sentenza 5 novembre 1986, n. 231 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 12 novembre 1986, n.53); Pres. La Pergola, Rel. Andrioli; Lucidi e altro (Avv. Agostini) c. I.n.a.i.l. (Avv. Catania,Cataldi, Graziani); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Ferri). Ord. Pret. Ascoli Piceno19 dicembre 1980 (G.U. n. 172 del 1981); Pret. Fermo 20 maggio 1981 (G.U. n. 122 del 1982) e 1°aprile 1981 (G.U. n. 116 del 1982)Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 2355/2356-2361/2362Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178993 .
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2355 PARTE PRIMA 2356
(sent. n. 30 del 1983, Foro it., 1983, I, 265): come del resto fu
pressoché univocamente palesato in sede di assemblea costituente
la compagine familiare risulta, nel precetto, strettamente coordi
nata con l'ordinamento giuridico, si che rimane estraneo al con
tenuto delle garanzie ivi offerte ogni altro aggregato pur socialmente apprezzabile, divergente tuttavia dal modello che si
radica nel rapporto coniugale. E che gli stessi costituenti cosi divisassero doversi intendere la
ripetuta norma, fornisce una obiettiva riprova la votazione per
divisione, che ne segui in aula. Fu esplicitamente rifiutato, infat
ti, un voto inteso a disgiungere, nell'art. 29, 1° comma, la locu
zione «diritti della famiglia come società naturale» dall'altra
«fondata sul matrimonio»; si procedette — all'incontro — dap
prima al voto sul riconoscimento dei diritti familiari, accorpan
dosi, in successiva votazione, la frase «come società naturale
fondata sul matrimonio», rimasta avvinta in inscindibile endiadi.
3a) - Senonché, i giudici a quibus cui si aggiunge il Tribunale di Torino (ord. 945/83 e 1116/84) deducono ancora l'illegittimità della normativa penale di cui innanzi, in relazione all'art. 3 Cost.
La convivenza di fatto, si assume, rivestirebbe oggettivamente connotazioni identiche a quelle scaturenti dal vincolo matrimo
niale: e dunque, una diversità di garanzie — o addirittura l'assen
za di queste — verrebbe a vulnerare il principio di uguaglianza.
Orbene, la corte — sia pure per oggetti specifici insorti da di
versa fattispecie — ha avuto modo di pronunciarsi, in passato, sul merito della situazione di convivenza more uxorio anche nei
termini del confronto sopra descritti. E, in punto specifico, ebbe
già a rilevarsi la inapprezzabilità del rapporto di fatto poiché pri vo esso delle caratteristiche di certezza e di stabilità, proprie della
famiglia legittima, osservandosi — tra l'altro — che la coabita
zione può venire a cessare unilateralmente e in qualsivoglia mo
mento (sent. n. 45 del 14 aprile 1980, id., 1980, I, 1564). Va poi ricordato, per completezza, come non avesse mancato
la corte, peraltro, di porre l'accento (sent. n. 6 del 1977, id.,
1977, I, 793) sulla opportunità di una valutazione legislativa degli interessi dedotti, carenti, allo stato, di tutela positiva.
3b) - In effetti, un consolidato rapporto, ancorché di fatto, non appare — anche a sommaria indagine — costituzionalmente
irrilevante quando si abbia riguardo al rilievo offerto al ricono
scimento delle formazioni sociali e alle conseguenti intrinseche
manifestazioni solidaristiche (art. 2 Cost.). Tanto più — in ciò concordando con i giudici remittenti — allorché la presenza di
prole comporta il coinvolgimento attuativo d'altri principi, pur costituzionalmente apprezzati: mantenimento, istruzione, edu
cazione.
In altre parole, si è in presenza di interessi suscettibili di tutela, in parte positivamente definiti (si vedano, ad es., gli art. 250 e 252 c.c. nel testo novellato con la 1. 19 maggio 1975 n. 151), in parte da definire nei possibili contenuti.
Comunque, per le basi di fondata affezione che li saldano e
gli aspetti di solidarietà che ne conseguono, siffatti interessi ap paiono meritevoli indubbiamente, nel tessuto delle realtà sociali
odierne, di compiuta obiettiva valutazione. Nella fattispecie, tuttavia, l'adeguatezza in concreto di misure
protettive d'ordine positivo scaturenti dalla valorizzazione di le
gami affettivi esistenti di fatto (cfr. sent. n. 198 del 1986, id.,
Rep. 1986, voce Adozione, n. 54) trascende — e proprio per l'e
sigenza di una complessa chiarezza normativa — i ristretti termi ni del caso, rivolto al mero intento di parificare il binomio
coniuge/convivente in presenza dei reati richiamati dall'art. 384
c.p., tra cui il 378.
