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Sentenza n. 577/2011/A
REPUBBLICA ITALIANA
= ° =
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE
composta dai seguenti magistrati:
Dott. Alberto AVOLI Presidente f.f.
Dott. Mauro OREFICE Consigliere
Dott.ssa Rita LORETO Consigliere
Dott. Piergiorgio DELLA VENTURA Consigliere relatore
Dott. Massimo DI STEFANO Consigliere
ha pronunziato la seguente
S E N T E N Z A
nel giudizio iscritto al n. 38400 del registro di segreteria, sul’appello proposto dal geom.
Domenico CLAPS, difeso dall’avv. Agostino Meale e con quest’ultimo elettivamente domiciliato
in Roma, via Cosseria n. 2, presso il dr. Alfredo Placidi,
avverso
la sentenza 27.5.2010, n. 131 della Sezione giurisdizionale della Cor-te dei conti per la regione
Basilicata.
VISTI gli atti e documenti di causa;
UDITI, nella pubblica udienza del giorno 25 novembre 2011, il consigliere relatore dr.
Piergiorgio Della Ventura, l’avvocato Agostino Meale, nonché il vice Procuratore generale dr.
Alfredo Lener;
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Ritenuto in
F A T T O
Con la sentenza in epigrafe il geom. Claps è stato condannato a risarcire il comune di
Sant’Arcangelo (PZ) della somma di € 10.000,00, oltre le spese del giudizio, corrispondente al
50% del danno che sarebbe stato prodotto all’ente locale medesimo in relazione ad un
incarico, ritenuto illegittimo e parzialmente inutile, che era stato affidato dall’interessato ad un
professionista esterno.
In particolare, l’appellante, nella sua qualità di responsabile dell’area tecnica del
comune, aveva predisposto e sottoposto all’approvazione della Giunta il piano economico-
finanziario di attuazione di un progetto (“Casa sicura”) nell’ambito dei Programmi Integrativi di
Conservazione – cc.dd. “PIC” - finanziati dalla regione Basilicata, con la previsione anche
dell’eventuale ricorso a personale esterno. Nella fattispecie l’appellante, adducendo carenze di
organico, assenza di personale laureato ed eccessivo carico di lavoro, con proprio
provvedimento aveva affidato un incarico di consulenza ad un architetto, libero professionista,
che avrebbe dovuto supportare la prevista attività in progetto.
Di fatto, tale attività era stata svolta da un geometra (collaboratore in convenzione con
l’affidatario dell’incarico) e si era risolta in una mera predisposizione di tabelle e tabulati, che
secondo il Giudice qualunque geometra interno (dei quattro a disposizione dell’ente) avrebbe
potuto agevolmente svolgere. Di qui, la riscontrata responsabilità dell’appellante e la sua
condanna, con riduzione del 50% dell’addebito ipotizzato in citazione; ciò, da un lato per il
parziale concorso della giunta municipale nella causazione del danno - con l’acritica
approvazione della proposta avanzata dal sig. Claps – e, sotto altro profilo, per una qualche
utilità, comunque riconosciuta dal primo Giudice al lavoro svolto.
Avverso la sentenza ha proposto appello l’interessato, deducendo la propria mancanza
di responsabilità e chiedendo altresì l’accesso alla definizione agevolata del giudizio, di cui
all’art. 1, commi 231-233 della legge 23.12.2005, n. 266.
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In particolare, viene contestata dall’appellante la sua posizione di “dominus” della
vicenda, come riconosciuta dalla sentenza gravata, nonché l’erroneità nella quantificazione del
danno, in quanto - sostiene l’interessato – il primo Giudice non avrebbe tenuto conto anche del
concorso del dirigente regionale, che aveva approvato il finanziamento del progetto in quei
termini.
Con le proprie conclusioni, recentemente depositate, il Procuratore generale ha chiesto
la conferma della prima sentenza e il rigetto dell’appello.
