sezione I civile; sentenza 19 febbraio 1986, n. 1037; Pres. La Torre, Est. Cantillo, P. M. Minetti(concl. conf.); Soc. Telemilanolibera (Avv. Russo, Galluppi) c. Soc. S.i.t. (Avv. Vichi). Cassa App.Milano 24 febbraio 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 5 (MAGGIO 1986), pp. 1307/1308-1309/1310Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187265 .
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1307 PARTE iPRIMA 1308
dell'art. 20 1. 482/68, che garantisce il datore di lavoro sotto ogni profilo, poiché o è pericoloso ai sensi di tale norma, e quindi non
tutelabile ai sensi della legge stessa, o non lo è e allora non necessita di alcun ambiente protetto.
Ciò posto, e chiarita dunque la piena operatività e applicabilità nella specie della 1. 482/68, va chiarito che, com'è pacifico in
causa, il ricorrente, a seguito dell'avviamento dell'U.p.l.m.o. di
Firenze, è stato assunto dalla convenuta, con lettera del 20
febbraio 1985, decorrenza 1° marzo 1985, periodo di prova di
giorni trenta, e recesso per esito negativo della prova, del 29 marzo 1985, e cioè prima della scadenza del relativo periodo. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 19 feb braio 1986, n. 1037; Pres. La Torre, Est. Cantillo, P. M. Minetti <concl. conf.); Soc. Telemilanolibera (Avv. Russo,
Galluppi) c. Soc. S.i.t. i(Avv. Vichi). Cassa App. Milano 24 febbraio 1984.
Radiotelevisione e servizi radioelettrici — Ripetitore di programmi televisivi esteri — Difetto di autorizzazione o legittimazione provvisoria — Conflitto con emittente privata locale per l'uti
lizzazione di una frequenza — Priorità d'uso — Irrilevanza
(L. 14 aprile 1975 n. 103, nuove norme in materia di diffu sione radiofonica e televisiva, art. 38, 44, 45).
Nel conflitto con un'emittente privata in ambito locale per l'utilizzazione di una banda di frequenza, la priorità d'uso non
può essere invocata dall'impresa di ripetizione di programmi televisivi esteri che operi in difetto di autorizzazione o legitti mazione provvisoria. (1)
(1) La via ora imboccata risolutamente dalla Cassazione era stata aperta da Trib. Milano, ord. 23 novembre 1981, Foro it., 1982, I, 321, che aveva sottolineato come al giudice, chiamato a dirimere il solito ' corpo a corpo nell'etere ', spettasse accertare tanto la sussistenza delle
condizioni per la continuazione dell'esercizio dell'impianto ripetitore, quanto i limiti di liceità per l'attività dell'emittente privata. Per inciso, proprio questa valutazione di clean hands era stata invocata, da quella parte, della magistratura propensa a considerare illecito il broadcasting privato in difetto di autorizzazione, per respingere le istanze di chi lamentava interferenze ad opera di altre stazioni locali (cfr., ad es., Trib. Napoli 22 maggio 1982, id., Rep. 1982, voce Radiotelevisione, n. 55, e in Dir. e giur., 1983, I, 136, con nota di Correale; App. Brescia 10 giugno 1983, Foro it., Rep. 1984, voce cit-, n. 40; Pret. Palestrina 24 marzo 1984, ibid., n. 63, annotata da Cesaroni, in Temi romana, 1984, 235); interpretazione restrittiva poi messa in corto circuito dalle sezioni unite con le sentenze 3 dicembre 1984, n. 6340 (Foro it., 1984, I, 2953, con nota di Pardolesi, ove ulteriori riferimenti) e n. 6339 {id., Rep. 1984, voce cit., n. 55).
Nel quadro del contenzioso tra emittenti private e ripetitori di programmi televisivi stranieri (cfr., da ultimo, Trib. Alessandria, ord. 15 marzo 1984, id., 1985, I, 3062), l'odierna pronuncia sembra inclinare il piatto della bilancia in deciso favore delle prime. Se si dovesse dar credito ai '
pettegolezzi ' correnti fra gli addetti ai lavori
— che, cioè, le autorizzazioni agli impianti di ripetizione, quando richieste, non sono mai state concesse; e che tutti gli impianti fruenti di legittimazione provvisoria ex art. 44 1. 103/75 hanno, per forza di
cose, alterato le loro caratteristiche tecniche nell'arco dei due lustri
trascorsi (v. la nota di iPardolesi a Corte cost. 17 ottobre 1985, n.
