sezione II civile; sentenza 6 dicembre 1986, n. 7265; Pres. Parisi, Est. Sammartino, P.M. Minetti(concl. parz. diff.); Soc. Intersibari (Avv. Fazzalari) c. Soc. Fintecnica (Avv. Vianello, Bonuomo,Schlesinger). Conferma App. Milano 2 novembre 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 4 (APRILE 1987), pp. 1125/1126-1137/1138Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179894 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILÈ
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 6 dicem
bre 1986, n. 7265; Pres. Parisi, Est. Sammartino, P.M. Mi
netti (conci, parz. diff.); Soc. Intersibari (Aw. Fazzalari) c. Soc. Fintecnica (Avv. Vianello, Bonuomo, Schlesinger).
Conferma App. Milano 2 novembre 1982.
Professioni intellettuali — Esercizio in forma societaria — Socie
tà di ingegneria — Contratti d'opera professionale — Liceità
(L. 23 novembre 1939 n. 1815, disciplina giuridica degli studi di assistenza e di consulenza, art. 1, 2, 3; 1. 2 maggio 1976
n. 183, disciplina dell'intervento straordinario nel Mezzogior
no, art. 13; 1. 31 marzo 1979 n. 92, proroga al 30 giugno 1979
delle disposizioni relative al contenimento del costo del lavoro,
art. 1; 1. 12 febbraio 1981 n. 17, potenziamento ed ammoder
namento delle linee, dei mezzi e degli impianti della rete ferro
viaria dello Stato).
La prestazione, da parte di una società per azioni, di servizi di
consulenza relativi alla progettazione di un complesso urbani
stico (nella specie di un comprensorio turistico su un'area di
circa 200 ettari) è pienamente legittima (in motivazione si affer ma che il divieto sancito dall'art. 2 l. 23 novembre 1939 n.
1815 è parzialmente abrogato). (1)
II
CORTE D'APPELLO DI MILANO; sentenza 21 maggio 1985;
Pres. Buggè, Est. Loi; Soc. Alpina (Aw. Petrilli) c. Soc.
Satap (Aw. Rotondi, Ferreri).
Professioni intellettuali — Esercizio in forma societaria — Socie
tà di ingegneria — Liceità (L. 23 novembre 1939 n. 1815, art.
1, 2).
Il contratto di appalto stipulato per la prestazione, da parte di
una società per azioni, di servizi relativi alla progettazione di
un tronco autostradale non è vietato dall'art. 2 I. 23 novembre
1939 n. 1815. (2).
(1-2) I. — La questione centrale delle sentenze in epigrafe concerne, ancora una volta, la legittimità delle c.d. società di progettazione indu
striale. Entrambe le decisioni riconoscono la liceità di tali società con
motivazioni diverse a seconda che i contratti da esse stipulati siano da
considerarsi d'opera professionale, come nel caso deciso dalla Corte su
prema, ovvero appalti di servizi, come invece nel caso deciso dalla corte
milanese. Il problema, già affrontato sia dalla giurisprudenza di legittimi tà (Cass. 29 luglio 1986, n. 4870, Foro it., Mass., 867; 30 gennaio 1985, n. 566, id., 1985, I, 2960, con nota di G. Marziale) sia, con notevoli
incertezze, da quella di merito (vedila indicata nella nota cit.) nonché
di recente anche dalla giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Lazio, sez.
II, 16 aprile 1986, n. 872, in questo fascicolo, III; T.A.R. Umbria 26
novembre 1985, n. 652, Trib. amm. reg.i 1986, I, 254), sembra dunque avviarsi verso una soluzione nuova e più radicale. Di contenuto identico
a Cass. 7265/86, riportata in epigrafe sono le sentenze 6 dicembre 1986, nn. 7263 e 7264, la cui pubblicazione per brevità viene omessa. La prima di tali decisioni (riportata in Giusi, civ., 1987, 265, con nota di F. Mari
nelli) è relativa al coordinamento dei servizi riguardanti la progettazione e la realizzazione del porto di Lavagna che App. Milano 22 aprile 1983
(Foro it., 1983, voce Contratto in genere, n. 113) aveva ritenuto sottratta
alla sfera di applicazione della 1. n. 1815 del 1939; la seconda riguarda invece il progetto di trasformazione dell'aeroporto di Caselle rispetto al
quale App. Torino 15 luglio-27 aprile 1983 (id., Rep. 1984, voce Profes sioni intellettuali, n. 33) aveva affermato l'operatività dei divieti sanciti
dalla legge suddetta.
II. — La decisione adottata dalla Corte d'appello di Milano è del tutto
conforme all'indirizzo adottato, sulla spinta del prevalente orientamento
dottrinale, dalla corte di legittimità in entrambe le sentenze ad allora da
essa pronunciate sul tema specifico della liceità delle società di ingegneria
(entrambe sopra citate). La prima di tali pronunce, in particolare, inter
venendo in un dibattito giurisprudenziale caratterizzato da marcate incer
tezze, ha rappresentato la «consacrazione» di un principio che, già talvolta
accolto dalla giurisprudenza di merito, ha costituito il primo passo verso
una soluzione, seppure parziale, del problema (da ciò l'ampia risonanza
di tale decisione: si vedano, oltre agli autori citati nella nota in Foro
it., 1985, I, 2960 cit., A. Fusaro, Le società di ingegneria e la legge n. 1815 del 1939, in Riv. dir. comm., 1985, 119; G. Alpa, La Suprema corte riconosce la liceità delle società di ingegneria e dei contratti di «en
II Foro Italiano — 1987.
I
Svolgimento del processo. — La s.p.a. Fintecnica chiese al Tri
bunale di Milano di condannare la s.p.a. Intersibari al pagamen to di lire 13.025.600 (oltre interessi e rivalutazione monetaria)
quale compenso ad essa spettante per avere, su incarico congiun tamente conferito dalla convenuta e dalla s.p.a. Sibaris (che ave
va poi pagato per la propria parte) approntato e consegnato un
complesso di studi di progettazione urbanistica per la realizzazione
gineering», in Foro pad., 1985, I, 179; C. Ibba, Società - Contratto di
«engineering», in Nuova giur. civ., 1985, I, 434; V. Carbone, Le società di «engineering» hanno piena cittadinanza nel sistema giuridico italiano, in Corriere giur., 1985, 518; P. Carbone, Società di ingegneria come
società di servizi?, in Riv. trim, appalti, 1986, 177). Si ricorderà come in quella occasione la Suprema corte, per motivare
l'estraneità della disciplina dettata dalla legge del 1939 al contratto sotto
postole, centrò la propria attenzione sull'esame della concreta fattispecie, tralasciando l'astratto problema della liceità delle società di ingegneria in genere. L'iter logico seguito dalla corte parti dalla constatazione che
le società vietate dall'art. 2 1. 1815/39 — sia nel momento statico ed
organizzativo, sia in quello dinamico ed operativo — erano solo quelle il cui oggetto potesse configurarsi come corrispondente a quello che può essere prestato, individualmente o congiuntamente, da uno o più dei pro fessionisti indicati all'art. 1 della stessa legge per giungere alla conclusio
ne che, nel caso di specie, le prestazioni promesse dalla società esulavano
dal divieto giacché avevano ad oggetto non l'opera intellettuale del pro
fessionista, bensì' un prodotto o servizio di impresa nell'ambito del quale
l'apporto elaborativo o concettuale di soggetti dotati di formazione pro fessionale ingegneristica, rappresentava uno solo dei molti fattori che, fusi ed amalgamati, conducevano ad un prodotto o ad un'utilità «nuovi».
Alla medesima conclusione giunge la decisione della corte d'appello
qui riportata che riforma integralmente la decisione impugnata (Trib. Mi
lano 3 ottobre 1983, Foro it., 1984, I, 3036) che aveva affermato l'opera tività dei divieti discendenti dalla 1. n. 1815 del 1939 ai lavori di
progettazione dell'autostrada Torino-Alessandria-Piacenza. Riallacciandosi
ad una posizione già assunta in una'precedente decisione (App. Milano
10 ottobre 1980, id., 1981, I, 522), la corte milanese opera nuovamente
la fondamentale distinzione fra società di professionisti in senso stretto
e società di ingegneria, nelle sue varie forme nelle quali, a differenza
delle prime, l'attività tipica del professionista «protetto» è meramente
strumentale rispetto all'organizzazione ed al prodotto tipicamente «indu
striale» che questa è chiamata a fornire. Anche in questo caso, dunque, l'attenzione è posta alla differenza qualitativa fra le prestazioni rese dalle
società di professionisti e quelle rese invece dalle società di progettazione, differenza che conduce a qualificare i contratti dell'una come di opera
professionale e quelli dell'altra come appalti di servizio, in quanto tali
esclusi dal divieto.