Sul ruolo di “dominus” nella vicenda da parte del geom. Claps, osserva il Procuratore
che l’appellante, una volta conferito l’incarico al professionista esterno ha ritenuto,
incondizionatamente, di nulla obiettare alla lettera con la quale lo stesso professionista
comunicava – appena dopo dieci giorni dal conferimento dell’incarico – che “per
l’espletamento dell’incarico di supporto all’UTC si avvarrà del Sig. Michele Capobianco, che
sarà presente presso gli Uffici comunali a partire dal giorno 1.3.2007, secondo le vostre
esigenze”. Ciò dimostrerebbe, sempre secondo il Requirente, che le motivazioni che
l’appellante medesimo aveva posto a fondamento della consulenza-supporto (personale
laureato, alta qualificazione, ecc.) sono state smentite e nei fatti invalidate con la personale
accettazione che il lavoro previsto fosse svolto da un normale geometra, presente negli uffici
comunali “secondo le esigenze” degli stessi. Il PM ricorda anche che questi fatti sono stati
oggetto di interrogazione al sindaco da parte di alcuni consiglieri i quali, oltre a rappresentare il
probabile sorgere di danno erariale, paventavano possibili violazioni della privacy, l’insorgere
di eventuali responsabilità civili verso terzi, ecc., non risultando normativamente giustificata la
presenza del sig. Capobianco negli uffici comunali.
Per quanto concerne l’asserita corresponsabilità del dirigente regionale, osserva il
Requirente che questi si è limitato a verificare la compatibilità finanziaria del progetto e la
presenza delle necessarie condizioni previste dai programmi di finanziamento, ivi incluso
l’eventuale ricorso a personale esterno, genericamente e normalmente inserito in tali
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fattispecie, ma il cui utilizzo era demandato all’esclusiva competenza degli enti fruitori. In ogni
caso, evidenzia ancora il PM, nella fattispecie il dirigente regionale non poteva essere al
corrente del “sub-appalto” dell’incarico al giovane geometra.
Il Pubblico Ministero, sulla scorta delle su dette considerazioni, ha quindi chiesto che
questa Sezione voglia respingere l’appello e confermare la sentenza impugnata, con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese anche per il presente grado di giudizio.
Per quel che riguarda l’istanza di definizione agevolata del giudizio questo Collegio, con
decreto n. 7/2011 del 14.2.2011 - tenuto conto che l’art. 1, comma 231 della legge 23 dicembre
2005, n. 266 prevede la possibilità di definizione agevolata del giudizio contabile solo con
riferimento a fatti commessi antecedentemente alla data di entrata in vigore della legge
medesima (1.1.2006) - e preso atto altresì che nel caso di specie la vicenda dannosa
riguardava una determinazione assunta dal geom. Claps nel febbraio 2007, in relazione ad un
finanziamento che il comune aveva ottenuto dalla regione Basilicata nel 2006 (dunque, in ogni
caso al di fuori dei termini temporali fissati dalla legge), ha dichiarato inammissibile l’istanza
stessa.
All’udienza dibattimentale odierna, ha preso per primo la parola l’avv. Meale, che
conferma gli scritti. L’errore di fondo della sentenza appellata consiste nel ritenere che il lavoro
svolto poi dal geometra postulasse un contenuto professionale di alto profilo: ed invece, non si
fa mai riferimento ad alta specializzazione, ma solo all’eccessivo carico di lavoro per la
realizzazione di quel progetto (si parlava, più genericamente, di “consulenza all’ufficio”).
Nessuno ha potuto dimostrare che quel carico di lavoro fosse possibile da parte dei geometri
interni, che svolgevano altro lavoro istituzionale; era poi possibile conferire incarichi, secondo il
programma regionale. La stessa circostanza che il lavoro sia stato svolto da altro soggetto non
comportò alcun aggravio di spesa per il comune (riguardando tale circostanza i soli rapporti
interni tra i due soggetti, architetto incaricato e geometra).
Il Pubblico ministero conferma le proprie conclusioni. Evidenzia che il conferimento di
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incarichi da parte di una p.a. postula, in ogni caso, la particolare qualificazione professionale
del soggetto scelto. Inoltre, la circostanza che il lavoro sia stato svolto da un geometra di per sé
comporta un danno per il comune, che pagò la consulenza di un architetto, quando
evidentemente tale professionalità non era necessaria. L’ausilio esterno in questo caso è
radicalmente vietato dalle norme in vigore.
L’avv. Meale, in replica, osserva che in questo caso dovrebbe allora venire in rilievo,
come già esposto nell’atto d’appello, anche la responsabilità del dirigente regionale che
consentì l’incarico.
D I R I T T O
1. Con l’impugnata sentenza il geom. Claps, responsabile dell’area tecnica del comune di
S. Arcangelo, è stato condannato al pagamento di € 10.000,00, oltre le spese del giudizio, in
relazione all’affidamento di un incarico di consulenza ad un architetto, libero professionista, che
avrebbe dovuto supportare la realizzazione del progetto “Casa sicura” nell’ambito di un
programma finanziato dalla regione. Tale incarico, ad avviso dei primi Giudici, sarebbe stato
affidato contra legem ed avrebbe causato un danno ingiusto all’ente locale.
