Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
PROGETTO OPERATIVO AMBIENTE
ENERGIA DA CONVERSIONE DI BIOMASSE
Linee Guida
PON ATAS 2000-2006 Programma Operativo Nazionale di Assistenza Tecnica e
Azioni di Sistema
sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili all’interno delle aree naturali
protette delle zone ad Obiettivo 1
Le “linee guida” sono supportate da tre diversi formati: • un documento di inquadramento generale del tema • un testo di manualistica d’utilizzo corrente • un cd-rom navigabile dagli utenti contenente tutti gli allegati tecnici utili
per l’approfondimento una brochure informativa sintetica sarà presente sul sito: http://www.minambiente.it/Sito/settori_azione/scn/Home_scn.asp di:
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio Dipartimento per l'Assetto dei Valori Ambientali
Direzione per la Conservazione della Natura
coordinamento generale
supervisione ai gruppi di lavoro:
Fabrizio Gallante
coordinamento scientifico: Anita Tournour Viron
Guido Viale Margherita Quaglia (Corintea)
Sabino Galante (Corintea)
coordinamento tecnico: Massimo Chionetti
Roma - giugno 2003
Indice
PREMESSA .......................................................................................................I
Le origini di questi testi I
Come utilizzare questi testi III
1. LE FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI NELLE AREE PROTETTE.................. 1
Lo sviluppo sostenibile nelle aree naturali protette 1
Gli ostacoli alla diffusione delle fonti rinnovabili 2 Un limite di “carattere estetico” 5 Un limite di “carattere amministrativo” 6 Un limite di “complessità di filiera” 6
L’utilizzo energetico delle biomasse nei Parchi Nazionali italiani: una rassegna 7
Buone prassi in Europa: una rassegna 17 Finlandia: la promozione dell’utilizzo diffuso 18 Danimarca: una cooperativa di utenti 20 Austria: un impianto modulare di cogenerazione 21 Finalndia: la centrale a gas “fai da te” di Tersola 23 Vercelli: un’applicazione industriale di una risorsa locale 24 L’area “fossil free” del parco delle Dolomiti Bellunesi 25
2. LE BIOMASSE............................................................................................ 27
Definizione e categorie 27
Biomasse e compatibilità con le aree protette 29
Prodotti derivanti dall’utilizzo delle Biomasse 30
Biomasse e Combustibili tradizionali 32
Produzione e utilizzo delle Biomasse nel Mondo 35
L’uso energetico delle Biomasse in Italia 36
I programmi di sviluppo delle Biomasse 36
3. L’UTILIZZO DELLE BIOMASSE A SCOPO ENERGETICO............................... 38
Le strozzature dell’offerta 38
Gli impianti di potenza 40
Gli impianti per uso domestico 41
Indice
4. IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO............................................... 42
Documenti di indirizzo 42
Le Politiche dell’Unione Europea 46
La situazione in Italia 47
Legislazione comunitaria: 48 Trattati, convenzioni e protocolli 48
Fonti normative di carattere nazionale 51
Provvedimenti Regionali 54
5. APPLICAZIONI DELL’ENERGIA PRODOTTA................................................ 62
Introduzione agli elementi tecnico/ scientifici 62
Pretrattamenti della biomassa 66
Processi di conversione biochimica 68 La digestione anaerobica 68 Fermentazione alcolica 71 Produzione di etanolo da materiali lignocellulosici 73 Esterificazione di oli vegetali 74
Processi di conversione termochimica 77 Combustione diretta 77 Carbonizzazione e pirolisi 79 Gassificazione 82 Produzione di idrogeno da biomasse per via termochimica 82
Tecnologie per la conversione termochimica 83 Tecnologie per la pirolisi 88 Tecnologie per la gassificazione 91
6. ATTIVITÀ DI PROGETTAZIONE DELL’IMPIANTO ....................................... 94
Studio Preliminare 95 Il bacino di approvvigionamento 95 Tipologie di biomassa disponibile 97 Caratteristiche fisiche e biologiche della biomassa 98
Studio Tecnico-economico di fattibilità di filiera 101 Caratteristiche fisiche e biologiche della biomassa 102 Come valutare la convenienza economica della filiera 103
Indice
6. ATTIVITÀ DI PROGETTAZIONE DELL’IMPIANTO (segue) ..............................
Progettazione dell’impianto 108 Sovradimensionamento e numero caldaie da installare 109 Limiti di potenza 110 Trasporto ed alimentazione del combustibile 110 La progettazione del silo 111 La progettazione del locale caldaia 113 La lunghezza della rete di teleriscaldamento 113
7. FONTI DI FINANZIAMENTO .................................................................... 115
Il sistema ”aiuti e prestiti” della UE 115 Esecuzione e coordinamento delle politiche comuni 116 Organizzazione amministrativa 117
Le Direzioni Generali direttamente interessate ed i Programmi 117 Direzione Generale “Ambiente” 117 Direzione Generale “Energia e trasporti” 119 Direzione Generale “Politica Regionale” 126
Utilizzo dei Fondi Strutturali a livello Nazionale e Regionale 131 Livello NUTS 1: Le Macro Regioni_nomenclatura 132 Livello NUTS 1: Le Macro Regioni_cartina topografica 133 L’OBIETTIVO 1 134 L’OBIETTIVO 2 134 L’OBIETTIVO 3 135 Carta topografica zone ammissibili: Europa 136 Carta topografica zone ammissibili: Italia 137
Il Qcs Italia e le aree obiettivo: organizzazione, struttura e documenti di lavoro 138 I contenuti del QCS Italia (rif: allegato 117) 138 Identificazione ed organizzazione dei Programmi Operativi 140 Organizzazione dei Programmi Operativi 141
Programmi Operativi Nazionali e Programmi Operativi Regionali Ob.1: struttura 142 I sette Programmi Operativi Nazionali (P.O.N) 142
P.O.N. Ricerca Scientifica, Sviluppo Tecnologico P.O.N. La Scuola per lo Sviluppo 142
P.O.N. Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno 143
P.O.N. Sviluppo Locale 143
P.O.N. Trasporti 144
P.O.N. Pesca 145
P.O.N. Assistenza Tecnica ed Azioni di Sistema 145 I sette Programmi Operativi Regionali (P.O.R) 146
Indice
8. MODELLI E METODOLOGIE D’INTERVENTO ............................................. 148
Partecipare ad un bando comunitario nazionale o regionale 148 Gli elementi da considerare con attenzione in fase iniziale 148 Gli elementi da considerare con attenzione in fase di valutazione 149 Gli elementi da inserire nella presentazione della proposta 150 Check List di controllo dello schema di proposta 151 Quadro logico di progetto 154
9. LE FONTI DI INFORMAZIONE E APPROFONDIMENTO.............................. 156
Elenco completo degli allegati presenti su cd-rom 156
Bibliografia essenziale 170 Le tesi di Nicholas Georgescu-Roegen 170 Approfondimenti Tematici 171 Compendio delle Carte sottoscritte 174 Compendio dei documenti nazionali 175
Indirizzario WEB 176
e aree naturali protette, monumenti della natura tramandatici dai nostri padri, sono e devono essere qualcosa di vivo e vissuto: fonte di occasioni culturali e di sviluppo
economico nel segno della sostenibilità ambientale e volano per la creazione di opportunità sia in termini di salute dell’ambiente e dell’uomo che ne usufruisce sia in termini sociali ed economici.
La gestione delle risorse naturali va associata sempre più non solo ad aspetti di salvaguardia, ma anche alla valorizzazione di un sistema fondato su regole per lo sviluppo locale di tipo durevole, affinché in Italia la tutela ambientale diventi il metodo secondo cui ipotizzare qualsiasi forma di gestione sostenibile delle risorse ambientali.
Lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, nella dimensione nazionale come in quella locale, oltre a rispondere agli indirizzi dell’Unione Europea in materia energetica (libro bianco sull’energia e libro bianco sulle fonti rinnovabili), produce evidenti effetti positivi sia in campo ambientale –contribuendo al contenimento dei fenomeni d’inquinamento globali e locali, con particolare riferimento agli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra stabiliti dal protocollo di Kyoto – sia al livello socio-economico dei sistemi locali.
Su questo piano, infatti, l’utilizzo delle energie rinnovabili, per le loro caratteristiche di ampia diffusione, può contribuire alla valorizzazione di risorse territoriali che spesso sono allocate in aree marginali con scarse prospettive di sviluppo economico e avviare sinergie per lo sviluppo integrato del territorio e per la creazione di nuovi posti di lavoro e di imprenditoria qualificata.
Le aree naturali protette costituiscono gli ambiti territoriali privilegiati nei quali sperimentare nuovi moduli per l’utilizzo razionale delle risorse naturali, con particolare riferimento a quelle rinnovabili, al fine di raggiungere un equilibrio armonico fra sviluppo di sistemi antropici e sistemi naturali.
E’ il momento di trasformare la coscienza dei problemi ambientali nella consapevolezza di poter vivere in un sistema ecosostenibile. Il ruolo delle aree naturali protette può essere quello di laboratorio di studio ed esperienze capace di dare testimonianza di un nuovo modello di vita e di utilizzo delle risorse del territorio.
Sono queste le premesse che hanno portato la Direzione per la conservazione della natura, nell’ambito delle proprie attività istituzionali volte a favorire lo sviluppo durevole delle aree sottoposte a tutela ambientale, a promuovere la realizzazione di linee guida per l’utilizzo delle fonti rinnovabili nelle aree protette, con particolare riguardo all’energia fotovoltaica e alla conversione energetica delle biomasse.
L
La scelta di queste due fonti non è casuale. L’energia solare, di cui il fotovoltaico rappresenta l’utilizzo energetico più diretto per i consumi elettrici, è la risorsa con le maggiori doti di disponibilità e di diffusione territoriale, il cui utilizzo ben si presta in tutte quelle situazioni di isolamento, particolarmente numerose nelle aree protette (rifugi, fattorie sparse, aree insulari), in cui maggiori sono i costi di un approvvigionamento energetico tradizionale e più pesanti gli impatti ambientali conseguenti.
D’altro canto, lo sfruttamento energetico delle biomasse, soprattutto di quelle vegetali, rappresenta una grande opportunità, nelle aree boscate e in quelle a forte caratterizzazione agricola (come lo sono quasi tutte le aree naturali protette), per l’avvio di un circuito virtuoso di conservazione-sfruttamento delle risorse naturali che leghi alla produzione energetica la manutenzione del bosco, il recupero degli scarti agricoli e metta in moto un’intera filiera di attività connesse e di occupazione.
Le linee guida così realizzate vogliono essere un sussidio concreto, uno strumento operativo di diffusione del know-how necessario non tanto all’attivazione della singola realizzazione quanto alla gestione complessiva di un programma di utilizzo di fonti energetiche in aree naturali protette.
Esse sono destinate in primo luogo agli Enti gestori delle aree protette, sia a livello direttivo sia a quello tecnico-amministrativo,chiamati a svolgere il ruolo decisivo di promozione - incentivazione - coordinamento di processi ampi che richiedono il coinvolgimento dei diversi attori del territorio: imprese, fruitori, operatori tecnici, agenzie formative ecc.
Un ruolo propositivo che le aree protette già da tempo svolgono in tanti campi, auspicando che – con l’aiuto di questi supporti – possa estendersi e rafforzarsi anche nel settore delle fonti energetiche rinnovabili.
Aldo Cosentino Direttore generale della Direzione per la conservazione della natura
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio
Premessa
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
I
PREMESSA
Questo testo nasce dall’esigenza di fornire un
inquadramento unitario e a tutto campo in una materia
– quella del ricorso alle fonti energetiche rinnovabili -
che viene spesso affrontata e sviluppata con strumenti
di altissima qualità dal punto di vista tecnico, ma con
un approccio molto specialistico, che finisce per
offuscare o sottovalutare gli elementi del contesto
socio-culturale in cui si inserisce e gli ostacoli – ma anche le opportunità – che
esso genera al fine di promuovere il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili
all’interno delle aree naturali protette ricomprese nelle Regioni facenti parte dei
Programmi di finanziamento comunitario destinati alle aree Obiettivo 1.
Nell’ambito degli impegni assunti dal nostro paese nel quadro della Convenzione
sui cambiamenti climatici che ha portato alla sottoscrizione del protocollo di Kyoto,
il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, sia direttamente che
attraverso una Convenzione quadro con Enea, l’Enel e il Ministero delle Attività
Produttive si sono adoperate, nel corso degli ultimi anni, per promuovere le fonti
energetiche alternative e per dare un impulso – anche attraverso un massiccio
ricorso a strumenti incentivanti – alla loro diffusione sul territorio nazionale.
Di questi sforzi le aree protette del paese costituiscono inevitabilmente il
destinatario privilegiato, in quanto un approccio dinamico al problema della
conservazione della natura concepisce la tutela del territorio non solo come un
vincolo che inibisce determinate destinazioni d’uso del suolo, ma anche e
soprattutto come un potente motore dello sviluppo locale, in forme che
rispondono ai dettami della sostenibilità ambientale e in qualche modo anticipano
– anche dal punto di vista tecnologico - le modalità di una riconversione ecologica
destinata a investire nel tempo tutte le forme della vita associata, su tutto il
territorio del pianeta.
Le aree naturali protette potranno diventare un laboratorio privilegiato in cui
sperimentare le soluzioni più avanzate di un percorso sostenibile di fuoriuscita
dagli inconvenienti indotti dallo sviluppo industriale e dai rischi planetari connessi
alla riproduzione dell’attuale modello di sviluppo: primo tra essi il riscaldamento
globale del pianeta (global warming) determinato dall’utilizzo incontrollato di
combustibili di origine fossile.
Le origini
di
questi testi
Premessa
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
II
Proprio per questo l’associazione tra aree protette e fonti energetiche rinnovabili
sembrerebbe quasi dato scontato: un processo iscritto nella natura stessa di
queste due entità. In realtà le cose non stanno affatto così. Per una serie di
fattori, che qui cercheremo di descrivere in termini generali, in Italia il ricorso a
fonti energetiche naturali nelle aree protette non ha finora compiuto – con poche
e lodevoli eccezioni - grandi passi avanti.
La necessità di proporre delle linee guida deriva dalla presa d’atto che le
caratteristiche dei territori - e in generale del paese – presentano una tale varietà
di situazioni da non consentire l’utilizzo di modelli tecnologici standardizzati
quanto piuttosto suggerire la riproduzione di modelli di intervento adattabili alla
varietà degli ambienti.
Nemmeno in un settore, come quello dell’utilizzo energetico della biomassa, che
potrebbe utilmente associare fattori strategici per la qualità dello sviluppo quali la
manutenzione del patrimonio boschivo, il risparmio energetico, la promozione di
impresa e dell’occupazione e la riduzione delle emissioni climalteranti. Il tutto in
ambienti, come quello delle aree protette, in cui la disponibilità di biomassa, e la
possibilità di valorizzare i suoli con una produzione aggiuntiva, sono, in molti casi,
un fattore costitutivo dell’area.
Lo stesso dicasi anche per altre fonti rinnovabili, come l’eolico, il solare termico e
il mini-hydro, che in questi testi non vengono trattati, ma che presentano
problemi analoghi: certo, anche di impatto ambientale, ma soprattutto legati alla
complessità dell’organizzazione, alla accettazione da parte del contesto
socioculturale di riferimento, all’impegno nella disseminazione delle relative
tecnologie.
L’occasione per la redazione di questi testi è stata una ricognizione sullo “stato
dell’arte” relativa alle due fonti di energia rinnovabile oggetto di questa analisi - le
biomasse e l’energia solare fotovoltaica - nelle aree naturali protette delle regioni
italiane dell’obiettivo 1, alla ricerca di casi esemplari da cui ricavare, o intorno a
cui costruire la formulazione di una buona pratica di intervento.
Certamente gli esempi di buona volontà, e anche i programmi ambiziosi non
mancano; ed estendendo l’attenzione anche alle aree protette nazionali esterne
alle regioni dell’obiettivo 1, non mancano gli esempi di buone pratiche ormai
consolidate.
Premessa
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
III
L’insieme dei testi è stato elaborato rispetto ad uno
specifico gruppo di destinatari delle informazioni
raccolte: il riferimento principale dei testi è l’Ente
Parco, sia nella sua veste di decisore che in quella più
propriamente tecnica. Ad esso si vogliono fornire non
già gli elementi esaustivi per la realizzazione di un
intervento ma piuttosto i parametri fondamentali per
valutarne la fattibilità e verificare un processo di ‘progettazione’ che quasi
certamente sarà esterno all’ente stesso.
Le informazioni vengono dunque fornite attraverso lo svolgersi di un percorso
logico di avvicinamento alla materia pur sapendo in anticipo che alcune delle
attività necessarie per la realizzazione degli impianti dovranno essere demandate
a tecnici e/o esperti; le linee guida potranno consentire agli addetti di seguire
percorsi logici e di programmare in maniera efficiente il susseguirsi ed il
coordinamento delle attività di progettazione-finanziamento-realizzazione nonché
di valutare e controllare la validità delle scelte strategiche intraprese.
Il documento che state sfogliando si compone di otto capitoli che cercano di dare
una panoramica del corpus di informazioni che sono necessarie per affrontare in
modo completo le problematiche connesse all’utilizzo dell’energia derivante dalla
conversione delle biomasse.
Oltre ai testi su supporto cartaceo è stato approntato un insieme corposo di
allegati di riferimento sia tecnici che normativi (nel formato su CD-ROM al testo
saranno via via collegati dei links che Vi permetteranno di accedere
immediatamente agli allegati di approfondimento).
Il primo capitolo: “Le fonti energetiche rinnovabili nelle aree protette”
fornisce una panoramica dello stato dell’arte riferito ad una ricerca condotta
presso i Parchi e le aree naturali protette italiane – anche evidenziando le
problematiche di contesto collegate all’utilizzo delle fonti rinnovabili - ed alcuni
esempi di buone prassi in Paesi dell’Unione Europea.
Come
utilizzare
questi testi
Premessa
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
IV
Nel capitolo “Le biomasse” potrete reperire le principali informazioni sulle
differenti forme in cui si presenta la disponibilità di materiale – trattandosi di
impianti da prevedersi in aree naturali protette che si suppongono ricche di
superfici boscate – con particolare riguardo alla biomassa legnosa. Nella
medesima sezione potrete trovare alcuni cenni sulle modalità di utilizzo correnti.
“L’utilizzo delle biomasse a scopo energetico” Vi porterà ad approfondire le
problematiche connesse all’utilizzo della biomassa per la produzione di energia in
modo da poter individuare l’impianto più adatto per le Vostre esigenze.
La sezione dedicata al “Quadro normativo di riferimento” riporta una
panoramica del corpus normativo che regola l’utilizzo delle biomasse ma anche
delle energie alternative in genere; per economia d’uso tutti i riferimenti citati si
trovano per esteso in formato elettronico e collegati automaticamente attraverso
dei links alla copia di questo testo sul CD-ROM.
Per approfondire le caratteristiche tecnologiche del Vostro impianto è stato
predisposto il capitolo “Applicazione dell’energia prodotta da biomasse”
mentre per fornire uno schema di approccio alla strategia di intervento è stata
elaborata la sezione “Attività di progettazione dell’impianto”; questa parte Vi
consentirà di valutare la fattibilità dell’impianto ma anche di controllare la validità
e la coerenza delle proposte che Vi potranno pervenire da ditte e tecnici
specializzati.
Per elaborare una strategia efficace di utilizzo di fonti energetiche rinnovabili
occorre elaborare modelli di intervento corredati dall’individuazione di strumenti
finanziari di accompagnamento alla realizzazione: il capitolo dedicato alle “Fonti
di finanziamento” presenta una panoramica delle opportunità finanziarie offerte
dalla legislazione comunitaria e italiana; anche in questo caso per economia d’uso
tutti i riferimenti citati si trovano per esteso in formato elettronico e collegati
automaticamente attraverso dei links alla copia di questo testo sul CD-ROM.
L’ultima sezione del capitolo: “Criteri di interpretazione di un bando” propone uno
schema semplificato di approccio alla risposta per bandi di finanziamento sia di
livello comunitario che nazionali sui P.O.R. e DOC.U.P. a valere per il periodo
2000-2006.
La sezione “Fonti di informazione e approfondimento” riporta, oltre all’elelnco
completo degli allegati disponibili in formato elettronico, alcuni testi principali di
orientamento e una serie di indirizzi per la navigazione tematica sul web.
Le fonti energetiche rinnovabili nelle aree protette
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
1
1. LE FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI NELLE AREE PROTETTE
Da questa sezione del documento è possibile ricavare una panoramica sulla
situazione attuale italiana ed europea nei confronti dell’utilizzo delle fonti
energetiche rinnovabili, con particolare riferimento all’utilizzo delle biomasse;
capire quali sono gli orientamenti e considerare quello che altri organismi stanno
portando avanti, ricavare stimoli e idee per contribuire allo sviluppo di filiere
virtuose di intervento.
A partire da quella che dovrebbe essere la posizione di riferimento degli Enti nei
confronti delle politiche di sviluppo sostenibile, viene condotta una disamina dei
principali ostacoli che sinora hanno impedito ai sistemi di utilizzo delle fonti
energetiche rinnovabili di affermarsi sul mercato. Vengono poi esposti - sotto
forma di schede riassuntive – i risultati dell’inchiesta condotta all’interno dei parchi
e delle aree naturali protette italiane ed una serie di esempi di buone prassi
esemplificative.
L’innesco di processi virtuosi di uso delle risorse
rinnovabili all’interno delle aree protette può avvenire
grazie all’utilizzo di molteplici strumenti: dalle semplici
campagne di informazione, sensibilizzazione,
animazione dei referenti degli Enti a modelli più
raffinati di intervento che comprendano lo sviluppo di
“progetti esemplari” con un grado di flessibilità tale da
poter essere riprodotti con successo in contesti
analoghi.
La strategia adottata dal Ministero - in cui questa pubblicazione si inserisce –
prevede di utilizzare la figura dell’Ente responsabile come “promotore” di progetti
di impianti di utilizzo delle biomasse di scala media-piccola aventi caratteristiche
tali da poter essere agevolmente utilizzati dai soggetti privati operanti all’interno
del parco. In questo modo gli Enti Parco potranno acquisire esperienze e capacità
tali da assumere un ruolo attivo di promotori dello sviluppo sostenibile e sfruttare
al meglio i rapporti e le sinergie attivabili non solo con le aziende e gli imprenditori
presenti nel perimetro delle aree protette ma anche con i residenti attraverso
attività di informazione/animazione e consultino.
Lo sviluppo
sostenibile
nelle
aree naturali protette
Le fonti energetiche rinnovabili nelle aree protette
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
2
Occorre infatti ricordare che sia il ricorso alle energie rinnovabili che il risparmio
energetico attraverso una maggiore efficienza degli utilizzi sono attività ad elevata
intensità di lavoro, sia in professionalità ad elevata qualificazione che in quelle di
carattere esecutivo, e particolarmente adatti ai processi di start-up e di creazione
di nuove imprese: soprattutto nei comparti della installazione e della
manutenzione delle attrezzature, nella diagnostica dei fabbisogni e delle
opportunità offerte da ogni singola localizzazione.
Per quanto riguarda in particolare le biomasse - che sono l’unica fonte rinnovabile
per la quale non basta la captazione, ma è necessario svilupparne la produzione a
monte – le ricadute riguardano soprattutto l’allargamento dello spettro del ruolo
multifunzionale delle attività agricole, con ricadute positive sia in termini di reddito
degli agricoltori che in termini di occupazione, promozione di impresa e creazione
di reddito nelle attività forestali, in quelle di recupero e trasporto dei sottoprodotti
agricoli, zootecnici e dell’industria agro-alimentare, oltre che nella messa a coltura
di terreni marginali con varietà dedicate a finalità energetiche.
Nelle aree di montagna o sottoposte comunque a processi tendenziali di
abbandono, un intenso ricorso alle biomasse come fonte energetica – e alle
produzioni complementari ad essa collegate– può fornire un contributo decisivo al
risanamento complessivo del territorio, alla valorizzazione di risorse e potenziali
inutilizzati e a invertire con ciò stesso la tendenza all’abbandono del territorio.
Rispetto alle loro potenzialità, l’utilizzo di fonti
energetiche rinnovabili nei parchi e nelle aree protette
dell’Italia, e in particolare l’utilizzo di biomasse, appare
decisamente ridotto; anche se negli ultimi tempi si è
registrato un aumento di interesse e di iniziative, grazie
soprattutto ai finanziamenti messi a disposizione dal
Ministero dell’Ambiente nell’ambito delle politiche di
promozione delle energie alternative previste dalla
delibera CIPE del 1999 che delinea la politica di attuazione nel nostro Paese degli
Accordi di Kyoto.
Gli ostacoli
alla
diffusione
delle fonti rinnovabili
Le fonti energetiche rinnovabili nelle aree protette
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
3
L’indagine che ha dato origine a questo studio è di per sé sufficiente a dimostrare,
in linea teorica, le ampie potenzialità di utilizzo offerte dalle due fonti rinnovabili
considerate – fotovoltaico e biomasse – per fare fronte a problematiche che sono
sì specifiche delle aree protette, ma che a loro volta rimandano a problemi di
carattere generale e che, proprio per questo, sono al tempo stesso in grado di
delineare in termini pratici la strada – o alcune strade – da percorrere per
raggiungere un modello di economia sostenibile per tutto il territorio nazionale,
che non dipenda più in forma esclusiva o prevalente dalle fonti energetiche di
origine fossile.
Da questo punto di vista le iniziative assunte dal Parco delle Dolomiti Bellunesi –
un’area protetta in cui turismo e attività produttive rivestono comunque
un’importanza determinante - che in forme e con soluzioni diverse rientrano tutte
in un programma di progressivo sganciamento dalle fonti energetiche di origine
fossile (il programma Parco Fossil-free), rappresentano senz’altro l’approccio più
avanzato di cui si disponga in Italia.
Ma dal lato opposto della penisola, e precisamente nel Parco dell’Aspromonte,
seppure, per ora, più nella forma di una dichiarazione di intenti e di alcuni atti
preliminari, che in quella di una gestione ordinaria del processo di transizione,
assistiamo, grazie all’intraprendenza degli organismi dirigenti del Parco e
all’assistenza tecnica ed economica fornita da organismi impegnati da anni nella
sperimentazione e nella diffusione delle fonti energetiche rinnovabili (soprattutto
di ISES e CIRPS), assistiamo allo sviluppo di un progetto di pari ambizione: si
tratta di produzione di idrogeno attraverso l’utilizzo di biomassa, di costruzione di
un centro per la distribuzione dell’idrogeno in tutta la parte più meridionale della
penisola, ai fini di una utilizzazione a 360 gradi di tutte le fonti rinnovabili,
comprese quelle, come l’energia eolica, solare termica e micro-hydro, di cui non ci
occupiamo in queste pagine.
La rassegna presentata qui di seguito, seppure necessariamente schematica e
incompleta, è di per sé sufficiente a delineare i principali ostacoli in cui si imbatte
la diffusione delle fonti energetiche rinnovabili e, quindi, a fornire validi spunti, sia
a livello di governo centrale, che a livello di amministrazioni locali, per individuare
le iniziative politiche che possono contribuire a rimuoverli.
Le fonti energetiche rinnovabili nelle aree protette
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
4
Cercheremo ora di delineare i problemi principali:
Al primo posto c’è sicuramente una insufficiente conoscenza delle
potenzialità offerte dalle fonti energetiche rinnovabili, sia in termini
tecnici – cioè, dal punto di vista della fattibilità degli impianti per
valorizzarli – sia in termini economici – cioè, dal punto di vista della loro
redditività, cioè del pay-back time degli investimenti necessari al loro
sfruttamento; ovvero delle facilitazioni e degli incentivi offerti al loro
utilizzo, sia dalle politiche nazionali e comunitarie che dai programmi
regionali: in particolare per quanto riguarda le regioni Obiettivo 1;
Questa conoscenza insufficiente – a cui si cerca in parte di ovviare con
questa pubblicazione – riguarda in generale, e con le dovute e lodevoli
eccezioni, sia il livello propriamente politico e/o decisionale, cioè gli
amministratori locali, il management dei parchi, ma anche i livelli alti
delle strutture amministrative locali, sia il livello propriamente tecnico:
cioè gli uffici tecnici delle strutture amministrative e gestionale coinvolte,
dove la presenza di personale competente – tutt’altro che rara – sembra
il più delle volte dovuta a interessi personali o culturali coltivati al di fuori
delle incombenze connesse al proprio ruolo, che il frutto di processi di
selezione, reclutamento, formazione e addestramento mirati;
Tutto ciò si traduce in una ridotta capacità progettuale degli enti a cui
dovrebbe far capo l’iniziativa di promuovere l’utilizzo di energie
rinnovabili, sia direttamente che attraverso programmi di informazione,
divulgazione e disseminazione tra le imprese e la popolazione del
territorio di riferimento.
Questi limiti sono tanto più rilevanti in quanto un programma organico di
valorizzazione delle fonti energetiche rinnovabili disponibili sul territorio,
che sappia anche cogliere le opportunità messe a disposizione dai
programmi di incentivazione del loro uso non può, in linea di massima,
fare capo ad un’unica professionalità, ma richiede il concorso di un’équipe
affiatata di esperti in campi tra loro molto diversi.
Non si sottolineerà mai abbastanza che nessuna delle fonti rinnovabili ha
in sé la possibilità di sostituire l’uso fortemente indifferenziato che oggi si
fa dell’energia di origine fossile; perché ciascuna delle fonti considerate è
adatta solo per una gamma limitata di utilizzi, mentre è fortemente
antieconomica – e spesso anche costosa in termini ambientali – se
utilizzata per usi per i quali non è adatta.
E tutte insieme assumono un significato strategico solo se abbinate a
programmi di risparmio energetico, che rappresenta tutt’ora la “riserva”
di energia alternativa alle fonti di origine fossile più ricca e promettente;
Le fonti energetiche rinnovabili nelle aree protette
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
5
Ma accanto ai limiti creati dall’insufficienza delle competenze tecniche o
della cultura diffusa sulle potenzialità delle fonti rinnovabili, sono
numerosi anche gli ostacoli di altra natura, che richiedono un’attenzione e
un approccio specifico.
Un limite di “carattere estetico”
Il limite colpisce in questa fase soprattutto l’utilizzo delle fonti eoliche e dell’energia fotovoltaica, ma anche, in misura notevole, le centrali di potenza alimentate a biomassa, in quanto si ritiene che le relative installazioni, soprattutto a causa delle loro dimensioni necessariamente ampie – se si debbono o vogliono raggiungere potenze di una certa consistenza - abbiano impatti visivi o ambientali incompatibili con le caratteristiche di un’area protetta. Il problema naturalmente ha un fondamento reale e impone indubbiamente limiti di ordine dimensionale, ma soprattutto di design, alle installazioni. Purché la cultura conservazionista, che è all’origine dei vincoli imposti alle aree protette, non si trasformi in mero immobilismo.
Per fare un esempio, l’impatto visivo di una pala per la generazione di energia eolica non è sicuramente peggiore di quello dei tralicci delle linee ad alta tensione che attraversano non poche delle are protette italiane; ma soprattutto se atteggiamenti analoghi a quelli di chi oggi si oppone in linea di principio alla diffusione di impianti eolici in nome della salvaguardia del paesaggio fossero prevalsi anche in passato, non sarebbero mai nati paesaggi come quelli dell’Olanda o delle isole greche, dei quali i mulini a vento costituiscono uno degli elementi più caratteristici
Lo stesso vale per i tetti fotovoltaici. Certamente un loro inserimento armonioso e preventivo nelle strutture architettoniche a cui sono asserviti – come peraltro previsto da un apposito programma ampiamente finanziato dal Ministero dell’Ambiente – potrà ridurre drasticamente gli effetti meno gradevoli di un ricorso su ampia scala a questa tecnologia.
Ma è indubbio che la sua diffusione non potrà non avere conseguenze rilevanti sulle caratteristiche di molti edifici; né è detto che queste trasformazioni siano necessariamente tutte di segno negativo.
Le obiezioni di carattere estetico alle piccole centrali di potenza alimentate a biomasse si intrecciano con le obiezioni di carattere ambientale o sanitario che colpiscono qualsiasi impianto dove avvengano processi di combustione. Queste obiezioni sono spesso confortate dal fatto che il combustibile utilizzato negli impianti di potenza alimentati a biomasse è facilmente sostituibile con i rifiuti urbani e, quindi, permane nelle popolazioni il sospetto che dietro l’utilizzazione di una fonte energetica largamente disponibile e non adeguatamente utilizzata come le biomasse legnose si nascondano in realtà progetti di impianti, assai più lucrosi, ma anche assai più inquinanti, di incenerimento dei rifiuti.
Le amministrazioni pubbliche interessate dovrebbero quindi impegnarsi a fondo per mantenere ben distinte queste due tipologie di progetto, fornendo alle popolazioni coinvolte adeguate garanzie.
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Un limite di “carattere amministrativo”
Limitatamente alle aree protette, esso nasce dal fatto che spesso a promuovere le nuove iniziative è l’Ente Parco, ma le Amministrazioni competenti sono invece i Comuni riuniti nella Comunità del Parco, tra i quali non sempre è facile raggiungere un accordo, e alcuni dei quali possono dissentire dalle iniziative proposte, o manifestare una sostanziale inerzia nel portarle avanti – senza che l’Ente Parco o qualsiasi altro organismo possa esercitare nei loro confronti poteri sostitutivi - o addirittura frapporre veri e propri ostacoli o azioni ostruzionistiche.
Questa problematica - che nelle aree protette rispecchia spesso un conflitto più profondo ed esteso tra i compiti istituzionali dell’Ente Parco tesi a imporre e far rispettare i vincoli e l’interesse vero o presunto di una parte della popolazione coinvolta in questi vincoli a sviluppare attività economiche o di altro genere con essi incompatibili – non fa che riprodurre a livello locale una congerie di problemi che nascono dalla sovrapposizione e dai confini incerti delle competenze amministrative del nostro ordinamento istituzionale e che certamente rappresentano un forte ostacolo alla promozione dello sviluppo economico e sociale in tutti i campi.
Un limite di “complessità di filiera”
Il terzo ostacolo, che riguarda tutte le filiere delle fonti energetiche rinnovabili, ma in misura diversa, alcune più di altre, e le biomasse più di tutte le altre, nasce dalla complessità stessa della filiera che, per funzionare, ha bisogno di un funzionamento efficiente, ma anche di un dimensionamento adeguato, di tutti gli anelli della catena.
Per quanto riguarda le biomasse, essi sono rappresentati dalla attività di forestazione – e dai conseguenti programmi di impiego della manodopera addetta a questa attività, che vede sovrapporsi imprese private e attività demaniali, Corpo forestale, programmi antincendio, cooperative sociali, programmi di impiego di LSU, ecc. – a quelle di valorizzazione del teleriscaldamento - che richiede un interesse e un impegno attivo da parte di amministratori pubblici, amministratori di condomini, proprietari di abitazioni, piccole grandi imprese – passando attraverso alle attività dei commercianti e dei distributori di legname, agli installatori e manutentori di piccoli impianti diffusi, agli investitori e ai gestori di impianti di potenza, ai distributori di energia elettrica, ecc.
Costruire un progetto in questo settore – ma per le altre fonti rinnovabili i problemi sono forse meno complessi, ma certamente non assenti – significa coordinare e rinvenire delle convenienze specifiche per ciascuno di questi soggetti.
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Alle sezioni seguenti sono esposti i risultati di una breve rassegna effettuata su
tutti i Parchi Nazionali italiani e su alcune esperienze di avanguardia realizzate
all’estero, limitatamente all’utilizzo delle biomasse come fonte di energia
rinnovabile. Le schede sono relative ai parchi nazionali e non esaustive delle
esperienze nel territorio italiano (alcuni progetti esemplari sono stati ricompresi
nel capitolo dedicato alle esperienze europee)
In generale, l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili
nelle aree protette italiane presenta un quadro
complessivo contrassegnato dal sottoutilizzo, sia
rispetto alle potenzialità offerte dal territorio e alle
esigenze proprie di ambienti particolarmente sensibili,
sia rispetto al ruolo “esemplare” di laboratorio della
sostenibilità ambientale, che costituisce una delle
missioni strategiche delle aree protette che ne
giustificano i vincoli ambientali imposti.
A parziale documentazione di questo assunto,
presentiamo qui i risultati di un’indagine relativa
all’utilizzo delle biomasse nei Parchi Nazionali italiani.
L’indagine è stata effettuata tramite colloqui con i direttori o – dietro indicazione di
questi – con i responsabili degli uffici tecnici degli Enti Parco.
Questa rassegna non ha la pretesa di essere esaustiva, ma è comunque sufficiente
a fornire un quadro di prima approssimazione allo “stato dell’arte” in questo
campo. Si segnala in particolare lo scarto tra l’interesse per il tema mostrato dalla
maggior parte dei tecnici intervistati, le idee progettuali segnalate e lo stato delle
realizzazioni effettivamente portate a compimento. Il che, se da un lato è un
indice delle difficoltà in cui si dibattono molti degli Enti contattati (mancanza di
una programmazione specifica, mancanza di personale con competenze
specialistiche, scarsità di risorse, ostacoli burocratici, rigidità e prevenzioni dei
proprietari dei boschi, sia pubblici che privati, ecc.), dall’altro lascia ben sperare
sulle potenzialità di un ricorso crescente alle fonti rinnovabili, utilizzate per
valorizzare e potenziare sia la qualità ambientale delle aree sottoposte a tutela,
sia il benessere, l’occupazione, il reddito e lo spirito imprenditoriale delle
popolazioni delle aree protette o ad esse contigue del nostro paese.
L’utilizzo
energetico
delle
biomasse
nei Parchi
Nazionali
italiani:
una rassegna
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1. Parco dell’Abruzzo-Lazio-Molise
Per quanto riguarda l’utilizzo delle biomasse come fonte energetica, l’Ente non ha avuto alcuna esperienza concreta pur avendo un Ufficio tecnico che disponeva di tutte le competenze necessarie.
La valorizzazione delle biomasse potrebbe essere sicuramente utile per alcune zone limitrofe al Parco, che si trovano a quote più basse, pur in presenza di alcune difficoltà provocate:
^ da una quota del perimetro del parco elevata (1.200 m. slm);
^ dalla difficile sostenibilità di un impianto di potenza alimenta a biomassa che (potrebbe comunque servire al massimo 5.000 persone di diversi Comuni);
^ dalle abitudini ormai consolidate degli abitanti di utilizzare liberamente il legname
^ dalla necessità – irrinunciabile - di conservare il più possibile il patrimonio boscato.
