Sezione I civile; sentenza 24 settembre 1960, n. 2489; Pres. Lorizio P., Est. Jannuzzi, P. M.Trotta (concl. conf.); Società manifatture cotoniere meridionali (Avv. Miletto) c. Fall. Audino(Avv. Precone, Turco)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 11 (1960), pp. 1939/1940-1941/1942Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151096 .
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1939 PARTE PRIMA 1940
T atto clie non può configurarsi giuridicamente come una
vocatio in ius, il giudice deve dichiarare la nullità dell'atto
stesso. La procura qualora la parte non stia in giudizio
personalmente, costituisce un presupposto del rapporto
processuale, quale requisito essenziale per la giuridica esi
stenza dell'atto di citazione la cui mancanza o irregolarità non rendono invocabili il primo e l'ultimo comma dell'art.
156 cod. proc. civ., i quali riguardano i requisiti necessari
e non essenziali dell'atto.
L'art. 164 cod. proc. civ. non è che una applicazione
specifica del principio di convalidazione sancito in via
generale dall'ultimo comma dell'art. 156, ma si deve esclu
dere che l'ultimo comma dell'art. 164 abbia riferimento
ai requisiti essenziali dell'atto di citazione. Se si andasse
in diverso avviso, l'art. 125 cod. proc. civ. che prevede il
rilascio della procura al difensore almeno prima della costi
tuzione in giudizio non avrebbe ragione di esistere. Con
l'art. 125 il legislatore ha consentito una vera e propria convalida del difetto di rappresentanza del difensore sta
bilendo due condizioni, e cioè che la procura venga rila
sciata prima della costituzione dell'attore, e che non si
tratti di atto di citazione per cui sia richiesto un mandato
speciale. Nè può, nel caso che la procura intervenga succes
sivamente alla costituzione in giudizio dell'attore, parlarsi di ratifica dell'operato del falsus procurator.
Nel nostro ordinamento giuridico l'utile gestione pro cessuale non è consentita. Questo principio, già affermato
dalla giurisprudenza sotto l'impero del codice di rito abr., è stato riaffermato dalla Suprema corte dopo l'entrata
in vigore del nuovo codice sulla base dell'art. 77 cod. proc.
civ., secondo cui per la rappresentanza processuale occorre
una investitura espressa del rappresentante non bastando
a tal fine la rappresentanza conferita per rapporti di diritto
sostanziali (salvo i casi di atti urgenti e misure cautelari
ex art. 77, 1° comma), e dell'art. 81 che esclude la possi bilità di far valere nel processo in nome proprio un diritto
altrui senza espresso preventivo mandato scritto. Il Giu
dicante, pur non disconoscendo le incertezze e le perples sità avutesi in dottrina in ordine al problema dell'ammis
sibilità o meno della ratifica processuale, è del parere che
comunque debba essere esclusa tale ratifica, intesa come
atto del dominus diretto a far proprie le attività spiegate in giudizio da altri che non abbiano valido titolo di rappre sentanza sostanziale. Altrimenti il principio stabilito dal
l'art. 75, 1° comma, per il quale « sono capaci di stare in
giudizio le persone che hanno il libero esercizio dei diritti che vi si fanno valere » rimarrebbe privo di qualsiasi ef ficacia. Invece sarebbe possibile la ratifica processuale nel caso di gestione di affari processuali posta in essere da
un procurator ad, negotia che ha la disponibilità di un rap porto sostanziale, a differenza del vero e proprio gestore di affari.
La Corte di cassazione (sent. 4 giugno 1956, n. 1893, Foro it., Rep. 1956, voce Procedimento civ., n. 63) ha escluso la possibilità di attribuire efficacia nel campo processuale all'attività del gestore di affari sulla base dellj, norma con tenuta nell'art. 77. Non è possibile che la rappresentanza processuale possa avere come valido titolo la utile gestione e che quindi siano suscettibili di ratifica gli atti processuali compiuti dal falsus procurator. Sarà possibile come ha ri tenuto il Supremo collegio con la sent. 11 novembre 1957, n. 4353 (id., Eep. 1957, voce cit., n. 27), la sanatoria del l'attività processuale svolta dal rappresentante senza po teri, cioè dal procurator ad negotia che, pur avendo la dispo nibilità del diritto controverso, non sia stato autorizzato a stare in giudizio per il dominus, ma mai quella svolta da un gestore di affari.