231, ibid., 2829, 2831) —, le bande di frequenza attualmente utilizzate
per ' rimbalzare '
segnali provenienti dall'estero sarebbero alla mercé
delle incursioni dell'emittenza privata. Attenzione, però: basta evocare
la « mina vagante » dell'ambito locale (sulle cui tormentate vicende v.
Trib. Torino, ord. 8 febbraio 1986, e altre, id., 1986, II, 228), per rendersi conto che la direttiva della Cassazione potrebbe incidere, con
eguale virulenza, nella direzione contraria.
Ma il rilievo più intrigante è, forse, un altro. La corte affissa
l'attenzione sulla priorità d'uso, a prescindere dal fatto ch'essa debba
rilevare in un contesto di apprezzamento della lealtà concorrenziale
oppure vada ad orientare un ' braccio di ferro ' possessorio. Senonché, mentre l'elegante concetto d'impresa illecita (su cui v., riassuntivamen
te, Ragusa Maggiore, Imprenditore abusivo, imprenditore immorale,
imprenditore illecito, in Vita not., 1984, 17) consente di recuperare la
valutazione dell'attività {almeno se si accede all'idea secondo cui
« l'imprenditore che svolge attività illecita non può invocare a proprio
vantaggio i rimedi contro l'attività di concorrenza sleale » : Panuccio, Note in tema di impresa illecita, in Riv. dir. civ., 1967, I, 586, 614.
il punto è, però, tutt'altro che pacifico. Vi si adegua Cass. 28
settembre 1970, n. 1740, Foro it., 1970, I, 2753, nel presupposto che la
licenza mancante fosse « fattore determinante ed essenziale » per l'attività d'impresa; assume posizione nettamente contraria Trib.
Il Foro Italiano — 1986.
Svolgimento del processo. — La s.p.a. Telemilanolibera in
liquidazione, la quale gestiva un impianto televisivo a carattere
locale trasmettendo sul canale VHF 66, adiva il Pretore di
Milano ai sensi dell'art. 700 c.p.c. per far cessare le interferenze
che le sue trasmissioni subivano da parte di un'impresa concor
rente, cioè la Società impianti televisivi (S.i.t.) s.p.a., che utilizza
va lo stesso canale per la ripetizione di programmi esteri e
l'irradiazione di programmi nazionali e, conseguito il provvedi
mento inibitorio, conveniva innanzi al tribunale la S.i.t. per fare
accertare che l'uso della frequenza costituiva concorrenza sleale
e per ottenere la condanna della convenuta a cessare le proprie
trasmissioni sul canale in contestazione e al risarcimento dei
danni.
La S.i.t. si costituiva e deduceva che in realtà essa utilizzava la
frequenza da epoca precedente all'inizio dell'attività da parte della società istante e pertanto proponeva domanda riconvenzio
nale, del pari per concorrenza sleale, nei confronti della stessa,
chiedendo che le fosse inibito l'uso del canale e venisse condan
nata al risarcimento dei danni.
Il tribunale accoglieva la domanda principale, nella considera
zione che l'uso della frequenza da parte della S.i.t., ancorché
precedente a quello della soc. Telemilanolibera, aveva riguardato esclusivamente la ripetizione di programmi esteri ed era avvenuto
senza l'autorizzazione amministrativa di cui agli art. 38 e 44 1. 14
aprile 1975 n. 103, neppure richiesta per il canale in questione, sicché non costituiva legittimo preuso del canale medesimo, il
quale, per converso, quanto alla trasmissione in ambito locale di
programmi nazionali, era stato utilizzato prioritariamente dalla so
cietà attrice.
La Corte d'appello di Milano, con la sentenza ora denunziata
del 24 febbraio 1984, è andata in contrario avviso e, accogliendo la domanda riconvenzionale della S.i.t., ha inibito all'appellata l'uso del canale e l'ha condannata al risarcimento dei danni, da
liquidarsi in separato giudizio. Premesso che la soc. Telemilanolibera aveva iniziato a trasmet
tere sul canale 66 dal 1978, mentre la S.i.t. lo aveva utilizzato dal
1977 per la ripetizione di programmi esteri, la corte osservava
che il preuso del canale è idoneo a risolvere il conflitto tra gli utenti indipendentemente dal contenuto e dalla natura dei pro
grammi diffusi, cioè tanto se nazionali, quanto se esteri.
