sezione lavoro; sentenza 3 aprile 2002, n. 4729; Pres. Mileo, Est. Foglia, P.M. Sorrentino (concl.conf.); Donadi (Avv. Costa, Brunello) c. Soc. Henry glass e altra; Soc. Henry glass e altra (Avv.Panariti, Curini, Dalla Rosa) c. Donadi. Conferma Trib. Treviso 1° marzo 1999Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 6 (GIUGNO 2002), pp. 1681/1682-1685/1686Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198492 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
sto con la pretesa tributaria, avuto appunto riguardo alla man
cata notifica diretta degli atti precedenti (in primo luogo, del
l'avviso di accertamento). Sicché si è già ritenuto di escludere
la fondatezza dell'eccezione che fa riferimento agli art. 3 e 24
Cost., per presunta violazione del diritto di difesa (Cass. 9144/00, cit.), considerando che il coniuge codichiarante vede
ugualmente garantito tale diritto, non esercitato dall'altro co
niuge, a decorrere dalla notifica dell'avviso di mora.
Rimane da valutare se, come pretende la resistente, l'interru
zione della convivenza matrimoniale, per separazione legale o
di fatto intervenuta prima della notifica dell'avviso di accerta
mento, e le conseguenti implicazioni di essa — implicazioni cui la norma è indifferente — costituisca un evento tale da far rite
nere non manifestamente infondata sotto altro aspetto (in parti colare sotto quello della capacità contributiva, ai sensi dell'art.
53 Cost.) l'eccezione d'illegittimità costituzionale parziale del
l'art. 17 cit.
La conclusione è negativa giacché, pur essendo l'accerta
mento ufficioso necessariamente posteriore alla dichiarazione
congiunta, il reddito cui esso si riferisce fu omesso o infedel
mente indicato in occasione di tale dichiarazione, con cui en
trambi i coniugi assunsero liberamente e consapevolmente, di
fronte al fisco, la responsabilità solidale. Anche la loro specifica
capacità contributiva va quindi valutata con riferimento all'epo ca della dichiarazione, senza possibilità di attribuire giuridica rilevanza ad avvenimenti — come, ad esempio, la separazione, il divorzio, la morte di uno dei coniugi o la cessazione dell'im
presa familiare — posteriori ed estranei a quella libera scelta.
In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va quindi
cassata, con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria
regionale del Lazio.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 3 aprile
2002, n. 4729; Pres. Mileo, Est. Foglia, P.M. Sorrentino
(conci, conf.); Donadi (Avv. Costa, Brunello) c. Soc. Henry
glass e altra; Soc. Henry glass e altra (Avv. Panariti, Curini, Dalla Rosa) c. Donadi. Conferma Trib. Treviso 1° marzo
1999.
Lavoro (rapporto di) — Dirigente
— Licenziamento — Giu
stificatezza.
L'ampiezza della nozione di giustifìcatezza del licenziamento
del dirigente industriale, utile ai fini dell'indennità supple
mentare, dipende unicamente dalla volontà delle parti con
trattuali, le quali, in ragione della fiduciarietà dell'incarico
dirigenziale e dell 'ampiezza dei relativi poteri conferiti, pos sono attribuire decisivo rilievo al raggiungimento di determi
nati risultati minimi di produttività o all'esito positivo delle
operazioni finanziarie per cui il dirigente sia stato assunto,
ovvero ancora all'attuazione di un programma di riorganiz zazione aziendale finalizzata ad una più economica gestione
dell'impresa o del ramo d'impresa affidatogli, ciò però uni
camente nei limiti delle competenze e dei poteri attribuitigli, e
salva, quindi, la possibilità di un esonero di responsabilità dello stesso. (1)
(1) A quel che consta, è la prima volta che, al fine dell'individuazio
ne della giustifìcatezza del licenziamento del dirigente, la Corte di cas
sazione, con la sentenza in epigrafe, riconosce il valore del mancato
raggiungimento dei risultati pattuiti, provvedendo però alla puntualiz zazione di cui alla massima che a dire della corte impedisce l'inammis
sibile accollo da parte di un dipendente del rischio d'impresa. E signifi cativo, in proposito, il richiamo all'art. 21 d.leg. 165/01 relativo ai diri
genti pubblici. Un cenno alla rilevanza dei risultati, ma da una prospet tiva di tipo soggettivo, è, di recente, presente anche in Cass. 8 novem
bre 2001, n. 13839, Foro it., Mass., 1107.
