di color azzurro acquamarina, all’orizzonte non ci sono nuvole pronte a scaricare l’acqua. E’ la stagione secca,
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3 l’inverno di qua. Saliamo sul pick up e mentre
la velocità ci fa lacrimare gli occhi veniamo colpiti da un profumo che sa di miele e vaniglia, le mie narici lo riconoscono come famigliare, come qualcosa che mi mancava
già da tempo. Passiamo nella stretta stradina in terra, piena di buche, che ci porta a casa di una nostra amica. Osservo i semplici banchetti, quella donna, quel ragazzo nulla è
cambiato da gennaio. Ci sistemiamo nella stanzetta che ora sentiamo un po’ nostra. I giorni passano, seguendo il ritmo di questo piccolo mondo, cerchiamo di renderci utili
nelle varie occasioni. Sistemare l’armadietto delle medicine, traducendo i bugiardini, preparare il pranzo e fare le commissioni. Un giorno, durante la siesta pomeridiana, arriva
Padre Luiz. Quando entra nel cortile tutti i bambini gli corrono incontro ridendo, lui si lascia sommergere da quell’ondata di gioia. E’ una persona magnetica. Di media statura,
una barba incolta incornicia il viso, gli occhi profondi si nascondono dietro le lenti da vista. Indossa jeans, stivaletti e una camicia a quadretti. Riesce a liberarsi dall’affetto dei
bambini e saluta la nostra ospite. Poi si
accorge della nostra presenza e rivolgendosi
a Laura: “ah! Sono loro i due bianchi che vedevo in giro a piedi per Pemba! Finalmente li conosco!”. La frase detta in portoghese con l’accento brasiliano e in maniera teatrale
scatena una grande risata. Dopo l’allegra presentazione inizia a raccontarci cosa fa qui a Pemba. Parla lentamente così, nonostante il nostro pessimo portoghese, riusciamo a
capire. Fin dall’inizio rimaniamo affascinati da quest’uomo, dal suo modo di porsi con noi e dalla sua umanità. E’ a Pemba da un anno per comprendere i problemi e le necessità
prima di recarsi ad aprire la nuova missione di Metoro. Ha trascorso questo periodo ad incontrare i giovani nelle scuole, gli ammalati, i carcerati per capire la realtà. Un anno in
ascolto delle persone. Trascorriamo l’intero pomeriggio con lui tra domande e risposte. Prima di andare via mi chiede se posso aiutarlo per il trasloco nella missione di
Metoro l’indomani mattina. Non aspettavo altro!
Stefano BauduccoPresidente SOLE onluswww.soleonlus.org , [email protected]
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3 - CAMMINANDO INSIEME - TESTIMONIANZE DAI PROGETTI DI SVILUPPO E COOPERAZIONE TRA ITALIA E MOZAMBICO
Con questo articolo inauguriamo una rubrica dedicata alla presentazione delle iniziative di cooperazione tra Italia e Mozambico e alle relazioni solidali tra i due paesi. Sono decine le organizzazioni che operano coinvolgendo volontari e professionisti in progetti di sviluppo dal nord al sud del Mozambico, progetti diversi per ambito, dimensioni, caratteristiche, ma tutti accomunati dal desiderio di impegnarsi in un paese giovane ed ancora fragile in tutte le componenti dell'indice di sviluppo umano.
Part iamo conoscendo i l programma di “cooperazione comunitaria” promosso da oltre dieci anni dai “trentini” a Caia...
Il Trentino in Mozambico
di Barbara Zamboni
Due terre così lontane e diverse, il Trentino e il
Mozambico: una piccola regione del Nord
Italia verde di boschi, racchiusa fra le
montagne, e un grande Stato dell’Africa
australe, dai mari cristallini, spiagge candide e
infinite strade rosse. Eppure, da più di dieci
anni, queste due realtà camminano assieme,
juntos, grazie al progetto ‘Il Trentino in
Mozambico, il Mozambico in Trentino’. Già
nel titolo è racchiuso il carattere speculare di
un programma che intende prima di tutto
costruire legami di scambio e solidarietà fra
due comunità, quella trentina e quella
mozambicana. Legami che affondano le loro
radici indietro nel tempo: tanti i missionari
trentini in Mozambico e gl i studenti
Le escolinhas di Caia - Foto di Gianpaolo Rama
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mozambicani che, da più di trent’anni,
vengono a frequentare l’università a Trento.
Senza tralasciare il fondamentale sostegno
politico dato al processo di pace del 1992
dall’allora sottosegretario agli Esteri per
l’Africa, il deputato trentino Mario Raffaelli.
