Oltre i limiti della personalità limite:
quale farmacoterapia per la
psicopatologia borderline ?
Vincenzo MANNA
Dipartimento Salute Mentale – Azienda USL ROMA H
SIMPOSIO
Il trattamento dei disturbi di personalità: acquisizioni e sviluppi della ricerca sulla farmacoterapia
Quale farmacoterapia per la psicopatologia borderline ? Vincenzo MANNA
Dipartimento Salute Mentale – Azienda USL ROMA H
Quale farmacoterapia per la psicopatologia borderline ? Vincenzo MANNA
Dipartimento Salute Mentale – Azienda USL ROMA H
INTRODUZIONE
1. IL TRATTAMENTO DEL DBP: SIGNIFICATO E LIMITI
2. ASPETTI PRAGMATICI DEL TRATTAMENTO
FARMACOLOGICO
3. MODELLI NEUROBIOLOGICI DEI DISTURBI DI
PERSONALITÀ E LORO IMPATTO NELLA
FARMACOTERAPIA
4. LINEE GUIDA DEL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DEL
DBP
5. ESPERIENZA CLINICA
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
INTRODUZIONE: definizione
Il DSM IV definisce il Disturbo Borderline di Personalità (DBP) come una
modalità pervasiva d’instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e dell’umore con una marcata impulsività, comparse nel corso della prima età
adulta e presenti in vari contesti, come indicato da cinque o più dei seguenti elementi:
• sforzi disperati di evitare un reale o immaginario abbandono; • un quadro di relazioni interpersonali instabili ed intense, caratterizzate
dall’alternanza tra gli estremi d’iperidealizzazione e svalutazione;
• alterazione dell’identità: immagine di sé e percezione di sé marcatamente e
persistentemente instabili;
• impulsività in almeno due aree che sono potenzialmente dannose per il soggetto,
quali spendere, sesso, abuso di sostanze, guida spericolata,abbuffate;
• ricorrenti minacce, gesti, comportamenti suicidari o comportamento automutilante;
• instabilità affettiva dovuta a marcata reattività dell’umore (p.es. episodica
intensa disforia, irritabilità o ansia che di solito durano poche ore e soltanto raramente più di pochi giorni);
• sentimenti cronici di vuoto; • rabbia immotivata e intensa o difficoltà a controllare la rabbia (p.es. accessi di
ira, rabbia costante, ricorrenti scontri fisici, etc.);
• ideazione paranoide o gravi sintomi dissociativi transitori, legati allo stress.
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INTRODUZIONE
Epidemiologia
La prevalenza del disturbo borderline di personalità è stimata interessare all’incirca:
• il 2% della popolazione generale; • il 10% dei pazienti psichiatrici ambulatoriali; • il 20% dei pazienti psichiatrici ospedalizzati.
E’ all’incirca tre volte più frequente nelle donne che negli uomini.
(Coccaro EF. J Clin Psychiatry 1998; 30-35. Paris J. Sante Ment 1997; 16-29. Ryle A. Br J Med
Psychol 2000;197-210. Stone MH. Psychiatr Clin North Am 2000; 193-210)
Etiopatogenesi Non è conosciuta.
• Le investigazioni biologiche hanno evidenziato disfunzioni neuropsicologiche,
alterazioni neurotrasmettitoriali multiple e disturbi neurofisiologici.
• Gli studi psico-sociali hanno evidenziato un alta prevalenza di traumi infantili (specialmente con abusi fisici e sessuali), separazioni o perdite precoci, comportamenti genitoriali problematici e disfunzionali con alta frequenza di genitori a loro volta affetti dal DBP.
(Manna et al. Ital. J. Psychopath. 2004; 10, 102-22)
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INTRODUZIONE
Etiopatogenesi Vulnerabilità genetica Vs stress ed effetti ambientali predisponenti
Come il veleno versato su una mano dalla pelle integra non produce danno, così il male non produce danno all’uomo,
se non in rapporto al male che è nell’uomo. Siddharta Guatama
detto il Buddha circa 600 a.C.
