RELAZIONE GEOLOGICA E GEOTECNICA2.5
dr. Geol. Giuseppe Franco Darteni
Viale della Stazione n° 4032035 Santa Giustina (BL)Tel: +39 0437 858 549 - 859 225Fax: +39 0437 857 084 E-mail: [email protected]
IMPIANTO IDROELETTRICO
PROGETTAZIONE dott. ing. Lucio ZolletIL PROGETTISTA
Questo documento non potrà essere copiato, riprodotto o altrimenti pubblicato in tutto o in parte senza il consenso scritto della Zollet Ingegneria srl (legge 22-4-41, n. 663 – art. 2575 e segg. C.C.)
INTEGRAZIONI
SUL TORRENTE "ALBERONE"COMUNE DI SAVOGNA (UD)
PROPONENTE CONSULENTE
Bagnoli della Rosandra n° 6434018 San Dorligo della Valle / Dolina (TS)Tel: +39 040 245 72 93E-mail: [email protected]
PROGETTO DEFINITIVO
GENNAIO 2017
IMPIANTO IDROELETTRICO SUL TORRENTE ALBERONE
PROGETTO DEFINITIVO
RELAZIONE GEOLOGICA, GEOTECNICA E VERIFICHE DI STABILITA’
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INDICE
PREMESSA .............................................................................................................................................3
1.1 DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO ....................................................................................................... 3
INQUADRAMENTO GEOGRAFICO .............................................................................................................3
INQUADRAMENTO GEOLOGICO, TETTONICO E IDROGEOLOGICO GENERALE E LOCALE ..........................4
3.1 INQUADRAMENTO GEOLOGICO ......................................................................................................... 5
3.2 INQUADRAMENTO STRUTTURALE ...................................................................................................... 6
3.3 INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO ................................................................................................... 8
3.3.1 Idrografia superficiale ................................................................................................................ 9
3.3.2 Idrogeologia e idrografia sotterranea .........................................................................................10
3.4 ASSETTO LITOLOGICO LOCALE ........................................................................................................10
ANALISI DEI VINCOLI GRAVANTI SUI TERRENI ...................................................................................... 14
ASPETTI GEOLOGICI E GEOMORFOLOGICI INERENTI L’OPERA .............................................................. 18
CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA DEI TERRENI .................................................................................. 21
6.1 ROCCIA FLYSCHOIDE CALCAREA-ARENACEA-MARNOSA ........................................................................21
6.1.1 Classificazione dell’ammasso roccioso con il metodo RMR .......................................................21
6.1.2 Classificazione dell’ammasso roccioso con il metodo GSI .........................................................23
6.1.3 Parametri geomeccanici dell’ammasso roccioso flyschoide ......................................................25
DATI UTILIZZATI: ...........................................................................................................................................27
6.2 TERRENI QUATERNARI ALLUVIONALI E FLUVIO-GLACIALI ATTUALI E ANTICHI ..............................................28
6.3 COLTRE ELUVIO-COLLUVIALE ..........................................................................................................29
ANALISI PROGETTUALE ........................................................................................................................ 29
7.1 OPERA DI PRESA ..........................................................................................................................29
7.2 CENTRALE ELETTRICA ...................................................................................................................30
7.3 CONDOTTA FORZATA .....................................................................................................................31
VERIFICHE DI STABILITÀ GLOBALI ........................................................................................................ 33
8.1 CENNI SUL METODO DI CALCOLO – FLAC V8.0 ..................................................................................33
8.2 MODELLO STRATIGRAFICO .............................................................................................................35
8.3 ANALISI DI STABILITÀ AREA DELL’OPERA DI PRESA ..............................................................................37
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8.3.1 Condizioni non sismiche ...........................................................................................................38
8.3.2 Condizioni sismiche con kh e kv positivi (riduzione dell’accelerazione di gravità) .........................39
8.3.3 Condizioni sismiche con kh positivo e kv negativo (aumento dell’accelerazione di gravità) ..........40
8.3.4 Condizioni sismiche con kh negativo e kv positivo (riduzione dell’accelerazione di gravità) ..........41
8.3.5 Condizioni sismiche con kh e kv negativi (aumento dell’accelerazione di gravità) ........................42
8.4 ANALISI DI STABILITÀ AREA DELLA CENTRALE DI PRODUZIONE ...............................................................42
8.4.1 Condizioni non sismiche ...........................................................................................................43
8.4.2 Condizioni sismiche con kh e kv positivi (riduzione dell’accelerazione di gravità) .........................44
8.4.3 Condizioni sismiche con kh positivo e kv negativo (aumento dell’accelerazione di gravità) ..........45
8.4.4 Condizioni sismiche con kh negativo e kv positivo (riduzione dell’accelerazione di gravità) ..........46
8.4.5 Condizioni sismiche con kh e kv negativi (aumento dell’accelerazione di gravità) ........................47
PRESCRIZIONI COSTRUTTIVE ................................................................................................................ 47
CLASSIFICAZIONE SISMICA ................................................................................................................... 48
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PREMESSA
Il presente documento costituisce la Relazione Geologica-Geotecnica relativa al progetto definitivo dell’
“Impianto idroelettrico sul torrente Alberone” in comune di Savogna (UD), presentato in data 18/04/2012,
con successive integrazioni, dalla Società Zollet Ingegneria S.r.l. e pubblicato sul B.U.R. n. 38 del 19/09/2012.
1.1 DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO
L’intervento ha per oggetto la realizzazione di un impianto per la produzione di energia idroelettrica che deriva la
portata idrica dal torrente Alberone a quota di 345 m s.l.m., in località Ieronizza in comune di Savogna, e la
restituisce nel medesimo torrente a quota 218.95 m s.l.m., a valle della centrale di produzione in località Fleta
del medesimo comune.
L’impianto idroelettrico è costituito dai seguenti elementi principali:
opere di presa, filtraggio e derivazione interrate ubicate in sinistra idraulica
condotta forzata che consente di trasportare il volume d’acqua dall’opera di presa alla centrale di
produzione. Sarà realizzata in PRFV DN 600 mm per una lunghezza di circa 1'990 m a partire dall’opera
di presa
centrale di produzione ubicata in destra idraulica
Per maggiori dettagli si rimanda agli elaborati di progetto definitivo allegati alla presente relazione.
INQUADRAMENTO GEOGRAFICO
Il torrente Alberone nasce in due rami, torrente Rieca e torrente Aborna, che confluiscono in località Crignaro in
comune di Savogna.
Il T. Rieca nasce dal Monte Muzzo (1077 m s.l.m.), scorre per 3 km, dalle origini, in ex territorio jugoslavo e
presenta una lunghezza complessiva di circa 9 km. Questo torrente ha scavato, nel corso di molti millenni, una
profonda forra all’interno della roccia carbonatica che, in alcuni punti, si presenta molto stretta, appena pochi
metri, e profonda oltre 20 metri.
Il T. Aborna nasce tra il Monte Matajur (1641 m s.l.m.) e il monte Glava (1466 m s.l.m.), dalla sorgente Scrilla
(1403 m s.l.m.). Scorre agli inizi con il nome di Rug Scrilla e, successivamente, prende il nome di Rug
Scaugnach, presentando una lunghezza complessiva di 6 km.
Il T. Alberone assume questo nome solo dopo l’abitato Losaz e presenta, dalla confluenza in località Crignaro
dei due torrenti sopra citati, una lunghezza di 8.5 km. Dopo aver raccolto le acque di tutti i torrentelli che
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scendono dal Matajur e quelle più abbondanti del T. Cosizza, il T. Alberone sfocia nel fiume Natisone in
corrispondenza di Ponte San Quirico, a sua volta affluente del fiume Isonzo.
Il territorio comunale di Savogna è prevalentemente montano, con il Matajur che domina tutte le vallate
sottostanti e sulla cui sommità passano i confini comunali e quello con la repubblica di Slovenia.
Le altre cime montuose presenti sono date dalle ultime pendici settentrionali del M. Colovrat, più precisamente
dal M. San Giovanni (704 m s.l.m.) e dal M. San Egidio (634 m s.l.m.). L’area caratterizzata da intensi fenomeni
di carsismo che hanno dato origine a cavità e grotte carsiche.
L’area di studio ricade interamente nel territorio del comune di Savogna, inquadrata nei fogli n. 067033 e n.
067034 della Carta Tecnica Regionale in scala 1:5.000.
Figura 1 - Estratto non in scala della Carta IGM (scala 1:25.000)
INQUADRAMENTO GEOLOGICO, TETTONICO E IDROGEOLOGICO GENERALE E LOCALE
Di seguito viene ricostruito l’assetto geologico generale sotto l’aspetto strutturale, litologico, geomorfologico e
idrogeologico. L'analisi si basa sull’elaborazione e interpretazione di dati storici e di bibliografia, nonché sulle
risultanze dei sopralluoghi tecnici effettuati in loco.
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3.1 INQUADRAMENTO GEOLOGICO
Il tratto di valle del T. Alberone considerato è impostato su terreni eocenici che, nel bacino del T. Natisone,
raggiungono una potenza complessiva di oltre 3'000 m, dove la serie è al completo sino all’Eocene superiore. I
terreni eocenici si estendono nelle Prealpi Giulie per una fascia molto ampia, costituendo la porzione maggiore
della zona submontana e per intero la zona pedemontana. In quest’area il complesso eocenico è divisibile in due
grandi porzioni:
Complesso inferiore prevalentemente calcareo
Potente complesso di sedimenti litoranei, costituito da banchi di brecce calcaree, dello spessore di alcuni
metri, disposti in regolare alternanza con letti marnosi a piccoli strati di calcare arenaceo. Ogni banco è
caratterizzato alla base da una breccia grossolana a elementi di calcari a Rudiste, legati da un cemento
marnoso. La granulometria degli elementi calcarei diminuisce gradualmente verso l’alto, passando a
brecciole calcaree compatte (Pietra piasentina) sempre più fini, a calcare arenaceo e, da ultimo, a calcare
marnoso celestino, cinereo o plumbeo, e a frattura concoide. Alla base dei banchi più potenti, la breccia
(o conglomerato pseudo-cretaceo) contiene talvolta grandi blocchi, con diametro da un metro fino a
qualche decina di metri, che provengono dalla demolizione, dovuta ad abrasione marina, delle scogliere
di calcare cretaceo.