Avverso la sentenza ha proposto appello l’interessato, il quale ha chiesto l’assoluzione,
deducendo al riguardo la piena legittimità dell’affidamento in questione.
2. In tal modo riassunti i termini della vertenza, ritiene questo Collegio opportuno, prima di
affrontare l’esame del merito, illustrare la normativa e la prassi giurisprudenziale in tema di
conferimento di incarichi di collaborazione da parte di pubbliche amministrazioni.
2.1. In passato, le norme non disciplinavano in via generale la fattispecie, se non per casi
particolari: cfr. l'art. 380 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 - T.U. sugli impiegati civili dello Stato,
che regolamentava gli incarichi conferiti dai ministri a professori universitari ed esperti di
analoga qualificazione. Altre normative specifiche, vietavano poi in determinate ipotesi il
conferimento di incarichi esterni: si citano, al riguardo, l'art. 1 del D.P.R. 28 maggio 1981, n.
247; l'art. 1 del d.l. 26 novembre 1981, n. 678, conv. con legge 26 gennaio 1982, n. 12, sul
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blocco degli organici delle USL; infine, l'art. 14, comma 8, della legge 20 maggio 1985, n. 207,
recante la disciplina transitoria per l'inquadramento del personale non di ruolo delle USL.
Le riforme recenti - tanto quelle riguardanti gli enti locali, quanto le norme generali
sull'organizzazione dei pubblici uffici - si sono preoccupate, opportunamente, di disciplinare la
fattispecie, con la fissazione di regole e princìpi che peraltro già da diversi anni avevano trovato
ampia considerazione nella giurisprudenza contabile.
La prima disposizione di legge in materia, in ordine di tempo, è stata dettata per gli enti
locali dall'art. 51 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come modificato dalla legge 15 maggio
1997, n. 127; la norma è stata poi trasfusa nell’art. 110 del T.U. n. 267/2000.
Per la generalità degli enti pubblici, opera invece l'art. 7, c. 6, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165 (già D.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29), che consente alle amministrazioni
pubbliche di conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza e per esigenze cui
non possano fra fronte con le risorse interne. Le relative attribuzioni spettano ai dirigenti i quali,
sulla scorta proprio della riforma in tema di organizzazione del lavoro pubblico hanno assunto
un ruolo diverso, con la conseguente assunzione dei poteri del privato datore di lavoro nella
gestione delle risorse umane e più in generale nell’organizzazione degli uffici.
La crescita del fenomeno e l’utilizzo improprio delle collaborazioni negli ultimi anni,
hanno successivamente portato il legislatore, in sede di legge finanziaria - v. gli artt. 34 della
legge 27 dicembre 2002, n. 289 e 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 - ad intervenire in
materia con disposizioni restrittive ai fini del contenimento della spesa; sempre al medesimo
scopo di contenere le relative spese, l’articolo 1, commi 9 e 11 del d.l. 12 luglio 2004, n. 168,
convertito con legge 30 luglio 2004, n. 191, poneva un limite alla spesa per gli incarichi per le
regioni, le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, prevedendo altresì
che l’affidamento d’incarichi, in assenza dei presupposti stabiliti dall’articolo 1, comma 9, “…
costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale”.
In ordine a tale normativa è intervenuta la circolare della Funzione pubblica n. 4 del
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15.7.2004, nella quale si afferma (in piena sintonia con la giurisprudenza della Corte dei conti
nella materia, puntualmente richiamata) che la possibilità di ricorrere a rapporti di
collaborazione sussiste solo per prestazioni di elevata professionalità, contraddistinte da una
elevata autonomia nel loro svolgimento, tale da caratterizzarle quali prestazioni di lavoro
autonomo; l’affidamento dell’incarico a terzi può dunque avvenire solo nell’ipotesi in cui
l’amministrazione non sia in grado di far fronte ad una particolare e temporanea esigenza con
le risorse professionali presenti in quel momento al suo interno.
Le disposizioni dei commi 9 e 11 dell’articolo 1 della legge n. 191/2004 hanno cessato
di essere in vigore il 31 dicembre 2004 e sono state sostituite, a decorrere dal 1 gennaio 2005,
dall’articolo 1, commi 11 e 42, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), il
cui contenuto è stato peraltro illustrato dalle SS.RR. della Corte dei conti, con deliberazione n.
