sezioni unite civili; sentenza 24 aprile 2002, n. 6034; Pres. Carbone, Est. Proto, P.M. Iannelli(concl. conf.); Comune di Brienza (Avv. Bellini) c. Soc. Impresa Giuseffi costruzioni (Avv.Marcone). Conferma App. Potenza 25 novembre 1999Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 9 (SETTEMBRE 2002), pp. 2389/2390-2393/2394Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197790 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
vute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, purché regolarmente documentate, in
quanto l'Ina ha agito quale imprenditore e sostiene in proprio,
per effetto dei contratti di somministrazione e dei servizi, le
spese dei servizi comuni, delle quali percepisce il rimborso da
parte dei conduttori; si assume, quindi, che l'Ina ha sostenuto le
spese relative agli oneri accessori in nome proprio, ma per conto
del conduttore e, conseguentemente, trattandosi di prestazioni accessorie imponibili, l'Iva è dovuta ed il conduttore è tenuto al
rimborso dei relativi importi. Effettivamente il quesito che sorge dalla normativa di riferi
mento rispetto al caso in oggetto è quello di stabilire se, nel pe riodo intercorso tra l'entrata in vigore del d.l. 69/89 (che all'art.
35 bis ha escluso dall'esenzione dell'Iva le locazioni d'immo
bili c.d. strumentali per le imprese) e l'entrata in vigore del d.l.
n. 331 del 1993 (che all 'art. 67 ha inserito il 4° comma dell'art. 9
della legge sull'equo canone, che prevede appunto l'imposizio ne dell'Iva agli oneri accessori delle locazioni) il rimborso degli oneri accessori delle locazioni costituisce anch'esso materia im
ponibile, con conseguente obbligo del locatore che ha il requi sito di soggetto d'imposta, come nel caso dell'Ina s.p.a., di fat
turare con Iva i relativi importi e il conseguente obbligo di eser
citare la rivalsa sul committente ai sensi dell'art. 10 d.p.r. 633/72 e sue successive modificazioni.
Al quesito deve essere data negativa risposta. È noto, infatti,
che, prima dell'entrata in vigore della nuova legge sull'equo canone (la 1. 392/78), vigeva il principio che tutti gli oneri ac cessori, comprese le spese di riscaldamento, concorrevano a
determinare la base imponibile per l'applicazione dell'Iva.
L'art. 9 della nuova legge sull'equo canone, nella sua origi naria formulazione, introdusse, invece, il principio che, salvo
patto contrario, più favorevole al conduttore, le spese accessorie
dovevano essere corrisposte dall'inquilino. Tale esplicita disposizione mette in evidenza che l'obbligo di
corrispondere le spese accessorie non derivava più da una libera
contrattazione fra le parti, bensì costituiva un'obbligazione po sta direttamente dalla legge a carico dell'inquilino e, conse
guentemente, che le spese per gli oneri accessori sostenute dal
locatore, in presenza dello specifico dato normativo, non pote vano essere considerate quale componente della base imponibile in Iva, in quanto costituivano un'obbligazione personale del
l'inquilino e non del locatore.
Orbene, la disciplina del pagamento degli oneri accessori
della locazione non risulta che abbia subito modificazione di
sorta prima dell'introduzione del 4° comma dell'art. 9 della
legge sull'equo canone,, avvenuta con l'art. 67 d.l. 331/93.
Ed infatti, l'art. 35 bis d.l. 68/89, nell'assoggettare alla stessa
imposta le locazioni di immobili c.d. «strumentali» delle impre se, non altera il regime giuridico degli oneri accessori delle me
desime locazioni, le quali continuano a costituire un'obbliga zione personale dell'inquilino imposta direttamente dalla legge.
E solo con l'introduzione del 4° comma dell'art. 9 1. 392/78
che, agli effetti fiscali, il regime giuridico delle locazioni viene esteso ai corrispettivi per gli oneri accessori. L'esegesi della
norma non lascia dubbi sul significato delle parole usate dal le
gislatore: i corrispettivi per gli oneri accessori continuano ad es sere un'obbligazione personale del conduttore; tuttavia, costi
tuiscono anch'essi materia imponibile, con conseguente obbligo
per il locatore che abbia il requisito di soggetto d'imposta, come
nel caso di specie l'Ina s.p.a., di fatturare con Iva i relativi im
porti e di esercitare la rivalsa sul committente ai sensi dell'art.