Nella parte inferiore di questo complesso, i fossili sono piuttosto scarsi e sono caratterizzati
generalmente da resti di Foraminiferi (Operculi canalifera, Nummulites bolcensis, Orthophragmina
archiaci, O. stellata) che ne provano l’appartenenza all’Eocene inferiore (Spilecciano). I fossili sono,
invece, più frequenti nella parte superiore, dove sono rappresentati da Nullipore, pochi Foraminiferi
(Alveolina pasticillata, Operculina tellinii, Nummulites laevigata), Coralli e Molluschi (Crassetella
plumbea, Nerita schmideliana, Natica hybrida, Cerithium giganteum, Strombus tournoueri, sycum
bulbiforme, Clavilithes noae). Più in alto, al limite tra il complesso inferiore e quello superiore, compare
un secondo orizzonte fossilifero con resti di Alghe, pochi Crinoidi e prevalenza di Foraminiferi (Operculina
canalifera, Nummulites irregularis, Orthophragmina papyracea, O. stellata, O. aspera, O. dispansa, O.
nummulitica). Questi due livelli fossiliferi sono entrambi compresi nell’orizzonte di monte Postale, riferito
al Luteziano inferiore.
Complesso superiore prevalentemente marnoso-arenaceo a facies di Flysch
Potente complesso a facies di Flysch, con intercalati banchi di puddinghe e brecciole calcaree a
numerosi ciottoli di quarzo e di selce. Dentro questa serie compaiono molti resti di Foraminiferi (Alveolina
violae, Nummulites perforata, N. laevigata, Assilina mamillata, A. granulosa) e una ricchissima fauna di
Antozoi e Molluschi. Sopra questo livello fossilifero (Luteziano superiore), distinto con il nome di Rosazzo
e di Brazzano, si hanno nuovi strati di Flysch che racchiudono una fauna a Foraminiferi (Alveoline,
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Operculine, Ortoframmine e Assiline), fra cui sono particolarmente comuni le Nummuliti (N. rotularia, N.
striata, N. curvispira, N. irregularis, N. laevigata), abbondanti i Molluschi ed Echinidi, spettanti
probabilmente all’Auversiano (Eocene medio). Sopra questo livello continua il Flysch, con potenza di
poche decine di metri. Data la mancanza di fossili, è incerto se questi strati spettino ancora all’Eocene
medio o rientrino invece nell’Eocene superiore.
Si ha poi la presenza di depositi alluvionali costituiti da ghiaie e sabbie con strato di alterazione scarso o nullo,
in parte ricoperti e intercalati da strati di limo. Tali depositi si estendono, ai piedi dei terrazzi, lungo i principali
corsi d’acqua. Spettano in gran parte al Postglaciale le alluvioni argillose e sabbiose, provenienti dal dilavamento
dei terreni marnoso - arenacei dell’Eocene, situate alla base dei colli e nelle vallecole intercollinari della zona
pedemontana delle Giulie.
Per maggiori dettagli si rimanda all’estratto non in scala della Carta Geologica d’Italia fg. 26 Tarvisio di seguito
riportato.
Figura 2 - Estratto non in scala della Carta Geologica d’Italia fg. 26 Tarvisio e legenda
3.2 INQUADRAMENTO STRUTTURALE
Le Prealpi Giulie possono essere suddivise in tre regioni morfologiche, diverse per caratteristiche litologiche e
strutturali:
la regione montana, comprendente le strette catene parallele del Plauris - Lavera - Cuzzer - M. Guarda,
delle Cime di Ledis - Monti Musi e del Cjampon - Gran Monte - Stol;
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– la regione submontana, comprendente i rilievi “conformati a dossi ed altopiani” costituiti dalle brevi
pieghe anticlinali (ellissoidi) del Campeon, della Bernadia e del Mia - Matajur e dalla “massa dei monti
Zuffine, Jauer e Joanas” estesa tra la valle del Cornappo e la media valle del Natisone;
la regione pedemontana, comprendente le colline meno elevate digradanti verso la pianura, formate dalle
rocce eoceniche prevalentemente arenacee e marnose “interessate dal rovesciamento pedemontano”.
Tali regioni morfologiche sono visibili nello schizzo oro-tettonico non in scala delle Prealpi Giulie Occidentali,
tratto da “Descrizione geologica dei dintorni di Tarceto in Friuli” di Olinto Marinelli (1902), di seguito riportato.
Figura 3 - Schizzo oro-tettonico non in scala delle Prealpi Giulie Occidentali (O. Marinelli, 1902) con indicata l’area di
studio
Geograficamente è inoltre possibile distinguere tre diversi trends tettonici (Slejko et al., 1987):
tilaventino, predominante nel settore centrale montano e pedemontano dell’area, con linee orientate in
senso E-W che porta le unità tettoniche ad accavallarsi con vergenza verso S;
dinarico, caratterizzante il settore orientale, avente direzione NW-SE e vergenza verso SW;
valsuganese, tipico del settore prealpino occidentale, avente direzione NE-SW e vergenza verso SE.
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In particolare, l’area di studio è situata all’interno della zona pedemontana orientale, costituita dai terreni
marnoso – arenacei dell’Eocene e da quelli miocenici.
Tali terreni sono conformati in una serie di pieghe per lo più regolari e disposte parallelamente al margine
esterno dell’arco prealpino. Sulla destra del Tagliamento si ha una sinclinale a nucleo pontico, applicata al
fianco esterno dell’ellissoide dell’Arzino, e un’anticlinale il cui fianco esterno si immerge verso la pianura.
Inoltre, il Flysch eocenico che costituisce la zona pedemontana delle Giulie è curvato in numerose pieghe
secondarie.
Tra le pieghe principali va evidenziata la sinclinale che si estende all’esterno dell’ellissoide della Bernadia e della
flessura Attimis-Faedis. Un’ampia sinclinale passa a nord dei colli di Rosazzo con direzione sud-est,
accompagnata da una dolce anticlinale che attraversa la collina di Buttrio.
Il fascio delle pieghe prealpine descrive nell’insieme un grande arco intorno alla pianura, la quale coincide con
un’ampia depressione tettonica che si continua nella geosinclinale adriatica. La grande sinclinale che costituisce
la pianura è turbata da piegature secondarie, come quella che, con direzione da nord-ovest a sud-est, determina
il riaffiorare dei terreni langhiani tra Variano e Pozzuolo.
L’arco prealpino rappresenta, quindi, un sistema di rilievi a pieghe, complicati da parziali ricoprimenti nella zona
montana e nell’ellissoide dell’Arzino.
Oltre a questi ricoprimenti, esistono anche alcune faglie di estensione notevole.
Un esempio è il sistema di fratture trasversali al decorso delle pieghe, che si osserva sulla destra del
Tagliamento, in relazione con la brusca deviazione che le stesse pieghe subiscono in corrispondenza alle valli
trasversali del Tagliamento e del Melò.
3.3 INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO
I processi deposizionali che si sono verificati nel corso del Pleistocene superiore nella pianura Friulana,
condizionati dall’evoluzione tettonico-strutturale dell’area e dalle variazioni glacio-eustatiche connesse agli eventi
climatici del Quaternario, hanno portato alla suddivisione del territorio in due domini idrogeologici distinti,
denominati Alta Pianura e Bassa Pianura.
La transizione tra questi due domini è evidenziata in superficie dagli affioramenti di risorgiva, che si dispongono
all’interno di una fascia territoriale larga alcuni km e che si sviluppa in direzione est-ovest per circa 100 km. Tale
assetto determina il passaggio da un potente e continuo sistema acquifero indifferenziato di tipo freatico a nord
a un complesso sistema acquifero multifalda a sud, in stretta connessione reciproca: la falda freatica dell’Alta
Pianura si muove verso sud, in parte emerge in corrispondenza della linea delle risorgive e in parte va ad
alimentare il sistema acquifero multifalda della Bassa Pianura.
Per maggiori dettagli si rimanda allo schema non in scala della Pianura Friulana di seguito riportato.
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Figura 4 - Schema non in scala della Pianura Friulana con indicata in viola l’area di studio. Il tratteggio rosso indica la linea
delle risorgive
In particolare, l’area di studio è posta nell’Alta Pianura Friulana, caratterizzata da un materasso di depositi
Quaternari prevalentemente ghiaiosi con spessori variabili da 50-70 m, in prossimità dei rilievi, a 400-800 m, in
prossimità delle risorgive.
3.3.1 Idrografia superficiale
L’elemento di maggiore rilievo nell’area d’interesse è il torrente Alberone che scorre in una valle orientata
all’incirca nord-sud. Come descritto in precedenza, il torrente assume questo nome dopo l’abitato di Losaz e
nasce dalla confluenza dei torrenti Rieca e Aborna in corrispondenza di località Crignaro.
Il T. Alberone, dopo aver raccolto le acque di tutti i torrentelli che scendono dal Matajur e quelle più abbondanti
del T. Cosizza, sfocia nel fiume Natisone in corrispondenza di Ponte San Quirico, a sua volta affluente del fiume
Isonzo.
Le sorgenti sono presenti in numero notevole in tutto il territorio, più frequenti ai piedi dei rilievi a maggior
presenza di alternanze marnoso-arenacee rispetto a quelli caratterizzati dalle calcareniti. Anche se non mancano
sorgenti perenni di buona portata, in generale, le emergenze sono spesso di modestissima portata e in buona
parte sono riconducibili a stillicidi.
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3.3.2 Idrogeologia e idrografia sotterranea
La situazione idrografica del territorio comunale di Savogna è determinata dalle diverse caratteristiche di
permeabilità dei terreni presenti.