6/2005, “Linee di indirizzo e criteri interpretativi sulle disposizioni della legge 30 dicembre
2004, n. 311 (finanziaria 2005) in materia di affidamento d’incarichi di studio o di ricerca
ovvero di consulenza (art. 1, commi 11 e 42)”.
Più in particolare il comma 11, che si applica alle pubbliche amministrazioni di cui
all’articolo 1, comma 2, d.lgs. n. 165/2001, dispone che il conferimento dell’incarico deve
essere adeguatamente motivato ed “… è possibile soltanto nei casi previsti dalla legge
ovvero nelle ipotesi di eventi straordinari”. Il comma 42, che si applica agli enti locali con
popolazione superiore a 5.000 abitanti, prevede analoghi principi (“L’affidamento da parte
degli enti locali di incarichi di studio o di ricerca, ovvero di consulenze a soggetti estranei
all’ammini-strazione, deve essere adeguatamente motivato con specifico riferimento
all’assenza di strutture organizzative o professionalità interne all’ente in grado di assicurare i
medesimi servizi, ad esclusione degli incarichi conferiti ai sensi della legge 11 febbraio
1994, n. 109, e successive modificazioni. In ogni caso l’atto di affidamento di incarichi e
consulenze di cui al primo periodo deve essere corredato della valutazione dell’organo di
revisione economico-finanziaria dell’ente locale e deve essere trasmesso alla Corte dei
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conti. L’affidamento di incarichi in difformità dalle previsioni di cui al presente comma
costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale”).
Insomma, il principio generale in materia è quello secondo cui le amministrazioni
pubbliche possano conferire incarichi esterni solo nei casi eccezionali sopra ricordati.
Il D.L. n. 223/2006, conv. con L. n. 248/2006 e la legge finanziaria n. 244/2007 per l’anno
2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244, art. 3, commi da 54 a 57 e 76), con diverse
disposizioni, hanno definito ulteriormente il già articolato regime delle collaborazioni esterne
nella P.A., consolidando la tendenza a limitare il ricorso a tali tipologie contrattuali ad ipotesi
eccezionali e, indirettamente, costituendo i presupposti per una riduzione della spesa correlata,
con apposita modifica del testo dell’art. 7 D.Lgs. n. 165/2001. I principi recati da tali ultime
normative – che hanno confermato e, anzi, ulteriormente delimitato quelli già in vigore – sono
stati oggetto anch’essi di apposita deliberazione della Corte dei conti, Sez. autonomie, n.
6/2008, che ha precisato i relativi criteri interpretativi.
In anni ancor più recenti si è poi assistito ad un profluvio di interventi legislativi in materia
di incarichi, spesso scoordinati e a poca distanza di tempo tra di loro, sempre mossi dalla
preoccupazione di contenere il fenomeno (e la relativa spesa pubblica); sono intervenute in
materia (tra le altre) pressoché tutte le ultime leggi finanziarie, il decreto c.d. Bersani (D.L. n.
223/2006, convertito con L. n. 248/2006), il decreto sullo sviluppo economico (D.L. 112/08,
conv. con legge n. 133/2008), il decreto legislativo n. 150/2009, la manovra economica di cui al
D.L. n. 78/2010, conv. con L. n. 122/2010, etc.. Il legislatore ha tentato di volta in volta – sempre
allo scopo di contenere e scoraggiare il fenomeno - di meglio precisare i presupposti e le
condizioni che possono legittimare le amministrazioni pubbliche a ricorrere agli incarichi
esterni; ha imposto svariati oneri di pubblicità e comunicazione per le amministrazioni; ha,
infine, stabilito severi limiti alla relativa spesa.
2.2. Per quel che riguarda invece la posizione della giurisprudenza, va evidenziato come il
conferimento di incarichi di consulenza a soggetti esterni all'amministrazione abbia costituito, e
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costituisca tuttora, una fattispecie ricorrente in tema di responsabilità amministrativa.
Molte, tra le pronunzie più recenti, hanno provveduto a chiarire in via generale la portata
delle norme in materia, e i corrispondenti limiti alla possibilità, per le amministrazioni
pubbliche, del ricorso a tali forme di collaborazione.
E’ stato evidenziato, in proposito, che le pubbliche amministrazioni hanno l'obbligo di far
fronte alle competenze istituzionali mediante il più proficuo utilizzo di risorse umane e
professionali esistenti nell'ambito delle proprie strutture, e il ricorso ad incarichi professionali
esterni, avendo natura eccezionale, può avvenire solo in presenza delle condizioni previste
dalle disposizioni legislative in materia (in particolare, l’art. 7 D.L.vo n. 165/2001, cit.), che
esprimono principi di stretta interpretazione (Corte dei conti, Sez. II app., 26 agosto 2008, n.