III. — In realtà, tuttavia, la differenziazione tra le prestazioni dei due
tipi di società, differenziazione dalla quale si è fatta derivare la liceità
delle società di ingegneria, non è sempre netta ed agevole come potrebbe sembrare. Infatti, la pratica dimostra come l'attività delle organizzazioni di ingegneria sia assai diversificata estendendosi dalla semplice consulen
za fino ad includere la fornitura di opere cosiddette «chiavi in mano».
Sulla base di tale osservazione la dottrina ha suddiviso il contratto di
engineering in tre sottotipi, a seconda che esso abbia per oggetto la sem
plice elaborazione del progetto (consulting engineering), o anche il con
trollo dell'esecuzione e spesso l'amministrazione delle opere progettate
(commercial engineering), o, infine, l'esecuzione del progetto predisposto dai suoi tecnici o da terzi (engineering clé en main). Se nel secondo e
terzo caso non sorgono difficoltà nel ricondurre il contratto alla specie
dell'appalto di servizi, più delicato appare l'inquadramento del primo sot
totipo nel tipo predetto. Invero, nel caso in cui il consulting engineering abbia ad oggetto, e ciò accade di frequente, la elaborazione di un proget to architettonico o ingegneristico in senso stretto, è concettualmente diffi
cile sostenere che la società ha un oggetto commerciale e altrettanto difficile
è giustificare logicamente il mutamento della configurazione giuridica del
progetto da prestazione d'opera professionale a servizio di impresa.
Né pare sufficiente a giustificare detto passaggio il fatto che, accanto
ad un'attività prettamente progettistica la società si impegni ad una serie
di attività preliminari e collaterali quali, a titolo esemplificativo, la sele
zione e formazione del personale locale, la ricerca delle migliori forme
di finanziamento ed altre. Come si evince dalla lettura della 1. 2 marzo
1949 n. 143, che approva la tariffa professionale degli ingegneri ed archi
tetti, le attività consentite agli ingegneri ricomprendono non solo quelle
prestazioni tradizionalmente rientranti fra quelle ingegneristiche, bensì' anche
prestazioni che vengono spesso presentate come le nuove prestazioni com
plesse offerte dalle società di ingegneria («trattative con le autorità e con
confinanti, pratiche per espropri e locazioni»: art. 4, lett. b; «ricerche
industriali, commerciali ed economiche, confronti di sistemi di produzio
ne, di costruzione e di impianti»; art. 5, lett. a; «esperienze, prove, stu
dio di processi di fabbricazione»; art. 5, lett. b\ «studi di piani regolatori di viabilità ed edilizia urbana e dei problemi della circolazione e del traf
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1127 PARTE PRIMA
di un «comprensorio turistico» di notevoli dimensioni (200 ettari) nella piana di Sibari, integrato da uno schema di convenzione
da proporre agli uffici competenti e da un «regolamento edilizio
interno», tale da «garantire» alle committenti il coordinamento, in ogni fase di sviluppo, «con i vincoli generali imposti dalle au
torità tutorie», oltre che da «un'attività informativa ed esplicati va con il comune di Cassano allo Jonio e con gli altri enti pubblici di controllo per ottenere l'approvazione del piano».
fico»: art. 5, lett. c, «organizzazione razionale del lavoro»: art. 5, lett.
e). Dette prestazioni, anche se non «tipiche» dell'ingegnere (C. Vaccà, Ancora sulle società di ingegneria, in Giust. civ., 1984, I, 903), rientrano
dunque nell'ambito della sua attività professionale e non sono prerogati va esclusiva e caratterizzante delle società di ingegneria (confronta, in
tal senso, P. Carbone, Società di ingegneria come società di servizi?, cit., il quale trae la ulteriore conseguenza che le prestazioni elencate, pri ma ancora di costituire l'utilità globale che è oggetto del contratto di
engineering, sono parte integrante delle attività ingegneristiche e che, in
realtà, nessuna differenza ontologica esiste tra le prestazioni offerte da una società di ingegneria e quelle offerte da un ingegnere).
Pertanto, se per buona parte delle attività di engineering (e ci si riferi sce sostanzialmente al c.d. commercial engineering e all'engineering clé en main, anche se, come osserva G. Alpa, I contratti di «engineering», in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, 11, Torino, 1981, 187, «le denominazioni non individuano con precisione un «tipo» con
trattuale, ma piuttosto una sotto categoria, all'interno della quale i con tratti di engineering assumono i contenuti più vari»), la natura, le caratteristiche e le finalità individuate dalla giurisprudenza costituiscono sicuri criteri di differenziazione rispetto alle attività proprie dei professio nisti protetti, singoli o associati, è però rimasto irrisolto il problema di
distinguere dall'attività delle società di professionisti l'attività di mera
progettazione delle società di ingegneria. A ciò si aggiunga che le dimen
sioni, nella maggior parte dei casi notevoli, di dette società, sono state
spesso ritenute significative al fine della qualifica del contratto come di
appalto. Ci sembra indicativo, alla luce di quanto sopra, notare come non solo
nel caso deciso con la sentenza qui riportata, ma anche nel caso deciso con una sentenza contemporanea (Cass. 6 dicembre 1986, n. 7263, Socie
tà, 1987, 133) la Corte di cassazione non abbia mancato di rilevare la
incongruità e contraddittorietà delle motivazioni con le quali le corti di merito avevano inquadrato i contratti loro sottoposti nella categoria dei contratti di appalto. Sono evidenti, e la Cassazione non esita a censurar
le, le forzature logiche cui i giudici di merito si sono costretti per poter dare una veste di legittimità a contratti che altrimenti, qualora inquadra ti, come pure era corretto, fra i contratti d'opera professionale, sarebbe ro stati da giudicare inesorabilmente nulli con le conseguenze che è facile
immaginare. IV. — La corte di legittimità è dunque intervenuta in una situazione
assai delicata nella quale esigenze di giustizia e di adeguamento alla realtà economica si scontravano con altrettanto valide esigenze di corretto uso delle regole di ermeneutica contrattuale, e nella quale i pur apprezzabili sforzi interpretativi compiuti dalla giurisprudenza più sensibile al proble ma, non avevano eliminato la necessità di un intervento chiarificatore e solutore. Pertanto, nel prendere atto della parziale abrogazione del di vieto operante per le società di svolgere attività professionali protette, la corte ha colto l'occasione per ribadire i limiti cui è lecito attenersi
nell'operare quella distinzione fondamentale che ha portato alla legitti mazione delle società di ingegneria quali società di servizi. Nel caso della sentenza in epigrafe la corte di merito aveva, come accennato, erronea mente qualificato il contratto concluso dalla società Fintecnica come ap palto di servizi e ciò anche sulla base delle dimensioni della società stessa. Nel confermare l'inderogabilità, salve diverse disposizioni di legge, del
principio della personalità dell'esercizio e dell'incarico in materia di pro fessioni protette — principio ribadito, ancora nel 1976, dalla Corte costi tuzionale (con sentenza 22 gennaio 1976, n. 17, Foro it., 1976, I, 265) — la corte riesamina la normativa vigente nel momento della decisione di merito per censurare, alla luce di tale normativa, la tendenza emergen te a basare la legittimazione delle società d'ingegneria su dati meramente
quantitativi, relativi cioè alle dimensioni ed all'organizzazione complessa della società che le consentirebbero di progettare opere complesse che, viceversa, una semplice associazione fra professionisti non sarebbe in gra do di progettare. Poiché la legge del 1939 non vieta ai professionisti di
avvalersi, per far fronte alla complessità dell'opera, della collaborazione di imprenditori singoli o società, ciò che rileva è la qualità della presta zione dedotta, qualità da indagare volta per volta sulla base delle concre te attività promesse, dell'economia complessiva del contratto e del rilievo che in esso assumono gli apporti di soggetti dotati di formazione profes sionale rispetto all'organizzazione. Il richiamo della corte, a proposito di tali valutazioni, alla logica ed alla correttezza giuridica è solo implicito nella sentenza in epigrafe, ma compiutamente svolto in altra sentenza di pari data (Cass. 6 dicembre 1986, n. 7263, cit.). In quest'ultima sen tenza la corte ha svolto un'analitica critica alla motivazione con la quale la corte di merito aveva inquadrato il contratto stipulato per la progetta
li Foro Italiano — 1987.
Aggiunse che, per sopravvenuto disaccordo tra le due società
committenti, la Sibaris aveva perseguito un proprio piano ma aveva
soddisfatto il debito verso l'attrice, mentre la convenuta non ave
va provveduto a soddisfare il proprio.
Quest'ultima rispose che l'efficacia del contratto era stata su
bordinata alla condizione, non verificatasi, della stipulazione del
la convenzione del comune e che in ogni caso il contratto era
nullo perché contrario e all'art. 2331 c.c. e all'art. 2 1. n. 1815/39.
zione di una banchina, di pontili interni e di altre opere secondarie del porto turistico di Lavagna, pur con l'incarico di direzione dei lavori e assistenza di cantiere, fra i contratti di appalto.