Più incisivamente, va osservato che l'impugnato art. 307, 4°
comma, racchiude la nozione positiva di prossimo congiunto con una portata di integrazione generale nel sistema legislativo pena le: la prospettata parificazione della convivenza e del coniugio, varrebbe, adunque, a coinvolgere automaticamente non solo le altre ipotesi di reato contenute nell'art. 384 pure impugnato, ma — ben più ampiamente — altri istituti di ordine processuale pe nale, quali la ricusazione del giudice (art. 64, nn. 3 e 4 , c.p.p.); la facoltà di astensione dal deporre (art. 350) già esaminata dalla corte nella ricordata sentenza n. 6 del 1977; la titolarità nella richiesta di revisione delle sentenze di condanna e di connesso esercizio dei relativi diritti (art. 556, 564) ovvero nella presenta zione di domanda di grazia (art. 595).
D'altronde, una volta parificato, in ipotesi, il rapporto di fatto a quello del coniugio, non sarebbe dato sottrarsi, contestualmen
te, alla necessità di regolare la posizione dell'eventuale coniuge
Il Foro Italiano — 1987.
separato, sia per il caso di coerenza d'intenti che di conflittualità
con il convivente.
Ma su di una regolamentazione esaustiva di tal sorta, necessa
riamente involgente, senz'altro, scelte e soluzioni di natura di
screzionale, questa corte non avrebbe facoltà di pronunciarsi senza
invadere quelle competenze che spettano al parlamento, nel ra
zionale esercizio di un potere che il solo legislatore è chiamato
ad esercitare; per il che la corte rinnova la sollecitazione contenu
ta nella sentenza n. 6 del 1977.
Consegue l'inammissibilità dell'odierna dedotta questione. Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, a)
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale de
gli art. 307, 4° comma, e 384 c.p., in relazione all'art. 29 Cost., sollevata con ordinanze n. 751/80, n. 193/85, n. 573/85, rispetti vamente dal Tribunale di Novara, dal giudice istruttore del Tri
bunale di Novara, dal giudice istruttore del Tribunale di Camerino, dalla Corte d'assise di Rovigo; ti) dichiara inammissibile la que stione di legittimità costituzionale degli art. 307, 4° comma, e
384 c.p., in relazione all'art. 3 Cost., sollevata con ordinanze
n. 945/83 e n. 1116/84 dal Tribunale di Torino, nonché dal Tri
bunale di Novara, dal giudice istruttore del Tribunale di Cameri
no, dalla Corte d'assise di Rovigo con le ordinanze di cui al punto
a) del presente dispositivo.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 5 novembre 1986, n. 231
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 12 novembre 1986, n. 53); Pres. La Pergola, Rei. Andrioli; Lucidi e altro (Avv. Ago
stini) c. I.n.a.i.l. (Avv. Catania, Cataldi, Graziani); interv.
Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Ferri). Ord. Pret. Ascoli
Piceno 19 dicembre 1980 (G.U. n. 172 del 1981); Pret. Fermo
20 maggio 1981 (G.U. n. 122 del 1982) e 1° aprile 1981 (G.U. n. 116 del 1982).
Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Agricoltura —
Lavoratori comunque addetti alla utilizzazione di macchine —
Questioni inammissibile e fondata di costituzionalità (Cost., art.
3, 38; d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t.u. delle disposizioni
per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro
e le malattie professionali, art. 209).
È inammissibile, per carente motivazione del giudice a quo sulla
rilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 209
d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, nella parte in cui tutela e pro
tegge contro la pericolosità delle macchine nel settore agricolo soltanto coloro che sono strumentalmente al servizio della mac
china, in riferimento agli art. 3 e 38 Cost. (1) È incostituzionale l'art. 209 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 nella
parte in cui non prevede che spettano le prestazioni assicurative
anche ai lavoratori agricoli comunque addetti all'utilizzazione delle macchine. (2)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 8 maggio 1987, n. 4273; Pres. Antoci, Est. Genghini, P. M. Nicita
(conci, conf.); I.n.a.i.l. (Avv. Mancini, Napolitano, Lai) c.
Grisogani (Aw. Rinaldi). Cassa Trib. Macerata 10 maggio 1984.
Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Agricoltura —
Indennità giornaliera per inabilità temporanea — Limiti tem
porali (D.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, art. 205, 213; 1. 10 mag
gio 1982 n. 231, norme in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, art. 4, 21).
(1) L'ordinanza di rimessione, Pret. Ascoli Piceno 19 dicembre 1980, è massimata in Foro it., Rep. 1981, voce Infortuni sul lavoro, n. 59.
(2) Pret. Fermo, ord. 20 maggio 1981 e 1° aprile 1981, sono massimate in Foro it., Rep. 1982, voce Infortuni sul lavoro, nn. 68, 69.