Il Foro Italiano — 2002.
Motivi della decisione. — Va disposta, preliminarmente, la
riunione dei due ricorsi, ex art. 335 c.p.c., aventi ad oggetto la
medesima sentenza impugnata. Con l'unico motivo — deducendo la violazione di legge in
materia di giustificatezza del licenziamento del dirigente, non
ché omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo
della controversia — lamenta il ricorrente che il Tribunale di
Treviso, contrariamente agli orientamenti espressi dalla giuris
prudenza di questa corte, ha immotivatamente negato il suo di
ritto, quale dirigente, all'indennità supplementare.
Replicano le società resistenti eccependo: a) la tardività del
ricorso, in quanto proposto oltre il termine annuale prescritto dall'art. 327, 1° comma, c.p.c.; b) l'improcedibilità del ricorso in quanto proposto contro sentenza non definitiva; c) l'inam
missibilità del ricorso nei confronti della società Bazzichetto nei
cui confronti non è stata formulata alcuna censura; d) l'inam
missibilità del ricorso perché privo dell'indicazione della norma
collettiva sulla quale si fonda la pretesa all'indennità supple mentare per licenziamento ingiustificato; e) nel merito, l'infon
datezza del ricorso.
Con l'unico motivo di ricorso incidentale condizionato, le so
cietà intimate lamentano che la sentenza definitiva 28 giugno
1999, n. 789 del Tribunale di Treviso abbia condannato — come
da rinvio operato con la sentenza parziale oggetto dell'attuale
impugnazione — la società Henry glass al pagamento di metà
delle spese di lite ed alle spese di consulenza tecnica per intero, nonostante le risultanze processuali, e in particolare, il vistoso
ridimensionamento della domanda di controparte. Esaminando dapprima le questioni di rito e pregiudiziali sol
levate dalla società intimata, questo collegio rileva quanto se
gue:
a) non può negarsi la tempestività del ricorso per cassazione, notificato ad entrambe le società intimate in data 29 febbraio
2000, riferendosi esso alla sentenza (non definitiva) del Tribu
nale di Treviso, depositata in data 1° marzo 1999;
b) l'art. 361 c.p.c. non vieta affatto (a differenza della disci
plina vigente anteriormente alla novella del 1990) il ricorso
immediato avverso la sentenza non definitiva, ma ne consente,
piuttosto, il ricorso differito, all'esito della sentenza definitiva,
previa formulazione di espressa riserva (entro il termine per la
proposizione del ricorso, e in ogni caso non oltre la prima udienza successiva alla comunicazione della sentenza stessa). Nel caso di specie, il ricorrente non ha fatto alcuna riserva di ri
corso differito alla sentenza definitiva, sicché il ricorso esperito nei confronti della sentenza impugnata è senz'altro ammissibile;
c) inammissibile è il ricorso proposto dal Donadi nei con
fronti della società Bazzichetto in quanto in esso non è rinveni
bile alcuna espressa doglianza rivolta alla sentenza impugnata nella parte in cui aveva assolto quest'ultima società da ogni
pretesa del ricorrente;
d) anche in difetto di un esplicito richiamo alla norma con
trattuale, il ricorso è chiaramente riferibile all'art. 19 del c.c.n.l.
per i dirigenti di aziende industriali, atteso che il Donadi mira all'indennità supplementare (massima) di ventidue mensilità di
preavviso prevista proprio da quella norma per l'ipotesi di li
cenziamento ingiustificato. Venendo all'unico motivo circoscritto alla debenza della ci
Circa l'ormai acquisita autonomia e maggiore ampiezza della nozio
ne contrattuale di giustificatezza del licenziamento del dirigente ri
spetto a quella legale di giustificato motivo, e circa gli approdi giuris
prudenziali in ordine all'individuazione della nozione medesima, cfr., oltre ai numerosi precedenti richiamati in sentenza, Cass. 12 febbraio
2000, n. 1591, id., 2000, I, 752, con nota di richiami; 10 giugno 1999, n. 5709, id., Rep. 2000, voce Lavoro (rapporto), n. 1571.
