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Quaderno di ricerca
�ORMA TRIBUTARIA E SOGGETTIVITA’ PASSIVA
di Claudio Galateria
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CAPITOLO I
LA �ORMA TRIBUTARIA
1. Premessa
Lo studio dal punto di vista concettuale del fenomeno tributario può prendere spunto da
diverse prospettive, le quali possono riguardare, ad esempio, l'analisi dei singoli tributi,
la potestà impositiva, l'aspetto economico dell'imposizione, i principi che regolano
l'intero sistema tributario, ecc.
Ma se consideriamo quale aspetto fondamentale e centrale dello studio, quel particolare
rapporto giuridico che nasce dall'attuazione delle norme tributarie, e che viene definito
rapporto giuridico d'imposta, ne consegue la evidente necessità di porre particolare
attenzione nell'analisi della norma tributaria e degli schemi strutturali in base ai quali si
conforma.
Attraverso l'analisi preventiva della norma tributaria, piuttosto che dei suoi effetti,
risulta più facile comprendere nella sua essenzialità il complesso schema delle
situazioni giuridiche che vengono a generarsi sul piano dei rapporti tributari fra i
soggetti che subiscono il prelievo tributario, ed i soggetti che hanno il potere di imporlo.
La norma tributaria, fra l'altro, diviene punto di riferimento essenziale nel momento
stesso in cui si consideri che essa si muove all'interno di un sistema costituzionale, in
cui sono fissati due principi fondamentali che disciplinano e limitano il potere di
legiferare in materia tributaria: il principio di legalità (art.23 Cost.), che individua la
forma giuridica della norma tributaria; il principio di capacità contributiva (art.53,
comma 1, Cost.) che invece individua l'aspetto sostanziale della norma tributaria,ossia,
il suo contenuto.
Ed è sicuramente l'aspetto costituzionale del Diritto tributario, che ha prodotto
l'interesse della dottrina allo studio specifico della norma tributaria e degli elementi che
la compongono.
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Secondo una teoria classica1, è ravvisabile nel Diritto tributario una particolare
configurazione normativa della disciplina del tributo, che vede una netta distinzione fra
la fase istitutiva del tributo e la fase di attuazione.
In sostanza si suole normalmente parlare in funzione della prima fase, di momento
statico della norma tributaria, mentre, nella seconda fase, si ravvisa il momento
dinamico della norma tributaria.
In generale, perciò, si può affermare che la fase statica del rapporto giuridico d'imposta,
è ravvisabile in tutte quelle norme che tendono a fissare gli elementi costituenti la
fattispecie impositiva del tributo (presupposto soggettivo ed oggettivo) da cui nasce
l'obbligazione tributaria principale; la fase dinamica, invece, è individuabile in tutte
quelle norme attraverso la cui applicazione, è possibile giungere al risultato finale del
prelievo tributario e dell'estinzione dell'obbligazione tributaria (norme
sull'accertamento, liquidazione, riscossione, rimborso, processuali, ecc.).
Premessa codesta distinzione di massima fra norme tributarie statiche e dinamiche, tutte
peraltro riguardanti la struttura del rapporto giuridico d'imposta, i soggetti attivi ed i
soggetti passivi in esso coinvolti, si tratta di delineare sommariamente le caratteristiche
e le specifiche particolarità, delle varie categorie di norme giuridiche che si incontrano
nel vasto e complesso sistema tributario del nostro ordinamento.
Occorre accennare, prima di passare all'individuazione delle diverse tipologie di norme
tributarie, alla esistenza, in passato, di alcune teorie ormai da annoverare in un ambito
storico-giuridico, le quali ravvisavano nella norma tributaria la mancanza. della
giuridicità.
La non giuridicità della norma tributaria veniva giustificata, in prevalenza, dalla asserita
mancanza nel rapporto tributario di diritti attribuibili al soggetto passivo
dell'imposizione, da poter contrapporre ai soggetti attivi nell'esercizio del potere di
imporre il prelievo tributario.
1 Si veda per tutti, A. FANTOZZI, Diritto tributario, UTET, 1991, p.114. L'autore ritiene di
fondamentale importanza per lo studio del rapporto giuridico d'imposta, prendere come punto di
riferimento fondamentale lo studio della norma tributaria, dei suoi elementi e degli effetti, piuttosto che
analizzare prevalentemente le caratteristiche del tributo o del sistema tributario.
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Una siffatta visione del rapporto d'imposta, con la conseguente negazione della natura
giuridica per la norma tributaria, era sicuramente da attribuirsi a quella particolare
concezione, che ha prevalso almeno fino al periodo pre-repubblicano, in cui si
giustificava la pressoché assoluta preminenza della P.A. nell'esercizio della sua potestà
d'imperio, e, nello specifico, della potestà impositiva, nei confronti dei cittadini i quali si
trovavano in una posizione di "sudditanza".
Con il superamento di dette concezioni, avvenute in primo luogo in ambito dottrinario,
caddero conseguentemente le inconcepibili ed anacronistiche teorie sulla non giuridicità
della norma tributaria, la quale venne giustamente considerata, non più semplice norma
tecnica o formale2 per dare mera attuazione al potere impositivo della P.A., ma norma
giuridica in senso sostanziale, che al pari delle norme presenti negli altri ordinamenti, fa
scaturire posizioni giuridiche soggettive meritevoli di tutela su tutti i soggetti coinvolti
nel rapporto d'imposta.
2. Le diverse tipologie di norme tributarie
Premesse le suesposte considerazioni di carattere generale, spostiamo ora l'attenzione
nell'osservare le peculiarità della norma tributaria e le varie tipologie individuabili
nell'ordinamento tributario3.
Per definire la norma tributaria si può affermare che quest'ultima, al pari delle altre
norme giuridiche, contiene una prescrizione costituita da una fattispecie astratta, la
quale nel momento in cui trova coincidenza con la fattispecie reale che il legislatore ha
inteso disciplinare, viene a produrre conseguenze di natura giuridica in capo a
determinati soggetti. Ma affinché una norma giuridica possa definirsi "tributaria", è
necessario che nella fattispecie presa in considerazione dalla norma stessa, siano
individuabili degli elementi che abbiano attinenza con il prelievo tributario.
2 Sussisteva anche la teoria secondo la quale la norma tributaria avesse solo una valenza formale e non
sostanziale, ossia nel senso che non veniva ravvisata nella norma tributaria una fonte di diritti ed obblighi
al pari delle altre norme giuridiche, bensì era da considerarsi semplicemente come norma di disposizione
dei poteri impositivi della Pubblica amministrazione in materia finanziaria-tributaria. Sulle origini
storiche della distinzione fra atti normativi formali, sostanziali e materiali, FANTOZZI, ult. op. cit. p.71. 3 Per un inquadramento della tecnica legislativa utilizzata per la formazione delle norme tributarie, si veda
Zizzo, Riflessioni in tema di tecnica legislativa e norme tributarie, in Rass. trib., 1988, I, p.83.
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Posta codesta sommaria definizione, la dottrina più classica nell'affrontare le tematiche
riguardanti la norma tributaria, ha sempre ravvisato la necessità di distinguere le norme
tributarie in varie e diverse tipologie: esse si differenziano fra loro, soprattutto, per le
diverse finalità attribuitegli dal legislatore.
Non bisogna infatti dimenticare, che il rapporto giuridico d'imposta è un rapporto assai
complesso, il quale se fosse raffigurato, metaforicamente, alla stregua di una sorta di
percorso, esso avrebbe inizio con il realizzarsi della fattispecie-presupposto disciplinata
da una serie di norme di base, da cui si origina l'obbligazione tributaria principale, e
avrebbe fine, normalmente, con il prelievo definitivo del tributo.