Le soluzioni più percorribili sembrano quindi essere quelle di piccoli impianti al servizio di singoli fabbricati anche privati.
2. Parco dell’Arcipelago Toscano
Per la costruzione di una nuova sede dell’Ente Parco, e per la realizzazione di alcuni edifici in fase di progettazione, è stata data ai progettisti l’indicazione di massima di prendere in considerazione l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili per le dotazioni impiantistiche.
L’Ente considera elemento essenziale per progettare tali interventi l’attivazione di adeguati partenariati. Per questo è necessario consolidare i rapporti con i sistemi amministrativi dei territori ricompresi o gravitanti sulle aree protette.
Ad oggi il livello di collaborazione raggiunto ha individuato un primo obiettivo nell’introduzione di mezzi di trasporto elettrici per la mobilità interna al Parco.
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3. Parco dell’Asinara
Per quanto riguarda le biomasse, l’Ente non dispone di competenze tecnico/professionali adeguate: mancanza peraltro giustificata dalla scarsità di materia prima – non sono presenti estese superfici boscate o attività agricole/zootecniche che possano essere considerate a tutti gli effetti dei fornitori di biomassa –che non permette di progettare nell’area uno sviluppo della filiera necessaria.
Bisogna inoltre considerare alcune pre-condizioni di contesto che rendono difficoltose le iniziative a carattere strategico, come il fatto che l’'Ente è giovane, essendo stato, infatti, istituito solo nel dicembre del 2002;
Non sono ancora state definite le linee guida relative alla programmazione strategica dell’area. C'è bisogno di dare una risposta ai servizi primari: per esempio, più ancora del riciclaggio, c'è il problema della raccolta dei rifiuti; più ancora che di mobilità sostenibile,di mobilità tout court.
4. Parco dei Monti Sibillini
L’opportunità di utilizzare le i biomasse della zona in campo energetico è stata presa in considerazione, ma le attività di manutenzione delle aree boschive sono state ritenute di dimensioni insufficienti a produrre una quantità adeguata di residui.
Gli alberi adulti vanno preservati e non si possono abbattere, i boschi cedui presenti – abbastanza estesi - sono quasi tutti sfruttati dai privati, che utilizzano per sé o vendono sul mercato gli scarti.
Sono stati peraltro analizzati i costi legati al trasporto e alla logistica che sono tali da scoraggiare l’installazione di centrali di potenza.
Per quanto riguarda le deiezioni animali, gli allevamenti zootecnici. peraltro presenti sui territori del Parco solo in certi periodi dell'anno, sono relativamente scarsi.
5. Parco del Vesuvio
L’unica possibilità di utilizzo di biomasse considerata al momento si basa su di uno studio per verificare e progettare il recupero nella produzione di compost di qualità per l’agricoltura.
Invece, l'utilizzo per la produzione di energia elettrica non è stato ancora preso in considerazione.
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6.1. Parco dello Stelvio (Provincia di Sondrio)
Non è stato realizzato alcun intervento per lo sfruttamento delle biomasse perché in prossimità del Parco sono già in funzione due centrali di potenza alimentate a biomassa, finanziate dalla Regione Lombardia (una a 2-3 Km; l'altra a circa 30 Km di distanza).
Gli impianti attuali sfruttano per il 98 per cento di scarti di segherie, molto diffuse in Provincia di Sondrio e nella vicina Svizzera; viene utilizzato anche del cascame del Parco (indicativamente per il restante 2 per cento), ma i costi di trasporto sono alti.
La centrale di Tirano utilizza anche scarti di cartiera.
Gli impianti vengono utilizzati soprattutto per fornire riscaldamento ai paesi vicini: sono infatti centrali di cogenerazione utilizzate per il teleriscaldamento nella stagione invernale. Producono anche produrre energia elettrica, ma l'uso maggiore che ne viene fatto per ora riguarda il riscaldamento e l'acqua sanitaria.
Entrambi gli impianti, inoltre, si forniscono di materia prima soprattutto dalla Svizzera con consistenti consumi di energie non rinnovabili necessarie per la logistica.
D’altra parte, i boschi della Valtellina sono stati tagliati in misura eccessiva nell’immediato dopoguerra e ad oggi devono ancora progredire, per cui gli scarti non garantirebbero sicuramente una fonte sufficiente di materiale per le centrali.
Infine, in Provincia di Sondrio è difficile raggiungere le aree boscate, mentre in Trentino l'accesso è più agevole e ci sono dei piani di assestamento forestale che consentono un maggior utilizzo di massa legnosa.
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6.2. Parco dello Stelvio (Trentino)
Per quanto riguarda le biomasse, è stato effettuato uno studio di fattibilità per due impianti/centrali in Val di Peio (612.000 Kwh/anno), e Val di Rabbi (1.027.000 Kwh/anno: i dati sono indicativi).
Il secondo impianto è di potenza notevolmente superiore perché c'è maggiore disponibilità di scarti legnosi e di deiezioni animali. La fonte principale è il letame, mentre i boschi vengono considerati solamente in seconda battuta. L’iniziativa nasce infatti dalla necessità di smaltire in modo ecologico il letame che inquina il terreno, ma anche per altre ragioni ecologiche , quali l’inquinamento dell’aria.
In Val di Peio è già in funzione un impianto di teleriscaldamento che serve circa dieci alberghi e cinque condomini, oltre al complesso delle Terme. In questo impianto è presente un sistema di integrazione con cippato.
In Val di Rabbi, l’impianto è vicino alle Terme di Rabbi e serve anch’esso per il riscaldamento degli alberghi.
L’iniziativa è stata presa dal Parco, che ha cercato un cofinanziamento di privati, ma ha incontrato molte difficoltà nel coinvolgere gli agricoltori. Per ottenere la loro partecipazione è infatti necessario che si organizzino in consorzio. Di fatto il Parco è stato costretto a fare tutto in mancanza di un partenariato efficiente.
6.3. Parco dello Stelvio (Alto Adige)
Il Parco - per convenzione - gestisce tre centri visita costruiti dalle amministrazioni dei Comuni di Prato allo Stelvio, Stelvio e Martello, che sono o saranno allacciati a impianti a biomassa dei rispettivi comuni; alimentati a legna o a liquame (nel caso di Prato): ovvero con biogas prodotto dalle deiezioni.
L’ impianto di Prato è gestito da una cooperativa di coltivatori diretti, che ha ricevuto 600 milioni di lire di cofinanziamento dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio.
Per la realizzazione degli altri due impianti a biomassa, il Parco è stato sollecitato dal Ministero dell’Ambiente a costituire dei partenariati per ottenere i finanziamenti per i Comuni di Martello e Stelvio; i Comuni prescelti sono quelli maggiormente impegnati nell’utilizzo di fonti rinnovabili.
La Provincia finanzia il 30 per cento dei costi per l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili.
Tra i privati è molto diffuso l’utilizzo delle biomasse per alimentare impianti di riscaldamento domestici relativamente moderni.
Non ci sono e non sono previste centrali elettriche all’interno del perimetro del Parco.
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7. Parco delle Foreste Casentinesi
In generale, non sono state prese in considerazione le opportunità offerte dalla biomassa, che non viene valutata dalla Direzione una alternativa conveniente, malgrado sia stato proposto di lanciare un bando rivolto ai privati che hanno edifici nell'area del parco, per lo sfruttamento del legname come combustibile per il riscaldamento.
8. Parco del Pollino
Nell’area del Parco è presente una centrale, originariamente alimentata a gasolio. La società Terna, del gruppo ENEL, intende riconvertirla, parzialmente, a biomassa. L’Ente ha dato l'autorizzazione poiché l’impianto si trova in un’area adiacente al Parco.
I lavori sono stati approvati dalla Conferenza dei servizi all’inizio del 2003. La centrale, probabilmente, servirà una linea di collegamento da Laino Borgo, dove si trova l’impianto, a Rizziconi, in cui è in costruzione un’altra centrale non alimentata a biomassa.
9. Parco della Maddalena
Dell’utilizzo dell’energia da biomasse si è trattato al momento di progettare la riqualificazione di un’area sito di discarica. La scarsità sia di aree boscate che di allevamenti o grandi estensioni colturali non ha consentito di proseguire nello studio in quanto la fonte energetica considerata non è compatibile con le caratteristiche del contesto di riferimento.
10. Parco del Gargano
L’utilizzo di biomasse per uso energetico non è mai stato preso in considerazione, anche perché non sono ancora stati messi a puntogli strumenti di pianificazione dell’Ente; a breve sarà pronto il Piano del Parco che conterrà indicazioni più approfondite relative all’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili in genere.
E’ stata valutata anche la possibilità di utilizzare lai biomassa per la produzione di compost, ma non è stato possibile reperire professionalità qualificate, anche esterne all’Ente, in grado di realizzare un progetto del genere.
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11. Parco del Cilento
Per quanto riguarda le biomasse, tra il 97 e il 99 un'azienda del Gruppo Marcegaglia aveva proposto un progetto per dare lavoro ai LSU. Il Gruppoi intendeva usare le biomasse disponibili del parco in cambio di una offerta occupazionale.
Il progetto non è stato realizzato in quanto i Comuni, che sono principali proprietari immobiliari delle aree boscate– si sono opposti all’iniziativa di utilizzo degli scarti boschivi e l’Ente Parco non è stato in grado di costruire un partenariato capace di rispondere alle esigenze del Gruppo, che di conseguenza ha ritirato l’offerta.
12. Parco del Gran Paradiso
L’Ente Parco sta convertendo alcune vecchie stufe ricollocate in fabbricati di sorveglianza (sedi di servizio, mediamente 6 metri x 6) via via che si guastano o invecchiano. Per ora i casi non sono molti e riguardano gli edifici dove c'è più personale.
In alcuni casi le nuove attrezzature integrano quelle esistenti, mentre in altri si usano solo le nuove stufe. Queste utilizzano pellets acquistati da una ditta vicina, un distributore di Cuorgné (TO), che lavora biomasse prodotte nell’area del Canavese.
Nel Parco sono abbastanza diffuse le stufe a legna, comprese quelle moderne (alimentate con pellets). La Regione Valle d'Aosta incentiva l’utilizzo di tutti i modelli di stufe a legna, comprese, ovviamente, quelle moderne.
In Valle d'Aosta ci sono diversi rivenditori, che fanno molta pubblicità – e, quindi, anche divulgazione – e che offrono anche l'assistenza tecnica. Questo, in generale, vale anche per tutta l’area montana del Piemonte.
Nel Parco le aree boscate coprono circa il 7-8 per cento del territorio. L’introduzione delle nuove stufe per il momento è sperimentale, solo in un secondo tempo è prevista una promozione/divulgazione maggiore. Inoltre, se l’idea avrà riscontro o successo, verranno prese in considerazione anche altre opportunità: per esempio, piccole centrali di potenza. La filiera va costruita nel tempo.
Le ragioni della scelta sono di ordine ecologico e pratico: le stufe a legna c'erano già. Di quelle nuove si deve ancora verificare il recupero economico, visto che queste attrezzature costano più delle stufe normali.
Il Parco dispone anche di due impianti a biodiesel per il riscaldamento di altrettante piccole unità. Il carburante viene acquistato da un distributore che opera in prossimità del Parco, a Rivarolo Canavese (TO), ma viene prodotto a Livorno.
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13. Parco delle Cinque Terre
Finora non è stato fatto nulla di concreto anche perché il Parco è nato solo da due anni. Tuttavia ha rapporti stretti e positivi con i Comuni; ha già approvato il Piano di sviluppo e ha in cantiere diverse iniziative: innanzitutto per l'utilizzo di (scarti forestali del settore agricolo per produrre compost; in seguito anche per il riscaldamento.
Questa iniziativa si inserisce nella strategia di recupero/riconversione di diversi terreni abbandonati, oltre che di pulizia degli stessi (Si intende coltivare vite, basilico, rucola, miele, piante officinali per cosmetici, etc.).
La proprietà è molto frantumata; tuttavia, il Parco è deciso a recuperare anche antichi rustici, insediamenti storici, chiesette, etc… inserendo in questo contesto progetti di utilizzo di fonti energetiche rinnovabili.
14. Parco dell’Aspromonte
Insieme all’ISES di Roma, con fondi della Provincia e propri, l’Ente Parco ha finanziato il progetto di un Centro di ricerca/laboratorio sullo sviluppo eco-sostenibile. Sempre con ISES, è stato realizzato un master per lo sviluppo delle fonti alternative
L’Ente sta inoltre partecipando a una ricerca - di cui il Parco è il centro di coordinamento - sull’utilizzo e la trasformazione delle biomasse per produrre idrogeno. Potrebbe diventare il punto di distribuzione dell'idrogeno per tutto il Mezzogiorno.
Il Parco ha attivato diversi finanziamenti, messi a disposizione dal Ministero dell’Ambiente, che verranno poi gestiti dal progetto. Questi riguardano:
teleriscaldamento per strutture da recuperare. Verranno utilizzate cooperative per gestire attività sia ricettive che di altro genere;
due progetti di impianti di generazione eolici (il Parco è socio al 50 per cento del Progetto Eolo 21; gli altri soci sono otto Comuni dell’area protetta, più una società di Roma selezionata con una procedura a evidenza pubblica). L’ostacolo maggiore è costituito dalla Regione, che ha bloccato l’installazione di impianti eolici, per cui è stato aperto un contenzioso;
una a caldaia a legno misto gasolio da 70 Kw per alimentare un Punto base del parco; il progetto esecutivo è già pronto. Costo: 55.000 euro.
un progetto per lo sviluppo di motori biodiesel.
Le ragioni della scelta delle energie rinnovabili riguardano sia l’opzione di uno sviluppo sostenibile per tutta l’area che la messa a punto di una politica promozionale.
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15. Parco della Maiella
Per quanto riguarda le biomasse, ci sono stati dei contatti con la Regione per mettere a punto delle idee progettuali, ma un intervento preciso non è stato ancora preso in considerazione.
16. Parco delle Dolomiti Bellunesi
Per quanto riguarda l’utilizzo energetico delle biomasse le iniziative intraprese sono le seguenti:
1. Una caldaia per un'attività di agriturismo, dato in appalto da un Comune. Riscalda e fornisce acqua calda a cucina e stanze. Poi c'è un caseificio che utilizza biomasse come combustibile, ma che non dispone di una caldaia adeguata.
Questo tipo di attrezzatura ha un costo di acquisto elevato, ma il ritorno nel periodo di gestione è garantito. Non è ancora stato fatto un calcolo preciso, perché si tratta di iniziative intraprese per ragioni di carattere ambientale più che economico. I fondi necessari sono stati ricavati dai ribassi d'asta del CIPE - Natur.
La nuova caldaia può essere alimentata sia con pellets che, come seconda opzione, con ceppi da 50 cm e 6-8 cm di diametro,. Il legname viene ricavato sia da boschi cedui che dalla pulizia di quelli vincolati. La superficie sfruttata varia a seconda del bosco. Il combustibile viene acquistato anche sul mercato.
2. Si intende replicare l’iniziativa su due altre strutture/foresterie:
una di dimensioni simili alla prima. Struttura ricettiva, ristorante e stanze (30 posti letto). Gestione in appalto a privati.
Una un po’ più piccola: 20 posti letto. Centro vacanze per scolaresche, nel contesto di promozione ambientale (funzione didattica)
3. Molte stufe a legna per piccoli edifici sono già funzionanti (sedi di servizio, sorveglianza del corpo forestale, ecc.).Si tratta di 10/15 fabbricati su cui sono stati installati anche dei pannelli fotovoltaici.
Non ci sono spazi per piccole centrali di potenza perché l’approvvigionamento è più difficile. Le strutture servite sono in alta montagna o in zone di difficile accesso.
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16. Parco delle Dolomiti Bellunesi (segue)
Nell’area del Parco e nei dintorni operano diversi fornitori di legname: ci sono numerosi boschi cedui, che nel 2002 hanno prodotto circa 17.000 quintali di legname. I privati utilizzano prevalentemente stufe tradizionali (modello altoatesino) in muratura, essendo queste molto diffuse come sistema integrativo del riscaldamento elettrico o a gasolio
Tutte le iniziative rientrano in un progetto Parco fossil-free (rif. Buone Pratiche in Europa), che ha usufruito dei finanziamenti stanziati dal Ministero dell’Ambiente e, qualche anno fa, con il programma ALTENER.
Il progetto ha individuato per ogni edificio la fonte energetica migliore, con l'obiettivo di eliminare completamente i combustibili fossili. Dove non è possibile verranno utilizzati dei generatori convenzionali a bio-diesel. Oggi, ogni nuovo intervento viene implementato sulla base del progetto e della sua filosofia.
Le ragioni sono sia ecologiche che di immagine. Ma contano anche molto le ragioni di ordine economico (con le biomasse si può fare tutto “in casa”), anche se non è stata fatta un’analisi costi benefici precisa.
D’altra parte, se si facesse l’analisi costi/benefici si vedrebbe che la costruzione di impianti ecologici ha impatti ambientali consistenti. Ma le strutture servite sono tutte in alta quota e, a volte, queste sono le uniche soluzioni praticabili.
Professionalità e mentalità (per esempio tra gli amministratori dei Comuni) sono cresciute sensibilmente dal 99 a oggi: un vero e proprio “grande balzo”. Ora i Comuni prendono iniziative anche in modo autonomo.
Il Parco ha sempre cercato di coinvolgere i Comuni e la Comunità Montana per creare sinergie. Per esempio, con il Comune di Belluno, per dare autonomia energetica a un ostello, si è fatto ricorso anche all’uso della geotermia (unita al fotovoltaico).
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In tutti i paesi avanzati, tanto in Europa che nel
continente Nordamericano, il processo di
liberalizzazione in corso nel settore energetico,
unitamente ad un ricorso sempre più esteso all’utilizzo
delle energie rinnovabili e al perseguimento di una
maggiore efficienza degli impianti resa possibile
attraverso il teleriscaldamento (o altre modalità di
sfruttamento del calore), la riduzione delle distanze da coprire per garantire
l’approvvigionamento del combustibile e il vettoriamento dell’energia elettrica
prodotta hanno comportato una progressiva riduzione della taglia dei nuovi
impianti di generazione elettrica.
Si stima che negli Stati Uniti, al 1990, la taglia media dei nuovi impianti di
generazione elettrica è ritornata alle dimensioni che aveva nel 1940, dopo essere
invece cresciuta ininterrottamente per quasi tutta la seconda metà del secolo
scorso.
Lo stesso processo è in corso in molti paesi dell’Unione Europea, che si è
impegnata a raddoppiare l’utilizzo delle energie rinnovabili, portandolo dal 6 del
1995 al 12 per cento previsto per il 2012.
Si stima che l’80 per cento di questo incremento sarà coperto attraverso il ricorso
alle biomasse, il che comporta un aumento di tre volte del potenziale energetico
prodotto attraverso le biomasse e il raggiungimento da parte di questa fonte
energetica di un valore prossimo all’8,5 del fabbisogno energetico complessivo dei
paesi dell’Unione.
Parlare di produzione decentrata, di piccoli impianti e soprattutto di energie
rinnovabili significa dunque affrontare un tema che trova nei territori delle aree
protette, o comunque delle aree ad elevato valore paesaggistico, un ambito di
realizzazione privilegiato.
Qui di seguito forniamo solo alcuni esempi relativi all’utilizzazione su piccola scala,
in forme e/o con tecnologie altamente innovative, delle biomasse.
Buone prassi
in Europa:
una rassegna
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Finlandia: la promozione dell’utilizzo diffuso
(fonte: Fondelf)
Un caso da manuale di un’azione di promozione dell’utilizzo sia diffuso che
centralizzato dei residui dell’attività forestale ci è offerta dal progetto “Promoting
the use of wood energy”, realizzato in Finlandia nel corso del 2001 dal gruppo
Fondelf con il cofinanziamento dell’Unione Europea attraverso il programma Recite
II.
Il progetto ha riguardato la regione di Kainuu, nel nord est della Finlandia: un’area
di circa 90.000 abitanti e 21.600 Km2, con otto comuni rurali e due centri abitati di
medie dimensioni, tra cui Kayaani, il capoluogo della regione, che conta 36.000
abitanti.
La regione possiede circa 2 milioni di ettari di terreno forestabile, di cui 1,664.000
ettari effettivamente forestali. Il 43% dell’area forestata è di proprietà privata; il
39,7% appartiene allo Stato e il 13,6% è di proprietà di gruppi imprenditoriali.
Complessivamente 89.800 ha di foresta sono soggetti a vincoli naturalistici (pari al
5,4 per cento dell’area forestata).
La regione conta complessivamente la presenza di 15.400 aziende agricole, in
massima parte impegnate in attività forestali (solo il 5 per cento pratica anche
forme di agricoltura commerciale), con una media di 55 ha di estensione per
azienda. Il territorio è soggetto a processi di abbandono: solo il 58 per cento dei
titolari di azienda vive ancora nei loro appezzamenti; il 17 per cento abita nella
regione, ma non nei propri appezzamenti, mentre il 25 per cento dei proprietari di
aree forestale abitano al di fuori dei relativi comuni.
L’obiettivo del progetto era incrementare l’utilizzo degli scarti dell’attività forestale
nella produzione energetica e accrescere la conoscenza delle opportunità offerte
dall’uso energetico delle biomasse. I beneficiari del progetto erano i proprietari di
aziende forestali della regione, imprese di differenti dimensioni impegnate nella
filiera energetica (e soprattutto nella produzione di cippato) e le amministrazioni
municipali della regione.
L’attività principale del progetto concerneva la sensibilizzazione della popolazione,
senza però trascurare le opportunità di utilizzo delle biomasse per il riscaldamento
di edifici pubblici e per la generazione elettrica da parte delle Amministrazioni
municipali.
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Il progetto, diretto a tre categorie di decisori – gli amministratori locali, i titolari di
aziende forestali e le imprese del settore, si è articolato in quattro azioni, relative,
rispettivamente a:
Informazione di base sulle risorse disponibili e sulle opportunità che esse rappresentavano.
Questa è stata realizzata attraverso un’analisi delle potenzialità della regione in termini di utilizzo energetico delle biomasse.
Valutando lo scarto non utilizzato dell’attività forestale della regione in una percentuale pari al 20-30 per cento del legname valorizzato, è stato stimata una produzione annua di mezzo milione di m3 (0,25 m3/ha), pari a 1,25 m3 di cippato, ovvero 1 teraWh di energia.
Le risorse disponibili sono risultate nettamente superiori al loro utilizzo effettivo nell’anno 2000 e, quindi, facilmente indirizzabili verso utilizzi addizionali;
Attività di promozione attraverso seminari, partecipazioni a fiere ed eventi dimostrativi.
Sono stati organizzati un seminario a valenza nazionale, con la partecipazione di 110 operatori; la partecipazione con stand, conferenze e dimostrazioni, a cinque fiere locali e una serie di eventi di animazione in mercati e durante festività pubbliche in altre tre occasioni
Attività di consulenza e di trasferimento di know-how.
Questa si è realizzata attraverso l’impegno di due esperti appartenenti alla rete nazionale di promozione dell’uso energetico delle biomasse che hanno effettuato circa 250 visite di consulenza ad altrettante aziende forestali, oltre a un numero imprecisato di visite in edifici pubblici e privati di Kainuu;
Dimostrazioni effettuate attraverso installazioni in loco e viaggi di studio ad altri impianti.
Il mezzo più efficace per promuovere l’utilizzo energetico delle biomasse è stata la visita guidata a installazioni già in funzione.
Molti titolari di aziende forestali utilizzavano già il legno come combustibile per il riscaldamento, ma in impianti tradizionali alimentati a ciocchi, mentre la visita ad impianti molto più efficienti, alimentati con cippato e pellets, li ha convinti a passare alla nuova tecnologia. Decisivo, da questo punto di vista, è il confronto dei costi tra la nuova e la vecchia tecnologia.
Questo vale sia per gli impianti tradizionali alimentati a legna che per quelli degli edifici urbani pubblici e privati alimentati con combustibili fossili, compresa la valutazione dell’opportunità di installare un impianto di cogenerazione – energia elettrica e teleriscaldamento – a livello locale.
Le fonti energetiche rinnovabili nelle aree protette
energia da conversionedi biomasse
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nelle zone ad obiettivo 1
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Danimarca: una cooperativa di utenti
(fonte Legno energia n. 3; marzo 2003)
Un modello organizzativo che riveste un indubbio interesse e che potrebbe essere
riproposto in Italia per promuovere l’utilizzo di energie alternative – soprattutto da
biomasse in centri abitati situati in aree contigue ai parchi - è rappresentato
dall’impianto di cogenerazione con turbina a vapore di Assens, in Danimarca.
L’impianto attuale è nato dalla riconversione a biomasse di un impianto
precedente alimentato a carbone. Il combustibile era costituito in una prima fase
da mattonelle, poi sostituite – per rendere possibile l’alimentazione automatica
dell’impianto - con pellet ricavati da residui forestali, rifiuti organici e trucioli di
segheria, con una umidità media del 40%.
Si tratta di un impianto completamente automatizzato, in funzione per circa 8.000
ore anno, che di notte e durante i week-end funziona in telecontrollo.
E’ gestito da nove addetti, di cui quattro direttamente operanti sull’impianto, per
un impegno complessivo di non più di 8 ore/giorno tra tutti gli occupati.
Poiché il sistema è altamente automatizzato, anche l’approvvigionamento viene
effettuato affidando grosse responsabilità ai fornitori, con cui evidentemente esiste
un rapporto di fiducia. I fornitori scaricano il combustibile su una tramoggia e
prelevano due campioni di esso in sacchi sigillati, forniti di codice a barre, che
depositano alla bocca di un’apparecchiatura che ne effettua in automatico l’analisi
– soprattutto del grado di umidità del materiale – per determinare il prezzo da
corrispondere al fornitore e le modalità con cui inserire la fornitura analizzata
nell’alimentazione del forno, in modo da mantenerne costante il regime.
L’aspetto più interessante è dato dal fatto che l’impianto è gestito da una
cooperativa formata dagli utenti, che utilizzano il calore generato dalla centrale; si
tratta sia di strutture residenziali che di attività produttive. Gli abitanti serviti sono
circa 2.500. La gestione dell’impianto viene effettuata da una struttura di tipo
Onlus, senza scopo di lucro.
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Austria: un impianto modulare di cogenerazione
(fonte: Legno energia, n. 1 marzo 2003)
A Gussing, in una zona ad elevato valore naturalistico dell’Austria, è stato
introdotto un nuovo processo di massificazione della biomassa in un impianto di
cogenerazione.
L’imbianto è basato su un processo di combustione in letto fluido – in cui cioè il
combustibile viene tenuto in sospensione nella camera di combustione da un
flusso di aria e sabbia proveniente dal basso – a due zone.
La gassificazione viene effettuata mettendo il combustibile a contatto con il vapore
a temperatura molto elevata (850°C), in un processo che genera un gas con
elevato contenuto di idrogeno e praticamente privo di azoto, con un potere
calorifico di oltre 12.000 kJ/Nm2, che è circa il doppio di quello prodotto con
processi di combustione effettuati che ricavano l’ossigeno dall’aria.
Un altro vantaggio di questo processo è dato dal fatto che la qualità del gas
prodotto utilizzando il vapore è indipendente dal grado di umidità della biomassa
utilizzata. Inoltre, questo sistema equilibra automaticamente i processi di
combustione e di massificazione, consentendo un funzionamento costante senza
bisogno di eccessive regolazioni e aggiustamenti.
Il gas così prodotto viene successivamente raffreddato fino a una temperatura di
40°C: il calore rilasciato sia nel processo di gassificazione che in quello di
raffreddamento, e quello prodotto dal raffreddamento del generatore vengono
utilizzati per alimentare il sistema di teleriscaldamento. Il gas, una volta
raffreddato viene poi utilizzato nell’alimentazione un generatore di energia
elettrica alimentato da un motore specificamente studiato per ottenere la massima
efficienza da questo tipo di combustibile.
Un ulteriore vantaggio di questo impianto è la completa riutilizzabilità dei residui
ricavati dall’impianto di depurazione del gas, che infatti vengono reimmessi
nell’impianto di massificazione. In questo modo il rendimento energetico totale
dell’impianto (calore + elettricità) arriva all’85%.
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Questo impianto è stato realizzato nel quadro di un piano energetico messo a
punto dalle autorità locali all’inizio degli anni ’90 dello scorso secolo, insieme a un
programma integrato di sviluppo locale – che interessava tanto le fonti
energetiche rinnovabili quanto l’agricoltura, il turismo e le attività manifatturiere -
teso a rivitalizzare l’economia di tutto il territorio, che proprio in quegli anni stava
attraversando una profonda crisi.
Tra le risorse considerate per l’elaborazione del piano un peso particolare compete
alle biomasse ricavate dalla manutenzione dei boschi e dai sottoprodotti
dell’industria della lavorazione del legno, che fino ad allora non avevano trovato
una adeguata valorizzazione. E’ stato così elaborato un nuovo piano energetico a
lungo termine incentrato sulla valorizzazione della biomassa con lo scopo di
sostituire in misure elevata l’energia ricavata da fonti di origine fossile.
Questo piano, che si è andato attuando nel tempo attraverso numerose
realizzazioni, di cui l’impianto di gassificazione della biomassa rappresenta
soltanto l’ultima tappa, ha fatto Gussing un caso esemplare, tanto da assegnare
alla cittadina il ruolo di Centro Europeo per le Energie rinnovabili.
Tra le realizzazioni messe a punto nel quadro di questo piano vanno annoverate
una estesa rete di teleriscaldamento alimentata a biomasse e un impianto per la
produzione di biodiesel (Raps Methil Ester), nonché un netto miglioramento della
qualità dell’aria, riconducibile all’utilizzo dei nuovi combustibili: 96% di riduzione
delle emissioni di anidride carbonica (CO2) e soloforosa (SO2); 83% di riduzione di
monossido di carbonio (CO) e 60 per cento di riduzione di idrocarburi incombusti.
L’impianto di teleriscaldamento è stato realizzato in due fasi: installazione di due
caldaie a biomassa della potenza di 3 e 5 MW; e, successivamente, la
realizzazione del gasogeno a biomassa per la produzione di energia elettrica. La
rete di teleriscaldamento comprende due circuiti della lunghezza di 14 chilometri,
serve circa 300 famiglie, più tutte le grandi utenze come scuole, asili, ospedali,
comprese alcune imprese industriali.
L’impianto di massificazione della biomassa e di generazione di energia elettrica
descritto è un modulo sperimentale da 100 kw di potenza, teso, una volta condotti
a termine i test di funzionamento, a garantire un decentramento della generazione
elettrica da biomassa, avvicinando ulteriormente il processo alle fonti naturali del
combustibile.
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Finalndia: la centrale a gas “fai da te” di Tersola
(fonte: Fondelf)
Un’altra applicazione di un impianto di cogenerazione – produzione di energia
elettrica e teleriscaldamento - basato sulla massificazione della biomassa e su
dispositivi in grado di separare il gas prodotto in due componenti, una pura, da
utilizzare in motori che alimentano un generatore di energia elettrica e l’altra, più
inquinante, da utilizzare solo in una caldaia - debitamente fornita di adeguati
impianti di trattamento dei fumi – destinata per la produzione di calore finalizzato
al teleriscaldamento è stata messa a punto nella cittadina di Tervola, in Finlandia.
In questo caso l’impianto costituisce la prima applicazione di un nuovo brevetto
messo a punto da un ingegnere impiegato presso il Centro-ricerche della città.
Prima di adottare la nuova tecnologia, il progetto è stato sottoposto ad una
verifica tecnica che ne ha evidenziato la maggiore efficienza rispetto agli impianti
similari con tecnologia tradizionale, e a una analisi di rischio, che ha evidenziato la
netta convenienza del nuovo brevetto.
A indurre il Consiglio comunale ad adottare la nuova soluzione, quando si è
trattato di convertire una stazione tradizionale di teleriscaldamento alimentata con
combustibili fossili in un nuovo impianto alimentato a biomassa è stata comunque
la constatazione del livello notevole di sub-fornitura a carattere locale comportato
dal nuovo progetto: non solo per quanto riguarda l’approvvigionamento di
combustibile, ma anche per quanto concerne una quota consistente di componenti
dell’impianto: dunque, energia rinnovabile abbinata a una soluzione di sostegno
allo sviluppo locale.
La componente principale dell’impianto è costituita da un generatore di gas che
consente di gassificare a 1200°C sia la biomassa di origine forestale che i rifiuti
urbani, permettendo di separare una componente di gas che contiene una
notevole componente di catrame, e che viene utilizzata in caldaia, dalla
componente pura, che viene utilizzata per alimentare il motore del generatore
elettrico (con recupero di calore utilizzato anch’esso dalla rete di
teleriscaldamento).
L’impianto, alimentato con segatura, trucioli e corteccia, è completamente
automatizzato e non richiede la presenza di personale. In caso di disfunzioni, invia
un segnale di allarme al telefono cellulare o al computer dell’addetto alla
manutenzione, che viene messo in grado di controllare a distanza i vari parametri
di esercizio.
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Il sistema inoltre ha struttura modulare: possono essere montati e messi in
funzione separatamente il generatore di calore e il generatore elettrico, ed è
possibile aumentare progressivamente la potenza del generatore elettrico – che ha
un rendimento ottimale quando assorbe circa il 30 per cento della potenza
complessiva installata – da un minimo di 2 a un massimo di 15 MWe.
Un sistema del genere è particolarmente consigliato per il teleriscaldamento e il
fabbisogno di elettricità di piccoli centri che si trovano in prossimità di una fonte di
biomassa, consentendo così un vasto decentramento della produzione elettrica
con conseguente riduzione della dispersione e dei costi comportati dal suo
vettoriamento mediante linee ad alta tensione.
Per questo può fondarsi su un accordo di programma tra un piccolo comune e una
o più segherie che producono biomassa, ma può anche essere installato
autonomamente da un gruppo di imprese che attraverso la produzione di i
biomasse di scarto e l’assorbimento del calore e dell’elettricità prodotte per
alimentare macchinari e impianti di essiccazione e/o serre, possono portare ad
una chiusura pressoché totale dei rispettivi cicli di lavorazione.
Vercelli: un’applicazione industriale di una risorsa locale
(fonte Bois energie, n. 5, mars 2002)
L’impianto di Crova, in provincia di Vercelli, è stato concepito e progettato per
valorizzare una risorsa locale che altrimenti sarebbe stata in gran parte sprecata:
la lolla, cioè l’involucro che avvolge i chicchi di riso, largamente presente in
un’area agricola con una elevata produzione risicola e una elevata presenza di
risiere, impianti dove il riso viene lavorato liberandolo innanzitutto dalla lolla.
L’impianto di Crova è stato costruito accanto a una risiera che lo rifornisce di lolla
– anche se il fabbisogno di combustibile della centrale, che ammonta a ben 64mila
tonnellate/anno, non può venir coperto integralmente dagli scarti della risiera a
cui è abbinato, e cede a sua volta il calore prodotto (vapore a 450 °C e 45 bar, in
misura di 33 t/h) agli impianti di produzione di riso parboiled annessi alla risiera,
in un ciclo virtualmente chiuso.
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Ma l’impianto alimenta anche un generatore elettrico con una potenza installata di
6 MWe, solo una parte dei quali viene utilizzata per uso interno e per alimentare
gli impianti della risiera, mentre ben 40mila GWh vengono ceduti alla rete
nazionale e beneficieranno entro breve degli incentivi connessi alla vendita di
certificati versi.
Anche i residui di processo (oltre 8mila tonnellate/anno di ceneri ricche di silice
amorfa, vengono vendute a imprese del settore siderurgico, che le utilizza come
isolante termico). Infine, le polveri generate dal trattamento dei fumi vengono
rimosse ed avviate ad un impianto di trattamento che provvede alla loro
inertizzazione.
L’impianto di Crova è un esempio di stretta integrazione tra la vocazione di
un’area nota in tutto il mondo per la qualità della sua produzione risicola ed il
recupero energetico di un sottoprodotto di lavorazione che altrimenti avrebbe
potuto costituire un problema aggiuntivo per gli equilibri ambientali della zona. Per
questo rappresenta un caso di studio esemplare che può servire da modello per il
recupero di molti altri sottoprodotti dell’agricoltura.
L’area “fossil free” del parco delle Dolomiti Bellunesi
(fonte: Bollettino della rete alpina, n. 8, luglio 2000)
Per la sua rilevanza merita senz’altro di essere annoverata tra le buone pratiche di
livello europeo il progetto di area fossil-free del Parco delle Dolomiti Bellunesi, vale
a dire il programma per liberare completamente l’area del Parco dall’impiego di
combustibili di origine fossile.
Questo progetto, cofinanziato dal Ministero dell’Ambiente, dovrà trasformare il
Parco in un vero e proprio laboratorio di sviluppo sostenibile. Esso prevede
l’utilizzo di tutte le fonti energetiche rinnovabili disponibili: dalle biomasse al
solare termico e fotovoltaico, dall’eolico al mini-idroelettrico. Poiché il territorio è
poco antropizzato (complessivamente i residenti veri e propri nell’area del Parco
sono solo 88) gli interventi possono essere anche limitati dal punto di vista
quantitativo, ma è fondamentale il valore divulgativo del progetto, che
trasformerà l’intera area in una mostra a cielo aperto. Per questo motivo gli
impianti dimostrativi verranno realizzati negli ambiti più frequentati dai turisti:
rifugi alpini, malghe, centri visita.
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Installazioni particolari sono previste anche in Valle del Mis, che è rimasta isolata
dalla rete elettrica nazionale in seguito all’alluvione del 1966 e mai più riconnessa,
causa non ultima dello spopolamento della valle, anche se costituisce attualmente
una delle vie di accesso al Parco più frequentate.
Il progetto prevede l’elettrificazione dell’area con fonti energetiche rinnovabili,
utilizzando impianti microidraulici e fotovoltaici per l’alimentazione delle strutture
turistiche, veicoli elettrici per le esigenze di mobilità dei turisti, battelli elettrici per
la navigazione nel lago.