18 d.p.r. 633/72 e successive modificazioni.
Per le ragioni suesposte devesi, quindi, concludere che l'in
troduzione del 4° comma dell'art. 9 1. 392/78 attribuisce effetto
novativo in ambito tributario al regime degli oneri accessori.
La novità e la particolarità della questione trattata giustificano la compensazione delle spese del giudizio di appello.
In conclusione, vanno rigettati sia il ricorso principale che
quello incidentale.
Il Foro Italiano — 2002.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 24 aprile 2002, n. 6034; Pres. Carbone, Est. Proto, P.M. Ian
nelli (conci, conf.); Comune di Brienza (Avv. Bellini) c.
Soc. Impresa Giuseffi costruzioni (Avv. Marcone). Conferma
App. Potenza 25 novembre 1999.
Arbitrato e compromesso — Arbitrato rituale — Lodo —
Giudizio d'impugnazione — Cassazione — Ricorso ordi
nario — Questione di giurisdizione — Inammissibilità — Esclusione — Estremi (Cod. proc. civ., art. 37, 41, 360, 828,
829). Opere pubbliche
— Appalto
— Revisione prezzi — Ricono
scimento — Direttore dei lavori — Domanda di attribu
zione — Giurisdizione amministrativa (D.leg.c.p.s. 6 di
cembre 1947 n. 1501, nuove disposizioni per la revisione dei
prezzi contrattuali degli appalti di opere pubbliche, art. 1; 1.
22 febbraio 1973 n. 37, proroga dell'art. 2 1. 19 febbraio 1970
n. 76, norme per la revisione dei prezzi degli appalti di opere
pubbliche, art. 2; 1. 11 febbraio 1994 n. 109, legge quadro in
materia di lavori pubblici, art. 26).
La questione (dell'inesistenza) della carenza di giurisdizione
degli arbitri rituali, per la dedotta deferibilità della contro
versia, ad essi devoluta, alla cognizione del giudice ammini
strativo, sollevata con motivo di ricorso ordinario per cassa
zione avverso la sentenza dichiarativa della nullità del lodo
per l'affermata esistenza dell'anzidetta carenza, non può es
sere dichiarata inammissibile ma deve essere esaminata e de
cisa. ( 1 )
(1) Le sezioni unite ribadiscono, anche nella formulazione letterale, le enunciazioni della richiamata sent. 6 febbraio 2002, n. 1556, Foro it., 2002, 1, 1736, con richiami e osservazioni (favorevoli sul punto) di F.
Fracchia, e della coeva 6 febbraio 2002, n. 1558, ibid., 925, con osser vazioni critiche di C.M. Barone. Analoga impostazione è stata seguita anche da Cass. 10 dicembre 2001, n. 15608, ibid., 1738 (anch'essa fa vorevolmente commentata da F. Fracchia), la quale ha cercato di dare una giustificazione più articolata della soluzione propugnata, eviden ziando che «la corte d'appello diviene giudice della propria giurisdi zione in relazione all'eventuale passaggio alla fase rescissoria del giu dizio d'impugnazione. La decisione positiva»
— ad avviso di sez. un. n. 15608 del 2001 —
«postula invero l'affermazione della compromet tibilità della controversia, per non essere questa riservata alla giurisdi zione esclusiva o di legittimità del giudice amministrativo, e quindi del la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario sulla lite. Qualo ra, invece» — sempre ad avviso di sez. un. n. 15608 del 2001 — «ven
ga affermata dalla corte d'appello la non compromettibilità della con troversia perché riservata al giudice amministrativo, dovrà dichiararsi la nullità del compromesso o della clausola compromissoria e del lodo, e quindi Pimproponibilità della domanda e la conseguente impossibilità per la corte d'appello, in quanto giudice ordinario, di passare alla fase rescissoria del giudizio d'impugnazione per nullità».
Senonché, tanto gli or riprodotti rilievi quanto le considerazioni svolte da F. Fracchia a sostegno della dichiarata condivisione dell'in dirizzo ora ribadito dalla corte, non eliminano ma rafforzano le perples sità già manifestate da chi scrive in nota a sez. un. n. 1558 del 2002.