363). Più in generale, molte decisioni hanno provveduto a ribadire che i presupposti di
legittimità per il conferimento dell'incarico o la stipula del contratto di collaborazione sono così
schematizzabili: 1) l'oggetto deve essere corrispondente alle competenze attribuite
dall'ordinamento all'amministrazione conferente e ad obiettivi e progetti specifici e determinati;
si tratta, cioè, di perseguire obiettivi e progetti specifici contenutisticamente e temporalmente
predeterminati e non determinati in modo del tutto generico ab origine; 2) occorre il preventivo
accertamento, da parte dell'amministrazione conferente, dell'impossibilità oggettiva di utilizzare
le risorse umane disponibili al proprio interno; dunque, la previa verifica organizzativa, puntuale
e documentata, della quale occorre dare conto nella lettera di incarico o nel contratto di
collaborazione; 3) la prestazione deve essere di natura temporanea, con conseguente
necessaria predeterminazione del termine di scadenza, per cui non sono consentiti incarichi
generici rinnovabili a tempo indefinito; per questo, si richiede che vengano preventivamente
definiti gli elementi essenziali del contratto, in modo da delineare ex ante il perimetro dei
principali diritti e obblighi dei contraenti: 4) infine, la prestazione deve essere "altamente
qualificata"; dunque, la qualità della professionalità coinvolta deve chiaramente risultare da un
apposito procedimento di verifica di evidenza pubblica, idoneo a dimostrare erga omnes la
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specifica esperienza del soggetto incaricato nell'attività dedotta in contratto (Corte dei conti,
Sez. I app., 2 settembre 2008 n. 393; Sez. reg. Lombardia, 20 ottobre 2009, n. 642 e 10 marzo
2006, n. 172; Sez. reg. Friuli-Venezia Giulia, 28 gennaio 2008, n. 41; Sez. reg. Basilicata, 16
ottobre 2008, n. 252).
E’ stato ancora precisato che, poiché a tutte le pubbliche amministrazioni si applicano,
in materia di incarichi a soggetti esterni, i limiti previsti dall'art. 7, comma 6, del D.Lgs. n.
165/2001, una volta individuata la necessità di affidare incarichi all'esterno, la singola
amministrazione, nel rispetto dei principi di imparzialità e buon andamento sanciti dall'art. 97
Cost., deve accertare che l'incarico venga assegnato ad esperti di particolare e comprovata
esperienza, abbia una durata limitata nel tempo, un oggetto ben determinato e deve
predeterminare l'entità del compenso e l'onere di spesa (Corte dei conti, Sez. reg. Lombardia,
5 marzo 2007, n. 141, 8 maggio 2009, n. 324 e 9 luglio 2009, n. 473). Ancora, è stata
affermata chiaramente l’impossibilità di ricorrere a rapporti di collaborazione esterna per
attività ordinarie, con la conseguente illegittimità dei contratti stipulati in violazione di tali
presupposti e conseguente responsabilità erariale per gli indebiti costi gravanti sull'ente (Corte
dei conti, Sez. reg. Lombardia, 20 ottobre 2009, n. 642).
3. Tanto precisato in termini generali, possono ora essere esaminate le censure avanzate
dall’appellante alla prima sentenza.
In primo luogo, l’interessato sostiene la piena legittimità dell’incarico conferito e la
carenza, nella specie, del danno ingiusto dichiarato dal Giudice territoriale.
Le deduzioni di parte appellante non possono essere condivise.
In realtà, appare evidente – anche alla luce di quanto evidenziato innanzi – la palese
illiceità dell’operato del funzionario nell’occasione.
Al riguardo, basterà considerare le circostanze e lo svolgersi dei fatti in questione.
Il geom. Claps, lamentando generiche carenze di organico e l’assenza di personale
laureato, ha ritenuto sussistere le condizioni per affidare un incarico di consulenza ad un
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architetto, libero professionista.
Nel concreto però, come già evidenziato in fatto e non smentito dall’interessato, l’attività
retribuita era stata svolta da un geometra, collaboratore del professionista incaricato (sia pure,
è dato presumere, sotto la supervisione di quest’ultimo).