Ma fra l'inizio e la fine di questo percorso, vengono ad innestarsi tutta una vasta serie di
fattispecie, previste da norme giuridiche di natura tributaria, le quali a titolo
esemplificativo possono così individuarsi: norme riguardanti le procedure di controllo
ed accertamento da parte dell'Ente impositore; norme sulla disciplina del processo
tributario; norme sanzionatorie per gli illeciti in materia tributaria; norme che
disciplinano la fase di riscossione dei tributi; ecc..
Qui di seguito, pertanto, si procederà alla individuazione delle varie tipologie di norme
tributarie, così come individuate dalla dottrina più classica, ponendo particolare rilievo
sulla principale suddivisione che distingue le norme tributarie fra quelle sottoposte al
limite costituzionale della capacità contributiva, in quanto preposte ad individuare ed a
determinare il presupposto impositivo, e quelle svincolate dal suddetto limite
costituzionale, perché preposte a finalità meramente "accessorie" o "strumentali"4
rispetto al presupposto impositivo.
3. Le norme impositive
E' la norma tributaria che può definirsi “principale”, in quanto contiene le disposizioni
attraverso le quali vengono fissate le fattispecie costituenti il presupposto da cui nasce
l’obbligazione tributaria.
4 Sulla natura della norma tributaria, cfr. MICHELI, Corso di Diritto tributario, UTET, 1981, p.47 e ss..
L'autore in particolare afferma che "il contenuto della norma tributaria è strumentale, essendo destinata a
regolare una attività dell'ente pubblico, rivolta a procacciarsi i mezzi per poter esplicare le proprie attività
istituzionali".
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Ossia, in tale tipologia di norme, vengono ad individuarsi i soggetti passivi del tributo
(presupposto soggettivo), l’oggetto del tributo (presupposto oggettivo), gli elementi che
permettono di determinare l’entità del presupposto oggettivo (determinazione della base
imponibile) e, comunque, qualsivoglia elemento o situazione attinente direttamente od
indirettamente con la capacità contributiva.
Proprio per questo motivo, le norme impositrici devono soggiacere obbligatoriamente
all’art.53, comma 1, Cost., il quale impone al legislatore di rispettare il limite della
capacità contributiva nell’emanazione di norme tributarie di natura impositiva;
conseguentemente diviene di basilare importanza il delicato tema dei criteri da adottare
per la individuazione delle norme tributarie aventi natura impositrice5.
4. Le norme agevolative
Strettamente legate alle norme impositrici, sono le norme definite “agevolative”; esse
sono da considerarsi strettamente connesse alle fattispecie impositive previste dalle
norme impositrici, in quanto intervengono con la disapplicazione, o riduzione, totale o
parziale del tributo, attraverso lo strumento giuridico-tributario dell’esclusione o
dell’esenzione6.
Quando la norma agevolativa utilizza lo strumento dell’esclusione, la struttura della sua
fattispecie consiste essenzialmente nel non considerare realizzato uno dei presupposti
(oggettivo o soggettivo) previsto dalla fattispecie impositiva: in buona sostanza si
“esclude” dall’imposizione una fattispecie, in ragione del fatto che uno dei presupposti
in essa contenuti, viene considerato da un’altra fattispecie (agevolativa), non realizzato.
L’esenzione, invece, consiste in uno strumento che interviene nella fase successiva al
realizzarsi del presupposto il quale risulta, pertanto, perfettamente realizzato in tutti i
suoi elementi: l'esenzione viene a realizzarsi con una norma che pur riconoscendo
implicitamente la realizzazione ed il perfezionamento del presupposto, disapplica il
5 A titolo esemplificativo possono considerarsi norme sicuramente di natura impositrice quelle in cui si
riscontrano i seguenti elementi: presupposto oggettivo, presupposto soggettivo, criteri per la
quantificazione della base imponibile, criteri che incidono sulla determinazione dell'imposta. 6 Si veda per tutti: LA ROSA, Esenzioni e agevolazioni tributarie, in Enc. Giur. Treccani, vol. XIII.
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meccanismo d'imposizione del tributo, per alcune specifiche ed espresse fattispecie
considerate, appunto, “esenti”.
Occorre osservare che le norme tributarie agevolative, comportano una sorta di
distorsione e forzatura del sistema tributario, il quale nel rispetto del principio della
capacità contributiva e del principio di uguaglianza, dovrebbe essere strutturato
esclusivamente sulle sole norme impositrici strutturate già in origine entro i precetti
costituzionali.
L’intervento di una norma agevolativa incide prepotentemente ed incisivamente sulla
stessa struttura della norma impositiva, rischiando di ledere quei principi costituzionali
su cui essa necessariamente si era conformata.
Non a caso le dissertazioni sulla legittimità costituzionale delle norme agevolative
hanno lungamente interessato il dibattito dottrinario.
5. Le norme sanzionatorie
Si distinguono dalle altre norme tributarie, in quanto le fattispecie che disciplinano,
fanno sempre riferimento ad un fatto costituente illecito in materia tributaria; in
relazione a dette fattispecie, prevedono l’applicazione di una specifica sanzione al
soggetto a cui il fatto illecito è imputabile.
La più importante distinzione fra le norme sanzionatorie sussistente all’interno
dell’ordinamento tributario, è quella fra norme sanzionatorie amministrative e quelle
penali: le prime si riferiscono alla grande maggioranza degli illeciti riscontrabili nella
materia tributaria, e prevedono l’applicazione da parte dell’Amministrazione finanziaria
di una sanzione costituita generalmente dal pagamento di una somma di denaro
(sanzione pecuniaria); le seconde, invece, sono destinate alle fattispecie illecite di
maggiore gravità, le quali costituiscono per il diritto penale, delle ipotesi di reato
punibili con una sanzione penale (ammenda-arresto-multa-reclusione), la cui
applicazione è di esclusiva competenza del giudice penale.
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Ovviamente le norme sanzionatorie non sono soggette al vincolo costituzionale della
capacità contributiva, ma sono comunque vincolate al rispetto della riserva assoluta di
legge prevista dall’art.25 della Costituzione.
6. Le norme procedurali
Rientrano in tale vasta categoria tutte quelle norme tributarie che possono definirsi di
carattere strumentale rispetto alle norme impositive, agevolative e sanzionatorie.
Esse sono da considerarsi strumentali in quanto attraverso la loro applicazione vengono
ad attivarsi, di fatto, i meccanismi attraverso i quali si realizza e si concretizza
l’imposizione tributaria (fase dinamica dell’imposizione tributaria): accertamento del
tributo, liquidazione del tributo, riscossione del tributo, dichiarazione della materia
imponibile, controllo giurisdizionale degli atti impositivi, ecc..
Tale tipologia di norme, che costituisce nell'ambito dell'ordinamento tributario una
categoria vastissima, va considerata anch'essa alla luce del principio di capacità
contributiva.
Risulta palese, infatti, che essendo la funzione principale di queste norme l'attuazione
del precetto contenuto nelle norme a carattere impositivo, occorre necessariamente che
il vincolo costituzionale della capacità contributiva, produca i suoi effetti anche nella
fase meramente procedurale dell'imposizione tributaria.
Sarebbe infatti impensabile un sistema tributario che vincolasse al rispetto del principio
della capacità contributiva solo il momento di fissazione e di determinazione del
presupposto dell'imposta, e che poi lasciasse libero il legislatore di determinare le norme
attraverso le quali si condiziona l'effettivo prelievo tributario.
E' comunque possibile affermare la sussistenza di un rapporto meno diretto delle norme
procedurali con la capacità contributiva, rispetto a quello riscontrabile nelle norme di
tipo impositivo.