Le biomasse
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2. LE BIOMASSE
In questa sezione del documento potrete reperire le principali informazioni sulle
differenti forme in cui si presenta la disponibilità di materiale derivante dal
processo di fotosintesi clorofilliana nonché quelle più compatibili per l’utilizzo nelle
aree naturali protette. Nella medesima sezione potrete trovare alcuni cenni sulla
forma di energia che può essere prodotta e sui vantaggi che presenta rispetto ai
tradizionali combustibili fossili. Il capitolo si chiude con una rassegna dei
programmi di utilizzo futuro della biomassa sia al livello globale che per quanto
riguarda l’Italia e consente di avere una prima visione di insieme dell’ambito di
interesse.
S'intende per biomassa ogni sostanza organica
derivante direttamente o indirettamente dalla
fotosintesi clorofilliana. Mediante questo processo, le
piante assorbono dall'ambiente circostante anidride
carbonica (CO2) e acqua (H2O), che vengono
trasformate, con l'apporto dell'energia solare e di
sostanze nutrienti presenti nel terreno, in materiale
organico utile alla crescita della pianta.
In questo modo vengono fissate complessivamente circa 2×1011 tonnellate di
carbonio all'anno, con un contenuto energetico equivalente a 70 miliardi di
tonnellate di petrolio, circa 10 volte l'attuale fabbisogno energetico mondiale.
Si tratta di materiali costituiti fondamentalmente da sei grandi categorie di
prodotti:
1. legname da taglio, proveniente da boschi cedui (ma in questo
caso la frazione utilizzata come fonte energetica si limita, al
massimo, alle sfrondature e ai prodotti dello scortecciamento, in
quanto il fusto ha per lo più una destinazione industriale) o da
coltivazioni di piante a rapida crescita;
Definizione
e
categorie
Le biomasse
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2. sottoprodotti della manutenzione del bosco: alberi vecchi o
da sfoltire, rami secchi e sottobosco;
3. sottoprodotti di coltivazioni agricole, come potature, paglia,
steli di piante annuali, ecc.;
4. sottoprodotti di lavorazioni dell’industria agro-alimentare,
come sanse, lolle, residui della lavorazione della barbabietola ed
altre essenze zuccherine;
5. colture ad hoc di essenze finalizzate alla produzione
energetica, piante a rapida crescita (rotazione) o essenze
destinate alla produzione di biodiesel, che possono essere
prodotte in terreni marginali, non adatti alla produzione di colture
a maggiore valore aggiunto, o in terreni vincolati al set-aside,
nell’ambito delle misure di contenimento delle produzioni
eccedentarie definite in sede di PAC;
6. sottoprodotti della zootecnia: in particolare deiezioni e lettiere
che possono essere valorizzate attraverso la produzione di
biogas;
A queste sei categorie di biomasse alcuni aggiungono anche i rifiuti, che solo in
parte possono essere considerati materiali di origine organica, in quanto la
frazione dei rifiuti con maggiore potere calorifico è costituito dalle plastiche, che
sono un derivato della lavorazione di idrocarburi.
Le biomasse
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L’unica componente dei rifiuti che può a pieno titolo essere assimilata alle
biomasse è il legno degli imballaggi (casse, cassette e pellet) che presenta
caratteristiche del tutto omogenee con il legname vergine ricavato dai boschi e
dalle colture arboree.
In linea di massima tutte le prime sei fonti di biomasse
– e senza escludere il legno degli imballaggi - sono
compatibili con i vincoli propri di un’area protetta,
anche se le risorse principali sono in genere riscontrate
– nell’ordine - nelle categorie:
1. sottoprodotti della manutenzione
forestale;
2. sottoprodotti di coltivazioni agricole;
3. sottoprodotti del legname da taglio.
Dalla lavorazione del legno si ottengono moltissimi derivati: cascami derivanti
dalla lavorazione dei tronchi: rami, fogliame, corteccia, intestature, ecc…; refili e
intestature derivanti dalla lavorazione delle tavole da segheria e dalle lavorazioni
successive come imballaggi, pallet, segatura, trucioli, imballaggi usati, pallet
usati, ecc.
Le ricerche agronomiche hanno inoltre individuato diverse specie culturali la cui
qualità fondamentale è quella di avere un bilancio energetico il più possibile
favorevole, caratterizzate cioè da elevata efficienza fotosintetica e basso costo
energetico, con limitata necessità di pratiche agronomiche, quali lavorazioni del
terreno, concimazioni, irrigazioni. Sono state così rivalutate anche alcune colture
che in passato erano considerate infestanti, come il cardo, la ginestra e la robinia,
in grado di crescere in condizioni estreme, in terreni aridi e improduttivi, e colture
tipiche della fascia subtropicale, come il sorgo zuccherino.
Biomasse
e
compatibilità
con le
aree protette
Le biomasse
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Anche l’evoluzione delle tecnologie di meccanica agraria per la raccolta, lo
stoccaggio e il trasporto all’industria di trasformazione ha portato alla
realizzazione di sistemi per offrire un prodotto con caratteristiche uniformi e
risolvere i principali problemi delle colture zuccherine (facilmente fermentescibili)
e delle colture che producono biomassa con umidità superiore al 30%.
Problemi di conservazione presentano anche le specie poliennali come il pioppo, la
robinia e il salice, la cui raccolta viene effettuata ogni 2-3 anni, perché sono
costituite per il 50% da umidità. Sono state sviluppate tecniche di disidratazione
della biomassa nel campo o in cumuli coperti. Le colture energetiche inoltre
offrono la possibilità di diversificare le attuali produzioni agricole eccedentarie in
direzione di impieghi non alimentari.
Per quanto riguarda gli utilizzi energetici delle
biomasse, le destinazioni possibili sono molteplici e
rientrano grosso modo in tre categorie generali:
1. utilizzo diretto tramite combustione per la generazione di calore: Questo utilizzo, a sua volta, può avvenire: in forma diffusa, per alimentare impianti di riscaldamento e di produzione di acqua calda in abitazioni singole o complessi residenziali di piccole dimensioni; ovvero per alimentare impianti centralizzati di teleriscaldamento (ma questo avviene in genere in abbinamento con la generazione di energia elettrica) o per la generazione di vapore ad uso industriale o per il riscaldamento di impianti agricoli o zootecnici come serre o stalle;
2. utilizzo diretto per la generazione di energia elettrica da immettere in rete: Ove è possibile in impianti di co-generazione, che producono anche vapore per il teleriscaldamento o per usi industriali, agricoli o zootecnici. Oggi, in termini economici, la produzione in loco di energia elettrica mediate centrali di ridotta potenza (1-3 MWe), specialmente in zone isolate, è molto più vantaggiosa del trasporto via rete;
Prodotti
derivanti
dall’utilizzo
delle
Biomasse
Le biomasse
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3. utilizzo indiretto per generare altri combustibili attraverso processi biochimici: Quali la digestione anaerobica, la fermentazione alcolica, la digestione aerobica, o termochimica, quali massificazione, pirolisi, carbonizzazione, estrazione di oli vegetali: i primi sono particolarmente adatti per le biomasse ad elevata umidità; i secondi per i residui cellulosici e legnosi con umidità inferiore al 30%. I prodotti che ne risultano sono metano, etanolo, metanolo, oli vegetali che, attraverso processi di esterificazione, concorrono alla produzione di carburante biodiesel, o prodotti solidi carboniosi.
In termini generali – e con le dovute eccezioni – il legname e il materiale
proveniente dagli scarti delle attività agricole è meglio utilizzato in forma diretta,
come combustibile, sia sotto forma di ciocchi o di cippato (legname e frasche
triturati) che sotto forma di pellet (legname e frasche triturate e pressate, in modo
da conseguire una elevata densità e una maggiore maneggiabilità nella
alimentazione continua e uniforme degli impianti, grazie alle caratteristiche che lo
avvicinano a quelle di un fluido).
I sottoprodotti di origine zootecnica possono essere riutilizzati quasi
esclusivamente nella produzione di biogas: una percentuale di metano prossima al
50%, il resto essendo costituito da anidride carbonica e tracce di altre sostanze:
un prodotto del tutto simile a quello rilasciato dalle discariche o dai processi di
digestione anaerobica dei rifiuti in ambienti controllati (reattori). Ma la produzione
di biogas, con una quota variabile di sottoprodotti costituiti da oli combustibili
(fluidi) e combustibili solidi è ottenibile anche attraverso processi di pirolisi
(combustione controllata in carenza di ossigeno)
Le colture effettuate a scopo energetico e i sottoprodotti della lavorazione di
sostanze zuccherine o ad elevato contenuto di amidi sono utilizzate al meglio nella
produzione di metanolo e, attraverso la sua esterificazione, di combustibile
biologico (biodiesel) utilizzabile – da solo o in combinazione con combustibili
ricavati da idrocarburi - in motori tradizionali appositamente modificati.
Le biomasse
energia da conversionedi biomasse
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In tutti i casi l’utilizzo a scopo energetico delle biomasse genera dei sottoprodotti:
ceneri ad elevato contenuto di nutrienti (fosforo e potassio) per l’agricoltura o
residui solidi da sottoporre a compostaggio da utilizzare come ammendante
agricolo che devono rientrare nel bilancio energetico ed economico del ciclo
complessivo.
Al tempo stesso, l’utilizzo a fini energetici della biomassa legnosa entra in
competizione diretta con altri utilizzi industriali, in particolare la fabbricazione di
pannelli truciolati – settore che in Italia è particolarmente sviluppato e
tecnologicamente agguerrito – sicché la destinazione ultima del materiale deve
essere lasciata al mercato, garantendo comunque, attraverso contratti pluriennali,
la sicurezza dei rifornimenti agli impianti che se ne sono aggiudicati la fornitura.
In questa competizione gioca a favore degli impieghi energetici la vicinanza tra il
luogo di produzione e la sede di utilizzo: in particolare quando questo assume la
forma di un utilizzo diffuso, come nel caso degli impianti di riscaldamento
domestici.
In quanto risorsa energetica da utilizzarsi in un
contesto generale, la biomassa destinata alla
combustione in forma diretta – sia sotto forma di
ciocchi che di cippato o di pellet - si trova in
competizione diretta con i combustibili di origine
fossile. Sia in questo caso che nell’applicazione in area
protetta di valore naturalistico il confronto risulta
senz’altro favorevole alla biomassa:
dal punto di vista economico
come si può ricavare dalla tabella 1, che mette a confronto la biomassa
legnosa con i più comuni combustibili utilizzati per usi termici in base al
rispettivo potere calorico ed ai rispettivi costi
Biomasse
e
Combustibili
tradizionali
Le biomasse
energia da conversionedi biomasse
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dal punto di vista ambientale
perché, in termini di riscaldamento del pianeta (global warming) la
combustione di biomassa non contribuisce all’effetto serra, in quanto
l’anidride carbonica che viene emessa è pari a quella che è stata a suo tempo
sottratta all’atmosfera dai processi di fotosintesi che hanno generato la
biomassa stessa, e confluirebbe comunque nell’atmosfera attraverso i
processi di decomposizione spontanee della materia organica (mentre
l’anidride carbonica emessa dalla combustione degli idrocarburi si va invece
ad aggiungere a quella immessa in atmosfera dal ciclo naturale del carbonio);
inoltre la biomassa utilizzata a fini energetici richiede in tutti i casi una
movimentazione su distanze molto minori di quelle – planetarie – degli
idrocarburi, e una conseguente minore emissione di anidride carbonica
Per quanto riguarda poi l’ambiente a livello locale, la produzione di biomassa
attraverso la manutenzione del bosco o l’utilizzazione di terreni in dissesto
idrogeologico per attività forestali finalizzate alla produzione di energia permette
di conseguire importanti benefici anche in termini di arresto dell’erosione e del
degrado delle aree montane, arresto dei processi di inaridimento e di
desertificazione e creazione di habitat più adatti alla diffusione di specie animali.
Le biomasse
energia da conversionedi biomasse
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tabella 1: poteri calorifici/costi indicativi di combustibili Fossili e biomasse (fonte: Il sole a trecentosessantagradi, n. 10, novembre 2002, p. 5)
COMBUSTIBILI FOSSILI Potere calorifico netto
Costo €/kg
Litro eq. GPL (kg)
Costo €
Gasolio 11,7 0,990 0,62 0,61 Metano 13,5 0,720 0,54 0,39 GPL 12,8 1,097 0,57 0,62
BIOMASSA
Legna da ardere (25% umidità)
3,5 0,103 2,07 0,21
Legna da ardere (45% umidità)
2,4 0,077 3,02 0,23
Cippato faggio/quercia (25% umidità)
3,5 0,067 2,07 0,14
Cippato faggio/quercia (50% umidità)
2,1 0,057 3,43 0,19
Cippato pioppo (25% umidità)
3,3 0,052 2,17 0,11
Cippato pioppo (50% umidità)
1,9 0,036 3,72 0,13
Pellet di legno (max 10% umidità)
4,9 0,180 1,48 0,27
Le biomasse
energia da conversionedi biomasse
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Le biomasse soddisfano circa il 15 per cento circa degli
usi energetici primari nel mondo, con 55 milioni di
TJ/anno, pari a circa 1.200 Mtep (milioni di tonnellate
di petrolio equivalenti)/anno). Questi consumi
presentano però forti disparità tra il nord e il sud del
pianeta.
Nel complesso i paesi in via di sviluppo ricavano quasi
il 40% della propria energia dalle biomasse (ma in
molti di essi l’utilizzo ammonta fino al 90 Per cento dei consumi energetici),
mentre i paesi industrializzati utilizzano le biomasse per coprire non più del 3 per
cento degli usi energetici primari (7 milioni di TJ/anno, pari a circa
150 Mtep/anno).
In Europa l’utilizzo di biomasse a scopo energetico ammonta a circa 65
Mtep/anno, pari al 3-4 per cento dei consumi primari. Consumi decisamente
superiori alla media si riscontrano in Svezia e Finlandia (17 e 18 per cento circa) e
in Austria (13 per cento).
I consumi percentuali dell’Italia sono invece decisamente inferiori alla media (pari
a circa il 2 per cento del fabbisogno complessivo).
Si stima comunque che un corretto sfruttamento delle biomasse in Europa
potrebbe offrire un potenziale prossimo a 135 Mtep/anno, pari al 10% del
consumo globale di energia: tre volte – quindi – quello attuale (Libro Bianco della
CE).
L’Europa ha attualmente un potenziale produttivo di oltre un milione di tonnellate
di biodiesel, con 21 impianti dedicati localizzati soprattutto in Francia, Italia,
Austria, Germania e Belgio.
Produzione
e
utilizzo
delle
Biomasse nel Mondo
Le biomasse
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
36
L’Italia possiede quasi 9 milioni di ettari superficie
forestale, alla quale vanno aggiunti siepi, boschetti e
coltivazioni arboree da legno presenti nelle pianure.
In Italia le biomasse disponibili per produrre energia
sono quasi esclusivamente costituite da legna da
ardere, residui agricoli agroindustriali e forestali e
rifiuti solidi urbani: sono scarsamente sviluppate, cioè,
le colture dedicate ad usi energetici.
La maggior parte dei boschi italiani è però di proprietà privata; e per questo molto
frammentata e poco curata. Anche la maggior parte dei boschi demaniali, in
mancanza di piani di riassetto forestale, o a causa di una loro insufficiente
attuazione, presentano condizioni di degrado che, oltre ad esporli a pericoli di
incendio e dissesto idrogeologico, ostacolano lo sfruttamento della biomassa
ricavabile anche dalla semplice manutenzione.
Il contenuto energetico delle risorse disponibili nel nostro paese è valutato in circa
66 milioni di tonnellate di sostanza secca, pari a 26-27 milioni di Mtep. La parte di
questa biomassa ricuperabile per fini energetici viene stimata in circa il 50% di
quella prodotta (dunque, circa 13 Mtep).
Un adeguato programma di rimboschimento e di
mantenimento delle foreste esistenti potrebbe rendere
disponibili nuove superfici boschive sfruttando una
parte dei 3 milioni di ha circa non destinati
all’agricoltura perché scarsamente produttivi, e dei
250.000 ha circa destinati al set-aside dalla Politica
agricola Comunitaria (PAC). Si tratta di suoli
prevalentemente situati nelle aree montane e nelle
regioni del centro-sud del paese.
Una stima ragionevole fa ammontare a un milione di ettari il territorio che
potrebbe essere destinato a riconversione a colture annuali o poliennali per la
produzione di biomassa da energia, con una produttività media stimata in 10
t/anno di biomassa per ha, per una produzione complessiva di circa 10 milioni di
tonnellate.
L’uso
energetico
delle
Biomasse
in Italia
I programmi
di
sviluppo
delle
Biomasse
Le biomasse
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
37
L’uso attuale di biomasse per la produzione di energia elettrica è comunque
limitato a circa il 14 per cento del potenziale complessivo. All 1999 erano in
funzione impianti che utilizzavano biomasse per una potenza di 22 MWe; una
frazione quasi insignificante rispetto ai 380 MWe selezionati con le procedure
previste dal Decreto 6/92 del Comitato Interministeriale Prezzi, il cosiddetto CIP6
(si trattava, però, in gran parte, di impianti finalizzati alla valorizzazione
energetica dei rifiuti).
La generazione di calore da legna e altre biomasse assimilabili per uso domestico
si aggira, secondo Enea, intorno ai 3-6 Mtep un contributo che potrebbe
sicuramente crescere.
Oltre al riscaldamento domestico, il settore in cui l’utilizzo di biomasse è
suscettibile di una maggiore penetrazione quello del teleriscaldamento nei centri
urbani.
In particolare, al 1999 erano in esercizio 41 sistemi di teleriscaldamento di piccola
taglia alimentati da biomassa legnosa in piccoli comuni dell’Italia settentrionale,
con una potenza installata di 55 MWt. Un’altra decina di impianti analoghi sono
attualmente in via di costruzione.
l Libro Bianco per le Fonti Rinnovabili (rif: allegato 1) dell’ENEA e il Programma
Nazionale Energia Rinnovabile da Biomasse (rif: allegato 2) del Ministero per le
Politiche Agricole e Forestali situano in circa 10 Mtep/anno il contributo che le
biomasse potrebbero dare al fabbisogno nazionale entro il 2012 (Obiettivo
temporale del Protocollo di Kyoto (rif: allegato 3).
L'utilizzo delle biomassea scopo energetico
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
38
3. L’UTILIZZO DELLE BIOMASSE A SCOPO ENERGETICO
Questa sezione del documento è volta ad approfondire le problematiche connesse
all’utilizzo di questa fonte energetica in modo da poter individuare l’impianto più
adatto per le Vostre esigenze/possibilità: bisogna infatti decidere fin dalla fase
preliminare - avendo ben presente le condizioni del mercato - se orientarsi verso
la realizzazione di impianti di potenza centralizzati o verso la diffusione di impianti
di taglia medio-piccola dedicati all’uso domestico; in particolare nei confronti delle
biomasse è importante individuare anche i prodotti che verranno rilasciati al
termine del processo (non solo potenza calorifica ma anche oli, gas, residui per
compost, etc.).
In Italia l’offerta di energia termica ed elettrica e di
biocombustibili per autotrazione ricavati da biomasse è
sostanzialmente limitata da questi fattori:
l’insufficiente sviluppo della gestione e della manutenzione
forestale nonché la mancata valorizzazione dei suoli non utilizzabili per
colture alimentari a causa della loro scarsa produttività: questo problema
riguarda anche il territorio delle aree protette e va affrontato
contestualmente ai piani di riassetto forestale;
la scarsità di soggetti imprenditoriali disponibili ad impegnarsi
nella valorizzazione delle biomasse in impianti centralizzati di piccola
taglia per la produzione di energia elettrica e calore.
Questa situazione è in verità in via di cambiamento, in quanto negli ultimi
tempi le iniziative e le dichiarazioni di intenti si sono moltiplicate, anche
in vista della possibilità di ammortizzare il costo degli impianti con i
“certificati verdi” introdotti dal decreto Bersani in sostituzione degli
incentivi previsti dal precedente decreto – cosiddetto CIP6 - che avevano
attirato però l’attenzione degli investitori soprattutto verso il trattamento
dei rifiuti solidi urbani, da cui ci si riprometteva allora maggiori vantaggi
economici, anche a causa degli automatismi nei rifornimenti;
Le
strozzature
dell’offerta
L'utilizzo delle biomassea scopo energetico
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
39
la mancanza di una rete capillare di installatori e di
manutentori per sostenere la diffusione degli impianti termini
domestici (stufe e impianti di riscaldamento di piccole dimensioni)
che costituiscono invece – fino a saturazione del fabbisogno - la
forma di utilizzo più economica e più efficiente della biomassa
ricavata dalle gestioni forestali per tutti gli edifici che si trovano in
prossimità delle aree di produzione;
la diffusione ancora limitata di biocombustibili per
autotrazione, sia in termini di estensione dei suoli destinati a
colture dedicate, sia in termini di impianti di trasformazione, sia –
infine – in termini di consistenza delle flotte dotate di propulsori in
grado di utilizzarli; questo è un problema che, dal lato dell’offerta,
riguarda in misura marginale le aree protette, mentre riveste
un’importanza vitale dal lato della domanda, dal momento che dotare
il territorio di mezzi per il trasporto pubblico, di persone e di merci, a
basso impatto ambientale rappresenta un passo decisivo sulla strada
della tutela dell’ambiente e della sostenibilità dei sistemi di mobilità;
Tutti o quasi questi fattori dipendono in ultima analisi da una insufficiente
informazione sia sui vantaggi ambientali ed economici che si possono ricavare da
un ricorso intensivo alle biomasse come fonti energetiche, sia sui sistemi di
incentivazione economica e finanziaria che ne sostengono lo sviluppo, sia –
soprattutto – sulle opportunità occupazionali e imprenditoriali che una
riconversione ecologica anche parziale del sistema energetico comporta,
soprattutto a livello locale; a queste, peraltro, sono collegate opportunità di
carattere anche più “strategico” in termini di sviluppo locale, quali la promozione
di figure professionali ad elevato livello di specializzazione e il collegamento diretto
con centri di ricerca e di sperimentazione – sia nel campo dell’impiantistica che
della forestazione e delle colture specializzate – che lavorano sulle nuove
frontiere dello sviluppo sostenibile.
Per affrontare i problemi dell’appprovvigionamento di biomassa, ma anche quelli
connessi al suo trattamento e alla diffusione delle tecnologie e dell’impiantistica
connesse, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MIPAF) ha lanciato, nel
1988 il Programma Nazionale Energia Rinnovabile da Biomasse (PNERB) e
successivamente il Programma Biocombustibili (PROBIO) (rif: allegato 4) per la
promozione e la diffusione dei combustibili ricavati da risorse vegetali.
L'utilizzo delle biomassea scopo energetico
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
40
Sempre in tema di sostegno alla produzione di biomassa la Federlegno-Arredo ha
lanciato i l progetto “Restauro del Bosco” (rif: allegato 5) affidandone la gestione
all’Associazione Forestale Italiana; il programma ha lo scopo di fare manutenzione
di oltre 3,6 milioni di ettari di bosco ceduo (più del 43 per cento del totale dei
boschi) abbandonato e potrebbe portare a sviluppare convenienti sinergie con gli
Enti di gestione delle aree protette.
In Europa le imprese di dimensioni medio-grandi che
operano nel settore della generazione di energia
elettrica da biomasse sono oltre 200. In Italia gli
impianti di questo genere sono una decina, ma con
molti progetti nuovi in corso di messa a punto,
autorizzazione o costruzione. I principali produttori di
impianti sono costituiti da gruppi francesi ed austriaci.
Questi impianti, di taglie comprese tra uno e 20-30 MW elettrici o misti /termici ed
elettrici) richiedono circa 10.000 t/anno di biomassa legnosa per MWe di potenza.
10.000 t/anno di biomassa legnosa corrispondono mediamente alla produzione di
1.000 ha di bosco sottoposto a manutenzione e pulitura, ovvero a 300-350 ha di
bosco da taglio, con un giro di affari relativo alla produzione di biomassa di 6-
700.000 euro.
La movimentazione di 10.000 t/anno di legname richiede il passaggio di 6-7
camion al giorno per rifornire la centrale; e questo costituisce indubbiamente
l’impatto ambientale maggiore di questo tipo di centrali. Se la taglia dell’impianto
è al di sotto del MW di potenza, la movimentazione può essere effettuata anche
solo utilizzando i trattori ed i mezzi agricoli utilizzati all’interno delle aree boscate
o dagli agricoltori proprietari del bosco. Al di sopra di questa taglia il ricorso a
mezzi pesanti diventa però indispensabile.
La taglia ottimale di questi impianti è considerata in genere quella da 3MWe, se
l’impianto è adibito a produzione di energia elettrica, o, meglio, a cogenerazione
grazie all’allacciamento a reti di teleriscaldamento, mentre per gli impianti con
finalità solo termiche le dimensioni ottimali possono scendere anche fino a un solo
MWt o meno. Più l’impianto è piccolo, minori sono, a parità di contesto, i costi e
l’impatto ambientale del trasporto.
Gli
impianti di potenza
L'utilizzo delle biomassea scopo energetico
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
41
In un contesto di utilizzo sperimentale/esemplare di
impianti posti all’interno di aree protette, la diffusione
di impianti di piccola taglia per il riscaldamento di
uffici, centri di informazione e/o documentazione, spazi
didattici, rifugi ed in genere piccoli edifici isolati pare
quella auspicabile per arrivare – sul medio lungo
periodo - a soluzioni più complesse di interazione con i
produttori di biomassa.
Il mercato dei dispositivi di piccola potenza (10-50 kW) per riscaldamento
domestico è pari ad alcune decine di migliaia di unità all’anno.
Oggi la tecnologia delle stufe a fiamma inversa consente un rendimento prossimo
al 90 per cento, fortemente competitivo nei confronti delle tradizionali fonti
energetiche di origine minerale anche nei costi, oltre che nell’impatto ambientale.
Per gli impianti di riscaldamento o di produzione di acqua calda che superano la
soglia dell’abitazione unifamiliare (piccoli condomini, alberghi e ristoranti, uffici e
servizi), che possono essere proprio quelli in cui si trovano ad agire gli Enti di
gestione delle aree protette, è senz’altro opportuna la presenza di una fase
intermedia di lavorazione della biomassa legnosa: cioè la coppatura (o
macinazione di scaglie minute, chips) e la pellettizzazione, che permette di
inserire a monte delle caldaie dei dispositivi di alimentazione automatica. La
coppatura e in alcuni casi la pellettizzazione sono d’altronde indispensabile per
garantire l’alimentazione di tutti gli impianti di potenza.
Nel caso dell’utilizzo di sistemi analoghi all’interno delle aree protette sarà dunque
necessario prevedere attentamente le attività e le risorse necessarie per la
preparazione preventiva del materiale.
I produttori italiani sono numerosi (circa 150), ma in gran parte privi di reti di
distribuzione adeguate (e, quindi, anche di servizi di assistenza tecnica post
vendita), che costituisce un fattore essenziale di successo.
A complicare le cose, gli agenti di vendita di queste attrezzature sono per lo più
monomandatari: con la conseguenza di non riuscire sempre a soddisfare le
esigenze dei clienti, se il prodotto adatto non è presente nel loro listino; ovvero a
promuovere prodotti che non realizzano i target di efficienza resi possibili dallo
sviluppo delle tecnologie.
Gli impianti
per
uso domestico
Il quadro normativodi riferimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
42
4. IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
La presente sezione riporta una panoramica del corpus normativo che regola
l’utilizzo delle biomasse ma anche delle energie alternative in genere in modo che
sia più agevole, una volta individuato in linea di massima l’impianto che verrà
installato, identificare le norme che ci consentano di intervenire con efficacia. In
apertura del capitolo sono inoltre citati i principali documenti di indirizzo disponibili
per avere un quadro complessivo dei principali obiettivi strategico-programmatici.
Per economia d’uso tutti i riferimenti citati si trovano per esteso in formato
elettronico e collegati automaticamente attraverso dei links alla copia di questo
testo nel formato su CD-ROM.
Occuparsi dell’utilizzo di fonti energetiche “alternative”
all’interno di contesti territoriali quali le aree protette,
caratterizzati da forti sensibilità nei confronti del
“problema ambiente”, implica la conoscenza e l’utilizzo
dei principali strumenti di orientamento sui temi della
sostenibilità dello sviluppo (rif: allegato 6).
In un contesto di mondializzazione dei traffici e dei sistemi economici, sviluppatasi
nel corso degli ultimi cinquanta anni, si è prodotta quasi contemporaneamente la
globalizzazione del problema ambiente. A partire dagli anni settanta sono stati
infatti prodotti una serie di documenti, conferenze e protocolli sulle tematiche
ambientali, che hanno prodotto il concetto di “sviluppo sostenibile” nell’accezione
che viene attualmente riconosciuta ed utilizzata universalmente.
Il momento di svolta può essere situato temporalmente alla pubblicazione degli
scritti dell’economista rumeno Nicholas Georgescu-Roegen (rif: allegato 7), che
per primo collega il tema dell’utilizzo delle risorse naturali alle teorie economiche.
Documenti di indirizzo
Il quadro normativodi riferimento
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nelle zone ad obiettivo 1
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Contemporaneamente vari istituti universitari intraprendono lo studio di modelli
matematici di simulazione degli effetti globali provocati dal trend di sviluppo
socio-economico mondiale sull’ambiente (in questo periodo lo sviluppo
dell’informatica consente infatti di lavorare con elaboratori più potenti e in grado
di interpolare serie sempre più complesse di dati). Il modello World III, elaborato
dal System Dynamics Group (rif: allegato 8) del MIT, pubblicato dal Club di Roma
nel 1970 diventa rapidamente il riferimento per tutta una serie di istituti di studi a
livello mondiale.
A partire dal 1972 - Conferenza delle Nazioni Unite a Stoccolma - le
problematiche mondiali legate all’utilizzo delle risorse ambientali vengono raccolte
e sviluppate attraverso le Nazioni Unite, che divengono il maggiore veicolo di
informazione ed elaborazione dei concetti chiave attraverso l’indizione di
conferenze, l’edizione di rapporti e di piani di azione che fornicono le principali
linee programmatiche fino ad oggi.
Il documento chiave in cui per la prima volta viene presentato il concetto di
“sviluppo sostenibile” sarà edito solo nel 1987 ed è quel documento che da quel
momento in poi sarà conosciuto con il nome di “rapporto Brundtland”
(rif: allegato 9).
La Commissione Brundtland definisce sviluppo sostenibile come:
uno sviluppo in grado di soddisfare i bisogni delle generazioni attuali senza
compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni;
un processo nel quale lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti,
l'orientamento dello sviluppo tecnologico ed il cambiamento istituzionale sono tutti in
armonia, ed accrescono le potenzialità presenti e future per il soddisfacimento delle
aspirazioni e dei bisogni umani.
Il quadro normativodi riferimento
energia da conversionedi biomasse
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nelle zone ad obiettivo 1
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Questa potente dichiarazione significa che sostenibilità e sviluppo devono
procedere insieme:
sostenibilità come precondizione per la conservazione di uno sviluppo
duraturo, ricostituendo e sostituendo le risorse delle attuali e future
generazioni;
sviluppo come modo per superare la povertà, amministrando le risorse per
affermare, contemporaneamente:
i. equità sociale (all'interno delle singole comunità e nel rapporto tra
esse e gli individui);
ii. equità interlocale e/o interregionale (tra le varie comunità
territoriali);
iii. equità intergenerazionale (tra le presenti e le future comunità).
Due principi assumono, in particolare, un significato ed un ruolo trasversale:
quello inter-temporale e quello inter-regionale.
Il principio intertemporale
Si riferisce all'avvenire (o posterità), al presente ed al passato.
L'equità, come valore da realizzarsi fra generazioni, chiama la società ad
operare su una scala temporale diversa rispetto a quella correntemente usata
in economia. Per garantire lo sviluppo sostenibile si deve adottare una
programmazione di lungo termine al fine di prendere in considerazione
l'impatto sul benessere delle future generazioni.
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nelle zone ad obiettivo 1
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Il principio inter-regionale
Si riferisce all'assenza di confini della dinamica ambientale.
Nessun paese può considerarsi separato dagli eventi generali della natura.
Oggi questo è vero anche nell'economia e nella società (globalizzazione dei
mercati, istituzioni, stili di vita, culture). Ogni cosa è connessa. Le diversità
sono mischiate. In questo ambito, locale e globale, sono importanti e
simultanei poiché "una comunità sostenibile vive in armonia con il proprio
ambiente locale e non danneggia ambienti a lei distanti ed altre comunità —
ora e nel futuro " (IUCN, UNEP, WWF, 1991).
A conclusione della Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo -
riunita a Rio de Janeiro dal 3 al 14 giugno 1992 – prende forma la “dichiarazione
di Rio” (rif: allegato 10) con lo scopo di instaurare una nuova ed equa partnership
globale attraverso la creazione di nuovi livelli di cooperazione tra gli stati, i settori
chiave della società ed i popoli.
Di particolare interesse per i fini della presente pubblicazione sono i seguenti
enunciati:
principio 9
Gli Stati dovranno cooperare onde rafforzare le capacità istituzionali endogene
per lo sviluppo sostenibile, migliorando la comprensione scientifica mediante
scambi di conoscenze scientifiche e tecnologiche e facilitando la preparazione,
l'adattamento, la diffusione ed il trasferimento di tecnologie, comprese le
tecnologie nuove e innovative.
Principio 11
Gli Stati adotteranno misure legislative efficaci in materia ambientale. Gli
standard ecologici, gli obbiettivi e le priorità di gestione dell'ambiente dovranno
riflettere il contesto ambientale e di sviluppo nel quale si applicano. Gli standard
applicati da alcuni paesi possono essere inadeguati per altri paesi, in particolare
per i paesi in via di sviluppo, e imporre loro un costo economico e sociale
ingiustificato.
Il quadro normativodi riferimento
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nelle zone ad obiettivo 1
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Al di là dei contenuti della Dichiarazione di Rio, il summit rimarrà nella storia per il
lancio del processo chiamato agenda 21 (il piano di lavoro per il 21° secolo) (rif:
allegato 11): un programma strategico su scala planetaria che, attraverso un
procedimento a cascata, si manifesta ormai alla scala delle municipalità attraverso
i progetti che lo Stato Italiano finanzia con le “agenda 21 locali”.
Il 16 marzo1998 viene aperto per l’adozione il protocollo di Kyoto sui
cambiamenti climatici, attualmente non ancora sottoscritto dai principali produttori
di sostanze volatili responsabili del cosiddetto “effetto serra”: gli Stati Uniti e
quindi potenzialmente nullo.
I documenti più importanti del dibattito attuale sono frutto degli ultimi summit
mondiali: Stoccolma (rif: allegato 12) e Johannesburg (rif: allegato 13) svoltasi a
settembre del 2002 e rivolti alle problematiche di attuazione del programma
Agenda 21.
A livello comunitario sono per lo più presenti
documenti derivanti da summit e incontri, variamente
adottati al livello dei singoli Stati Membri.
In particolare vanno segnalati tra i documenti
programmatici il libro bianco Energia per il futuro: le
fonti energetiche rinnovabili (rif: allegato 14), che
fornisce un quadro abbastanza esaustivo della situazione europea e il libro verde
Verso una strategia europea di sicurezza dell’approvvigionamento energetico
(rif: allegato 15) in quanto preparatorio alla Guida europea all’Agenda 21 Locale –
La sostenibilità ambientale: linee guida per l’azione locale disponibile nella
traduzione italiana (rif: allegato 16).
Tra i documenti di indirizzo disponibili solo nelle versioni in lingua originale vanno
poi segnalati: il documento di lavoro della Commissione Consultation paper for the
preparation of e EU strategy for Sustainable development (rif: allegato 17), il
documento elaborato con il Club di Roma Towards a EU strategy for Sustainable
Development (rif: allegato 18).
Le Politiche
dell’Unione
Europea
Il quadro normativodi riferimento
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nelle zone ad obiettivo 1
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Da segnalare la comunicazione interpretativa della Commissione dedicata alla
gestione degli appalti pubblici: Il diritto comunitario degli appalti pubblici e le
possibilità di integrare considerazioni di carattere ambientale negli appalti pubblici
(rif: allegato 19).
Gli ultimi documenti disponibili in ordine di tempo sono un paper della Agenzia
Europea dell’Ambiente e una comunicazione della Commissione del marzo 2003
dal titolo Verso un piano d'azione per le tecnologie ambientali (rif: allegato 20)
dedicato all’impostazione strategica delle politiche di sviluppo sostenibile.
I documenti di indirizzo a livello nazionale trovano
riscontro nel PATTO PER L'ENERGIA E L'AMBIENTE (rif:
allegato 21) della IV Commissione Cnel e negli
ORIENTAMENTI PER IL PROGRAMMA DI SVILUPPO DEL
MEZZOGIORNO 2000-2006 (Rapporto di sintesi
predisposto dal Comitato nazionale per i fondi
strutturali comunitari 2000-2006) (rif: allegato 22).
Per quanto riguarda la realizzazione delle politiche espresse nell’agenda 21 a
livello nazionale possiamo citare la Strategia Nazionale Ambientale per uno
Sviluppo Sostenibile (rif: allegato 23) e il Piano Nazionale per lo Sviluppo
sostenibile (rif: allegato 24) in attuazione dell'Agenda 21 del Ministero
dell’Ambiente; dal punto di vista pratico è consigliabile consultare la GUIDA ANPA
PER LE AGENDE 21 LOCALI (rif: allegato 25).
Per quanto riguarda le politiche nei confronti delle aree protette è utile consultare
il documento L’energia dei Parchi - PROTOCOLLO D’INTESA Promosso da: Enel,
Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve Naturali, Legambiente e Ministero
dell’ambiente (rif: allegato 26).
Da citare inoltre il Libro bianco per la valorizzazione energetica delle fonti
rinnovabili deliberato dal CIPE nel 1999 (rif: allegato 27).