V. — L'occasione per una soluzione globale del problema della liceità della società di ingegneria è offerta alla corte dalla considerazione della normativa sopravvenuta alla citata sentenza della Corte costituzionale che aveva riaffermato la vigenza del divieto di costituire società aziona rie di progettazione industriale. Premesso che non incorrono, per le considerazioni esposte, in tale divieto le società che offrono un servizio 0 prodotto diverso da quello che potrebbero offrire, singolarmente o
associandosi, i professionisti protetti, e ciò perché — chiarisce la corte — l'art. 3 della stessa 1. n. 1815/39 lo consente, sono oggi escluse da tale divieto anche le società di progettazione, costituite in forma di società per azioni, che abbiano ad oggetto sociale l'esercizio di attività riservate a detti professionisti, quali quelle di progettazione e direzione della costruzione di opere civili di competenza degli ingegneri. La Cassa zione ha, infatti, osservato che, pur in mancanza di un organico inter vento legislativo, da tempo auspicato ma non ancora intervenuto, si è però avuta una parziale, anche se non espressa, abrogazione del divieto contenuto negli art. 1 e 2 1. 1815/39. Ciò per effetto di leggi successive che, nel prevedere la concessione di contributi ed agevolazioni fiscali (art. 13 1. 2 maggio 1976 n. 183) o la possibilità di partecipare alla ristrutturazione di beni o impianti pubblici, anche in favore di società per azioni che svolgono attività di progettazione di impianti mediante strutture industriali e complesse organizzazioni tecnico ammi nistrative (art. 1 d.l. 30 gennaio 1979 n. 20) o, ancora, prevedendo la facoltà dello Stato di affidare particolari studi e progettazioni per 1 quali siano richieste competenze tecniche o scientifiche anche a persone giuridiche (art. 11 1. 12 febbraio 1981 n. 17), esprimono, a giudizio della Suprema corte, la volontà del legislatore di eliminare parzialmente il divieto. La tesi della parziale implicita abrogazione delle norme proibi tive della 1. n. 1815 del 1939, accolta forse con eccessiva disinvoltura dalla corte, trovava già sostegno in dottrina in chi ha rinvenuto nelle
leggi citate ed in altre (1. 24 maggio 1977 n. 227, 1. 21 maggio 1981 n. 240 e 1. 28 dicembre 1982 n. 966 che consentono, in particolari ipotesi, che la progettazione di opere di ingegneria sia effettuata da società ovvero da imprese) un implicito riconoscimento della legittima zione della società di ingegneria ad operare nel nostro ordinamento
(Di Sabato, Manuale delle società, Torino, 1984, 18). La specificità 0 settorialità di tali leggi, che la corte riferisce solo ai limiti di applica zione delle norme stesse relativamente alle condizioni e ai presupposti cui la costituzione del rapporto di concessione o di lavoro è in esse di volta in volta subordinata, legittimano in realtà seri dubbi circa la loro effettiva portata innovativa. Di certo, accogliendo tout court nell'ordinamento delle entità a tutt'oggi prive di una qualsivoglia regola mentazione legislativa, la corte ha lasciato irrisolti i numerosi problemi che si pongono allorché ci si allontani dalla tradizionale concezione delle professioni c.d. libere e ci si awii, come sembra incoraggiare la corte, ad un ripensamento dell'attività professionale intellettuale in
generale, partendo da un riesame dell'attività dell'ingegnere nel caso di specie. In questa prospettiva, non accompagnata da un adeguato supporto normativo, non è stato risolto anzitutto il problema di fondo di come armonizzare la visione personalistica delle professioni intellet
tuali, propria del nostro attuale dettato normativo, con la fisionomia articolata e complessa propria delle società di ingegneria. Ma accanto a questo problema, che è il nodo fondamentale, altri interrogativi ripro pone la pronuncia in epigrafe relativi al modo di soddisfare i requisiti richiesti per l'esercizio della professione ingegneristica nell'ambito di
apparati da qualificarsi come imprenditoriali; al modo in cui si dovrà
rispondere a titolo di responsabilità per eventuali inadempienze contrat
tuali; al chi far rispondere a tal titolo, se la società quale parte contraen te o il singolo professionista esecutore materiale ma non parte contrattuale
(e se sia lecito, a questo punto, distinguere a tali fini il caso in cui la società stipuli contratti di appalto da quello diverso in cui stipuli contratti d'opera professionale); nonché ai parametri cui commisurare 1 corrispettivi. I problemi ancora aperti sono quindi molti. Ci sembra tuttavia che essi dimostrino non già una assoluta incompatibilità tra
professione intellettuale e schema societario, bensì' la necessità di un
organico intervento legislativo che ancora tarda ad arrivare pur apparen do ormai indilazionabile viste le dimensioni assunte dal fenomeno (le prime anticipazioni, in mancanza dei dati definitivi del 1986, indicano in 110 le società di ingegneria che aderiscono all'OICE, con un fatturato totale per il 1985 di quasi 6.000 miliardi, di cui il 70% all'estero: v. Il Mondo del 19 gennaio 1987, 64). [L. Mantineo]
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Il tribunale accolse la domanda, e su appello della società con
venuta, la corte di Milano confermò la pronuncia, cosi, tra l'al
tro, argomentando, in relazione ai motivi di gravame: a) il
contratto stipulato tra le società Sibaris e Intersibari da una parte e la società Fintecnica dall'altra non poteva qualificarsi d'opera
intellettuale, avente ad oggetto l'attività professionale per il cui
esercizio è richiesta la iscrizione in un albo — come quella di
ingegnere — in modo che, ove essa sia svolta (non da ingegneri
singoli, o associati nelle forme rigorose previste dall'art. 1 1. n.
1815/39, ma) da una società di capitali, il contratto sarebbe nullo
perché in contrasto con norme imperative (l'art. 2 della stessa
legge; l'art. 2231 c.c.); b) esso, per le dimensioni e della società
Fintecnica e «dell'iniziativa economica alla quale le prestazioni dovevano adeguarsi (che riguardavano un comprensorio turistico
nella piana di Sibari della superficie di 200 ettari e della volume
tria di oltre un milione di metri cubi, e comportavano non solo
l'attività di progettazione del complesso urbanistico, bensì una
ricerca delle caratteristiche tipologico-funzionali della stessa che
tenesse conto dell'utilizzazione turistica del comprensorio, l'ela
borazione dei prezzi di vendita delle singole unità, sulla base del
calcolo dei costi, in relazione ai vari tipi di utilizzazione, il pro
gramma di realizzazione implicante lo studio delle varie fasi di
intervento, in modo da consentirne la massima economicità, e,
infine, la predisposizione di uno schema di convenzione e di re
golamento edilizio interno) aveva un oggetto «esorbitante le sin
gole prestazioni professionali» e consistente nel garantire il risultato
finale al quale era inevitabilmente condizionato il successo dell'i
niziativa economica intrapresa, ciò che comportava necessaria
mente la preesistenza di un'efficiente struttura organizzativa,
operante con la collaborazione di numerosi dipendenti, architetti,
urbanisti, disegnatori, contabili e dotata di adeguati mezzi tecnici
e finanziari: in una parola, il contratto era da qualificarsi come
appalto di servizi e come tale non poteva considerarsi in contra
sto con l'ordinamento giuridico, avuto riguardo all'art. 2238 c.c.
(che prevede l'ipotesi in cui l'esercizio della professione possa co
stituire elemento di una attività organizzata in forma d'impresa);
e) il contratto — in ogni modo, anche a qualificarlo d'opera pro fessionale — era valido siccome stipulato da una società del tipo di quelle riconosciute legittime da recenti leggi che predispongo no agevolazioni varie a favore delle medesime (società di proget tazione: art. 13 1. n. 183/76, 15 e 24 1. n. 227/77 e 1. n. 20/79);
(omissis)
* * *
Aveva proprio ragione A. Panzini quando argutamente rilevava che «l'aristotelismo è spento, le teorie filosofiche si succedono, ma iurare in verba magistri rimane» (Dizionario moderno, decima edizione a cura di A. Schiaffini e B. Migliorini, Milano, 1963, 351).
Nell'annotare Cass. n. 566/85 (in Foro it., 1985, I, 2960) avevo colto l'occasione per osservare che l'opinione, secondo cui la 1. 23 novembre 1939 n. 1815 sarebbe stata ispirata da finalità antisemitiche, non aveva il benché minimo fondamento ed era anzi chiaramente contraddetta dai lavori preparatori.