La propria decisione 16 ottobre 1986, n. 221, cui la corte si riferisce in motivazione come affermativa di un principio di tutela da estendere anche ai lavoratori dell'agricoltura, si legge id., 1986, I, 2665, con nota di richiami.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Non compete l'indennità per inabilità temporanea assoluta ai la
voratori agricoli, previsti dall'art. 205, lett. b), t.u. 1124/65,
infortunatisi anteriormente al 10 gennaio 1982, data di entrata
in vigore della l. 10 maggio 1982 n. 251, anche se lo stato di
inabilità si protragga in epoca successiva. (3)
I
Diritto. — 5.1. - Il Pretore di Ascoli Piceno, nella ordinanza
n. 157/81, ha sollevato la questione di costituzionalità senza ri
solvere il contrasto, insorto tra la Lucidi e l'I.n.a.i.l., sulle moda
lità in fatto dell'infortunio di cui la prima lamentava di essere
stata vittima, e la lacuna ha indotto l'I.n.a.i.l., costituitosi in
questa sede, a formulare istanza di restituzione degli atti al giudi ce a quo. La sostanza della richiesta è fondata ma giustifica (non la restituzione degli atti al giudice a quo sibbene) la inammissibi
lità della questione per carenza di motivazione sulla rilevanza del
la stessa che la corte va a pronunciare. 5.2. - I due incidenti nn. 844 e 845/81, sollevati dal Pretore
di Fermo, prospettano la stessa questione di legittimità costitu
zionale e ne va pertanto disposta la riunione ai fini di unitaria
deliberazione.
6.1. - In tali sensi statuisce l'impugnato art. 209 d.p.r. 30 giu
gno 1965 n. 1124 (t.u. delle assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali): «Alle persone di cui all'art. 205 del presente decreto, addette a macchine mosse
da agente inanimato ovvero non direttamente dalla persona che
ne usa, spettano le prestazioni dell'assicurazione ai termini del
titolo I quando siano colpite da infortunio lavorando a servizio
di dette macchine. Dette prestazioni spettano, altresì', alle perso
ne previste all'art. 205 che, nelle condizioni di cui ai nn. 1) e
2) dell'art. 2, siano addette alle altre lavorazioni previste dall'art.
1 con esclusione di quelle di cui ai nn. 7), 8), 10), 13) limitata mente al deposito ed all'impiego, 14) se eseguite con meno di
quattro persone, 24) e 26)». L'art. 205, poi, individua gli assicurati contro gli infortuni sul
lavoro in agricoltura, tra gli altri, nei lavoratori fissi o avventizi,
addetti ad aziende agricole o forestali, definite nell'art. 206, e
l'art. 207 considera lavori agricoli tutti quelli che rientrano nel
l'attività dell'imprenditore agricolo a norma dell'art. 2135 c.c.,
anche se i lavori siano eseguiti con l'impiego di macchine mosse
da agente inanimato, ovvero non direttamente dalla persona che
ne usa ed anche se essi non siano eseguiti per conto e nell'interes
se dell'azienda conduttrice del fondo.
Dal suo canto, l'art. 1 con il quale s'introduce il capo I (attivi
tà protette) del titolo I (L'assicurazione infortuni e malattie pro
fessionali nell'industria) del t.u. rescrive al 1° comma che «È
obbligatoria l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro delle
persone le quali, nelle condizioni previste dal presente titolo, sia
no addette a macchine mosse non direttamente dalla persona che
ne usa, ad apparecchi a pressione, ad apparecchi ed impianti elet
trici o termici, nonché delle persone comunque occupate in opifi
ci, laboratori o in ambienti organizzati per lavori, opere o servizi,
i quali comportino l'impiego di tali macchine, apparecchi o im
pianti», e al 4° comma soggiunge che «Sono considerati, come
addetti a macchine, apparecchi o impianti, tutti coloro che com
piono funzioni in dipendenza o per effetto delle quali sono espo
sti al pericolo di infortunio direttamente prodotto dalle macchine,
apparecchi o impianti suddetti.»; art. 1, 1° e 2° comma, cui si
affianca l'art. 4 (alfiere del capo III — Persone assicurate), tenor
del quale sono compresi tra gli altri nell'assicurazione: 1) coloro
che in modo permanente o avventizio prestano alle dipenden
ze e sotto la direzione altrui opera manuale retribuita, qua
Sulla sopravvenuta 1. 251/82 che, a parere della corte, non giustificava
la rimessione degli atti al giudice a quo, v. Cass. 4273/87 che pure si riporta.
(3) In senso conforme, v. Cass. 17 aprile 1987, n. 3863, inedita; non
ché, citata in motivazione, Cass. 15 marzo 1986, n. 1779, Foro it., Mass.,
316; 14 novembre 1985, n. 5585, id., Rep. 1985, voce Infortuni sul lavo
ro, n. 267; 14 dicembre 1985, n. 6357, id., 1986, I, 701, con nota di
richiami. Corte cost. 25 luglio 1985, n. 221, ibid., 342, con nota di richiami,
ha ritenuto infondata la questione di costituzionalità dell'art. 213 t.u.
1124/65 nella parte in cui, prima che entrasse in vigore la 1. 251/82,
escludeva dal diritto all'indennità giornaliera i lavoratori indicati nell'art.
205, lett. b), t.u. cit.
Il Foro Italiano — 1987 — Parte I-154.
lunque sia la forma di retribuzione; 2) coloro che, trovandosi
nelle condizioni di cui al precedente n. 1), anche senza partecipa re materialmente al lavoro sovraintendono al lavoro degli altri».
Tale essendo il panorama normativo prospettato anche dalle
parti costituite in questa sede, in cui il presidente del consiglio dei ministri non è intervenuto, il Pretore di Fermo ha giudicato non manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 209 sul riflesso che l'uso delle macchine nel lavo
ro agricolo rende quest'ultimo pericoloso in maggior misura di
quello tradizionale e, pertanto, la protezione garantita dall'art.