La situazione
in Italia
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Riguardo al tema dello sviluppo delle fonti energetiche
alternative e, in generale dello sviluppo sostenibile
rimangono validi il Protocollo di Kyoto e i Piani di
Azione per la realizzazione delle Agende 21:
Trattati, convenzioni e protocolli
Riguardo al tema dello sviluppo delle fonti energetiche alternative e, in
generale dello sviluppo sostenibile rimangono validi il protocollo di Kyoto
(rif: allegato 26)e i Piani di Azione per la realizzazione delle Agende 21 (rif:
allegato 27):
Protocollo di Montreal (rif: allegato 28) e Convenzione per la protezione della fascia di ozono (Vienna 1985 – Montreal 1987)
Dedicata alla protezione della salute e dell’ambiente
contro gli effetti risultanti dalle attività umane che
modificano lo strato di ozono atmosferico
Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) (rif: allegato 29), New York 9 maggio 1992 Unita al Protocollo di Kyoto (adottato l’11 dicembre 1997)
Dedicata alla modifica dello sviluppo economico in
senso sostenibile
Legislazione comunitaria:
Il quadro normativodi riferimento
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nelle zone ad obiettivo 1
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La situazione più interessante al momento, considerate le sue implicazioni sulle
politiche nazionali è rappresentata dal panorama delle convenzioni internazionali
attive che coinvolgono l’Unione Europea, in particolare:
Convenzione sugli impatti ambientali in contesto transfrontaliero (Spoo-Finlandia 25 febbraio 1991) firmatari Europa e Nord America
Dedicata a incrementare la cooperazione
internazionale per la valutazione, mitigazione e il
monitoraggio degli impatti ambientali su scala
transfrontaliera
Convenzione sull’accesso alle informazioni e sulla partecipazione pubblica al processo decisionale, accesso alla giustizia in materia ambientale (Aarhus-Danimarca 25 giugno 1998) firmatari Europa e altri 39 paesi (attualmente non in funzione)
Dedicata a garantire il diritto di accesso e di giustizia
in materia ambientale
Convenzione sulla conservazione delle specie migratorie (Bonn 23 giugno 1979) firmatari 66 paesi
Dedicata alla conservazione delle specie migratorie
attraverso i confini internazionali
Convenzione per la conservazione delle specie e degli habitats naturali europei (Berna 19 settembre 1979) Unione Europea – 40 firmatari
Dedicata alla conservazione della flora, della fauna e
degli habitats naturali, in particolar modo quelli che
necessitano dell’intervento di più Stati
contemporaneamente
Il quadro normativodi riferimento
energia da conversionedi biomasse
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Protocollo per le aree protette del Mediterraneo (Genova 23 marzo 1986) firmatari Europa-21 paesi
Dedicata all’ambiente marino, possono essere inclusi
tratti di costa indicati dai singoli Stati membri
V Convenzione Internazionale per la Protezione delle Alpi (CIPRA): PROTOCOLLO ENERGIA (Salisburgo 1 novembre 1991) 8 Stati firmatari
Copre le aree: popolazione e cultura, pianificazione
regionale, prevenzione dall’inquinamento,
conservazione dei suoli, gestione delle acque,
conservazione della natura, foreste montane, attività
agricole montane, turismo e ricreazione, trasporti,
energia e gestione dei rifiuti
Protocollo per la protezione del Mediterraneo dall’inquinamento (Atene 17 maggio 1980) firmatari Europa – 21 Stati
Dedicata alla protezione dai disastri ecologici provocati
dalle attività di terraferma
Per quanto riguarda il diritto comunitario che interessa l’utilizzo delle energie
alternative, le principali fonti da citare sono:
la Proposta della Commissione COM (2000) 279 def. (rif: allegato 30)
Dedicata alla promozione dell’energia elettrica
prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato
interno dell’elettricità.
la Proposta di direttiva (G.U.C.E UE n. C 311 e del 31 ottobre 2000)
Dedicata alla promozione dell’energia elettrica
prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato
interno dell’elettricità.
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la direttiva 2001/77/CE (G.U.C.E n. L283 del 27 ottobre 2001) (rif: allegato 31)
Dedicata alla promozione dell’energia elettrica
prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato
interno dell’elettricità.
la decisione n° 646/2000/CE (G.U.C.E. n° L 79 del 30-03-00) (rif: allegato 32) del Parlamento Europeo e del Consiglio d’Europa di adozione del Programma ALTENER per promuovere le fonti energetiche rinnovabili nella Comunità.
Di seguito vengono fornite, sotto forma di elenco
sintetico, le principali normative di carattere nazionale
rivolte allo sviluppo dell’utilizzo delle fonti energetiche
rinnovabili elencate per data, Autorità emanante, n° e
data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e
argomenti trattati. Negli allegati verranno forniti i testi
per esteso.
Gli elementi fondamentali considerati saranno: testi di legge, decreti ministeriali,
comunicazioni, delibere. Tutti i testi completi sono consultabili all’interno degli
allegati semplicemente ciccando sui links segnalati.
Leggi
6-12-91
n. 394, "Legge Quadro sulle Aree Protette" e successive modifiche ed integrazioni. (rif: allegato 34)
09-01-91
GU n° 13 del 16-01-91
Norme per l’attuazione del piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia. (rif: allegato 35)
Fonti
normative di
carattere nazionale
Il quadro normativodi riferimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
52
Decreti Ministeriali
18-03-02
Ministero delle Attività Produttive
GU n° 91 del 18-04-02
Direttive per l’attuazione delle norme in materia di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui ai commi 1,2, e 3 dell’Art. 11 del DL 16 marzo 1999, n° 79 (rif: allegato 36)
21-12-01 Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
GU n° 91 del 18-04-02
Programma di diffusione delle fonti energetiche rinnovabili, efficienza energetica e mobilità sostenibile nelle aree naturali protette (rif: allegato 37)
24-04-01 Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato
GU n° 117 del 22-05-01, suppl. ord. N° 125
Individuazione degli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili di cui all’Art. 16 comma 4 del DL 23-05-00 n° 164 (rif: allegato 38)
11-11-99 Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato
GU n° 292 del 14-12-99
Direttive per l’attuazione delle norme in materia di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui ai commi 1,2 e 3 del DL 16-03-99 n° 79 (rif: allegato 39)
10-09-01 Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
Finanziamenti a Enti pubblici per l'installazione di impianti solari termici per produzione di calore a bassa temperatura (rif: allegato 40)
Il quadro normativodi riferimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
53
Delibere
24-02-00
Autorità per l’energia elettrica e il gas
GU n° 57 del 09-03-00
Adozione di disposizioni transitorie in materia di conto per nuovi impianti da fonti rinnovabili e assimilate di cui alla delibera n° 70/97 (rif: allegato 41)
08-06-99
Autorità per l’energia elettrica e il gas
GU n° 158 del 08-07-99
Delibera 81/99: aggiornamento dei prezzi di cessione dell’energia elettrica e dei contributi riconosciuti alla nuova energia prodotta da impianti utilizzanti fonti rinnovabili e assimilate ai sensi degli artt. 20, comma 1, e 22, comma 5, della Legge 9/91 (rif: allegato 42)
25-02-99
Autorità per l’energia elettrica e il gas
GU n° 139 del 16-06-99
Delibera 27/99: procedura per il controllo del rispetto della condizione di assimibilabilità a fonte rinnovabile ai fini del trattamento economico previsto dal provvedimento CIP n° 6/92 (rif: allegato 43)
06-08-99 Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE)
GU n° 253 del 27-10-99
Delibera 126/99: Libro bianco per la valorizzazione energetica delle fonti rinnovabili (rif: allegato 44)
19-02-99 CIPE GU n° 114 del 18-05-99
Delibera 12/99: Ripartizione tra le Regioni e le Province Autonome dei fondi di cui agli artt. 8, 10 e 13 della L. 10/91 (rif: allegato 45)
Il quadro normativodi riferimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
54
Comunicazioni
05-07-02 Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
Bando GU n° 156 del 05-07-02
Bando per la realizzazione di progetti inerenti lo sviluppo delle fonti rinnovabili e della mobilità sostenibile nei parchi italiani (rif: allegato 46)
Provvedimenti specifici
05-02-98
Decreto Ministeriale
GU n° 72 del 16-04-98
Norme tecniche per il recupero di materia ed energia dai rifiuti non pericolosi, sottoposto a procedura semplificata (rif: allegato 47)
16-09-98 REGIONE ABRUZZO
BUR del 09-10-98 e GU n° 25 del 26-06-99
LEGGE REGIONALE N° 80: norme per la promozione e lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia e del risparmio energetico (rif: allegato 48)
3-04-1995 REGIONE ABRUZZO
LEGGE N. 28: << Norme concernenti la gestione delle foreste demaniali regionali >>. (rif: allegato 49)
Provvedimenti Regionali
Il quadro normativodi riferimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
55
Leggi Regionali
4-11-1986 REGIONE BASILICATA
LEGGE N. 23: norme per la tutela contro l' inquinamento atmosferico ed acustico. (rif: allegato 50)
19-04-1985 REGIONE CALABRIA
LEGGE N. 18: Ordinamento della formazione professionale in Calabria. (rif: allegato 51)
8-03-1985 REGIONE CAMPANIA
LEGGE N. 19: << Contributi regionali per il risparmio energetico e l'Incentivazione delle energie alternative nell'edilizia ed in agricoltura, industria ed artigianato >>. (rif: allegato 52)
23-10-1986 REGIONE EMILIA-ROMAGNA
LEGGE N. 34: partecipazione della regione Emilia – Romagna alla costituzione dell'associazione “ASSO - DIOIKEMA”. (rif: allegato 53)
16-05-1988 REGIONE EMILIA-ROMAGNA
LEGGE N. 19: ricerca e innovazione in agricoltura. (rif: allegato 54)
14-05-2002 REGIONE EMILIA-ROMAGNA
LEGGE N. 7: promozione del sistema regionale delle attivita' di ricerca industriale, innovazione e trasferimento tecnologico (rif: allegato 55)
19-02-1985 REGIONE LAZIO
LEGGE N. 16: Norme per la formazione e la gestione del programma regionale per l'energia e norme applicative della legge nazionale 29 maggio 1982, n. 308, concernente: << Norme sul contenimento dei consumi energetici, lo svilupppo delle fonti rinnovabili di energia e l'esercizio di centrali elettriche alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi >>. (rif: allegato 56)
Il quadro normativodi riferimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
56
Leggi Regionali (segue)
11-12-1986 REGIONE LAZIO
LEGGE N. 53: Disciplina regionale in materia di smaltimento dei rifiuti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915. (rif: allegato 57)
12-12-1987 REGIONE LAZIO
LEGGE N. 56: Disciplina dei servizi di sviluppo agricolo. (rif: allegato 58)
12-02-1988 REGIONE LAZIO
LEGGE N. 9: Organizzazione e funzionamento dei presidi multizonali di prevenzione. (rif: allegato 59)
19-04-1984 REGIONE LIGURIA
LEGGE N. 24: Interventi regionali in campo energetico. (rif: allegato 60)
12-03-1985 REGIONE LIGURIA
LEGGE N. 11: Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 24 marzo 1980, n. 20 e nuove norme a tutela dell'ambiente dall'inquinamento atmosferico. (rif: allegato 61)
24-08-1988 REGIONE LIGURIA
LEGGEN. 44: Modifiche alla legge regionale 19 aprile 1984 n. 24 << Interventi regionali in campo energetico >>. Nuove norme attuative della legge 29 maggio 1982 n. 308 sul contenimento dei consumi energetici. (rif: allegato 62)
8-11-1996 REGIONE LIGURIA
LEGGE N. 48: Interventi regionali nel campo delle energie alternative e del risparmio energetico. (rif: allegato 63)
21-06-1999 REGIONE LIGURIA
LEGGE N. 18: Adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di ambiente, difesa del suolo ed energia (rif: allegato 64)
Il quadro normativodi riferimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
57
Leggi Regionali (segue)
27-03-2000 REGIONE LIGURIA
LEGGE N. 29: modifiche della legge regionale 21 giugno 1999 n. 18 (adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di ambiente, difesa del suolo ed energia) e successive modifiche ed integrazioni. (rif: allegato 65)
5-12-1981 REGIONE LOMBARDIA
LEGGE N. 68: assestamento e variazione al bilancio per l' esercizio finanziario 1981 e al bilancio pluriennale 1981- 1983 (rif: allegato 66)
14-08-1999 REGIONE LOMBARDIA
LEGGE N. 16: Istituzione Dell’agenzia Regionale Per La Protezione Dell’ambiente – ARPA (rif: allegato 67)
22-08-1988 REGIONE MARCHE
LEGGE N. 35: Riordino dell' Ente di Sviluppo Agricolo nelle Marche (ESAM). (rif: allegato 68)
31-10-2000 REGIONE MARCHE BUR n° 118 DEL 17-11-00
DELIBERA DI GIUNTA REG. N° 2257: Criteri per la ripartizione dei fondi disponibili sul capitolo 2228217 del bilancio di previsione 2000 per incentivare i progetti per la produzione di energia da fonti rinnovabili e per l’installazione di pannelli solari termici. (rif: allegato 69)
2-05-1980 REGIONE PIEMONTE
LEGGE N. 33: Modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 12- 10- 1978, n. 63 << Interventi regionali in materia di Agricoltura e Foreste >> (rif: allegato 70)
11-05-1984 REGIONE PIEMONTE
LEGGE N. 24: Ulteriori modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 12/ 10/ 1978, n. 63 << Interventi regionali in materia di agricoltura e foreste >>. (rif: allegato 71)
18-02-1987 REGIONE PUGLIA
LEGGE N. 7: << Disposizioni finanziarie per il triennio 1987/ 1989. (Legge finanziaria regionale) – Interventi straordinari per la tutela dell' ambiente e lo sviluppo delle attività produttive >>. (rif: allegato 72)
Il quadro normativodi riferimento
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nelle zone ad obiettivo 1
58
Leggi Regionali (segue)
14-02-1997 REGIONE SARDEGNA
GU n° 43 del 25-10-97
DECRETO 20 DEL P.G.R.: Regolamento per l’applicazione nel territorio della Sardegna della L10/91, per l’attuazione del piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia. (rif: allegato 73)
7-06-1989 REGIONE SARDEGNA
LEGGE N. 31: Norme per l' istituzione e la gestione dei parchi, delle riserve e dei monumenti naturali, nonchè delle aree di particolare rilevanza naturalistica ed ambientale. (rif: allegato 74)
27-12-2000 REGIONE VENETO
BUR del 29-12-00
LEGGE REGIONALE N° 25: Norme per la pianificazione elettrica regionale, l’incentivazione del risparmio energetico e lo sviluppo di fonti rinnovabili di energia. (rif: allegato 75)
27-12-2000 REGIONE VENETO
GU 3° serie speciale n° 13 del 07-04-01
LEGGE REGIONALE N° 25: Norme per la pianificazione elettrica regionale, l’incentivazione del risparmio energetico e lo sviluppo di fonti rinnovabili di energia (rif: allegato 76)
25-02-2000 REGIONE TOSCANA
BUR del 06-03-00 e GU n° 39 del 30-09-00
LEGGE REGIONALE N° 14: norme in materia di risorse energetiche (rif: allegato 77)
26-05-1998 REGIONE VALLE D’AOSTA
GU n° 42 del 31-10-98
LEGGE REGIONALE N° 43: modificazioni alla L.R. 20 agosto 1993 n° 62 (norme in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili) (rif: allegato 78)
Il quadro normativodi riferimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
59
Provvedimenti specifici
13-04-2001
REGIONE LOMBARDIA
BUR n° 20 del 14-05-01
Circolare regionale n° 12: Recupero energetico da scarti di lavorazione del legno vergine (rif: allegato 79)
19-10-1992
REGIONE CALABRIA
LEGGE N. 20: Forestazione, difesa del suolo e foreste regionali in Calabria (rif: allegato 80)
19-11-2002
REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA
LEGGE N. 30: Disposizioni in materia di energia (rif: allegato 81)
30-04-2003
REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA
LEGGE N. 12: Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2003. (rif: allegato 82)
2-03-1990 REGIONE
LAZIO
LEGGE N. 21: Assestamento del bilancio di previsione della Regione Lazio per l'anno finanziario 1989. (rif: allegato 83)
28-10-2002
REGIONE LAZIO
LEGGE N. 39: "Norme in materia di gestione delle risorse forestali”. (rif: allegato 84)
8-05-1985
REGIONE LIGURIA
LEGGE N. 39: Modifiche ed integrazioni della legge regionale 16 aprile 1984 n. 22 << Legge forestale regionale >>. (rif: allegato 85)
26-08-1986
REGIONE LOMBARDIA
LEGGE N. 43: Modifiche alla LR 1 agosto 1979, n. 42 << Ordinamento dei servizi e degli uffici della Giunta regionale >>, istituzione del settore ai problemi dell' energia, ridefinizione delle Attribuzioni del servizio energia istituito con la LR 9 giugno 1981, n. 29 ed istituzione del nuovo servizio centrali elettriche (rif: allegato 86)
Il quadro normativodi riferimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
60
Provvedimenti specifici (segue)
28-11-1986
REGIONE LOMBARDIA
LEGGE N. 58: Modifiche alla LR 1 agosto 1979, n. 42 << Ordinamento dei servizi e degli uffici della Giunta regionale >>. Istituzione del Settore problemi dell' energia, ridefinizione delle attribuzioni del Servizio energia istituito con LR9 giugno 1981, n. 29 ed istituzione del nuovo servizio centrali elettriche. Abrogazione della LR 26 agosto 1986, n. 43. (rif: allegato 87)
12-01-2002
REGIONE LOMBARDIA
LEGGE N. 3: istituzione dell’ente regionale per i servizi all’agricoltura e alle foreste — ERSAF. (rif: allegato 88)
26-04-1990
REGIONE MARCHE
LEGGE N. 31: Procedure e norme di attuazione del piano regionale di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti (rif: allegato 89)
30-05-1991
REGIONE MARCHE
LEGGE N. 13: Approvazione Bilancio di Previsione per l'anno 1991 e adozione del Bilancio Pluriennale per il triennio 1991/ 1993. (rif: allegato 90)
17-02-1992
REGIONE MARCHE
LEGGE N. 13: Norme attuative delle disposizioni contenute nella legge 9 gennaio 1991, n. 10 in materia di uso razionale dell' energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia. (rif: allegato 91)
22-12-1997
REGIONE MARCHE
LEGGE N. 73: Potenziamento dell' Agenzia regionale per le materie prime secondarie. (rif: allegato 92)
Il quadro normativodi riferimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
61
Provvedimenti specifici (segue)
30-11-1999
REGIONE MARCHE
LEGGE N. 32: Assestamento del Bilancio per l'anno 1999. (rif: allegato 93)
13-04-1995
REGIONE PIEMONTE
LEGGE N. 59: Norme per la riduzione, il riutilizzo e lo smaltimento dei rifiuti (rif: allegato 94)
6-11-1992
REGIONE SARDEGNA
LEGGE N. 20: Disposizioni integrative e modificative alla legge regionale 28 aprile 1992, n. 6 - Legge finanziaria 1992. (rif: allegato 95)
5-08-1982
REGIONE SICILIA
LEGGE N. 98: Norme riguardanti gli enti economici regionali. (rif: allegato 96)
10-06-1993
REGIONE TOSCANA
LEGGE N. 37: Istituzione dell'Agenzia regionale per lo sviluppo e l'innovazione nel settore agricolo forestale ( ARSIA). (rif: allegato 97)
14-02-2003
REGIONE TOSCANA
LEGGE N. 12: Progetto pilota relativo alla coltivazione, trasformazione e commercializzazione della canapa a scopi produttivi e ambientali. (rif: allegato 98)
2-05-2003
REGIONE VENETO
LEGGE N. 14: Interventi agro-forestali per la produzione di biomasse (rif: allegato 99)
Applicazionidell'energia prodotta
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
62
5. APPLICAZIONI DELL’ENERGIA PRODOTTA
In questa sezione del documento – per sua natura di carattere tecnico – potrete
trovare gli elementi di base che vi consentiranno di approfondire il tipo di prodotto
che volete ottenere dall’utilizzo di biomasse a scopo energetico. Queste
informazioni Vi consentiranno di lavorare con più accuratezza nelle fasi della
progettazione del Vostro impianto e di definire meglio i risultati attesi
dall’intervento. Dopo una breve introduzione di carattere tecnico-scientifico
potrete infatti avere una rassegna dei processi e dei prodotti che si ottengono dal
trattamento dei vari tipi di biomassa.
Con bioenergia si intende qualsiasi forma di energia
utile ottenuta dai biocombustibili attraverso processi di
tipo termochimico o biochimico.
La biomassa, dopo il solare, rappresenta la più
consistente tra le fonti di energia rinnovabile anche se
esistono molteplici difficoltà di impiego dovute
all’ampiezza e all’articolazione delle fasi che
costituiscono le singole filiere.
La conversione è solo uno degli aspetti di un problema più vasto, che va
dall’ordinamento nel quale le biomasse si producono alle possibili utilizzazioni delle
energie producibili, secondo un circuito del tipo:
Introduzione
agli
elementi
tecnico/ scientifici
produzione raccolta conversione utilizzo
Applicazionidell'energia prodotta
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
63
La Figura che segue riporta inoltre una schematizzazione dei vari tipi di biomasse.
Le tecnologie per ottenere energia dai vari tipi di biomasse sono naturalmente
diverse e diversi sono anche i prodotti energetici che si ottengono.
Ad esempio, se un materiale ha molto carbonio (C) e poca acqua (H2O), è adatto
per essere bruciato per ottenere calore o elettricità; se, viceversa, ha molto azoto
(N) ed è molto umido, può essere sottoposto ad un processo biochimico che
trasforma le molecole organiche in metano ed anidride carbonica.
Infine, combustibili liquidi adatti ad essere utilizzati nei motori a benzina o diesel
possono essere ottenuti a partire da particolari specie vegetali. Una
schematizzazione esemplificativa è riportata in Tabella 2.
biomassa
Residui Organici
Colture Energetiche
trasformazionetecnologica
agro-zootecniciforestali
vegetali alimentari
non alimentari
animali
vegetali
Terrestri Acquatiche
Applicazionidell'energia prodotta
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
64
tabella 2:Tipici processi di conversione di biomasse in energia
tipo di biomasse processo di conversione
prodotto utilizzo
Materiali legnosi H2O ≤ 35% C/N < 30
Combustione Calore Riscaldamento Energia elettrica
Materiali legnosi H2O ≤ 35% C/N < 30
Pirolisi e gassificazione
Carbone Gas
Riscaldamento Energia meccanica Energia termica
Liquami zootecnici H2O > 35% 20 ≤ C/N ≤ 30
Digestione anaerobica
Biogas 60% metano
Riscaldamento Energia elettrica
Piante zuccherine (barbabietola, sorgo, ecc) 15 ≤ H2O ≤ 90% C/N qualunque
Fermentazione degli zuccheri in alcool etilico
Etanolo Motori a benzina
Piante oleaginose H2O > 35%
Esterificazione degli olii
Biodiesel Motori diesel
I processi di conversione in energia delle biomasse possono essere ricondotti a
due categorie: processi biochimici e processi termochimici.
I processi di conversione biochimica permettono di ricavare energia per reazione
chimica dovuta al contributo di enzimi, funghi e micro-organismi, che si formano
nella biomassa sotto particolari condizioni, e vengono impiegati per quelle
biomasse in cui il rapporto C/N sia inferiore a 30 e l'umidità alla raccolta superiore
al 30-35%. Risultano idonei alla conversione biochimica le colture acquatiche,
alcuni sottoprodotti colturali (foglie e steli di barbabietola, ortive, patata, ecc.), i
reflui zootecnici e alcuni scarti di lavorazione (borlande, acqua di vegetazione,
ecc.), nonché la biomassa eterogenea immagazzinata nelle discariche controllate.
Applicazionidell'energia prodotta
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
65
I processi di conversione termochimica sono basati sull'azione del calore che
permette le reazioni chimiche necessarie a trasformare la materia in energia e
sono utilizzabili per i prodotti ed i residui cellulosici e legnosi in cui il rapporto C/N
abbia valori superiori a 30 ed il contenuto di umidità non superi il 30%. Le
biomasse più adatte a subire processi di conversione termochimica sono la legna e
tutti i suoi derivati (segatura, trucioli, ecc.), i più comuni sottoprodotti colturali di
tipo ligno-cellulosico (paglia di cereali, residui di potatura della vite e dei fruttiferi,
ecc.) e taluni scarti di lavorazione (lolla, pula, gusci, noccioli, ecc.).
Tra le varie tecnologie di conversione energetica delle biomasse alcune possono
considerarsi giunte ad un livello di sviluppo tale da consentirne l’utilizzazione su
scala industriale, altre necessitano invece di ulteriore sperimentazione al fine di
aumentare i rendimenti e ridurre i costi di conversione energetica.
Le tecnologie attualmente disponibili sono sinteticamente esposte in Tabella 3.
tabella 3:Riepilogo dei processi di conversione energetica delle biomasse
Conversione biochimica Conversione termochimica digestione aerobica combustione diretta fermentazione alcoolica carbonizzazione pirolisi gassificazione
Oltre a questi processi ne va citato un altro di primaria importanza, non
classificabile né come biochimico, né come termochimico: l’estrazione e successiva
esterificazione di olii vegetali volta alla produzione del biodiesel.
Applicazionidell'energia prodotta
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
66
Solitamente a monte di tutti i processi di conversione
sono necessari opportuni pretrattamenti del
materiale di base.
Questi possono comprendere lavaggio con acqua,
essiccazione con mezzi meccanici (pressatura) o
termici, riduzione in piccole dimensioni,
densificazione (produzione di pellets, cubetti o formelle), separazione delle fibre
(estrazione con solventi).
I prodotti finali, a seconda dell'impiego, debbono, a loro volta, essere trattati: per
separarli (ad es. dal substrato che non ha reagito, dai catalizzatori, dai
microrganismi, dai solventi), per purificarli e per concentrarli.
In Figura 1 alla pagina seguente viene illustrato in sintesi un ciclo completo di
produzione ed utilizzazione di biomasse vegetali.
Pretrattamenti
della biomassa
Applicazionidell'energia prodotta
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
67
Figura 1:
ciclo di utilizzo delle biomasse
CO2, Radiazione Solare, H20
FOTOSINTESI
Produzioni:agricoleforestali
zootecniche
Fattorie energetiche
Fertilizzanti
Residui
Rifiuti
Prodotti Energetici
Cibo
Mangimi
Fibre
Essiccazione, Sminuzzamento, Idrolisi, Pellettazione, Separazione,
Steam Explosion
Termochimici
CombustionePirolisi
Gassificazione
Biochimici
DigestioneFermentazione
Combustibiligas, liquidi, solidi
Energia Elettricae
calore di processo
Chemicalsmaterie prime e fertilizzanti
Fabbisogni interni
Settore Residenziale,Commerciale,
Trasporti ed Industire
Sistemi Agricoli
BiomasseUtilizzabili
Pretrattamenti
Processi di conversione
Prodotti
Usi finali
Applicazionidell'energia prodotta
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
68
Le due tecnologie attualmente mature per essere
impiegate a livello industriale e che si basano su
processi di conversione biochimica della biomassa
destinati alla produzione di energia sono la digestione
anaerobica e la fermentazione alcolica.
Altri processi biochimici come la digestione aerobica ed
il compostaggio, richiamati per completare il quadro, non sono in effetti destinati
alla produzione di energia.
Nell’ambito dei processi biochimici rientra anche la produzione di alcool etilico
biologico (bioetanolo) che può essere ottenuto tramite processi di fermentazione e
distillazione di materiali zuccherini, amidacei o lignocellulosici.
La digestione anaerobica
La digestione anaerobica – così detta perché avviene in assenza di ossigeno,
consiste nella demolizione, ad opera di particolari famiglie di micro-organismi, di
sostanze organiche complesse (lipidi, protidi, glucidi) contenute nei sottoprodotti
di colture vegetali (mais, patate, pomodori, barbabietole, colture ortive) e nei
sottoprodotti di origine animale (deiezioni). Il rapporto C/N ottimale per
l’applicazione di questo processo è compreso tra 16 e 30.
I prodotti finali sono un gas combustibile con potere calorifico inferiore di 5.300-
5.800 kcal/Nm3, un residuo liquido chiarificato, ed un fango ispessito.
Il gas prodotto (biogas) è una miscela contenente il 65-70% di metano, il 30-35%
di anidride carbonica, tracce di acido solfidrico, piccole percentuali di H2, CO, e di
idrocarburi saturi. Il biogas viene raccolto, essiccato, compresso ed
immagazzinato e può essere utilizzato come combustibile per alimentare caldaie a
gas, per produrre calore o motori a combustione interna (adattati allo scopo a
partire da motori navali a basso numero di giri), per produrre energia elettrica.
Il surnatante (liquido chiarificato), può essere impiegato per la diluizione, se
necessaria, della sostanza organica in ingresso al digestore, per l'allestimento di
zone di lagunaggio adibite a colture energetiche, e per la fertirrigazione.
Processi di
conversione
biochimica
Applicazionidell'energia prodotta
energia da conversionedi biomasse
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nelle zone ad obiettivo 1
69
Il fango, la parte ispessita del digerito, quasi inodore e stabilizzata (sia umida che
essiccata), può trovare impiego in agricoltura come fertilizzante.
Il processo di digestione avviene ad opera di una flora batterica di natura
anaerobica, che può cioè sussistere solo in ambiente privo di ossigeno.
In Figura 2 alla pagina seguente, proponiamo uno schema riassuntivo del
processo.
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70
Figura 2:
schema del processo biologico di
digestione anaerobica
sostanza organica
carboidratiproteine
lipidi
batteri idrolitici fermentativi
100%
acidi grassialcooli etc.
5%20%
batteri acetogenetici
batteri omoacetogenetici
ACETATO
75%
batteri metanigeni acetoclastici
batteri metanigeni acetoclastici
H2 + CO2
CH4 + H2O CH4 + H2O
72% 28%
52% 23%
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La digestione anaerobica è condotta in reattori (digestori), opportunamente
concepiti per evitare il contatto tra la massa liquida in essi contenuta e l'ossigeno
atmosferico. Si sviluppa in tre fasi successive (vedi Figura 2 pag precedente):
i. idrolisi della cellulosa, delle proteine, dei lipidi e degli zuccheri e degli
amminoacidi,
ii. fase acidogenica con formazione di acidi grassi in particolare di acido
acetico,
iii. metanizzazione del prodotto della seconda fase; questo stadio
metanogenico coinvolge una serie di metano-batteri, che completano
la trasformazione in metano ed anidride carbonica degli acidi grassi
(principalmente acetico), secondo la reazione CH3COOH → CH4+CO2.
Gli impianti a digestione anaerobica possono essere alimentati mediante residui ad
alto contenuto di umidità, quali le deiezioni animali, i reflui civili, i rifiuti alimentari
e la frazione organica dei rifiuti solidi urbani.
Fermentazione alcolica
La fermentazione alcolica è un processo di tipo micro-aerofilo che opera la
trasformazione dei glucidi contenuti nelle produzioni vegetali in etanolo.
L’etanolo ha svariate applicazioni nell’industria alimentare ed in quella
farmaceutica. Nel campo dei combustibili per autotrazione, l’etanolo può essere
impiegato da solo come combustibile alternativo o miscelato ai carburanti
convenzionali, ad esempio nei motori a combustione interna di tipo “dual fuel”.
Tuttavia la destinazione più considerata per il bioetanolo è il suo utilizzo nella
sintesi dell’ETBE (etil-terbutil-etere), usato in miscela alle benzine come additivo
ossigenato ed antidetonante in sostituzione del piombo tetraetile o degli
idrocarburi aromatici.
Il bioetanolo può essere prodotto tramite processi di fermentazione e distillazione
di materiali zuccherini, amidacei o lignocellulosici.
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energia da conversionedi biomasse
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72
Le materie prime per la produzione di bioetanolo possono essere racchiuse nelle
seguenti classi:
Residui di coltivazioni agricole;
Residui di coltivazioni forestali;
Eccedenze agricole temporanee ed occasionali;
Residui di lavorazione delle industrie agrarie e
agro - alimentari;
Coltivazioni ad hoc;
Rifiuti urbani.
Per quanto riguarda le coltivazioni ad hoc, quelle più sperimentate e diffuse sono
la canna da zucchero, il grano, il mais. Ci sono poi altre colture, quali la bietola, il
sorgo zuccherino, il topinambur ed altre, che rimangono ancora in fase
sperimentale.
I processi per la produzione di etanolo da biomasse si differenziano a seconda del
tipo di materia prima utilizzata.
Secondo la loro natura, le materie prime possono essere classificate in tre
tipologie distinte:
Materiali zuccherini: sostanze ricche di saccarosio come la canna da
zucchero, la bietola, il sorgo zuccherino, taluni frutti, ecc;
Materiali amidacei: sostanze ricche di amido come il grano, il mais,
l’orzo, il sorgo da granella, la patata;
Materiali lignocellulosici: sostanze ricche di cellulosa come la paglia,
lo stocco del mais, gli scarti legnosi, ecc.
Il processo di produzione dell’etanolo a partire da questi materiali può essere
suddiviso in tre fasi principali: a) preparazione della soluzione zuccherina,
b) fermentazione, c) distillazione dell’etanolo.
Uno schema a blocchi che mostra la filiera di produzione del bioetanolo è riportato
nella seguente figura 3.
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73
Figura 3:
la filiera di produzione del Bioetanolo
Produzione di etanolo da materiali lignocellulosici
L’utilizzo di materiali lignocellulosici consentirebbe di ridurre l’incidenza della
materia prima sul costo totale della produzione di bioetanolo rispetto al 40% che
caratterizza materiali zuccherini o amidacei.
Tra i materiali più ricchi in cellulosa possiamo annoverare:
I residui di piante arboree ad alto fusto ed intere piante ottenute
attraverso cicli di forestazione rapida nei quali il contenuto in
cellulosa raggiunge il 50% in peso;
La frazione organica di residui solidi urbani (carta e cartoni da
imballaggio, giornali, ecc.);
I residui di produzione agroalimentare, quale paglia;
I residui di lavorazione dell’industria di trasformazione di prodotti
agricoli, quali sansa, gusci, polpe, ecc.
ColtureAmdacee
ColtureZuccherine
ResiduiSottoprodotti
EccedenzeTransitorie
Residui per caloredi processo
ETANOLO
Mangimi
ETBE
Isobutilene
Additivazionebenzine
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74
La conversione di biomasse cellulosiche in etanolo può avvenire secondo due
principali processi: SHF (Separate Hydrolysis and Fermentation) e SSF
(Simultaneous Saccharification and Fermentation), in cui i due processi di idrolisi e
fermentazione avvengono in fasi separate o simultanee. Nonostante numerosi
problemi, che la ricerca sta affrontando, la tecnica SSF sembra la più promettente
per ottenere un processo competitivo, che possa uscire dall’ambito puramente
sperimentale in cui è oggi confinato.
La fattibilità economica del processo sembra più che altro legata alla messa a
punto di processi in cui si abbiano co-prodotti ad elevato valore aggiunto (ad
esempio furfurale).
Esterificazione di oli vegetali
La transesterificazione degli oli vegetali effettuata con alcol metilico ed etilico
porta alla produzione del Biodiesel.
Gli oli raffinati non sono adatti ad essere utilizzati tal quali, soprattutto nei motori
Diesel veloci, a causa della loro elevata viscosità (70-80 cSt a 20°C contro i 4-7
cSt del gasolio). Il processo di transesterificazione (o esterificazione) ha, appunto,
lo scopo di migliorare questa caratteristica.
La Figura 4 e la Tabella 4 evidenziano rispettivamente la filiera di produzione del
Biodiesel e le proprietà chimico-fisiche dello stesso.
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tabella 4:Confronto delle proprietà chimico-fisiche del biodiesel con quelle di altre sostanze
Proprietà Estere
metilico Olio
vegetale Gasolio
invernale Densità (kg / m3)
884
916
830
Numero di cetano 49 ÷ 53 32 ÷ 36 48 ÷ 52 Potere calorifico inferiore (GJ / m3)
33
34
35
Viscosità a 20°C (centistokes)
7,5
4,2
Figura 4:
la filiera di produzione del Biodiesel: schema a blocchi
SemiOleosi
Oli vegetaliesausti
OlioEsterificato BIODIESEL
LubrificantiOli tecnici
100%Usi di nicchia
20 – 30% in gasolioUsi termici e autotrazione
< 5% in gasolioLubrificazione
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76
In merito alle applicazioni del biodiesel, esiste un’ampia casistica che si è evoluta
con modalità diverse da Paese a Paese a seconda del quadro normativo vigente.
Le più importanti, in termini di mercato, sono:
Come carburante per autotrazione;
Come additivo qualificante dei gasoli;
Come componente di miscele gasolio/biodiesel
(nel rapporto 70/30 o 80/20) impiegate come carburante
in flotte per il trasporto pubblico e privato;
Come combustibile per riscaldamento con un mercato.
Dal punto di vista dell’impatto ambientale, caratteristiche distintive del biodiesel
sono, oltre all’assenza di zolfo e di composti aromatici, la riduzione del particolato
fine (PM10) e la riduzione dei gas a effetto serra, quantificabile nel risparmio di
2,5 tonnellate di anidride carbonica per ogni tonnellata di gasolio sostituita.
Il biodiesel presenta inoltre elevata biodegradabilità.
Le materie prime per la produzione di biodiesel sono, essenzialmente, di due
classi:
i. Oli provenienti da colture diffuse o da diffondere, possibilmente con
elevato tenore di acido oleico e/o acido erucico (ad es. olio di soia, di
colza, di girasole, di ricino, di cartamo, di crambe, ecc.);
ii. Oli vegetali esausti e/o altre materie grasse di scarto o di recupero.
Attualmente, la classe ii) di materie prime non è utilizzata se non a livello
sperimentale e gli oli vegetali prodotti provengono da colture di colza e girasole.
La scelta dell’olio vegetale da utilizzare dipende dal costo di produzione e dalla
disponibilità.
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77
Dal punto di vista strettamente chimico, tutti i processi
termochimici iniziano con la pirolisi: ad essa possono
seguire altre fasi, a seconda dei prodotti finali
desiderati. Durante la pirolisi, la olocellulosa e la
lignina, (i principali componenti dei materiali
lignocellulosici) danno origine a composti diversi.
La olocellulosa produce soprattutto sostanze volatili. Nella combustione diretta
esse, reagendo con l'ossigeno, sono bruciate completamente. Potrebbero essere,
però, estratte come gas o liquefatte.
La lignina produce principalmente carbone di legna, unitamente a sostanze
volatili. Il carbone può essere usato come tale, o ulteriormente trattato per
ottenere sostanze gassose.
I processi di conversione termochimica destinati alla produzione di energia da
biomasse che hanno maturità sufficiente per trovare applicazioni su larga scala
sono: la combustione diretta, la carbonizzazione, la pirolisi e la gassificazione.