A partire dagli anni Novanta, la legislazione
italiana apre la possibilità per gli enti locali di
diventare soggetti autonomi di cooperazione
(la cosiddetta cooperazione decentrata). E’ in
questo rinnovato contesto normativo che, nel
2001, nasce il Tavolo Trentino con il
Mozambico, come luogo di incontro tra la
realtà della Provincia di Trento e della
Provincia di Sofala in Mozambico. Un anno
dopo alcune associazioni di solidarietà
internazionale, già coinvolte nel Tavolo, danno
vita al CAM - Consorzio Associazioni con il
Mozambico, che assume la responsabilità
diretta della gestione del programma. Il CAM
continua la sua opera di soggetto referente
per la gestione tecnica, finanziaria ed
amministrativa del programma, coordinando i
soggetti del Tavolo sotto forma di gruppi di
lavoro, uno per ogni settore di intervento del
progetto.
Il CAM pone al centro della propria azione le
due comunità, quella trentina e quella
mozambicana di Sofala, nell’intento di
crescere assieme in uno spirito di reciprocità
e scambio. Le relazioni umane completano
ed arricchiscono i legami politico-economici:
per questo si parla di ‘cooperazione
comunitaria’. I principi ispiratori sono elencati
nel Manifesto fondante del CAM: l’amicizia, il
confronto, l’autosviluppo e la partecipazione,
l’ascolto, il dialogo e la rete, solo per citarne
alcuni. Tre sono i fondamentali tratti distintivi
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Una riunione dei membri dell'associazione Mbaticoiane in occasione della visita alla 'casa della salute' a Caia - Foto di Gianpaolo Rama
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di questo nuovo paradigma della cooperazione:
la centralità della relazione, l’organizzazione
degli interventi in un progetto multi-settoriale
integrato e la flessibilità, che permette di
adattare gli interventi in fieri, secondo gli stimoli
provenienti dal dialogo e dall’evoluzione della
comunità.
La struttura multi-settoriale integrata permette
di coprire più aree di intervento, diverse ma
coordinate fra loro. Attualmente i settori sono:
Socio-educativo – Accesso alla formazione e
all’istruzioneEducazione prescolare attraverso 4 escolinhas,
formazione dei giovani e degli adulti con
l'Oficina Pedagogica, interventi di Educazione
Inclusiva a favore di non udenti e di ipovedenti.
Due attiviste dell'associazione Mbaticoyane in visita all'orto modello presso la 'casa dell'agricoltura' di Caia - Foto di Gianpaolo Rama
Socio-sanitario - Tutela della salute ed
educazione sanitariaAssistenza domiciliare ai malati cronici, attività
di educazione alla salute e sensibilizzazione,
collaborazione con la medicina tradizionale.
Progetto straordinario di sostegno all'avvio e
funzionamento del nuovo ospedale di Caia.
Economico-rurale - Promozione dello sviluppo rurale e della microimpresa
Avvio e appoggio della Scuola Professionale
Agro-Zootecnico di Caia e del Centro di
formazione Agro-Zootecnico, attività di
formazione degli adulti, assistenza tecnica,
costruzione di una farmacia veterinaria.
Microcredito – Accesso al credito e al risparmio
Microcredito a Caia e a Marromeu, avvio e
appoggio della Caixa Financeira de Caia a
Sena.
Radio Comunitaria di Caia – Promozione della cultura e dell’informazione locale
Pianificazione Urbanistica – Appoggio alle istituzioni nella gestione del territorio
Piani di gestione territoriale di Caia e di Sena,
Piano Distrettuale di uso della terra e
costruzione del nuovo mercato di Caia.
una seduta pubblica di condivisione delle scelte di piano nel processo di approvazione del PDUT - Foto di Isacco Rama
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3 Acqua e igiene – gestione delle risorse
idriche e promozione dell'igiene ambientale
Interventi a supporto del servizio distrettuale e
dei comitati di gestione dei pozzi
gli attivisti dell'associazione MadziAtu alle prese con la manutenzione di una pompa acqua in un quartiere di Caia Foto di Isacco Rama
Un incontro con i cittadini - progetto di sostegno acquisto capi di bestiame - Foto di Isacco Rama
gli orti della azienda modello di MurracaFoto di Gianpaolo Rama
Box geografia
Il programma si svolge nel distretto di Caia,
nella parte settentrionale della provincia di
Sofala, regione al centro del Mozambico. La
Vila de Caia dista circa 450km da Beira,
capitale della Provincia e seconda città del
Mozambico. Il distretto è attraversato dalla
grande arteria stradale EN1, che collega il
Nord e il Sud del Mozambico, ed è delimitato
a nord e ad est dal fiume Zambesi.