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INTRODUZIONE
L’approccio interpretativo ai disturbi di personalità, per
la psichiatria classica, clinico-descrittiva, era
caratterizzato da un implicito riconoscimento del prevalere, nella loro genesi, di fattori costituzionali,
con un atteggiamento poco interventista
sul piano terapeutico. (Jaspers, 1913; Schneider, 1923)
Negli ultimi tempi, la diagnostica multiassiale, proposta dalle successive edizioni del DSM, che ha
distinto le sindromi cliniche (Asse I) dai disturbi di
personalità (Asse II) ha indotto la formulazione di
diagnosi complesse, stimolando l’interesse di clinici
e ricercatori, sul piano etiopatogenetico e terapeutico,
per i disturbi di personalità.
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INTRODUZIONE
Fino a qualche anno fa, nell’etio-patogenenesi del
Disturbo Borderline di Personalità (DBP) veniva
riconosciuto un ruolo preminente a fattori traumatici, ambientali e psicoeducazionali, con conseguente
privilegiato approccio psicoterapeutico. (Gunderson, 1989)
Le difficoltà talora insuperabili, che il trattamento psicoterapeutico di questi pazienti presenta, e la
necessità clinica di utilizzare psicofarmaci per il controllo di gravi sintomi disturbanti ha indotto i clinici a prescrivere psicofarmaci in un alta percentuale di pazienti ricoverati (84-87%) o durante i trattamenti ambulatoriali (63%).
(Andrulonis et al. 1982; Skodol et al. 1983; Soloff, 1990; Stein, 1992; Coccaro, 1993)
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INTRODUZIONE
Solo di recente sono stati evidenziati
aspetti neurobiologici di vulnerabilità, soprattutto evidenti nelle aree della labilità affettiva e del comportamento impulsivo, nel paziente con DBP.
Nella genesi dei sintomi disadattivi del DBP, la ricerca neurobiologica ha evidenziato il ruolo svolto dalla vulnerabilità connessa ad
eventi traumatici precoci (abusi fisici e/o sessuali)
(Ogata et al. 1990)
nonché dalla vulnerabilità correlata a
specifiche alterazioni neurotrasmettitoriali e neuropeptidergiche centrali.
(Siever & Davis, 1991; Zanarini et al. 1988)
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INTRODUZIONE
Nel DBP si possono evidenziare e distinguere
dimensioni psicopatologiche e cluster sintomatologici
maggiormente connessi ad aspetti interpersonali o
maggiormente correlati a fattori neurobiologici.
Sintomi quali relazioni instabili, disturbi d’identità, sentimenti di vuoto e noia, intolleranza alla solitudine, sembrano più facilmente trattabili con
strumenti terapeutici di tipo psico-sociale.
Altre dimensioni psicopatologiche, maggiormente correlate ad alterazioni neurobiologiche, quali
instabilità affettiva, discontrollo impulsivo, distorsioni cognitivo-percettive, sono più facilmente correggibili con l’utilizzo d’opportuni
trattamenti psicofarmacologici.
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IL TRATTAMENTO DEL DBP: SIGNIFICATO E LIMITI
La tendenza a non aderire al trattamento
dei pazienti con DBP si associa all’abuso di sostanze illecite, all’abuso di farmaci con assunzioni incongrue, con dosaggi eccessivi o, a volte, all’overdose intenzionale a scopo autolesivo.
Al contrario l’overdose di farmaci prescritti è molto
temuta dai terapeuti, ma raramente osservata in clinica. (Coid et al. 1983)
In qualsiasi contesto terapeutico ed ambientale, il trattamento farmacologico deve essere
somministrato nell’ambito di un corretto e forte rapporto medico - paziente.