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CAPITOLO II
I SOGGETTI PASSIVI
1. Premessa
Lo studio dei soggetti passivi7 del rapporto giuridico d'imposta, è sicuramente un tema
che riveste particolare interesse per alcune delicate problematiche che vengono a
configurarsi con riguardo alla presunta sussistenza nella materia tributaria, di una
soggettività giuridica più ampia e diversificata rispetto a quella riscontrabile nel Diritto
privato od anche nel Diritto pubblico8. Ulteriori problematiche, inoltre, si manifestano
sia in relazione ai rapporti che possono talvolta legare solidalmente più soggetti passivi
all’obbligazione tributaria, sia con riguardo alla sussistenza nell'ordinamento tributario
di figure soggettive passive a cui sono demandate obbligazioni diverse, o sussidiare,
rispetto all'obbligazione principale nascente al verificarsi del presupposto impositivo.
Tali diverse e complesse problematiche che investono la soggettività passiva tributaria,
determinano, necessariamente, una disamina ed un approccio da effettuarsi procedendo
con un ordine sistematico, che ai fini del raggiungimento della maggiore chiarezza
possibile, vede qui una ripartizione in tre argomenti principali:
- il primo riguarda essenzialmente l'individuazione specifica dei soggetti passivi a cui
viene attribuita dalla norma tributaria impositiva la c.d. obbligazione principale, ossia
7 In via preliminare va osservato che il tema della soggettività tributaria passiva, non può non tenere nella
giusta considerazione, ai fini di un inevitabile raffronto, le configurazioni giuridiche soggettive
considerate dalla materia privatistica ai fini dell'imputazione delle obbligazioni civilistiche. In tale ambito
secondo la tradizionale teoria risalente ad oltre un trentennio fa, la soggettività giuridica era attribuibile
esclusivamente alle persone fisiche ed a enti diversi dalle persone fisiche aventi il riconoscimento della
personalità giuridica. La moderna concezione ha invece rielaborato il concetto di soggettività facendolo
uscire dall'angusto ambito della necessaria esistenza della personalità giuridica, attribuendo, pertanto,
soggettività giuridica anche ad entità a cui era possibile riferire la semplice imputabilità di diritti, obblighi
o semplici interessi meritevoli di tutela. 8 Non si può non notare che anche nella Pubblica amministrazione si è assistito negli ultimi tempi, ad una
sostanziale estensione dei soggetti che la compongono, divenendo sempre più complessa ed articolata,
creando, di conseguenza, nuove forme di soggettività anche dal lato dei soggetti che con la Pubblica
amministrazione interagiscono: cfr. C.E. GALLO, Soggetti e posizioni soggettive nei confronti della P.A.,
in Digesto delle discipline pubblicistiche, UTET, 1999, vol.XIV, p.284.
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quella obbligazione che nasce al verificarsi del presupposto in capo ai soggetti che
manifestano capacità contributiva;
- il secondo si riferisce a quelle fattispecie in cui si viene ad evidenziare rispetto
all'obbligazione tributaria principale, un rapporto giuridico che investe due o più
soggetti passivi fra loro legati da un vincolo giuridico di solidarietà nei confronti
dell'ente impositore-creditore;
- il terzo argomento concerne quelle figure soggettive passive tipiche del Diritto
tributario (sostituto d'imposta e responsabile d'imposta), a cui sono demandati dalla
legge tributaria alcuni obblighi che possono assumere, a seconda dei casi, natura
sostanziale, strumentale o formale.
Codesta tripartizione non può certo considerarsi esaustiva delle variegate combinazioni
giuridiche soggettive, che possono manifestarsi nell'attuazione della normativa
tributaria.
Va osservato che il criterio di ripartizione in tre argomenti principali, rispecchia la
primaria esigenza di individuare, innanzi tutto, i pilastri fondamentali di quella
complessa struttura costituita da un inestricabile intreccio di rapporti giuridici, che
inevitabilmente e frequentemente, vengono a generarsi nell'ambito del rapporto
giuridico d'imposta, soprattutto quando questo investe una pluralità di soggetti passivi.
2. I soggetti passivi e la figura del contribuente
La legge tributaria nell'individuazione dei soggetti passivi a cui imputare l'obbligazione
tributaria, tende in generale a rifarsi alle tipiche figure soggettive riscontrabili
nell'ordinamento civilistico. Nel premettere che per ovvi motivi di sintesi, verranno qui
tralasciate le lunghe diatribe e dissertazioni che per molti decenni hanno impegnato la
dottrina e la giurisprudenza civilistica sulle ampie problematiche inerenti la soggettività
giuridica e la capacità giuridica, occorre però evidenziare che allo stato attuale si assiste
nell'ordinamento privatistico, ad un tendenziale allargamento della soggettività
giuridica, anche a figure diverse da quelle già precedentemente riconosciute come certe
dall'ordinamento. Accanto alle tipiche figure soggettive delle persone fisiche e delle
persone giuridiche, si è ormai consolidato il riconoscimento giuridico di entità
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soggettive diverse dalle due principali, la cui caratteristica peculiare risulta essere quella
di non avere la titolarità di una personalità giuridica, ma a cui sono ugualmente
imputabili diritti, obblighi o comunque interessi degni e meritevoli di tutela da parte
dell'ordinamento giuridico; è pur vero, comunque, che tale categoria di soggetti gode di
una capacità giuridica sicuramente più limitata rispetto ai soggetti c.d. "personificati".
Da codesta breve premessa ne consegue che anche nel diritto tributario vengono a
essere presi in considerazione come punto di riferimento essenziale della soggettività
passiva9, ai fini dell'imputazione delle obbligazioni tributarie, sia principali che
strumentali-accessorie, le medesime tipologie di soggetti giuridici riscontrabili
nell'ordinamento giuridico civilistico.
Si vedrà però in seguito, che per le peculiari caratteristiche e finalità della norma
tributaria impositiva, il legislatore ha previsto in determinate fattispecie, un netto
allargamento della sfera giuridico-soggettiva-passiva, anche ad entità assolutamente non
inquadrabili dalla disciplina civilistica.
Pertanto, nella sostanza, la norma tributaria individua quali soggetti passivi le seguenti
categorie di soggetti: persone fisiche, enti diversi dalle persone fisiche aventi personalità
giuridica, enti non personificati, nonché, organizzazioni di beni e di persone a cui il
presupposto impositivo sia riferibile in modo unitario ed autonomo, secondo un precetto
generale dell'ordinamento tributario, il cui principale punto di riferimento è costituito da
una norma positiva riguardante l'imposizione sui redditi10.
Posta l'esistenza di codeste figure soggettive passive nel Diritto tributario, per
l’esplicito riferimento che normalmente avviene all’interno delle disposizioni normative
9 Le teorie dottrinali in tema di soggettività passiva tributaria, possono sostanzialmente suddividersi in
due filoni principali: la teoria relativistica, secondo la quale è possibile riconoscere una specifica
personalità giuridica tributaria, ad entità non considerati soggetti dagli altri rami del diritto: cfr.
GIANNINI A.D., Istituzioni di Diritto Tributario, Milano, 1974, p.109; la teoria individualistica, la quale
nega sostanzialmente l'esistenza della soggettività in capo alle persone giuridiche, e, conseguentemente,
nel Diritto tributario ritiene di non riconoscere un capacità giuridica a soggetti che già non la abbiano
riconosciuta negli altri ordinamenti giuridici: cfr. ANTONINI E., La soggettività tributaria, Napoli, 1965.
Per una analisi più recente delle tematiche generali sulla soggettività tributaria, si veda: A.