Né in quest'ultima ipotesi è rilevante — a parere della corte —
la mancanza dell'autorizzazione richiesta dall'art. 44 1. n. 103/75.
Infatti, come l'autorizzazione non può essere concessa per un
canale che già venga di fatto usato da un'emittente privata per la
diffusione di programmi nazionali, giacché la libera disponibilità della frequenza è presupposto essenziale della concessione, cosi
l'assenza di questa non toglie valore giuridico all'attività ripetitiva di programmi esteri, la quale, dunque, costituisce un preuso idoneo ad impedire l'utilizzazione del canale da parte di un altro
soggetto. Avverso la sentenza la soc. Telemilanolibera ha proposto ricor
so per cassazione basato su quattro motivi, illustrati con memo
ria. Resiste la S.i.t. con controricorso, con il quale ha altresì
proposto gravame incidentale condizionato per due motivi. Motivi della decisione. — 1. - I due ricorsi, proposti contro la
stessa sentenza, debbono essere riuniti (art. 335 c.p.c.).
2. - Con il primo, secondo e quarto motivo del ricorso
principale che vanno esaminati insieme perché strettamente con
nessi, la soc. Telemilanolibera — denunziando la violazione degli art. 38 e 44 1. 14 aprile 1975 n. 103, nonché vizi di motivazione
Milano 28 novembre 1974, Giur. dir. ind., 1974, n. 646, p. 1327
[richiamata adesivamente da G. Ghidini, La concorrenza sleale2, Tori
no, 1982, 10-11; e v. già Ascarelli, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali3, Milano, 1960, 216], a cui dire « le norme poste a
disciplina della concorrenza non hanno alcuna attinenza con le norme che limitano la libertà di iniziativa economica privata prescrivendo licenze, autorizzazioni o iscrizioni in albi professionali », si che, se colui che inizia illecitamente una determinata attività d'impresa non è
per ciò stesso esonerato dall'osservare le regole preposte ad un lecito
svolgimento della stessa..., del pari costui ha diritto di veder
osservate le medesime regole nei suoi confronti da parte dei terzi, salva restando la possibilità per questi ultimi di servirsi di tutti gli strumenti giuridici predisposti per la cessazione dell'attività illecita»); mentre, dicevamo, il concetto d'impresa illecita offre l'opportunità di
recuperare la valutazione dell'attività, è quanto meno dubbio che
analogo giudizio possa formarsi a livello di possesso. L'uso prioritario viene qui chiamato in causa, non senza forzatura, al solo scopo di concretare il potere di fatto: sindacare la natura di tale uso comporta — si direbbe — un ulteriore stravolgimento. Nessuno dubita che la situazione del ladro sia contra legem-, eppure, la tutela possessoria non
gli è, per questo, negata. [R. Pardolesi]
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
—• critica sotto tre profili la sentenza impugnata per avere ritenuto rilevante, al fine di risolvere i conflitti fra utenti di una
medesima banda di frequenza, la priorità dell'uso svoltosi attra verso la ripetizione di programmi esteri, ancorché senza la
prescritta autorizzazione ministeriale. Sostiene che la condizione di un siffatto utente, il quale versa in illecito, non può essere assimilata a quella di colui che, del pari senza essere autorizzato, utilizza la banda per diffondere un programma nazionale in
ambito locale, giacché la mancanza dell'autorizzazione in tal caso
non rende illecita l'attività, stante la mancanza di una precisa
disciplina al riguardo; e che, alla stregua dei principi affermati dalla Corte costituzionale (con la sent. n. 202/76, Foro it., 1976, I, 2066), il criterio del preuso vale a risolvere i conflitti tra utenti della banda che trasmettono un programma nazionale in ambito
locale, non già il conflitto tra un tale utente ed un altro che
svolga la diversa attività di ripetizione di programmi stranieri.
