sezione IV; decisione 8 maggio 1986, n. 334; Pres. Rosini, Est. Martorelli; Lachello e altri (Avv.Carello, Rolando, Sterle) c. Min. interno e altri. Conferma T.A.R. Piemonte 1° settembre 1984,n. 240Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 9 (SETTEMBRE 1986), pp. 321/322-323/324Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180694 .
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321 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 322
CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 8 maggio 1986,
n. 334; Pres. Rosini, Est. Martorelli; Lachello e altri (Aw.
Carello, Rolando, Sterle) c. Min. interno e altri. Conferma
T.A.R. Piemonte 1" settembre 1984, n. 240.
CONSIGLIO DI STATO;
Requisizioni — Immobile destinato a pubblico ufficio — Legitti
mità — Fattispecie (L. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, sul
contenzioso amministrativo, art. 7; 1. 25 giugno 1865 n. 2359,
espropriazioni per causa di pubblica utilità, art. 71; r.d. 25
luglio 1904 n. 523, t.u. delle disposizioni di legge sulle opere
idrauliche, art. 62).
È legittimo il provvedimento col quale il prefetto dispone la
requisizione per sei mesi, poi più volte prorogati, a favore
dell'amministrazione delle finanze, di immobile da questa preso in
locazione per adibirlo a sede dell'ufficio tecnico erariale della
provincia, dopo che i proprietari avevano ottenuto il suo
sfratto per morosità, per i ritardi nel pagamento dei ratei di
fitto provocati dall'opposizione della Corte dei conti al modo
col quale aveva calcolato gli aumenti legislativamente previsti
(opposizione poi superata mediante la richiesta governativa di
registrazione con riserva), se l'amministrazione stessa aveva
tentato invano di reperire nella città altri idonei locali, e aveva
fallito le trattative per l'acquisto di tale immobile per disaccor
do sul prezzo. (1)
Diritto. — 1. - Il T.A.R., con sentenza 1° settembre 1984, n.
240 (Foro it., 1985, III, 262), ha respinto due ricorsi avverso i
decreti adottati dal prefetto di Alessandria, in data 20 marzo
1983 e 29 settembre 1983, concernenti la requisizione per sei mesi
e la proroga per altri sei mesi, a favore del ministero delle
finanze, dell'immobile di proprietà dei signori Lachello e Baucia,
sede dell'ufficio tecnico erariale di Alessandria.
Disattendendo in particolare la 2a, 3" e T censura dei ricorrenti — secondo le quali la necessità di ricorrere a provvedimenti straordinari e derogatori per disporre di locali al fine di assicura
re il funzionamento dell'U.t.e. non rivestiva né i caratteri del
l'imprevedibilità e dell'urgenza né quelli dell'eccezionalità, e
nemmeno risultava che l'amministrazione si trovasse nella impos
sibilità assoluta di far fronte alle proprie occorrenze con i mezzi
normali — i primi giudici hanno ritenuto che i dati di fatto,
obiettivamente posti a base delle determinazioni prefettizie, ave
vano legittimato la requisizione ex art. 7 1. 20 marzo 1865 n.
2248, ali. E.
Altri motivi respinti dal T.A.R. riguardavano: a) il primo, la
violazione di legge in relazione agli art. 23 e 53 Cost., poiché
manca nell'ordinamento, secondo i ricorrenti, una norma sostan
ziale che sia fonte del potere di requisizione, mentre l'art. 7 1.
2248 avrebbe un mero carattere strumentale e procedurale; b) il
quarto, la violazione di legge in relazione agli art. 101 e 102 Cost,
in quanto la requisizione sarebbe stata disposta al solo scopo di
sottrarre l'U.t.e. ad un'ordinanza di convalida di sfratto per
morosità; c) il quinto, l'omessa preventiva redazione dello stato di
consistenza dell'immobile requisito; d) il sesto, l'inidoneità dei locali
requisiti a sede di ufficio pubblico. Inoltre: e) l'incongruità e
(1) La sentenza confermata, T.A.R. Piemonte, sez. II, 1° settembre
1984, n. 240, è riportata in Foro it., 1985, III, 262, con nota di
richiami divergenti. Nella giurisprudenza successiva, nel senso che la requisizione deve
fare fronte ad una esigenza imprevedibile e non prevista, Cons. Stato,
sez. IV, 1° agosto 1985, n. 299, id., Rep. 1985, voce Requisizioni, n.
5; contra, sez. IV 22 marzo 1986, n. 182, Cons. Stato, 1986, I, 290,
che ha affermato che l'imprevedibilità dell'evento (nonché la immedia
tezza del susseguente provvedimento), non è richiesta dall'art. 7 della
1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, o dall'art. 19 r.d. 3 marzo 1934 n.