Secondo Cass. 20 novembre 2000, n. 14974, ibid., n. 1531, poiché ai
fini della giustificatezza del licenziamento rileva qualsiasi motivo che
escluda l'arbitrarietà del licenziamento, la domanda avente ad oggetto l'accertamento della illegittimità del recesso per non giustificatezza del
licenziamento con condanna del datore di lavoro alla corresponsione dell'indennità supplementare è diversa da quella avente ad oggetto l'accertamento della illegittimità del licenziamento comminato in tron
co per giusta causa e la condanna al pagamento dell'indennità sostituti
va del preavviso; pertanto, accolta quest'ultima per insussistenza della
giusta causa, il relativo giudicato non preclude la proposizione della
prima. In dottrina, sul rapporto di lavoro dirigenziale, cfr., da ultimo, A.
Zoppoli, Dirigenza, contratto di lavoro e organizzazione, Napoli, 2000.
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PARTE PRIMA 1684
tata indennità supplementare, sul presupposto del difetto di giu stificazione del licenziamento impugnato, questo collegio non
ritiene di poter accogliere il ricorso.
Deve premettersi che il Tribunale di Treviso è pervenuto ad
un giudizio negativo all'esito di un accurato esame delle risul
tanze processuali, e facendo corretta applicazione dei principi
espressi in materia dalla dottrina nonché dalla giurisprudenza di
questa corte.
In particolare — ha rilevato il tribunale — la lettera di licen
ziamento del 10 luglio 1994 riferiva espressamente la risoluzio
ne del rapporto alla «soppressione dell'incarico» affidato dalla
s.r.l. Henry glass al Donadi, ivi precisandosi che «non essendosi
realizzate le prospettive di espansione auspicate, le ridotte di
mensioni aziendali non giustificano sufficientemente il mante
nimento di tale incarico».
Prosegue la sentenza, osservando che nel periodo in cui il
Donadi prestò la sua collaborazione la società ebbe un incre
mento del fatturato di oltre il trentaquattro per cento, molto infe
riore all'obiettivo prefigurato, con un aumento dei costi superio re al cinquanta per cento, nel primo semestre 1996. I dati conta
bili documentavano nello stesso periodo «una sostanziale iner
zia dell'andamento economico patrimoniale della Henry glass, laddove la lettura delle voci di bilancio non denota(va) alcun se
gnale, neppure di tendenza, di ampliamento, in termini quanti tativi e qualitativi dei risultati della gestione aziendale».
Considerate le ridotte dimensioni aziendali (che vide per la
prima volta, con l'assunzione del Donadi, la presenza di una fi
gura dirigenziale), nonché le motivazioni effettive dell'accordo
tra le parti — finalizzato ad utilizzare le spiccate professionalità
del ricorrente in una prospettiva di sviluppo organizzativo e
commerciale dell'azienda — il tribunale ha negato che il licen
ziamento in questione possa ritenersi pretestuoso, né ispirato a
intenti discriminatori o comunque contrario a criteri di corret
tezza o buona fede, escludendo, pertanto, ogni fondamento della
pretesa avanzata dal Donadi.
Col ricorso viene introdotto il tema del «licenziamento ingiu stificato» del dirigente, il quale, come noto, pur essendo sot
tratto ad entrambi i regimi della tutela obbligatoria (ex 1. 15 lu
glio 1966 n. 604) e reale (ex art. 18 1. 20 maggio 1970 n. 300) trova la sua regolamentazione nella contrattazione collettiva di
categoria. Nella fattispecie viene invocato l'art. 19 del c.c.n.l.
per i dirigenti di imprese industriali, che prevede, a carico del
l'azienda, il pagamento di una penale risarcitoria (la c.d. inden
nità supplementare di preavviso, che va da un minimo pari a due
mensilità oltre al preavviso, al massimo, pari a ventidue mensi
lità di retribuzione, in relazione all'anzianità aziendale e all'età del dirigente) ove il provvedimento sia sprovvisto del requisito della «giustificatezza».
Di tale requisito, la disposizione contrattuale appena citata non fornisce alcuna specificazione né attraverso una definizione
particolare né attraverso una casistica ancorché esemplificativa, e tuttavia — va subito detto per ìncidens —
questa corte ha già avuto occasione di ribadire la legittimità del ricorso da parte della contrattazione collettiva a clausole o concetti generali, su
perando l'obiezione di indeterminatezza o di indeterminabilità,
e, quindi, di nullità ex art. 1349 c.c. di tali clausole, sollevata da una parte anche della dottrina (Cass. 24 giugno 1998, n. 6268, Foro it., 1999, I, 1254; 9 dicembre 1986, n. 7295, id., Rep. 1987, voce Lavoro (rapporto), n. 773).