Nella specie, l'atto di citazione posto in essere da un difensore non munito di procura prima della costituzione in giudizio dell'attore, è un atto inesistente e pertanto non suscettibile di sanatoria. Da ciò consegue che devesi di chiarare la improcedibilità della domanda.
Per questi motivi, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 24 settembre 1960, n. 2489 ; Pres. Lorizio P., Est. Jannuzzi, P. M. Trotta (eonel. eonf.) ; Società manifatture cotoniere meridionali (Avv.
Miletto) c. Fall. Audino (Avv. Precone, Turco).
(Conferma App. Catanzaro 26 giugno 1957)
Esecuzione forzala In genere — Precetto cambiario — Opposizione — Sospensione degli atti ese cutivi — Cauzione — Fallimento «lei debitore —
Poteri del creditore sulla cauzione — Fattispecie
(Cod. proc. civ., art. 623 ; r. d. 14 dicembre 1933 n.
1669, norme sulla cambiale e sul vaglia cambiario, art. 64 ; r. d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del falli
mento, art. 98, 103, 135).
Se nella opposizione a precetto cambiario si ottenga, ex art. 64
legge cambiaria, la sospensione degli atti esecutivi, previo versamento di idonea cauzione, che venga prestata me diante fideiussione, e l'opponente sia dichiarato fallito prima della definizione del giudizio, il creditore, parzial mente insoddisfatto in sede di concordato fallimentare, non può esigere dal fideiussore il pagamento della cau
zione, ancorché il credito, che aveva formato oggetto della
opposizione, fosse stato ammesso al passivo. (1)
La Corte, ecc. — È preliminare l'esame del quarto motivo con il quale la Società ricorrente sostiene che la cauzione, disposta ai sensi dell'art. 64 legge cambiaria con il provvedi mento che sospende gli atti esecutivi, è diretta a garantire l'adempimento dell'obbligazione cambiaria, sicché, quando tale cauzione sia stata prestata mediante fideiussione del
debitore, il creditore conserva l'azione contro il fideiussore ai sensi dell'art. 135 legge fallimentare.
È connesso il terzo motivo, con il quale si deduce che il provvedimento di ammissione al passivo del fallimento ha per oggetto l'accertamento del credito nonché della infondatezza dei motivi di opposizione ed efficacia di cosa giudicata anche su tale punto.
La Corte d'appello ha ritenuto, invece, che la cauzione
predetta ha natura di efficacia processuale, perchè essa è imposta dal giudice, il quale ne determina l'ammontare in relazione alle circostanze ed ai motivi della opposizione all'esecuzione, e può revocarla nel corso del giudizio ; che inoltre la funzione della cauzione è di preservare il creditore procedente dal pregiudizio che gli potrà derivare dal ritardo nella riscossione del credito, in dipendenza della sospensione dell'esecuzione, sicché essa potrà divenire
operante soltanto se, a seguito del giudizio promosso con
l'opposizione, questa risulterà infondata ; che nella specie tale giudizio era mancato, non potendo ad esso equipa rarsi il provvedimento di ammissione al passivo, e conse
(1) Non risultano precedenti giurisprudenziali specifici. È tutt'ora dibattuta la questione della sopravvivenza del
l'art. 64 legge cambiaria all'art. 624 cod. proc. civ. : da ùltimo si veda Trib. Torino 5 gennaio 1955 e App. Milano 5 novembre 1954, Foro it., 1955, I, 1813, che ritengono competente a disporre la sospensione il giudice dell'esecuzione, anche se questa è pro mossa in base a cambiale, nonché, in dottrina, Andrioli, Com mento, IIP, pag. 382.
A tale questione è ricollegata l'altra, in sede di interpreta zione dell'art. 623, per determinare quale sia il giudice « dinanzi al quale è impugnato il titolo esecutivo » : Oass. 18 marzo 1960, n. 564 (retro, 761, con ampia nota redazionale e commento di Andrioli, Interferenza tra processi di cognizione e processo di espropriazione forzata) sembra identificarlo nel giudice di cogni zione davanti al quale è impugnata la sentenza avente efficacia esecutiva. Contra, Bìjcolo, in Giur. it., 1960, I, 2, 896.