383, quale presupposto della requisizione di alloggi, dichiarata perciò
legittima in un caso nel quale era stata disposta per dare alloggio a
persone la cui abitazione veneziana era resa impraticabile dal fenome
no della c.d. acqua alta. In relazione ad un caso del genere, v. anche
sez. IV 6 dicembre 1985, n. 605, Foro it., 1985, III, 461, con nota di
C. M. Barone, che ha dichiarato illegittima l'ordinanza sindacale di
requisizione di alloggio a favore di persone rimaste senza tetto a
Ercolano, la quale, però, in quanto motivata con la negativa situazione
igienico-sanitaria nella quale queste si erano venute a trovare, si era
basata sull'art. 27, 1° comma, d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, nonché
sull'art. 32, 1° e 3° comma, 1. 23 dicembre 1978 n. 833.
Secondo T.A.R. Lazio, sez. II, 2 marzo 1985, n. 430 {id., 1986, III,
316, con nota di richiami di R. Cavallo Perin) è illegittimo il provvedi
mento, da qualificarsi come requisizione temporanea in uso, col quale
il sindaco, senza prevedere il termine finale della sua operatività, dispo ne lo sgombero da parte dell'assegnatario di immobile di proprietà
comunale, per ricoverarvi altro nucleo familiare, in difetto di un'urgenza
tale da precludere il tempestivo intervento del prefetto.
l'illogicità della motivazione, sia nel provvedimento iniziale che in
quello di proroga; /) la deviazione dalla funzione tipica della
requisizione data dalla reiterazione del decreto prefettizio. Nell'atto di appello, i Lachello-Baucia deducono l'erroneità
della sentenza T.A.R., rilevandone la contraddittorietà delle ar
gomentazioni e l'incongruenza delle conclusioni.
2. - L'appello non è fondato. Sostengono innanzitutto gli
appellanti che non è stata offerta in sentenza una valida motiva
zione in ordine alla potestà di requisizione dell'amministrazione, tenuto conto dell'avvenuto riconoscimento di norma processuale dell'art. 7 da parte dello stesso T.A.R.
Ritiene il collegio di confermare in proposito, conformemente a
giurisprudenza consolidata di questo consiglio, che sono comun
que tutelate le situazioni di « grave » necessità pubblica, contem
plate in modo generico dall'art. 7 1. 2248/1865 ed in modo specifico dall'art. 71 1. 2359/1865 (rottura di argini, rovesciamento di ponti), dall'art. 62 t.u. 25 luglio 1904 n. 523 (piena e pericolo di
inondazione, rottura di argini, disalveamenti), ecc. È legittima, pertanto, la requisizione quando la grave necessità imponga di
disporre senza indugio della proprietà privata, attribuendo l'art. 7
al prefetto il potere di adottare atti necessitati per soddisfare
l'indilazionabile esigenza della cura dell'interesse pubblico. Nella specie, vi era stata un'azione di sfratto per morosità, non
avendo l'amministrazione finanziaria potuto effettuare per tempo il pagamento dei canoni di locazione in dipendenza del rifiuto
opposto dalla delegazione della Corte dei conti alla registrazione dei ruoli di spesa fissa, a seguito di contrasto insorto sul computo
degli aumenti annuali di fitto previsti dall'art. 68 1. 27 luglio 1978 n. 392. Ma la convalida dello sfratto da parte del pretore non
può non rafforzare le connotazioni dell'impellente urgenza e della
straordinarietà della situazione obiettivamente considerata. Invero, l'interesse privato dei Lachello-Baucia, sebbene ritenuto sussistente dal giudice ordinario, non avrebbe potuto prevalere sull'interesse
pubblico, sol che si consideri che l'immobile era destinato ad un
servizio indispensabile per l'amministrazione dello Stato ed essen ziale per la collettività.
Il collegio, pertanto, condivide la soluzione che alla questione ha dato il primo giudice e le sue accurate motivazioni in ordine alle particolari cogenti esigenze che hanno inciso nelle posizioni giuridiche dei privati.
3. - Con il secondo motivo, gli appellanti deducono la carenza di requisiti dell'imprevedibilità ed urgenza per l'esercizio del
potere di requisizione. Sul punto, si è già accennato al ritardato pagamento delle rate
di fitto a causa dei contrasti tra il ministero delle finanze e
l'organo di controllo circa il computo degli aumenti del canone
di locazione — nonostante i concordi pareri del ministero dei
ll.pp., del ministero di grazia e giustizia e dell'avvocatura genera le dello Stato — talché si rese persino necessario far ricorso alla
registrazione con riserva dei relativi provvedimenti, previa delibe
razione del consiglio dei ministri.