Le mie considerazioni non hanno persuaso G. Alpa, che in passato aveva, in più di un'occasione, prestato adesione alla tesi criticata (Società di ingegneria e contratti di «engineering»; verso la svolta di una curiosa vicenda giurisprudenziale, in Giust. civ., 1980, I, 2793; I contratti di «en
gineering», in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, 11, Torino, 1984, 77). Di tale suo radicato convincimento il mio contraddit tore non indica però le ragioni, ma si limita ad invocare l'autorità, peral tro indiscussa, di De Felice, richiamandosi alla sua notissima Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino, 1977 (Società, 1986, 139).
Senonché, la citazione non conferma affatto il supposto peccato d'ori
gine del provvedimento, poiché De Felice non include la 1. 1815 del 1939
tra quelle aventi finalità antisemitiche; non diversamente, del resto, da
quanto opinato da altri cultori della materia (per tutti, C. Mirabelli,
Israeliti, voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1977, XXII, 968; V.
Colorni, Israeliti, voce del Novissimo digesto, Torino, 1975, IX, 211 ss.). I tempi per il riconoscimento di forme di servizio delle professioni in
tellettuali diverse da quelle prefigurate dalla 1. n. 1815 del 1939 e dallo
stesso codice civile sono ormai maturi.
Ma non credo che giovi all'auspicata riforma evocare fantasmi di un
periodo cosi infausto della nostra storia; anche perché vi è il rischio che, in tal modo, si finisca per dimenticare che una futura disciplina delle
attività professionali non potrà prescindere dall'esigenza — tenuta ben
presente dal legislatore del 1939 non meno che dai redattori del codice
civile — di evitare forme indebite di concorrenza e modalità di esercizio
non sufficientemente affidabili per i terzi. [G. Marziale]
Il Foro Itallano — 1987 — Parte 1-14.
La società Intersibari ricorre con i seguenti motivi: 1) violazione
degli art. 1 e 2 1. n. 1815/39 e 2231 c.c.: la società Fintecnica, in quanto società di progettazione, rientra nel divieto di cui alla
1. n. 1815, per cui il contratto de quo, avente ad oggetto presta zione d'opera intellettuale di natura professionale ingegneristica, è nullo ex art. 1418 c.c. perché in contrasto con norme imperati ve che vietano l'esercizio della professione d'ingegnere in forma
impersonale; 2) violazione delle norme di ermeneutica contrat
tuale e difetto di motivazione: il contratto de quo non poteva
qualificarsi di appalto perché aveva ad oggetto prestazioni di
natura squisitamente professionale (progettazione di un piano urbanistico di lottizzazione, comprendente sia le costruzioni edi
lizie sia le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, com
presa la predisposizione di uno schema di convenzione e di un
regolamento edilizio) e perché le parti avevano determinato il
compenso con riferimento alla tariffa professionale degli inge
gneri; la stessa Fintecnica, in una lettura del 23 febbraio 1971, aveva parlato di «onorari» e fissato il «rimborso spese» con
modalità del tutto analoghe a quelle previste in detta tariffa.
(Omissis) Motivi della decisione. — I primi due motivi vanno esaminati
congiuntamente, datane la connessione.
A — Giova anzitutto richiamare le norme nel cui ambito i
giudici di merito ritennero di inquadrare e decidere la questione centrale della causa, concernente la legittimità delle c.d. società
di progettazione industriale.
A norma dell'art. 51 r.d. 23 ottobre 1975 n. 2537 («regola mento per le professioni di ingegnere e di architetto») sono di
spettanza della professione di ingegnere, tra l'altro, il progetto e la condotta dei lavori relativi alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della fisica.
Il combinato disposto degli art. 1 e 2 1. 23 novembre 1939
n. 1815 («disciplina giuridica degli studi di assistenza e di consu
lenza») fa divieto, tra l'altro, di costituire società che abbiano
lo scopo di dare prestazioni di assistenza o consulenza in mate
ria tecnica, oggetto di specifiche attività ad esercitare le quali la legge richiede necessariamente il conseguimento di un titolo
di abilitazione, se non sotto fórme di società tra professionisti abilitati e/o soggetti autorizzati, sotto la denominazione di «stu
dio tecnico» seguita dal nome, cognome e titolo professionale dei singoli associati. A norma, poi, dell'art. 3 di questa legge, le società e le aziende private che non abbiano lo scopo di dare
prestazioni di assistenza o consulenza in quella materia ma la
cui organizzazione interna si avvale dell'opera di professionisti abilitati o autorizzati sono escluse dal divieto e perciò possono costituirsi nelle altre forme ammesse dalla legge e non hanno
l'obbligo di usare nei rapporti coi terzi detta particolare denomi
nazione.
Secondo l'art. 2238/1 c.c., se «l'esercizio della professione intellettuale» (e, non distinguendo tra professioni per l'esercizio
delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi o elenchi —
art. 2229 — e professioni per cui tale iscrizione non è richiesta, la norma va riferita ad entrambe le categorie) costituisce elemen
to di un attività organizzata in forma di impresa si applicano anche le disposizioni del titolo II — «Del lavoro nell'impresa» — (e quindi anche delle disposizioni sulle imprese commerciali, tra cui l'art. 2195, che, al n. 1 dell'elenco delle imprese soggette
all'obbligo dell'iscrizione, indica quelle che esercitano un'attività
industriale diretta alla produzione di beni o servizi»). Il 2° comma — infine — rende applicabili «in ogni caso»
le disposizioni delle sezioni II (presentazione di lavoro subordi
nato), III (rapporto di lavoro subordinato) e IV (tirocinio) dello
stesso titolo II.
Dal confronto tra i due commi emerge chiaramente che il
primo riguarda l'ipotesi in cui l'esercizio della professione intel
lettuale (che di per sé non può costituire oggetto di impresa,
perchè non concreta una attività economica — 1. n. 1936/74 — neanche quando richiede l'impiego di mezzi strumentali e
l'opera di ausiliari) si inserisce in una più complessa attività svolta dal professionista in modo che ne rappresenti solo un
elemento, finalizzato, con gli altri elementi, alla produzione o
allo scambio di beni o servizi (relazione al re n. 110 ); il 2°
comma si riferisce all'ipotesi in cui il professionista intellettuale, sia che rivesta anche la qualifica di imprenditore come al 1°
comma sia che non la rivesta, impiega sostituti o ausiliari.
B — In tale quadro normativo il problema della legittimità
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1131 PARTE PRIMA 1132
dell'esercizio d'una professione intellettuale di quelle contemplate dall'art. 2229 (c.d. «professioni protette») come è la professione di ingegnere, da parte di una società avente personalità giuridica distinta dalle persone dei soci, non può che avere risposta negati
va stante la ratio pacificamente attribuita al divieto posto dalla
1. n. 1815: impedire che le professioni «protette» siano esercitate
in forma anonima, tale cioè da rendere impossibile quel controllo
che gli organi a ciò preposti debbono effettuare sulla condizione,
posta da norme imperative, dell'iscrizione di coloro che la eserci
tano in appositi albi o elenchi.
Il divieto di esercizio della professione in forma anonima è a
sua volta funzionale alla natura giuridica del rapporto di lavoro
tra committente e professionista «protetto» in cui, rispetto a quello tra committente e prestatore d'opera professionale in genere (art.
2232, 2233, 2236) assumono ancora più peculiare rilievo l'esecu
zione personale dell'incarico (salvi i casi in cui è ammesso il ri
corso all'opera di sostituti o ausiliari, ma sempre sotto la direzione
e la responsabilità del professionista incaricato ) e l'adeguatezza del compenso al decoro della professione (oltre che all'importan za dell'opera).
La legge vuole contemporaneamente tutelare gli interessi del
committente, che deve potersi scegliere un professionista di sua
fiducia, e quelli della categoria. Deve pertanto ritenersi che la personalità dell'esercizio e del
l'incarico, in materia di professione intellettuale protetta, è nel
nostro ordinamento canone inderogabile, salve diverse ed espres
se disposizioni di legge. E nel riportato quadro normativo l'unica deroga è rappresen
tata dall'art. 3 1. n. 1815 (piuttosto che dall'art. 2238 c.c.) che
regola il caso in cui l'opera del professionista (ingegnere) abilita
to — a cui bisogna ricorrere quando si rimane nel campo riserva
to alla sua competenza — viene assorbita nella organizzazione della società persona-giuridica come anche nell'organizzazione della
società di persone o di un'impresa individuale in modo da essere
strumentale all'attività economica che ne costituisce l'oggetto e
da perdere cosi ogni autonomia esterna alla società o all'impresa, combinandosi con tutti gli altri fattori produttivi. L'art. 2238/1 — in realtà — configura, come si è detto, il professionista
imprenditore e non il professionista-collaboratore (subordinato)
dell'imprenditore nè il professionista (autonomo) che presta la
propria opera ali'imprenditore-cliente, poiché in entrambi i casi
non potrebbe aver luogo la congiunta applicazione delle norme
relative e al lavoro nell'impresa (titolo II) e al lavoro autonomo
(titolo III) disposta dallo stesso 1° comma.