Il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità tende ad accentuare l'autonomia concettuale del requisito della
«giustificatezza» rispetto a quello di «giustificato motivo»
(Cass. 12 febbraio 2000, n. 1591, id., 2000, I, 752), nel senso che l'area del primo, di origine prettamente contrattuale, è più ampia di quella della seconda, tipizzata dall'art. 3 1. 15 luglio 1966 n. 604.
Cass. 6 aprile 1998, n. 3527, id., Rep. 1998, voce cit., n. 1490; 19 giugno 1999, n. 6169, id., Rep. 2000, voce cit., n. 1569; 1° luglio 1999, n. 6729, ibid., n. 1689, hanno ribadito l'avviso della non equiparabilità delle due nozioni, dal momento
che, dato il particolare modo di configurarsi del rapporto di la
voro dirigenziale e l'esclusione nel suo ambito di un licenzia mento qualificabile come disciplinare, ai fini della giustificatez za del licenziamento del dirigente, può rilevare qualsiasi motivo
purché giustificato, ossia costituente base di una decisione coe rente e sorretta da motivi apprezzabili sul piano del diritto, i
quali non richiedono l'analitica verifica di specifiche condizio
II Foro Italiano — 2002.
ai, ma una globale valutazione che escluda l'arbitrarietà del li
cenziamento.
Attraverso un'ulteriore puntualizzazione della nozione, si è
affermato che la «giustificatezza contrattuale» costituisce crite
rio di valutazione più ampio, dal quale sono esclusi solo l'ipote si di un licenziamento arbitrario o discriminatorio, nonché ogni
comportamento del dirigente che sia oggettivamente inidoneo
ad incidere irreversibilmente sul rapporto fiduciario che lo lega al datore di lavoro: la giustificatezza è dunque metro di valuta
zione più ampio di quello legale, proprio perché si misura sul
piano fiduciario (Cass. 6 ottobre 1998, n. 9896, id., 1999, I, 1254). Tuttavia, quale che sia l'ampiezza da attribuire a tale no
zione, non è possibile ritenere sufficiente qualsiasi motivazione
apparentemente non pretestuosa, poiché un criterio così stretto
finirebbe, in pratica, per legittimare la piena libertà di recesso
del datore di lavoro (Cass. 24 giugno 1998, n. 6268, cit.). Si è, pertanto, sostenuto che l'accertamento dell'ipotesi di li
cenziamento ingiustificato del dirigente, non può fondarsi uni
camente sui parametri valutativi impiegati per l'identificazione
del licenziamento per giustificato motivo, dovendo tenersi conto
di tutti gli elementi che nel caso concreto possono ritenersi ido
nei a privare di ogni giustificazione il recesso ad nutum del da
tore di lavoro, in relazione alla violazione del principio fonda
mentale di buona fede nell'esecuzione del contratto, configura bile quando detto recesso rappresenti l'attuazione di un com
portamento puramente pretestuoso, ai limiti della discrimina
zione, ovvero del tutto irrispettoso delle regole procedimentali che assicurano la correttezza nell'esercizio del diritto (Cass. 21
marzo 1998, n. 3000, ibid.; 4 gennaio 2000, n. 22, id., Rep. 2000, voce cit., n. 1563).
In ogni caso si tratta di valutazioni che comunque toccano la
ricostruzione della volontà delle parti e l'interpretazione della
disposizione contrattuale che prevede il canone della giustifica tezza del recesso.