Orbene, la peculiarità della fattispecie unitamente alla respon sabile valutazione dell'amministrazione sull'indilazionabile bisogno di assicurare l'operatività di un servizio di peculiare importanza
per lo Stato ed il cittadino, prefigurano sufficientemente gli elementi oggettivi e formali richiesti dalla legge.
Di conseguenza, il motivo va disatteso.
4. - Vanno disattesi anche il terzo, quarto, quinto e sesto
motivo, con i quali si lamenta la carenza dell'eccezionalità e
temporaneità a monte del provvedimento di requisizione, in
relazione ai vizi dello straripamento di potere per l'intervenuta
proroga di sei mesi, al fine di rimediare alle « colpe », all'inerzia
ed agli errori dell'amministrazione, nonché la contraddittorietà di
comportamento dell'amministrazione medesima.
Al riguardo, è sufficiente richiamare le argomentazioni sopra
esposte per affermare che la questione va incentrata sulla acclara
ta persistenza delle ragioni d'interesse pubblico, correlate, quanto alla durata, alle dimensioni della grave necessità che doveva
essere affrontata per evitare l'interruzione di un pubblico servizio.
Avendo quindi il prefetto dimostrato, con il provvedimento di
proroga della requisizione, che, nonostante i tempestivi tentativi
svolti (e puntualmente indicati nelle premesse dell'atto) per repe rire in Alessandria altri locali idonei, non era stato possibile risolvere il problema con altro mezzo, si appalesa legittimo il
provvedimento di proroga. Quanto alla censura di contraddittorietà, formulata per avere il
ministero delle finanze avviato trattative per l'acquisto dell'im
mobile, essa è sicuramente infondata. L'iniziativa del ministero
dimostra che il suo intendimento era di pervenire ad una
soluzione definitiva del problema, al fine di evitare dispersione di
risorse e contemperare gli interessi pubblici e privati in conflitto.
Il Foro Italiano — 1986 — Parte III- 24.
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PARTE TERZA
Tra questo proposito e la diversa soluzione della requisizione non c'è contraddizione, perché alla requisizione si addivenne quando l'amministrazione si determinò a rinunciare all'acquisto dell'im
mobile non essendosi raggiunto l'accordo sul prezzo. 6. - Sono da condividere, infine, le argomentazioni con le quali
il T.A.R. ha ritenuto prive di pregio le due censure sulla mancata
redazione dello stato di consistenza e sulla pericolosità dell'im
pianto elettrico. Quanto alla prima, basterà osservare che l'ammi
nistrazione finanziaria occupava l'immobile da anni e che a suo
tempo era stato compilato il c.d. « testimoniale di stato », equipa rabile allo stato di consistenza. Circa poi il paventato pericolo
per la pubblica incolumità, da cui conseguirebbe l'inidoneità
dell'edificio ad essere utilizzato come ufficio pubblico, è da
precisare che ogni valutazione sulle concrete garanzie degli im
pianti è demandata alla p.a., il cui giudizio sulla sicurezza ed
affidabilità non è sindacabile da parte del giudice amministrativo.
7. - In conclusione, i due provvedimenti impugnati in prime cure dagli attuali appellanti sono esenti dai vizi lamentati, essen
do stati correttamente adottati ex art. 7 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, e circoscritti nel tempo ritenuto necessario per far fronte
all'indilazionabile esigenza di assicurare il servizio pubblico svolto
dagli uffici tecnici erariali, e, pertanto, l'appello dei signori Lachello-Baucia va respinto e la sentenza T.A.R. confermata.
(Omissis)
CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 5 maggio 1986, n. 359; Pres. Gessa, Est. Barberio Corsetti; Min. beni
culturali e ambientali (Avv. dello Stato Cosentino), Soc. Libre
ria internazionale Rizzoli e altro (Avv. Italia, Bassani,
Romanelli, Lubrano) c. Colonna e altri (Avv. Gueli, Sanino, Positano De Vincentiis, Lavi tola, Stella Richter, D'Audi
no, Ottolenghi, Ferrari); Min. beni culturali e ambientali c.
Cecchini (Avv. D'Audino). Annulla T.A.R. Lazio, sez. II, 2 marzo 1984, n. 363, e conferma T.A.R. Lazio, sez. II, 26
febbraio 1985, n. 382.