Già da tali semplici notazioni in punto di fatto – si ripete, incontestate e non smentite – si
appalesa l’illiceità posta in essere nell’occasione, data l’inesistenza dei presupposti minimi,
appena ricordati, per il legittimo affidamento di incarichi a soggetti estranei all’amministrazione
(carenza di personale interno capace di svolgere quel lavoro, alta professionalità, precisa
delimitazione e specificità del contenuto dell’incarico, etc.).
Ma, ad avvalorare ancor di più un giudizio negativo in proposito, sono le circostanze,
perfino clamorose, di effettivo svolgimento del lavoro affidato. Ci si riferisce, naturalmente, alla
“tranquilla” accettazione, da parte dell’appellante (responsabile del servizio), della scelta
relativa al sub-affidamento, da parte del professionista incaricato, al suo collaboratore, che di
fatto ha svolto le relative attività: insomma, l’ente pubblico ha pagato l’opera di un architetto, che
però si è limitato (forse) a rivedere e controllare l’altrui opera.
E ciò, a tacere del contenuto, in concreto, del lavoro stesso, il quale – secondo quanto
esposto in citazione, e accolto in sentenza - si sarebbe limitato alla mera predisposizione di
semplici tabelle.
Insomma, non v’è dubbio alcuno, per questo Collegio, sul fatto che l’appellante abbia
disatteso, esattamente, gli scopi fondamentali e la ratio ultima delle puntuali norme di legge
sulla materia – quella, cioè, di evitare le spese inutili per incarichi e consulenze non necessari.
L’illegittimità e l’illiceità sono palesi e incontestabili.
E ciò non potrebbe non comportare la contemporanea sussistenza anche dell’elemento
soggettivo della colpa grave in capo all’interessato, data l’irragionevolezza, perfino esemplare,
del comportamento tenuto nella fattispecie.
4. Va poi decisamente esclusa l’ipotizzata corresponsabilità del dirigente regionale (che,
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secondo parte appellante, dovrebbe a sua volta giustificare una diminuzione del danno
addebitatogli).
Ed invero, non era certo compito dell’ente regionale finanziatore verificare ogni passo
della realizzazione del progetto, ma unicamente la compatibilità di esso con le relative finalità e
la legittimità del finanziamento che si andava a deliberare da parte regionale: sulla quale, in
linea di massima, non v’era dubbio alcuno.
Oltre a ciò, come anche ha esattamente osservato il PM, nella fattispecie il dirigente
regionale non poteva certo essere al corrente del contenuto e delle concrete modalità di
svolgimento dell’incarico (anch’esso, in generale, non vietato dalle norme).
5. In definitiva, a fronte di tutto quanto innanzi evidenziato, appare non seriamente
contestabile la sussistenza di un ingiusto danno per il comune, pari ai compensi corrisposti per
quell’incarico: danno che giustamente il primo Giudice ha quantificato in una somma minore di
quella ipotizzata dall’Accusa, avendo tenuto conto, in ossequio al disposto dell’art. 1, comma 1
bis della L. 14 gennaio 1994, n. 20, dei vantaggi conseguiti dall’ente in relazione all’attività
prestata dal consulente.
E dunque, non potrebbe esservi spazio alcuno per un’eventuale ulteriore riduzione
dell’addebito: la quantificazione operata in sentenza appare infatti più che ragionevole, avendo
il primo Giudicante tenuto ampiamente conto dei possibili fattori di riduzione del quantum da
porre a carico del condannato, con il relativo importo abbattuto della metà rispetto alla richiesta
del Procuratore regionale.
In conclusione, l’appello proposto deve essere rigettato, con conseguente, piena
conferma delle statuizioni di cui all’impugnata sentenza di prime cure.
All’appellante soccombente vanno, infine, addebitate le spese del presente grado di
giudizio.
P. Q. M.
La Corte dei conti – Sezione prima giurisdizionale centrale d’appello, definitivamente
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pronunziando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette,
RESPINGE
l’appello in epigrafe, con conseguente conferma delle statuizioni di cui all’impugnata sentenza
di primo grado;
CONDANNA
inoltre l’appellante alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio in favore dello Stato;
spese che, all'atto della presente decisione, sono liquidate in € _ 167,44__ _ (€
Centosessantasette/44 _______________________________).
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 25 novembre 2011.
L'ESTENSORE
F.to Piergiorgio Della Ventura
IL PRESIDENTE F.F.
F.to Alberto Avoli
Depositata in Segreteria
il …27/12/2011………………………….
Il Dirigente
F.to Massimo BIAGI