GIOVANNINI, Soggettività tributaria e fattispecie impositiva, Cedam, 1996, p.153 e ss. 10 L’art. 73 del T.U.I.R., D.P.R. n.917/86, nell’individuare i soggetti passivi dell’IRES, prevede
espressamente, al comma 2, che fra questi vi rientrino anche “altre organizzazioni non appartenenti ad
altri soggetti passivi nei confronti delle quali il presupposto d’imposta si verifica in modo unitario ed
autonomo”.
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impositive, occorre sicuramente spostare l’analisi sul piano della evidenziazione dei
criteri attraverso i quali all'interno dello schema di base della norma impositiva, viene
attribuita al soggetto passivo l’imputazione della situazione di base, costituente il
presupposto oggettivo di quella specifica imposta11.
Partendo appunto dalla c.d. situazione di base, o fatto impositivo, al cui verificarsi
emerge l’individuazione della capacità contributiva di cui all’art.53, comma 1, della
Costituzione, la norma tributaria impositiva deve successivamente indicare il soggetto a
cui poter riferire quella capacità contributiva, ossia quel soggetto in capo al quale
avverrà l’imputazione dell’obbligazione tributaria.
Detto schema dai connotati essenziali, è quello che si incontra in tutte le norme che
fissano i presupposti di un tributo, le quali, nel rispetto del principio costituzionale della
capacità contributiva, devono obbligatoriamente imputare l’obbligazione tributaria
principale al soggetto che abbia un nesso giuridico diretto con il fatto manifestante
capacità contributiva: ad esempio il possesso di un reddito, la proprietà di un fabbricato,
la formazione di un atto di trasferimento di beni, ecc..
Ebbene, il soggetto così individuato secondo detti criteri, viene comunemente definito
dalla materia tributaria con il termine “contribuente”.
In senso stretto, pertanto, viene definito contribuente quel soggetto che espressamente e
specificatamente individuato dalla norma tributaria impositiva, risulta essere legato da
un vincolo giuridico con il fatto economico individuato dalla norma come presupposto
oggettivo, e, conseguentemente, viene ad evidenziarsi come soggetto titolare di un
indice di capacità contributiva.
Da codesta individuazione giuridica di capacità contributiva in capo al soggetto passivo
contribuente, ne deriva che in capo a quest'ultimo, al momento del verificarsi del
presupposto impositivo, viene immediatamente a generarsi la nascita dell'obbligazione
tributaria principale.
Quello appena individuato costituisce lo schema di base utilizzato dal legislatore
ordinario nella costruzione della norma impositiva, il quale garantisce il rispetto della
norma costituzionale di cui al comma 1 dell'art.53.
11 Sul criterio di collegamento fra presupposto oggettivo e soggetto passivo, si veda per tutti: F.
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Talvolta, però, il suddetto schema impositivo, in funzione delle peculiari caratteristiche
del tributo, o in funzione di specifiche esigenze tese a garantire la certezza del prelievo
tributario, subisce delle "distorsioni"; ciò nel senso che la individuazione soggettiva del
contribuente, in taluni casi, non risulta essere sempre di perfetta corrispondenza fra chi
manifesta capacità contributiva, attraverso l'attribuzione del fatto impositivo, e chi
invece sopporta effettivamente il prelievo tributario, ossia a livello puramente
economico.
Nella sostanza si possono individuare in talune forme di imposizione due tipologie di
soggettività passiva: la prima, con riguardo essenzialmente all'aspetto giuridico del
rapporto d'imposta, individua il soggetto a cui viene imputata dalla norma
l'obbligazione tributaria in funzione del particolare legame giuridico che viene ad
evidenziarsi fra il soggetto passivo e la fattispecie-presupposto; la seconda, prendendo
in considerazione i meri aspetti economici dell'applicazione del tributo, individua la
soggettività passiva in un soggetto diverso dal primo, il quale per la particolarità di
alcuni meccanismi impositivi, si trova a dover sopportare l'onere economico del
pagamento del tributo, pur non essendo in alcun modo individuato dalla norma
tributaria quale soggetto giuridico a cui imputare l'obbligazione principale.
Come si suole affermare in certa manualistica di Diritto Tributario, la prima tipologia
suindicata viene individuata con il termine "contribuente di diritto", la seconda con il
termine "contribuente di fatto".
Ovviamente le problematiche riguardanti l'eventuale evidenziazione di un contribuente
di fatto all'interno del meccanismo impositivo di un certo tributo, non riguardano
essenzialmente il Diritto tributario, quanto invece sicuramente la Scienza delle finanze;
anche se non si può trascurare l'aspetto dei maggiori rischi di incostituzionalità, ai sensi
dell'art.53 Cost., in cui può incorrere una norma impositiva nella quale non si verifichi
la coincidenza fra chi manifesta capacità contributiva, nel senso giuridico-
costituzionale, e chi di fatto sopporta l'onere economico del pagamento del tributo.
In tal senso, un esempio di particolare rilevanza viene ad evidenziarsi nella disciplina
normativa in tema di Imposta sul Valore Aggiunto. Tale imposta, infatti, individua a
PAPARELLA, Possesso di redditi ed interposizione fittizia, Giuffrè, 2000, p.11 e ss.
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livello normativo i soggetti passivi in coloro i quali esercitano attività d’impresa, arti e
professioni, ossia soggetti che svolgendo una attività avente rilevanza economica,
risultano essere titolari di capacità contributiva. In funzione però del particolare
meccanismo applicativo dell’IVA, ed alla natura neutrale dell’imposta stessa sulle
attività economiche, si viene a determinare una situazione di fatto per cui i suddetti
soggetti passivi potendo usufruire della detrazione di imposta da imposta, spostano in
avanti l’effettivo onere economico del tributo, il quale alla fine del processo applicativo,
andrà a gravare sul consumatore finale; infatti, non essendo quest’ultimo imprenditore,
artista o professionista, e non potendo pertanto usufruire del diritto di detrazione
dell’IVA, subirà il definitivo prelievo tributario.
Considerando dette brevi osservazioni in materia di IVA, è da osservare che mentre il
sistema normativo del tributo rileva quali soggetti passivi gli esercenti attività
economiche, e che pertanto possiamo definire soggetti passivi di diritto; diversamente,
da un punto di vista puramente economico, vengono ad evidenziarsi altri soggetti
diversi dai precedenti, i quali, non essendo menzionati dalle norme, più che una
rilevanza giuridica, assumono una rilevanza in termini economici in quanto subiscono
l’effettivo prelievo: in questo caso si parlerà di soggetti passivi di fatto.
Ma nel tornare a considerare la soggettività passiva tributaria dal punto di vista
prettamente giuridico, e pertanto della evidenziazione che di essa viene effettuata
all'interno delle norme tributarie impositive, occorre necessariamente andare a verificare
quali entità soggettive, diverse da quelle comunemente conosciute nel Diritto civile,
vengono ad essere considerate contribuenti, ossia soggetti di obbligazioni tributarie
principali.
Come già accennato precedentemente, in tema di imposizione sul reddito esiste
nell'ordinamento tributario una norma il cui precetto lascia intendere, la probabile
sussistenza nel diritto tributario di una maggiore ampiezza della sfera soggettiva
passiva.
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Se, infatti, la norma di cui all'art. 73, comma 2, T.U.II.DD., DPR N.917/8612, prevede
espressamente che possa individuarsi una soggettività tributaria passiva, e
conseguentemente l'imputazione dell'obbligazione tributaria, nella semplice
evidenziazione di un presupposto "unitario ed autonomo", prescindendo totalmente
dalla sussistenza di entità soggettive giuridicamente riconosciute, è da ritenere, a priori,
che l'ordinamento tributario giustifichi per principi e fini suoi propri, l'esistenza di
soggetti diversi da quelli tipicizzati dalle altre norme tributarie e del resto coincidenti
con i soggetti del diritto civile: persone fisiche, persone giuridiche, enti non
personificati.