Giustizia amministrativa — Fissazione di udienza — Decreto —
Notificazione — Riduzione dei termini — Illegittimità (R.d. 17
agosto 1907 n. 642, regolamento per la procedura davanti al
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, art. 54; r.d. 26
giugno 1924 n. 1054, t.u. sul Consiglio di Stato, art. 38; 1. 6
dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi
regionali, art. 19, 23, 35). Antichità e belle arti — Libreria — Dichiarazione di importante
interesse artistico e storico — Illegittimità (L. 1° giugno 1939
n. 1089, tutela delle cose di interesse artistico o storico, art. 1, 2).
Va annullata, con rinvio del giudizio al giudice di primo grado, la sentenza che il tribunale amministrativo regionale abbia
pronunciato nel merito del ricorso, dopo che il suo presidente aveva abbreviato il termine di quaranta giorni prima dell'u
dienza fissata, entro il quale il relativo decreto di fissazione deve essere notificato al ricorrente e alle parti costituite, a cura
dell'ufficio di segreteria. (1)
(1) Prima pronuncia del Consiglio di Stato dopo l'entrata in vigore della 1. n. 1034/71, a quanto risulta, sulla abbreviazione presidenziale dei termini processuali.
Sulla notificazione alle parti del decreto di fissazione di udienza, la scarsa giurisprudenza ha sottolineato soprattutto l'esigenza che esso venga comunicato per iscritto, o almeno con altro mezzo equipollente (Cons. Stato, sez. V, 5 febbraio 1985, n. 66, Foro it., Rep. 1985, voce Giustizia amministrativa, n. 458), e non mediante telefono (sez. VI 3 marzo 1978, n. 308, id., Rep. 1978, voce cit., n. 859; sez. V 12 gennaio 1977, n. 12, id., Rep. 1977, voce cit., n. 777). E sulla illegittimità della sentenza del tribunale amministrativo regionale emessa in difetto della notificazione suddetta (al quale andrebbe assimilata la irritualità di
questa), sez. VI 27 giugno 1978, n. 905, id., 1978, III, 455, con nota di richiami.
Per quel che riguarda il profilo della rimessione del giudizio al tribunale amministrativo regionale stesso, dopo che il giudice di
appello ha annullato per tale motivo la sua sentenza, v., puntualmente, la già citata decisione n. 905/78. Questa va inquadrata nei casi nei
quali la giurisprudenza del Consiglio di Stato adotta la soluzione del rinvio del giudizio al giudice di primo grado, dopo la sua decisione, che quindi acquista uno spiccato carattere cassatorio (v. per tutti, sul
tipo di giudizio di appello accolto dal nostro legislatore, M. Migro, Giustizia amministrativa3, 417, nonché II Consiglio di Stato come
giudice di appello, in Atti del convegno celebrativo del 150" anniver sario del Consiglio di Stato, 1983, 279). Tale giurisprudenza ha dovuto affrontare il problema della ricostruzione del significato dell'ambigua
Sono illegìttimi i provvedimenti con i quali il ministro per i beni
culturali e ambientali ha dichiarato di interesse artistico, storico
e culturale particolarmente importante i locali del centro stori
co di Roma dove esplicano la loro attività alcune librerie. (2)
Diritto. — 1. - I ricorsi, aventi tutti ad oggetto provvedimenti dello stesso tenore, possono essere riuniti e congiuntamente decisi.
Poiché, peraltro, i primi tre si pongono come pregiudiziali rispetto a quello proposto dall'amministrazione per la riforma della sentenza che ha accolto il secondo ricorso del sig. Cecchini, quest'ultimo va esaminato dopo gli altri.
2. - Viene innanzitutto in rilievo il motivo di nullità, parziale della sentenza del T.A.R. proposto dalla avvocatura dello Stato con riferimento ai ricorsi delle società Bastogi I.R.B.S. e IGIM
(n. 129/83) e della società U.E.S.I.S.A. (n. 909/83). Sostiene l'avvocatura che il T.A.R. non avrebbe potuto disporre
l'abbreviazione del termine minimo di 40 giorni per la fissazione
dell'udienza, stabilito dall'art. 23, 3" comma, 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, perché si tratta di termine sottratto alla disponibilità del
giudice.