TRENTINO E MOZAMBICO INSIEME JUNTOS
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Il Festival dell’economia di Trento, giunto alla sua ottava edizione, parte con delle afro eresie. Meglio pensare che produrre. Essere che avere. Cavarsela da soli che esser aiutati. Lo afferma con forza ma nello stesso tempo con flemma, Elísio Macamo, docente di Studi Africani presso l’Università di Basilea, in apertura di Festival.
L’autore del “ l ’abbecedario del la nostra indipendenza – una lettura critica del discorso sullo sviluppo: il caso del Mozambico“ viene introdotto da riflessioni di Mia Couto, uno dei maggiori intellettuali in lingua portoghese, che incoraggia il nostro Macamo a puntare l’indice su coloro che tramutano le idee in “slogan”, i pensieri in “direttive” ed ogni ragionamento in una macina che spreme solo quanto seminato da altri.
“Siamo ancor oggi una società molto governativa, molto dipendente da ciò che fa o non fa il governo . Ci gingilliamo tra l’incensare o il maledire che sono, alla fine, due facce della stessa svalutata moneta” provoca Couto.
Ai numeri econometrici (che rendono peraltro sterili alcune sessioni del Festival), dovremmo opporre idee feconde che rompono con il passato, a l t r iment i i nostr i g iovani non impareranno a pensare criticamente da veri intellettuali ma ad agire come meri funzionari, capi-progetto, consulenti.
E l í s i o M a c a m o a p re i l F e s t i v a l c o m e un’imbarcazione che viaggia sola controcorrente. Ma nessuna nazione è realmente sovrana se non produce solo beni ma soprattutto pensiero teorico. “A cosa serve parlare le nostre lingue se sappiamo dire quanto è già stato detto da altri?” Attenzione però.
Le idee non sbocciano dai progetti di “technical assistance”, dai “capacity building” e nemmeno dai “brain storming”. Nascono dal lavoro continuo, dall’impegno costante, dalla dedizione generosa per un futuro autonomo.
Cosa significa “sovranità” per un Paese africano che ha lottato per raggiungere l’indipendenza e
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Ilha de Mocambique - ilha de Goa verso India. Foto di Gianpaolo Rama
Eresie africane al Festival dell’Economia di Trento di Fabio Pipinato
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che oggi si trova ad essere “dipendente” in tutto e per tutto dagli aiuti internazionali? Per Macamo “il Mozambico esiste solo perché l’aiuto allo sviluppo d à e s i s t e n z a a l P a e s e ” . U n p e n s i e ro controcorrente, visto che il Mozambico è oggi considerato un Paese che ha buoni tassi di crescita, ha mantenuto la pace per oltre 20 anni e che segue con diligenza tutte le direttive internazionali. La prospettiva di Macamo vede l’economia politica come “una forma insidiosa” che permette agli “interessi dominanti di creare le condizioni per la propria riproduzione” e di proporre un’idea di sviluppo quantomeno discutibile, viste le fondamenta etiche su cui si basano i Paesi che si ritengono “sviluppati”.
Come riporta l’ufficio stampa della Provincia Autonoma di Trento: “La sovranità del Mozambico e di molti altri paesi definiti da altri “in via di sviluppo”, è minata dalla legittimità dell’azione esterna riconosciuta a livello internazionale. I programmi di aggiustamento strutturale, l’assalto ai programmi sociali, l’esenzione fiscale per gli investimenti stranieri sono azioni attuate in Mozambico utilizzando l’idea dello sviluppo senza prevedere d iscussioni né t ra i l governo mozambicano e i Paesi donatori né tra lo Stato e la società civile. Ciò ha portato a quella che Macamo definisce la “trivializzazione” del politico, che si
e v i denz i a i n a l cun i meccan i sm i , come l’approvazione del bilancio dello Stato, che rende superfluo l’intervento del Parlamento e la “commercializzazione” dei problemi sociali del Paese. Cooperare significa “lavorare insieme”, tuttavia, in Mozambico significa esattamente l’opposto. I cosiddetti PVS devono infatti aderire alla visione della storia decisa da chi aiuta: non si può dunque parlare di sovranità”.