La censura è fondata. Le sezioni unite di questa corte, con riferimento al conflitto fra emittenze private concernente l'uso di una medesima frequenza per la diffusione di progammi nazionali
in ambito locale, hanno affermato che nell'attuale disorganico
quadro legislativo risultante in seguito alla sentenza della Corte
costituzionale n. 202/76 (che dichiarò l'illegittimità costituzionale
degli art. 1, 2 e 45 1. n. 103/75, in quanto non consentivano « previa autorizzazione statale l'installazione e l'esercizio di im
pianti di diffusione radiofonica e televisiva, via etere, di portata non eccedente l'ambito locale »), la posizione soggettiva dell'im
prenditore che gestisca un impianto, avente tale caratteristica,
impegnando senza autorizzazione una determinata frequenza, mentre si atteggia come interesse legittimo nei confronti della p.a. (e, dunque, della concessionaria monopolistica del servizio pubbli co radiotelevisivo), assume la consistenza di diritto soggettivo —
tutelabile con l'azione possessoria od anche, ricorrendone i pre
supposti, con l'azione di concorrenza sleale — nei confronti di
altro imprenditore privato che, del pari esercitando senza autoriz
zazione un'impresa televisiva in ambito locale, interferisca nell'u
tilizzazione della frequenza da parte del primo imprenditore, che
prioritariamente l'ha occupata (v. sent. 6339/84, id., Rep. 1984, voce Radiotelevisione, n. 55 e 6340/84, id., 1984, I, 2953).
In questi casi il conflitto fra le utenze deve essere risolto, cioè, in base al criterio della priorità nell'uso di fatto della frequenza, che assume rilievo giuridico in quanto esplicazione della libertà
di iniziativa economica privata riconosciuta per l'emittenza in
ambito locale (con la sent. n. 225/74, id., 1974, I, 1945); e la
mancanza dell'autorizzazione amministrativa è irrilevante nei rap
porti fra le emittenti di questo tipo, posto che si tratta di una
condizione comune all'intera categoria (e l'esercizio di tali im
pianti non costituiscono un illecito penale). 3. - Ma il principio non è valido quando, come nella specie,
l'interferenza nell'uso del canale si determini fra un'emittenza
locale ed un'impresa che gestisca un impianto ripetitore di
programmi televisivi stranieri, attività, codesta, che presenta pecu liari caratteristiche rispetto all'altra e che è regolata da una
disciplina non incisa in parte qua dagli interventi della Corte
costituzionale.
Questa, com'è noto, con la sentenza n. 225/74 ritenne illegitti mo il monopolio statale in ordine all'attività ripetitiva di trasmis
sioni estere, per il motivo che nel settore l'esclusiva ostacolava, senza apprezzabili ragioni, « la libera circolazione delle idee,
comprometteva un bene essenziale della vita democratica, finiva
per realizzare una specie di autarchia nazionale delle fonti di
informazioni »; e aggiunse che gli interessi pubblici afferenti
all'esercizio dell'attività potevano essere adeguatamente tutelati
istituendo un particolare regime autorizzatorio.
In adesione alla pronuncia vennero emanate le disposizioni di
cui agli art. 38 ss. 1. 103/75, in forza delle quali è sottoposto ad
autorizzazione del ministero delle poste e telecomunicazioni
« l'impianto e l'esercizio di ripetitori destinati esclusivamente alla
ricezione e alla contemporanea ed integrale diffusione via etere »
dei normali programmi sonori e televisivi irradiati da organismi
esteri (pubblici o debitamente autorizzati in base alle leggi dei
rispettivi paesi); l'autorizzazione — che può essere rilasciata
soltanto previo parere favorevole dei ministri degli affari esteri,
dell'interno e della difesa — consente la diffusione dei programmi esteri sull'intero territorio nazionale; con l'autorizzazione viene
assegnata la frequenza di funzionamento degli impianti, che
« comunque non debbono interferire con le reti del servizio
pubblico nazionale di radiodiffusione circolare, né con gli altri
servizi di telecomunicazione », e il titolare è vincolato all'osser
vanza di una serie di obblighi nell'esercizio dell'attività (tra
questi vi era anche quello di oscurare i messaggi pubblicitari, che
la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo con la sentenza n.
Il Foro Italiano — 1986.
231/85, id., 1985, I, 2829, resa nelle more della pubblicazione della presente pronuncia).