I rilievi submontani della Prealpi Giulie, costituiti dalla zona inferiore dell’Eocene prevalentemente calcarea, sono
interessati da intensi fenomeni carsici. L’idrografia sotterranea che ne deriva offre caratteri peculiari a causa
della presenza di un’alternanza di potenti banchi calcarei fessurati, che si comportano come vere e proprie
rocce carsiche, con zone marnoso-arenacee subimpermeabili che costituiscono tali rilievi. Inoltre, la struttura a
cupola di tali terreni fa sì che i banchi denudati rimangano scoperti per tratti abbastanza estesi, costituendo dei
ripiani più o meno inclinati, crepacciati, cosparsi di doline e di piccole voragini, che rappresentano dei veri e
propri lembi di Carso. Tuttavia, nei rilievi eocenici, ciascun banco calcareo si trova limitato tra due estremi
pressoché impermeabili, che lo separano dai banchi contigui. Le acque che vi penetrano tendono pertanto a
raccogliersi sopra il fondo impermeabile e la ricchezza idrica è tanto maggiore quanto maggiore è l’estensione
della superficie affiorante. Lungo il margine esterno dei dossi eocenici delle Giulie, gli strati da prima piegati ad
ampia cupola si inflettono bruscamente verso il piano, presentandosi localmente rovesciati. Le acque assorbite
sull’altopiano sono così condotte a defluire verso il fondo delle valli, dove escono a contatto con la base o con il
tetto, entrambi impermeabili, che fungono da battente o otturatore.
Nell’area sono, inoltre, presenti i rilievi marnoso-arenacei dell’Eocene, che si distinguono per la scarsa
permeabilità, conseguente alla natura prevalentemente marnosa delle rocce e alla mancanza d’intercalazioni
potenti e continue di rocce porose o fessurate. I banchi di brecciola calcarea e di puddinga che si trovano qua e
là intercalati alimentano piccole sorgenti prive di grande importanza.
3.4 ASSETTO LITOLOGICO LOCALE
Le litologie affioranti nella zona di intervento sono piuttosto uniformi, in ragione delle caratteristiche geologiche e
tettoniche generali descritte ai capitoli precedenti. Esse sono rappresentate principalmente da depositi terrigeni
in facies di flysch e da depositi clastici finali in facies di molassa, che rappresentano i materiali di colmata
dell’avanfossa sudalpina.
In particolare, si riscontra una unità formata da corpi torbiditici che, con l’arrivo dei primi Flysch nel Cretaceo
sup.-Paleocene, portarono all’annegamento e talora alla parziale demolizione della piattaforma carbonatica
cretacea. In relazione all’età, alle litologie prevalenti e alla toponomastica locale, nel territorio si sono distinti i
seguenti membri informali: Flysch di Uccea (Campaniano sup. – Maastrichitiano inf.) e Flysch di Drenchia
(Maastrichiniano inf.), costituiti da calciclastiti grigio-nere, banchi di brecce e areniti nella porzione superiore. Si
menzionano poi i Flysch di Cloding (Maastrichtiano inf.), rappresentati da calcareniti, con associate brecce e
calcilutiti, e arenarie da subordinate ad assenti che si trovano in strati sottili nelle torbiditi arenaceo-marnose con
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potenti orizzonti di breccia del Flysch dello Judrio (Maastrichtiano medio). Chiudono la risedimentazione
torbiditica del Cretacico le calcareniti, calciruditi, marne e subordinate arenarie del Flysch di Brieka.
Nel Paleocene l’unità è considerata continua con le peliti rossastre, intercalate ad arenarie grigie del Flysch di
Calla e con il sovrastante Flysch di Masarolis, prevalentemente arenaceo, con presenza di orizzonti calciclastici.
Altra unità affiorante nell’area di interesse è rappresentata dal Flysch del Grivò (Thanetiano-Ypresiano p.p.), con
le sovrastanti Marne e arenarie di Savorgnano (Ypresiano p.p.). Litologicamente questa unità è caratterizzata
dalle tipiche alternanze pelitico-arenacee in strati sottili, ma in maggior modo dalla successione di potenti
megabanchi carbonatici corrispondenti a colossali olistostromi franati nel bacino torbiditico.
Questi megabanchi, la cui impostazione potrebbe essere imputata a scosse sismiche di grande energia, sono la
dimostrazione dell’instabilità tettonica durante l’Eocene inf. del margine della piattaforma carbonatica friulana,
prossimo all’area di deposizione dei megastrati.
Da alcuni di essi, caratterizzati dalla grana media e medio-fine delle areniti, si estraggono tuttora le rinomate
“pietre piasentine” che caratterizzano buona parte dell’edilizia friulana.
Testimonianze di lembi di Flysch franati (megabanchi) sono presenti nell’area di cava in prossimità di loc. Clenia
a valle del cento abitato di Savogna.
Figura 5 - Strati inclinati appartenenti alle facies flyschoidi affioranti nell’area di studio
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Nell’area di studio si ha anche la presenza di depositi quaternari che si collocano perlopiù nelle aree circostanti
gli alvei attuali dei corsi d’acqua. In particolare, si tratta di depositi di origine fluvioglaciale e alluvionale di
fondovalle del settore montano, di età compresa tra il Pleistocene superiore e l’Olocene.
Essi sono spesso terrazzati, coperti da vegetazione e assestati, pensili rispetto ai depositi attuali sui quali si
affacciano con scarpate di terrazzo di varia altezza.
Figura 6 - Depositi fluvioglaciali e/o alluvionali presenti nell’area d’interesse
Di seguito si riporta un estratto non in scala della Carta geologica dell’area.
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Figura 7 - Estratto non in scala della Tavola n. – Carta Geologica
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ANALISI DEI VINCOLI GRAVANTI SUI TERRENI
Nel presente capitolo è stata analizzata la cartografia tematica e la relazione tecnica del Progetto di Piano
Stralcio per l'Assetto Idrogeologico del Bacino dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Piave e Brenta-Bacchiglione,
allegati alla delibera n. 3 del Comitato Istituzionale del 9 novembre 2012.
Dall’analisi della Tavola 1 di 1 della “Carta della pericolosità geologica” vigente nel comune di Savogna, si
evidenzia che la zona interessata dall’opera di presa e dalla centrale di produzione non rientrano in aree a
pericolosità geologica.
Figura 8 - Estratto non in scala della Tavola 1 di 1 – Carta della pericolosità geologica vigente in comune di Savogna con
indicazione in viola delle aree della centrale di produzione e dell’opera di presa
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Dall’analisi della Tavola 16 della “Carta della pericolosità idraulica” vigente in comune di Savogna, si evidenzia
che il tratto di condotta ricade parzialmente in aree a pericolosità idraulica elevata P3, mentre le aree interessate
dall’opera di presa e dalla centrale di produzione non rientrano in aree a pericolosità idraulica.
Figura 9 - Estratto non in scala della Tavola 16 – Carta della pericolosità idraulica vigente in comune di Savogna con
indicazione in viola delle aree interessate dall’opera di presa e dalla centrale di produzione e in rosso le aree di posa della
condotta ricadenti in aree a pericolosità idraulica elevata P3
Di seguitosi riporta la normativa relativa alle aree a pericolosità geologica e idraulica inserita nelle Norme
Tecniche Attuative del Piano.
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ART. 8 – Disposizioni comuni per le aree a pericolosità idraulica, geologica, valanghiva e per le zone di attenzione
1. Le Amministrazioni comunali non possono rilasciare concessioni, autorizzazioni, permessi di costruire od equivalenti,
previsti dalle norme vigenti, in contrasto con il Piano.
(omiss.)
3. Nelle aree classificate pericolose e nelle zone di attenzione, ad eccezione degli interventi di mitigazione della
pericolosità e del rischio, di tutela della pubblica incolumità e di quelli previsti dal Piano di bacino, è vietato, in rapporto
alla specifica natura e tipologia di pericolo individuata:
a. eseguire scavi o abbassamenti del piano di campagna in grado di compromettere la stabilità delle fondazioni degli
argini, ovvero dei versanti soggetti a fenomeni franosi;
b. realizzare tombinature dei corsi d’acqua;
c. realizzare interventi che favoriscano l’infiltrazione delle acque nelle aree franose;
d. costituire, indurre a formare vie preferenziali di veicolazione di portate solide o liquide;
e. realizzare in presenza di fenomeni di colamento rapido (CR) interventi che incrementino la vulnerabilità della
struttura, quali aperture sul lato esposto al flusso;
f. realizzare locali interrati o seminterrati nelle aree a pericolosità idraulica o da colamento rapido.
4. Al fine di non incrementare le condizioni di rischio nelle aree fluviali e in quelle pericolose, fermo restando quanto
stabilito al comma precedente ed in rapporto alla specifica natura e tipologia di pericolo individuata, tutti i nuovi interventi,
opere, attività consentiti dal Piano o autorizzati dopo la sua approvazione, devono essere tali da:
a. mantenere le condizioni esistenti di funzionalità idraulica o migliorarle, agevolare e comunque non impedire il
normale deflusso delle acque;
b. non aumentare le condizioni di pericolo dell’area interessata nonché a valle o a monte della stessa;
c. non ridurre complessivamente i volumi invasabili delle aree interessate tenendo conto dei principi dell’invarianza
idraulica e favorire, se possibile, la creazione di nuove aree di libera esondazione;
d. minimizzare le interferenze, anche temporanee, con le strutture di difesa idraulica, geologica o valanghiva.
5. Tutte le opere di mitigazione della pericolosità e del rischio devono prevedere il piano di manutenzione.
6. Tutti gli interventi consentiti dal presente Titolo non devono pregiudicare la definitiva sistemazione né la realizzazione
degli altri interventi previsti dalla pianificazione di bacino vigente.
ART. 9 – Disciplina degli interventi nelle aree classificate a pericolosità molto elevata P4
1. Nelle aree classificate a pericolosità molto elevata P4 può essere esclusivamente consentita l’esecuzione di:
(omiss.)
g. realizzazione o ampliamento di infrastrutture a rete pubbliche o di interesse pubblico, diverse da strade o da edifici,
riferite a servizi essenziali non diversamente localizzabili o non delocalizzabili ovvero mancanti di alternative
progettuali tecnicamente ed economicamente sostenibili, purché, se necessario, dotate di sistemi di interruzione
del servizio o delle funzioni; nell’ambito di tali interventi sono anche da ricomprendersi eventuali manufatti
accessori e di servizio, di modesta dimensione e, comunque, non destinati all’uso residenziale o che consentano il
pernottamento;
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(omiss.)
p. realizzazione delle opere di raccolta, regolazione, trattamento, presa e restituzione dell’acqua;
(omiss.)