Combustione diretta
La combustione diretta con aria o ossigeno è il più antico e più semplice mezzo
per lo sfruttamento energetico delle biomasse. Essa è stata, per molto tempo,
l'unico mezzo per produrre calore ad uso domestico ed industriale.
Oggi la combustione interessa non solo la legna, ma anche gli scarti forestali
(ramaglie, cortecce, etc), la paglia, i residui dell'industria del legno (segatura,
trucioli), dell'industria agroalimentare (bagasse, sanse, vinacce, gusci, noccioli,
ecc.), ed i rifiuti solidi urbani.
In maniera più o meno accentuata tutti questi materiali presentano caratteristiche
di dispersione nel territorio, di modesto valore unitario, di grandi volumi, e di
discontinuità nel tempo. Ciò pone problemi non facili (in termini economici) di
raccolta, di conservazione, di pretrattamento e di distribuzione (comuni, d'altra
parte, a tutte le tecnologie di conversione).
Processi di
conversione termochimica
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78
La combustione di materie e residui agricoli si attua con buoni rendimenti, se si
utilizzano come combustibili sostanze ricche di glucidi strutturati (cellulosa e
lignina) e con contenuti di acqua inferiori al 35%.
Le materie prime utilizzabili a tale scopo sono:
Legname in tutte le sue forme;
Paglie di cereali;
Residui di raccolta di legumi secchi;
Residui di piante oleaginose (ricino, cartamo, ecc.);
Residui di piante da fibra tessile (cotone, canapa, ecc.);
Residui legnosi di potatura di piante da frutto e di piante forestali;
Residui dell’industria agro – alimentare.
Il processo di combustione permette la trasformazione dell’energia chimica
intrinseca alla biomassa in energia termica, mediante una successione di reazioni
chimico-fisiche.
Quando la biomassa viene immessa in camera di combustione subisce inizialmente
un’essiccazione, quindi, man mano che la temperatura aumenta si succedono
processi di pirolisi, gassificazione e combustione.
Questi processi vengono condotti in apparecchiature (caldaie) e consentono la
generazione di calore, che viene recuperato mediante scambiatori di calore in cui
si trasferisce l’energia termica ad altri fluidi vettori, quali aria o acqua. La quantità
di energia termica fornita dalla biomassa è funzione del tipo utilizzato, della
quantità di ceneri e del contenuto di umidità.
Le caldaie a letto fluido rappresentano la tecnologia più
sofisticata e dispendiosa che sta ricevendo, però, notevoli
attenzioni, infatti essa permette il conseguimento di numerosi
vantaggi quali la riduzione degli inquinanti e l’elevato
rendimento di combustione.
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Carbonizzazione e pirolisi
Dal punto di vista chimico, la carbonizzazione e la pirolisi sono processi simili, che
si differenziano solo per l’intervallo di temperatura in cui vengono condotti. In
entrambi i casi si ha un fenomeno di decomposizione termochimica di materiali
organici, ottenuto mediante l’applicazione di calore, in completa o minima
presenza di agenti ossidanti (aria, ossigeno).
La carbonizzazione si verifica a temperature inferiori a 400 – 500°C, la pirolisi a
temperature superiori (fino a un massimo di 800 – 900°C).
In realtà oggi i due processi si differenziano in modo sostanziale soprattutto per la
tecnologia utilizzata per condurli: la carbonizzazione è un processo abbastanza
rudimentale, la pirolisi viene condotta in impianti a volte anche estremamente
sofisticati.
La carbonizzazione consente la trasformazione delle molecole strutturate dei
prodotti legnosi e cellulosici in carbone (carbone di legna o carbone vegetale),
ottenuta mediante l’eliminazione dell’acqua e delle sostanze volatili dalla materia
vegetale, per azione del calore nelle carbonaie, all’aperto, o in storte, che offrono
una maggior resa in carbone. La temperatura di processo si aggira tra i 400 ed i
500°C.
La pirolisi è un processo di decomposizione termochimica di materie prime
organiche, ottenuto mediante l’applicazione di calore, a temperature comprese tra
400 e 800°C, in completa assenza di un agente ossidante, oppure con una
ridottissima quantità di ossigeno (in quest’ultimo caso il processo può essere
descritto come una parziale gassificazione).
I prodotti della pirolisi sono sia gassosi, sia liquidi (olio di pirolisi o bio-olio), sia
solidi (carbone di legna), in proporzioni che dipendono dai metodi di pirolisi
(pirolisi veloce, lenta, o convenzionale) e dai parametri di reazione.
Uno dei maggiori problemi legati alla produzione di energia basata sui prodotti
della pirolisi è la qualità di detti prodotti, che non ha ancora raggiunto un livello
sufficientemente adeguato con riferimento alle applicazioni, sia con turbine a gas
sia con motori diesel.
Applicazionidell'energia prodotta
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80
In prospettiva, anche con riferimento alle taglie degli impianti, i cicli combinati ad
olio pirolitico appaiono i più promettenti, soprattutto in impianti di grande taglia,
mentre motori a ciclo diesel, utilizzanti prodotti di pirolisi, sembrano più adatti ad
impianti di piccola potenzialità.
Come materia prima della pirolisi possono essere usate sostanze organiche con
bassa umidità (< 50%) ed un alto tenore di carbonio, riferito all'azoto presente
(C/N > 30). Tra queste il legno, la segatura, i trucioli, le foglie, la paglia, i residui
di potatura, i cascami derivanti dalla pulitura del bosco, altri residui vegetali, i
rifiuti solidi urbani e quelli industriali (gomma, plastica) a carattere organico.
La scelta del materiale da impiegare per l'alimentazione del reattore di pirolisi, è
legata al prodotto finale desiderato.
Qualora si voglia ottenere carbone di legna, è preferibile impiegare legno
proveniente da piante sempreverdi. Se, invece, si richiede alcool metilico o acido
acetico, si utilizzerà legno proveniente da piante a foglie caduche. Qualora, infine,
si effettui la gassificazione si può ricorrere a qualunque tipo di biomassa
Il materiale di alimentazione, ed in particolare la legna, deve essere sottoposto ad
un pretrattamento di essiccazione e di sminuzzamento. Per un buon rendimento, il
tasso di umidità non deve superare il 20%.
La pirolisi è un processo di decomposizione fisica e chimica dl materiali organici,
ottenuta riscaldando questi ultimi in assenza di aria. Nell'evolversi delle varie fasi
si ottengono prodotti diversi, a seconda delle temperature raggiunte.
Per valori sino a 400-500°C avviene la carbonizzazione, che origina carbone di
legna, una miscela di gas (condensabili ed incondensabili), e composti liquidi
(catrami, oli, ecc.), secondo la reazione:
2C42H66O28 → 3C16H10O2 + 28H2O + 5CO2 + 3CO + C28H32O9 + 7H2
legno carbone di legna
catramegas di legnocomposti dell'acido pirolignoso
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81
Durante la carbonizzazione la produzione del carbone di legna corrisponde al 30-
35% del materiale secco di partenza (il carbone di legna ha un contenuto di
carbonio compreso nel campo 75÷85%, ed un potere calorifico di circa 6.000 –
7.000 kcal/kg); la produzione di gas è pari al 15÷20% della sostanza secca; i
componenti liquidi rappresentano circa il 25%, e sono costituiti da catrami e
dall'acido pirolignoso.
Per temperature superiori a 600°C e sino a 900-1.000°C, si ha essenzialmente
una produzione di gas, composto da H2, CO, CO2 (quest'ultima in percentuali
sempre più basse), e da idrocarburi: il potere calorifico è circa 3.000 kcal/Nm3.
Il carbone di legna e le altre sostanze solide possono essere portate alla completa
gassificazione (con un piccolo scarto di ceneri) immettendo ossigeno od aria, in
presenza di una certa quantità di acqua.
Quando per la gassificazione si usa aria, il bilancio globale dei materiali può essere
così espresso: 1 kg di materia vegetale secca + 0,2 kg di acqua + 2 kg di aria
(composta da 0,4 kg di O2 + 1,6 kg di N2) = 3,1 kg di gas povero.
Il gas è composto essenzialmente da CO, H2 ed N2 (introdotto con l'aria), ed ha un
potere calorifico di 1100/1800 kcal/Nm3. Ricorrendo, invece, all'ossigeno si otterrà
un gas privo di N2, ed avente un potere calorifico di 3000 kcal/Nm3.
In questo caso, a parità di vegetale di partenza, la quantità di gas ottenuta è di
soli 1,5 kg, in quanto è assente l'azoto.
Il combustibile gassoso ottenuto è utilizzabile in motori a combustione interna o in
caldaie per la produzione di energia meccanica o termica ma anche in forni di
produzione, per esempio, di cementi o laterizi.
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Gassificazione
Il processo di gassificazione consiste nell'ossidazione incompleta di una sostanza
in ambiente ad elevata temperatura (900 - 1.000°C) per la produzione di un gas
combustibile (detto gas di gasogeno) di basso potere calorifico inferiore, variabile
tra i 4.000 kJ/Nm3, nel caso più diffuso dei gassificatori ad aria ed i 14.000
kJ/Nm3, nel caso dei gassificatori ad ossigeno. Valori intermedi (10.000 kJ/Nm3) si
ottengono nel caso di gassificatori a vapor d’acqua.
I problemi connessi a questa tecnologia, ancora in fase di sperimentazione, si
incontrano a valle del processo di gassificazione e sono legati principalmente al
suo basso potere calorifico ed alle impurità presenti nel gas (polveri, catrami e
metalli pesanti). L’utilizzazione del gas di gasogeno quale vettore energetico pone
alcune limitazioni legate essenzialmente ai problemi connessi con il suo
immagazzinamento e trasporto, causa il basso contenuto energetico per unità di
volume. Ciò fa sì che risulti eccessivamente costoso il trasporto su lunghe
distanze.
Tali inconvenienti possono essere superati trasformando il gas in alcool metilico
(CH3OH), che può essere agevolmente utilizzato per l’azionamento di motori. Il
metanolo, caratterizzato da un potere calorifico inferiore dell’ordine di 21.000
kJ/kg, può essere successivamente raffinato per ottenere benzina sintetica, con
potere calorifico analogo a quello delle benzine tradizionali.
Produzione di idrogeno da biomasse per via termochimica
Una tematica connessa ai processi di pirolisi e di gassificazione su cui la ricerca sta
puntando molto negli ultimi anni è la produzione di idrogeno a partire da
biomassa. Oltre al vantaggio legato alla produzione di un combustibile “pulito”
quale l’idrogeno, questa tecnologia consentirebbe di superare molti dei problemi di
qualità caratteristici dei prodotti dei processi di pirolisi e di gassificazione.
Attualmente, l’idrogeno è prodotto quasi esclusivamente a partire da fonti fossili
(gas naturale, idrocarburi C2-C5, gasolio, carbone).
Applicazionidell'energia prodotta
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nelle zone ad obiettivo 1
83
Lo sviluppo delle tecnologie di gassificazione e pirolisi delle biomasse può rendere
possibile l’impiego di questa materia prima come fonte alternativa.
La combustione è naturalmente la più consolidata tra
le tecnologie per lo sfruttamento a fini energetici della
biomassa.
Il Potere Calorifico Inferiore (PCI) della biomassa, e
quindi la quantità di calore che è possibile sviluppare
nel processo di combustione, varia tra 2.500-4.500
kcal/kg in relazione al tipo di biomassa utilizzata, al contenuto di umidità presente
e alla quantità di ceneri.
Gli impianti che sfruttano la combustione di biomassa a scopi energetici possono
essere classificati in:
i. impianti per la produzione di energia termica
eventualmente in co-generazione, a partire da
combustibile solido (generalmente < 5-6 MWt);
ii. impianti per la produzione di energia elettrica
eventualmente in co-generazione a partire da
combustibile solido o liquido (2-15 MWe);
Gli impianti appartenenti alla prima categoria sono quelli che presentano, da un
punto di vista tecnico ed economico, le migliori prestazioni generali, anche in
termini di potenziale risparmio energetico.
Questa tipologia contempla sia impianti di piccolissima taglia riconducibili a stufe,
termocamini o termocucine il cui utilizzo e strettamente legato a piccole utenze di
tipo monofamiliare, sia caldaie a legna che a seconda della potenza possono
servire utenze di taglia medio piccola come piccoli complessi residenziali.
Salendo di taglia si passa ad impianti più complessi gestiti in modo totalmente
automatico che data la potenza sono spesso asserviti ad utenze più grandi sia di
tipo residenziale che non.
Tecnologie
per la
conversione
termochimica
Applicazionidell'energia prodotta
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nelle zone ad obiettivo 1
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Con esclusione dei piccoli impianti ad uso strettamente domestico sopra descritti,
gli schemi impiantistici, per impianti inferiori a 0.5 MW, prevedono, in genere:
Combustione a fiamma inversa con alimentazione
manuale del combustibile;
Combustione di tipo convenzionale (o ancora a fiamma
inversa) con tramoggia di alimentazione e relativo
bruciatore automatico.
Per impianti superiori a 0.5 MW:
Accumulo di materiale ligno-cellulosico sminuzzato a tenori di
umidità molto variabili;
Prelevamento automatico del combustibile dall'accumulo o carico di
tramogge con mezzi gommati;
Introduzione del combustibile in caldaia in quantità dipendente dalla
temperatura dei fiumi e dell'acqua circolante nella caldaia stessa;
Introduzione di aria comburente per mantenere un prefissato tenore
di ossigeno nei fumi;
Sistema d'abbattimento del particolato con cicloni.
Le principali problematiche inerenti l'utilizzo di questi impianti sono così
riassumibili:
Approvvigionamento del combustibile in termini organizzativi;
Impegno economico richiesto dai sistemi di teleriscaldamento;
Gestione degli impianti e della vendita del calore.
Gli impianti descritti, oltre che per la produzione di calore, si prestano anche per la
generazione di elettricità in piccole taglie (circa pari al 15% della potenza termica)
utilizzando la tecnologia del ciclo Rankine.
La categoria di impianti del secondo tipo ha avuto una certa spinta a seguito delle
agevolazioni previste dalle Leggi 9 e 10/91 e dal provvedimento CIP 6/92.
Tuttavia non è ancora chiara l'effettiva penetrabilità di queste soluzioni
impiantistiche.
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nelle zone ad obiettivo 1
85
Le maggiori difficoltà derivano dai seguenti aspetti:
Problemi tecnologici che, sembra, interessino in pratica tutte le
soluzioni impiantistiche che mirano ad elevate rese in energia
elettrica;
Reperimento di biomassa a costi contenuti;
Bassa accettabilità da parte delle comunità;
Attuale scarsa stabilità del quadro normativo;
Difficoltà a trovare situazioni ove sia possibile, in termini di utenze,
la cogenerazione.
Molto sinteticamente, le principali tecnologie di combustione della biomassa
utilizzano le seguenti soluzioni impiantistiche:
Combustione a griglia (fissa o mobile);
Nella combustione a griglia si distinguono i sistemi a griglia
fissa che sono utilizzati per impianti di piccola taglia e i
sistemi a griglia mobile utilizzati soprattutto in contesto
industriale per la maggiore facilità di movimentazione,
rimescolamento del combustibile e rimozione delle ceneri.
Combustione in sospensione;
La combustione in sospensione è una tecnologia indicata nel
caso di utilizzo di biomasse leggere e polverulenti quali lolla di
riso, segatura, paglia, ecc..
La biomassa, inserita nella parte superiore del combustore,
brucia mentre cade sulla griglia sottostante.
Combustione a tamburo rotante;
La soluzione a tamburo rotante viene utilizzata nelle
applicazioni in cui il combustibile ha caratteristiche termo-
fisiche molto povere e contiene elevati carichi inquinanti.
Durante il processo, in conseguenza del rimescolamento
continuo della biomassa dovuto alla rotazione del tamburo, la
combustione avviene in maniera più completa con
conseguente diminuzione degli incombusti.
Applicazionidell'energia prodotta
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nelle zone ad obiettivo 1
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Combustione a doppio stadio;
La tecnologia a doppio stadio è quella in cui si verificano
preliminarmente la gassificazione e la pirolisi in una prima
camera.
La completa combustione dei prodotti gassificati avviene in
una seconda camera posta a valle che costituisce il corpo
principale di trasferimento dell'energia al fluido vettore.
Combustione a letto fluido.
Con il sistema a letto fluido possono essere trattati vari tipi di
biomassa, inclusi i materiali più "difficili" quali ligniti, torbe,
RSU e fanghi, anche in presenza di un forte gradiente di
umidità.
La camera di combustione è parzialmente riempita con un
materiale inerte (sabbia per esempio) che viene fluidificato
dall'aria comburente in modo da costituire un letto bollente
che viene recuperato e reimmesso in circolazione nella
camera di combustione.
I dispositivi di combustione presentano caratteristiche costruttive differenti a
seconda del loro impiego, come illustrato nella Figura 5 alla pagina seguente..
Applicazionidell'energia prodotta
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nelle zone ad obiettivo 1
87
Figura 5:
principali tipologie di impianti di combustione
Usi civili Tipo Utilizzo Tecnologia Rendimento
Termocucine a legna Monofamiliare Combustione diretta 70 – 75%
Termocamini a legna Monofamiliare Scambiatori ad acqua o aria
50%
Caldaie a legna Complessi residenziali Griglia fissa (20-300 kW) 60-80%
Agricoltura Tipo Utilizzo Tecnologia
Combustori per residui agricoli
Essicazione prodotti, riscaldamento
Griglia mobile
Industria Biomassa utilizzata Utilizzo Taglia Rendimento
Agricole, forestali, RSU Calore di processo 100 kW-30 MW Variabile
Agricole, forestali, RSU Energia elettrica 3 -10 MWe 25 – 30%
Agricole, forestali, RSU Piccola cogenerazione < 5 MW T: ≈ 55% E: ≈ 20%
Agricole, forestali, RSU Medio-alta cogenerazione
> 5 MW T: ≈ 57% E: ≈ 22%
Applicazionidell'energia prodotta
energia da conversionedi biomasse
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nelle zone ad obiettivo 1
88
Tecnologie per la pirolisi
Tipicamente, il processo di pirolisi viene condotto a temperature comprese tra 400
e 800°C e porta alla produzione di sostanze liquide (olio di pirolisi, catrame),
solide (carbone, ceneri) e gassose (gas di pirolisi).
Questi prodotti possono avere svariati impieghi a seconda della natura della
materia prima utilizzata. Se si parte da biomasse (sostanze lignocellulosiche,
residui agro-industriali, ecc.) l’impiego principale è come combustibili per la
produzione di energia.
La resa complessiva e le proporzioni relative tra i vari prodotti dipendono da molti
parametri:
Caratteristiche della materia prima;
Temperatura finale di reazione;
Velocità di riscaldamento della biomassa;
Tempo di residenza del materiale alla temperatura di reazione;
Dimensione e forma della biomassa trattata;
Presenza di catalizzatori.
Le modalità più comuni di esecuzione del processo, schematicamente
rappresentate nella Tabella 5, sono:
la Carbonizzazione;
la Pirolisi convenzionale;
la Fast pirolisi;
la Flash pirolisi.
Applicazionidell'energia prodotta
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nelle zone ad obiettivo 1
89
tabella 5:Descrizione dei processi di pirolisi
Tipologia Temperatura (°C) Caratteristiche
Carbonizzazione 300 – 500 Recupera solo frazione solida (carbone)
Pirolisi convenzionale < 600 Tre frazioni in uguale proporzione
Fast pirolisi 500 – 650 Produzione al 70-80% di frazione liquida
Flash pirolisi > 700 Produzione di 80% di frazione liquida
Una pirolisi “lenta”, a basse temperature e elevata durata del processo, consente
di ottenere una quantità elevata di combustibile solido, mentre una pirolisi rapida
(flash pyrolysis) consente di rendere elevata la frazione liquida prodotta, che può
raggiungere il 70-80% della biomassa secca in ingresso.
La flash pyrolysis consiste in una esposizione della biomassa a temperature che si
aggirano intorno ai 500-650°C per tempi estremamente brevi (< 1 sec).
Il processo di pirolisi è stato sviluppato in una gran varietà di configurazioni
reattoristiche e impiantistiche, utilizzando soprattutto reattori a letto fluido con e
senza ricircolo.
Una tipica configurazione di impianto con reattore a letto fluido è riportata in
Figura 6 alla pagina seguente.
Applicazionidell'energia prodotta
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nelle zone ad obiettivo 1
90
Figura 6:
impianto di pirolisi con reattore a letto fluido
Il combustibile liquido prodotto ha un potere calorifico superiore pari a circa
4.200–4.500 kcal/kg con un contenuto d’acqua pari a circa il 25% in peso, che
non può essere eliminato, per la stabilità della fase liquida.
Quando è invece il gas ad essere il prodotto principale della pirolisi, si ottiene un
combustibile gassoso con potere calorifico generalmente maggiore
(3.500-4.500 kcal/Nm3) di quello ottenuto dal processo di gassificazione.
biomassa
Essiccatore
Macinatore
Alimentatore
REATTORE
calore per
essiccazione
gas
gas difludizzazione
gas ricilato
CICLONE
RAFFREDDAGGIOSTOCCAGGIO
bio-olioceneri
calore per la
pirolisi
Applicazionidell'energia prodotta
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91
La pirolisi è una tecnologia che non è ancora uscita completamente dalla fase
sperimentale/dimostrativa; tuttavia in molti paesi i progressi fatti sono tali da
lasciar pensare a un prossimo impiego su scala industriale.
Tecnologie per la gassificazione
Il processo di gassificazione (Figura 7) consiste nella trasformazione di un
combustibile solido o liquido, nel caso specifico della biomassa, in combustibile
gassoso, attraverso una decomposizione termica (ossidazione parziale) ad alta
temperatura.
Le reazioni che avvengono sono fortemente endotermiche. Il calore necessario
viene pertanto fornito da una combustione parziale del materiale,
preventivamente essiccato, con aria alimentata in quantità inferiore al valore
stechiometrico di combustione.
Le elevate temperature (700-900°C), la rapidità del riscaldamento delle particelle
di biomassa e la presenza di vapore acqueo favoriscono la produzione di composti
gassosi a scapito di quella dei vapori organici (catrami, peci).
Il gas prodotto è una miscela di CO, CH4, CO2, H2, H2O (vapore acqueo) e N2,
accompagnati da ceneri in sospensione e tracce di idrocarburi (C2H6). La
proporzione tra i vari componenti del gas varia notevolmente in funzione dei
diversi tipi di gassificatori, dei combustibili e del loro contenuto di umidità.
Applicazionidell'energia prodotta
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nelle zone ad obiettivo 1
92
Il gas ottenuto ha comunque un basso o medio potere calorifico (da 1.000 a 2.500
kcal/Nm3). Si osservi che, sebbene normalmente il reagente ossidante utilizzato
sia l’aria, si può anche utilizzare ossigeno o aria arricchita di ossigeno. In tal caso,
si può ottenere un gas con un potere calorifico maggiore (da 2.500 a 3.500
kcal/Nm3) a causa della minore quantità di azoto (inerte) presente.
Il gas di gassificazione può essere utilizzato come combustibile in caldaie, motori a
combustione interna, turbine a gas.
Figura 7:
schema di impianto per la gassificazione
I dispositivi per la gassificazione (gassificatori o gasogeni) hanno le stesse
caratteristiche costruttive di quelli impiegati per la combustione a letto fisso o a
letto fluido e si differenziano soltanto per pochi particolari costruttivi e di processo.
Per gli impianti di taglia superiore ai 15 MWe, l’applicazione più conveniente di
questo processo è rappresentata da un ciclo combinato costituito da una turbina
alimentata da gas di gasogeno opportunamente depurato e da un’ulteriore turbina
alimentata dal vapore prodotto utilizzando i gas caldi in uscita dalla turbina a gas.
PreparazioneCombustibile Gassificatore
DepurazioneGas
CaldaiaVapore Camino
Turbina oMotore a Gas
Turbina a Vapore
Calore
Gas
Ceneri
Fumi
Vapore
Energia elettrica
DepurazioneFumi
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93
Un esempio molto evoluto di ciclo combinato è l’IGCC (Integrated Gasification
Combined Cycle) attraverso il quale è possibile ottenere elevatissimi rendimenti
elettrici (40-45%).
Le reali prospettive di diffusione dell’IGCC dove la situazione generale suggerisce
di privilegiare piuttosto la diffusione di impianti di piccola taglia.
Altra possibile configurazione, indirizzata a impianti della potenza di qualche MWe,
consiste nell’accoppiamento dei gasogeni a motori a combustione interna collegati
con elettrogeneratori (MCI).
Con questa soluzione è possibile associare ad un minor costo di investimento
unitario, una maggiore semplicità di esercizio, pur essendo allo stato attuale
necessari ulteriori sviluppi riguardanti l’automazione del processo, il miglioramento
della qualità del gas prodotto e l’affidabilità complessiva del sistema.
A seconda della pressione di esercizio i gassificatori si distinguono in due tipologie:
i. gassificatori atmosferici;
ii. gassificatori pressurizzati
Attività di progettazione dell'impianto
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94
6. ATTIVITÀ DI PROGETTAZIONE DELL’IMPIANTO
Il presente capitolo illustra un percorso ideale di scelta di installazione di un
impianto a biomassa e delle sue caratteristiche, che segua alcune tappe
fondamentali quali:
uno Studio Preliminare che fornisca informazioni circa la disponibilità di
biomassa e sulle sue caratteristiche fisiche e biologiche;
uno Studio tecnico-economico di fattibilità di impianto che mostri la fattibilità
tecnica dell’impianto e la sua convenienza economica;
le varie fasi della Progettazione che definiscono nel dettaglio le caratteristiche
dell’impianto.
si illustrano i Contenuti fondamentali di ogni fase fornendo indicazioni tecniche
per lo sviluppo di ognuna e puntando l’attenzione sugli elementi cruciali.
Mentre nei capitoli precedenti si sono illustrate ampiamente le tipologie di
biomassa, i processi per la conversione energetica e le tecnologie relative, le
indicazioni contenute in questo capitolo sono rivolte in special modo agli impianti
che utilizzano biomasse lignocellulosiche all’interno di processi di combustione1.
Tale restrizione viene compiuta perché le biomasse lignocellulosiche sono presenti
un po’ ovunque e perché le tecnologie per la combustione sono piuttosto evolute e
disponibili per impianti sia grandi sia piccoli quindi adattabili alle diverse realtà dei
parchi italiani; viceversa impianti per pirolisi e gassificazione, che hanno senso
solo se piuttosto grandi non sono molto compatibili con l’ambito di un parco e con
l’esigenza dimostrativa degli impianti stessi.
1 Si intende che, mentre le indicazioni di carattere più tecnico sono correlate al tipo di biomassa e di tecnologia, il percorso di scelta può considerarsi analogo per tutti gli impianti a biomassa.
Attività di progettazione dell'impianto
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95
Il bacino di approvvigionamento
Il primo passo da compiere qualora si intenda avviare un’attività di produzione di
energia da biomassa è sicuramente lo studio della disponibilità quanti-qualitativa
della stessa biomassa per stabilire la sostenibilità dell’intervento.
Questo studio parte inevitabilmente dall’individuazione un ipotetico bacino di
approvvigionamento e dalla conseguente constatazione di quali tipologie di
materiale si hanno a disposizione all’interno della suddetta area.
Il criterio per individuare il potenziale bacino può essere vario, in linea generale i
principali fattori da analizzare sono:
la Presenza di utilizzazioni forestali;
la Presenza di attività produttive;
la Presenza di limiti amministrativi;
la Rete viaria;
i Costi di trasporto;
la Sostenibilità ambientale.
Le caratteristiche orografiche del territorio potenziale “fornitore” di materia prima
possono influire molto sulla grandezza del bacino di approvvigionamento. Il
trovarsi in pianura collina o montagna può comportare, ad esempio, l’avere a
disposizione una rete viaria molto diversa con differenti problematiche in merito
alle tipologie di mezzi di trasporto utilizzabili, di tempi e di costi legati a questa
operazione.
In un territorio montano le stesse caratteristiche fisiche del territorio possono
portare, in modo quasi obbligato, a fare coincidere i limiti fisici della valle con
quelli del bacino di approvvigionamento.
Studio
Preliminare
Attività di progettazione dell'impianto
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nelle zone ad obiettivo 1
96
La presenza o meno di una prassi consolidata di utilizzazioni forestali in un
determinato territorio è strettamente correlata ad una produzione di scarti di
lavorazione potenzialmente destinabili all’uso energetico, ne consegue che un
buon livello di utilizzazioni ed il relativo quantitativo di biomassa a disposizione
tendono a restringere il raggio dell’ipotetico bacino di approvvigionamento.
La contemporanea presenza di attività produttive di prima e/o seconda
lavorazione del legno, con i relativi quantitativi di scarti prodotti, concorre allo
stesso modo a mantenere contenuto l’ambito entro il quale approvvigionarsi.
Altro fattore decisivo potrebbe essere la presenza di limiti di proprietà o
amministrativi che identificano a priori la dimensione del bacino di raccolta
facendolo coincidere con i suddetti limiti.
In un’ottica di sostenibilità ambientale dell’intero progetto di filiera di produzione
di energia non ha comunque senso l’ipotesi di un bacino di approvvigionamento
allargato anche solo a livello regionale, nazionale ne tantomeno internazionale.
Qualora infatti ci sia una convenienza economica nell’approvvigionarsi di materia
prima su un territorio e/o mercato molto ampio, l’incidenza delle immissioni in
atmosfera legate al trasporto della biomassa combustibile all’impianto di
combustione, renderebbe vani i vantaggi in termini di emissioni derivanti dalla
produzione di energia da biomassa.
In tutti i casi occorrerà fare i conti con le quantità di biomassa necessarie
all’impianto oggetto di progettazione.
Lo stabilire ad esempio un raggio in km entro il quale muoversi può risultare
limitativo al contrario il non tenere conto della distanza entro cui approvvigionarsi
è senza dubbio sbagliato.
In linea di massima i criteri principali per la suddetta scelta sono la scelta della
soluzione “ambientalmente” più compatibile ed il costo massimo accettabile per il
trasporto della materia prima.
Attività di progettazione dell'impianto
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97
Tipologie di biomassa disponibile
Stabilita l’area geografica di riferimento si proseguirà all’analisi delle tipologie di
biomassa lì disponibili.
Le tipologie di biomasse potenzialmente disponibili su di un territorio sono
essenzialmente:
Cippato da legno vergine derivante da utilizzazioni forestali;
Cippato da legno vergine derivante da tagli fitosanitari;
Cippato da legname recuperato dal lavori di manutenzione ordinaria
e straordinaria di alvei fluviali;
Cippato da residui di manutenzione di verde ornamentale;
Cippato da coltivazioni agro-forestali ad hoc;
Cippato da scarti di lavorazione primaria e secondaria del legno.
Il soggetto futuro gestore dell’impianto dovrà in seguito valutare il mix di
combustibile che ritiene più idoneo per l’alimentazione della centrale di
combustione.
A questo punto il compito del gestore dell’impianto dovrà essere quello di
individuare le diverse problematiche legate all’approvvigionamento e alla gestione
della biomassa di diversa fonte.
Le sopra elencate tipologie possono, ad esempio, essere disponibili con
tempistiche differenti durante l’arco dell’anno.
La produzione di scarti di origine forestale, ad esempio, è strettamente legata alle
tempistiche determinate a livello regionale per legge. Diversi sono i fattori
determinanti i periodi in cui è concesso di utilizzare i soprassuoli boschivi; lo sono
ad esempio la diversa tipologia di governo del bosco ossia ceduo o fustaia e
l’altitudine in cui si situano gli stessi popolamenti.
L’approvvigionamento di cippato derivante dai residui di manutenzione del verde
ornamentale, pur non sottostando a regolamenti o leggi, è legato alle normali
tempistiche derivanti dalla corretta applicazione di dettami agronomici oltre che
dalle modalità di raccolta e smaltimento differenti e tipiche di ogni realtà.
Attività di progettazione dell'impianto
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nelle zone ad obiettivo 1
98
Il cippato derivante da scarti delle attività di prima e seconda lavorazione del
legno, così come quello derivante dal recupero di imballaggi, non sarà soggetto a
tempistiche di tipo agronomico ma a tempistiche di cicli di produzione di manufatti
e/o semilavorati e di gestione logistica degli scarti.
L’analisi delle disponibilità delle diverse fonti dal punto di vista delle quantità e
delle tempistiche dovrà portare il gestore alla schematizzazione di un piano di
approvvigionamento necessario per la corretta gestione dell’impianto.
Nello stilare questo piano il gestore dovrà inoltre tenere conto delle problematiche
legate allo stoccaggio della biomassa recuperata.
Essendo il cippato soggetto a degrado per fermentazione non sarà infatti possibile
ipotizzare enormi accumuli di materiale.
Questo fatto riflettendosi sui quantitativi stivati avrà, a sua volta, dei risvolti sulla
gestione logistica delle necessarie aree di stoccaggio.
Come sopra accennato si intuisce che sono molteplici le problematiche legate al
mix di combustibile scelto per ogni realtà considerata. Il gestore dell’impianto
dovrà avere la capacità e l’accortezza di prendere in considerazione il maggior
numero di variabili possibile e individuare la giusta strategia d’azione che di volta
in volta si renderà necessaria.
Caratteristiche fisiche e biologiche della biomassa
Nella scelta del suddetto mix di combustibile adatto alla realtà impiantistica
oggetto di progettazione occorre valutare alcune caratteristiche fisiche e chimiche
della biomassa utilizzata.
Le caratteristiche principali dell’assortimento cippato sono:
le Dimensioni;
la Massa volumica apparente;
la Composizione;
l’Umidità;
il Potere calorifico inferiore e il Contenuto energetico.
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nelle zone ad obiettivo 1
99
Per quanto riguarda le dimensioni è utile precisare che gli impianti utilizzanti
questo combustibile sono dotati di un sistema automatico di alimentazione dello
stesso.
L’uso di questo sistema comporta la necessità che il materiale abbia una
dimensione media di riferimento ed una omogeneità all’interno della fornitura.
La dimensione media del chip è di 20 x 20 x 40 mm; la presenza di chips di
dimensione e forma difformi potrebbe dare dei problemi al sistema di trasporto del
combustibile dalla zona di stoccaggio alla caldaia.
Diretta conseguenza della dimensione media delle particelle di cippato è la massa
volumica apparente dello stesso.
La massa volumica indica la massa dell’unità di volume apparente dei cippato
dove il volume è costituito da quello dei singoli chip e da gli spazi vuoti tra gli
stessi; l’unità di misura più diffusa è il kg/m3.
La massa volumica dipende, oltre che dalle dimensioni del chip anche dalla massa
volumica delle specie vegetali presenti (allegato 111 – allegato 112).
La composizione del cippato è definita dalle specie vegetali con le quali è stato
prodotto e la provenienza dello stesso.
L’umidità del legno è definita dal rapporto fra la quantità d’acqua contenuta in un
pezzo di legno ed il peso (anidro o umido) di quest’ultimo.
Quando si indica un valore di umidità si dovrebbe sempre nel contempo
specificare se il valore è riferito allo stato umido o allo stato anidro perché,
sebbene i due valori siano univocamente correlati tra loro, sono diversi (rif.
Allegato tecnico).
Quando ciò non è specificato, il valore di umidità è normalmente riferito allo stato
umido.
Il potere calorifico inferiore esprime la quantità di calore che si sviluppa con la
combustione completa di 1 kg di legno, considerando l’acqua allo stato di vapore a
100°C (cioè considerando la sola quota parte di calore effettivamente utilizzabile
nei normali impianti di riscaldamento).
Esso varia principalmente in funzione dell’umidità del legno e della specie
botanica.
Attività di progettazione dell'impianto
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nelle zone ad obiettivo 1
100
Il contenuto energetico esprime un concetto analogo ma è riferito all’unità di
volume invece che all’unità di peso.
Rispetto al potere calorifico inferiore, è più adatto al cippato perché è meno
variabile in funzione dell’umidità: per questo motivo, il cippato dovrebbe sempre
essere commercializzato per unità di volume invece che di peso.
In allegato inoltre si mettono a confronto alcuni valori di contenuto energetico e
potere calorifico inferiore. ed alcuni valori medi di massa volumica di diverse
specie legnose.
Dal punto di vista chimico occorre accertarsi della possibile presenza di sostanze
inquinanti nel legname di partenza utilizzato per la produzione del cippato.
A questo riguardo l’addetto all’approvvigionamento della biomassa dovrà
verificare, accertandosi delle caratteristiche e della provenienza della stessa, il
ricadere del materiale nelle categorie definite per legge, dei combustibili, dei rifiuti
non pericolosi o dei rifiuti pericolosi.
L’appartenenza ad una delle suddette categorie implica la possibilità di utilizzare la
biomassa in apposite tipologie impiantistiche.
In particolare dovranno essere tenuti in considerazione i parametri individuati e
descritti dalla vigente normativa sui rifiuti e sui biocombustibili.
La normativa oltre ad indicare i valori limite di concentrazione di alcune sostanze
chimiche e la metodologia per l’effettuazione dei controlli, indica le caratteristiche
impiantistiche necessarie per la conversione energetica delle diverse tipologie di
scarto.
Attività di progettazione dell'impianto
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101
Nel presente paragrafo si illustrano i passi
fondamentali da percorrere per lo studio di fattibilità di
una filiera legno-energia. Si propone lo studio di
fattibilità della filiera e non dell’impianto perché
l’analisi delle esperienze nel campo delle biomasse ha
mostrato che i fattori limitanti l’utilizzo delle biomasse
non sono tanto legati all’impianto vero e proprio
quanto a ciò che sta intorno.
In particolar modo si incontrano problemi legati all’approvvigionamento di materia
prima e alla gestione.
L’approvvigionamento – il cui obiettivo è avere la disponibilità continua di materia
prima - è reso difficoltoso, per citare brevemente le principali criticità, da:
il carattere labile delle biomasse, per cui in genere non è
possibile stoccare grosse quantità di biomassa
perché essa è soggetta a fenomeni che ne modificano le
caratteristiche, in modo più o meno veloce/grave a
seconda dei casi;
il fatto che, non essendo molto diffuso l’uso energetico
delle biomasse (almeno in Italia), in genere non esiste
un mercato delle stesse, di conseguenza la continuità
dell’approvvigionamento è assicurata solo tramite
un’attenta pianificazione e una buona conoscenza delle
risorse in senso lato (operatori, aziende, boschi, attività
agricole, ecc.)2.
