Sezione III civile; sentenza 14 marzo 1962, n. 500; Pres. Mastrapasqua P., Est. Sbrocca, P. M.Silocchi (concl. conf.); Soc. fratelli Ramello (Avv. Operti, Giusiana) c. Appendino (Avv.Roberto, Oliviero)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 4 (1962), pp. 649/650-651/652Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150407 .
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61!) GIURISPRUDENZA COŠTITUZIÖNALE E CIVILE
modificabile (a parte I'ipotesi di deeadenza dall'assegna zione stessa nell'ipotesi prevista dall'art. 69 decreto legisl. n. 261 del 1947), per quanto attiene all'attribuzione del
bene, ma per quanto riguarda invece il prezzo di cessione, posto che questo ex art. 63 eit. deve essere pari a quello di esproprio, appare manifesto che de iure un elemento della fattispeeie (determinazione del prezzo medesimo) ri mane ab initio collegato, per relationem, a quello che in definitiva costituira il prezzo di esproprio (art. 1339 cod.
civile). Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione III civile ; sentenza 14 marzo 1962, n. 500 ; Pres. Mastrafasqua P., Est. Sbrocca, P. M. Silocchi (concl. conf.); Soc. fratelli Ramello (An. Operti, Gotsiana) c. Appendino (Avv. Roberto, Oliviero).
(Oassa App. Torino 19 dicembre 1959)
Municipalizzazione dei pubblici servizi — Centrale del latte — Determinazione del prezzo da parte del comune o consorzio di comuni — Limiti (L. 16
giugno 1938 n. 851, sulle centrali del latte, art. 8).
I comuni e i consorzi tra comuni sono competenti a deter minare, di concerto con il comitato provinciate dei prezzi, il prezzo di vendita del latte trattato dalle centrali del latte per il prodotto destinato al consumo diretto della
popolazione, ma non di quello che, non assorbito dalle centrali, e destinato ad usi diversi. (1)
La Corte, eec. — Con la deliberazione 8 aprile 1953, n. 255/60, il Comitato provinciale dei prezzi di Torino, al fine di aggiornare il prezzo del latte alimentare in relazione alle variazioni stagionali che si erano verificate alia pro duzione, determine) in lire 45 il Kg. il prezzo del latte intero reso caldo alia stalla, ed in lire 80 il litro quello di vendita al pubblico del latte pastorizzato, in bottiglie sigillate, nella Cittä di Torino.
Quest'ultimo prezzo era ottenuto sommando alle origi narie lire 45 il Kg. del latte intero reso caldo alia stalla lire 7.20 di «margine grossista », di cui lire 0,70 per « superi», e lire 1,55 per differenza « da chilogramma a litro ». II prezzo del latte intero, franco bancbina della Centrale, in bidoni o cisterne, ammontava cosi a lire 53,75 il litro, e saliva a lire 69 il litro confezionato in bottiglie, franco negozio latti vendolo, ed a lire 80 il litro alla minuta vendita al consu matore.
Orbene, la Corte di merito riterme cbe il prezzo di lire 45 il Kg. dovesse essere corrisposto dal grossista al pro duttore non solo per il latte destinato al consumo ali mentare, trattenuto dalla Centrale di Torino, ma anche
(1) Nel senso che la municipalizzazione di servizi in regime di privativa deve essere contenuta nei limiti indicati dalla legge, senza arbitrarie estensioni che si risolverebbero in vere e proprie lesioni di diritti soggettivi perfetti, cons. Trib. Firenze 8 gennaio 1957, Foro it., Rep. 1957, voce Municipalizzazione dei pubblici servizi, n. 31.
Cons. Stato, Sez. IV, 1 giugno 1956, n. 571 (id., 1956, III, 235) ha precisato che i comuni possono stabilire nei confronti delle centrali del latte il prezzo di vendita del prodotto, ove non sussista o non sopravvenga un prezzo massimo determinato dal Comitato interministeriale o dal competente comitato provin ciale, nella quale determinazione deve ritenersi implicito l'as soggettamento della merce alia disciplina vincolata.
La Corte costituzionale, con sentenza 23 marzo 1960, n. 11 (id., 1960, I, 545, con nota di richiami), haritenuto infondata la questione di incostituzionalitä. degli art. 1, 5, 6, 8 e 16 della legge 16 giugno 1938 n. 851, che disciplina l'impianto e il funzio namento delle centrali del latte, in riferimento all'art. 41 della Costituzione, che garantisce la liberty dell'iniziativa privata economica.
per quello ete, respinto dalla Centrale, perclie superante il suo fabbisogno (il c. d. latte di supero), era impiegato per uso industriale o convogliato verso altre centrali.