ART. 10 – Disciplina degli interventi nelle aree classificate a pericolosità elevata P3
1. Nelle aree classificate a pericolosità elevata P3, possono essere consentiti tutti gli interventi di cui alle aree P4
(omiss.)
2. Gli elaborati progettuali degli interventi di cui al comma 1 devono essere corredati da una relazione tecnica che tenga
conto in modo approfondito della tipologia di pericolo, redatta da un tecnico laureato abilitato, se prevista dalla
normativa di settore. Le indicazioni contenute nella suddetta relazione devono essere integralmente recepite nel
progetto delle opere di cui si prevede l’esecuzione.
ART. 13 – Disciplina delle aree fluviali
1. Nelle aree fluviali, richiamate le disposizioni di cui all’art. 8, sono escluse tutte quelle attività e/o utilizzazioni che
diminuiscono la sicurezza idraulica e, in particolare, quelle che possono:
a. determinare riduzione della capacità di invaso e di deflusso del corpo idrico fluente;
b. interferire con la morfologia in atto e/o prevedibile del corpo idrico fluente;
c. generare situazioni di pericolosità in caso di sradicamento e/o trascinamento di strutture e/o vegetazione da parte
delle acque.
3. Nelle aree fluviali, gli interventi di qualsiasi tipo devono tener conto della necessità di mantenere, compatibilmente con
la funzione alla quale detti interventi devono assolvere, l’assetto morfodinamico del corso d’acqua. Ciò al fine di non
indurre a valle condizioni di pericolosità. Nelle aree fluviali è consentita, previa acquisizione dell’autorizzazione idraulica
della Regione e nel rispetto dei criteri di cui al comma 1:
a. la realizzazione degli interventi finalizzati alla navigazione, compresa anche la nautica da diporto;
b. la realizzazione, ampliamento o manutenzione delle opere di raccolta, regolazione, trattamento, presa e restituzione
dell’acqua;
c. la realizzazione, ampliamento o manutenzione di strutture a rete e di opere di attraversamento stradale,
ciclopedonale e ferroviario. Le nuove opere vanno realizzate a quote compatibili con i livelli idrometrici propri della
piena di riferimento tenuto conto del relativo franco di sicurezza;
d. l’installazione di attrezzature e strutture, purché di trascurabile ingombro, funzionali all’utilizzo agricolo dei suoli
nelle aree fluviali.
Secondo quanto sopra riportato, la realizzazione delle opere in progetto non risultano in contrasto con le
norme di Piano.
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ASPETTI GEOLOGICI E GEOMORFOLOGICI INERENTI L’OPERA
La zona di interesse si sviluppa approssimativamente da una quota di 345 m s.l.m. a una quota di 218 m s.l.m.
nella valle compresa tra le pendici occidentali del M. San Giovanni (704 m s.l.m.) e quelle orientali del M. San
Giorgio (866 m s.l.m.), tra le località Ieronizza e Fleta in comune di Savogna (UD).
In corrispondenza dell’area interessata dal progetto, l’alveo del T. Alberone scorre in uno stretto canale sinuoso,
generalmente poco profondo. Il greto del torrente è caratterizzato dalla presenza di moltissimi massi di
dimensioni variabili, da qualche decimetro a qualche metro, derivanti presumibilmente dall’erosione delle rocce
monte durante il periodo sin- e post-glaciale, o da fenomeni di trasporto in massa avvenuti sia nel corso
principale, sia nelle vallecole laterali alla valle dell’Alberone.
Il torrente presenta poche barre laterali di piccole dimensioni, generalmente emerse, composte da sedimenti
analoghi a quelli presenti sul fondo (ghiaie medio-grossolane). Tutte le barre prese in esame non presentano
vegetazione.
Figura 10 - Massi e barre laterali ghiaiose presenti nell’alveo del T. Alberone
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Figura 11 - Massi e barre laterali ghiaiose presenti nell’alveo del T. Alberone
Nella zona dove è prevista l’opera di presa sono presenti uno o più terrazzi fluviali stabilizzati e vegetati.
Figura 12 - Terrazzi fluviali vegetati in corrispondenza dell’opera di presa
Nell’area di realizzazione della condotta e della centrale di produzione affiorano estesamente le facies flyschoidi
arenaceo-marnose eoceniche descritte ai capitoli precedenti. In tali litologie sono visibili le testimonianze
dell’intensa attività deformativa dell’area, rappresentate da pieghe (a piccola scala), verticalizzazione degli strati
e fratture.
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Le pieghe osservabili si presentano perlopiù omogenee e con assi aventi direzione azimutale compresa tra N
285 e N 295.
Figura 13 - Affioramenti che mostrano l’attività deformativa subita dalle litologie presenti
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Per maggiori dettagli si rimanda alla documentazione fotografica degli affioramenti visibili nell’area di progetto
allegata alla presente.
CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA DEI TERRENI
La caratterizzazione geotecnica dei terreni è stata effettuata mediante un rilievo geologico di superficie eseguito
lungo gli affioramenti rocciosi e in corrispondenza delle opere in progetto.
I dati raccolti sono stati poi confrontati con quelli riportati in Letteratura.
Si tiene a precisare che i dati considerati sono relativi alle osservazioni dello scrivente, effettuate durante il
sopralluogo tecnico, essi devono pertanto essere considerati di tipo qualitativo e sono indicativi della situazione
geotecnica generale dell’area in oggetto.
Di seguito si riportano le caratteristiche geotecniche dei terreni individuati nell’area di studio.
6.1 ROCCIA FLYSCHOIDE CALCAREA-ARENACEA-MARNOSA
6.1.1 Classificazione dell’ammasso roccioso con il metodo RMR
Con i dati in possesso è stata effettuata una classificazione dell’ammasso roccioso secondo il metodo Rock
Mass Rating (𝑅𝑀𝑅) di Bieniawski (1973), allo scopo di ottenere un’indicazione delle caratteristiche medie
dell’ammasso roccioso e dei suoi parametri geomeccanici.
Il metodo si basa sul calcolo del valore di 𝑹𝑴𝑹 che si ottiene tramite la seguente relazione:
𝑅𝑀𝑅 = 𝐴1 + 𝐴2 + 𝐴3 + 𝐴4 + 𝐴5
dove:
𝐴1 valore numerico derivato dalla resistenza della roccia intatta;
𝐴2 valore numerico derivato dall’indice 𝑅𝑄𝐷;
𝐴3 valore numerico derivato dalla spaziatura delle discontinuità;
𝐴4 valore numerico derivato dalle condizioni delle discontinuità;
𝐴5 valore numerico derivato dalle condizioni idrauliche.
In realtà il valore considerato di 𝑅𝑀𝑅 è l’𝑹𝑴𝑹 di base (𝑹𝑴𝑹𝒃) che non tiene conto dell’orientamento delle
discontinuità. Il coefficiente 𝐴6, infatti, non viene considerato perché riflette l’influenza della giacitura delle
famiglie di discontinuità sulla stabilità del fronte di scavo, mentre nel caso in esame abbiamo la presenza di un
pendio naturale.
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Resistenza a compressione monoassiale della roccia
Questo parametro è stato ricavato da dati bibliografici. In particolare, è stata utilizzata la classificazione di
durezza per le rocce intatte riportata nel NAVFAC DM 7.1, Table 9. La roccia flyschoide affiorante nell’area di
studio è classificabile in Classe II, “Soft”, caratterizzata da valori di compressione uniassiale compresi tra 250 e
500 kg/cm2
(25÷50 MPa).
Rock Quality Designation (𝑹𝑸𝑫)
L’𝑅𝑄𝐷 (Deere, 1964) è un coefficiente indicativo della qualità dell’ammasso roccioso che rappresenta il valore
percentuale dei frammenti di roccia con lunghezza maggiore o uguale a 10 cm presenti in un campione lungo
un metro.
In mancanza di carote di sondaggio, il valore di 𝑅𝑄𝐷 può essere stimato dal numero di famiglie di discontinuità
caratterizzanti l’ammasso roccioso e dalla misura della loro spaziatura attraverso la relazione di Palmström
(1982):
𝑅𝑄𝐷 = 115 − 3.3 ∙ 𝐽𝑣
con 𝐽𝑣 pari al numero di fratture per metro cubo di roccia, determinato dalla relazione:
𝐽𝑣 =1
𝑆1+
1
𝑆2+
1
𝑆3+ ⋯
𝑁𝑟
5
dove:
𝑆𝑖 è la spaziatura della famiglia 𝑖
𝑁𝑟 è il numero di famiglie casuali (che non costituiscono una vera e propria famiglia) eventualmente
presenti.
Bisogna, però, tener presente che la relazione sopra riportata è valida per 𝐽𝑣 superiore o uguale a 4.5, mentre
per 𝐽𝑣 inferiore si ha che 𝑅𝑄𝐷 è 100.
Nel caso in esame sono state misurate solamente le spaziature appartenenti alla stratificazione poiché non si
sono riconosciute famiglie di discontinuità data l’intensa deformazione tettonica della zona.
Inoltre, a favore della sicurezza, per il calcolo di Jv, sono state prese in considerazione le minime spaziature
misurate, pari a circa 3 cm.
Si ha quindi che:
𝐽𝑣 =1
𝑆= 33.3
𝑅𝑄𝐷 = 115 − 3.3 ∙ 𝐽𝑣 = 115 − 109.9 = 5.1%
Il pendio, oggetto della presente, ha un 𝑅𝑄𝐷 minimo pari a 5% che indica un ammasso roccioso molto
scadente.
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Spaziatura dei giunti di discontinuità
Come indicato in precedenza la spaziatura è piuttosto variabile ma, a favore della sicurezza, sono state
considerate le spaziature minime misurate nell’area di studio.
Condizioni dei giunti
I giunti di stratificazione presenti nell’area d’interesse sono in genere continui, aperti da circa 5 mm a qualche
cm, leggermente scabri e con pareti da poco alterate a inalterate. Il riempimento è di tipo terrigeno (marnoso e/o
arenaceo).
Condizioni idrauliche
I giunti non presentano stillicidio e la roccia nell’intorno è asciutta.