209 ai soli lavoratori agricoli che sono a servizio della macchina
contrasta con il principio di uguaglianza dei cittadini, sancito dal
l'art. 3, e con il diritto, senza destinzioni garantito dall'art. 38, 2° comma, all'assicurazione obbligatoria dei lavoratori contro gli infortuni sul lavoro.
6.2. - L'eccezione dall'I.n.a.i.l. intesa a verificare l'interpreta zione dell'art. 209 svolta dal Pretore di Fermo alla stregua del
l'art. 14 disp. prel. c.c. non esime questa corte dall'assumere invece
a parametri di costituzionalità gli art. 3 e 38 Cost, perché la giu
risprudenza della Corte di cassazione, che è custode della corretta
applicazione delle norme sottordinate, ha affermato la conformi
tà all'art. 14 della interpretazione irretroattiva della disposizione
impugnata, che ha quindi considerato inapplicabile al lavoratore
agricolo che provvedeva a caricare e a pressare erba sul rimor
chio di un trattore (sent. 2009/76, Foro it., Rep. 1976, voce In
fortuni sul lavoro, n. 89); conclusione cui finisce con accedere
anche l'I.n.a.i.l.
Né varrebbe al fine di dire risolubile il dubbio sul piano del
l'art. 14 richiamare l'art. 4 1. 10 maggio 1982 n. 251 (norme in
materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malat
tie professionali) perché questa corte, nella sent. 221/85 (id., 1986,
I, 341), ha osservato che «siccome, ai sensi dell'art. 21 della stes
sa legge, l'estensione opera dal 1° gennaio 1982, non essendo
stata prevista una diversa decorrenza, il prospettato dubbio di
legittimità costituzionale delle citate norme rimane in quanto gli
infortuni, di cui alla fattispecie, sono accaduti in periodi anterio
ri alla nuova legge che testualmente non ha efficacia retroattiva».
Irretroattività che esclude dall'area dell'art. 4 — dato e non con
cesso che sia lecito argomentare sugli incidenti in esame — gli infortuni di cui sono stati vittime la Ciccioli il 6 luglio 1979 e
il Gismondi il 16 giugno 1977. 6.3. - L'eccezione dall'I.n.a.i.l. intesa a ravvisare dall'interpre
tazione restrittiva dell'art. 209 effettuata dalla Corte di cassazio
ne (sent. 1° giugno 1976, n. 2009, cit.; 23 febbraio 1984, n. 1278,
id., Rep. 1984, voce cit., n. 39) precluso l'esame della conformità
agli art. 3 e 38 del ripetuto art. 209 da parte della Corte costitu
zionale è priva di fondamento perché i criteri dettati dall'art. 14
disp. prel. c.c., cui i giudici sottordinati — Corte costituzionale
non esclusa — debbono uniformarsi, sono ben diversi dagli art.
3 e 38 Cost. Come questa corte non può sovrapporsi alla Corte
di cassazione, cui compete ai sensi dell'art. Ili, 2° comma, Cost,
la filachia delle norme sottordinate, nell'applicazione dei criteri
dettati nell'art. 14 disp. prel. cc., cosi il «diritto vivente», quale
risulta dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, non preclu
de a questa corte il vaglio delle norme sottordinate, che ne han
formato oggetto, alla stregua della Carta costituzionale.
Né infine la disciplina dell'indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta derivante da infortunio sul lavoro o da ma
lattia professionale, dettata dall'art. 4 1. 10 maggio 1982 n. 251
(norme in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro
e le malattie professionali) impone la restituzione degli atti al giu
dice a quo perché le disposizioni della legge — ammenoché non
sia prevista una diversa decorrenza (il che non si avverte nell'art.
4) — hanno ai sensi dell'art. 21 effetto dal 1° gennaio 1982 e,
pertanto, il ripetuto art. 4 non può coinvolgere gli infortuni di
cui sono stati vittime la Ciccioli il 6 luglio 1979 e il Gismondi il 16 giugno 1977.
7. - La questione è fondata perché del tutto privi di giustifica
zione sono i diversi trattamenti fatti dall'art. 209 e dall'art. 1
a tutti coloro che compiono funzioni in dipendenza e per effetto
delle quali sono esposti al pericolo di infortunio direttamente pro
dotto dalle macchine, apparecchi o impianti: mentre l'art. 209
li oblitera, l'art. 1, 5° comma, ammette a fruire dell'assicurazio
ne obbligatoria anche le persone comunque occupate dal datore
di lavoro in lavori complementari o sussidiari anche quando la
vorino in locali diversi o separati da quelli in cui si svolge la
lavorazione principale. L'offesa in tal guisa perpetrata all'art. 3
non si giustifica per la qualifica del settore — industriale o agri
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2359 PARTE PRIMA 2360
colo — in cui sono avvenuti gli infortuni perché i lavoratori agri coli a parità di condizioni non han diritto a tutela assistenziale
minore di quella di cui fruiscono i lavoratori industriali, seppur non è lecito osservare che la tutela preventiva contro gli infortuni
è nel settore industriale più efficiente della tutela nel settore
agricolo. Non ha questa corte mancato di constatare nella sent. 221/85
che «tra le lavorazioni di tipo agricolo e quelle di tipo industriale
non esiste più una differenza tale da fondare una differenziazio
ne di trattamento ai fini che ne interessano» e in quell'incontro ha riservato al magistero del legislatore il compito di rammoder
nare gli art. 205, lett. a) e e), e 213 d.p.r. 1124/65 in modo da
comprendere i soci di cooperative agricole di lavoro tra gli aventi
diritto all'indennità giornaliera per inabilità temporanea perché ratio decidendi non ne è stato il raffronto tra i due settori.