Infatti, secondo la Corte, il Comitato prov. prezzi, calcolando a favore del grossista lire 0,70 il Kg. per « superi », avrebbe incluso, nel margine complessivo di lire 7,20, un
quid, ebe indubbiamente si riferiva ai latte rifiutato dalla Centrale, come eccedente le ricbieste dei diretti consumatori.
Diversamente opinando, se il grossista avesse corri
sposto lire 45 il Kg. per il latte assorbito dalla Centrale ed un prezzo inferiore per quello con diversa destinazione
(latte industriale o inviato ad altre centrali), egli si sa rebbe indebitamente arriccbito della somma di lire 0,70 il Kg., di cui beneficiava per sopperire alle perdite con
seguenti alia vendita del latte di supero, in quanto avrebbe
percepito la somma, pur avendo corrisposto un minor
prezzo al produttore.
Aggiunse la Corte del merito cbe non esisteva contrad dizione tra la percezione di un prezzo d'imperio ancbe per il latte non alimentare e le disposizioni della legge 9 agosto 1948 n. 1079, cbe, abrogando precedenti discipline, con sentl il libero commercio del latte a prezzi di mercato, ad eccezione di quello destinato alle centrali, perch e codesta liberty si manifesterebbe soltanto rispetto agli scambi successivi alio scambio originario tra produttore e grossista, relativi al latte non assorbito dalle centrali.
Con il primo motivo del ricorso la Society fratelli Ramello denuncia la violazione e la falsa applicazione della eitata legge n. 1079 del 1948, nonche dell'art. 4 decreto
legisl. 19 ottobre 1944 n. 347, istitutivo del Comitato in terministeriale e dei comitati provinciali dei prezzi, e dell'art. 9 decreto legisl. 15 settembre 1947 n. 896, cbe detto nuove disposizioni per la disciplina dei prezzi, in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civile.
Al riguardo deduce che eon la legge n. 1079 fu abrogato il decreto legisl. 29 ottobre 1947 n. 1172 sulla regolamenta zione del settore lattiero-caseario, talcbe il commercio del latte divenne libero in tutto il territorio nazionale, ed unica limitazione in materia rimase quella stabilita dalla legge 16 giugno 1938 n. 851, sull'impianto ed il fun zionamento delle centrali del latte, secondo cui il prezzo di vendita del latte alimentare e fissato dal comune o con sorzio di comuni, cbe ba istituito la centrale, d'accordo con gli organi competenti per la determmazione dei prezzi dei generi alimentari, cioö attualmente con i comitati provinciali dei prezzi. Pertanto, anche a norma delle leggi che regolano il funzionamento di codesti comitati, po tendo essere fissato unicamente il prezzo del latte alimentare convogliato alia Centrale di Torino in ogni fase di scambio, come in effetti era avvenuto con la deliberazione 8 aprile 1953, n. 255/60, ne conseguiva, secondo la Societä ricor rente, cbeil prezzo di lire 45 il Kg., stabilito per il primo scambio tra produttore e grossista, riguardava soltanto il latte assorbito dalla Centrale, e destinato al consumo diretto della popolazione, cio& all'uso, alimentare.
II motivo & fondato.
Invero, ancbe nel settore lattiero-caseario la disciplina vincolistica vigente nel periodo di guerra e neH'immediato dopo guerra e stata abrogata dalla legge n. 1079 del 1948, che ha ripristinato un regime di libertä di commercio e di impiego del latte, restando tuttavia in vigore la legge n. 851 del 1938 sull'impianto ed il funzionamento delle centrali del latte.
A mente dell'art. 8 di quest'ultima legge, il prezzo di vendita del latte trattato dalla centrale e fissato dal comune o consorzio di comuni, d'accordo con gli organi competenti per la determinazione dei prezzi dei generi alimentari.
Ora, per latte trattato dalla centrale deve intendersi quello destinato al consumo diretto, com'6 fatto palese dall'art. 1 della legge in esame, che attribuisce alle centrali il compito di raccogliere il latte localmente destinato a tale consumo, ad assicurarne la genuinitä, a sottoporlo ad opportuni trattamenti e a condizionarlo per la vendita al pubblico ; e, se pur ve ne fosse bisogno, dall'art. 9, che, nell'ipotesi di esercizio della centrale per concessione, riserva al comune o consorzio di comuni la facoltii, mediante
Il Foro Italia no — Volume LX XXV — Parte 7-42.
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651 PARTE PRIMA 652
apposita clausola da inserire nell'atto relativo, di rivedere
i prezzi di vendita del latte al consumatore.