A seguito di quanto sopra descritto per i parametri fondamentali della classificazione di Bieniawski, possiamo
assegnare i seguenti valori ai coefficienti di 𝑅𝑀𝑅:
- A1 = 6 (𝜎𝑐 compreso nell’intervallo 25÷50 MPa)
- A2 = 3 (RQD minore del 25%)
- A3 = 5 (spaziatura inferiore a 6 cm)
- A4 = 7 (condizioni delle discontinuità come sopra descritto)
- A5 = 15 (giunti asciutti)
Dalla sommatoria di questi parametri è stato ottenuto, per l’ammasso roccioso considerato, un valore di RMR
= 36 corrispondente a una classe IV (scadente).
6.1.2 Classificazione dell’ammasso roccioso con il metodo GSI
Per la classificazione dell’ammasso roccioso in esame è stato utilizzato anche il metodo di Hoek (1994) che fa
riferimento alla definizione dell’indice GSI (Geological Strength Index).
Questa classificazione si basa sulla combinazione tra la valutazione dell’assetto strutturale dell’ammasso
roccioso e le caratteristiche delle discontinuità che lo separano.
Il valore dell’indice GSI si ricava dal grafico in Figura 14 che mette in relazione il grado di fratturazione e di
disturbo tettonico dell’ammasso con le caratteristiche delle superfici di discontinuità in termini di rugosità,
alterazione e riempimento della frattura.
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Figura 14 - Determinazione del GSI (Hoek & Marinos, 2000)
L’ammasso roccioso in esame è definibile, secondo la classificazione di Hoek, come “blocky/disturbed” e, in
relazione al grafico sopra riportato, è stato possibile assegnargli un valore di GSI pari a 30.
Il valore di GSI può essere stimato attraverso la relazione (Singh and Goel, 1999):
𝐺𝑆𝐼 = 𝑅𝑀𝑅𝑏 − 5
Da tale relazione si ricava, per l’ammasso oggetto di studio, un valore di GSI pari a 31, che sostanzialmente
conferma il valore ricavato dal grafico in Figura 14.
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6.1.3 Parametri geomeccanici dell’ammasso roccioso flyschoide
Per stimare i parametri geomeccanici medi dell’ammasso roccioso sito nell’area d’interesse è stato usato il
criterio empirico di Hoek & Brown, la cui formulazione, nella versione più recente (2002), è la seguente:
𝜎1′ = 𝜎3
′ + 𝜎𝑐𝑖[𝑚𝑏(𝜎3′/𝜎𝑐𝑖) + 𝑠]𝑎
dove:
𝜎1′ e 𝜎3
′ sono gli sforzi principali efficaci massimi e minimi applicati a rottura;
𝜎𝑐𝑖 è la resistenza a compressione monoassiale della roccia intatta;
𝑚𝑏, 𝑠, a sono coefficienti che dipendono dalle caratteristiche dell’ammasso roccioso.
Tali coefficienti possono essere ricavati dalle seguenti formule:
𝑚𝑏 = 𝑚𝑖𝑒𝐺𝑆𝐼−10028−14𝐷
𝑠 = 𝑒𝐺𝑆𝐼−100
9−3𝐷
𝑎 = 0.5 +1
6∙ (𝑒−𝐺𝑆𝐼/15 − 𝑒−20/3)
dove:
𝑚𝑖 è un coefficiente tipico della roccia intatta
𝐺𝑆𝐼 è il Geologica Strength Index
D è il fattore di disturbo che tiene conto dell’impatto delle tecnologie di scavo sugli ammassi considerati e/o
delle deformazioni subite dall’ammasso roccioso a seguito o prima dello scavo. Esso varia tra 0
(ammassi indisturbati) e 1 (ammassi molto disturbati).
Bisogna, però, tener conto che nella realtà è improbabile che si verifichino stati di sforzo uniassiale puro senza
la presenza di un confinamento (Hoek, 2002), pertanto, per applicazioni ingegneristiche, gli autori propongono
un valore diverso della resistenza a compressione indicato da 𝜎𝑐𝑚 e che vale nell’intervallo 𝜎𝑡 < 𝜎3 < 𝜎𝑐/4 di
sforzi di confinamento.
Questa resistenza a compressione di ammasso è data dalla relazione:
𝜎𝑐𝑚 = 𝜎𝑐𝑖 ∙(𝑚𝑏 + 4𝑠 − 𝑎 ∙ (𝑚𝑏 − 8𝑠)) ∙ (𝑚𝑏/4 + 𝑠)𝑎−1
2 ∙ (1 + 𝑎) ∙ (2 + 𝑎)
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I parametri che definiscono le caratteristiche geomeccaniche dell’ammasso roccioso sono 𝑚𝑏, 𝑠 ed 𝑎, i quali
possono essere calcolati noti il 𝐺𝑆𝐼, la costante 𝑚𝑖 e la resistenza a compressione monoassiale della roccia
intatta 𝜎𝑐𝑖.
Tramite formulazioni semi empiriche è, poi, possibile ricavare, dal criterio di Hoek & Brown, i parametri medi
dell’ammasso roccioso secondo il criterio di Mohr-Coulomb. In particolare, si possono così ottenere i valori di
𝜑′, 𝑐′
ed 𝐸𝑚 “equivalenti” derivanti dalla linearizzazione del criterio di Hoek & Brown.
Questi parametri del criterio linearizzato si ottengono dalle seguenti relazioni (Hoek, 2002):
𝑐′ =𝜎𝑐𝑖[(1 + 2𝑎)𝑠 + (1 − 𝑎)𝑚𝑏𝜎3𝑛
′ ](𝑠 + 𝑚𝑏𝜎3𝑛′ )𝑎−1
(1 + 𝑎)(2 + 𝑎)√1 + (6𝑎𝑚𝑏(𝑠 + 𝑚𝑏𝜎3𝑛′ )𝑎−1)/((1 + 𝑎)(2 + 𝑎))
𝜑′ = sin−1 [6𝑎𝑚𝑏(𝑠 + 𝑚𝑏𝜎3𝑛
′ )𝑎−1
2(1 + 𝑎)(2 + 𝑎) + 6𝑎𝑚𝑏(𝑠 + 𝑚𝑏𝜎3𝑛′ )𝑎−1
]
𝐸𝑚 = (1 −𝐷
2) √
𝜎𝑐
100∙ 10(
𝐺𝑆𝐼−1040
)
dove 𝜎3𝑛′ = 𝜎3𝑚𝑎𝑥
′ /𝜎𝑐𝑖
con 𝜎3𝑚𝑎𝑥′
pari al limite superiore della tensione di confinamento, che nel caso di versanti, è dato dalla
relazione:
𝜎3𝑚𝑎𝑥′ = 𝜎𝑐𝑚 ∙ 0.72 (
𝜎𝑐𝑚
𝛾𝐻)
−0.91
dove:
𝛾 è il peso per unità di volume della roccia che compone l’ammasso roccioso
𝐻 è l’altezza del versante
Inoltre, i parametri di Mohr-Coulomb possono essere ricavati anche usando il valore di 𝑅𝑀𝑅𝑏 riportato nel
capitolo precedente, tramite le relazioni (Bieniawski, 1989):
𝑐 = 5 ∙ 𝑅𝑀𝑅𝑏
𝜑 = 0.5 ∙ 𝑅𝑀𝑅𝑏 + 5
Bisogna tenere in considerazione, però, che il valore di coesione dell’ammasso così calcolato è applicabile ad
ammassi rocciosi molto fratturati ed a scarpate in condizioni sature.
Pertanto, l’equazione che sembra meglio rappresentare il valore dell’angolo d’attrito è la seguente (Trunk e
Honisch, 1990):
𝜑 = 0.5 ∙ 𝑅𝑀𝑅𝑏 + 8.3 ± 7.2
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Dati utilizzati:
- Resistenza a compressione della roccia intatta 𝝈𝒄𝒊
Come riportato in precedenza, questo parametro è stato ricavato da dati bibliografici (NAVFAC DM 7.1, Table
9) e, per il caso in esame, è stato considerato un valore medio pari a 40 MPa.
- Coefficiente di disturbo 𝑫
Questo parametro tiene conto delle modalità di scavo sugli ammassi considerati e/o delle deformazioni
subite dall’ammasso a seguito o prima dello scavo. Generalmente varia tra 0, per ammassi indisturbati, e 1,
per ammassi molto disturbati.
Si è quindi deciso di applicare, al calcolo dei parametri geomeccanici dell’ammasso roccioso oggetto della
presente, un fattore di disturbo pari a 0.7.
- Altezza del versante
Questo valore è un dato correttivo dei parametri di Mohr-Coulomb che tiene in considerazione il rapporto tra
le caratteristiche strutturali dell’ammasso roccioso e le dimensioni del versante (Hoek, 2002). Infatti,
all’aumentare dell’altezza del versante si ha una riduzione del valore di angolo d’attrito e un aumento del
contributo della coesione.
Nel caso in esame è stata considerata un’altezza del versante pari a 40 m.
- Geological Strength Index 𝑮𝑺𝑰
Il valore di GSI è stato ricavato come descritto in precedenza. Nel caso in esame è stato, quindi, considerato
un valore di GSI pari a 31.
- Coefficiente 𝒎𝒊
Il valore del coefficiente 𝑚𝑖 è stato ricavato da dati di Letteratura. Nel caso in esame è stato considerato il
valore del coefficiente 𝑚𝑖 pari a 7.
- Peso di volume 𝜸
Il valore del peso di volume 𝛾 è stato considerato, per il caso in esame, pari a 19 KN/m3
.
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Parametri ottenuti:
Con i dati sopra riportati sono stati ottenuti i seguenti risultati:
- Parametri di Hoek & Brown
Coefficiente 𝑚𝑏 𝑚𝑏 = 0.158
Coefficiente 𝑠 𝑠 = 4.54 ∙ 10−5
Coefficiente 𝑎 𝑎 = 0.521
- Parametri di Mohr-Coulomb
Parametri ottenuti con i coefficienti di Hoek & Brown riportati in precedenza:
Coesione 𝑐 = 125 KPa
Angolo d’attrito φ = 33°
Modulo di Young E = 1.48 GPa
- Parametri ottenuti con RMR:
Coesione .............................................................................c = 180 KPa
Angolo d’attrito ....................................................................φ = 34°
Per questo tipo di substrato roccioso, i dati ricavati dalla Letteratura indicano un angolo di attrito pari a 33÷35°
e una coesione variabile tra 30 KPa e 250 KPa.