La sovranità è libertà di scegliere quale storia si vuole fare propria. E tale libertà è attualmente negata al Mozambico, costretto nelle proprie scelte e nelle proprie azioni a rimanere entro binari decisi da forze esterne. La realtà di forte dipendenza economico-politica in cui si trova Maputo impedisce di poter parlare di sovranità, un termine intriso di profondo significato in un Paese che ha lottato per raggiungere la propria indipendenza. La conquista della sovranità ha significato riscatto, diritto all’emancipazione e al progresso, ed oggi è spesso il richiamo all’aiuto allo sviluppo a negare la dignità e la sovranità a Paesi ancor definiti “in via di sviluppo”.
L’incontro ha avuto luogo presso il Centro per la Formazione alla Solidarietà Internazionale. A seguire c’è stato l’intervento al Teatro Sociale di Michael Spence, nobel per l’Economia. Giusto per rientrare nell’ortodossia.
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Ilha de Mocambique - ilha de Goa verso India. Foto di Gianpaolo Rama
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Dalla sala d’attesa dell’aeroporto di Nampula la vista è suggestiva. All’orizzonte le montagne che sembrano sassi caduti dal cielo sono avvolte da una leggera foschia che le rende misteriose. In basso le palme creano un tappeto verde. Il volo di una gazza interrompe la pace del paesaggio. Davanti a questo spettacolo ripercorro questi giorni pieni, densi di incontri. La conoscenza con la nuova madre, Maria Calcida, dell’ordine delle suore Immacolata Concezione. Il ritorno a Mepanhira. Il viaggio con Armando.
Gli incontri sul treno: ci sono stati dei momenti in cui ho sentito, l’avevo già provato, ma non così forte, il peso della storia, dell’infame periodo coloniale. Noi non siamo portoghesi
però abbiamo la stessa pelle bianca. Prima di venire in Africa non avevo mai prestato attenzione al colore della pelle, alla reazione che può suscitare negli altri. Qui, in questi anni
l’ho sperimentato molte volte, quando sto nel barrio, quando entro in una baracca per bere
una birra con Mavale. Stupore, risa o
espressioni interrogative. Poi tutto si scioglie in un’ospi ta l i tà t ravo lgente. Però in quell’attimo mi sento veramente l’altro e mi accorgo de l l a m ia d i ve rs i tà . Posso
comprendere le difficoltà dei nostri fratelli africani che vivono con noi in Italia. Sono molto curioso di capire la storia e il modo migliore è domandare. Lo faccio spesso con
gli amici che ho qui. L’altro giorno sulla strada per Mepanhira viaggiavo seduto tra suor Calcida e Armando. Davanti suor Maddalena, un libro di storia vivente. Schiacciati da borse
e zaini ho iniziato a fare alcune domande a suor Maddalena sul periodo coloniale. Con la voce rotta dall’emozione ha iniziato ad intonare un canto in portoghese, seguita dalla
madre superiora. Un ritornello ripetuto tre volte la cui traduzione è questa: "non è l’uomo bianco che pesa, è la portantina che è
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Aspettando l’aereo per Maputo... di Stefano Bauducco
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pesante”. Non capivo il significato di queste
parole ma dagli occhi lucidi di suor Cacinda intuivo che si trattava di qualcosa di molto doloroso. Terminato il canto inizia il racconto...
Nel Niassa, la regione dove ci troviamo, le
strade nel periodo coloniale erano inesistenti,
non che adesso la situazione sia migliorata.
Negli anni ’60 era una provincia governata dai
latifondisti portoghesi, il governo dava in
usufrutto immensi territori ai latifondisti dove
loro erano la legge, lo stato. In questo modo il
governo centrale si assicurava la sicurezza sul
territorio. I lunghi viaggi venivano fatti in
portantina. Il bianco non doveva toccare la
terra, non doveva sporcarsi. Si alternavano nel
trasporto squadre composte da 4 uomini
mozambicani. Erano costretti a cantare quelle
parole così semplici ma cariche di sofferenza
e umiliazione. Cantavano in portoghese così il
padrone poteva comprendere e compiacersi
di questa vergogna. All’interno dell’abitacolo è
calato un gelido silenzio. Mi sono sentito
piccolo e pieno di vergogna. Non sapevo
cosa dire se non appoggiare una mano sulla
spalla di suor Maddalena per trasmetterle
tutta la mia compassione. Poi il racconto
prende una piega più sociale. Ai neri non era
permesso frequentare le stesse scuole dei
bianchi e non era permesso accedere agli
studi superiori. Solo pochi individui scelti dai
padroni bianchi potevano svolgere mansioni di
piccola responsabilità. Questi venivano
chiamati "assimilados" assimilati come a voler
sottolineare ed affermare la netta separazione.