La mancanza, pertanto, di un sistema per così dire "chiuso", limitato alle sole figure
soggettive espressamente tipicizzate, obbliga a verificare quelle fattispecie impositive in
cui pur esistendo una evidente presenza di un fatto economico chiaro indice di capacità
contributiva, non si manifesta, invece, una precisa correlazione con un soggetto
specificatamente individuabile.
Conseguentemente, per poter procedere alla identificazione del soggetto passivo nella
ipotesi prospettata dalla norma in questione, è assolutamente necessaria una verifica
caso per caso, da cui poter estrapolare di volta in volta quegli elementi che permettano
di identificare una forma di soggettività tributaria passiva, coerente con i principi
generali dell'ordinamento tributario.
Sono questi i casi in cui la manifestazione di una capacità contributiva fa assumere una
autonoma rilevanza soggettiva nell’ordinamento tributario a complessi di beni e/o di
persone, prive del riconoscimento della soggettività giuridica negli altri ordinamenti.
Ossia, in buona sostanza, la rilevanza di alcune fattispecie economicamente valutabili
prese in considerazione dalla norma tributaria impositiva, fa assurgere al rango di
soggetto passivo di imposta, anche entità totalmente avulse da qualsiasi possibile
inquadramento giuridico soggettivo nelle altre scienze giuridiche.
12 In merito all'art.87 del T.U.I.R. (ora art.73), si vedano le osservazioni di L. PERRONE, Imposizione sul
reddito delle Società non residenti, in Rass. trib., 2001, n.5, p.1228 ss.. Inoltre sulla soggettività ai fini
IRPEG, cfr. SCHIAVOLIN, I soggetti passivi, in L’imposta sul reddito delle persone giuridiche, di F.
TESAURO, UTET, 1996, p.35.
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In taluni casi si assiste, per così dire, al "declassamento" della soggettività giuridica
della persona fisica, la quale diviene mera esecutrice di obblighi strumentali rispetto
all'obbligazione d'imposta principale realizzatasi in capo ad un soggetto giuridico, frutto
di una vera e propria "fictio iuris", con la quale si manifesta una soggettività specifica
nell'ambito dell'ordinamento tributario13.
Pertanto, come si è avuto modo di accennare, in talune specifiche fattispecie si realizza
l’individuazione di una entità autonoma avente rilevanza economico-patrimoniale, la
quale determinando una distinta capacità contributiva, rispetto agli altri soggetti, rileva
esclusivamente ai fini tributari una sorta di diversa manifestazione di soggettività14.
In questo senso, è sicuramente l'interesse fiscale che impone in certi casi per il
perfezionamento della fattispecie tributaria la individuazione “forzata” di una
soggettività che potremo definire di tipo “strumentale”, in quanto tesa a garantire
l’integrità economica di ciò che costituisce manifestazione di capacità contributiva e
conseguentemente la certezza e l'immediatezza del prelievo tributario.
3. Pluralità di soggetti passivi e solidarietà
La norma tributaria nell'individuare il soggetto passivo in capo al quale viene imputata
l'obbligazione tributaria, precedentemente definito contribuente, può riferirsi o ad un
singolo soggetto, oppure come accade in determinate fattispecie, ad una pluralità di
soggetti nei cui confronti si realizza un unico presupposto impositivo.
E' il caso, ad esempio, dell'ipotesi in cui il reddito invece di essere prodotto da una
singola persona, viene prodotto da due o più soggetti, venendosi pertanto a determinare
un rapporto giuridico d'imposta che basandosi su un unico presupposto oggettivo
13 Cfr. LAVAGNA C., Teoria dei soggetti e diritto tributario, in Riv. dir. fin., 1961, I, p.3, il quale
sostiene che la norma tributaria tende a porre in secondo piano la identificazione dei soggetti passivi,
ponendo invece in primo piano la individuazione del fatto materiale-presupposto; il soggetto passivo in
tal senso, diviene strumento per la realizzazione del prelievo. 14 Tra gli esempi più evidenti di soggettività tributaria anomala, evidenziati prevalentemente dalla analisi
giurisprudenziale, si possono evidenziare i fondi pensione, i trust, le associazioni temporanee di imprese
ed i gruppi di società. Sul problema della possibile esistenza di una soggettività tributaria del trust, vedi:
FICARI V., Il trust nelle imposte dirette (IRPEG ED IRAP): un articolato modulo contrattuale oppure un
autonomo soggetto passivo?, in Bollettino trib., 2000, n.21, p.1529. Si veda inoltre: GIOVANNINI A., I
gruppi di società, in L’imposta sul reddito delle persone giuridiche, di F. TESAURO, UTET, 1996, p.
107.
17
(produzione di un reddito) viene ad investire contemporaneamente, e sullo stesso piano
giuridico, una pluralità di soggetti.
In tale fattispecie si suole parlare di solidarietà15 paritetica, o paritaria; ossia di un
vincolo giuridico che pone più soggetti nella medesima situazione di dover rispondere
di una obbligazione tributaria, nata dalla realizzazione di un unico presupposto
d'imposta: tale configurazione della solidarietà sembra pertanto conforme al modello di
solidarietà conosciuto nel Diritto civile, che ai sensi dell’art.1292 c.c. ravvisa la
solidarietà passiva “quando più debitori sono tutti obbligati per la medesima prestazione
in modo che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità e
l’adempimento dell’uno libera gli altri”16
Occorre però osservare che nel periodo antecedente la riforma tributaria degli anni '70,
emerse una interpretazione17 che portò a sostenere l'esistenza nell'ordinamento tributario
di una particolare configurazione della solidarietà fra più obbligati, diversa da quella
riscontrabile nelle norme di Diritto comune18.
Questa particolare tipologia di solidarietà venne denominata supersolidarietà tributaria,
ed aveva quale preminente carattere distintivo rispetto alla solidarietà del diritto
comune, una presunta inscindibilità ed unitarietà dell'obbligazione tributaria19, da cui ne
discendeva il corollario che qualsiasi atto posto in essere nei confronti di uno qualsiasi
dei condebitori solidali, avrebbe automaticamente comportato il propagarsi degli effetti
giuridici su tutti gli altri condebitori.
In buona sostanza, partendo dal suesposto principio di base, l'applicazione dell'istituto
della supersolidarietà tributaria produceva degli effetti di dubbia costituzionalità sul
piano delle procedure di accertamento e sul piano processuale. Infatti nel periodo in cui
tale forma di solidarietà tributaria venne considerata legittima, si assistette all'aberrante
applicazione di procedure di accertamento in cui la notifica dell'atto impositivo veniva
15 Sugli aspetti generali della solidarietà tributaria, cfr.: A. FANTOZZI, La solidarietà nel diritto
tributario, UTET, 1968, p.76 e ss.; La solidarietà tributaria, in Trattato di diritto tributario di
AMATUCCI, Padova, 1994, vol II, p.455; M. MICCINESI, Solidarietà nel diritto tributario, in Digesto
delle discipline privatistiche, UTET, 1997, vol.XIV, p.445. 16 P.RUSSO, Manuale di Diritto Tributario, Giuffrè, 1999, p.183.