Quando — all'opposto — l'oggetto dell'attività economica eser
citata dalla società-persona giuridica (l'oggetto sociale) ovvero l'og
getto del singolo rapporto da tale tipo di società costituito col
committente (oggetto del contratto) è il compimento di opere in
tellettuali riservate al professionista protetto (ingegnere) la norma
protettiva, con la conseguente nullità ex art. 1418, spiega in pie no la sua forza vincolante.
Nè varrebbe — nello stesso contesto legislativo — ricorrere a
criteri basati su differenze quantitative al fine di escludere le
società-persone giuridiche dall'ambito di applicabilità degli art. I e 2 1. n. 1815, quando abbiano ad oggetto le stesse prestazioni di assistenza o consulenza in materia tecnica che l'ordinamento
riserva agli ingegneri individualmente considerati e che la legge
speciale permette agli ingegneri che si associano solo in quelle determinate forme. È noto che, in mancanza di espresse e specifi che enunciazioni del legislatore, quello meramente quantitativo è un discrimine che solo all'apparenza è idoneo a sussumere un
determinato fenomeno in un istituto giuridico anziché in un al
tro, mentre nella concreta applicazione mostra poi tutta la sua
arbitrarietà.
Dire, ad es., come disse la corte di merito, che solo una società
per azioni come la Fintecnica, con i capitali e i mezzi tecnici e
la collaborazione dei numerosi dipendenti — architetti, «urbani
sti», contabili, disegnatori — di cui poteva disporre era in grado di progettare un comprensorio turistico di quelle dimensioni (fa cendo inoltre seguire al progetto uno schema di convenzione da
sottoporre al comune e l'assistenza nelle pratiche da espletare per ottenere dagli enti pubblici l'approvazione del piano) e che per contro non lo sarebbe stato una semplice associazione tra inge
gneri, traendo da ciò la conseguenza della non inquadrabilità nel
l'ambito degli art. 1 e 2 1. n. 1815 di un rapporto simile, qualificato in termini di «appalto di servizi», significa invocare inutilmente,
per sfuggire al rigore di detta legge, una qualificazione che al
II Foro Italiano — 1987.
rapporto de quo potrebbe darsi solo violando le norme di erme
neutica contrattuale oggetto di censura col secondo motivo (poi
ché se l'opera commessa coincide con l'opera professionale —
e ciò accade nella specie secondo la descrizione datane dallo stes
so giudice di merito — non è a parlare di appalto) e ampliare
l'ambito di quel divieto oltre i limiti che una corretta interpreta
zione consente (poiché la 1. n. 1815 non vieta affatto che un gruppo
di ingegneri/architetti — o di ingegneri/architetti e di altri tecnici abilitati, a seconda dei casi — occasionalmente o stabilmente as
sociati nel modo prescritto, si avvalga, per far fronte all'impo
nenza e/o alla complessità dell'opera da progettare, oltre che dei
sostituti ed ausiliari, che l'art. 2238/2 permette anche al profes sionista non imprenditore, anche degli strumenti e delle strut
ture che altri soggetti, imprenditori singoli o società, metta
no a loro disposizione sulla base di opportune convenzioni,
estranee all'attività professionale ed aventi questo limitato og
getto). Diversa potrebbe essere la conclusione se il criterio discretivo
fosse fondato su differenze qualitative del prodotto dell'attività
costituente l'oggetto sociale (o l'oggetto della prestazione dedotta
nel contratto) se, cioè, tale prodotto fosse la risultante di un com
plesso di fattori eterogenei, uno dei quali soltanto costituito dal
l'apporto tecnico-ingegneristico, e gli altri rientranti in attività
professionali non protette, cosicché possa dirsi che si tratta di
un'entità diversa da quella propriamente e tipicamente di perti nenza dell'ingegnere ma in questa ipotesi (e si tratta di verificar
ne, volta per volta, la ricorrenza in concreto) è evidente che si
ritorna nell'ambito dell'art. 3 della legge. Ed è sostanzialmente
in tal senso che ha di recente statuito questa corte con la sent,
n. 566/85 (Foro it., 1985, I, 2960), in una specie in cui una socie
tà di capitali aveva fornito al committente un «avan-progetto»
di un vasto centro commerciale, dove il nucleo essenziale e carat
terizzante della prestazione consisteva nella cessione di una massa
organica di informazioni, esperienze e studi di mercato costituen
te patrimonio esclusivo delle società, e il contributo dell'ingegne
re e dell'architetto non solo era da essa condizionato e
strumentalizzato, si da perdervi ogni autonomia, ma era addirit
tura destinato ad essere, in quanto progetto, revisionato da pro
fessionisti abilitati esterni alla società e remunerati dal com
mittente.
C — È noto che con la sentenza n. 17 del 22 gennaio 1976
(id., 1976,1, 265) la Corte costituzionale, chiamata a pronunciar si sulla questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 1. n. 1815
in riferimento all'art. 41/1 Cost, (principio di libertà dell'iniziati va economica privata) dichiarò la questione non fondata. Quel che conta qui riportare è che: 1) la rimessione era stata motivata
dal giudice a quo col fatto che l'art. 2 è formulato in modo da
escludere la legittimità di società azionarie aventi come oggetto «attività di progettazione industriale» o, come testualmente detto
dalla corte nella parte motiva, «attività tecniche proprie dell'in
gegneria industriale, che sono pur sempre attività professionali», e munite, a tale scopo, di una complessa organizzazione di uomi
ni e di mezzi; 2) la corte, nell'escludere la possibilità giuridica di costituzione di tali società, suscettibili di legittimazione soltan
to in virtù di una speciale disciplina che l'art. 41 demanda alla
discrezionalità del legislatore ordinario, esaminò la questione nei
suoi vari aspetti, inquadrandola non solo nell'ambito degli art.
1 e 3 — oltre che dell'art. 2 — 1. n. 1815, ma anche in relazione
agli art. 2247, 2238 e 2082 c.c., giungendo a trattare, per evincer
ne sia pure implicitamente deduzioni in senso negativo, dell'in
fluenza sulla soluzione del problema dei precedenti legislativi, tra
i quali citò la 1. 23 novembre 1939 n. 1966 sulla disciplina delle
società fiduciarie o di revisione; 3) tutto ciò significa che la vi
genza del divieto di costituire società azionarie di progettazione industriale fu affermata dalla Corte costituzionale, come necessa
rio presupposto della pronuncia d'infondatezza della questione di costituzionalità, alla stregua delle disposizioni vigenti fino alla
data della pronuncia stessa.
D — Successivamente a tale data sono entrate in vigore dispo sizioni legislative sulla cui portata innovatrice è lecito — e dove
roso — indagare :
a) 1. 2 maggio 1976 n. 183 («disciplina dell'intervento straordi
nario nel Mezzogiorno per il quinquennio 1976/80»): l'art. 13
(«Agevolazioni per gli uffici delle imprese industriali, per le im
prese di progettazione, per i centri di ricerca») dispone che «le
imprese di progettazione industriale che si localizzano» in territo
ri meridionali, sono pacificate agli impianti industriali ai fini del
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
la concessione del contributo in conto capitale di cui al preceden te art. 10 («contributo in conto capitale alle iniziative nel Mezzo
giorno») «qualora abbiano una dimensione occupazionale non
inferiore a 50 addetti»; ti) d.l. 30 gennaio 1979 n. 20 («proroga al 30 giugno 1979 delle
disposizioni relative al contenimento del costo del lavoro nonché
norme in materia di obblighi retributivi») convertito con modifi
cazioni nella 1. 31 marzo 1979 n. 92: l'art. 1 — nel testo modifi
cato — nel prorogare ulteriormente, per il periodo dal 10 gennaio al 30 giugno 1979, il termine originariamente previsto dal d.l.
n. 15/77 (convertito nella 1. n. 102/77) e successivamente più vol
te prorogato, e in relazione al quale detto decreto concedeva a
determinate imprese un credito corrispondente all'importo di de
terminati punti di contingenza, estende la riduzione contributiva
anche «alle imprese che, costituitesi come società per azioni, eser
citano in forma industriale, mediante una complessa organizza zione tecnico-amministrativa, l'attività di progettazione di impianti
industriali»; c) 1. 12 febbraio 1981 n. 17 (potenziamento e ammodernamen
to delle linee, dei mezzi e degli impianti della rete ferroviaria del
lo Stato): l'art. 11 dispone, tra l'altro, che per la costruzione
di opere l'azienda autonoma delle ferrovie dello Stato ha facoltà
di affidare a terzi, persone fisiche o persone giuridiche, particola ri studi e progettazioni che richiedono speciali competenze tecni
che e scientifiche.
La considerazione dei citati testi normativi, al fine della deci
sione del problema sollevato col primo motivo del ricorso, non
può — si ripete — essere pretermessa.