La gestione di un impianto a biomassa è invece un elemento critico perchè è
generalmente meno banale di quella di un impianto alimentato con fonti
“tradizionali” (fossili) e richiede una maggiore conoscenza tecnica dell’impianto
stesso.
2 La modalità di approvvigionamento è in effetti una delle principali differenze tra le biomasse e le fonti energetiche cosiddette “tradizionali”. Per queste ultime il problema dell’approvvigionamento non esiste: la fonte energetica arriva direttamente all’utente (come nel caso del metano) oppure può essere messa a disposizione tramite una semplice telefonata (come nel caso del gasolio); insomma con una semplicità che per le biomasse attualmente è inimmaginabile.
Studio
Tecnico-
economico
di
fattibilità di filiera
Attività di progettazione dell'impianto
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nelle zone ad obiettivo 1
102
Parimenti, per quanto riguarda gli aspetti prettamente economici,
l’obiettivo/risultato dello studio di fattibilità deve essere non il costo dell’impianto
bensì il costo unitario del calore erogato dall’impianto, perché si tratta di un
valore che tiene conto di tutti gli elementi della filiera e permette di valutare la
convenienza economica dell’impianto stesso, requisito senza il quale l’impianto
rischia di avere vita breve.
Caratteristiche fisiche e biologiche della biomassa
Gli argomenti da indagare, e i dati da mettere in evidenza, nello studio di fattibilità
sono principalmente quelli elencati di seguito, e ciascuno di essi sarà più
ampiamente descritto in un paragrafo apposito.
Utenza
Lo studio deve individuare l’utenza, la distribuzione nel tempo dell’energia richiesta, stimare la
quantità di energia che l’impianto dovrà erogare, definire la potenza dell’impianto da installare.
Impianto
In base alle considerazioni precedenti, si deve formulare un’ipotesi di impianto che possieda
caratteristiche idonee al caso in esame, e stimare i costi di investimento.
Approvvigionamento
Lo studio di fattibilità deve affrontare il problema dell’approvvigionamento - quali fonti si prevede
di avere a disposizione, in che quantità e a quale prezzo – mettendo a confronto la disponibilità di
biomassa con il fabbisogno dell’impianto.
Gestione
È necessario evidenziare le modalità con le quali è opportuno provvedere alla gestione
dell’’impianto, in particolare quali soggetti possono/devono essere coinvolti, e stimare i costi di
gestione.
Esternalità positive
Lo studio deve mostrare i benefici che derivano dall’utilizzo della biomassa in quel determinato
contesto, se possibile non solo in modo descrittivo ma anche quantificandoli.
Attività di progettazione dell'impianto
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103
Come valutare la convenienza economica della filiera
I dati evidenziati devono essere collegati tra loro per dare un quadro d’insieme
della convenienza economica del progetto di filiera. Come si è già detto, il valore
numerico che fornisce tale indicazione è il costo di produzione unitario dell’energia
da biomassa.
Il modo con cui collegare i diversi valori, cioè quale formula matematica usare,
può variare a seconda dei casi e soprattutto a seconda della bontà dei dati che si
riescono ad ottenere.
Si propone qui un esempio di formula che utilizza dei valori rapportati all’anno:
E = (I+C+G–B)/a
dove:
E = costo di produzione unitario dell’energia (€/kWh)
I = costo annuo dell’impianto (€)
C = costo annuo del combustibile (€)
G = costo annuo della gestione (€)
B = benefici annui derivanti dall’uso di biomassa (€)
a = kWh erogati all’anno
Una volta ricavato il valore E esso può essere messo a confronto con l’analogo
costo dell’energia da fonti fossili o utilizzato per altre valutazioni nel processo
decisionale di scelta dell’installazione dell’impianto.
Attività di progettazione dell'impianto
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104
I benefici derivanti dall’uso di biomassa, che sono stati inclusi nella formula
proposta per completezza di ragionamento, sono monetizzabili con grande
difficoltà e con risultati comunque soggettivi ed aleatori.
È possibile d’altro canto tenere conto delle esternalità positive anche senza
includerle nel valore numerico, ma a posteriori: nel momento in cui si fa il
confronto tra il costo di produzione dell'energia da biomassa e dell'energia da fonti
fossili si deve porre l’attenzione sul fatto che i valori sono da considerarsi pari
quando il primo è “in una certa misura” superiore al secondo.
Utenza
Lo studio deve individuare l’utenza, cioè definire quali sono i soggetti e gli edifici che utilizzeranno l’energia prodotta dall’impianto.
Trattandosi di un impianto a biomassa, a differenza degli impianti a fonti fossili (e di altri impianti a fonti rinnovabili, ad esempio gli impianti solari), la tipologia di utenza deve essere valutata attentamente perché condiziona le scelte successive e in casi-limite addirittura blocca dal principio l’idea di realizzare un impianto.
Il principale requisito dell’utenza è la continuità nell’utilizzo di energia. Il motivo, che viene qui solo accennato, è legato alle caratteristiche intrinseche degli impianti a biomassa, che devono funzionare il più possibile a pieno regime e in modo continuo.
Tale continuità può realizzarsi in vari modi. Può trattarsi di uno o pochi grossi edifici che vengono utilizzati giornalmente o quasi, quali uffici del Parco, centri-visita, scuole, uffici pubblici, ecc. Oppure può trattarsi di tante piccole utenze singole (es. abitazioni) che si alternano nella richiesta di energia nei vari momenti della giornata.
Un’utenza molto discontinua, ad esempio locali utilizzati solo nei fine-settimana, è inadatta ad essere fornita di energia da biomassa.
Una volta identificata l’utenza si deve stimarne il fabbisogno energetico annuo, in base ai consumi degli anni precedenti o al numero di ore di esercizio all'anno.
Si deve infine indicare la potenza dell’impianto a biomassa da installare, che dovrà soddisfare – in tutto o in parte – il fabbisogno energetico di cui sopra.
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105
Impianto
L’impianto deve essere delineato nelle sue caratteristiche principali:
caldaia e sistema di alimentazione, che comprende:
sistema di estrazione de combustibile dal silo;
complesso di trasporto e alimentazione del combustibile alla caldaia;
generatore di calore (uno o più) a biomassa;
scambiatore funo/fluido termovettore;
impianto di depurazione dei fumi;
impianto di estrazione delle ceneri;
quadro elettrico di comando e accessori;
silo;
opere termoidrauliche ed elettriche di centrale;
locale caldaia;
rete di teleriscaldamento (eventuale);
opere di sottocentrale presso le utenze (eventuali).
Per stimare il costo dell’impianto si devono stimare i costi delle varie componenti, oltre naturalmente il costo della progettazione e direzione lavori, e gli oneri finanziari.
Il costo dell’impianto può essere abbassato da eventuali forme di sostegno pubblico all’utilizzo della biomassa.
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106
Approvvigionamento
In linea generale, la tipologia di biomassa e la quantità relativa sono già state individuate, nel percorso decisionale che si sta delineando, nello Studio Preliminare.
Lo studio di fattibilità deve approfondire l’argomento dettagliando le fonti di combustibile il più accuratamente possibile e fornendo, per ognuna, le seguenti informazioni:
percentuale di utilizzo;
contenuto energetico;
prezzo unitario.
Si sottolinea l’importanza, per i problemi già citati legati all’approvvigionamento, di prevedere già in questa fase un ventaglio di fonti sufficientemente ampio da garantire la continuità dell’approvvigionamento e consentire nel contempo di rimodulare le percentuali di utilizzo delle varie fonti in funzione delle variazioni dei prezzi di mercato delle fonti stesse.
Le fonti devono essere diverse come tipologia3 e come provenienza. Un esempio di mix di combustibile, riguardante il cippato, potrebbe essere il seguente:
50% di cippato da bosco prodotto direttamente;
10% di cippato proveniente da tagli di manutenzione delle fasce ripariali;
20% di cippato da bosco, acquistato tal quale;
20% di cippato da scarti di segheria, acquistato tal quale.
In base a questi dati e a quelli individuati precedentemente è inoltre necessario fare una stima del fabbisogno totale annuo di combustibile; si avrà di conseguenza anche quello di ogni fonte e il costo totale annuo del combustibile.
3 Un quadro delle varie tipologie di biomassa potenzialmente disponibili è stato fornito nel
capitolo “Le biomasse” del presente documento
Attività di progettazione dell'impianto
energia da conversionedi biomasse
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nelle zone ad obiettivo 1
107
Gestione
Lo studio deve formulare ipotesi sui soggetti ai quali affidare le varie fasi della gestione.
Le figure operative che in linea teorica sono necessarie per la gestione di una filiera sono le seguenti:
manager di filiera;
responsabile dell’approvvigionamento;
addetto alla centrale;
terzo responsabile.
Il manager di filiera segue nella sua interezza prima il progetto poi la gestione della filiera/distretto e coordina gli altri soggetti coinvolti nella gestione; deve conoscere almeno in modo approssimativo tutti gli argomenti biomassa-energia.
Il responsabile dell’approvvigionamento deve far sì che il silo sia sempre carico e registrare i consumi di combustibile; deve conoscere le modalità di approvvigionamento diretto della biomassa ed avere conoscenze di mercato per la parte di combustibile da acquistare.
L’addetto alla centrale svolge i compiti di conduzione e manutenzione ordinaria della caldaia; deve avere una conoscenza tecnica dell’impianto.
Il terzo responsabile è una figura professionale prevista dalla legge per gli impianti termici superiori ad una certa potenza4.
Le professionalità descritte possono o meno, a seconda dei casi, coincidere con persone fisicamente diverse. Una singola persona potrebbe svolgere più ruoli a seconda della capacità professionale, delle dimensioni della filiera, o altre ragioni.
Lo studio di fattibilità deve stimare i costi di gestione sia per quanto il personale impiegato nella gestione dell’impianto sia per quanto riguarda gli altri costi: eventuali affitti, premi di assicurazione, consulenze, manutenzione straordinaria e riparazioni, spese vive, ecc.
4 È previsto per gli impianti di potenza superiore ai 350 kW dal D.P.R. 412/93, successivamente modificato dal D.P.R. 551/99.
Attività di progettazione dell'impianto
energia da conversionedi biomasse
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nelle zone ad obiettivo 1
108
Esternalità positive
Lo studio di fattibilità deve evidenziare i benefici derivanti dall’uso di biomassa a scopo energetico se possibile monetizzandoli, altrimenti in modo descrittivo; in ogni caso è necessario che lo studio evidenzi i benefici legati al contesto territoriale in esame.
Di seguito sono elencate le principali esternalità positive che in generale l’uso energetico della biomassa presenta; di volta in volta – in base appunto alle caratteristiche peculiari dell’area coinvolta dal progetto – potranno assumere un’importanza maggiore o minore ed essere eventualmente integrate da altre esternalità:
diminuzione dell’inquinamento atmosferico;
diminuzione dell’effetto serra;
aumento dell’occupazione;
maggiore sviluppo rurale e forestale;
corretta gestione dei rifiuti;
incentivo alla manutenzione del territorio.
Il presente paragrafo non si propone come una linea-
guida completa per la progettazione di un impianto a
biomassa perché, visto il carattere divulgativo del
lavoro, si potrebbero soltanto accennare tutti gli
argomenti: ciò sarebbe inutile sia per il progettista, in
quanto si tratterebbe di cose già conosciute, sia per l’ente parco, data l’esiguità
delle informazioni che si potrebbero fornire.
Si preferisce perciò focalizzare l’attenzione su alcuni elementi-chiave che l’analisi
delle esperienze ha mostrato essere più importanti; l’utente di questo capitolo è
più che mai l’ente parco che può utilizzare queste indicazioni per valutare
criticamente un progetto o portare un contributo su aspetti specifici.
Progettazione
dell’impianto
Attività di progettazione dell'impianto
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nelle zone ad obiettivo 1
109
Sovradimensionamento e numero caldaie da installare
Una caldaia a biomassa legnosa sovradimensionata viene sfruttata male e in
genere comporta maggiori problemi. D’altro canto una caldaia molto inferiore alle
esigenze non è sufficiente a soddisfare le richieste dell’utenza.
Poiché installando una sola caldaia a biomassa si corre il rischio di
sovradimensionarla o di non coprire la richiesta energetica è solitamente
conveniente installare due caldaie:
una caldaia a biomassa e una caldaia a fonti fossili;
oppure
due caldaie a biomassa.
La prima opzione è la più semplice da realizzare soprattutto se si tratta di
impianti di media taglia e in caso di sostituzione di impianto preesistente
(mantenendo la vecchia caldaia a fonti fossili).
Questo abbinamento implica generalmente che la caldaia a biomassa è attiva
soltanto durante la stagione di riscaldamento; l’altra caldaia serve a coprire le
punte di richiesta e per la produzione di acqua calda sanitaria durante l’estate.
La seconda opzione è quasi obbligata oltre una soglia di potenza, in quanto le
caldaie a biomassa legnosa arrivano normalmente fino intorno a 5 MW.
Un valore che permette in modo veloce e facile (quindi anche da parte di un
soggetto non esperto in materia) di intuire un eventuale sovradimensionamento è
il rapporto tra potenza installata e volume riscaldato, che – almeno nelle
condizioni climatiche italiane – non dovrebbe mai superare i 30 W/m3.
Attività di progettazione dell'impianto
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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
110
In Allegatosi forniscono alcuni dati bibliografici di riferimento riguardo al
fabbisogno di potenza calorica per unità di volume installato.
Limiti di potenza
Esistono dei limiti di potenza superati i quali si cambia normativa di riferimento, in
particolare per quanto riguarda il limite massimo di emissioni consentite
(3 MW e 6 MW).
Il fatto di trovarsi in un ambito o nell’altro si ripercuote sui costi di investimento in
modo rilevante, perché la tecnologia che permette di rimanere al di sotto di una
certa soglia è diversa in un caso o nell’altro.
Da un punto di vista economico conviene perciò evitare di installare caldaie la cui
potenza sia di poco superiore ad una delle soglie massime, o modificando le
dimensioni dell’utenza o installando una seconda caldaia.
Trasporto ed alimentazione del combustibile
Per quanto riguarda il complesso di trasporto e alimentazione del combustibile alla
caldaia (ci si riferisce in questo caso agli impianti a cippato in particolare), vi sono
essenzialmente tre diverse tipologie talvolta combinate tra loro:
a coclea;
a nastro;
a spintore idraulico.
Per sistema di trasporto si intende quello che, dal silo, porta il combustibile in
prossimità della caldaia, fino ad un punto in cui il combustibile effettua un “salto”
e ricade più in basso: da qui il sistema di alimentazione lo immette nella camera
di combustione.
Attività di progettazione dell'impianto
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nelle zone ad obiettivo 1
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La coclea è il sistema più diffuso e si adatta a varie situazioni. Non si adatta bene
a coprire grandi distanze: la singola coclea di notevole lunghezza tende ad avere
un “gioco” rispetto al proprio asse di rotazione, tanto più se il diametro è troppo
esiguo. Inoltre comporta in genere problemi in caso di utilizzo di combustibile non
omogeneo dal punto di vista della pezzatura.
Il nastro, rispetto alla coclea, permette di coprire maggiori distanze e differenze di
livello. Ha lo svantaggio di essere rumoroso e può presentare inconvenienti
qualora non sia stato progettato espressamente per il cippato.
Lo spintore ha il principale vantaggio di non essere vincolato ad una determinata
pezzatura di combustibile; mentre il principale svantaggio è il fatto di essere
vincolato ad una certa posizione rispetto alla caldaia.
La coclea può essere sia un sistema di trasporto sia di alimentazione; il nastro è
solo un sistema di trasporto mentre lo spintore è solo un sistema di alimentazione.
Quando siano presenti il nastro o lo spintore devono quindi per forza esservi più
tipologie abbinate tra loro.
Indipendentemente dal sistema utilizzato il percorso deve essere il più possibile
semplice e breve, il che comporta costi minori e, di solito, meno problemi.
La progettazione del silo
Il silo (comprendente il locale, il sistema di estrazione e l’apertura) è la parte
dell’impianto la cui progettazione influenza maggiormente il costo finale
dell’investimento (ASEB, 1995).
È evidente dunque l’importanza di una sua corretta progettazione, trattandosi di
un elemento sul quale è possibile effettuare delle economie.
Gli aspetti critici, in ordine di importanza, sono:
il dimensionamento;
la localizzazione;
il tipo di silo;
il tipo di aperture.
Fonti di finanziamento
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nelle zone ad obiettivo 1
112
Un corretto dimensionamento corrisponde al fatto che il silo non venga realizzato
troppo grande, per questioni di costo, e che nel contempo abbia una sufficiente
autonomia.
La scelta delle dimensioni del silo è anche legata alla presenza, nei pressi
dell’impianto, di un luogo per lo stoccaggio, che svincola in parte dai problemi
legati all’efficienza dei rifornimenti.
Per quanto riguarda la localizzazione del silo si devono rispettare le seguenti
regole:
la distanza tra il silo e la caldaia deve essere il più breve possibile;
il silo deve possibilmente essere inserito negli edifici progettati in modo da non aver bisogno di un accesso supplementare;
le aree circostanti il silo devono essere sufficientemente ampie da permettere le manovre e lo scarico del materiale nel silo da parte degli automezzi.
Per quanto riguarda il tipo di silo, le principali tipologie sono le seguenti:
strutture murarie costruite appositamente (di solito interrate);
silos prefabbricati (ferro, cls);
tettoie aperte.
I silos interrati sono più costosi ma semplificano le operazioni di riempimento del
silo stesso nonché il collegamento silo-generatore di calore.
Tra i silos prefabbricati esiste la soluzione dei containers predisposti per il
collegamento diretto all’impianto di alimentazione del generatore di calore.
I vantaggi principali sono i seguenti: costano meno e semplificano la fase
progettuale.
Fonti di finanziamento
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nelle zone ad obiettivo 1
113
Dal lato svantaggi, si evidenzia che l’approvvigionamento del combustibile è più
impegnativo perché di solito sono più piccoli.
Quando il silo è interrato è necessario scegliere tra aperture carrozzabili o non
carrozzabili: vanno fatte carrozzabili solo se è necessario, in funzione
principalmente dell'accessibilità. Infatti queste ultime comportano costi maggiori e
possono causare più facilmente problemi di infiltrazione d’acqua.
Le aperture non carrozzabili possono essere poste su una cornice di calcestruzzo
rialzata (ordine di grandezza di circa 20 cm).
La progettazione del locale caldaia
Durante la scelta delle caratteristiche del locale caldaia e del posizionamento della
caldaia stessa al suo interno, è consigliabile porre particolare attenzione a
prevedere sufficienti spazi di manovra per le ordinarie operazioni di
manutenzione e rimozione delle ceneri. Infatti un locale troppo piccolo e
soprattutto con una disposizione non idonea implica successivamente, per tutta la
vita dell’impianto, perdite di tempo che influiscono negativamente sui costi di
gestione.
La lunghezza della rete di teleriscaldamento
Nel caso si abbia a che fare con un teleriscaldamento, il dimensionamento della
caldaia è naturalmente collegato al costo della rete di distribuzione del calore.
Avendo individuato l’utenza, quindi anche la sua localizzazione, e la potenza da
installare, occorre valutare se la lunghezza della rete è in un rapporto ragionevole
con la potenza della caldaia.
Fonti di finanziamento
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nelle zone ad obiettivo 1
114
La rete non deve essere “troppo lunga” rispetto alla potenza e all’energia erogata,
perché ciò sarebbe sconveniente dal punto di vista economico.
Una veloce quanto sommaria verifica, che consente almeno di verificare che
l’ordine di grandezza sia quello giusto, si può fare utilizzando il criterio secondo cui
deve esservi almeno 1 kW di potenza d’allacciamento per metro lineare di
condotta termica (lunghezza del canale).
Fonti di finanziamento
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nelle zone ad obiettivo 1
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7. FONTI DI FINANZIAMENTO
Per elaborare una strategia efficace di utilizzo di fonti energetiche rinnovabili
occorre elaborare modelli di intervento corredati dall’individuazione di strumenti
finanziari di accompagnamento alla realizzazione; in merito il capitolo seguente
presenta:
un quadro delle strutture comunitarie che intervengono nella gestione
dei fondi strutturali utile per individuare i potenziali riferimenti cui
rivolgersi per ottenere informazioni e chiarimenti;
alcune carte illustrative delle zone di intervento dei finanziamenti attuati
con fondi comunitari per verificare immediatamente le possibilità di
inserimento in linee di finanziamento legate alla specificità del nostro
territorio di riferimento;
una panoramica delle opportunità finanziarie offerte dalla legislazione
comunitaria e italiana (sia a livello nazionale che regionale).
Anche in questo caso per economia d’uso tutti i riferimenti citati si trovano per
esteso in formato elettronico e collegati automaticamente attraverso dei links alla
copia di questo testo sul CD-ROM.
La Commissione Europea è l’Istituzione che
rappresenta l’interesse generale della Comunità. Suo
infatti è il compito di preparare l’adozione di nuovi
provvedimenti normativi, di sorvegliare sulla corretta
applicazione del diritto comunitario, di assicurare il
funzionamento e lo sviluppo delle politiche comunitarie
di propria competenza.
Il sistema
”aiuti e
prestiti”
della UE
Fonti di finanziamento
energia da conversionedi biomasse
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nelle zone ad obiettivo 1
116
In particolare la Commissione:
Propone i testi legislativi da presentare al Parlamento e al Consiglio
Garantisce l’esecuzione delle leggi europee, del bilancio e dei programmi adottati dal Parlamento e dal Consiglio sempre nel rispetto del principio della sussidiarietà
Vigila con la Corte di Giustizia sull’applicazione del diritto comunitario in quanto custode dei trattati
Negozia gli accordi internazionali principalmente in materia di commercio e cooperazione
Esecuzione e coordinamento delle politiche comuni
Alla Commissione spetta la gestione amministrativa dei servizi comunitari e degli
stanziamenti destinati agli interventi pubblici della Comunità nonché, in
collaborazione con le autorità interessate, dei quattro fondi strutturali comunitari
facenti capo alla Politica di Coesione Economica e Sociale:
i. Fondo europeo di orientamento e garanzia in agricoltura (FEAOG),
ii. Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR),
iii. Fondo sociale europeo (FSE)
iv. Strumento finanziario di orientamento della Pesca (SFOP)
La Commissione è poi l’ente erogatore degli strumenti finanziari relativi alle
politiche interne (ricerca e sviluppo, trasporti, formazione, istruzione, cultura).
La Commissione utilizza il proprio potere esecutivo anche per coordinare le
politiche comunitarie e negoziare accordi internazionali in materia di
scambi e di cooperazione.
Fonti di finanziamento
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Organizzazione amministrativa
Con un organico di 15.000 persone, la Commissione rappresenta la più grande
istituzione dell'Unione europea. Recentemente la struttura della Commissione è
stata completamente rinnovata: le Direzioni Generali (DG), paragonabili ai nostri
Ministeri, sono aumentate da 24 a 36, con una suddivisione basata su aree di
competenza.
Ogni DG è presieduta da un direttore generale, che risponde direttamente al
commissario responsabile.
In un contesto di realizzazione di impianti per l’utilizzo
di fonti energetiche rinnovabili, i nostri principali
interlocutori a livello comunitario saranno
rappresentati – oltre che dalla Commissione – dai
responsabili di almeno tre Direzioni Generali:
Ambiente, Energia e trasporti, Politica regionale.
Direzione Generale “Ambiente”
All’Ambiente competono le attività in materia di ambiente, sicurezza nucleare e
protezione civile.
Commissario Responsabile: M. Wallström
Direttore Generale: J. Currie
Le Direzioni
Generali
direttamente
interessate
ed
i Programmi
Fonti di finanziamento
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nelle zone ad obiettivo 1
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Missione
Uno degli obiettivi dell’Unione europea è l'elaborazione e l'attuazione di una politica
comune a favore dell'ambiente. La Commissione propone una strategia
programmatica, attraverso l'adozione del Sesto Programma di azione a favore
dell'ambiente 2001-2010 “il nostro futuro – la nostra scelta” (rif: allegato 113).
Quattro aree necessitano, secondo il programma, di nuove energie e di interventi più
vigorosi, al fine di:
Contrastare il cambiamento climatico
Proteggere la natura, la flora e la fauna
Affrontare i legami fra ambiente e salute
Preservare le risorse naturali e migliorare la gestione dei rifiuti
Il Sesto Programma Quadro
Ambito di azione del programma:
gestione sostenibile delle risorse naturali;
lotta integrata contro l'inquinamento e azione preventiva nei confronti dei rifiuti;
riduzione del consumo energetico proveniente da fonti non rinnovabili;
migliore gestione della mobilità, grazie allo sviluppo di modi di trasporto efficaci e non inquinanti;
elaborazione di misure intese a migliorare la qualità dell'ambiente urbano;
miglioramento della salute e della sicurezza, specialmente in materia di gestione dei rischi industriali, di sicurezza nucleare e di protezione dalle radiazioni.
Il modesto obiettivo fissato per le fonti energetiche rinnovabili è il superamento entro
il 2010 di una quota di mercato del 7,5 %, rispetto al 5 % del 1995.
Fonti di finanziamento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
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Il Sesto Programma Quadro (segue)
Nonostante l’attiva promozione basata su una serie di programmi energetici comuni,
le fonti energetiche rinnovabili si sviluppano lentamente a causa dei costi elevati, delle
restrizioni operative (fonti estremamente localizzate oppure che richiedono molto
spazio) e delle difficoltà incontrate nel superare lo stadio di prova.
Il 95 % di questo tipo di energia è al momento di origine idraulica oppure è ricavato
dalla biomassa; altre soluzioni promosse dagli Stati membri includono i
biocombustibili (Francia e Finlandia), l’energia solare (Italia e Paesi Bassi), i rifiuti
della silvicoltura (Danimarca) e i parchi eolici (Grecia e Paesi Bassi).
Programmi e strumenti finanziari
Life-ambiente, natura, paesi terzi: il programma Life è destinato al finanziamento
di progetti innovativi nel campo dello sviluppo sostenibile, alla conservazione degli
habitat naturali e alla cooperazione con i paesi terzi in materia di politiche ambientali.
Programma SMAP: finanzia progetti a carattere ambientale attuati tra paesi delle due
sponde del Mediterraneo.
Stanziamenti destinati alle organizzazioni ambientaliste europee.
Direzione Generale “Energia e trasporti”
Detiene tutte le competenze in materia di sicurezza per quanto concerne
l’approvvigionamento energetico secondo il principio della sostenibilità ambientale
e di garanzia della competitività dei prezzi delle risorse.
Commissario Responsabile: L. de Palacio del Valle Lersundi
Direttore Generale: F. Lamoureux
Fonti di finanziamento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
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Missione
La Direzione Generale Energia e Trasporti ha la duplice finalità di monitorare e coordinare le
politiche energetiche e, contemporaneamente, di definire una migliore e più efficiente
politica dei trasporti a livello europeo.
Gli ambiti di intervento in cui la DG opera per quanto riguarda l’energia sono:
i settori dei combustibili
petrolio e gas
l’energia nucleare
l’elettricità
le risorse rinnovabili di energia
Assicurare la compatibilità fra gli obiettivi della politica energetica e quella
ambientale è uno dei temi più dibattuti: è importante valutare l’impatto ambientale
dell’uso e della produzione di risorse naturali.
Programmi e strumenti finanziari
Le azioni nel contesto della politica energetica in Europa sono strettamente legate con le
azioni comunitarie nel campo di coesione economica e sociale (cfr. DG Politica Regionale).
Gli investimenti di questa politica sono finanziati dai fondi strutturali e dalla rete
transeuropea, così come dalla Banca Europea di Investimenti e dal Fondo europeo di
investimenti.
Le azioni nel contesto della politica energetica in Europa sono strettamente legate con le
azioni comunitarie nel campo di coesione economica e sociale (cfr. DG Politica Regionale).
Gli investimenti di questa politica sono finanziati dai fondi strutturali e dalla rete
transeuropea, così come dalla Banca Europea di Investimenti e dal Fondo europeo di
investimenti.
Nel settore dello sviluppo sostenibile e della tecnologia assicurare il rispetto per
l’ambiente è uno degli obiettivi più importanti della Commissione, che viene realizzato
provvedendo alla riduzione delle emissioni tossiche derivanti dalla produzione di energia e
garantendo la sicurezza strutturale e operativa delle installazioni nucleari.
Fonti di finanziamento
energia da conversionedi biomasse
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nelle zone ad obiettivo 1
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Programmi e strumenti finanziari (segue)
Le azioni nel contesto della politica energetica in Europa sono strettamente legate con le
azioni comunitarie nel campo di coesione economica e sociale (cfr. DG Politica Regionale).
Gli investimenti di questa politica sono finanziati dai fondi strutturali e dalla rete
transeuropea, così come dalla Banca Europea di Investimenti e dal Fondo europeo di
investimenti.
Nel settore dello sviluppo sostenibile e della tecnologia assicurare il rispetto per
l’ambiente è uno degli obiettivi più importanti della Commissione, che viene realizzato
provvedendo alla riduzione delle emissioni tossiche derivanti dalla produzione di energia e
garantendo la sicurezza strutturale e operativa delle installazioni nucleari.
Inoltre, viene condotta la promozione di un uso razionale ed efficiente delle risorse.
Per questo scopo sono stati messi a punto diversi programmi:
ALTENER, per la promozione delle energie rinnovabili; (rif: allegato 114)
CARNOT, per la ricerca; (rif: allegato 115).
ENERGIE, riguardante le energie rinnovabili e l’uso razionale delle risorse; (rif: allegato 116).
SAVE, sostegno non tecnologico per l’energia e il suo utilizzo, attraverso la diffusione di una cultura dell’energia fra i cittadini (rif: allegato 143)
Il programma ALTENER
Il programma Altener è stato avviato nel 1993 per conseguire la promozione dell’energia
rinnovabile.
Solo nel 1995 la competitività e la sicurezza nell’approvvigionamento si sono affiancati
all’aspetto ambientale in qualità di elementi chiave della politica energetica comune
dell’UE. La priorità attuale è garantire che i costi della produzione e del consumo di energia
si riflettano più fedelmente sui prezzi di mercato.
Fonti di finanziamento
energia da conversionedi biomasse
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nelle zone ad obiettivo 1
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Il programma ALTENER (segue)
Il programma ALTENER sostituisce i precedenti Altener I e Altener II ed è finalizzato alla
promozione delle fonti energetiche rinnovabili nell'Unione europea. (Decisione n.
646/2000/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 febbraio 2000)
Nell'ambito del programma quadro pluriennale di azioni nel settore dell'energia, la
decisione istituisce un programma pluriennale di sostegno delle fonti energetiche
rinnovabili avente i seguenti obiettivi:
creare le condizioni giuridiche, socioeconomiche e amministrative necessarie all'attuazione di un piano di azione comunitario per le fonti energetiche rinnovabili;
incoraggiare gli investimenti pubblici e privati nella produzione e nell'utilizzazione di energia da fonti rinnovabili.
ALTENER si iscrive nel quadro degli obiettivi globali della Comunità in materia energetica e
ambientale e precisamente:
a. limitazione delle emissioni di CO2;
b. aumento della quota delle fonti energetiche rinnovabili nel bilancio energetico al fine di realizzare nel 2010 l'obiettivo indicativo del 12 % del consumo energetico lordo della Comunità;
c. riduzione della dipendenza dalle importazioni di energia;
d. sicurezza dell'approvvigionamento energetico;
e. sviluppo economico locale e regionale nonché coesione economica e sociale.
Fonti di finanziamento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
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Il programma ALTENER (segue)
La decisione della Commissione elenca i tipi di azione che possono beneficiare di un
sostegno finanziario nell'ambito del programma:
1. studi ed altre azioni, destinati ad attuare e completare altre misure
comunitarie e degli Stati membri adottate per sviluppare il potenziale
delle fonti energetiche rinnovabili;
2. azioni pilota di interesse comunitario volte a creare le infrastrutture
necessarie per lo sviluppo delle energie rinnovabili;
3. misure volte a sviluppare le strutture dell'informazione,
dell'insegnamento e della formazione; misure per promuovere lo
scambio di esperienze;
4. azioni mirate per favorire la diffusione sul mercato delle fonti
energetiche rinnovabili nonché del relativo know-how, al fine di
promuovere gli investimenti;
5. azioni di monitoraggio e valutazione volte da un lato a monitorare
l'attuazione del piano d'azione della Comunità per lo sviluppo delle fonti
energetiche rinnovabili e dall'altro a sostenere le iniziative adottate al
riguardo nonché valutarne gli effetti e il rapporto costi-efficacia.
Per questo programma è prevista una dotazione finanziaria di 77 milioni di €.
Secondo il tipo di azioni, la quota di finanziamento della Comunità può essere totale o
coprire fino al 50% un contributo pubblico e/o privato. Le condizioni e gli orientamenti per il
finanziamento delle azioni e misure previste dal programma ALTENER sono definiti
annualmente.
La Commissione è responsabile degli aspetti finanziari dell'esecuzione e dell'attuazione del
programma.
Fonti di finanziamento
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nelle zone ad obiettivo 1
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Il programma CARNOT
Il programma CARNOT è stato creato al fine di promuovere le tecnologie pulite per i
combustibili solidi (carbone, lignite, torba, orimulsione, scisto bituminoso e frazione
pesante dei prodotti petroliferi, ecc.). Il programma si iscrveva nel contesto del programma
quadro nel settore dell'energia e comprende il periodo 1998 - 2002.
Il programma si poneva due obiettivi strettamente connessi:
1. promuovere l'uso di tecnologie pulite ed efficienti presso gli impianti
alimentati con combustibili solidi;
2. incoraggiare lo sviluppo di tecnologie pulite avanzate per i combustibili
solidi.
Nell'ambito del programma CARNOT sono state finanziate due categorie di azioni nel
settore dei combustibili solidi :
1. azioni per incoraggiare lo scambio di informazioni commerciali e
tecniche tra le attività nazionali, comunitarie e internazionali;
2. azioni per promuovere lo sfruttamento industriale delle tecnologie pulite
a scopi energetici, come ad esempio la produzione combinata di calore
e di energia elettrica, mediante una cooperazione industriale più
intensa.
Il programma prevedeva un importo di riferimento di 3 milioni di euro, di cui 1,2 milioni di
euro per il periodo 1998-1999. Il tasso di finanziamento comunitario per queste azioni era
compreso tra il 50 ed il 100 % del loro costo totale (per la prima categoria) e tra il 30 e il
50 % del loro costo totale (per la seconda categoria).
Attualmente gli obiettivi del programma CARNOT confluiscono nel più generale programma
quadro ”Ambiente 2010: il nostro futuro – la nostra scelta”.
Fonti di finanziamento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
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Il programma ENERGIA INTELLIGENTE PER L’EUROPA
A seguito del programma quadro Energia scaduto il 31 dicembre 2002, la Commissione
Europea aveva proposto un nuovo programma pluriennale di azioni nel settore dell'energia,
"Energia intelligente per l'Europa" (2003-2006). Con un bilancio di 215 milioni di €,
"Energia intelligente per l'Europa" attua la strategia descritta dal Libro verde sulla sicurezza
dell'approvvigionamento energetico e punta sulla promozione delle energie rinnovabili e sul
risparmio di energia.
La Commissione propone, nel quadro delle prospettive finanziarie in vigore, di assegnare al
programma un bilancio di 215 milioni di €. per il periodo 2003-2006.
Questo bilancio tiene conto degli orientamenti politici dell'Unione, in particolare della
strategia comunitaria di sviluppo sostenibile adottata dal Consiglio europeo di Göteborg nel
giugno 2001.
Il cofinanziamento sarà normalmente limitato al 50% del costo totale dei progetti, ma per
alcuni studi o misure, intrapresi unicamente su iniziativa della Commissione, è previsto un
finanziamento a concorrenza del 100%. Le azioni che possono beneficiare del sostegno
comunitario dovranno contribuire a controllare la dipendenza energetica dell'Unione e di
lottare contro il cambiamento climatico.
Il programma SAVE
Il programma Joule Thermie, varato nel 1990, ha promosso nuove ed efficienti tecniche
non inquinanti per l’uso razionale dell’energia, le fonti energetiche rinnovabili, i combustibili
solidi e gli idrocarburi.
Nel 1995, è stato convertito in un nuovo programma per l’energia non nucleare, mirato ad
attenuare il rovinoso impatto ambientale prodotto dal consumo eccessivo di energia e ad
assicurare la disponibilità di fonti energetiche rinnovabili ad un prezzo accettabile.
SAVE I è stato varato nel 1991 con l’obiettivo complementare di ridurre le emissioni di
CO2. Questo programma mira anche a migliorare la gestione dell’energia attraverso azioni a
livello locale e regionale ed a mettere a punto nuovi strumenti in grado di promuovere il
miglioramento dell’efficienza energetica. (Decisione 647/2000/CEE del Parlamento europeo
e del Consiglio, del 28 febbraio 2000)
Fonti di finanziamento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
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Il programma SAVE (segue)
La decisione definisce le categorie di azioni che possono ottenere un finanziamento
nell'ambito del programma:
1. studi relativi all'efficienza energetica aventi come oggetto: l'introduzione di questo
criterio negli altri programmi comunitari, gli effetti del prezzo dell'energia, le
integrazioni necessarie alle misure comunitarie;
2. azioni pilota settoriali per accelerare gli investimenti e/o migliorare le abitudini di
consumo;
3. misure proposte dalla Commissione o da terzi per promuovere lo scambio di
esperienze;
4. controllo dei progressi di efficienza energetica e valutazione delle azioni avviate
nell'ambito di questo programma;
5. azioni specifiche mirate alla gestione energetica a livello regionale e urbano e al
miglioramento della coesione tra Stati membri e regioni.
Alcune azioni sono finanziate interamente dalla Comunità, altre sono finanziate solo in
parte con un tasso massimo di partecipazione comunitaria del 50% (azioni pilota,
misure proposte dai paesi terzi, azioni specifiche).
Direzione Generale “Politica Regionale”
Direzione Generale Politica Regionale
E’ competente per la politica di coesione economica e sociale finalizzata a ridurre
le disparità di sviluppo esistenti a livello regionale nell’UE, soprattutto mediante
l’uso del Fondo Europeo di sviluppo regionale e del Fondo di coesione.
Commissario responsabile: M. Barnier
Direttore Generale: G. Crauser
Fonti di finanziamento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
127
Missione
L'Unione Europea è caratterizzata da diversità che, se da una parte costituiscono la sua
ricchezza, dall’altra possono anche comportare delle difficoltà di tipo strutturale ed
economico.