Se, infatti, la questione della deferibilità agli arbitri di controversia devoluta alla cognizione del giudice amministrativo, costituisce, anche
per la ridetta Cass. n. 15608 del 2001 «una questione di merito, in
quanto inerente alla validità del compromesso o della clausola com
promissoria», la soluzione di siffatta questione non può che essere man
tenuta, pure sotto il profilo definitorio, sul piano della dichiarazione (di validità/invalidità del compromesso e/o della clausola compromissoria e quindi su quello) della operatività/nullità del lodo, con conseguente esclusione di (ogni prospettiva di) utile invocabilità della (carenza di) giurisdizione e delle sue implicazioni (da ultimo, sul punto, sez. un. 25
giugno 2002, n. 9281, in questo fascicolo, I, 2299, con nota redaziona
le). Né il richiamo all'una e/o alle altre appare pertinentemente prospet
tabile con riferimento al passaggio dalla fase rescindente a quella re scissoria del giudizio d'impugnazione del lodo arbitrale.
Ferma restando, infatti, per le controversie soggette al vigente art. 830 c.p.c. l'applicabilità delle puntuali previsioni contenute nei suoi
primi due commi (riguardanti, ex professo, anche la decisione sul me rito della causa da parte della corte d'appello investita dall'impugna zione per nullità), mette conto ricordare (in relazione ai giudizi impu gnatori disciplinati dall'art. 830 c.p.c., anche nel testo non ancora mo dificato dalla 1. n. 25 del 1994), che il Supremo collegio (da ultimo, sez. I 30 gennaio 2002, n. 1230, est. Salmè, id., 2002, 1, 1755, con nota di richiami, e 9 aprile 2002, n. 5062, ibid., 2208, con ulteriori indica
zioni) ha da tempo chiarito che «l'impugnazione del lodo arbitrale ten
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PARTE PRIMA 2392
La cognizione della domanda di attribuzione della revisione
prezzi, proposta contro l'amministrazione committente dal
l'appaltatore di opere pubbliche, sulla base del riconosci
mento del diritto al compenso revisionale asseritamente ope rato dal direttore dei lavori, rientra nella giurisdizione del
giudice amministrativo. (2)
Svolgimento del processo. — Con atto notificato al comune di
Brienza in data 4 giugno 1996 l'impresa Giuseffi costruzioni
s.a.s. di Giuseffi Pio, Mario Gennaro & C. propose domanda di
arbitrato sul presupposto che i lavori di cui al contratto di ap
palto stipulato inter partes il 10 agosto 1992 avevano subito tre
sospensioni per complessivi giorni duecentosettantanove, e che
la stessa impresa aveva iscritto apposite riserve in relazione sia
alle sospensioni che ai lavori predetti, con la richiesta di con
danna del comune al pagamento delle somme specificate in do
dici quesiti. Il collegio arbitrale accolse pressoché tutte le domande del
l'appaltatore con lodo in data 5 novembre 1997.
Il comune impugnò la decisione davanti alla Corte d'appello di Potenza denunciandone la nullità sotto vari profili e segnata mente, col decimo motivo, per difetto di giurisdizione in ordine
all'accoglimento della domanda di revisione dei prezzi, soste
nendo che il collegio arbitrale aveva riconosciuto all'impresa il
diritto in esame sul solo presupposto del suo riconoscimento da
parte del direttore dei lavori.
L'impresa si costituì, concludendo in via principale e rescin
dente per il rigetto dell'avversa impugnazione e per l'accogli mento dell'impugnazione incidentale da essa proposta.
Il giudice adito, con sentenza in data 25 novembre 1999, di
chiarò la nullità parziale del lodo impugnato per difetto di giu risdizione relativamente alla richiesta di condanna al pagamento del compenso revisionale e dei relativi interessi, e rigettò nel re
sto l'impugnazione principale, ed integralmente quella inciden
tale
La corte — premesso che l'oggetto della lite componibile in
arbitrato nell'appalto di opere pubbliche è costituito dai diritti e
de ad instaurare un procedimento nel quale si vuole ottenere, attraverso un provvedimento intermedio e strumentale di dichiarazione di nullità del lodo stesso, il riesame del merito», di talché il giudizio rescissorio,
conseguente all'emanazione dell'or ricordata dichiarazione, non è
(neppure) subordinato alla proposizione di specifica domanda volta ad ottenere la pronuncia di merito, essendo siffatta domanda implicita mente contenuta nell'impugnazione per nullità ed è eliminabile solo per le controversie non compromettibili ex art. 806 e 808 c.p.c.