Ora, mentre, quanto al disposto dell'art. 13 1. n. 183/76, pur
dovendosi ad esso, in ogni caso, attribuire un forte valore sinto
matico della volontà del legislatore di rinnovare nella materia spe
cifica che qui interessa, occorre però indagare se il termine
«imprese» sia usato o no in senso comprensivo della categoria
imprese-società di capitali, il disposto dell'art. 1 1. n. 92/79 con
sente nel caso di specie di risparmiare un'indagine del genere poi
ché non lascia alcun dubbio in proposito, stante il chiaro significato della formula adottata, che sembra mutuata nella sua essenzialità
dalla formula contenuta nella sentenza n. 17/76 (v. sub C. 1)
dove la Corte costituzionale avvertì che l'inserimento della socie
tà azionaria di progettazione industriale nell'ordinamento giuridi
co non poteva avvenire attraverso una declatatoria d'illegittimità costituzionale dell'art. 2 cit. ma solo per innovazione legislativa.
Quanto all'art. 11 1. n. 17/81 basta, per giungere alla conclu
sione che essa non è certo in contrasto con la 1. n. 92/79, colle
garne il disposto col cit. art. 51 del regolamento professionale
e con l'art. 14 della tariffa professionale — Capo II: «Costruzio
ni edilizie — Costruzioni stradali e ferroviarie», ecc. — dal quale
collegamento è agevole ricavare che la progettazione di opere fer
roviarie, compresi gli impianti, ricade nella competenza dell'inge
gnere quando richiede impiego della speciale competenza tecnica
e scientifica di cui egli è fornito (macchine e impianti industriali, applicazioni della fisica, costruzioni di ogni specie — tranne le
modeste costruzioni civili per le quali vi è promiscuità di compe
tenza con i geometri — ferrovie, ponti, gallerie).
La normativa in questione, anche se sopravvenuta in corso di
giudizio, deve ritenersi immediatamente applicabile, come si rica
va dalla natura e dalla ratio di essa, individuata — come è pure lecito: 1. nn. 207/44, 1115/66 e 1829/69 — con i normali mezzi
interpretativi: utilizzazione, ai fini della tutela di interessi pubbli
cistici, dell'organizzazione e dell'esperienza, non di società anco
ra da costituirsi, ma di società già sorte — cioè già iscritte, come
la Fintecnica, nel registro delle imprese — ed operanti in una
realtà di certo non ignorata dal legislatore. Conclusione: l'ogget
to sociale (come accertato dai giudici di merito: era una società
di progettazioni ingegneristiche) e il contratto d'opera professio
nale, siccome stipulato in funzione dello svolgimento di esso —
come pure accertato dai medesimi giudici — non possono consi
derarsi illeciti. Non sono accettabili le obiezioni mosse da una parte della dot
trina, nel senso che le disposizioni recenti riguardano ipotesi spe
cifiche o settoriali. Anche se il titolo delle leggi o la rubrica degli
articoli non hanno ad oggetto dichiarato la modifica della 1. n.
1815 o di singole disposizioni di essa, quel che rileva è il ricono
scimento della legittimità di questo tipo di enti, che le prime in
dubbiamente attuano, non potendosi concepire la concessione di
contributi e agevolazioni fiscali, ovvero la possibilità di parteci
pare alla ristrutturazione di beni e impianti pubblici, in favore
Il Foro Italiano — 1987.
di enti che non siano riconosciuti dal legislatore, nel momento
stesso in cui pone la norma che agevola o permette, giuridica mente capaci e operanti.
Tutto quel che si può dire in proposito è che si versa in un'ipo tesi di modifica o parziale abrogazione attuata, non espressamen te nè per nuovo regolamento dell'intera materia (che da ogni parte si auspica anche per tali società, come è avvenuto per le società
di revisione) ma per incompatibilità tra le nuove disposizioni e
le precedenti (art. 15 preleggi). La specificità o settorialità riguarda invece i limiti di applica
zione delle norme recenti quanto ai presupposti ed alle condizio
ni, locali, temporali o di altro genere, a cui la costituzione del
rapporto di concessione o di lavoro è in esse, volta a volta, su
bordinata.
Altro discorso è che la modifica o abrogazione implicita ponga
all'interprete problemi di ermeneutica e — nei limiti in cui l'art.
12/2 preleggi lo permette — d'integrazione d'indubbio rilievo,
ma essi non possono certo spingere il giudice alla disapplicazione.
Del resto, se è lecito dedurre che l'innovazione legislativa è,
nella sua schematicità, un primo frutto della spinta esercitata da
una vasta e non certo recente letteratura (in Italia più che decen
nale) oltre che dalla prospettazione che in termini di costituziona
lità la Corte costituzionale ha dato della materia, è proprio da
questo sostrato dottrinario e giurisprudenziale che si possono trarre
utili direttive idonee a conciliare e armonizzare la nuova normati
va con quella tuttora vigente.
E cosi, ad es., e restando nei limiti del disputation: 1) la legitti mazione delle società di progettazione industriale riguarda certa
mente le società aventi personalità giuridica (per quelle non aventi
personalità giuridica e per le imprese individuali il problema non
riguarda questo giudizio); 2) le società per azioni legittimate sono
quelle che hanno ad oggetto attività di progettazione di impianti industriali esercitata in forma industriale, mediante una comples sa organizzazione tecnico-amministrativa, ovvero — come la Fin
tecnica, secondo l'incensurabile apprezzamento del giudice di
merito — attività di studi e progettazioni che richiedono speciali
competenze tecniche e scientifiche (il problema se le società, aventi
personalità giuridica, diverse dalle società per azioni, siano abili
tate ad attività di progettazione di impianti industriali, è anche esso estraneo al giudizio); 3) in ogni caso resta ferma l'osservan
za di tutte le altre disposizioni inderogabili, come — ad es. —
quelle che regolano la responsabilità personale dei professionisti
per i singoli atti della progettazione che le leggi e i regolamenti
professionali riservano loro in via esclusiva e che essi possono
compiere personalmente o a mezzo di ausiliari da loro diretti (per
la responsabilità o, eventualmente, la corresponsabilità delle so
cietà medesime valgono le regole generali).
E — Da quanto sopra esposto consegue l'infondatezza del pri mo motivo, mentre la fondatezza del secondo non può avere al
tro rilievo che la correzione in diritto — ex art. 384/2 c.p.c. —
della motivazione della sentenza, la quale è sufficientemente sor
retta, sul punto, dalla parallela argomentazione con cui la corte
si richiamò — anche se in forma assai stringata — alle nuove
disposizioni legislative legittimanti società del tipo della Fintecni
ca. (Omissis)
II
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
il 22 ottobre 1981 la Satap s.p.a. ha proposto opposizione contro
il decreto del 16 settembre precedente con cui il presidente del
Tribunale di Milano le aveva ingiunto di pagare alla s.p.a. Alpi
na la somma di lire 1.768.204.943 per capitale e danni da svaluta
zione monetaria, quale controprestazione per l'attività di
progettazione, esecutiva del tronco autostradale Alessandria
Piacenza, della progettazione in corso d'opera e degli altri adem
pimenti previsti nel contratto 21 gennaio 1965.
Ha eccepito la carenza della propria legittimazione passiva aven
do l'A.n.a.s., con d.l. 23 dicembre 1978 n. 813 e successiva 1.
n. 389 del 23 luglio 1980, assunto a proprio carico i debiti della
società concessionaria.
Sotto altro profilo ha sostenuto la nullità del decreto ingiunti
vo, in quanto afferente ad un credito per prestazione professio
nale «non corredato dal parere della competente associazione»
ed in via generale l'infondatezza della pretesa creditoria.
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1135 PARTE PRIMA 1136
La s.p.a. Alpina, costituitasi con comparsa del 1° dicembre
1981, ha fra l'altro sostenuto che il credito fatto valere in sede
monitoria traeva la sua fonte in un appalto di servizi, servizi che
l'intimante aveva fornito alla concessionaria Satap durante la co
struzione e la gestione della autostrada Torino-Alessandria
Piacenza, attraverso propria organizzazione d'impresa. Concessa la provvisoria esecuzione del decreto su cauzione, pe
raltro non prestata, e disattesa l'istanza volta ad ottenere l'auto
rizzazione alla chiamata in causa dell'A.n.a.s. il tribunale, con
sentenza del 3 ottobre 1983, ha revocato il decreto ingiuntivo,
compensando per intero le spese della causa. (Omissis) Motivi della decisione. — 1) Il tribunale ha revocato il decreto
ingiuntivo, disattendendo la pretesa fatta valere dalla Alpina in
sede monitoria, sulla base delle considerazioni che seguono. Muovendo dalla premessa che l'obbligazione di cui era stato
richiesto l'adempimento traeva la sua origine nel contratto stipu lato il 21 gennaio 1965 tra la Satap e la Alpina, ha escluso che
gli interventi normativi avessero provocato una modificazione sog
gettiva del rapporto ed un conseguente difetto di legittimazione
passiva dell'attrice in sede monitoria.