£, pertanto, evidente clie la competenza del comune
o del consorzio, di concerto con il comitato prov. prezzi
(attualmente investito del potere di fissare i prezzi di qual siasi merce, in ogni fase di scambio) e ristretta alia de
terminazione del prezzo del latte impiegato nel diretto
consumo, con esclusione di quello destinato ad uso diverso, in quanto eccedente il fabbisogno della centrale e da questa rifiutato.
Nö lia pregio l'argomento, su cui si e fondata la Corte
del merito per accedere alia contraria opinione, cioe che
il grossista, corrispondendo un prezzo inferiore alle lire
45 il Kg. per il latte non assorbito dalla centrale, lucre
rebbe indebitamente la somma di lire 0,70 il Kg., cbe, nella fissazione del prezzo di rivendita alia centrale, e
stabilita a titolo di «superi». Invero, per «superi» non
possono giuridicamente intendersi i margini di compenso riservati al grossista, per rivalerlo delle perdite subite
per la vendita del latte rifiutato dalla centrale, ma acqui stato sempre al prezzo di lire 45 il Kg., percke codesta
interpretazione conduce ad un risultato in contrasto con le
richiamate norme della legge n. 1079 del 1948, in quanto ancho il prezzo del latte non alimentare verrebbe, in defi
nitiva, ad essere determinato, almeno nella prima fase
di scambio, in via autoritativa. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione II civile ; sentenza 12 marzo 1962, n. 494; Pres.
Fibbi P., Est. Modigliani, P. M. Criscuoli (concl.
conf.); Ruffo di Calabria (Aw. Nicolo') c. Torero
(Ayv. Angeloni, Montel).
(Gonferma Trib. Grosseto 18 giugno 1960)
Servitü — Servitü negative — Possesso — Ammissi
bilita — Manutenzione (Cod. civ., art. 1140, 1170).
Le servitü negative sono suscettibili di possesso e percio tu
telabili con Vazione di manutenzione. (1)
(1) Sul possesso delle servitü negative.
1. — I precedenti sono scarsi: conf. Pret. Torino 12 ago sto 1959, Foro it., Rep. 1960, voce Servitü, n. 126 ; ma contr.
Pret. Milano 6 ottobre 1956, id., Rep. 1958, voce cit., n. 221 ; Pret. Palermo 18 marzo 1952, id., 1953, I, 1765, con nota di B.
Biondi ; giudice e annotatore negano il possesso delle servitü
negative (anzi, la motivazione dell'attuale sentenza del Supremo
collegio 6 tutta una critica dei rilievi del Biondi). La dottrina
perõ k adesso orientata prevalentemente come la Cassazione
(v. Branca, Servitü, in Commentario, 1960, n. 3, pag. 255 sg., sub
art. 2061 ; Fedele, Possesso ed esercizio del diritto, Torino, 1960, n. 49-51 e cit. a pag. 123, nota 143 ; Montel, in Giur. agr. it.,
1956, 144 ; Tamburrino, ibid., 535 ; ma v. Messineo, Servitü,
pag. 117). L'ostacolo ad ammettere il possesso delle servitü negative
e ormai piü ehe altro letterale: come si deve intendere l'«attivita», a cui accenna l'art. 1140, che definisce il possesso ? Se la pa rola dovesse essere presa alia lettera, resterebbe ben poco mar
gine al possesso della servitü negativa : questa si esercita senza
alcuna materiale ingerenza del proprietario del fondo dominante, cio6 senza che egli compia alcuna « attivitä », essendo sufficiente
che il proprietario del fondo gravato si astenga da qualcosa
(per es. dal costruire : servitü non oedificandi). Percio l'interpre tazione letterale di quella parola deve essere scartata, cosi come
e stata scartata dalla Cassazione (v. per es. Montel, op. cit., 145 ; cfr. invece Biondi, cit.). Del resto anche la dottrina stra
niera, a cominciare dalla pandettistica, ha sempre riconosciuto
la possedibilitä delle servitü negative, solo preoccupandosi di
stabilire quando, in quali casi, ci sia effettivamente possesso di
tali servitü (v. Fedele, op. cit., n. 60 con cit).
2. — Questo & il problema. Posto che i diritti reali di godi mento sono tutti suscettibili di possesso, quand'e che l'astensione
La Corte, ecc. — Col primo mezzo di annullamento, il
ricorrente denunzia la violazione degli art. 1140, 1170 ©
1027 cod. civ., in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ.,
e, in proposito, deduce che, contrariamente a quanto e
stato ritenuto dal Tribunale, la servitü negativa, quale &
quella altius non tollendi, non e suscettibile di possesso n& di manutenzione.
La doglianza 6 priva di fondamento.