6.2 TERRENI QUATERNARI ALLUVIONALI E FLUVIO-GLACIALI ATTUALI E ANTICHI
Il pendio che interessa l’opera di presa è costituito interamente da questo tipo di terreni.
Per definirne i parametri geotecnici ci si è basati sui dati ricavati dalla Letteratura e sull’esperienza maturata in
contesti analoghi.
Con riferimento alla classificazione USCS (Unified Soil Classification System), questi terreni prevalentemente
alluvionali possono essere classificati come GP – GM (Ghiaia poco selezionata, miscele di ghiaia e sabbia con o
senza fini – Ghiaia limosa, miscele di ghiaia-sabbia-argilla-limo poco selezionate).
Da quanto sopra esposto possono essere assunti i seguenti parametri geotecnici:
Coesione c = 10 KPa
Angolo d’attrito φ = 33°
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6.3 COLTRE ELUVIO-COLLUVIALE
I terreni alluvionali e il substrato roccioso flyschoide sono ricoperti da un modesto strato di terreni di alterazione
colluviali ed eluviali, costituiti essenzialmente da argille limose. Tale coltre presenta uno spessore variabile che
va da 1 m a 1.5 m circa.
ANALISI PROGETTUALE
7.1 OPERA DI PRESA
L’opera di presa verrà realizzata in sinistra idrografica del T. Alberone e impostata a una quota di 343 m s.l.m.
circa.
Lo scavo interesserà i terreni alluvionali che caratterizzano l’intero versante. Esso avrà una pendenza di circa
80÷85° rispetto alla orizzontale e si svilupperà per una lunghezza di circa 30 m e un’altezza massima di circa
10 m.
Data la pendenza del versante e della parete di scavo dovranno essere previsti interventi di consolidamento, sia
della parete di scavo che del versante stesso.
Tali interventi consistono nella:
chiodatura del fronte di scavo mediante tecnica del soil-nailing e rivestimento della superficie con spritz-
beton;
chiodatura del versante mediante tecnica del soil-nailing con paramento “verde”.
La chiodatura in corrispondenza della parete di scavo verrà eseguita posizionando n. 7 file (ordini) di chiodi
mod. SIRIVE R51, lunghezza 12 m, disposti a quinconce, con inclinazione di 10° sull’orizzontale, interasse
orizzontale 2 m e verticale 1.5 m. Il carico minimo di snervamento caratteristico nominale dei chiodi sarà pari a
600 kN, mentre quello a rottura sarà di 710 kN.
Successivamente verrà posizionata la doppia rete elettrosaldata, maglia 20x20cm, tondino Ø10mm, ed
eseguita una spruzzatura di calcestruzzo al fine di ottenere un getto con spessore minimo complessivo di circa
25 cm.
Nella parte medio alta del pendio a monte dell’opera di presa, invece, la chiodatura verrà eseguita posizionando
n. 6 file (ordini) di chiodi mod. SIRIVE R32P, lunghezza 6 m, disposti a quinconce, con inclinazione di 10°
sull’orizzontale, interasse orizzontale 2 m e verticale 1.5 m. Il carico minimo di snervamento caratteristico
nominale dei chiodi sarà pari a 300 kN, mentre quello a rottura sarà di 360 kN.
Successivamente verrà realizzato il paramento “verde” come di seguito descritto:
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- posa di rete elettrosaldata, maglia 20x20 cm, tondino Ø10mm, fissata agli ancoraggi;
- apporto di terreno vegetale, steso con mezzi idonei, fino al completo rivestimento dell’area e al completo
riempimento degli spazi tra la rete precedentemente posata e il versante;
- posa di geogriglia in poliestere o polipropilene da 20 kN/m, maglia 1x1 cm;
- posa di rete elettrosaldata, maglia 15x15 cm, tondino Ø6mm, zincata a caldo e fissata alla chiodatura
mediante piastre di ripartizione tipo “ragno” e dadi di bloccaggio zincati a caldo.
Figura 15 - Sezione tipo (non in scala) del consolidamento in corrispondenza dell’opera di presa
7.2 CENTRALE ELETTRICA
L’opera di presa verrà realizzata in destra idrografica del T. Alberone e impostata a una quota di 219 m s.lm.
circa.
Lo scavo interesserà sia il substrato roccioso flyschoide (a monte), sia i terreni alluvionali ghiaiosi sabbiosi
limosi (a valle). Esso avrà una pendenza di 80° rispetto all’orizzontale e si svilupperà per una lunghezza di circa
23 m e un’altezza massima di circa 15 m.
CONSOLIDAMENTO con chiodatura e spritz beton
CONSOLIDAMENTO con chiodatura e paramento “verde”
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Anche in questo caso, data la pendenza della parete di scavo, dovrà essere previsto un intervento di
consolidamento mediante una chiodatura con tecnica del soil-nailing e rivestimento della superficie con spritz-
beton.
La chiodatura verrà eseguita posizionando degli ancoraggi in barra autoperforante per file orizzontali mod.
SIRIVE R51, con inclinazione di 10° sull’orizzontale, lunghezza 14 m e disposti a quinconce, con interasse
orizzontale di 2 m e interasse verticale di 1.5 m. Il carico minimo di snervamento caratteristico minimo dei
chiodi sarà superiore a 600 kN.
Successivamente verrà posizionata la doppia rete elettrosaldata, maglia 20x20cm, tondino Ø10mm, ed
eseguita una spruzzatura di calcestruzzo al fine di ottenere un getto con spessore minimo complessivo di circa
25 cm.
Lo scavo del canale diffusore verrà realizzato eseguendo due cordoli poggiati su micropali di diametro 220 mm
ed armati con tubolare in S355 tipo 101x10mm. Ogni cordolo avrà lato 30x30 cm, e tra i cordoli verranno fissati
dei puntoni, lungo il lato corto dello scavo, sempre in tubolare 101x10mm.
7.3 CONDOTTA FORZATA
La posa della condotta forzata interesserà sia i depositi quaternari, sia il substrato roccioso flyschoide
precedentemente descritto.
Lo scavo avrà una pendenza di circa 70° rispetto all’orizzontale e si svilupperà per una lunghezza di circa 1'800
m e una profondità di circa 1.3 m.
Nel tratto da realizzarsi in corrispondenza del sentiero esistente, qualora la posa della condotta preveda
l’allargamento del sentiero o siano presenti tratti di parete rocciosa con caratteristiche geotecniche
particolarmente scadenti dovranno essere previsti interventi di consolidamento.
Tali interventi consistono in:
1 – protezione corticale mediante chiodatura e posa o meno di rete paramassi a discrezione della Direzione
Lavori
2 – consolidamento mediante chiodatura e paramento in spritz-beton
Nel tratto da realizzarsi in corrispondenza del pendio a monte della centrale di produzione, dovrà essere previsto
un sistema di consolidamento caratterizzato da una chiodatura del versante su due file parallele, mediante
tecnica del soil-nailing e stesura di geocomposito (tipo RECS).
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La chiodatura verrà realizzata posizionando n. 2 file parallele di chiodi mod. SIRIVE R32P, con interasse di 1.8
m, lunghezza 4 m e passo orizzontale 5 m. Il carico minimo di snervamento caratteristico nominale dei chiodi
sarà pari a 300 kN, mentre quello a rottura sarà di 360 kN.
Successivamente verrà posato un geocomposito tipo RECS costituito da rete metallica a doppia torsione filo
mm 2.70 maglia cm 8x10 protezione Zn Al, accoppiata meccanicamente per punti a una biorete tessuta 100%
fibra di cocco, a maglia aperta, di massa areica 700 gr/mq.
Infine, verrà posizionato un reticolo di funi in trefolo d’acciaio Ø 12 mm, atto a tenere la rete in aderenza alla
parete.
Figura 16 - Sezione di scavo tipo (non in scala) per la posa della condotta con indicato l’intervento di consolidamento
Figura 17 - Prospetto non in scala dell’intervento di consolidamento della condotta
A sostegno della condotta forzata dovranno inoltre essere previsti n. 2 blocchi in calcestruzzo armato posti
rispettivamente in corrispondenza del sentiero e a circa metà del pendio.
Ciascun blocco di cls armato dovrà essere ancorato al substrato roccioso mediante n. 6 chiodi in barra
autoperforante mod. SIRIVE R51, di lunghezza pari a 8 m, disposti verticalmente e con carico minimo a
snervamento di 600 kN.
Chiodatura tipo SIRIVE R32P
Geocomposito
Scavo e rinterro
Tubazione Ø 60 cm
Funi di acciaio
Chiodo tipo SIRIVE R32P
Biorete in fibra di cocco Rete a doppia torsione
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Figura 18 - Sezione tipo non in scala del blocco di ancoraggio – vista dall’alto
Figura 19 - Sezione tipo non in scala del blocco di ancoraggio – vista laterale
VERIFICHE DI STABILITÀ GLOBALI
Le verifiche di stabilità sono state eseguite in corrispondenza dell’opera di presa e della centrale di produzione
considerando le sezioni aventi massima altezza di scavo e massima pendenza del versante, ricavate dai rilievi
topografici eseguiti con strumentazione Terrestrial Laser Scanner 3D e GPS.
Le verifiche sono state condotte considerando la sola fase di scavo e non la successiva realizzazione dell’opera
di presa e della centrale di produzione.
8.1 CENNI SUL METODO DI CALCOLO – FLAC V8.0
Il programma FLAC (Fast Lagrangian Analysis of Continua) è un codice di calcolo che permette di rappresentare
un modello meccanico del continuo (in termini bidimensionali) e può essere applicato a problemi geotecnici,
geomeccanici, idraulici o altri. Il metodo attua un’analisi Lagrangiana: ciò significa che l’entità degli spostamenti
Chiodo tipo SIRIVE R51
Blocco in cls
Blocco in cls
Chiodo tipo SIRIVE R51
Tubazione Ø60 cm
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in un corpo soggetto a deformazione varia da punto a punto, tale funzione non è omogenea e viene descritta
con un vettore spostamento che varia nello spazio e nel tempo. Date le condizioni iniziali, le variazioni nello
spazio di questi vettori vengono calcolate iterativamente dal FLAC; si sviluppa così un calcolo differenziale per la
risoluzione del quale si utilizza il metodo delle differenze finite. Il calcolo viene effettuato per ciascun punto dello
spazio, pertanto, occorre definire in FLAC la forma del continuo tramite l’impostazione di una griglia, in
corrispondenza di ciascun nodo della quale vengono calcolate le equazioni differenziali.