Così stando le cose, la valutazione delle previsioni normative e del l'orientamento giurisprudenziale dianzi ricordati, pretermessa, purtrop po, tanto dalla riportata sentenza quanto dalle altre ad essa conformi, avrebbe, verosimilmente, confermato, anche sotto il riflesso del rispetto degli alquanto fumosi «principi in ordine alla diversa rilevazione della deferibilità ad arbitri nelle varie fasi del giudizio di merito», la validità della tesi della difficoltà, per non dire dell'impossibilità, di richiamarsi
comunque in subiecta materia alla (carenza di) giurisdizione e alle sue
implicazioni, consentendo quindi di definire anche la questione rias sunta in massima nell'ambito del diverso e più congruo contesto del
l'applicazione delle ricordate previsioni dell'art. 830 c.p.c. e delle menzionate ma ignorate enunciazioni della Corte di cassazione.
(2) Considerata in sé, indipendentemente, cioè, da collegamenti con la questione dell'operatività di compromessi e/o di clausole compro missorie, l'affermazione riassunta in massima si allinea al consolidato orientamento giurisprudenziale (ribadito, assai, di recente, con specifi co riguardo alla disciplina normativa della regione siciliana, da sez. un. 19 aprile 2002, n. 5731, Foro it., Mass., 420) secondo il quale in mate ria di revisione dei prezzi di appalto di opere pubbliche, la posizione dell'appaltatore, avente normalmente consistenza di interesse legittimo, assume natura di diritto soggettivo quando l'ente appaltante abbia eser citato in senso positivo, consumandone la discrezionalità, il proprio potere di accordare la revisione, cosicché la controversia relativa alla concreta determinazione del quantum revisionale o ai criteri e parametri di liquidazione appartiene alla cognizione del giudice ordinario (fra le tante, sez. un. 14 dicembre 1999, n. 897/SU, id., 2000,1, 3255, con nota di richiami).
Per quanto riguarda, poi, la posizione e le funzioni del direttore dei lavori negli appalti di opere pubbliche, in aggiunta ai precedenti ri chiamati nella motivazione della riportata sentenza e in conformità agli stessi, cfr., in dottrina, Cianflone-Giovannìni, L'appalto di opere pub bliche, Milano, 1999, 577 ss., spec. 583; più di recente, Bertoiesi, L 'esecuzione del contratto, in L 'appalto di opere pubbliche a cura di R. Villata, Padova, 2001, 626. [C.M. Barone]
li. Foro Italiano — 2002.
dalle obbligazioni contrattuali e non anche da interessi legittimi — osservò:
— che la direzione dei lavori dava luogo ad un organo indi
retto della pubblica amministrazione, privo della discrezionalità
amministrativa che risale all'ente pubblico e che è espressa da
gli organi deliberativi, onde esso non potrebbe provvedere al ri
conoscimento del compenso revisionale in favore dell'appalta tore e impegnare in tal modo la stazione appaltante;
— che non poteva neppure parlarsi di revisione oggetto di
pattuizione contrattuale, in quanto la specifica realtà negoziale escludeva siffatta ipotesi, e dovendo comunque tale pattuizione essere pur sempre anteriore al divieto introdotto dall'art. 2 1. n.
37 del 1973, risultando altrimenti la stessa, siccome derogatrice al disposto di legge, affetta da nullità.
Avverso questa sentenza, notificata il 13 gennaio 2000, il
comune di Brienza ha proposto ricorso per cassazione in base a
sei motivi con atto notificato il 25 febbraio 2000. Ha resistito
con controricorso l'impresa Giuseffi costruzioni s.a.s. di Giusef
fì Pio, Mario Gennaro & C., che, con atto notificato il 5 aprile
2000, ha anche proposto ricorso incidentale in base a due moti
vi, col primo dei quali propone la questione di giurisdizione. Le
parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione. — (Omissis). 3. - Le sezioni unite, in
applicazione dell'art. 142 disp. att. c.p.c., limitano il proprio esame alla questione di giurisdizione sollevata col primo moti
vo del ricorso incidentale.
4. - Con questo motivo l'impresa Giuseffi costruzioni s.a.s. di
Giuseffi Pio, Mario Gennaro & C. denuncia la violazione del
l'art. 360, nn. 1, 3 e 5, c.p.c., in relazione al disposto dell'art.