Pur affermando, in generale, la liceità della società di enginee
ring e dei contratti di appalto di servizi da queste stipulati, ha
eslcuso in concreto la legittimità del contratto ravvisando, nella
attività svolta dalla Alpina, un'opera tipicamente intellettuale sot
toposta al regime della 1. n. 1815 del 1939 e traendo argomenti a favore di tale affermazione, sia dalla qualificazione data dalle
parti al rapporto (art. 4 del contratto 21 gennaio 1965), sia dal
riferimento fatto in contratto al testo unico della tariffa profes sionale (art. 15 dello stesso contratto).
A giudizio della corte queste ultime proposizioni sono efficace
mente vulnerate dall'appello principale e non possono essere con
divise. Occorre prendere le mosse da alcuni dati di fatto che risultano
in modo inequivocabile dalla documentazione alla quale si richia
mano entrambe le parti, che solo in parte coincidono con la lette
ra riduttiva offerta dalla Satap e recepita dal primo giudice.
a) L'oggetto del rapporto contrattuale Satap-Alpina, pur es
sendo stato intitolato nell'art. 2 della convenzione «progettazione in corso d'opera del tronco autostradale Alessandria-Piacenza e
dei cavalcavia del tronco autostradale Torino-Alessandria», ha
una più complessa articolazione.
Comprende, fra l'altro, sottolineando le prestazioni al limite
delle attività riservate alle cosi dette professioni protette o che
superano tale limite: elaborazione delle carte geologiche e geotec niche scala 1:25.000 compilate sulla base di accertamenti geologi ci e geotecnici (par. 1 a); studi geotecnici particolari (par. 1 b); studio delle soluzioni ottimali tecniche od economiche per opere d'arte (par. 1 c); sudio e progettazione di deviazione di strade
esistenti, di provvedimenti locali per vincoli di confine, di servi
tù, per la difesa delle acque meteoriche e delle acque superficiali
(par. 1 e); prestazioni di organizzazione, consistenti in un piano codificato delle voci dei preventivi, onde consentire alla commit
tente la corretta impostazione della contabilità lavori con esatto
riferimento ai preventivi (par. 4 b) e analisi prezzi (par. 4 c); esecuzione di prove su modello con regolamentazione della utiliz
zazione e sfruttamento di brevetti acquisiti in corso d'opera o
preesistenti (art. 5).
b) Le parti con il contratto del 21 gennaio 1965 hanno previsto
espressamente (art. 4) che i progetti sarebbero stati «a timbro
dell'Alpina ed a firma di dipendenti e collaboratori della Alpina
(che sottoscrivono in tale loro qualità), iscritti negli appositi albi
professionali degli ingegneri ed architetti» (art. 4), con l'ulteriore
specificazione che i dipendenti ed i collaboratori della Alpina de
stinati ad avere rapporti con terzi (pubbliche amministrazioni, enti
pubblici o privati, proprietari di terreni interessati dagli espropri,
ecc.) sarebbero stati di gradimento della Satap.
e) Il corrispettivo per le prestazioni previste è stato fissato dal
l'art. 9 in modo articolato con riferimento alla globalità degli interventi viabilistici su base percentuale (0,494% sulle opere au
tostradali dedotti gli importi per espropriazioni spese generali non
incluse in altre voci; 1,340% sull'importo delle opere d'arte mag
giori). Il rinvio alla tariffa professionale degli ingegneri ed archi
tetti, contenuto nell'art. 15, appare una tipica norma di chiusura,
«per quanto non esplicitamente previsto nel contratto ed in quan to non contrastante con le pattuizioni in esso contenute».
Per l'esecuzione dei pagamenti (art. 10) sono state previste ca
li. Foro Italiano — 1987.
denze temporali, collegate all'effettivo sviluppo della progettazio ne ed allo stato di avanzamento dei lavori dei singoli lotti rappor tato ai collaudi A.n.a.s.
d) Il recesso del contratto e la risoluzione è stata disciplinata in modo diverso da quanto previsto dall'art. 2237 c.c., preveden do una facoltà di recesso Satap solo nell'ipotesi di mancata con
cessione dei finanziamenti necessari all'esecuzione dell'opera autostradale.
e) Risulta dalla convenzione, da cui non si ricavano argomenti a favore dell'esistenza di un obbligo di anticipazione da parte della committente, e dalla documentazione successiva alla transa
zione 7 novembre 1975, che lo svolgimento del rapporto presup
poneva un impegno finanziario della società Alpina nell'ordine
di qualche miliardo di lire, da smobilizzare in un arco temporale
corrispondente alla esecuzione dei pagamenti da parte dell'A.n.a.s.
f) Emerge dalle produzioni dell'appellante e specificamente dal
l'organigramma allegato agli ordini di servizio nn. 183, 184, 203
e 204 i cui dati nella loro materialità non sono stati in alcun
modo posti in discussione dalla Satap anche in secondo grado, che la Alpina, per realizzare lo scopo sociale sviluppatosi in di
verse località d'Italia ed all'estero, aveva apprestato all'epoca cui
si riferiscono i lavori, una impresa di servizio di medie dimensio
ni — secondo il metro internazionale — comprendente 179 perso ne (40 ingegneri, 64 geometri, quattro ragionieri, e 12 altri laureati) fra dirigenti, ed impiegati delle diverse categorie.
La mancata contestazione di tali dati, estesa anche al giudizio di gravame, fa apparire superflua l'ammissione della prova orale
pure dedotta.
g) Infine la Alpina ha prodotto copia della lettera 7 novembre
1975 della Satap, lettera anche questa non contestata nel conte
nuto e nella legittimazione dell'organo che l'ha sottoscritta, con
la quale la committente, all'esito «degli accordi intervenuti sul
l'argomento» (è indicato come oggetto: «transazione — pagamenti
relativi»), «fermo l'impegno di saldarvi entro il 31 dicembre 1975
le Vs/ fatture già emesse nei nostri confronti e non facenti parte della transazione», assicura di provvedere a pagare «entro il 28
febbraio 1976 l'importo complessivo di circa lire 1.100.000.000
+ i.v.a. di cui alla ns/ lettera 25 agosto 1975 protocollo n. 6567
e alla Vs/ in riscontro ...» con un interesse annuo calcolato sul
prime rate delle principali banche di Milano e di Torino, nel caso
di mancato versamento entro il 28 febbraio 1976.
2) Su tali premesse è agevole dimostrare l'intima fragilità delle
ragioni addotte dalla Satap per rifiutare di adempiere alla contro
prestazione correlata alla esecuzione del contratto 21 gennaio 1965,
accampando una pretesa nullità del titolo convenzionale posto a fondamento della pretesa.
La Satap sostiene che solo in corso di causa la società Alpina avrebbe allegato come titolo per il pagamento del corrispettivo contrattuale l'esecuzione di prestazioni non coincidenti con l'atti
vità tipica delle professioni protette, cosi incorrendo, sotto il pro filo processuale, in una inammissibile mutatio libelli e sotto quello della prova contraddicendo l'iniziale assunto prospettato nel ri
corso per ingiunzione. L'obiezione non coglie nel segno. Se è vero che il principio dispositivo di cui all'art. 112 c.p.c.
impedisce di rilevare fatti non dedotti dalla parte e di sostituire
d'ufficio una azione diversa da quella espressamente e formal
mente proposta, questo non significa che l'interpretazione e qua lificazione della domanda siano vincolate alle sottolineature fatte
dalla parte ad alcuni aspetti di una più lata situazione giuridica e che al giudice sia sottratto il potere di stabilire il reale significa to e l'effettiva portata della volontà fatta valere nel processo, desumendola dall'esame e dalla intelligenza complessiva dell'atto
introduttivo, in ogni sua parte ed in ogni sua necessaria, anche
se non espressa, implicazione. In concreto nessun dubbio può sussistere che la Alpina, pur
avendo scelto nel ricorso per ingiunzione una infelice formula
riassuntiva, abbia inteso denunciare l'inadempimento del contrat
to 21 gennaio 1965 ed ottenere la controprestazione per il com
plesso di servizi forniti negli anni successivi, in base ai quali aveva
maturato il credito di oltre 1.700.000.000 di lire.
Il contratto è espressamente menzionato nel ricorso ed a que sto si fa riferimento per definire lo svolgimento della prestazione
pur se si sottolinea nel secondo capoverso soltanto la fase specifi camente progettuale.