La politica di coesione economica e sociale, che assorbe una buona percentuale del
bilancio comunitario (40,5%), rappresenta un modo di ridistribuire la ricchezza all’interno
dei paesi membri e risponde a un’esigenza di carattere generale: minori sono i divari,
maggiori sono i benefici per tutti. Per questo la coesione economica e sociale costituisce
una delle politiche prioritarie dell'UE, in quanto espressione di una solidarietà a livello
europeo e in quanto presupposto di efficienza economica e di competitività globale.
Infatti, la minore efficienza delle regioni più vulnerabili porta a una diminuzione della
domanda di prodotti europei, impedisce lo sviluppo economico, disturba la concorrenza nel
mercato unico e, in ultima analisi, riduce la competitività sul mercato mondiale e rallenta la
crescita globale dell’Unione.
La DG Politica Regionale è responsabile delle azioni comunitarie intese a ridurre il divario
di sviluppo socioeconomico tra le varie regioni dell'Unione Europea.
Le politiche e i programmi di questa Direzione perseguono l'obiettivo di promuovere un
elevato livello di occupazione, cercando di risolvere il problema della diversa capacità delle
regioni di attuare uno sviluppo sostenibile e le loro difficoltà ad adeguarsi alle nuove
condizioni del mercato del lavoro e della concorrenza a livello mondiale
Programmi e strumenti finanziari
Per attuare la politica di coesione economica e sociale, la DG Politica Regionale si serve
dell’azione di due importanti Fondi Strutturali: il Fondo europeo di sviluppo regionale
(FESR) e il Fondo di coesione.
Il FESR si occupa essenzialmente di assistere le regioni più povere incentivando gli
investimenti, le infrastrutture e le piccole imprese; il Fondo di coesione viene utilizzato
per facilitare l’accesso all’unione monetaria ed economica di paesi a forte ritardo di
sviluppo, i quali erano, sino al 1999, la Grecia, il Portogallo, la Spagna e l’Irlanda.
Fonti di finanziamento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
128
Programmi e strumenti finanziari (segue)
In collaborazione con le autorità competenti regionali e/o nazionali degli Stati membri, la
DG Politica regionale si serve dei due Fondi per cofinanziare programmi e progetti
finalizzati all'assistenza strutturale nelle regioni più svantaggiate dell'Unione, quali quelle
individuate nell’ambito dei territori Obiettivo 1 e Obiettivo 2.
Infine è compito di questa DG coordinare gli interventi previsti nelle nuove iniziative
comunitarie URBAN e INTERREG.
Linee di finanziamento diretto
Le politiche comunitarie e le attività ad esse correlate sono finanziate dai fondi
strutturali. Il documento “Agenda 2000” ha tracciato le linee guida per la riforma attuata
nel 1999.
Le risorse disponibili per il periodo 2000-2006 ammontano a 195 Miliardi di Euro.
Su iniziativa della Commissione, i Fondi possono finanziare, non oltre lo 0,40% della loro
dotazione annuale, anche azioni innovative a livello comunitario.
Tali azioni comprendono studi, progetti pilota e scambi di esperienze, intesi a elaborare
metodi e pratiche innovative per migliorare la qualità degli interventi nelle aree
obiettivo 1, 2 e 3.
Fonti di finanziamento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
129
I Programmi di Iniziativa Comunitaria
Il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) viene creato per ridurre gli squilibri
economici e di sviluppo fra le regioni dei paesi comunitari.
L’azione del fondo, gestito dalla DG Politica Regionale, si rivolge in particolare ad alcuni
settori: l'ambiente produttivo, la ricerca e lo sviluppo tecnologico, la società
dell'informazione, la protezione e il miglioramento dell'ambiente, la parità tra uomini e
donne nel campo dell'occupazione, la cooperazione transnazionale, transfrontaliera e
interregionale nel settore dello sviluppo regionale (in particolare nell’ambito della specifica
iniziativa comunitaria Interreg).
I programmi di iniziativa comunitaria (P.I.C.) che si introducono nelle pagine seguenti
vanno inoltre sotto il nome di INTERREG, URBAN e LEADER + ed EQUAL
INTERREG III
Operante nell’ambito della cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale,
l’iniziativa Interreg III è di competenza della DG Politica regionale e prevede tre sezioni:
Interreg A: si occupa di cooperazione transfrontaliera, volta a promuovere lo sviluppo
regionale integrato di regioni frontaliere dell’Unione o di regioni appartenenti a uno Stato
membro, da una parte, e a un Paese terzo, dall’altra;
Interreg B: si interessa della cooperazione transnazionale tra autorità nazionali, regionali
e locali al fine di promuovere una maggiore integrazione territoriale tra le 11 macro regioni
europee limitrofe;
Interreg C: opera nella cooperazione interregionale destinata a migliorare l’efficacia delle
politiche e degli strumenti di sviluppo regionale e di coesione, attraverso la creazione di reti
e lo scambio di esperienze, tra regioni affini sul piano socio-economico.
Fonti di finanziamento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
130
URBAN II
Mirato alla rivitalizzazione economica e sociale delle città, Urban II si propone due obiettivi
principali:
i. il sostegno a strategie innovatrici in materia di sviluppo economico e sociale;
ii. una migliore diffusione delle metodologie applicate con successo in tale settore.
LEADER +
Leader+ è l’iniziativa comunitaria che si occupa dello sviluppo rurale per il periodo 2000-
2006 ed è volta a promuovere l’attuazione di strategie integrate di alto profilo ai fini dello
sviluppo delle zone rurali.
L’iniziativa, gestita dalla DG Agricoltura, dà particolare risalto alla cooperazione e alla
costituzione di reti tra zone rurali e al ruolo propulsore dei partenariati a livello locale (i
Gruppi di Azione Locale).
La nuova iniziativa è applicabile a tutte le aree rurali della Comunità.
EQUAL
Equal si rivolge al settore della cooperazione transnazionale e promuove nuovi strumenti di
lotta contro ogni forma di discriminazione e diseguaglianza sul mercato del lavoro.
Equal si interessa anche dell’integrazione sociale e professionale di coloro che richiedono
asilo.
Le iniziative sono finanziate dal Fondo Sociale Europeo e sono organizzate dalla DG
Occupazione sulla base delle tematiche definite nel quadro della politica dell’occupazione.
Sono orientate all’uso di un approccio attivo e preventivo per la promozione delle pari
opportunità sul mercato del lavoro.
Fonti di finanziamento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
131
La ripartizione dei Fondi Strutturali a livello nazionale e
regionale avviene attraverso l’individuazione di aree
dette “obiettivo”:
l’obiettivo 1 corrisponde al livello NUTS 2
l’obiettivo 2 viene individuato sulla base del livello NUTS 3
l’Obiettivo 3 corrisponde al livello NUTS 1
La Nomenclatura delle Unità Territoriali Statistiche (NUTS) è stata elaborata
da Eurostat per fornire una scomposizione unica ed uniforme delle unità territoriali
per la compilazione di statistiche regionali per l'Unione europea. La NUTS è una
classificazione gerarchica a cinque livelli (tre livelli regionali e due livelli locali).
Attualmente:
78 territori di livello NUTS 1: i Länder tedeschi, le Regioni del Belgio, la
Danimarca, la Svezia, l'Irlanda, il Galles, la Scozia, le Zone di studio di
gestione del territorio (ZSGT) in Francia, e altre grandi entità regionali
altrove.
210 territori di livello NUTS 2: le Comunità autonome in Spagna, le
regioni e le DOM francesi, le province belghe e olandesi, le regioni
italiane, i Länder austriaci, le Regierungsbezirke tedesche, etc.
1093 territori di livello NUTS 3: le Nomoi in Grecia, le Maakunnat in
Finlandia, i Län in Svezia, le Kreise tedesche, i Dipartimenti francesi, le
provincie spagnole e italiane etc.
Utilizzo dei
Fondi
Strutturali
a livello
Nazionale
e Regionale
Fonti di finanziamento
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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
132
Livello NUTS 1: Le Macro Regioni_nomenclatura
NUTS 1
NUTS 2
IT1 NORD OVEST
IT11 PIEMONTE
IT12 VALLE D'AOSTA
IT13 LIGURIA
IT2 LOMBARDIA
IT3 NORD EST
IT31 TRENTINO-ALTO ADIGE
IT32 VENETO
IT33 FRIULI-VENEZIA GIULIA
IT4 EMILIA-ROMAGNA
IT5 CENTRO (I)
IT51 TOSCANA
IT52 UMBRIA
IT53 MARCHE
IT6 LAZIO
IT7 ABRUZZO-MOLISE
IT71 ABRUZZO
IT72 MOLISE
IT8 CAMPANIA
IT9 SUD
IT91 PUGLIA
IT92 BASILICATA
IT93 CALABRIA
ITA SICILIA
ITB SARDEGNA
Fonti di finanziamento
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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
133
Livello NUTS 1: Le Macro Regioni_cartina topografica
Fonti di finanziamento
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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
134
L’OBIETTIVO 1
Il suo scopo è promuovere lo sviluppo e l’adeguamento strutturale delle regioni a
ritardo di sviluppo.
Per il periodo 2000-2006, rientrano nell'Obiettivo 1:
le Regioni di livello NUTS II il cui prodotto interno lordo pro capite
(espresso in parità di potere di acquisto) è inferiore al 75% della media
comunitaria;
le Regioni ultraperiferiche (Dipartimenti francesi d'oltremare, le Azzorre,
Madeira e Isole Canarie);
le Zone rientranti nell'ex obiettivo 6 in quanto zone artiche scarsamente
popolate, appartenenti alla Finlandia e alla Svezia.
Per l’Italia sono comprese la Basilicata, la Calabria, la Campania, la Puglia, la
Sardegna e la Sicilia; il Molise rientra nel programma del sostegno transitorio.
L’OBIETTIVO 2
Il nuovo Obiettivo 2 sostituisce i vecchi Obiettivi 2 e 5b e contribuisce a favorire la
riconversione economica e sociale delle zone con difficoltà strutturali, diverse
da quelle presenti nelle zone Obiettivo 1.
L'Obiettivo 2 riguarda le aree appartenenti al livello NUTS III, corrispondenti in
Italia alle Province: la lista è decisa in partenariato tra Commissione e Stato
membro ed è valida per 7 anni, con possibilità di modifica nel 2003.
Sono gli Stati membri a proporre alla Commissione un elenco di zone che
soddisfano tali criteri, fermo restando che è la Commissione a fissare un
massimale di popolazione riferito a ciascuno Stato membro, tenendo conto anche
della gravità dei problemi strutturali, valutata in base ai livelli della disoccupazione
totale e della disoccupazione di lunga durata al di fuori delle regioni Obiettivo 1.
Fonti di finanziamento
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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
135
L’OBIETTIVO 3
L’Obiettivo 3 intende favorire l’adeguamento e l’ammodernamento delle
politiche e dei sistemi di istruzione, formazione e occupazione ed è
previsto per le regioni che non rientrano nell’obiettivo 1; per l’Italia le regioni
selezionate sono quelle del Centro Nord.
L’Obiettivo 3 promuove quattro settori di intervento, complementari agli
orientamenti tracciati nel quadro della strategia europea per l’occupazione:
l’accompagnamento dei mutamenti economici e sociali;
la formazione e il perfezionamento permanenti;
una politica attiva di lotta contro la disoccupazione;
la lotta contro l’emarginazione sociale.
Il nuovo Obiettivo 3, che raggruppa i precedenti obiettivi 3 e 4, è principalmente
centrato sull’adeguamento e la modernizzazione delle politiche nazionali ed
europee dell’occupazione, dell’istruzione e della formazione professionale.
Pertanto l’obiettivo 3 serve da quadro di riferimento per l’insieme delle
azioni a favore delle risorse umane negli Stati membri.
Fonti di finanziamento
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nelle zone ad obiettivo 1
136
Carta topografica zone ammissibili: Europa
Fonti di finanziamento
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nelle zone ad obiettivo 1
137
Carta topografica zone ammissibili: Italia
Fonti di finanziamento
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nelle zone ad obiettivo 1
138
Per le aree obiettivo 1 la Commissione definisce,
sulla base del Piano presentato dallo Stato membro
un QUADRO COMUNITARIO DI SOSTEGNO
(QCS) attuato da PROGRAMMI OPERATIVI
(PO).
Per le aree obiettivo 2 lo strumento direttore è un
DOCUMENTO UNICO DI PROGRAMMAZIONE
(DOCUP) oppure un PROGRAMMA OPERATIVO
REGIONALE (POR)
Per le aree obiettivo 3 lo strumento direttore è un DOCUMENTO UNICO DI
PROGRAMMAZIONE (DOCUP) oppure un PROGRAMMA OPERATIVO
REGIONALE (POR)
Gli Stati Membri Presentano i PROGRAMMI OPERATIVI (P.O.) comprendenti:
un’analisi della situazione regionale relativa all’Obiettivo
l’analisi delle esigenze prioritarie
la strategia e le priorità di azione(ASSI)
il piano finanziario indicativo
Gli Stati Membri adottano i COMPLEMENTI DI PROGRAMMAZIONE
comprendenti:
le misure per l’attuazione della strategia
le azioni prioritarie previste
I contenuti del QCS Italia (rif: allegato 117)
Analisi della situazione di partenza
Considerazioni sull’economia del Mezzogiorno, punti di forza e di debolezza del Mezzogiorno
(analisi SWOT), risultati conseguiti nel periodo di programmazione 1994-1999.
Il Qcs Italia
e le
aree obiettivo:
organizzazione,
struttura e
documenti di
lavoro
Fonti di finanziamento
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nelle zone ad obiettivo 1
139
Strategia di Sviluppo
Condizioni di elaborazione del piano di sviluppo regionale, processo di valutazione ex-ante,
coinvolgimento dei partner socio-economici e istituzionali, strategia di intervento ed
obiettivi del QCS, quantificazione degli obiettivi globali e incidenza sulle condizioni di
offerta, coerenza con le politiche nazionali di sviluppo economico e dell’occupazione,
coerenza con le priorità della Commissione, valutazione dell’impatto sulle politiche
comunitarie in materia di ambiente, occupazione e pari opportunità.
Assi Prioritari d’intervento
Per ciascun asse vengono specificati:
Analisi dei bisogni e delle potenzialità
Strategia di asse
Quantificazione degli obiettivi specifici
Linee di intervento
Criteri e indirizzi per l’attuazione
I singoli Assi:
Asse I – Risorse Naturali
Asse II – Risorse
Asse III – Risorse Umane
Asse IV – Sistemi Locali di Sviluppo
Asse V – Città
Asse VI – Reti e Nodi di Servizio
Inoltre il documento Programma Operativo individua ed approfondisce:
Orientamenti generali per gli interventi per l’agricoltura e lo sviluppo
rurale
Orientamenti generali per gli interventi nel settore della pesca
Progetti integrati
Risorse per l’assistenza tecnica
Fonti di finanziamento
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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
140
Piano finanziario
Tassi di partecipazione dei Fondi, organizzazione delle fonti di finanziamento e
coinvolgimento del settore privato, piano finanziario, addizionalità.
Identificazione ed organizzazione dei Programmi Operativi
I 7 Programmi Operativi Nazionali
Ricerca Scientifica, Sviluppo Tecnologico, Alta formazione (rif: allegato 118-1 e
118-2)
La Scuola per lo Sviluppo (rif: allegato 119)
Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno(rif: allegato 120-1 e 120-2)
Sviluppo (rif: allegato 121-1 e 121-2)
Trasporti (rif: allegato 122-1 e 122-2)
Pesca (rif: allegato 123)
Assistenza Tecnica e Azioni di Sistema (rif: allegato 124-1 e 124-2)
I sette P.O.R. Italiani Aree Obiettivo 1
Basilicata (rif: allegato 125-1 e 125-2)
Calabria (rif: allegato 126-1 e 126-2)
Campania (rif: allegato 127-1 e 127-2)
Puglia (rif: allegato 128-1 e 128-2)
Sardegna (rif: allegato 129-1 e 129-2)
Sicilia (rif: allegato 130-1 e 130-2)
Molise (sostegno transitorio) (rif: allegato 131-1 e 131-2)
Fonti di finanziamento
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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
141
Condizioni di attuazione
Coordinamento degli interventi dei Fondi Strutturali a livello centrale e locale,
coinvolgimento dei partner socio-economici e istituzionali, organizzazione e trasparenza dei
flussi finanziari, meccanismi di attuazione: gestione, sorveglianza, monitoraggio,
valutazione e controllo, riteri per l’assegnazione della riserva di efficacia ed efficienza,
rispetto della normativa comunitaria.
Organizzazione dei Programmi Operativi
I documenti di programmazione vengono stesi attraverso i cosiddetti
“REGOLAMENTI ATTUATIVI” che fanno sì che i vari Programmi Operativi Nazionali,
Multiregionali e Regionali per le aree obiettivo 1, ed i Documenti Unici di
Programmazione per le aree obiettivo 2/3 conservino una medesima impostazione
generale dello schema letterario da utilizzarsi per la comunicazione delle
informazioni.
Fonti di finanziamento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
142
Per fornire un quadro generale delle informazioni
contenute nei documenti di programmazione sono stati
individuati e riportati i titoli degli ASSI PRIORITARI e
delle MISURE DI INTERVENTO
Sono state inoltre evidenziate le misure di interesse
per le azioni in campo ambientale mirate allo sviluppo
dell’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili; le
schede complete di misura sono riportate per esteso
negli allegati.
I sette Programmi Operativi Nazionali (P.O.N)
P.O.N. Ricerca Scientifica, Sviluppo Tecnologico P.O.N. La Scuola per lo Sviluppo
Asse I – Miglioramento della qualità dell’istruzione e sviluppo della società della
conoscenza e dell'informazione.
Misura 1: Adeguamento del sistema dell'Istruzione (FSE)
Misura 2: Nuove tecnologie per l’utilizzo e la valorizzazione delle metodologie didattiche (FESR)
Misura 3: Prevenzione della dispersione scolastica (FSE)
Misura 4: Infrastrutture per l'inclusione scolastica e l'integrazione sociale (FESR)
Misura 5: Formazione superiore (FSE)
Misura 6: Istruzione permanente (FSE)
Misura 7: Promozione di scelte scolastiche e formative mirate a migliorare l’accesso e la partecipazione delle donne al mercato del lavoro (FSE)
Asse II – Assistenza Tecnica.
Misura 8: Interventi di assistenza tecnica, monitoraggio, controllo,
accompagnamento e valutazione (FSE)
Programmi
Operativi
Nazionali
e Programmi
Operativi
Regionali
Ob.1:
struttura
Fonti di finanziamento
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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
143
P.O.N. Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno
Asse I - Sviluppo e adeguamento delle tecnologie dei sistemi informativi e di comunicazione per la sicurezza.
Misura I.1 – potenziamento delle tecnologie finalizzate alle comunicazioni di sicurezza
Misura I.2 – adeguamento del sistema di controllo tecnologico del territorio
Misura I.3 – tecnologie per la tutela delle risorse ambientali e culturali
Misura I.4 – potenziamento tecnologico del sistema informativo per la giustizia
Misura I.5 – risorse umane per la sicurezza
Asse II – Promozione e sostegno della legalità.
Misura II.1 – diffusione della legalità
Misura II.2 – sensibilizzazione
Misura II.3 - risorse umane per la diffusione della legalità
Asse III – Assistenza Tecnica (comprendente le attività di supporto, consulenza ed assistenza per l'attuazione del programma).
Misura III.1 – assistenza tecnica, valutazione indipendente, attività istruttorie e attuative
P.O.N. Sviluppo Locale
Asse IV – sviluppo dei sistemi locali
Misura 1 – legge 488/92 “industria”
Misura 2 - pacchetto integrato di agevolazioni – P.I.A.
Misura 3 - interventi di formazione per il P.I.A.
Misura 4 – assistenza tecnica
Fonti di finanziamento
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nelle zone ad obiettivo 1
144
P.O.N. Trasporti
Asse I - Sviluppo del sistema a rete delle direttrici principali di collegamento del
Mezzogiorno
Misura I.1 – Miglioramento della rete e del servizio ferroviari attraverso il potenziamento, l’adeguamento, l’ammodernamento e la realizzazione delle linee
Misura I.2 - Miglioramento della rete e del servizio stradali attraverso il potenziamento, l’adeguamento, l’ammodernamento e la realizzazione della viabilità
Misura I. 3 – Potenziamento delle attrezzature finalizzate al miglioramento delle condizioni di sicurezza generale del servizio della navigazione
Misura I.4 – Sviluppo delle infrastrutture di supporto alla navigazione aerea e innovazione tecnologica
Asse II - Potenziamento delle connessioni fra le aree locali e le direttrici principali
Misura II. 1 - Miglioramento del servizio ferroviario attraverso il collegamento con le infrastrutture
Misura II. 2 - Miglioramento del servizio stradale attraverso il collegamento con le infrastrutture
Misura II. 3 – Realizzazione e adeguamento dei collegamenti passeggeri fra le aree metropolitane ed i nodi delle reti transeuropee
Asse III - Sviluppo delle infrastrutture nodali – Potenziamento e riqualificazione di
infrastrutture portuali a servizio dei traffici commerciali, dei collegamenti di cabotaggio e a breve raggio
Misura III.2 – Potenziamento delle infrastrutture aeroportuali Air side e Land side
Misura III.3 – Sviluppo delle infrastrutture nodali finalizzate all’intermodalità delle merci
Asse IV - Assistenza tecnica
Misura IV.1 – Assistenza Tecnica, Monitoraggio e Valutazione
Fonti di finanziamento
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nelle zone ad obiettivo 1
145
P.O.N. Pesca
Asse IV – sviluppo dei sistemi locali
Misura 1 - Adeguamento dello sforzo di pesca
Misura 2 - Rinnovo e ammodernamento della flotta da pesca
P.O.N. Assistenza Tecnica ed Azioni di Sistema
Asse I - assistenza tecnica e coordinamento delle politiche di sviluppo regionale (FESR)
Misura I.1 - Azioni di preparazione, sorveglianza, monitoraggio, valutazione, controllo e assistenza
Misura I.2 - Azioni di assistenza tecnica e supporto operativo per l’organizzazione e la realizzazione delle attività di indirizzo, di coordinamento e orientamento delle Amministrazioni Centrali non titolari di PON ma con competenze “trasversali”, di attuazione e/o di coordinamento
Misura I.3 - Azioni per l’ampliamento, approfondimento ed integrazione della conoscenza economico statistica del territorio
Misura I.4 - Azioni di Comunicazione, informazione e pubblicità
Asse II - formazione della pubblica amministrazione ed azioni di sistema per le politiche per l’inserimento al lavoro e l’adeguamento del sistema formativo (FSE)
Misura II.1 – Azioni di sistema per le politiche per l’inserimento al lavoro, l’adeguamento del sistema formativo e la valorizzazione degli italiani all’estero
Misura II. 2 - Sviluppo ed adeguamento delle strutture e del persona le impegnati, con funzioni diverse, nelle attività di programmazione, coordinamento, gestione, sorveglianza e controllo dei programmi dei Fondi Strutturali
Fonti di finanziamento
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nelle zone ad obiettivo 1
146
I sette Programmi Operativi Regionali (P.O.R)
I Programmi Operativi Regionali (DOCUP in alcuni casi) sono basati sulla
medesima struttura per Assi prioritari; le differenze tra le regioni emergono dalla
suddivisione per Misure di intervento; in questa sezione del documento viene
riportata la sola struttura principale, negli allegati è possibile reperire l’intero
elenco delle misure e il testo completo delle misure riguardanti l’energia e l’utilizzo
di fonti rinnovabili.
I P.O.R sono sempre strutturati secondo i seguenti assi:
ASSE I – risorse naturali
ASSE II – risorse culturali
ASSE III – risorse umane
ASSE IV – sistemi locali di sviluppo
ASSE V – città
ASSE VI – reti e nodi di servizio
ASSE VII - assistenza tecnica
Per quanto riguarda le aree obiettivo 2 ed i documenti di programmazione per
l’obiettivo 3, sono stati inseriti:
I DOCUP OBIETTIVO 2
Allegato 132 Abruzzo
Allegato 133 Emilia Romagna
Allegato 134 Lazio
Allegato 135 Liguria
Allegato 136 Lombardia
Allegato 137 Marche
Allegato 138 Piemonte
Allegato 139 Toscana
Allegato 140 Trentino Alto Adige
Allegato 141 Veneto
Allegato 142 Umbria
I POR OBIETTIVO 3
Allegato 144 Abruzzo
Allegato 145 Emilia Romagna
Allegato 146 Friuli Venezia Giulia
Allegato 147 Lazio
Allegato 148 Liguria
Allegato 149 Lombardia
Allegato 150 Marche
Allegato 151 Piemonte
Allegato 152 Toscana
Allegato 153 Trentino Alto Adige (153-1 e 153-2)
Allegato 154 Veneto
Allegato 155 Umbria
Allegato 156 Valle d’Aosta
Fonti di finanziamento
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nelle zone ad obiettivo 1
147
Il capitolo successivo propone uno schema semplificato di approccio alla risposta
per bandi di finanziamento sia di livello comunitario che nazionali sui P.O.R. e
DOC.U.P. a valere per il periodo 2000-2006.
Da tempo ormai l’Unione Europea ha sviluppato delle metodologie standard per il
finanziamento di iniziative di svariato genere; attraverso il naturale processo di
diffusione delle buone prassi di intervento (l’uso sempre più generalizzato delle
tecniche del cosiddetto Programme Cycle Management o PCM, delle metodologie
di analisi SWOT, etc. ne sono la riprova più evidente) anche al livello nazionale e
regionale si vanno sempre più consolidando degli strumenti di individuazione e di
selezione dei beneficiari dei finanziamenti che presuppongono degli approcci
unificati.
Al di là degli elementi specifici da considerarsi sulla base dei formulari e degli
interventi previsti, alcuni elementi di base e precondizioni vanno sempre analizzati
in via preliminare e sono stati sintetizzati nelle pagine seguenti.
Modelli e metodologie d'intervento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
148
8. MODELLI E METODOLOGIE D’INTERVENTO
La pubblicazione del bando (Call for Proposal)
rappresenta il momento concreto di apertura della
possibilità di presentare una Proposta.
Il testo contiene gli estremi che caratterizzano la
tipologia di proposte che possono essere accettate ed il
tipo di programma di riferimento.
Gli elementi da considerare con attenzione in fase iniziale
Budget: sia come espressione del limite superiore di finanziabilità di un
singolo progetto sia come quota percentuale finanziabile.
Durata: tempo massimo entro il quale il progetto deve essere
realizzato.
Territorio: le aree verso le quali sono diretti i finanziamenti.
Partenariato: sia la tipologia dei partners (per es. Imprese private o
Pubbliche Amministrazioni) che devono essere coinvolti come parte
attiva del progetto, sia l'origine dei partners che partecipano al progetto
(per es.: provenienti da due o più paesi membri)
Estremi della proposta: che identificano il problema per il quale viene
richiesta una soluzione mediante proposte.
Sono poi sempre presenti alcuni vincoli formali che devono essere rispettati, quale
ad es. la data limite di presentazione della Proposta
Partecipare
ad un bando
comunitario
nazionale o regionale
Modelli e metodologie d'intervento
energia da conversionedi biomasse
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nelle zone ad obiettivo 1
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Gli elementi da considerare con attenzione in fase di valutazione
La valutazione del costo di presentazione di una proposta è di difficile
quantificazione; dipende da una molteplicità di fattori e soprattutto dall’esperienza
conseguita nel formulare progetti.
Bisogna considerare che è quasi impossibile che una proposta venga formulata da
una sola persona; escluso alcuni limitati casi (o scelte di tipo strategico), la sola
stesura fisica e preparazione formale richiede sempre vari giorni di lavoro.
Le maggiori difficoltà (e quindi costi maggiori) derivano dall'inesperienza nel
formulare proposte, per cui le fasi iniziali di progettazione sono quelle più onerose
– sempre che non si decida di affidarsi a strutture esterne all’ente.
ll successo può essere facilitato dalla partecipazione ad attività preliminari ed
informative che le varie Autorità organizzano regolarmente nell'ambito dei singoli
programmi allo scopo di fornire informazioni "ufficiose" relative alle chiamate.
Parteciparvi può essere vantaggioso soprattutto nella ricerca di partner, ma
significa dedicare risorse alla valutazione/preparazione preliminare delle proposte.
L’attuazione di ciascuna misura viene poi affidata ad un responsabile interno
all’ente che è sempre opportuno contattare per avere chiarimenti e informazioni
aggiuntive e integrative rispetto ai testi (rif: allegato 157 elenco dei responsabili di
misura).
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Gli elementi da inserire nella presentazione della proposta
Problem Context: il contesto del problema.
Problem Statements: uno o più effetti concreti che devono essere rimossi o
attenuati.
Problem Bodies: le entità che riceverebbero un beneficio dalla soluzione
al problema, che consentono di individuare
rispettivamente;
i. beneficiari (Beneficiaries)
ii. benefici (Benefits)
Problem Evidence: informazioni a supporto oggettivo della necessità di risolvere
il problema.
ATTENZIONE
i. i bandi non sono strutturati sempre nello stesso modo
ii. la maggior parte delle informazioni sono disperse nel testo completo
del bando
iii. alcune informazioni (o riferimenti ad esse) si trovano solo negli Info
Packages (documenti informativi) reperibili a parte
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151
Check List di controllo dello schema di proposta
Una buona proposta contiene sempre i seguenti elementi:
Contesto:
i. Descrizione chiara del contesto di proposizione/scenario del proponente;
ii. Fattori importanti di politica pubblica (macroeconomici, politici);
iii. Fattori utili per la comprensione dei problemi affrontati (potenziali, limitazioni, questioni demografiche, di genere, etc.);
iv. Risorse finanziarie, umane, infrastrutturali;
v. Analisi della fattibilità;
vi. Analisi dell’aderenza.
Beneficiari
i. Chi trarrà beneficio dal progetto?
ii. Come?
iii. Quali sono gli interessi dei gruppi destinatari?
iv. Ci sono altri gruppi interessati dal progetto?
Problemi da Affrontare
i. Quali ne sono le cause?
ii. Evidenziare il legame causa-effetto;
iii. Dimostrare che i beneficiari giudicano importante la soluzione dei problemi affrontati dal progetto;
iv. Dimostrare che il progetto è coerente con altre azioni passate, presenti o future, svolte dallo stesso gruppo o da altri che affrontano la stessa questione.
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Obiettivi generali e scopo
i. Quali sono gli obiettivi del settore ai quali il progetto vuole contribuire?
ii. Importanza e Valenza del progetto per il settore.
Risultati ed Attività
Cosa si intende realizzare di particolare?
Portata ed innovazione
i. Presentare realizzazioni/benefici:
i.i. Precisi;
i.ii. Sostenibili;
i.iii. Misurabili;
i.iv. Coerenti con gli obiettivi generali.
ii. In generale dimostrare la coerenza tra dimensione del progetto e dimensione del contesto di proposizione;
iii. Descrivere e dimostrare la dimensione innovativa del progetto.
Previsioni, rischi e grado di flessibilita
A quali risultati concreti e quantificabili porterà il progetto?;
i. materiali
ii. immateriali
Attenzione a non confondere le attività con i risultati dell’attività stessa: per es. l’attività di formazione da come risultato la competenza, la formazione non sarà mai risultato di un’attività, ma un’attività essa stessa.
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153
Modalita’ di attuazione
i. Descrivere le attività che dovranno essere intraprese per raggiungere i risultati;
ii. Cosa è necessario fare;
iii. Chi dovrà farlo.
Bilancio economico-finanziario
i. Analisi delle spese e delle entrate;
ii. Analizzare le entrate in base alla fonte;
iii. Verificare l’ammissibilità delle spese;
iv. Indicare dettagli sufficienti per una valutazione del costo-efficacia;
v. Indicare le classi di costo (p.es. i diversi tipi di lavoro) e le loro quantità.
Sostenibilità, verifiche e diffusione dei risultati
i. Spiegare dettagliatamente come i benefici apportati dal progetto che continueranno a persistere anche dopo la fase finanziata
ii. Indicare le azioni di diffusione dei risultati che verranno intraprese (mainstreaming orizzontale, verticale, di genere)
iii. Specificare gli indicatori dei risultati del progetto come vengono misurati e come verranno raccolti i dati
Partners e modalità di funzionamento del partenariato
La descrizione precisa dei componenti il partenariato, l’attribuzione precisa dei compiti all’interno del gruppo, le regole per il funzionamento dello stesso sia dal punto di formale che operativo, le regole che sottintendono ai processi decisionali, la definizione delle attività di PS e della scansione temporale delle stesse.
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Quadro logico di progetto
(esempio utilizzabile in fase di elaborazione progettuale)
Per individuare sin dalle fasi preliminari di progettazione la fattibilità
dell’intervento e l’entità degli sforzi logistici e finanziari necessari per il suo
completamento, uno strumento utile di analisi è fornito dalla matrice detta del
“quadro logico” (conosciuto anche come “logical framework”).
Nella pagina seguente ne viene fornito un esempio su cui andare a sovrapporre i
dati del contesto di progetto specifico.
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Logical framework di progetto
1 logica 2 indicatori 3 fonti di verifica 4 condizioni
dell’intervento
Obiettivi generali
Obiettivi socio-economici di sviluppo come definiti a livello di politica o di programma.
Una definizione qualitativa e una specificazione quantitativa tramite opportuni indicatori.
Dove e in quale forma saranno reperite le informazioni per assegnare dei valori agli indicatori della colonna precedente.
Fattori esterni (fuori dal controllo diretto dell’intervento) essenziali per il raggiungimento di: Obiettivo generale.
Obiettivo specifico
Obiettivo specifico dell’intervento che si desidera conseguire, “uno e uno solo”
Una definizione qualitativa e una specificazione quantitativa tramite opportuni indicatori.
Dove e in quale forma saranno reperite le informazioni per assegnare dei valori agli indicatori della colonna precedente.
Fattori esterni essenziali per il raggiungimento di: Obiettivo specifico.
Risultati attesi
Beni e servizi che generano benefici e che insieme concorrono al raggiungimento dell’Obiettivo Specifico.
Una definizione qualitativa e una specificazione quantitativa tramite opportuni indicatori.
Dove e in quale forma saranno reperite le informazioni per assegnare dei valori agli indicatori della colonna precedente.
Fattori esterni essenziali per il raggiungimento di: Risultati attesi.
Attività
Azioni eseguite durante la realizzazione dell’intervento, per il raggiungimento dei singoli risultati.
Risorse
Fisiche e non fisiche necessarie per eseguire ciascuna attività.
Costi
Fonte di finanziamento per la mobilitazione delle risorse stimate come necessarie.
Fattori esterni essenziali per il completamento di: Attività.
Precondizioni
Devono essere soddisfatte prima che abbia inizio la realizzazione del progetto.
Le fonti di informazionee approfondimento
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9. LE FONTI DI INFORMAZIONE E APPROFONDIMENTO
La presente sezione riporta alcuni dei principali testi di orientamento ed una serie
di indirizzi per la navigazione tematica sul web. Si considerano entrambi i supporti
informativi utili per incominciare la trattazione dell’argomento e come punto di
partenza per l’approfondimento di argomenti specifico-tecnici.