Approfondendo ulteriormente le riflessioni della dottrina e le
indicazioni fornite dalla giurisprudenza anche di merito, fin qui sviluppatasi, può affermarsi che, trattandosi di un elemento di
esclusiva origine negoziale, l'ampiezza della nozione di giusti ficatezza del licenziamento dipende unicamente dalla volontà
delle parti contrattuali le quali, proprio in considerazione del ca
rattere fiduciario dell'incarico assegnato al dirigente, nonché
dell'ampiezza dei poteri conferitigli, ben potrebbero attribuire
rilievo decisivo, ai fini del mantenimento del rapporto, al rag
giungimento di determinati risultati minimi di produttività ovve
ro all'esito positivo di determinate operazioni finanziarie pro
prio in vista delle quali il dirigente sia stato assunto, o ancora, all'attuazione di un programma di riorganizzazione aziendale
finalizzata ad una più economica gestione dell'impresa o del
ramo di impresa affidato al dirigente. Che, del resto, tali risultati possano incidere sul corso del
rapporto sembra in via di principio, senz'altro sostenibile, spe cie per la particolare posizione assunta dal dirigente, rispetto
agli altri dipendenti, nell'organizzazione produttiva. Un aspetto dèi genere è significativamente presente nella nuova disciplina del rapporto dei pubblici dirigenti, in cui viene chiaramente pre
figurata una responsabilità del dirigente per risultati negativi su
scettibili di dar luogo — «su conforme parere di un comitato di
garanti» — all'esclusione temporanea dal conferimento di ulte
riori incarichi di livello dirigenziale corrispondente a quello re
vocato (art. 21 d.leg. 3 febbraio 1993 n. 29, ora art. 21 d.leg. 30
marzo 2001 n. 165). Ciò non vuole significare un accollo a carico del dirigente
—
che è pur sempre un dipendente — del «rischio di impresa»,
come tale inammissibile nel rapporto di lavoro subordinato:
l'insuccesso dell'operazione aziendale per il quale, nel caso
specifico, il dirigente sia stato assunto, sarebbe comunque a lui
addebitabile e idoneo a giustificare il recesso del datore di lavo
ro unicamente nei limiti delle competenze e dei poteri affidati
gli, e salva, quindi, la possibilità di un esonero di responsabilità dello stesso.
Nel caso in esame il tribunale, nell'indagare sulla reale vo
lontà delle parti in ordine all'instaurazione del rapporto, ha messo in evidenza che il Donadi, unico dirigente inserito nella
ridotta struttura aziendale (di piccole dimensioni) appartenente alla società intimata, era stato assunto proprio in vista del rag giungimento di certi risultati, per i quali si faceva affidamento sulla «spiccata professionalità» del ricorrente, e ciò ha indotto il
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
tribunale a giustificare del tutto coerente e ragionevole, oltre
che conforme a buona fede e correttezza — anche in mancanza di riscontri probatori contrari, non forniti dallo stesso ricorrente cui ne incombeva l'onere — l'adozione del provvedimento ri
solutorio in questione, e, conseguentemente, e negare il diritto del Donadi all'indennità supplementare invocata.
Il ricorso principale va, pertanto, respinto ed eguale sorte va
riservata al ricorso incidentale, pur potendo quest'ultimo consi
derarsi «assorbito» trattandosi di ricorso che la stessa parte qua lifica come «condizionato» all'accoglimento del principale.
In ogni caso, il ricorso incidentale è rivolto non alla sentenza
parziale del Tribunale di Treviso, oggetto del ricorso principale, ma a quella definitiva dello stesso tribunale avverso la quale si
sarebbe dovuto proporre un ricorso autonomo.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 29 marzo 2002, n. 4622; Pres. Calfapietra, Est. Elefante, P.M.
Iannelli (conci, parz. diff.); Soc. Cile - Compagnia italiana lavori edili (Avv. Vesci, Savanco, Grosso) c. Condominio via Tesio 19, Milano (Avv. Chiocci, Ruggiero), Soc. Cetra
Edilfimi (Avv. Are, Berarducci). Conferma App. Milano 3 luglio 1998.
Appalto — Vizi dell'opera — Responsabilità dell'appalta tore verso il compratore
— Fattispecie (Cod. civ., art.
1669).