Indipendentemente dalla identità dei rischi nei due settori, la
mancata tutela dei lavoratori agricoli suona offesa dell'art. 38, 2° comma, Cost., il quale garantisce ai lavoratori il diritto a che
siano ai medesimi assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di
vita in caso di infortunio (nonché di malattia, invalidità e vec
chiaia, disoccupazione involontaria).
Pertanto, s'impone l'estensione ai lavoratori agricoli comun
que addetti alla utilizzazione delle macchine delle prestazioni di
assicurazione ai termini del titolo I del t.u. del cui art. 1, 1°
e 4° comma questa corte ha, con sent. 221/86 (id., 1986, I, 2665), dichiarando non fondata la questione di legittimità costituzionale
sollevata in giudizio tra I.n.a.i.l. e datori soggetti alle disposizio ni del ripetuto titolo I.
Per questi motivi, la Corte costituzionale a) dichiara inammis sibile per carente motivazione sulla rilevanza la questione di legit timità costituzionale dell'art. 209 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124
(t.u. delle disposizioni sull'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) in quanto tutela
e protegge contro la pericolosità delle macchine nel settore agri colo soltanto coloro che sono strumentalmente al servizio della
macchina, sollevata in riferimento agli art. 3 e 38 Cost, dal Pre
tore di Ascoli Piceno con ordinanza 19 dicembre 1980 (n. 157/81);
b) riuniti gli incidenti iscritti ai nn. 844 e 845/81, dichiara l'ille gittimità costituzionale dell'art. 209 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, nella parte in cui non prevede che spettano le prestazioni dell'as sicurazione obbligatoria ai termini del titolo I (L'assicurazione infortuni e malattie professionali nell'industria) dello stesso d.p.r. anche ai lavoratori agricoli comunque addetti all'utilizzazione delle macchine.
II
Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di Mace rata depositato il 5 luglio 1983 Grisogani Federico, sulla premes sa di essere stato vittima di un infortunio agricolo occorsogli il 12 dicembre 1981 mentre lavorava quale coltivatore diretto ad un fondo di sua proprietà sito in Loro Piceno, per il quale l'I.n.a.i.l. gli aveva riconosciuto una rendita pari al 25% a decor rere dal 19 giugno 1982, chiedeva dichiararsi il proprio diritto a percepire anche la indennità giornaliera per inabilità tempora nea assoluta, che la 1. 10 maggio 1982 n. 251 aveva esteso ai lavoratori autonomi a decorrere dal 1° gennaio 1982, e dunque per il perido 1° gennaio 1982 - 18 giugno 1982.
Costituitosi il contraddittorio, il convenuto istituto eccepiva la infondatezza della domanda, ponendo in rilievo che l'infortunio, al cui verificarsi sorge il diritto dell'assicurato alle prestazioni pre viste dalla legge, era anteriore alla data di entrata in vigore della 1. n. 251 del 1982, la quale non era dunque suscettibile di applica zione retroattiva.
Con sentenza del 6 dicembre 1983 il pretore adito accoglieva la domanda. La sentenza veniva impugnata dall'I.n.a.i.l. dedu cendo che l'infortunio agricolo verificatosi prima del 1° gennaio 1982 non poteva dare diritto a prestazioni pevidenziali per inabi lità temporanea anche se questa perdurava oltre l'indicato termine.
Si costituiva l'appellato chiedendo la conferma della sentenza
impugnata. Il Tribunale di Macerata, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto l'appello dell'I.n.a.i.l., dichiarando che
Grisogani Federico, quale lavoratore agricolo autonomo ancora inabile alla data del 1° gennaio 1982, ha diritto a percepire l'in dennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta ex lege 10
maggio 1982 n. 251 e ciò indipendentemente dall'epoca del subito infortunio.
Il Foro Italiano — 1987.
Avverso tale sentenza l'I.n.a.i.l. propone ricorso illustrato da
memoria; resiste con controricorso il Grisogani. Motivi della decisione. — Con unico mezzo l'istituto si duole
per la violazione e falsa applicazione degli art. 4 e 21 1. 10 mag
gio 1982 n. 251 in relazione agli art. 11 e 12 disp. prel. c.c. (art.
360, nn. 3 e 5, c.p.c.). La legge non consente di estendere la
prestazione assicurativa ad inabilità derivanti da infortuni o ma
lattie antecedenti alla data del 1° gennaio 1982.