Nella motivazione dell'annotata sentenza, la Cassazione riconferma l'inter >retazione dei limiti di efficacia del provve dimento con cui il giudice delegato ammette un credito al pas sivo del fallimento, offerta, da ultimo (sempre nella motivazione), da Oass. 20 giugno 1960 n. 1630, retro, 1307, con ampia nota redazionale (sub b, per quanto qui interessa).
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1941 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1942
guentemente la Società creditrice aveva diritto di pretendere dal fideiussore il pagamento della somma costituente
l'importo della cauzione.
Osserva la Suprema corte che la decisione è conforme
al diritto specialmente per l'ultima considerazione della
sentenza impugnata, intesa secondo la giurisprudenza costante che, cioè, il provvedimento di ammissione al
passivo di un credito spiega efficacia preclusiva solo entro
l'ambito della procedura fallimentare, senza acquistare efficacia di cosa giudicata, che invece sussiste solo in virtù
di una sentenza che decida la controversia sull'ammissione
del credito.
Invero l'efficacia della cauzione disposta a norma
dell'art. 64 della legge cambiaria è necessariamente ricol
legata, come quella che viene prestata ai sensi dell'art. 623
cod. proc. civ., al processo di cognizione inserito nella pro cedura esecutiva, de' quale segue le sorti, nel senso che la
cauzione stessa diviene operante allorché l'opposizione sia
riconosciuta infondata, mentre, invece, la sua efficacia viene
meno quando l'opposizione sia accolta oppure se, per qual siasi causa, il processo esecutivo sia abbandonato o quello di cognizione si estingua.
Ora quest'ultima situazione non potrebbe dirsi avverata
quando, dopo la prestazione della cauzione, il debitore sia
dichiarato fallito, poiché il divieto delle azioni esecutive
individuali (art. 51 legge fall.) non importa l'abbandono
dell'istanza del creditore procedente, la quale si trasferisce
nel procedimento di ammissione al passivo, mentre la
estinzione del procedimento esecutivo individuale è un
effetto del suo assorbimento nella procedura collettiva ; né potrebbe ritenersi abbandonato o estinto il giudizio di
cognizione inserito mediante l'opposizione all'esecuzione
nella procedura esecutiva individuale, poiché anche il
credito controverso dev'essere fatto valere nel fallimento
(art. 55 e 95 legge fall.) ed in tal caso vi sono attratti anche
i procedimenti pendenti sull'accertamento del credito e
sulle questioni connesse. Pertanto il giudice, il quale pro cede alla verificazione dei crediti, che ha natura giurisdi zionale, conosce altresì delle questioni inerenti all'esistenza
del credito o comunque all'insussistenza dell'obbligo a
carico del fallito, sicché l'ammissione del credito stesso
al passivo importa, quando il provvedimento sia definitivo, la preclusione a far valere le ragioni già proposte in un
precedente giudizio o che si sarebbero potute riproporre o
dedurre in sede di verificazione contro l'esistenza del credito.
Senonchè, come sopra si è detto, l'efficacia di tale
provvedimento è limitata nell'ambito del processo falli
mentare nel senso che esso determina la partecipazione del creditore al concorso, senza la possibilità di ulteriori
deduzioni contrarie ; ma il provvedimento stesso non
acquista l'efficacia della cosa giudicata e perciò non pre clude la possibilità di far valere, al di fuori del processo fallimentare, le eventuali ragioni di inesistenza del credito, nonché la possibilità di dedurre in un futuro processo,
dopo la chiusura del fallimento, che non sussiste il giudicato sull'infondatezza della opposizione originariamente pro posta avverso l'esecuzione individuale.
Tale possibilità si deve riconoscere al fallito, e quindi al fideiussore al quale spettano le eccezioni che competono al debitore principale, anche nel caso di chiusura del falli
mento per concordato, poiché questo spiega efficacia in
relazione ai crediti accertati e per il modo con cui sono
stati accertati, senza importare un maggiore riconoscimento
delle singole posizioni creditorie.
Pertanto, essendo mancato nella specie un accertamento, valevole fuori dal fallimento, della infondatezza dell'oppo sizione a precetto cambiario proposta dal debitore princi
pale prima della dichiarazione del fallimento, esattamente
la Corte d'appello ha ritenuto che non si era realizzata
la situazione idonea a rendere operante la garanzia prestata
per la sospensione dell'esecuzione promossa con l'azione
cambiaria.