I testi sono stati numerati in ordine sequenziale
rispetto al richiamo corrispondente di testo inserito
nella versione in formato elettronico
allegato 1. Libro Bianco per le Fonti Rinnovabili dell’ENEA
allegato 2. Programma Nazionale Energia Rinnovabile da Biomasse
(PNERB) del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali
allegato 3. Protocollo di Kyoto
allegato 4. Programma Biocombustibili (PROBIO)
allegato 5. Federlegno-Arredo progetto “Restauro del Bosco”
allegato 6. della sostenibilità dello sviluppo.
allegato 7. dell’economista rumeno Nicholas Georgescu-Roegen
allegato 8. Il modello World III, elaborato dal System Dynamics Group del
MIT,
allegato 9. di “rapporto Brundtland”.
allegato 10. “dichiarazione di Rio”
allegato 11. chiamato agenda 21
Elenco
completo
degli allegati
presenti su cd-rom
Le fonti di informazionee approfondimento
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allegato 12. summit mondiali: Stoccolma
allegato 13. Johannesburg
allegato 14. libro bianco Energia per il futuro:
le fonti energetiche rinnovabili-UE
allegato 15. libro verde Verso una strategia europea di sicurezza
dell’approvvigionamento energetico
allegato 16. alla Guida europea all’Agenda 21 Locale
allegato 17. Consultation paper for the preparation of e EU strategy for
Sustainable development
allegato 18. Towards a EU strategy for Sustainable Development
allegato 19. Il diritto comunitario degli appalti pubblici e le possibilità di
integrare considerazioni di carattere ambientale negli appalti
pubblici.
allegato 20. comunicazione della Commissione del marzo 2003 dal titolo
Verso un piano d'azione per le tecnologie ambientali
allegato 21. PATTO PER L'ENERGIA E L'AMBIENTE della IV Commissione Cnel
allegato 22. ORIENTAMENTI PER IL PROGRAMMA DI SVILUPPO DEL
MEZZOGIORNO 2000-2006
allegato 23. Strategia Nazionale Ambientale per uno Sviluppo Sostenibile
allegato 24. Piano Nazionale per lo Sviluppo sostenibile in attuazione
dell'Agenda 21 del Ministero dell’Ambiente
allegato 25. GUIDA ANPA PER LE AGENDE 21 LOCALI.
allegato 26. L’energia dei Parchi - PROTOCOLLO D’INTESA Promosso da:
Enel, Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve Naturali,
Legambiente e Ministero dell’ambiente
allegato 27. Libro bianco per la valorizzazione energetica delle fonti
rinnovabili deliberato dal CIPE nel 1999.
allegato 28. Protocollo di Montreal Convenzione per la protezione della fascia
di ozono (Vienna 1985 – Montreal 1987)
Le fonti di informazionee approfondimento
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158
allegato 29. Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti
climatici (UNFCCC) - New York 9 maggio 1992
allegato 30. la Proposta della Commissione COM (2000) 279 def e la
Proposta di direttiva (G.U.C.E UE n. C 311 e del 31 ottobre
2000)
allegato 31. la direttiva 2001/77/CE (G.U.C.E n. L283 del 27 ottobre 2001
allegato 32. la decisione n° 646/2000/CE (G.U.C.E. n° L 79 del 30-03-00)
del Parlamento Europeo e del Consiglio d’Europa di adozione del
allegato 33. Programma ALTENER
NORMATIVA ITALIANA
allegato 34. 6 dicembre 1991 n. 394, "Legge Quadro sulle Aree Protette" e
successive modifiche ed integrazioni.
allegato 35. 09-01-91 GU n° 13 del 16-01-91 Legge 10-91 Norme per
l’attuazione del piano energetico nazionale in materia di uso
razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle
fonti rinnovabili di energia.
allegato 36. 18-03-02 Ministero delle Attività Produttive GU n° 91 del 18-04-
02 Direttive per l’attuazione delle norme in materia di energia
elettrica da fonti rinnovabili di cui ai commi 1,2, e 3 dell’Art. 11
del DL 16 marzo 1999, n° 79
allegato 37. 21-12-01 Ministero dell’Ambiente GU n° 91 del 18-04-02
Programma di diffusione delle fonti energetiche rinnovabili,
efficienza energetica e mobilità sostenibile nelle aree naturali
protette
Le fonti di informazionee approfondimento
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allegato 38. 24-04-01 Ministero dell’Industria, del Commercio e
dell’Artigianato GU n° 117 del 22-05-01, suppl. ord. N° 125
Individuazione degli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio
energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili di cui all’Art. 16
comma 4 del DL 23-05-00 n° 164
allegato 39. 11-11-99 Ministero dell’Industria, del Commercio e
dell’Artigianato GU n° 292 del 14-12-99 Direttive per
l’attuazione delle norme in materia di energia elettrica da fonti
rinnovabili di cui ai commi 1,2 e 3 del DL 16-03-99 n° 79
allegato 40. 10-09-01 Ministero dell’Ambiente Finanziamenti a Enti pubblici
per l'installazione di impianti solari termici per produzione di
calore a bassa temperatura
allegato 41. 24-02-00 Autorità per l’energia elettrica e il gas GU n° 57 del
09-03-00 Adozione di disposizioni transitorie in materia di conto
per nuovi impianti da fonti rinnovabili e assimilate di cui alla
delibera n° 70/97
allegato 42. 08-06-99 Autorità per l’energia elettrica e il gas GU n° 158 del
08-07-99 Delibera 81/99: aggiornamento dei prezzi di cessione
dell’energia elettrica e dei contributi riconosciuti alla nuova
energia prodotta da impianti utilizzanti fonti rinnovabili e
assimilate ai sensi degli artt. 20, comma 1, e 22, comma 5,
della Legge 9/91
allegato 43. 25-02-99 Autorità per l’energia elettrica e il gas GU n° 139 del
16-06-99 Delibera 27/99: procedura per il controllo del rispetto
della condizione di assimibilabilità a fonte rinnovabile ai fini del
trattamento economico previsto dal provvedimento CIP n° 6/92
allegato 44. 06-08-99 Comitato interministeriale per la programmazione
economica (CIPE) GU n° 253
del 27-10-99 Delibera 126/99: Libro bianco per la
valorizzazione energetica delle fonti rinnovabili
allegato 45. 19-02-99 CIPE GU n° 114 del 18-05-99 Delibera 12/99:
Ripartizione tra le Regioni e le Province Autonome dei fondi di
cui agli artt. 8, 10 e 13 della L. 10/91
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160
allegato 46. 05-07-02 Ministero dell’Ambiente Bando GU n° 156 del 05-07-
02 Bando per la realizzazione di progetti inerenti lo sviluppo
delle fonti rinnovabili e della mobilità sostenibile nei parchi
italiani
allegato 47. 05-02-98 Decreto Ministeriale GU n° 72 del 16-04-98 Norme
tecniche per il recupero di materia ed energia dai rifiuti non
pericolosi, sottoposto a procedura semplificata
NORMATIVA REGIONALE
allegato 48. 16-09-98 Regione Abruzzo BUR DEL 09-10-98 GU n° 25 del 26-
06-99 LEGGE REGIONALE N° 80: norme per la promozione e lo
sviluppo delle fonti rinnovabili di energia e del risparmio
energetico
allegato 49. 3-04-1995 REGIONE ABRUZZO LEGGE N. 28: << Norme
concernenti la gestione delle foreste demaniali regionali >>.
allegato 50. 4-11-1986 REGIONE BASILICATA LEGGE N. 23: norme per la
tutela contro l' inquinamento atmosferico ed acustico
allegato 51. 19-04-1985 REGIONE CALABRIA LEGGE N. 18: Ordinamento
della formazione professionale in Calabria.
allegato 52. 8-03-1985 REGIONE CAMPANIA LEGGE N. 19: << Contributi
regionali per il risparmio energetico e l'Incentivazione delle
energie alternative nell'edilizia ed in agricoltura, industria
ed artigianato >>.
allegato 53. 23-10-1986 REGIONE EMILIA-ROMAGNA LEGGE N. 34:
partecipazione della regione Emilia – Romagna alla costituzione
dell'associazione “ASSO - DIOIKEMA”
allegato 54. 16-05-1988 REGIONE EMILIA-ROMAGNA LEGGE N. 19: ricerca e
innovazione in agricoltura
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nelle zone ad obiettivo 1
161
allegato 55. 14-05-2002 REGIONE EMILIA-ROMAGNA LEGGE N. 7:
promozione del sistema regionale delle attivita' di ricerca
industriale, innovazione e trasferimento tecnologico
allegato 56. 19-02-1985 REGIONE LAZIO LEGGE N. 16: Norme per la
formazione e la gestione del programma regionale per l'energia
e norme applicative della legge nazionale 29 maggio 1982, n.
308, concernente: << Norme sul contenimento dei consumi
energetici, lo svilupppo delle fonti rinnovabili di energia e
l'esercizio di centrali elettriche alimentate con combustibili
diversi dagli idrocarburi >>
allegato 57. 11-12-1986 REGIONE LAZIO LEGGE N. 53: Disciplina regionale
in materia di smaltimento dei rifiuti di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915
allegato 58. 12-12-1987 REGIONE LAZIO LEGGE N. 56: Disciplina dei servizi
di sviluppo agricolo
allegato 59. 12-02-1988 REGIONE LAZIO LEGGE N. 9: Organizzazione e
funzionamento dei presidi multizonali di prevenzione
allegato 60. 19-04-1984 REGIONE LIGURIA LEGGE N. 24: Interventi
regionali in campo energetico
allegato 61. 12-03-1985 REGIONE LIGURIA LEGGE N. 11: Modifiche ed
integrazioni alla legge regionale 24 marzo 1980, n. 20 e nuove
norme a tutela dell'ambiente dall'inquinamento atmosferico
allegato 62. 24-08-1988 REGIONE LIGURIALEGGE N. 44: Modifiche alla
legge regionale 19 aprile 1984 n. 24 << Interventi regionali in
campo energetico >>. Nuove norme attuative della legge 29
maggio 1982 n. 308 sul contenimento dei consumi energetici
allegato 63. 8-11-1996 REGIONE LIGURIA LEGGE N. 48: Interventi regionali
nel campo delle energie alternative e del risparmio energetico
allegato 64. 21-06-1999 REGIONE LIGURIA LEGGE N. 18: Adeguamento
delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali in
materia di ambiente, difesa del suolo ed energia
Le fonti di informazionee approfondimento
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nelle zone ad obiettivo 1
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allegato 65. 27-03-2000 REGIONE LIGURIALEGGE N. 29: modifiche della
legge regionale 21 giugno 1999 n. 18 (adeguamento delle
discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali in materia
di ambiente, difesa del suolo ed energia) e successive modifiche
ed integrazioni
allegato 66. 5-12-1981 REGIONE LOMBARDIA LEGGE N. 68: assestamento e
variazione al bilancio per l' esercizio finanziario 1981 e al
bilancio pluriennale 1981- 1983
allegato 67. 14-08-1999 REGIONE LOMBARDIA LEGGE N. 16: Istituzione
Dell’agenzia Regionale Per La Protezione Dell’ambiente – ARPA
allegato 68. 22-08-1988 REGIONE MARCHE LEGGE N. 35: Riordino dell' Ente
di Sviluppo Agricolo nelle Marche (ESAM).
allegato 69. 31-10-00 REGIONE MARCHE BUR n° 118 del 17-11-00
DELIBERA DI GIUNTA REG. N° 2257: Criteri per la ripartizione
dei fondi disponibili sul capitolo 2228217 del bilancio di
previsione 2000 per incentivare i progetti per la produzione di
energia da fonti rinnovabili e per l’installazione di pannelli solari
termici
allegato 70. 2-05-1980 REGIONE PIEMONTE LEGGE N. 33: Modificazioni ed
integrazioni alla legge regionale 12- 10- 1978, n. 63 <<
Interventi regionali in materia di Agricoltura e Foreste >>
allegato 71. 11-05-1984 REGIONE PIEMONTE LEGGE N. 24: Ulteriori
modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 12/ 10/ 1978,
n. 63 << Interventi regionali in materia di agricoltura e foreste
>>
allegato 72. 18-02-1987 REGIONE PUGLIA LEGGE N. 7: << Disposizioni
finanziarie per il triennio 1987/ 1989. (Legge finanziaria
regionale) – Interventi straordinari per la tutela dell' ambiente e
lo sviluppo delle attività produttive >>
Le fonti di informazionee approfondimento
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allegato 73. 14-02-97 REGIONE SARDEGNA GU n° 43 del 25-10-97DECRETO
20 DEL P.G.R.: Regolamento per l’applicazione nel territorio
della Sardegna della L10/91, per l’attuazione del piano
energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di
risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di
energia
allegato 74. 7-06-1989 REGIONE SARDEGNA LEGGE N. 31: Norme per l'
istituzione e la gestione dei parchi, delle riserve e dei
monumenti naturali, nonchè delle aree di particolare rilevanza
naturalistica ed ambientale
allegato 75. 27-12-00 REGIONE VENETO BUR del 29-12-00 LEGGE
REGIONALE N° 25: Norme per la pianificazione elettrica
regionale, l’incentivazione del risparmio energetico e lo sviluppo
di fonti rinnovabili di energia
allegato 76. 27-12-00 REGIONE VENETO GU 3a serie speciale n° 13 del 07-
04-01 LEGGE REGIONALE N° 25: Norme per la pianificazione
elettrica regionale, l’incentivazione del risparmio energetico e lo
sviluppo di fonti rinnovabili di energia
allegato 77. 25-02-00 REGIONE TOSCANA BUR del 06-03-00 GU n° 39 del
30-09-00 LEGGE REGIONALE N° 14: norme in materia di risorse
energetiche
allegato 78. 26-05-98 REGIONE VALLE D’AOSTA GU n° 42 del 31-10-98
LEGGE REGIONALE N° 43: modificazioni alla L.R. 20 agosto
1993 n° 62 (norme in materia di uso razionale dell’energia, di
risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili)
Le fonti di informazionee approfondimento
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PROVVEDIMENTI SPECIFICI
allegato 79. 13-04-2001 REGIONE LOMBARDIA BUR n° 20 DEL 14-05-01
Circolare regionale n° 12: Recupero energetico da scarti di
lavorazione del legno vergine
allegato 80. 19-10-1992 REGIONE CALABRIA LEGGE N. 20: Forestazione,
difesa del suolo e foreste regionali in Calabria
allegato 81. 19-11-2002 REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA LEGGE N. 30:
Disposizioni in materia di energia
allegato 82. 30-04-2003 REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA LEGGE N. 12:
Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2003
allegato 83. 2-03-1990 REGIONE LAZIO LEGGE N. 21: Assestamento del
bilancio di previsione della Regione Lazio per l'anno finanziario
1989
allegato 84. 28-10-2002 REGIONE LAZIO LEGGE N. 39: "Norme in materia
di gestione delle risorse forestali”
allegato 85. 8-05-1985 REGIONE LIGURIA LEGGE N. 39: Modifiche ed
integrazioni della legge regionale 16 aprile 1984 n. 22 <<
Legge forestale regionale >>
allegato 86. 26-08-1986 REGIONE LOMBARDIA LEGGE N. 43: Modifiche alla
LR 1 agosto 1979, n. 42 << Ordinamento dei servizi e degli
uffici della Giunta regionale >>, istituzione del settore ai
problemi dell' energia, ridefinizione delle Attribuzioni del
servizio energia istituito con la LR 9 giugno 1981, n. 29 ed
istituzione del nuovo servizio centrali elettriche
allegato 87. 28-11-1986 REGIONE LOMBARDIA LEGGE N. 58: Modifiche alla
LR 1 agosto 1979, n. 42 << Ordinamento dei servizi e degli
uffici della Giunta regionale >>. Istituzione del Settore problemi
dell' energia, ridefinizione delle attribuzioni del Servizio energia
istituito con LR9 giugno 1981, n. 29 ed istituzione del nuovo
servizio centrali elettriche. Abrogazione della LR 26 agosto
1986, n. 43
Le fonti di informazionee approfondimento
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nelle zone ad obiettivo 1
165
allegato 88. 12-01-2002 REGIONE LOMBARDIA LEGGE N. 3: ISTITUZIONE
DELL’ENTE REGIONALE PER I SERVIZI ALL’AGRICOLTURA E
ALLE FORESTE — ERSAF
allegato 89. 26-04-1990 REGIONE MARCHE LEGGE N. 31: Procedure e
norme di attuazione del piano regionale di organizzazione dei
servizi di smaltimento dei rifiuti
allegato 90. 30-05-1991 REGIONE MARCHE LEGGE N. 13: Approvazione
Bilancio di Previsione per l'anno 1991 e adozione del Bilancio
Pluriennale per il triennio 1991/ 1993
allegato 91. 17-02-1992 REGIONE MARCHELEGGE N. 13: Norme attuative
delle disposizioni contenute nella legge 9 gennaio 1991, n. 10 in
materia di uso razionale dell' energia, di risparmio energetico e
di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia
allegato 92. 22-12-1997 REGIONE MARCHE LEGGE N. 73: Potenziamento
dell' Agenzia regionale per le materie prime secondarie
allegato 93. 30-11-1999 REGIONE MARCHE LEGGE N. 32: Assestamento del
Bilancio per l'anno 1999
allegato 94. 13-04-1995 REGIONE PIEMONTE LEGGE N. 59: Norme per la
riduzione, il riutilizzo e lo smaltimento dei rifiuti
allegato 95. 6-11-1992 REGIONE SARDEGNA LEGGE N. 20: Disposizioni
integrative e modificative alla legge regionale 28 aprile 1992, n.
6 - Legge finanziaria 1992
allegato 96. 5-08-1982 REGIONE SICILIA LEGGE N. 98: Norme riguardanti
gli enti economici regionali
allegato 97. 10-06-1993 REGIONE TOSCANA LEGGE N. 37: Istituzione
dell'Agenzia regionale per lo sviluppo e l'innovazione nel settore
agricolo forestale ( ARSIA)
allegato 98. 14-02-2003 REGIONE TOSCANA LEGGE N. 12: Progetto pilota
relativo alla coltivazione, trasformazione e commercializzazione
della canapa a scopi produttivi e ambientali
allegato 99. 2-05-2003 REGIONE VENETO LEGGE N. 14: INTERVENTI AGRO-
FORESTALI PER LA PRODUZIONE DI BIOMASSE
Le fonti di informazionee approfondimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
166
CARTE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE
allegato 100. Carta di Aalborg (Carta delle Città Europee per un modello
urbano sostenibile) 1994
allegato 101. Carta di Valencia (Carta delle Regioni Europee per l'Ambiente)
1995
allegato 102. Piano d'Azione di Lisbona: dalla Carta all'Azione (1996)
allegato 103. Risoluzione di Goteborg (1997)
allegato 104. La Carta di Ferrara (1999)
CARTE PER L’EDUCAZIONE AMBIENTALE
allegato 105. Dichiarazione di Stoccolma delle Nazioni Unite sull’ambiente
1972
allegato 106. Carta di Belgrado 1975
allegato 107. Dichiarazione di Tbilisi 1977
allegato 108. Dichiarazione di Rio sull’Ambiente e lo Sviluppo 1992
allegato 109. Dichiarazione di Salonicco 1997
allegato 110. Carta di Fiuggi 1997
Le fonti di informazionee approfondimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
167
ALLEGATI TECNICI
allegato 111. ALLEGATO TECNICO DELLA MASSA VOLUMICA si mettono a
confronto alcuni valori di contenuto energetico e potere
calorifico inferiore. ed alcuni valori medi di massa volumica di
diverse specie legnose
allegato 112. ALLEGATO TECNICO DELLA MASSA VOLUMICA si forniscono
alcuni dati bibliografici di riferimento riguardo al fabbisogno di
potenza calorica per unità di volume installato
PROGRAMMI DI FINANZIAMENTO EUROPEI
allegato 113. Sesto Programma di azione a favore dell'ambiente 2001-2010
“il nostro futuro – la nostra scelta”
allegato 114. PROGRAMMA ALTENER, per la promozione delle energie
rinnovabili
allegato 115. PROGRAMMA CARNOT, per la ricerca
allegato 116. PROGRAMMA ENERGIE, riguardante le energie rinnovabili e l’uso
razionale delle risorse
Le fonti di informazionee approfondimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
168
PROGRAMMI DI FINANZIAMENTO ITALIANI
allegato 117. I CONTENUTI DEL QCS ITALIA
allegato 118. P.O.N Ricerca Scientifica, Sviluppo Tecnologico, Alta formazione
allegato 119. P.O.N La Scuola per lo Sviluppo
allegato 120. P.O.N Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno
allegato 121. P.O.N Sviluppo
allegato 122. P.O.N Trasporti
allegato 123. P.O.N Pesca
allegato 124. P.O.N Assistenza Tecnica e Azioni di Sistema
I P.O.R OBIETTIVO 1
allegato 125. Basilicata
allegato 126. Calabria
allegato 127. Campania
allegato 128. Puglia
allegato 129. Sardegna
allegato 130. Sicilia
allegato 131. Molise (sostegno transitorio)
Le fonti di informazionee approfondimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
169
I DOCUP OBIETTIVO 2
allegato 132. Abruzzo
allegato 133. Emilia Romagna
allegato 134. Lazio
allegato 135. Liguria
allegato 136. Lombardia
allegato 137. Marche
allegato 138. Piemonte
allegato 139. Toscana
allegato 140. Trentino Alto Adige
allegato 141. Veneto
allegato 142. Umbria
allegato 143. PROGRAMMA SAVE, sostegno non tecnologico per l’energia e il
suo utilizzo, attraverso la diffusione di una cultura dell’energia
fra i cittadini. (Decisione 647/2000/CEE del Parlamento europeo
e del Consiglio, del 28 febbraio 2000
I POR OBIETTIVO 3
allegato 144. Abruzzo
allegato 145. Emilia Romagna
allegato 146. Friuli Venezia
Giulia
allegato 147. Lazio
allegato 148. Liguria
allegato 149. Lombardia
allegato 150. Marche
allegato 151. Piemonte
allegato 152. Toscana
allegato 153. Trentino Alto Adige
allegato 154. Veneto
allegato 155. Umbria
allegato 156. Valle d’Aosta
allegato 157. ELENCO DEI RESPONSABILI DI MISURA
Le fonti di informazionee approfondimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
170
ALLEGATI AL DOCUMENTO DI PRESENTAZIONE GENERALE
allegato 158. OPPORTUNITA’ OCCUPAZIONALI
allegato 159. PRINCIPI DI SOSTENIBILITA’
allegato 160. LA VALUTAZIONE DELLA QUALITA’ AMBIENTALE
I documenti citati, per quanti disponibili, sono stati
inseriti per esteso all’interno degli allegati.
Le tesi di Nicholas Georgescu-Roegen
The entropy law and the economic process
Cambridge, Harvard University Press
Analisi economica e processo economico
Firenze, Sansoni, 1973 (raccolta di saggi scritti tra il 1960 ed il 1971)
Energia e miti economici
Torino, Boringhieri, 1976 e 1982 traduzione parziale, con aggiunte, di Energy and Economic Myths. Istitutional and analytical economic essays, New York, Pergamon, 1976 (nuova edizione di parte di tali saggi, con aggiunte e con lo stesso titolo, Torino, Bollati Boringhieri, 1998)
Bibliografia
essenziale
Le fonti di informazionee approfondimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
171
Approfondimenti Tematici
I limiti dello sviluppo- rapporto del System Dynamics Group, MIT, per il progetto del Club di Roma sui dilemmi dell’umanità
Milano, Mondadori, 1970
Report of the united nations conference on the human environmnet
Stoccolma, UNEP, 1972
Il futuro di noi tutti. Rapporto della Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo
(World Commission on Environment and Development – WCED sotto la guida di M. Brundtland), Milano, Bompiani, 1988)
Rio declaration
(disponibile sul sito web delle Nazioni Unite)
Agenda 21
(disponibile sul sito web delle Nazioni Unite)
Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici
(disponibile sul sito web delle Nazioni Unite)
World Summit on Sustainable Development (WSSD)– Plan of Implementation
(disponibile sul sito web delle Nazioni Unite)
Report of the World Summit on Sustainable Development (WSSD)
(disponibile sul sito web Johannesburg summit insieme con tutti i documenti preparatori)
Carta Di Aalborg: Carta Delle Città Europee Per Un Modello Urbano Sostenibile
(Approvato dai partecipanti alla Conferenza europea sulle città sostenibili tenutasi ad Aalborg, Danimarca il 27 maggio 1994)
Il Piano d’Azione di Lisbona: dalla Carta all’Azione
Seconda Conferenza Europea sulle città sostenibili, Lisbona, Ottobre 1996.
LIBRO BIANCO: Energia per il futuro: le fonti energetiche rinnovabili
Commissione Europea, Brussels, 1996
Le fonti di informazionee approfondimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
172
Approfondimenti Tematici (segue)
Dichiarazione di Siviglia
(adottata il 23 gennaio 1999 dai partecipanti alla Conferenza Euromediterranea delle città sostenibili svoltasi a Siviglia, Spagna)
Posizione della CIPRA per un futuro energetico sostenibile nelle Alpi
(Riunione della Presidenza della CIPRA-International) Schaan, Vaduz, 6 febbraio 1999)
Guida europea all’Agenda 21 Locale – La sostenibilità ambientale: linee guida per l’azione locale
Edizione italiana: Stefano Pareglio, Università degli Studi di Milano ,Isabel Litografia, Gessate (MI) Fondazione Lombardia per l’Ambiente, Milano, 1999
Appello di Hannover delle autorità locali alle soglie del 21° secolo
(Versione ufficiale tradotta da quella inglese dell’11 Febbraio 2000 dal Coordinamento Agende 21 Locali Italiane; disponibile sul sito web)
LIBRO VERDE: Verso una strategia europea di sicurezza dell’approvvigionamento energetico
Commissione Europea, Brussels 2000
Consultation paper for the preparation of e EU strategy for Sustainable development
Commission Working paper, Brussels, 27.3.2001
Towards a EU strategy for sustainable development
Brussels May 2, 2001,The Club of Rome, Brussels-EU Chapter
Il diritto comunitario degli appalti pubblici e le possibilità di integrare considerazioni di carattere ambientale negli appalti pubblici
Comunicazione Interpretativa Della Commissione Europea, Bruxelles, 4.7.2001
Energia e ambiente nell’Unione Europea
European Environment Agency (EEA Agenzia Europea per l’Ambiente), AEA Copenaghen, 2002
Dichiarazione di Chambéry
Dichiarazione sulle aree protette delle montagne europee i cui rappresentanti si sono riuniti in occasione della Conferenza " Aree protette delle montagne d’Europa " - Chambéry, 13-16 novembre 2002 (disponibile sul sito web Federparchi
Le fonti di informazionee approfondimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
173
Approfondimenti Tematici (segue)
Verso un piano d'azione per le tecnologie ambientali
Comunicazione Della Commissione Europea, Bruxelles, 25.3.2003
AA.VV., 1995 – La progettazione di impianti automatici di combustione a legna. Programma d’impulso PACER - Energie rinnovabili. Ufficio federale dei problemi congiunturali, Berna, CH.
AA.VV., 1997 - Atti del seminario “Approvvigionamento e gestione degli impianti termici alimentati a cippato di legno” - 10-11/2/1997. a cura di Vittorio Bosser-Peverelli e Marco Corgnati. Regione Piemonte, Assessorato Economia Montana e Foreste e Assessorato Agricoltura.
ASEB, 1995 – Possibilités d’économie dans les projets de chaffage automatiques au bois – Une approche statistique. ASEB (Association suisse pour l’énergie du bois), Zürich, CH
ASEL, 1997 – Vademecum energia dal legno. ASEL (Associazione svizzera per l’energia dal legno), Zurigo, CH
Dimensionnement du chaffage centrale au bois (Fiche tecnique). Ufficio federale dell’energia, 2000 – OFCL/EDMZ, Berna, CH
Le fonti di informazionee approfondimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
174
Compendio delle Carte sottoscritte (disponibili in allegato nella versione integrale)
Carte per lo sviluppo sostenibile:
Carta di Aalborg (Carta delle Città Europee per un modello urbano sostenibile) 1994 (allegato 100)
Carta di Valencia (Carta delle Regioni Europee per l'Ambiente) 1995 (allegato 101)
Piano d'Azione di Lisbona: dalla Carta all'Azione 1996 (allegato 102)
Risoluzione di Goteborg 1997 (allegato 103)
La Carta di Ferrara 1999 (allegato 104)
Carte per l’educazione ambientale
Dichiarazione di Stoccolma delle Nazioni Unite sull’ambiente 1972 (allegato 105)
Carta di Belgrado 1975 (allegato 106)
Dichiarazione di Tbilisi 1977 (allegato 107)
Dichiarazione di Rio sull’Ambiente e lo Sviluppo 1992 (allegato 108)
Dichiarazione di Salonicco 1997 (allegato 109)
Carta di Fiuggi 1997 (allegato 110)
Le fonti di informazionee approfondimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
175
Compendio dei documenti nazionali
(disponibili in allegato nella versione integrale)
Strategia Nazionale Ambientale per uno Sviluppo Sostenibile
Piano Nazionale per lo Sviluppo sostenibile in attuazione dell'Agenda 21
GUIDA ANPA PER LE AGENDE 21 LOCALI – manuale di utilizzo
ORIENTAMENTI PER IL PROGRAMMA DI SVILUPPO DEL MEZZOGIORNO 2000-2006
Rapporto di sintesi predisposto dal Comitato nazionale per i fondi strutturali comunitari 2000-2006
Patto per l'energia e l'ambiente
Cnel - Iv Commissione, Gruppo Di Lavoro Ambiente E Territorio, Ministero Dell'industria, Ministero Dell'ambiente, Ministero Della Ricerca Scientifica, Conf. Presidenti Delle Regioni, Enea
L’energia dei Parchi
PROTOCOLLO D’INTESA Promosso da: Enel, Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve Naturali, Legambiente E Ministero dell’ambiente
Le fonti di informazionee approfondimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
176
L’elenco di siti a seguire non è sicuramente esaustivo
ripetto le potenzialità offerte dalla rete delle reti; è
comunque una buona base di partenza per una serie di
esplorazioni delle tematiche affrontate dalle linee guida e
porta agevolmente ai siti istituzionali italiani collegati.
Ciascun sito viene presentato secondo l’uso migliore che se ne possa fare.
Server EUROPA (fonti normative e di finanziamento, programmi operativi dei fondi strutturali e progetti di intervento diretto) www.europa.eu.int DG_Ambiente_Home Page (programmi e documenti di indirizzo sulle tematiche ambientali) www.europa.eu.int/comm/dgs/environment/index_it.htm VI Programma_Ambiente (sito ufficiale del programma, bandi e informazioni) http://www.europa.eu.int/comm/environment/newprg/index.htm FUNDING OPPORTUNITIES (tutte le opportunità di finanziamento attraverso la programmazione comunitaria) http://www.europa.eu.int/comm/environment/funding/intro_en.htm LIFE_Home Page (sito ufficiale del programma, bandi e informazioni) http://www.europa.eu.int/comm/life/home.htm LIFE-PROJECT DATABSE (raccolta dati di progetti in corso e di buone prassi consolidate) http://www.europa.eu.int/comm/life/cgi/life_frame.pl?prog=ENV LEGISLAZIONE_1 (legislazione comunitaria per indice analitico) http://www.europa.eu.int/eur-lex/it/lif/ind/it_analytical_index_15.html LEGISLAZIONE_2 (servizio eur_lex) (servizio informativo legislazione comunitaria) http://www.europa.eu.int/eur-lex/it/index.html GAZZETTA UFFICIALE UE http://www.europa.eu.int/eur-lex/it/oj/index-list.html INFOREGIO_POLITICA REGIONALE (fonti normative e di finanziamento, programmi operativi dei fondi strutturali e progetti di intervento diretto) http://europa.eu.int/comm/regional_policy/index_it.htm
Indirizzario
WEB
Le fonti di informazionee approfondimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
177
Progetti Pilota URBAN (programmi di intervento, bandi, collegamenti con i siti dedicati) http://europa.eu.int/comm/regional_policy/urban2/index_it.htm Sviluppo Rurale LEADER (programmi di intervento, bandi, collegamenti con i siti dedicati) http://www.rural-europe.aeidl.be Iniziativa Comunitaria INTERREG (programmi di intervento, bandi, collegamenti con i siti dedicati) http://europa.eu.int/comm/regional_policy/interreg3/index_it.htm FESR_azioni innovative per lo sviluppo regionale (programmi di intervento, bandi, collegamenti con i siti dedicati) http://europa.eu.int/comm/regional_policy/innovation/index_it.htm CORDIS_Servizio Comunitario per la Ricerca e lo Sviluppo http://www.cordis.lu/it/home.html V° PROGRAMMA QUADRO_Energia_Ambiente_Sviluppo Sostenibile (programmi di intervento, bandi, collegamenti con i siti dedicati) http://www.cordis.lu/fp5/home.html AGENZIA EUROPEA per l’AMBIENTE (programmi di intervento, bandi, collegamenti con i siti dedicati) http://www.eea.eu.int/
I principali siti istituzionali italiani
Governo Italiano www.governo.it Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio www.minambiente.it Ministero delle Attività Produttive www.mincomes.it Ministero degli affari esteri www.esteri.it Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali www.welfare.gov.it Ministero degli Affari Esteri www.esteri.it
Le fonti di informazionee approfondimento
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
178
Ministero delle Comunicazioni www.comunicazioni.it Ministero dell’Economia e delle Finanze www.tesoro.it Ministero dell’Interno www.mininterno.it Ministero per i Beni e le Attività Culturali www.beniculturali.it Ministero della Giustizia www.giustizia.it Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti www.infrastrutturetrasporti.it Ministero della Salute www.ministerosalute.it Ministero delle Politiche Agricole e Forestali www.politicheagricole.it Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca www.murst.it Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie www.innovazione.gov.it Consiglio di Stato-Giustizia Amministrativa www.giustizia-amministrativa.it Il Portale Nazionale del Cittadino www.italia.gov.it Camera dei Deuputati www.camera.it Senato della Repubblica www.senato.it Parlamento Italiano www.parlamento.it Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana www.gazzettaufficiale.it
Bibliografia essenziale
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
Le tesi di Nicholas Georgescu-Roegen
The entropy law and the economic process
Cambridge, Harvard University Press
Analisi economica e processo economico
Firenze, Sansoni, 1973 (raccolta di saggi scritti tra il 1960 ed il 1971)
Energia e miti economici
Torino, Boringhieri, 1976 e 1982 traduzione parziale, con aggiunte, di Energy and Economic Myths. Istitutional and analytical economic essays, New York, Pergamon, 1976 (nuova edizione di parte di tali saggi, con aggiunte e con lo stesso titolo, Torino, Bollati Boringhieri, 1998)
Approfondimenti Tematici
I limiti dello sviluppo- rapporto del System Dynamics Group, MIT, per il progetto del Club di Roma sui dilemmi dell’umanità
Milano, Mondadori, 1970
Report of the united nations conference on the human environmnet
Stoccolma, UNEP, 1972
Il futuro di noi tutti. Rapporto della Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo
(World Commission on Environment and Development – WCED sotto la guida di M. Brundtland), Milano, Bompiani, 1988)
Rio declaration
(disponibile sul sito web delle Nazioni Unite)
Agenda 21
(disponibile sul sito web delle Nazioni Unite)
Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici
(disponibile sul sito web delle Nazioni Unite)
World Summit on Sustainable Development (WSSD)– Plan of Implementation
(disponibile sul sito web delle Nazioni Unite)
Report of the World Summit on Sustainable Development (WSSD)
(disponibile sul sito web Johannesburg summit insieme con tutti i documenti preparatori)
Bibliografia essenziale
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
Approfondimenti Tematici (segue)
Carta Di Aalborg: Carta Delle Città Europee Per Un Modello Urbano Sostenibile
(Approvato dai partecipanti alla Conferenza europea sulle città sostenibili tenutasi ad Aalborg, Danimarca il 27 maggio 1994)
Il Piano d’Azione di Lisbona: dalla Carta all’Azione
Seconda Conferenza Europea sulle città sostenibili, Lisbona, Ottobre 1996.
LIBRO BIANCO: Energia per il futuro: le fonti energetiche rinnovabili
Commissione Europea, Brussels, 1996
Dichiarazione di Siviglia
(adottata il 23 gennaio 1999 dai partecipanti alla Conferenza Euromediterranea delle città sostenibili svoltasi a Siviglia, Spagna)
Posizione della CIPRA per un futuro energetico sostenibile nelle Alpi
(Riunione della Presidenza della CIPRA-International) Schaan, Vaduz, 6 febbraio 1999)
Guida europea all’Agenda 21 Locale – La sostenibilità ambientale: linee guida per l’azione locale
Edizione italiana: Stefano Pareglio, Università degli Studi di Milano ,Isabel Litografia, Gessate (MI) Fondazione Lombardia per l’Ambiente, Milano, 1999
Appello di Hannover delle autorità locali alle soglie del 21° secolo
(Versione ufficiale tradotta da quella inglese dell’11 Febbraio 2000 dal Coordinamento Agende 21 Locali Italiane; disponibile sul sito web)
LIBRO VERDE: Verso una strategia europea di sicurezza dell’approvvigionamento energetico
Commissione Europea, Brussels 2000
Consultation paper for the preparation of e EU strategy for Sustainable development
Commission Working paper, Brussels, 27.3.2001
Towards a EU strategy for sustainable development
Brussels May 2, 2001,The Club of Rome, Brussels-EU Chapter
Il diritto comunitario degli appalti pubblici e le possibilità di integrare considerazioni di carattere ambientale negli appalti pubblici
Comunicazione Interpretativa Della Commissione Europea, Bruxelles, 4.7.2001
Energia e ambiente nell’Unione Europea
European Environment Agency (EEA Agenzia Europea per l’Ambiente), AEA Copenaghen, 2002
Bibliografia essenziale
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
Approfondimenti Tematici (segue)
Dichiarazione di Chambéry
Dichiarazione sulle aree protette delle montagne europee i cui rappresentanti si sono riuniti in occasione della Conferenza " Aree protette delle montagne d’Europa " - Chambéry, 13-16 novembre 2002 (disponibile sul sito web Federparchi
Verso un piano d'azione per le tecnologie ambientali
Comunicazione Della Commissione Europea, Bruxelles, 25.3.2003
AA.VV., 1995 – La progettazione di impianti automatici di combustione a legna. Programma d’impulso PACER - Energie rinnovabili. Ufficio federale dei problemi congiunturali, Berna, CH.
AA.VV., 1997 - Atti del seminario “Approvvigionamento e gestione degli impianti termici alimentati a cippato di legno” - 10-11/2/1997. a cura di Vittorio Bosser-Peverelli e Marco Corgnati. Regione Piemonte, Assessorato Economia Montana e Foreste e Assessorato Agricoltura.
ASEB, 1995 – Possibilités d’économie dans les projets de chaffage automatiques au bois – Une approche statistique. ASEB (Association suisse pour l’énergie du bois), Zürich, CH
ASEL, 1997 – Vademecum energia dal legno. ASEL (Associazione svizzera per l’energia dal legno), Zurigo, CH
Dimensionnement du chaffage centrale au bois (Fiche tecnique). Ufficio federale dell’energia, 2000 – OFCL/EDMZ, Berna, CH
Compendio delle Carte sottoscritte (disponibili in allegato nella versione integrale)
Carte per lo sviluppo sostenibile:
Carta di Aalborg (Carta delle Città Europee per un modello urbano sostenibile) 1994 (allegato 100)
Carta di Valencia (Carta delle Regioni Europee per l'Ambiente) 1995 (allegato 101)
Piano d'Azione di Lisbona: dalla Carta all'Azione 1996 (allegato 102)
Risoluzione di Goteborg 1997 (allegato 103)
La Carta di Ferrara 1999 (allegato 104)
Bibliografia essenziale
energia da conversionedi biomasse
utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette
nelle zone ad obiettivo 1
Compendio delle Carte sottoscritte (disponibili in allegato nella versione integrale) (segue)
Carte per l’educazione ambientale
Dichiarazione di Stoccolma delle Nazioni Unite sull’ambiente 1972 (allegato 105)
Carta di Belgrado 1975 (allegato 106)
Dichiarazione di Tbilisi 1977 (allegato 107)
Dichiarazione di Rio sull’Ambiente e lo Sviluppo 1992 (allegato 108)
Dichiarazione di Salonicco 1997 (allegato 109)
Carta di Fiuggi 1997 (allegato 110)
Compendio dei documenti nazionali
(disponibili in allegato nella versione integrale)
Strategia Nazionale Ambientale per uno Sviluppo Sostenibile
Piano Nazionale per lo Sviluppo sostenibile in attuazione dell'Agenda 21
GUIDA ANPA PER LE AGENDE 21 LOCALI – manuale di utilizzo
ORIENTAMENTI PER IL PROGRAMMA DI SVILUPPO DEL MEZZOGIORNO 2000-2006
Rapporto di sintesi predisposto dal Comitato nazionale per i fondi strutturali comunitari 2000-2006
Patto per l'energia e l'ambiente
Cnel - Iv Commissione, Gruppo Di Lavoro Ambiente E Territorio, Ministero Dell'industria, Ministero Dell'ambiente, Ministero Della Ricerca Scientifica, Conf. Presidenti Delle Regioni, Enea
L’energia dei Parchi
PROTOCOLLO D’INTESA Promosso da: Enel, Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve Naturali, Legambiente E Ministero dell’ambiente