Il ricorso è fondato. La 1. 10 maggio 1982 n. 251, contenente
«norme in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro
e le malattie professionali», prevede all'art. 4 che «l'indennità
per inabilità temporanea assoluta derivante da infortunio sul la
voro o da malattia professionale agricola, che comporti l'asten
sione dal lavoro per più giorni, è corrisposta a partire dal quarto
giorno e per tutta la durata della inabilità stessa, compresi i gior ni festivi, alle persone di cui all'art. 205, lett. b), d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 (proprietari, mezzadri, affittuari, loro coniugi e fi
gli, anche naturali e adottivi, che prestano opera manuale abitua
le nelle rispettive aziende) nella misura del 60% delle retribuzioni
convenzionali annualmente fissate con decreto ministeriale per i
salariati fissi specializzati, precisando al 2° comma che, «quando la durata della inabilità si prolunga oltre i novanta giorni, anche
non continuativi, la misura delle indennità è elevata, a decorrere
dal novantesimo giorno, al 75%».
Tale articolo, in virtù del successivo art. 21, secondo cui «le
disposizioni della presente legge, ove non sia prevista una diversa
decorrenza, hanno effetto dal 1° gennaio 1982», ha esteso il di
ritto delle suddette categorie di lavoratori autonomi all'indennità
giornaliera, che, secondo non controversa interpretazione del com
binato disposto degli art. 213 e 205 cit. agli stessi non competeva (conf. sent. 1779/86, Foro it., Mass., 316; 6357/85, id., 1986,
I, 701; 5585/85, id., Rep. 1985, voce Infortuni sul lavoro, n.
267 e molte altre). Poiché la chiara formulazione delle due norme ed il carattere,
oltre che di specialità, innovativo (e non meramente interpretati
vo) di quella introdotta con l'art. 4 non ne consentono un'ulte riore applicazione retroattiva (conf. le citate sentenze), l'estensione
del trattamento previsto dall'art. 4 ai casi, come quello qui in
esame, di infortunio verificatosi in data anteriore al 1° gennaio
1982, da cui sia derivata una inabilità temporanea assoluta per durante a tale data, potrebbe solo discendere dal collegamento
(giudicato sussistente dal giudice del merito) del termine di effica cia posto dall'art. 21 non al fatto generatore dell'invalidità, ma
alle perduranti sue conseguenze. Ma tale interpretazione non trova conforto né nella formula
zione letterale della disciplina in questione, né nei principi gene rali in materia di ius superveniens.
Per quanto attiene alla interpretazione letterale, sia l'art. 4, 1° comma, con riguardo alla decorrenza iniziale, sia l'art. 4, 2°
comma, con riferimento alla maggiorazione del trattamento, pren dono in considerazione la data dell'infortunio talché se ne può dedurre che la legge ha inteso disciplinare l'infortunio e le conse
guenze indennizzabili come un evento complesso valutato unita riamente e non scisso nel fatto genetico e nell'effetto inabilitante indennizzabile. Né dall'art. 21 possono trarsi argomenti a favore di questa artificiale scissione. D'altra parte la natura innovativa della disciplina dell'intera materia, oltre ad essere stata più volte affermata da questo Supremo collegio, è stata anche ribadita dal la Corte costituzionale (sent. 25 luglio 1985, n. 221, id., 1986, I, 341).
La corte anzi, a proposito della diversità di trattamento per lavoratori autonomi dell'industria e lavoratori autonomi dell'a
gricoltura, riteneva che non fosse ingiustificata al momento della introduzione della norma, poiché rispondeva al diverso livello di rischio che caratterizzava gli ambienti ed i mezzi propri dei pro cessi lavorativi del settore agricolo rispetto a quelli del settore
industriale, trovando scarso impiego i mezzi meccanici in agricol tura. Successivamente e gradualmente, si andava verificando l'as similazione della agricoltura alla industria, senza che si possa nettamente individuare il momento della parificazione in concre
to, che ha fatto venir meno la originaria disomogeneità, restando riservato al legislatore l'accertamento di tale evento per dettare la conseguenziale disciplina, come appunto è avvenuto con la cit. 1. n. 251 del 1982.
Ma proprio l'origine, il fondamento e la finalità di questa di
sciplina giuridica cosi come sinteticamente individuata dalla Cor te costituzionale consentono di riaffermare che si è trattato di
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
una innovazione di vasta portata alla quale non può conferirsi
effetto retroattivo in via di interpretazione, neppure limitatamen
te agli effetti indennizzabili dell'infortunio; ciò per la semplice
ragione che prima della nuova disciplina quell'evento infortunio
non rientrava nella previsione normativa e quindi era inidoneo
a produrre gli effetti giuridici che si invocano. Quanto agli effetti
inabilitanti, questi, protraendosi sino ed oltre l'entrata in vigore della nuova legge, sono del pari inidonei a produrre quegli stessi
effetti giuridici atteso che il fatto preso in considerazione dalla
nuova come fonte del diritto è l'infortunio, già verificatosi prima dell'entrata in vigore della nuova legge.