829, 1° comma, n. 4, c.p.c., dell'art. 33 1. n. 41 del 1986, del
l'art. 2 1. n. 37 del 1973, dell'art. 1 del decreto n. 1501 del 1947, nonché dei principi in materia di revisione dei prezzi. La ricor
rente — premesso che la corte d'appello non avrebbe dovuto
esaminare la questione sottopostale dal comune, e avendolo
fatto avrebbe violato le regole in materia d'impugnazione del
lodo — deduce che erroneamente la sentenza impugnata ha rite
nuto che la questione relativa alla revisione prezzi investisse
Van della revisione anziché il quantum, essendo già sorto in ca
po all'appaltatore il diritto alla revisione, riconosciuto nella re
lazione di accompagnamento allo stato finale dalla direzione la
vori, organo indiretto della pubblica amministrazione, in grado di impegnare questa all'esterno; sicché non sussisterebbe il di
fetto di giurisdizione del giudice ordinario affermato dalla sen
tenza impugnata. Deduce, infine, che, essendo stabilito all'art.
10 del contratto stipulato dalle parti il rinvio, per tutto quanto in
esso non previsto, alle norme vigenti, tale pattuizione, compor tando il sorgere di una situazione giuridica di diritto soggettivo, determinerebbe la competenza del giudice ordinario a decidere
sulla revisione dei prezzi. 4.1. - Il motivo è infondato.
4.2. - Occorre, anzitutto, rilevare che correttamente la corte
d'appello si è pronunciata sulla contestazione del comune rela
tiva alla legittimazione degli arbitri a conoscere il punto della
controversia attinente alla revisione dei prezzi per essere la stes
sa devoluta al giudice amministrativo, in quanto, risolvendosi
tale contestazione in un'eccezione di nullità del compromesso o
della clausola compromissoria per la non deferibilità ad arbitri
del punto controverso (art. 829, 1° comma, n. 1, in relazione
agli art. 806-808 c.p.c.) la corte di merito, quale giudice del
l'impugnazione per nullità del lodo (art. 830 c.p.c.), era tenuta a
verificare se fosse possibile passare dal giudizio rescindente a
quello rescissorio, ossia se il punto della controversia rientrasse
nella competenza giurisdizionale del giudice adito (cfr. Cass. 5
novembre 2001, n. 13623, Foro it., Rep. 2001, voce Opere pub bliche, n. 757, e 1° dicembre 2000, n. 1240/SU, id., Rep. 2000, voce Arbitrato, n. 220).
Nessun dubbio, poi, sull'ammissibilità della questione di giu risdizione proposta in questa sede, poiché queste sezioni unite, con la sent. 6 febbraio 2002, n. 1556 (id., 2002, I, 1736), hanno già precisato che l'espressione «motivi attinenti alla giurisdi zione» (art. 360, n. 1, c.p.c.), richiamata dall'art. 374 c.p.c.,
comprende anche l'ipotesi in cui il problema del riparto di giu risdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo sorga in funzione dell'accertamento della compromettibilità ad arbitri,
e, quindi, della validità del compromesso o della clausola com
promissoria. 4.3. - Si deve, dunque, stabilire se sia corretto il decisum della
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
sentenza impugnata, che ha qualificato come interesse legittimo
(e non come diritto soggettivo) la posizione del ricorrente.
Come questa corte ha ripetutamente affermato, la situazione
soggettiva di interesse alla revisione del prezzo nell'appalto di
opere pubbliche, in quanto correlata alla facoltà riconosciuta al
l'amministrazione appaltante dalla legge (art. 1 d.leg.c.p.s. 6 di
cembre 1947 n. 1501 e art. 2 1. 22 febbraio 1973 n. 37; sino al
l'entrata in vigore del d.I. 11 luglio 1992 n. 333, convertito, con
modificazioni, nella 1. 8 agosto 1992 n. 359, che ha soppresso tale facoltà, sostituita dal meccanismo previsto dall'art. 26, 4°
comma, 1. 11 febbraio 1994 n. 109), ha natura di interesse legit timo tutelabile davanti al giudice amministrativo. E può acqui stare la consistenza del diritto soggettivo quando l'amministra
zione riconosca che all'appaltatore spetti la revisione dei prezzi contrattuali e, perciò, un compenso ulteriore (tra le più recenti, Cass. 8 agosto 2001, n. 10962, id., Rep. 2001, voce Opere pub bliche, n. 711, e 21 luglio 2000, n. 512/SU, id., Rep. 2000, voce cit., n. 805). Fino all'entrata in vigore della 1. n. 37 del 1973, che ha vietato deroghe alla disciplina legale, il riconoscimento
poteva essere esplicito, per effetto di un'apposita clausola con
trattuale, e può derivare dal positivo esercizio del potere ricono
sciuto alla pubblica amministrazione. L'avvenuto esercizio di
tale potere può essere dedotto anche dal compimento di atti
che lo presuppongono (Cass., sez. un., 1° dicembre 2000, n.