Il che equivale ad affermare che la causa petendi enunciata, sin dalla fase monitoria, è quella e solo quella rappresentata dalla
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
situazione contrattuale consacrata nella scrittura del gennaio 1965
senza ulteriori letture riduttive, di guisa che la denominazione
usata e la stessa qualificazione giuridica non precludono una più
compiuta ricostruzione dei fatti costitutivi e specificamente l'esa
me dell'intero contenuto del contratto del gennaio del 1965.
Dal che discende che le specificazioni offerte dalla Alpina nel
corso del giudizio non si risolvono, sotto alcun profilo, in una
mutatio libelli non consentita e che le indicazioni riassuntive con
tenute nel ricorso per ingiunzione — evidentemente irrilevanti per
quel che si riferisce alla qualificazione giuridica riservata al pote re del giudice — non possono essere utilizzate neppure sotto il
profilo della contraddittorietà e quindi sotto quello di prova.
3) Questa corte sin dalla sentenza 10 ottobre 1980 S.t.e.g.c.s. contro Foster Wheeler (Foro it., 1981, I, 522), concordando con
le posizioni sostenute da gran parte della dottrina, ha distinto
tra società professionale in senso stretto, che appare all'esterno
come svolgimento di attività intellettuale protetta e società di in
gegneria (nelle sue articolazioni tradizionali di consulting engi
neering, commercial engineering e engineering clé en main), nella
quale attività riferibile alle professioni intellettuali di cui all'art.
2229 c.c. è meramente strumentale rispetto all'organizzazione, che
diventa in tal modo il fulcro di una vera e propria impresa di
servizi, destinata a fornire attraverso la propria tecnostruttura un
«prodotto» tipicamente industriale.
Per ragioni analoghe e conseguenziali si è ritenuto legittimo,
perchè non coinvolto nel divieto di cui al combinato disposto
degli art. 2229 c.c. e 1 e 2 1. n. 1815 del 1939, il contratto di
engineering, pur essendo questo più che un tipo legale di conven
zione un tipo sociale, qualificato quindi dalle caratteristiche del
l'impresa che assume, attraverso la propria complessa struttura
organizzativa, l'esecuzione di molteplici prestazioni volte alla rea
lizzazione di un progetto di natura industriale, architettonica, ur
banistica e simili. Tale distinzione, fondata sulla portata precettiva dell'art. 2 1.
n. 1815 del 1939, ha trovato sicuro conforto in un recente arresto
della Suprema corte. Il giudice di legittimità, con la sentenza n.
566 del 30 gennaio 1985 (id., 1985, I, 2960) ha affermato infatti
che le società vietate, sia nel momento statico e organizzativo, sia nel momento dinamico e operativo, sono esclusivamente quel le la cui attività possa configurarsi come corrispondente a quella che può essere prestata, individualmente o congiuntamente, da
uno o più professionisti intellettuali di cui all'art. 1 1. cit., non
quelle che, pur utilizzando l'opera elaborativa e concettuale di
soggetti dotati di formazione professionale corrispondente a quella
dell'ingegnere o dell'architetto, li trasfondono e fondono nella
formulazione di un prodotto o di una utilità nuova, espressione della capacità organizzativa interdisciplinare tipica dell'impresa
di servizio. Solo cosi interpretato il divieto dell'art. 2 1. n. 1815 del 1939,
come non ha mancato di sottolineare la Suprema corte, non si
pone in conflitto con il precetto costituzionale della libertà dell'i
niziativa economica privata (art. 41 Cost.) e può rientrare nella
riserva contenuta nell'ultimo comma del precetto costituzionale.
4) Accolta tale interpretazione dell'art. 2 1. n. 1815 del 1939,
che è del resto l'unica coerente con la ratio costituita dall'esigen za di vietare che professionisti si costituiscano in società per svol
gere la loro attività di professionisti cosi spersonalizzando, anche
agli effetti della responsabilità, l'esercizio dell'attività professio nale e vanificando, nelle correlative prestazioni d'opera intellet
tuali, la base fiduciaria dell'intuitus personae, non possono esservi
dubbi circa le differenze qualitative che devono indurre a definire
il contratto del gennaio 1965 un vero e proprio appalto di servizi,
il cui prevalente contenuto è rappresentato non solo e non tanto
dalla progettazione anche esecutiva della struttura viabilistica au
tostradale e degli impianti relativi, ma dallo svolgimento di una
attività di organizzazione e di predisposizione dei mezzi tecnico
amministrativi strumentali alla realizzazione dei progetti ed al con
trollo della fase attuativa, comprese le ricerche di mercato. Il tut
to sorretto da un supporto economico finanziario del tutto estraneo
alla tematica delle società professionali disciplinate dalla 1. n. 1815
del 1939.
Come si è sopra ricordato (capo 1) appare infatti arduo com
prendere nelle attività riservate alle professioni protette di cui alla
1. 24 giugno 1923 n. 1395 e al r.d. 23 ottobre 1925 n. 2537 (inge
gnere e architetto) l'elaborazione di carte geologiche o geotecni
che su accertamenti geologici e geotecnici, lo studio di soluzioni
economiche per opere d'arte, le prestazioni di organizzazione, con
II Foro Italiano — 1987.
sistenti fra l'altro in un piano codificato delle voci dei preventivi anche ai fini di un esatto riferimento al momento progettuale ed infine le attività collegate, concernenti l'utilizzazione dei bre
vetti di cui all'art. 5 della convenzione.
Cosi pure non può essere riferita alla professione di avvocato
e procuratore tutta l'attività contrattualistica e di studio dei prov vedimenti amministrativi di cui al § 1 e della convenzione.
Peraltro questa ricostruzione parcellare dell'attività sulla quale si sofferma la Satap è sostanzialmente riduttiva del fenomeno
e non coglie le caratteristiche qualitative della attività cui la Alpi na era tenuta per contratto, non ristretta allo svolgimento in co
mune della professione da parte di un gruppo di ingegneri iscritti
all'albo, ma a realizzare con complesso servizio costituito da un
elaborato progetto viabilistico con ampi interventi sul territorio, da parte di una tecnostruttura, ricca di esperienza nel ramo ed
idonea di fornire idonei Know-how nel settore specifico. Parafrasando la sentenza del Supremo collegio sopra citato è
infatti evidente che l'elemento qualificante del servizio, comples sivamente «diverso» offerto dalla Alpina, rispetto a quello di una
qualsiasi società professionale, va ricercato nella utilità contrat
tualmente promessa rappresentata dalla possibilità di disporre in
anticipo di informazioni tecniche ed organizzative già amalgama te e mirate agli interventi viabilistici, cosi permettendo di abbre
viare i tempi per la traduzione della complessa iniziativa
imprenditoriale. Né è di ostacolo a tale qualificazione il sistema adottato per
commisurare il corrispettivo contrattuale.
Come si è precisato in altra parte della motivazione, il fatto
che sia stato adottato un sistema tariffario simile a quello previ sto per commisurare il compenso dell'ingegnere professionista e
che sia stata adottata, peraltro come semplice norma di chiusura,
una formula di riferimento alle tabelle degli onorari degli inge
gneri, non sposta i termini del problema. Una volta chiarite le caratteristiche qualitative del servizio of
ferto dall'organizzazione di impresa ed il peculiare oggetto del
contratto, appare non significativo — ed in definitiva marginale
— il parametro adottato per stabilire l'entità della contropre stazione.
5) Sotto diverso profilo non può essere obliterato che per im
portanti prestazioni, e specificamente per quelle elencate dall'art.
4 del contratto, la Alpina si impegnava semplicemente — in quanto società — ad esplicare una attività di organizzazione e di interme
diazione, oltre che di necessario supporto finanziario, limitandosi
cosi ad agevolare, in funzione strumentale, lo svolgimento del
lavoro imputabile ai singoli professionisti anche se operanti in
squadra. Il fatto che questi dovessero essere di gradimento della com
mittente e i progetti singoli dovessero essere sottoscritti — come
per legge — dai singoli prestatori d'opera intellettuale recando
solo il «timbro» della Alpina fa quindi emergere una vera situa
zione di interposizione gestoria — o se si preferisce di contratto
a favore di terzo — in cui la società ha agito come soggetto legit timato ad una attività di produzione giuridica esterna valendosi
dell'opera dei professionisti, in definitiva «responsabili» delle pre stazioni necessariamente legate alla qualifica prevista dall'art. 2229,
1° comma, c.c. e dalla correlativa iscrizione all'albo.
Con il necessario corollario che per tali prestazioni specifiche — pur nel contesto organizzativo sopra richiamato — il principio della personalità della prestazione è pienamente rispettato non
solo perchè l'esecuzione di essa è effettuato dai professionisti iscritti
agli albi — e non potrebbe non essere diversamente stante il regi
me legale che caratterizza l'esclusività delle attività comprese nel
la previsione dell'art. 2229 c.c. — ma anche perché viene rispettato
integralmente anche il criterio formale rappresentato dall'indica
zione espressa dei professionisti incaricati. (Omissis)
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