17 Soprattutto da parte della giurisprudenza e con l'avvallo di una parte minoritaria della dottrina.
18 Si vedano gli artt. 1304, 1305, 1306, 1309 del Codice Civile.
18
effettuata nei confronti di uno solo dei condebitori, con la conseguenza che l'eventuale
definitività dell'atto impositivo per mancata impugnazione, produceva i suoi effetti (ad
es. la riscossione coattiva del credito tributario) anche nei confronti di tutti gli altri
condebitori solidali, i quali, non essendo a conoscenza, in assenza di notifica,
dell'esistenza di un atto impositivo riguardante l'obbligazione tributaria solidale,
subivano passivamente le conseguenze che derivavano dall'evolversi del rapporto
instaurato fra l'ente impositore-creditore e l'unico condebitore solidale a conoscenza
dell'accertamento.
Codesti effetti negativi sui condebitori solidali, venivano a manifestarsi anche sul piano
processuale, in quanto l'eventuale impugnativa in sede giurisdizionale dell'unico atto di
accertamento notificato ad un solo obbligato solidale, diveniva di fatto a manifestarsi
come un diritto alla difesa che poteva essere esercitato solo ed esclusivamente da
quest'ultimo, con la conseguenza che gli effetti conseguenti al passaggio in giudicato
della sentenza, si manifestavano necessariamente anche sugli altri debitori solidali, i
quali, ignari dell'esistenza del processo su di un atto impositivo produttivo di effetti nei
loro confronti, non erano messi in grado di esercitare quell'inviolabile diritto alla difesa
garantito dall'art.24 della Carta Costituzionale.
Su tali delicate problematiche, scaturite dalla rigida applicazione dei principi legati alla
supersolidarietà tributaria, intervenne nel 1968 la Corte Costituzionale20, la quale
eccependo la violazione dell'art.24 e 113 Cost., affermò l'impossibilità della coesistenza
dei principi della supersolidarietà tributaria con la garanzia costituzionale del diritto alla
difesa e, conseguentemente, dichiarò incostituzionali alcune norme del sistema
tributario da cui si riteneva traesse origine la supersolidarietà tributaria.
Con l’intervento della Corte Costituzionale si è pertanto risolta la questione della
ambigua permanenza nel sistema tributario, di una configurazione della solidarietà21 che
19 Così, E. POTITO, voce Soggetto passivo d'imposta, in Enciclopedia del diritto, Giuffrè, 1990,
Vol.XLII, p.1252. 20 Corte Cost., Sentenza n.48 del 16 maggio 1968, in Giurisprudenza Cost., 1968, p.736; Corte Cost.,
Sentenza n.139 del 28 dicembre 1968, in Giurisprudenza Cost., 1968, p.2311. 21 Occorre osservare che pur con la dichiarata incostituzionalità della supersolidarietà tributaria, sono
comunque rimasti aperte numerose e delicate problematiche riguardanti, in particolare, i rapporti interni
fra i coobbligati. Per una esauriente ed attuale analisi di dette problematiche, cfr.: PICCIAREDDA,
Rinasce la supersolidarietà tributaria?, in Riv. Di dir. Trib., 2001, n.11, II, p. 866 e ss..
19
indubbiamente non garantiva ai soggetti passivi una efficace e legittima tutela dei propri
diritti nei confronti della pretesa tributaria.
Ciò premesso, si tratta ora di stabilire quali ipotesi di solidarietà siano presenti
nell’attuale ordinamento tributario e con quali caratteristiche vengono ad atteggiarsi.
Le principali forme di solidarietà in materia tributaria, possono sostanzialmente
riassumersi in tre tipologie: solidarietà paritaria, solidarietà dipendente illimitata e
solidarietà dipendente limitata.
La solidarietà paritaria, come precedentemente accennato, viene normalmente a
manifestarsi nel momento in cui un unico presupposto d’imposta si realizza in capo a
due o più soggetti passivi22: da qui ne deriva la evidenziazione di una pluralità di
obbligati tutti principali, in quanto l’obbligazione di corrispondere il tributo, detta
appunto obbligazione principale, nata nel momento di realizzazione del presupposto, si
riferisce a tutti coloro che hanno posto in essere la fattispecie impositiva23.
Premessa detta definizione, necessita porre l’attenzione sull’esistenza di una serie di
vaste problematiche che riguardano, nella sostanza, gli effetti che si vengono a produrre
con la applicazione di quelle norme tributarie che investono tale forma di solidarietà.
Il punto di partenza di questa analisi è da individuarsi nella domanda sulla esistenza, nel
momento in cui si verifica un presupposto plurisoggettivo, o di un unico rapporto
giuridico inscindibile che riguarda più soggetti, configurandosi in tal caso una forma di
litisconsorzio, o, viceversa, se in tali fattispecie non nascano invece una pluralità di
rapporti giuridici differenziati per ogni singolo soggetto coobbligato.
La risposta a tale complesso quesito non può essere né certa, né univoca; in primo luogo
perché nel Diritto tributario positivo non esiste un sistema di norme atte a disciplinare in
modo organico la solidarietà; in secondo luogo occorre mettere in luce la scomposizione
in varie fasi del rapporto giuridico d'imposta, le quali vengono a manifestarsi
successivamente al momento in cui si è verificato il presupposto impositivo.
22 La pluralità di soggetti presi in considerazione dalle norme tributarie sulla solidarietà paritetica,
comporta l’emergere di delicate problematiche riguardanti la sussistenza della capacità contributiva di cui
all’art53 Cost., all’interno del vincolo solidale: sul punto cfr. M. MICCINESI, ult. op.cit, p.446 e 447. 23 Classici casi di solidarietà paritaria si realizzano ad es.: ai fini dell’Imposta di registro, fra i soggetti
che stipulano un contratto soggetto a registrazione; ai fini dell’Imposta di successione, fra gli eredi.
20
E' infatti sufficiente pensare che la disciplina delle principali imposte del nostro sistema
tributario, prevede che per l'estinzione dell'obbligazione tributaria debbano, o possano,
essere necessarie le seguenti fasi: dichiarazione, riscossione, accertamento (eventuale),
processo in sede giurisdizionale (eventuale).
Ebbene, per comprendere la complessità dei diversi modi di atteggiarsi della solidarietà
paritetica all'interno delle suddette fasi, è sufficiente pensare alle seguenti ipotesi:
- esistenza di dichiarazioni difformi fra un soggetto e l'altro;
- accertamento che pur riferito al medesimo ed univoco presupposto impositivo viene
a produrre effetti differenti sui singoli coobbligati per il diverso comportamento
giuridico di questi ultimi (ad. es: il soggetto A non impugna l'atto di accertamento il
quale diviene definitivo, mentre il soggetto B impugna l'atto di accertamento ed
ottiene in sede giurisdizionale una sentenza definitiva che lo annulla).
Pertanto, come si è potuto osservare, sussiste nell'attuale sistema la eventualità che
possa verificarsi la scomposizione delle posizioni giuridiche dei vari coobbligati solidali
paritari, pur se inizialmente legati inscindibilmente ad un'unica obbligazione tributaria,
che avrebbe dovuto manifestarsi in modo eguale su tutti i soggetti.
In tale ambito è emerso, soprattutto in sede giurisprudenziale, la questione della
possibilità di applicare anche in materia tributaria, al verificarsi di un presupposto
unitario plurisoggettivo, le disposizioni previste dal Codice Civile; in particolare sono
frequenti le problematiche inerenti la possibilità di applicare l'art.1306 c.c.: nello
specifico la più frequente diatriba su detta norma, riguarda la possibilità, o meno, di
poter estendere gli effetti di una sentenza favorevole ottenuta con l'impugnazione
dell'atto di accertamento da parte di uno solo dei coobbligati solidali, anche agli altri
coobbligati solidali che non abbiano invece impugnato nei termini l'atto di
accertamento, divenuto, pertanto, definitivo24.