In ogni ciclo di calcolo si parte dall’equazione di equilibrio che utilizza le equazioni della statica, evidenziando i
valori delle forze sbilanciate e il rapporto di equilibrio della struttura. Si esprimono per ciascun punto della griglia
forze e tensioni associate, dalle quali si ricavano le velocità di deformazione e gli spostamenti; si ricavano,
successivamente, i nuovi valori di forze e tensioni associati ad ogni punto. Il vantaggio di questo processo di
calcolo è che ogni nodo della griglia comunica con gli altri, simulando così la trasmissione delle forze all’interno
di un corpo.
A ciascun elemento della griglia si attribuiscono determinate caratteristiche meccaniche mediante le quali il
programma elabora le condizioni di stabilità, evidenziando i punti in cui non si raggiunge l’equilibrio. E’ possibile
assegnare ad elementi diversi del corpo comportamenti meccanici differenti: è possibile assegnare ad alcuni
nodi un comportamento elastico, ad altri un comportamento meccanico di tipo elastico perfettamente plastico o
elastoplastico, incrudente positivamente o negativamente.
I metodi tradizionali di calcolo all’equilibrio limite utilizzano uno schema approssimativo, generalmente basato
sul metodo dei conci, all’interno del quale sussistono una serie di assunzioni (come l’ubicazione e l’angolo delle
forze tra i conci). Il fattore di sicurezza minimo viene scelto dopo aver verificato alcune superfici di rottura
definite. L’equilibrio, pertanto, è soddisfatto solo lungo un sistema di superfici ideali.
FLAC, invece, restituisce una soluzione completa della Sollecitazione e dello Spostamento, sia nelle equazioni
dell’equilibrio che nelle equazioni costitutive. Una volta definite le proprietà del sistema, se ne valutano le
condizioni di stabilità. Il calcolo del fattore di sicurezza e l’identificazione della superficie critica di rottura-
scivolamento avviene attraverso una serie di simulazioni durante le quali i parametri di resistenza del materiale
vengono ridotti (shear strength reduction technique).
I vantaggi associati al metodo, in rapporto alle soluzioni all’equilibrio limite, sono:
Qualsiasi tipo di rottura si sviluppa naturalmente. Non è necessario specificare preliminarmente il range
di possibili superfici.
Non è necessario ricorrere a parametri artificiali (quali gli angoli delle forze tra i conci) nella
formulazione del modello.
Meccanismi di rottura multipli, o fenomeni di plasticizzazione interna complessi, accadono
naturalmente, se le condizioni assunte portano a questo.
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L’interazione con elementi strutturali (quali chiodi, geogriglie, soil nail) è modellizzata realisticamente,
considerando gli elementi stessi come interamente deformabili, e non semplicemente come forze
equivalenti.
La soluzione coincide con un meccanismo cinematicamente possibile (il metodo all’equilibrio limite
considera solo le forze, non la cinematica).
La “tecnica di riduzione della resistenza” consiste nel ridurre progressivamente i parametri di resistenza
al taglio del materiale, ovvero coesione e angolo d’attrito, sino a portare il pendio allo stato di equilibrio
limite. Se il pendio è inizialmente instabile il valore della coesione e dell’angolo d’attrito viene aumentato
sino a raggiungere le condizioni di equilibrio limite.
All’interno del modello possono essere inseriti elementi strutturali di rinforzo, carichi puntuali o lineari, costanti o
variabili nello spazio, la presenza della superficie freatica, una superficie di debolezza o discontinuità, diversi
strati dotati di proprietà differenti e può essere variata la geometria della mesh di calcolo, aumentando il numero
di nodi della griglia o escludendo una porzione del pendio dall’analisi.
Il valore del fattore di sicurezza coincide con il rapporto fra sforzi resistenti e agenti, pertanto, valori superiori ad
uno implicano condizioni di stabilità del versante, mentre valori inferiori ne testimoniano l’instabilità.
Secondo quanto riportato nella normativa geotecnica imposta dalle nuove Norme Tecniche per le Costruzioni
D.M. 14.01.2008 si avrà:
Rd/Ed ≥ 1
dove:
Rd = sforzi resistenti (resistenze di progetto)
Ed = sforzi agenti (azioni di progetto)
Il coefficiente di sicurezza da utilizzare per le verifiche di sicurezza globali è individuato al paragrafo 6.3.4 del
D.M. 14.01.2008 e ss.mm.ii.. La Normativa non stabilisce un valore univoco, ma lascia libertà al Progettista di
adottare il fattore di sicurezza che ritiene più opportuno.
In questo caso, si ritiene di adottare il fattore di sicurezza di Fs=1.3.
8.2 MODELLO STRATIGRAFICO
Come riportato in precedenza, l’area della centrale è caratterizzata principalmente dalla presenza di un ammasso
roccioso flyschoide calcareo-arenaceo-marnoso con caratteristiche geomeccaniche scadenti poiché fittamente
stratificato e deformato dalla intensa storia tettonica dell’area.
Le caratteristiche di resistenza geomeccanica sono state ricavate al paragrafo 6.1.3.
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A favore di sicurezza, per l’analisi di stabilità sono stati considerati i valori minori dei parametri tra quelli ricavati
e quelli riportati in Letteratura:
Coesione c = 30 KPa
Angolo d’attrito φ = 33°
Per quanto riguarda i depositi quaternari (alluvionali e fluvio-glaciali) presenti nell’area dell’opera di prese, sono
stati invece considerati i seguenti parametri geotecnici, ricavati da Letteratura:
Coesione c = 10 KPa
Angolo d’attrito φ = 33°
La coltre eluvio-colluviale di alterazione non è stata presa in considerazione nella modellazione numerica poiché
di spessore ridotto rispetto alla scala di verifica.
Nell’analisi di stabilità non sono state prese in considerazione le condizioni idrauliche dell’area di studio. In
seguito alla realizzazione dell’opera di presa e della centrale è previsto infatti il riempimento dello scavo a tergo
con materiale arido secco e la posa di una tubazione di drenaggio.
È stato invece considerato il peso dell’abitazione presente a monte dell’opera di presa e le condizioni sismiche
dell’area di studio, inserendo nel codice di calcolo il coefficiente sismico orizzontale (kh) e verticale (kv) ricavati
al capitolo 10.
Dato che i coefficienti sismici possono essere sia positivi che negativi, le verifiche in condizioni sismiche sono
state suddivise in 4 casi distinti.
Nel codice di calcolo sono state inoltre inserite le opere di consolidamento delle pareti di scavo e del pendio
previste e descritte nei capitoli 7 e Errore. L'origine riferimento non è stata trovata..
Si tiene a precisare che, data l’estensione dei pendii in esame, le verifiche di stabilità condotte possono essere
assimilate a verifiche di stabilità dei pendii naturali (C6.3 NTC 2008). Inoltre, date le valutazioni svolte ai capitoli
precedenti e la ricerca bibliografica condotta, i valori dei parametri di resistenza (coesione e angolo d’attrito)
inseriti nel modello e sopra riportati, possono essere considerati come valori caratteristici (C6.3.4 NTC 2008).
Di seguito vengono riportati i modelli stratigrafici inseriti nel codice di calcolo rispettivamente per l’area
dell’opera di presa e della centrale di produzione.
peso abitazione
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Figura 20 - Modello stratigrafico dell’area dell’opera di presa
Figura 21 - Modello stratigrafico dell’area della centrale di produzione
8.3 ANALISI DI STABILITÀ AREA DELL’OPERA DI PRESA
Di seguito vendono riportati i risultati delle verifiche di stabilità sia in condizioni non sismiche, sia in condizioni
sismiche.
I risultati di stabilità complessiva del pendio al termine degli scavi per la realizzazione dell’opera di presa
indicano condizioni buone, con fattore di sicurezza sempre superiore a 1.3.
Terreni quaternari
Roccia flyschoide
Parete di scavo con chiodatura
Parete di scavo con chiodatura
Versante con chiodatura
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8.3.1 Condizioni non sismiche
Figura 22 - Analisi di stabilità in condizioni non sismiche, con Fs = 1.32
Il fattore di sicurezza ottenuto dall’analisi di stabilità generale in condizioni non sismiche del pendio è pari a 1.32
che pertanto risulta essere maggiore del fattore di sicurezza minimo (Fs=1.32 > Fs=1.3)
VERIFICATO
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8.3.2 Condizioni sismiche con kh e kv positivi (riduzione dell’accelerazione di gravità)
Figura 23 - Analisi di stabilità in condizioni sismiche (kh e kv positivi), con Fs = 1.31
Il fattore di sicurezza ottenuto dall’analisi di stabilità generale in condizioni sismiche del pendio, con kh e kv
positivi, è pari a 1.31 che pertanto risulta essere maggiore del fattore di sicurezza minimo
(Fs=1.31 > Fs=1.3)
VERIFICATO
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8.3.3 Condizioni sismiche con kh positivo e kv negativo (aumento dell’accelerazione di gravità)
Figura 24 - Analisi di stabilità in condizioni sismiche (kh positivo e kv negativo), con Fs = 1.31
Il fattore di sicurezza ottenuto dall’analisi di stabilità generale in condizioni sismiche del pendio, con kh positivo e
kv negativo, è pari a 1.31 che pertanto risulta essere maggiore del fattore di sicurezza minimo
(Fs=1.31 > Fs=1.3)
VERIFICATO
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8.3.4 Condizioni sismiche con kh negativo e kv positivo (riduzione dell’accelerazione di gravità)
Figura 25 - Analisi di stabilità in condizioni sismiche (kh negativo e kv positivo), con Fs = 1.33
Il fattore di sicurezza ottenuto dall’analisi di stabilità generale in condizioni sismiche del pendio, con kh negativo
e kv positivo, è pari a 1.33 che pertanto risulta essere maggiore del fattore di sicurezza minimo
(Fs=1.33 > Fs=1.3)
VERIFICATO
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8.3.5 Condizioni sismiche con kh e kv negativi (aumento dell’accelerazione di gravità)
Figura 26 - Analisi di stabilità in condizioni sismiche (kh e kv negativi), con Fs = 1.33
Il fattore di sicurezza ottenuto dall’analisi di stabilità generale in condizioni sismiche del pendio, con kh e kv
negativi, è pari a 1.33 che pertanto risulta essere maggiore del fattore di sicurezza minimo
(Fs=1.33 > Fs=1.3)
VERIFICATO
8.4 ANALISI DI STABILITÀ AREA DELLA CENTRALE DI PRODUZIONE
Di seguito vendono riportati i risultati delle verifiche di stabilità sia in condizioni non sismiche, sia in condizioni
sismiche.