£ noto clie sono assai controverse in dottrina la configu
rability, o non, di un possesso di servitü negativa e la con
seguente possibility di esperire un'azione possessoria a tu
tela di una servitü di tale tipo. Mentre parte della dottrina
del mio vicino dä, luogo a possesso della servitii negativa caratte
rizzata da quel tipo d'astensione ? Quest'ultima da sola non basta.
Prendiamo ad es. il non aedificare : tu, mio vicino, non costruisci :
forse che ciõ basta perche io possa vantarmi con te di possedere la servitus non aedificandi ? Puõ darsi che tu non edifichi perche ti ritieni soggetto a quella servitü ; ma puõ essere anche che tu
non edifichi solo perche non «ti va » di farlo : se fosse cosi, e
chiaro che in questo caso il mio possesso della servitus non aedi
ficandi sarebbe per lo meno discutibile. Perche si possa dire che
io possiedo quella servitü occorre dunque qualcos'altro. Ma che
I cosa ? Ecco perche la parola « attivitä,», contenuta nell'art. 1140,
ha un senso (v. mia o-p. cit.), pur non significando ciõ che comu
nemente si intende con essa. Neile servitü che consistono in un
fare del proprietario del fondo dominante (ad es. passaggio), non c'e possesso se manca un atto iniziale d'esercizio (con questo atto si instaura il possesso, che poi dura anche quando gli atti
d'esercizio non si ripetono per un certo tempo : v. mie osserv.
in Foro it., 1960, I, 116 e 447 ; ma cfr. Fedele, op. cit., n. 54
segg.). Per le servitü che consistono nel tenere opere stabili sul
fondo servente (ad es. immissione di travi, acquedotto), il fatto
solo che le opere vi siano e gi& un segno di possesso, un indice
di attivitä, poiche, come si dice, queste servitü « si esercitano da
se imedes ime ». Ma le servitü negative ? Non e facile stabilire in quali casi
vi sia un'attivit&, naturalmente intesa in senso assai generico. Uno scrittore recente, in molte servitü ammette il possesso tutte
le volte in cui, pur non essendosi esercitato il diritto, c'& possibilita d'esercizio (Fedele, op. ext., nn. 54-60) : eppure anche lui, dinanzi
alle servitü negative, richiede qualcosa di piü della semplice astensione del soggetto passivo (op. cit., n. 51).
3. — In fondo anche le servitü negative « si esercitano da
se stesse » come le servitü di immissione di travi, ecc. (n. prec.) ; ma queste ultime «si vedono», quelle no. Mentre nelle prime la
presenza delle opere (travi, ecc.) rivela l'asservimento del predio e perciõ il possesso delle servitü, nelle seconde non c'6 niente
di simile. E allora ?
Allora, se si vuole dare immediatamente una soluzione empi
rica, se si vuol riscoprire 1'America, la risposta & semplice : qual siasi indizio e buono, purche esso riveli che l'astensione del
vicino & attuazione della servitü. Si prendano i casi piü noti, tradizionali : il vicino comincia a costruire o si appresta a co
struire, io m'oppongo, lui desiste : in questo modo io acquisto il
possesso della servitü (v. in Fedele, op. cit., pag. 124, la lettera
tura conf.) ; ma non h che io l'acquisti perche il mio atto d'oppo sizione sia esercizio della servitü (qui ha ragione Fedele, op.
cit., n. 49, a negare che l'opposizione sia esercizio della servitü, Ja quale invece si esercita col fatto di non edificare : v. tuttavia
Tamburrino, op. cit., 541): io l'acquisto perche l'astensione
del vicino susseguente alia mia prohibitio e evidentemente attua
zione della servitü. Altrettanto accade se il vicino non costruisce perchä sa che
il suo fondo (* gravato dalla servitü : lo sa, ad es., perche lui
stesso l'ha concessa contrattualmente o perchä, anche se essa
e stata costituita da altri (da chi gli ha venduto il fondo, da chi
glielo ha legato, ecc.), ne conosce l'atto costitutivo o perch6 una
volta ha dichiarato di non costruire in quanto la servitü glielo
impediva. Anche in questi casi, indubbiamente, l'astensione &
attuazione della servitü : e attuazione della servitü e come dire
possesso da parte del vicino (sul concetto di esercizio come attua
zione della servitü, v. Grosso e Deiana, Servitü, pag. 187). Infatti
se tu ti astieni iure servitutis, con ciõ stesso io, senza bisogno di
far niente, esercito,dunque possiedo, la servitü (conf. Fedele,
op. cit., n. 51, che pero non parla di esercizio).
4. — In tutti questi casi l'elemento materiale del possesso &
dato dal contegno d'astensione iure servitutis, mentre l'« attivita »
del possessore, a cui accenna l'art. 1140 (supra, n. 1), non si puõ
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