Inoltre, con disposizione di carattere transitorio, i titolari di
ripetitori già installati nel territorio nazionale sono stati autorizza
ti a gestirli in via provvisoria, fino al rilascio dell'autorizzazione,
senipreché ne abbiano presentato domanda nel termine fissato
dalla norma, venendo preclusa, peraltro, la possibilità di mo
dificare le caratteristiche tecniche operative degli impianti. La normativa ora riassunta, cioè, da un lato tien conto dell'og
gettiva diversità (sottolineata anche dalla sentenza della Corte
costituzionale n. 148/81, id., 1981, I, 2094) dell'attività di ripeti zione di programmi esteri rispetto all'irradiazione di programmi nazionali, perciò consentendo la diffusione dei primi su scala
nazionale) dall'altro, impone l'apprezzamento dei peculiari inte
ressi pubblici coinvolti dalla medesima attività e perciò subordina
l'esercizio dell'impresa ad un provvedimento che deve essere
adottato con il consenso di organi preposti ad altri settori
dell'amministrazione e che ha natura di autorizzazione costitutiva, anche perché attribuisce al destinatario un quid novi prima inesistente nella sua sfera giuridica, vale a dire la frequenza
assegnata per il funzionamento degli impianti (sicché presenta un
profilo di carattere tipicamente concessorio). In mancanza di detto provvedimento o del presupposto di
abilitazione provvisoria, l'esercizio dell'attività non solo integra un illecito amministrativo, ma è penalmente sanzionato ai sensi
dell'art. 195 d.p.r. n. 156/73 (nel testo introdotto dall'art. 45 1. n.
103/75), il cui 2° comma — che appunto prevede come reato
(anche) l'installazione e l'esercizio senza la prescritta autorizza
zione di un impianto ripetitore via etere di programmi sonori e
televisivi esteri — per questa parte è rimasto in vita pur dopo la
sentenza della Corte costituzionale n. 202/76, che ha espunto dall'ordinamento soltanto la fattispecie di illecito consistente nella
diffusione non autorizzata di programmi nazionali in ambito
locale (ciò che è stato precisato dalla stessa Corte costituzionale
con le sent. n. 148/81 e n. 237/84, id., 1984, I, 2049). 4. - Ciò posto, risulta evidente che la ripetizione di programmi
televisivi esteri, non autorizzata o non legittimata in via provviso ria ex art. 44 cit., realizza un'attività contra legem, cioè un'impre sa illecita, la cui continuazione deve cessare (e all'uopo soccorro
no gli strumenti inibitori conferiti dalla legge all'autorità ammi
nistrativa) e dal cui svolgimento pregresso non sorge, in capo
all'imprenditore, una situazione giuridicamente tutelabile al man
tenimento dell'uso della frequenza oggetto dell'occupazione non
autorizzata, posto che nessuna attività illecita può aspirare alla
tutela della legge. In particolare, il conflitto fra una tale impresa illegale ed una
successiva emittente in ambito locale sulla medesima frequenza, per due ordini di ragioni non può essere risolto in base al
criterio della priorità nell'uso del canale.
La prima ragione è che non può essere qualificato come preuso — nel senso di situazione legittimante la continuazione dell'u
so anteatto — un'utilizzazione della frequenza che non poteva aversi e che non può continuare, in quanto costituisce un illecito
penale. La seconda ragione è che la precedente utilizzazione abusiva,
riguardante la trasmissione di programmi esteri, non è apprezzabi le come preutenza rispetto ad un'attività diversa, cioè la trasmis
sione in ambito locale. 5. - Nel caso in esame, risulta dalla sentenza impugnata che la
soc. Telemilanolibera aveva iniziato la diffusione dei suoi pro
grammi in ambito locale sul canale UHF 66 a far tempo (quanto meno) dal 1978; e che la S.i.t., invece, aveva utilizzato quel canale nel 1977 esclusivamente per la trasmissione di programmi esteri, mentre non risulta accertato se la società avesse titolo per l'esercizio di tale attività, quanto meno ex art. 44 cit., giacché la
corte d'appello ha ritenuto di potere prescindere da tale indagi
ne, nel convincimento che la precedente utilizzazione del canale
da parte della S.i.t., ancorché abusiva, fosse idonea a risolvere la
controversia.
Senonché, come si è visto, il criterio della priorità nell'uso
della frequenza è stato enunciato e può concretamente operare nei rapporti tra imprese televisive esercenti in ambito locale, non
già nei rapporti fra queste ultime e le imprese che gestiscano senza autorizzazione impianti ripetitori di trasmissioni estere;
all'indagine suddetta, quindi, dovrà provvedere il giudice del
rinvio.( Omissis)
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