Posta la natura extracontrattuale della responsabilità decen
nale da rovina e difetti di immobili, è valida ed efficace la de
nuncia di gravi vizi (o rovina) dell'edificio anche se effet tuata, entro l'anno dalla scoperta, dal compratore nei con
fronti dell'appaltatore, il quale sia stato successivamente
chiamato in causa dal costruttore-venditore-committente per essere manlevato di quanto dovuto al compratore a titolo di
risarcimento. (1)
(1) La sentenza in epigrafe, muovendo dal presupposto della natura extracontrattuale della responsabilità di cui all'art. 1669 c.c., afferma la validità della denuncia di vizi dell'opera effettuata, nel rispetto del ter mine di decadenza, dall'acquirente dell'immobile contestualmente nei confronti del venditore-costruttore e dell'appaltatore e, di conseguenza, nega la possibilità per l'appaltatore chiamato in garanzia di opporre l'i nefficacia della denuncia poiché non proveniente dal committente,
parte del contratto d'appalto. Nella giurisprudenza di legittimità affermano la natura extracontrat
tuale della responsabilità sancita dall'art. 1669 c.c., Cass. 11 agosto 2000, n. 10719, Foro it., Rep. 2000, voce Appalto, n. 71; 14 febbraio
2000, n. 1608, ibid., n. 56; 7 gennaio 2000, n. 81, ibid., n. 59, e, per esteso, Giur. it., 2000, 977, e Dir. ed economia assicuraz., 2000, 685; 7
aprile 1999, n. 3338, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 57, e, per esteso,
Resp. civ., 1999, 1054, con nota di U. Carnevali, Ancora sui rapporti tra l'art. 1669 c.c. e l'art. 2043 c.c., e Nuova giur. civ., 2000, I, 137, con nota di R. Barbanera, La responsabilità del costruttore per rovina e difetti di cose immobili nel quadro dei rapporti tra la disciplina spe ciale ex art. 1669 c.c. e la norma generale dell'art. 2043 c.c.; 27 ago sto 1997, n. 8109, Foro it., 1998,1, 134, con nota di A. Antezza. Per la
giurisprudenza di merito, nello stesso senso, cfr. Trib. Torino 27 aprile 1999, id., Rep. 2000, voce cit., n. 69, e, per esteso, Giur. merito, 2000, 843; Trib. Pescara 13 settembre 1999, Foro it., Rep. 2000, voce cit., n.
74, e, per esteso, P.Q.M., 1999, fase. 3, 19; App. Lecce-Taranto 10 giu
gno 1997, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 67, e, per esteso, Arch, civ., 1998, 1247; App. Venezia 24 dicembre 1996, Foro it., Rep. 1998, voce
cit., n. 56, e, per esteso, Foro pad., 1998,1, 50, con nota di M. Codemo. Più in particolare dalla natura extracontrattuale della responsabilità
prevista dall'art. 1669 c.c. deducono come corollario la possibilità di
ottenere tutela attraverso la relativa azione di risarcimento non solo per il committente e i suoi aventi causa nei confronti dell'appaltatore, ma
anche per l'acquirente nei confronti del costruttore-venditore, Cass. 12
maggio 2000, n. 6092, Foro it., Rep. 2000, voce cit., n. 64; 19 gennaio
Il Foro Italiano — 2002.
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione 6 aprile
1989, il condominio di via Tesio n. 19, in Milano (in seguito, solo condominio), convenne in giudizio davanti al tribunale di
quella città la costruttrice impresa Cetra Edilfimi s.p.a. (ora
s.r.l.) e, premesso che per vizi di costruzione l'edificio condo
miniale presentava gravi difetti, chiese dichiararsi detta società
responsabile ex art. 1669 c.c. e condannarsi la medesima al ri
sarcimento dei danni.
Costituitasi, la soc. Cetra Edilfimi sollevò, fra l'altro, diverse
eccezioni pregiudiziali, quali la propria carenza di legittimazio ne passiva ex art. 1669 c.c., essendo società costruttrice
venditrice dell'edificio i cui lavori erano stati eseguiti dall'im presa appaltatrice soc. Cile s.p.a., nonché l'intervenuta prescri zione dell'azione proposta dal condominio. Chiese ed ottenne di
chiamare in causa detta soc. Cile, nei cui confronti propose (con atto notificato il 7 giugno 1989) domanda di garanzia.
Pure la soc. Cile, costituitasi, dedusse le eccezioni pregiudi ziali e preliminari sollevate dalla soc. Cetra Edilfimi; chiese re spingersi comunque la domanda di garanzia.
Nel giudizio spiegarono intervento volontario adesivo a favo
re del condominio i condomini Sandro Bessegato e Anna Maria
Porati.
Istruita la causa, anche mediante c.t.u., il tribunale condannò
in solido la soc. Cetra Edilfimi e la soc. Cile al pagamento in
favore del condominio della somma di lire 220.850.000, oltre
interessi legali e rivalutazione monetaria, che liquidò global
1999, n. 456, id., Rep. 1999, voce cit., n. 59; 5 ottobre 1998, n. 9853, id., Rep. 1998, voce cit., n. 67; 27 agosto 1994, n. 7550, id., Rep. 1995, voce cit., n. 62, e, per esteso, Giur. it., 1995, I, 1, 375, e Arch, civ., 1995, 506.