Né un accertamento di tale natura, ha considerato
ancora la Corte d'appello, vi era stato nei giudizi promossi dalla Società ricorrente contro i provvedimenti dei Giudici
delegati ai fallimenti I.m.a.t.-Patané ed Alviggi, aventi
per oggetto, rispettivamente, un'istanza di rivendicazione della merce che aveva costituito il controvalore del credito
e l'ammissione con riserva del credito stesso, poiché nes
suna pronuncia giurisdizionale era intervenuta in tali giu dizi, avendo la Società raggiunto un secondo accordo con
i curatori dei predetti fallimenti, in virtù del quale le parti convennero, in via transattiva, che la merce fosse acquisita al Fallimento Alviggi, il che realizzava la condizione per l'ammissione definitiva nello stesso Fallimento dell'intero
credito della Società stessa.
Sostiene la ricorrente, con il primo ed il secondo motivo, che la Corte di merito avrebbe erroneamente qualificato come transazione un secondo accordo avente per oggetto la determinazione del fallimento nel quale il credito della
Società doveva essere fatto valere ; che, conseguentemente, la Corte non avrebbe potuto annettere a tale accordo
alcun effetto in ordine al giudizio sulla fondatezza o meno
dell'opposizione al precetto cambiario, dato che la Società
aveva agito in surroga del curatore in ordine alla rivendi
cazione delle merci al Fallimento Alviggi. Senonchè la qualificazione data dalla Corte d'appello
al predetto accordo era del tutto irrilevante in relazione
alla ratio decidendi, come era irrilevante altresì la conside
razione della sentenza impugnata che i due curatori avevano
ritenuto di tutelare meglio, con l'accordo medesimo, gli interessi dei fallimenti.
Ciò che occorreva verificare, infatti, ai fini della riso
luzione della controversia, era l'esistenza o meno di un
accertamento giurisdizionale, valevole al di fuori del fal
limento, sulla infondatezza dell'opposizione proposta dallo
Alviggi al precetto cambiario. Al riguardo era sufficiente
rilevare, come ha fatto la Corte del merito, che un tale
accertamento non v'era stato neanche in sede delle oppo
sizioni, proposte dalla Società, ai sensi degli art. 98 e 103
legge fallimentare, contro i provvedimenti dei giudici de
legati ai due fallimenti relativamente alla ammissione del
credito ed alla rivendicazione della merce, perchè i
giudizi sulle opposizioni non erano stati definiti con sen
tenza, bensì abbandonati.
La Corte ha, poi, spiegato la ragione dell'abbandono di
tali istanze della Società e l'ha individuata nell'accordo
predetto, il quale, pertanto, poteva essere richiamato come
un mero fatto storico, senza la necessità della sua qualifi cazione giuridica e dell'individuazione dell'intento pro
postosi dai curatori dei fallimenti.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 9 settembre 1960, n. 2445 ; Pres.
Civiletti, Est. Stella Richter, P. M. Gedda (conci,
conf.) ; Soc. Colchide (Aw. Di Roberto, Peirano, Fri.
geeio, Clerici) c. Finanze (Aw. dello Stato Salerni)
(Conferma App. Ililano 12 dicembre 1958)
Registro — Società cooperativa —- Trasformazione in società per azioni — Conferimento immobiliare — Tassazione (Cod. civ., art. 2498 ; r. d. 30 dicembre
1923 n. 3269, testo di legge del registro, tariffa ali. A, art. 81, 82).
Nel caso di trasformazione di società cooperativa in società
per azwni, il conferimento immobiliare è soggetto all'im
posta di registro sul valore venale della cosa. (1)
(1) Sulla questione specifica non ci risultano precedenti editi.
Sull'applicazione dell'art. 82 della tariffa alla trasforma zione di società cooperativa in società lucrativa, vedi Uckmar,
Legge del registro, II3, pag. 118, 471 e seg. Per qualche riferimento, vedi (sulla nullità della trasforma
zione della società cooperativa in lucrativa) Cass 16 aprile 1959, n. 1144, Foro it., 1959, I, 741 ; Comm. prov. imp.JMassa Carrara
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