Ulteriori e delicate problematiche, sempre con riguardo al tema della solidarietà
paritetica, vengono ad evidenziarsi oltre che sul piano processuale, come visto a
24 Sul punto la Cassazione con Sentenza n.535 del 21 gennaio 1991, in Boll. Trib., 1991, p.647, ha
sostanzialmente riconosciuto la piena applicabilità dell'art.1306 c.c., nel senso di estendere gli effetti del
giudicato favorevole ad uno dei debitori solidali, anche agli altri nei cui confronti l'accertamento si sia
reso definitivo per mancata impugnazione.
21
proposito dell'art.1306 c.c., anche nell'ambito delle procedure di riscossione, di
accertamento e dei rapporti intercorrenti fra i coobbligati.
Da quanto sin qui esposto, scaturisce in modo evidente che la configurazione giuridica
della solidarietà paritetica secondo il modello civilistico, sicuramente mal si presta ad
essere modellata sulle fattispecie di solidarietà che si manifestano nel rapporto giuridico
d'imposta; se non altro perché, il particolare rapporto che si instaura fra Ente impositore
(soggetto creditore) e contribuenti legati dal vincolo di solidarietà (debitori coobbligati),
vede il primo soggetto assumere "la duplice veste di creditore e di ente impositore, ed il
codice civile non considera i problemi che attengono all'esercizio dei poteri autoritativi
dell'ente impositore"25.
4. La solidarietà dipendente e la figura del responsabile d'imposta
A differenza della forma di solidarietà paritetica, che come già visto sussiste nel
momento stesso in cui il verificarsi di un presupposto impositivo è attribuibile
contemporaneamente a più soggetti, la solidarietà dipendente viene a manifestarsi
quando pur realizzandosi il presupposto impositivo in capo ad un singolo soggetto,
viene previsto dalla legge tributaria che in determinate fattispecie, accanto all’obbligato
principale che ha realizzato il presupposto, sussista in capo ad un altro soggetto la
medesima obbligazione, la quale, però, risulta essere in un rapporto di dipendenza
rispetto alla principale.
Si tratta, perciò, di una obbligazione dipendente da quella sorta in capo a chi avendo
manifestato capacità contributiva, ha realizzato il presupposto impositivo; la dipendenza
fa si che se l’obbligazione principale viene meno si estingue anche l’obbligazione
dipendente.
Tale forma di solidarietà viene ad essere utilizzata, in linea di massima, per garantire
maggiormente l’ente impositore-creditore, nella fase di percezione del tributo; ove
infatti l’obbligato principale non provveda al pagamento del tributo dal quale
25 Così, F. TESAURO, Istituzioni di Diritto Tributario, UTET, 1998, p.101.
22
deriverebbe l’estinzione dell’obbligazione principale, l’Amministrazione finanziaria
potrà richiedere il pagamento, in virtù del vincolo di solidarietà, al coobbligato
dipendente.
La figura più tipica di coobbligato dipendente che si riscontra nella disciplina del
rapporto giuridico d’imposta, è quella del responsabile d’imposta26, il quale può essere
annoverato in ragione degli obblighi di natura tributaria che gli vengono imposti dalla
legge, nella categoria dei soggetti passivi.
Il responsabile d’imposta, secondo il dettato dell’art.64, comma 3, del D.P.R.
n.600/1973, è “chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento
dell’imposta insieme con altri, per fatti o situazioni esclusivamente riferibili a questi”.
A titolo esemplificativo si evidenzia la fattispecie più tipica prevista dalla normativa
tributaria in cui si manifesta la figura del responsabile d’imposta: il pubblico ufficiale
(Notaio) che redige un atto soggetto ad imposta di registro: in questo caso egli è
obbligato solidalmente in via dipendente per il pagamento dell’imposta con i soggetti
che hanno stipulato l’atto27.
La caratteristica prevalente del responsabile d’imposta, quale soggetto solidalmente
obbligato in via dipendente con il soggetto che ha realizzato il presupposto impositivo, è
quella della totale estraneità ai fatti generatori dell’obbligazione tributaria; ossia, in
buona sostanza, è possibile affermare che le obbligazioni in via sussidiaria che nascono
in capo al responsabile d’imposta, sono riferibili non al presupposto principale indice di
capacità contributiva, che è esclusivamente attribuibile al soggetto che ha posto in
essere la fattispecie impositiva, ma, bensì, ad un'altra tipologia di presupposti. Questi
ultimi sono da considerarsi dei fatti, individuati dalla legge tributaria, che pur non
rivelatori di capacità contributiva, fanno nascere in capo al soggetto che li realizza
(responsabile d’imposta), una obbligazione solidale dipendente.
Per completezza sull’argomento della solidarietà dipendente, occorre specificare che
accanto a codesta forma di solidarietà le cui caratteristiche essenziali sono state qui
illustrate, e che prevedono il sorgere di una responsabilità di tipo illimitato, esistono
26 Per un inquadramento generale di questa particolare figura di soggettività passiva, si veda: A.
PARLATO, Il responsabile d’imposta, Milano, 1963, p.79 e ss. 27 Si veda l’art. 57 T.U. dell’imposta di registro di cui al D.P.R. n.131/86.
23
forme di coobbligazione che pur non assurgendo al rango giuridico di vincolo solidale,
prevedono in capo a certi soggetti, anch’essi estranei alla realizzazione del presupposto
impositivo, la responsabilità in via sussidiaria per il pagamento delle imposte, o in certi
casi di sanzioni, rispondendo però in via limitata con parte del proprio patrimonio: in
tali casi si suole definire il soggetto vincolato da tale pseudo-solidarietà28, con il termine
di coobbligato dipendente limitato.
5. Il sostituto d'imposta
Il nostro sistema tributario, accanto alle varie forme di soggettività passiva
precedentemente individuate, prevede una figura di soggetto passivo del tutto
particolare, tipica ed esclusiva del diritto tributario.
Tale soggetto, comunemente denominato sostituto d’imposta, ed a cui la legge tributaria
attribuisce essenzialmente obblighi riguardanti la fase specifica del prelievo tributario in
materia di imposizione sul reddito, trova la sua definizione normativa nell’art. 64 del
D.p.r. n.600/73: “Chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di
imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di
acconto, deve esercitare la rivalsa se non è diversamente stabilito in modo espresso”.
Il sostituto d’imposta29 è, pertanto, quel soggetto che in funzione degli obblighi
impostigli da specifiche norme tributarie, pone in essere quella particolare procedura di
riscossione del tributo in cui si viene a verificare il noto fenomeno della sostituzione
d’imposta.
La sostituzione d’imposta consiste essenzialmente nell’imporre ad un soggetto (il
sostituto) l’obbligo del pagamento di un tributo, il cui presupposto, però, è stato
realizzato da un altro soggetto (il sostituito); quest’ultimo soggetto, è colui che nella
sostanza ha posto in essere il fatto che la norma tributaria impositiva fissa come
presupposto (ad es. la percezione di un reddito) e che pertanto ha manifestato capacità
contributiva.
28 Cfr. FALSITTA, Manuale di diritto tributario (parte generale), CEDAM, 1999, p.303, il quale ritiene
che in tali ipotesi di coobbligazione sia ravvisabile non una forma di “solidarietà in senso proprio, sibbene
di una soggezione alla procedura esecutiva”. 29 Per l’inquadramento a livello di principi generali della figura del sostituto d’imposta, cfr. PARLATO, Il
sostituto d’imposta, Padova, 1969; COCIVERA, Il sostituto d’imposta, in Riv. dir fin., 1959, I, p.327.