Poiché, peraltro, l'amministrazione non si è costituita in ambe
due i giudizi e la nullità non è stata sanata, la sentenza, per
quanto attiene ai ricorsi sopra indicati, deve essere annullata per vizio di procedura e i due giudizi devono essere rinviati al
T.A.R. del Lazio ai sensi dell'art. 35, 1° comma, 1. 1034/71. La sezione ritiene che il motivo sia fondato. Al riguardo
occorre brevemente ricordare quale era il sistema previsto dal r.d.
formula di «... difetto di procedura o ... vizio di forma ... », con la
quale l'art. 35 1. n. 1034/71 ha inteso determinare i casi nei quali il
giudice di appello, dopo aver annullato la sentenza del tribunale amministrativo regionale, deve rinviare ad esso il giudizio, in contrap posto a tutti gli altri, nei quali, viceversa, lo trattiene e lo definisce: per il panorama giurisprudenziale formatosi nei primi anni di applica zione della norma richiamata, v. la nota di C. E. Gallo a sez. Vi 30
aprile 1976, n. 210, Foro it., 1977, IlII, 145, nonché la nota di richiami a ad. plen. 30 giugno, 4 e 7 luglio 1978, nn. 18, 20 e 22, oltre che alla
già citata decisione della sez. VI n. 905/78, id., 1978, III, 454. Nella
giurisprudenza successiva, una sola ipotesi viene considerata con una certa frequenza, e risolta costantemente nel senso del rinvio: quella nella quale il tribunale di primo grado abbia erroneamente declinato la giurisdizione del giudice amministrativo: sez. V 27 maggio 1977, n.
388, id., Rep. 1977, voce cit., n. 1062; 29 aprile 1977, n. 388, id., Rep. 1978, voce cit., n. 84; sez. IV 21 ottobre 1980, n. 1003, 13 gennaio 1981, n. 1, id., Rep. 1981, voce cit., nn. 804, 805; sez. V 6 novem bre 1981, n. 538, id., Rep. 1982, voce cit., n. 81. Sporadici gli altri casi nei quali viene adottata la medesima soluzione: omessa integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i controinteressati nel giudizio di primo grado (sez. VI 5 marzo 1986, n. 244, Cons. Stato, 1986, I, 368); mancata considerazione della sospensione feriale dei termini in un giudizio elettorale (sez. V 19 luglio 1984, n. 553, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 690; per la ripresa della formula legislativa v. anche sez. IV 6 dicembre 1977, n. 1142, id., Rep. 1978, voce cit., n.
1155, e sez. V 1° giugno 1979, n. 284, id., Rep. 1979, voce cit., n.
888). Secondo l'impostazione data dalle decisioni richiamate dell'adunanza
plenaria, il Consiglio di Stato, dopo l'annullamento della sentenza di
primo grado, trattiene e definisce senz'altro il giudizio nel maggior numero dei casi: v., in particolare, per questa soluzione, nel caso nel
quale la sentenza abbia erroneamente dichiarato il ricorso inammissi
bile, o irricevibile, ecc. (dopo qualche oscillazione come quella della decisione della sez. IV 14 giugno 1977, n. 599, id., 1979, III, 328, con nota di Montanari), sez. V 30 luglio 1982, n. 622, id., 1985, III, 204, con nota di richiami, che dichiara costante la giurisprudenza in questo senso, dopo la già richiamata ad. plen. n. 18/78. Successivamente, sempre nel medesimo senso, sez. V 9 maggio 1983, n. 150, id., Rep. 1983, voce cit., n. 726; sez. IV 14 settembre 1984, n. 681, id., Rep. 1984, voce cit., n. 728; sez. V 21 dicembre 1984, n. 960 e 26 gennaio 1985, n. 45, id., Rep. 1985, voce cit., nn. 687, 688. Tra le ipotesi nelle
quali il Consiglio di Stato trattiene il giudizio per la definizione, è
frequentemente considerata quella della omessa valutazione di una domanda o di una eccezione di parte (di solito un motivo di
gravame), da parte del giudice di primo grado: sez. V 19 marzo e 10 ottobre 1984, nn. 254 e 714, id., Rep. 1984, voce cit.,, nn. 731, 730; sez. IV 1° ottobre 1984, n. 717, ibid., n. 727; 4 settembre 1985, n. 333, id., Rep. 1985, voce cit., n. 692.
In dottrina, v. anche Mezzanotte, Il rinvio al T.A.R. nel giudizio di appello, in Studi per il centocinquantenario del Consiglio di Stato, 1981, III, 1903.
(2) La decisione conferma (a parte la soluzione del problema processuale sintetizzata nella prima massima), adottandone la linea
argomentativa, le due sentenze appellate T.A.R. Lazio, sez. II, 26 febbraio 1985, n. 382, Foro it., Rep. 1985, voce Antichità, n. 27, e 2 marzo 1984, n. 363, id., 1985, III, 407, con nota di richiami.
Da ultimo, cfr. l'art. 4 d.l. 24 settembre 1986 n. 579 in Gazzetta
ufficiale n. 223 del 25 settembre e su Le leggi, 1986, fase. 20.
Il Foro Italiano — 1986.
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