Ciò è vero con riferimento ai principi generali in tema di suc
cessione di leggi perché lo ius superveniens possa essere applicato anche ad un rapporto giuridico sorto anteriormente, occorre che
questo non abbia esaurito i suoi effetti; ma è noto che ciò non
si verifica proprio allorché la legge sia rivolta a disciplinare non
l'atto o fatto generatore del rapporto, ma gli effetti di esso. Ora
nel caso in esame è proprio il fatto generatore del diritto che
si è verificato e si è esaurito durante il vigore della legge che
ne sanciva la non indennizzabilità, talché il sopravvenire di una
nuova e diversa disciplina può prendere in considerazione (espli
citamente) quegli effetti eventualmente perduranti, ma, in assen
za di tale apposita previsione, la interpretazione, che desse valore
alla nuova legge anche con riguardo a quegli effetti eventualmen
te perduranti dell'infortunio pregresso, si risolverebbe nella attri
buzione di valore retroattivo alla legge in violazione dell'art. 11
preleggi ed in ultima analisi in violazione dello stesso art. 21 1.
n. 251 del 1982 che tale effetto retroattivo in realtà delimita sino
al 1° gennaio 1982. Questo vale anche in tema di prestazioni pre videnziali introdotte da nuove disposizioni di legge a favore di
soggetti ai quali non erano concesse dalla legge previgente, che
potranno essere conferite soltanto ove l'evento produttivo del di
ritto si sia verificato in tempo successivo a quello dell'efficacia
della nuova legge. Questo collegio ha infatti avuto modo di con
siderare altresì che è applicabile, anche alle assicurazioni sociali
obbligatorie, quanto si è elaborato in tema di rischio preesistente, talché non sembra ipotizzabile che sia dovuta una copertura assi
curativa — come avverrebbe in questo caso — in relazione ad
un evento già verificatosi e cioè in presenza non di un mero ri
schio, ma della certezza dell'evento invalidante.
Né si vede come potrebbe applicarsi l'art. 39 t.u. posto che
in relazione a questi infortuni, all'epoca non previsti come inden
nizzabili, non vi è stata ottemperanza né dell'obbligo di denun
cia, né di quello di darne notizia, e pertanto non vi è stato un
computo dei coefficienti per il calcolo dei valori capitali attuali
delle rendite di inabilità in modo da consentire che le tariffe dei
premi e dei contributi siano determinati in modo da comprendere l'onere finanziario previsto corrispondente agli infortuni del pe riodo di assicurazione.
Consegue a quanto esposto l'accoglimento del ricorso e la sen
tenza impugnata va cassata con rinvio al Tribunale di Fermo per nuovo esame in applicazione del seguente principio di diritto:
«In relazione agli infortuni sul lavoro subiti dalle persone di
cui all'art. 205, lett. b), t.u. n. 1124 del 1965, che si siano verifi
cati in epoca anteriore al 1° gennaio 1982, data nella quale è
stabilita la efficacia della 1. n. 251 del 1982 dall'art. 21, non deve
essere corrisposta l'indennità per inabilità temporanea assoluta
di cui all'art. 4 della stessa legge, anche se la inabilità tempora nea stessa si sia protratta oltre il termine anzidetto».
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 13 giu
gno 1987, n. 5201; Pres. Lo Surdo, Est. Quaglione, P.M.
Marinelli (conci, conf.); Vitali (Avv. Cassola, Salvati) c. Vi
tali ed altri (Avv. Bruzzi). Conferma App. Bologna 7 dicem
bre 1982.
CORTE DI CASSAZIONE;
Agricoltura — Prelazione e riscatto — Famiglia coltivatrice —
Coniuge dell'affittuario — Legittimazione — Esclusione (Cod.
civ., art. 230 bis; 1. 26 maggio 1965 n. 590, disposizioni per
lo sviluppo della proprietà coltivatrice, art. 8).
Il diritto di prelazione e di riscatto di cui all'art. 8 l. 590/65
spetta solo al titolare del contratto di affitto e non al coniuge
Il Foro Italiano — 1987.
di esso titolare anche se sussiste tra i coniugi comunione tacita
familiare. (1)
(1) La sentenza ribadisce l'orientamento della Cassazione secondo cui il diritto di prelazione e di riscatto ex art. 8 1. 590/65 spetta al solo titola re del contratto agrario e non anche al suo familiare che comunque parte cipi alla conduzione del fondo (Cass. 13 febbraio 1979, n. 284, Foro
it., Rep. 1979, voce Agricoltura, n. 104; 26 marzo 1980, n. 2016, id.,
Rep. 1980, voce cit., n. 130, e in Giur. agr. it., 1982, 41, con nota di
Ronga; 18 giugno 1980, n. 3858, Foro it., Rep. 1980, voce cit., 156, e in Giur. agr. it., 1983, 292, con nota di De Capririis; 15 gennaio 1981, n. 354, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 130; 4 luglio 1981, n. 4390, ibid., n. 136; 26 agosto 1982, n. 4718, id., Rep. 1982, voce cit., n. 126, e in Giust. civ., 1982, 1, 2977; 12 marzo 1983, n. 1875, Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 177, e in Riv. dir. agr., 1984, II, 206).