In ordine al problema dell'individuazione del momento in cui co mincia a decorrere il termine annuale di decadenza per la denuncia dei
vizi, disposto dall'art. 1669 c.c., in materia di appalto, sostengono (con formemente alla pronuncia in rassegna) che esso decorra soltanto dal
giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di cono scenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione cau sale dall'imperfetta esecuzione dell'opera, Cass. 6 luglio 2001, n. 9199, Foro it., Mass., 788; 12 maggio 2000, n. 6092, cit.; 7 gennaio 2000, n.
81, cit.; 17 dicembre 1999, n. 14218, id., Rep. 1999, voce cit., n. 62; 15
aprile 1999, n. 3756, ibid., n. 64; 9 marzo 1999, n. 1993, ibid., n. 49; 6 febbraio 1999, n. 1052, ibid., n. 65; 18 novembre 1998, n. 11613, id.,
Rep. 2000, voce cit., n. 66, e, per esteso, Appalti urbanistica edilizia, 2000, 41; 29 maggio 1998, n. 5311, Foro it., 1999,1, 2649, cui si rinvia
per il panorama di giurisprudenza anteriore conforme. In via di principio la pronuncia in epigrafe afferma, altresì, la possi
bilità che la responsabilità del venditore-costruttore e quella dell'ap paltatore ex art. 1669 c.c. nei confronti del compratore coesistano e
concorrano, sì che sarebbe configurabile una loro responsabilità soli dale quando il fatto dannoso (gravi difetti o rovina dell'edificio) sia
imputabile ad entrambi, per avere le rispettive azioni od omissioni con corso al verificarsi dell'evento (cfr., in tal senso, Cass. 5 febbraio 2000, n. 1290, id., Rep. 2000, voce Impugnazioni civili, n. 49; 28 gennaio 2000, n. 972, ibid., voce Responsabilità civile, n. 359; 23 settembre
1996, n. 8395, id., 1997,1, 1217). Sennonché, nel caso di specie è stata esclusa la responsabilità solidale del venditore-costruttore progettista e
dell'appaltatore sulla base della considerazione che, se pur quest'ulti mo aveva segnalato al committente la presenza di gravi errori di pro getto, in mancanza di autorizzazione alle varianti non avrebbe dovuto
eseguire le opere viziate proprio a causa degli accertati errori proget tuali. In senso conforme, in ordine all'esclusiva responsabilità dell'ap paltatore che accetti di eseguire l'opera nonostante la rilevazione di er rori di progettazione, v. Cass. 25 agosto 1997, n. 7992, id., Rep. 1999, voce Appalto, n. 44, e, per esteso, Foro pad., 1999, I, 5, con nota di L.
Folchi, Orientamenti in tema di responsabilità del progettista', Coli, arb. Bologna 28 maggio 1997, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 61, e,
per esteso, Riv. arbitrato, 1998, 781, con nota di D. Carusi, Responsa bilità dell'appaltatore per gravi difetti delle cose immobili, errori di
progettazione, obbligo di cooperazione del direttore dei lavori.
Sulle problematiche evocate dalla sentenza, cfr., in dottrina, V. Pe
scatore, Doveri contrattuali e responsabilità aquiliana dell'appaltato re, in Riv. dir. civ., 2000, II, 179; R. Barbanera, La responsabilità del
costruttore per rovina e difetti di cose immobili nel quadro dei rapporti tra la disciplina speciale ex art. 1669 c.c. e la norma generale dell'art.
2043 c.c., cit.; U. Carnevali, Ancora sui rapporti tra l'art. 1669 c.c. e
l'art. 2043 c.c., cit.; M. Luzza, Specialità dell'illecito: rovina di scal
dabagno e responsabilità dell'appaltatore ex art. 1669 c.c., in Resp. civ., 1998, 742; U. Carnevali, Responsabilità ex art. 1669 c.c. e pre sunta legittimazione passiva del fornitore di materiali edilizi difettosi, ibid., 192; M. De Tilla, Sulla responsabilità dell'appaltatore e del
progettista in relazione alla natura e alla consistenza del suolo, in Giust. civ., 1997,1, 1015.
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