24
Anche nella sostituzione d’imposta, così come avviene nelle ipotesi di solidarietà
dipendente, vi è un soggetto che manifestando capacità contributiva realizza il
presupposto impositivo e fa nascere in capo a se l’obbligazione tributaria principale, ed
un secondo soggetto, che in relazione all’obbligazione tributaria principale, è tenuto ad
adempiere l’obbligo del pagamento del tributo.
Ma nella sostituzione d’imposta l’obbligazione che incombe sul secondo soggetto, non
può essere considerata come un’obbligazione dipendente-sussidiaria rispetto a quella
principale, così come avviene nei casi di coobbligazione dipendente illimitata, ma,
bensì, una obbligazione del tutto autonoma avente la funzione meramente strumentale di
realizzare la fase della riscossione del tributo.
Nel meccanismo della sostituzione d'imposta, dove, come visto, viene individuato nel
sostituto il soggetto che è tenuto al pagamento dell'imposta in luogo dell'effettivo
soggetto contribuente, ossia il sostituito, si inserisce un ulteriore meccanismo, attraverso
il quale il sostituto trasferisce sul sostituito il carico tributario sopportato con il
pagamento del tributo. Si tratta di un particolare sistema denominato "rivalsa", con cui il
sostituto, nel momento in cui avviene l'erogazione di somme di denaro, o beni in natura,
costituenti reddito, o componenti positive di reddito, in capo al percipiente-sostituito,
recupera l'imposta di cui ha l'obbligo di versamento, trattenendola dalla materia
reddituale erogata.
L’obbligo, o la facoltà, di trattenere per rivalsa l’importo corrispondente all’imposta,
viene ad attuarsi attraverso l’utilizzo di uno strumento, previsto dalla normativa
tributaria in materia di sostituzione d’imposta, denominato dallo stesso legislatore con il
termine di “ritenuta alla fonte”30.
Dopo aver delineato sommariamente nei suoi elementi essenziali il sistema della
sostituzione d’imposta, è necessario addentrarsi maggiormente in alcune fondamentali
configurazioni che la sostituzione d’imposta può assumere, soprattutto in relazione
all’obbligazione tributaria principale.
In primo luogo va evidenziato che la sostituzione d’imposta vera e propria, o totale, così
come definita dalla dottrina, si realizza solo in quelle ipotesi in cui l’applicazione della
25
ritenuta da parte del sostituto, comporta l’assolvimento pieno, immediato ed esaustivo
del debito d’imposta sorto in capo al contribuente: ciò avviene quando la normativa
tributaria prevede l’applicazione di quella particolare tipologia di ritenute denominate
“ritenute alla fonte a titolo d’imposta”. Ossia, per meglio esplicitare, quando in funzione
di una previsione legislativa si verifica l’applicazione di una ritenuta a titolo d’imposta,
il soggetto passivo-contribuente che la subisce, vede immediatamente estinguersi nei
suoi confronti l’obbligazione tributaria principale generatasi per aver egli realizzato il
presupposto impositivo; in questo caso il soggetto sostituto attrae a se l’obbligazione
principale, sostituendosi al soggetto passivo.
In tale ipotesi il sostituito, una volta che subisce tale forma di ritenuta alla fonte, non è
più obbligato nei confronti dell’ente impositore, sia dal punto sostanziale (estinzione del
debito d’imposta), sia dal punto di vista degli adempimenti formali-strumentali (il
contribuente-sostituito non ha più l’obbligo di dichiarare i redditi soggetti alla ritenuta a
titolo d’imposta).
Occorre però osservare che nell’ipotesi in cui il sostituto non adempia all’obbligo di
effettuare la ritenuta alla fonte, ne consegue che il sostituto sarà solidalmente
responsabile31 insieme al sostituito, nei confronti dell’erario per il debito d’imposta, ciò
in quanto in questa ipotesi non essendosi realizzata la fattispecie sostitutiva che estingue
l’obbligazione tributaria in capo al contribuente, quest’ultimo rimarrà solidalmente
obbligato fino al momento del pagamento dell’imposta32.
Cosa ben diversa dalla sostituzione d’imposta totale, è invece la c.d. sostituzione
parziale33 o “pseudo sostituzione”. Essa consiste essenzialmente in un meccanismo
30 La disciplina normativa essenziale delle ritenute alla fonte è contenuta nel D.P.R. n.600/73, artt. 24 e
seguenti. 31 L'art. 35 del D.P.R. 29-9-1973 n.602 così dispone: "Quando il sostituto viene iscritto a ruolo per
imposte, sopratasse e interessi relativi a redditi sui quali non ha effettuato né le ritenute a titolo di imposta
ne` i relativi versamenti, il sostituito è coobbligato in solido". 32 Occorre considerare a titolo esemplificativo anche l'ipotesi in cui il sostituto effettui la ritenuta a titolo
d'imposta sulla materia reddituale erogata al sostituito, ma successivamente non adempia all'obbligo di
versamento della ritenuta, all'ente impositore: in tale ipotesi il sostituito dovrà considerarsi liberato
dall'obbligazione tributaria, in quanto egli ha comunque subito il prelievo tributario a titolo definitivo
tramite l'applicazione della ritenuta alla fonte a titolo d'imposta; viceversa il sostituto risponderà da solo
senza alcun vincolo di solidarità con il sostituito, nei confronti dell'ente impositore per il mancato
versamento della ritenuta. 33 Cfr., F. TESAURO, Istituzioni di Diritto tributario, Vol. 1, UTET, 1999, p.117, il quale definisce tale
tipologia di sostituzione come "sostituzione impropria".
26
attraverso il quale il sostituto diviene un mero riscossore di anticipazioni dell’imposta
globale che grava sul contribuente, ed il quale rimane sempre titolare dell’obbligazione
principale.
In queste fattispecie la normativa tributaria prevede l’applicazione di ritenute alla fonte
che vengono definite “a titolo di acconto”, le quali producono un effetto giuridico-
tributario ben diverso nella sfera del soggetto contribuente-sostituito, rispetto alla
ritenuta a titolo d’imposta; infatti , come accennato, la ritenuta a titolo d’acconto altro
non è che un sistema di riscossione anticipata dell’imposta, la cui entità sarà certa solo
in un momento successivo a detta riscossione anticipata: tale momento coincide
normalmente con la fase della dichiarazione.
Nella sostanza, e per meglio chiarire, il soggetto passivo sostituito che subisce la
ritenuta a titolo di acconto sul reddito che gli viene erogato dal sostituto, si trova nella
situazione di aver pagato coattivamente, attraverso questo particolare sistema di
riscossione basato sull'obbligo di applicazione di ritenute d'acconto su determinate
fattispecie reddituali, degli acconti d'imposta (IRPEF). Detti acconti verranno utilizzati
successivamente dal contribuente-sostituito nella fase di dichiarazione dei redditi, ove
verranno utilizzati per compensare l'imposta totale dovuta risultante dalla dichiarazione.
Dal punto di vista giuridico-tributario, si evince, pertanto, che il momento di estinzione
dell'obbligazione tributaria per il sostituito, coincide con la fase della dichiarazione dei
redditi, ove il contribuente farà valere quel diritto di credito d'imposta sorto nel
momento in cui il sostituto con l'applicazione della ritenuta a titolo d'acconto, ha di fatto
riscosso per conto dell'erario una anticipazione dell'imposta dovuta dallo stesso
contribuente.
Va evidenziato che tale forma di sostituzione d'imposta, o per meglio ribadire, tale
forma di riscossione anticipata dell'imposta, è ampiamente utilizzata ai fini IRPEF:
l'esempio più evidente riguarda i datori di lavoro che in qualità di sostituti d'imposta
sono obbligati ad applicare le ritenute a titolo d'acconto al momento dell'erogazione
degli stipendi (reddito di lavoro dipendente) ai propri dipendenti.
Claudio Galateria