1240/SU, cit.). In ogni caso, il riconoscimento, per essere valido
ed efficace, deve provenire dall'organo deliberativo competente ad esprimere la volontà dell'ente (Cass. 20 giugno 2000, n.
454/SU, ibid., nn. 804, 837; 15 luglio 1999, n. 400/SU, id., Rep. 1999, voce cit., n. 736; 6 maggio 1994, n. 4388, id., Rep. 1994, voce cit., n. 436). Nella fattispecie il riconoscimento, secondo la
ricorrente, dovrebbe desumersi dalla relazione di accompagna mento allo stato finale del direttore dei lavori, e dall'art. 10 del
contratto stipulato dalle parti, contenente il rinvio alle norme
vigenti in materia di opere pubbliche e alle altre disposizioni di legge in vigore, per tutto quanto non previsto nel contratto stes
so.
4.4. - Il primo argomento non ha pregio, perché, come ha
puntualmente osservato la sentenza impugnata, da un lato, la
volontà della pubblica amministrazione che emanando il prov vedimento concessorio apprezza il pubblico interesse che lo
giustifica non è espressa dal direttore dei lavori, che ha poteri
dispositivi al fine di assicurare la rispondenza dell'opera al pro
getto, al contratto e alle regole dell'arte e provvede alla compi lazione della contabilità dei lavori e agli atti ad essa relativi, ma
è privo della discrezionalità amministrativa propria degli organi deliberativi, limitandosi a fornire alla stazione appaltante il sup
porto tecnico per la verifica della variazione dei prezzi. E non
può, pertanto, essere considerato organo dell'amministrazione
legittimato a manifestarne la volontà negoziale (cfr. Cass. 28
maggio 2001, n. 7242, id., Rep. 2001, voce Appalto, n. 40; 1°
marzo 1995, n. 2333, id., Rep. 1995, voce cit., n. 24; 16 gennaio
1987, n. 292, id., Rep. 1987, voce cit., n. 73). Dall'altro, nei comportamenti concludenti non possono essere compresi gli atti
interni e preparatori della pubblica amministrazione (anche se
eventualmente finalizzati ad un eventuale riconoscimento della
revisione), che, già per questa loro natura, non possono essere
ritenuti espressione della volontà dell'ente pubblico di accorda
re la revisione (cfr. Cass. 2 giugno 1992, n. 6666, id., Rep. 1992, voce Opere pubbliche, n. 647).
4.5. - Quanto, poi, al secondo argomento, per rilevarne l'in
consistenza è sufficiente osservare che (come il tenore della
clausola pone in luce e la sentenza impugnata esattamente rile
va) una clausola contrattuale contenente un mero rinvio alle
norme vigenti, non configura alcuna obbligazione contrattuale
in deroga alla regolamentazione legale, e, pertanto, non deter
mina un'autonoma e specifica obbligazione alla revisione da
parte della pubblica amministrazione, diversa da quella che già discende dalla legge; con la conseguenza che essa è inidonea a
far sorgere nell'appaltatore il diritto soggettivo alla revisione
del prezzo, tutelabile davanti al giudice ordinario (cfr. Cass. 7
aprile 1994, n. 3272, id., 1994,1, 2403). (Omissis)
li. Foro Italiano — 2002.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 10
aprile 2002, n. 5125; Pres. Baldassarre, Est. Preden, P.M.
Palmieri (conci, conf.); Repubblica italiana c. Gronchi (Avv. Cannizzaro Pulidori). Conferma App. Firenze 14 ottobre
1997 e rimette gli atti a sezione semplice.