I risultati di stabilità complessiva del pendio al termine degli scavi per la realizzazione della centrale indicano
condizioni buone, con fattore di sicurezza sempre superiore a 1.3.
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8.4.1 Condizioni non sismiche
Figura 27 - Analisi di stabilità in condizioni non sismiche, con Fs = 1.33
Il fattore di sicurezza ottenuto dall’analisi di stabilità generale in condizioni non sismiche del pendio è pari a 1.33
che pertanto risulta essere maggiore del fattore di sicurezza minimo (Fs=1.33 > Fs=1.3)
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8.4.2 Condizioni sismiche con kh e kv positivi (riduzione dell’accelerazione di gravità)
Figura 28 - Analisi di stabilità in condizioni sismiche (kh e kv positivi), con Fs = 1.31
Il fattore di sicurezza ottenuto dall’analisi di stabilità generale in condizioni sismiche del pendio, con kh e kv
positivi, è pari a 1.31 che pertanto risulta essere maggiore del fattore di sicurezza minimo
(Fs=1.31 > Fs=1.3)
VERIFICATO
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8.4.3 Condizioni sismiche con kh positivo e kv negativo (aumento dell’accelerazione di gravità)
Figura 29 - Analisi di stabilità in condizioni sismiche (kh positivo e kv negativo), con Fs = 1.32
Il fattore di sicurezza ottenuto dall’analisi di stabilità generale in condizioni sismiche del pendio, con kh positivo e
kv negativo, è pari a 1.32 che pertanto risulta essere maggiore del fattore di sicurezza minimo
(Fs=1.32 > Fs=1.3)
VERIFICATO
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8.4.4 Condizioni sismiche con kh negativo e kv positivo (riduzione dell’accelerazione di gravità)
Figura 30 - Analisi di stabilità in condizioni sismiche (kh negativo e kv positivo), con Fs = 1.35
Il fattore di sicurezza ottenuto dall’analisi di stabilità generale in condizioni sismiche del pendio, con kh negativo
e kv positivo, è pari a 1.35 che pertanto risulta essere maggiore del fattore di sicurezza minimo
(Fs=1.35 > Fs=1.3)
VERIFICATO
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8.4.5 Condizioni sismiche con kh e kv negativi (aumento dell’accelerazione di gravità)
Figura 31 - Analisi di stabilità in condizioni sismiche (kh e kv negativi), con Fs = 1.36
Il fattore di sicurezza ottenuto dall’analisi di stabilità generale in condizioni sismiche del pendio, con kh e kv
negativi, è pari a 1.36 che pertanto risulta essere maggiore del fattore di sicurezza minimo
(Fs=1.36 > Fs=1.3)
VERIFICATO
PRESCRIZIONI COSTRUTTIVE
La Direzione Lavori e lo scrivente devono essere tempestivamente avvertiti nel caso in cui il materiale
riscontrato durante le fasi di perforazione, abbia caratteristiche più scadenti di quanto indicato nella presente,
per le necessarie considerazioni del caso. In fase di realizzazione, è necessaria la presenza di un Geologo
durante le fasi di scavo e di realizzazione delle opere di consolidamento, al fine di verificare la rispondenza tra
quanto in situ e quanto riportato in progetto.
Nel caso in cui si provveda al reinterro tra la centrale e la parete dell’opera di consolidamento, è da prevedere
l’utilizzo di materiale arido secco per il riempimento stesso, e la posa di un tubo di drenaggio alla base del
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riempimento, al fine di evitare infiltrazioni e ristagni di acqua che drena attraverso il paramento dell’opera di
consolidamento.
Lo scavo verrà eseguito per livelli successivi di altezza non superiore a 2.5 m, al raggiungimento dei quali verrà
eseguito il consolidamento di tale livello e, solo in seguito, si procederà allo scavo del livello successivo.
CLASSIFICAZIONE SISMICA
Secondo la classificazione di cui al D.M. 14/09/2005 e all’Ordinanza n. 3274 del 20/03/2003 (e s.m.i.) il
territorio comunale di Savogna ricade completamente in zona 2.
Codice Istat 2001
Denominazione
Categoria secondo la classificazione
precedente (Decreti fino al I98N.C.)
Categoria secondo la
proposta del GdL del
I998
Zona ai sensi del
presente documento
(2003)
6030108 Savogna N.C. II 2
Figura 32 - Mappe sismiche tratte da sito dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) - Valori di pericolosità
sismica
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Figura 33 - Parametri di pericolosità sismica (Geoapp Geostru)
Figura 34 - Coefficienti sismici (Geoapp Geostru)
Coefficienti sismici [C7.11.3.5 NTC 2008]
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Dati generali
Tipo opera: 2 - Opere ordinarie
Classe d'uso: Classe I
Vita nominale [anni]: 50.0
Vita di riferimento [anni]: 50.0
Sisma [C3.2.3 NTC 2008]
Accelerazione massima (amax) 2.512 m/s2
Coefficiente sismico orizzontale (Kh) 0.072
Coefficiente sismico verticale (Kv) ± 0.036
Parametri sismici su sito di riferimento
Categoria sottosuolo: B
Categoria topografica: T1
Premessa
Nell’area di studio è stata effettuata un’indagine di sismica passiva a stazione singola ai fini della
microzonazione sismica del sottosuolo e della stima del profilo di velocità delle onde sismiche di taglio (Vs) utili
per la classificazione sismica del substrato presente nell’area di indagine.
A tal fine è stata effettuata una misura di microtremore sismico ambientale a stazione singola su terreno libero.
Il rumore sismico ambientale, presente ovunque sulla superficie terrestre, è generato, oltre che dall’attività
dinamica terrestre, dai fenomeni atmosferici (onde oceaniche, vento) e dall’attività antropica. Viene definito
microtremore in quanto riguarda oscillazioni molto più piccole di quelle indotte dai terremoti nel campo vicino
10-15
[m/s2
]2
in termini di accelerazione.
I metodi che si basano sulla sua acquisizione si dicono passivi in quanto il rumore non è generato ad hoc,
come ad esempio nelle esplosioni della sismica attiva.
Strumentazione impiegata
La misura di microtremore ambientale, della durata di 20 minuti, è stata effettuata con un tromografo digitale
progettato specificamente per l’acquisizione del rumore sismico. Lo strumento (Tromino) è dotato di tre sensori
elettrodinamici (velocimetri) orientati N-S, E-W e verticalmente, alimentato da due batterie AA da 1,5 V, fornito
di GPS interno e senza cavi esterni. I dati di rumore, amplificati e digitalizzati a 24 bit equivalenti, sono stati
acquisiti alla frequenza di campionamento di 128 Hz.
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Classificazione sismica
Di seguito vengono riportati i dati sismici raccolti dalle misure di microtremore sismico effettuate nell’area di
studio.
Figura 35 - Curva H/V (rosso) e intervallo di confidenza al 95% (nero)
Figura 36 - Spettri in velocità delle tre componenti del moto; il massimo di origine stratigrafica nella curva H/V è dato
generalmente da un minimo nella componente verticale con o senza massimo nelle componenti orizzontali seguiti da un
massimo su tutte e tre le componenti ad una frequenza all’incirca doppia
profondità superficie
Bedrock
profondità superficie
Discontinuità sismica che
indica il contatto tra i terreni
alluvionali ed il bedrock
Terreni
alluvionali
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Figura 37 - Confronto tra curva H/V sperimentale (rosso) e teorica (azzurro)
Figura 38 - Profilo di Vs fino a 30 m circa
profondità superficie
Bedrock
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Il profilo sopra riportato è stato ottenuto dai seguenti dati:
Nel sito, sulla base del modello derivato, si ottiene la stima del Vs30 in questi termini:
sms
mVs /562)1010/5.6650/0.18365/3.4160/2.1(
3030
Si tiene a precisare che, come per le altre tecniche di inversione di dati passivi, le assunzioni di fondo che risiedono nei
modelli fanno si che l’errore di stima del parametro Vs possa raggiungere, nelle condizioni peggiori, il 30%.
L’indagine sismica sopra descritta, infine, ha permesso di stimare la velocità delle onde sismiche di taglio (Vs), calcolate
per i primi 30 m di spessore, che è risultata pari a 562 m/s.
In base a quanto riportato nel D.M. Infrastrutture 14/01/2008 (Norme Tecniche sulle Costruzioni) al Capitolo 3.2.2
“Categorie di sottosuolo e condizioni topografiche”, con la quale sono stati approvati i criteri per l’individuazione delle zone
sismiche, i terreni indagati nella presente campagna geognostica, possono essere inseriti all’interno della classe B. A tale
classe appartengono le “Rocce tenere e depositi di terreni a grana grossa molto addensati o terreni a grana fina molto
consistenti con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la
profondità e da valori di Vs30 compresi tra 360 m/s e 800 m/s (ovvero NSPT,30 > 50 nei terreno a grana grossa e cu,30 >
250 KPa nei terreni a grana fine )”.
Strati Profondità
discontinuità
sismica [m]
Spessore dello
strato sismico [m]
Vs [m/s]
1 -1.2 1.2 160
2 -5.5 4.3 365
3 -23.5 18.0 650
4 -30.0 6.5 1010
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DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA DEL SOPRALLUOGO TECNICO
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