L'orientamento in questione aderisce alla interpretazione secondo cui la disciplina dell'impresa familiare contenuta nell'art. 230 bis c.c. ha rile vanza nei rapporti interni tra i familiari non innovando per quanto ri
guarda i rapporti esterni (v. per tutti Costi, Lavoro e impresa nel nuovo diritto di famiglia, Giuffrè, Milano, 1976, 6, ss.).
Secondo un'altra interpretazione, v'è parità di diritti e di doveri tra familiari che prestano lavoro continuativo non solo nell'impresa ma an che nella famiglia, ivi compreso il diritto di partecipare a tutte le decisio ni inerenti l'impresa familiare (v. per tutti C.A. Graziani, in La riforma dei contratti agrari, Jovene, Napoli, 1982, 397 ss.).
Per dirla schematicamente, da una parte una concezione gerarchica del
l'impresa familiare con il capo famiglia che può prendere individualmen te ogni decisione senza preventivamente interpellare i familiari; dall'altra invece una concezione che vede i familiari come coimprenditori con tutti i diritti e gli obblighi relativi anche verso l'esterno.
Per vero, ammettendosi la difficoltà di escludere l'applicazione del nuovo diritto di famiglia ai rapporti agrari, dove i rapporti tra familiari sono ancora oggi di notevole rilievo economico, Cass. 7 marzo 1981, n. 1289, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 132, e in Giur. agr. it., 1981, 336, con nota di Monteforte; in Giust. civ., 1982, I, 265, con nota di Trio
la; Vit. not., 1982, 623, con nota di M. Finocchiaro, apri uno spiraglio affermando che il coniuge in regime di comunione legale dei beni può esercitare il diritto di riscatto dato che una volta operato il riscatto il bene oggetto dello stesso resterebbe acquisito alla comunione.
Ma la sentenza riportata, aderendo alla corrente dottrina (v. fra gli altri Triola, cit.; A. e M. Finocchiaro, Diritto di famiglia, Giuffrè, Milano, 1984, I, 874), ha chiuso l'anzidetto spiraglio affermando che il diritto di prelazione e di riscatto è strettamente personale e non certamen te oggetto di comunione e che, se del caso, il coniuge che non sia titolare del contratto ha un interesse di mero fatto all'esercizio della lite, per cui può, al più, spiegare un intervento adesivo volontario ma non sosti tuirsi all'unico soggetto legittimato ad agire.
Sempre secondo la sentenza riportata, ove il coniuge unico titolare del contratto agrario non intende esercitare il diritto di prelazione, l'altro
coniuge può tutelare i suoi interessi in forza dell'art. 181 c.c. — art. 60 1. 151/75 — rivolgendosi al giudice per ottenere l'autorizzazione per il compimento dell'atto (di accettazione della proposta contrattuale) rite nuto necessario nell'interesse dell'azienda.
Non sfugge certo la macchinosità degli espedienti trovati per consentire
comunque la tutela del coniuge che non è titolare del contratto agrario: l'intervento adesivo non è possibile nel caso in cui il coniuge titolare del
contratto agrario non dia nemmeno inizio al giudizio per l'esercizio del
riscatto; il ricorso al giudice ex art. 181 c.c. deve fare i conti con i tempi ristretti — trenta giorni dalla notificazione della proposta di vendita —
per l'esercizio della prelazione. Senza dire che il ricorso ex art. 181 c.c., presupponendo un'impresa
gestita da entrambi i coniugi, mal si concilia con l'orientamento secondo cui la disciplina dell'art. 230 bis c.c. ha rilevanza solo interna: come dire
che, essendovi due imprenditori, solo uno è abilitato ad agire all'esterno
non si capisce bene in base a quale criterio di scelta.
Per risolvere il dilemma, occorre partire dalla considerazione che nella
legislazione speciale del secondo dopoguerra il favor dell'impresa coltiva
trice è una costante. Basta pensare alle disposizioni sulla proroga dei contratti agrari, nelle
quali l'apporto della famiglia coltivatrice è sempre stato considerato deci
sivo ai fini della determinazione della capacità lavorativa necessaria per beneficiare del diritto; o alle disposizioni in materia di riforma fondiaria
tutte tese alla formazione di imprese coltivatrici efficienti anche in sede
successoria; o alla disposizione che accorda preferenza ai componenti la
famiglia coltivatrice per l'acquisto della quota del componente che abbia
cessato di far parte della famiglia coltivatrice (art. 8, 10° comma, 1. 590/65); od anche, in particolare, alla disposizione che riconosce il diritto di prela zione alle cooperative agricole (art. 16, 5° comma, 1. 817/71) e cioè a
coltivatori nemmeno legati da un vincolo di parentela.
Probabilmente, la chiave di volta sta nell'art. 48 1. 3 maggio 1982 n.
203 che ha statuito che il rapporto agrario intercorre tra concedente e
famiglia coltivatrice. Se non si vuole svuotare di significato questa norma, deve ritenersi
che in tutti i rapporti agrari, nei quali i familiari prestano un'attività
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