Giurisdizione civile — Tardivo recepimento di direttive co
munitarie — Azione nei confronti dello Stato — Ordina
mento previgente — Giurisdizione ordinaria (Cod. civ.,
art. 2943; cod. proc. civ., art. 37; d.leg. 31 marzo 1998 n. 80, nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell'art. 11, 4° comma, 1. 15 marzo
1997 n. 59, art. 33, 34, 35, 45; 1. 21 luglio 2000 n. 205, dispo sizioni in materia di giustizia amministrativa, art. 7).
Cassazione civile — Ricorso per motivi di giurisdizione e per altri motivi — Sentenza di rigetto delle sezioni unite —
Trasmissione al primo presidente (Cod. proc. civ., art. 374;
disp. att. cod. proc. civ., art. 142).
Nel sistema di riparto della giurisdizione anteriore alle innova
zioni apportate dal d.leg. 31 marzo 1998 n. 80, e successive
modificazioni, l'azione di responsabilità nei confronti dello
Stato per tardivo riconoscimento dì direttive comunitarie
rientra nella giurisdizione del giudice ordinario. (1)
Qualora il ricorso per cassazione contenga motivi attinenti alla
giurisdizione e altri motivi, le sezioni unite, se rigettano il
motivo relativo alla giurisdizione, trasmettono gli atti al pri mo presidente affinché provveda ali 'assegnazione del ricorso
ad una sezione semplice per l'esame degli ulteriori motivi e
la pronuncia sulle spese. (2)
(1-2) Sul difetto di giurisdizione dell'a.g.o. nei confronti della pub blica amministrazione, v., da ultimo, Cass. 27 luglio 1998, n. 7339, Fo ro it., 1999, I, 2001, con nota di Cipriani, Sul difetto di giurisdizione nei confronti della pubblica amministrazione.
Sull'art. 142 disp. att. c.p.c., v. Cass. 11 dicembre 1990, n. 11795, id., 1991, 1, 53, con annotazione critica di C.M. Barone; 6 luglio 1991, n. 7475, id., Rep. 1991, voce Giurisdizione civile, n. 197; 9 marzo
1993, n. 2801, id.. Rep. 1993, voce cit., n. 132. Nel senso che le sezioni
unite, quando sono investite della questione di giurisdizione ex art. 142
disp. att. c.p.c., debbano giudicare anche sulle questioni preliminari alla
giurisdizione, Cass. 12 dicembre 2001, n. 15712, id., Rep. 2001, voce Cassazione civile, n. 319. Nel senso che il passaggio dalle sezioni unite alla sezione semplice avvenga per effetto di un'ordinanza di rimessione delle prime alle seconde, e senza bisogno di una riassunzione, Cass. 2 marzo 2001, n. 3077, ibid., n. 320. Nel senso che l'art. 142 disp. att.
c.p.c. sia norma eccezionale che si spiega con la competenza esclusiva delle sezioni unite civili su talune materie e non possa perciò essere ap plicata nel processo penale, Cass. 21 giugno 2000, Primavera, id.,
2001, II, 263, con nota di richiami.
* * *
Sui ricorsi per cassazione decisi con due sentenze.
Sommario:
1. Premessa: l'art. 142 disp. att. c.p.c. 2. Alle origini della competenza esclusiva delle sezioni unite sulla giu
risdizione: la 1. n. 3761 del 1877 e il sistema dei due ricorsi a due
diverse Cassazioni per impugnare la stessa sentenza. 3. La riforma Mortara del 1919 e le due sentenze per decidere lo stesso
ricorso. 4. La riforma de! 1940 e la controriforma del 1941.
5. La lunga disapplicazione dell'art. 142 disp. att. c.p.c. e la sua rivi
talizzazione negli anni ottanta. 6. Vantaggi e svantaggi del sistema delle due sentenze. Dubbi di legit
timità. 1. La competenza esclusiva delle sezioni unite sui ricorsi ordinari per
motivi attinenti alla giurisdizione. Dubbi di legittimità. 8. Conclusioni.
1. - Con questa sentenza le sezioni unite, dopo aver rigettato l'ecce
zione di difetto di giurisdizione sollevata dal ricorrente col primo dei
tre motivi di ricorso, hanno trasmesso gli atti al primo presidente affin
ché provveda all'assegnazione del ricorso ad una delle sezioni semplici
per l'esame degli altri due motivi e per la pronuncia sulle spese.
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