A Maputo, Mavale mi aveva raccontato come
i portoghesi avevano instillato nelle menti dei mozambicani il senso di provvisorietà. Le case nei quartieri neri non potevano essere costruite in muratura, solo in lamiera. Molti per
aggirare il divieto costruivano con i mattoni e poi coprivano le pareti con le lamiere. Altra storia. Siamo sul treno per tornare a Nampula. Nello scompartimento, seduti su
quelle che una volta erano cuccette siamo in quattro più Thelma, una dolcissima bambina.
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Dopo pochi minuti abbiamo già fatto amicizia
e iniziamo a parlare. Sento le parole ma sono attratto dallo scenario che vedo attraverso il finestrino rotto. Si discute di tutto. Scopro che il più anziano è lo zio della piccola Thelma, si
chiama Agostino. L’altro è il padre, si chiama Fernando. Agostino racconta subito che ha studiato dalle suore italiane a Marrimi, vicino Metoro, siamo in famiglia. Poi da uomo
curioso e intelligente comincia a fare domande sull’Italia. Io controbatto con domande sul la tradizione Macua, sul significato delle parole.
Agostino è un fine conoscitore della storia, ed
è anche un buon affabulatore.
I km passano così rapidamente. Poi mi
racconta come è nato l’appellativo che i
Macua danno al bianco: “Nkunia”.
Foto di Stefano Bauducco
Anche in questo caso ci troviamo in un
grande campo. Un campo di cotone. Il
padrone bianco chiama con un urlo l’uomo di
colore chino sulla terra. Già solo per il fatto di essere chiamato, trema, sul viso corre il terrore. Si avvicina con il cuore in tumulto, si inchina, porta le mani giunte al cuore, quasi a
chiedere perdono. Perdono di cosa? Di essere nato li? Di lavorare duro in cambio di una zuppa? Di essere nero? Tante domande vorrebbe porgere al padrone. Lui, il padrone
seduto sul cavallo, vestito di lino bianco con in mano il temuto frustino. Alza il frustino, poi lo lascia ricadere e batte leggero sulla testa del nero.
Foto di Stefano Bauducco
Il bracciante nero è terrorizzato al punto da non riuscire più a trattenersi, se la fa addosso, dai pantaloni cola giù tutto. Da quel momento i Macua hanno battezzato i bianchi Nkunia. Ku sedere Nia non trattenere, colui che battendo non fa trattenere niente. I portoghesi sono stati cacciati dal Mozambico nel 1975. Un altro mondo è possibile, ora!
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Lavanderia industriale a MachavaImmagini di Nunzio De Nigris
A pochi chilometri da Maputo, Doriano, un italiano che vive in Mozambico da più
di 30 anni, gestisce la sua lavanderia industriale.
Tecnologia e mano d’opera si fondono in un contesto di archeologia industriale
che ricorda la Torino degli anni settanta.
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Lavatrici in serie© Nunzio De Nigris Canon 20D, iso1600, 70 mm, f/8.0, 1/30 sec
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Il carico© Nunzio De Nigris Canon 20D, iso400, 11 mm, f/3.5, 1/50 sec
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Lo scarico© Nunzio De Nigris Canon 20D, iso1600, 78 mm, f/4.0, 1/10 sec
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Manutentore© Nunzio De Nigris Canon 20D, iso1600, 200 mm, f/4.0, 1/125 sec
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Stiratura a mano© Nunzio De Nigris Canon 20D, iso1600, 70 mm, f/7.1, 1/30 sec
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Primo piano. Operaia© Nunzio De Nigris Canon 20D, iso1600, 200 mm, f/4.0, 1/60 sec
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Particolare© Nunzio De Nigris Canon 20D, iso1600, 188 mm, f/4.0, 1/60 sec
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La stiratura a mano© Nunzio De Nigris Canon 20D, iso800, 131 mm, f/4.0, 1/50 sec
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Forma e sostanza - Stirature delle giacche© Nunzio De Nigris Canon 20D, iso1600, 100 mm, f/4.0, 1/60 sec
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Manichini© Nunzio De Nigris Canon 20D, iso800, 10 mm, f/3.5, 1/60 sec
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Operaia addetta alla piegatura© Nunzio De Nigris Canon 20D, iso800, 70 mm, f/4.0, 1/100 sec
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Operaia addetta alla stiratura© Nunzio De Nigris Canon 20D, iso1600, 106 mm, f/4.0, 1/100 sec
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Cinderela© Nunzio De Nigris Canon 20D, iso1600, 78 mm, f/4.0, 1/60 sec
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Prodotto finito© Nunzio De Nigris Canon 20D, iso1600, 70 mm, f/4.0, 1/60 sec