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IL TRATTAMENTO DEL DBP: SIGNIFICATO E LIMITI
Ogni nostra interpretazione sulle basi etiopatogenetiche e fisiopatologiche del DBP,
ma soprattutto sul suo trattamento, deriva da
fonti non sufficientemente attendibili. (Manna et al. Ital. J. Psychopath. 2004; 10, 102-22)
Molte delle osservazioni sperimentali di trattamento farmacologico del DBP, presenti in letteratura,
derivano da trial clinici empirici e non sempre
adeguatamente strutturati e controllati. Al fine di garantire l’efficacia di un trattamento vanno opportunamente ed accuratamente valutati gli
outcome ed i tempi di osservazione clinica.
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IL TRATTAMENTO DEL DBP: SIGNIFICATO E LIMITI
Qualsiasi terapia del DBP, per le caratteristiche stesse del disturbo, dovrebbe essere tendenzialmente
somministrata per tempi lunghi, con farmaci
efficaci e sicuri.
Sulla base di quanto surriferito, le nostre conoscenze circa le risposte al trattamento farmacologico dei pazienti borderline sono ancora parziali e lacunose.
Il trattamento resta ancora orientato in senso clinico ed empirico.
Alcune direttive sono però largamente condivise da
diversi Autori. Manna et al. Ital. J. Psychopath. 2004; 10, 376-96.
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ASPETTI PRAGMATICI DEL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO
1. Un periodo di osservazione clinica, in wash out
farmacologico, e’ fondamentale per formulare una diagnosi attendibile, con un’accurata descrizione qualitativa e quantitativa dei diversi sintomi presenti.
2. Nei pazienti impulsivi ed a rischio suicidario e’ preferibile che
questa valutazione sia condotta in condizioni di ricovero.
3. Numerose osservazioni cliniche confermano che molti sintomi,
inclusi quelli depressivi gravi, potrebbero migliorare a prescindere dalla terapia attuata, parzialmente o
completamente, in 2-3 settimane di ricovero.
4. Il trattamento dovrebbe perseguire come obiettivo prioritario il
raggiungimento di un equilibrio psico - sociale del
paziente, con i farmaci e per i tempi strettamente necessari.
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MODELLI NEUROBIOLOGICI DEI DISTURBI DI PERSONALITÀ E
LORO IMPATTO NELLA FARMACOTERAPIA
La farmacoterapia dei disturbi mentali è passata,
dall’essere considerata semplicemente sintomatica e contenitiva, all’aver assunto un nuova dignità in rapporto ad un nuovo razionale d’uso dei farmaci.
Vari modelli biologici di malattia mentale come il
“psychobiological model”
di Siever e Davis (1991)
ed il
“neurobiological learning model” di Cloninger (1986-1987)
sono stati teorizzati sulla base delle evidenze scientifiche raccolte.
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MODELLI NEUROBIOLOGICI DEI DISTURBI DI PERSONALITÀ E
LORO IMPATTO NELLA FARMACOTERAPIA
Secondo questi modelli, i comportamenti pervasivi e ripetitivi,
continuati e stereotipati, tipici dei disturbi di personalità, vanno considerati alla
stregua di dimensioni psicopatologiche, funzionalmente correlate a :
1. specifici fattori neurobiologici (temperamento);
2. fattori psicologici e sociali (carattere).
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MODELLI NEUROBIOLOGICI DEI DISTURBI DI PERSONALITÀ E
LORO IMPATTO NELLA FARMACOTERAPIA
L’avvento di un’interpretazione della malattia mentale, in termini di
continuum sindromico e di spettro psicopatologico,
ha modificato l’obiettivo stesso dell’approccio farmacoterapeutico.
La terapia farmacologica, in psichiatria oggigiorno, non è più indirizzata al
trattamento della categoria nosografica
ma è orientata, più selettivamente, al
trattamento delle singole dimensioni, che caratterizzano la sintomatologia clinica del
singolo paziente.
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MODELLI NEUROBIOLOGICI DEI DISTURBI DI PERSONALITÀ E
LORO IMPATTO NELLA FARMACOTERAPIA
Nel trattamento del DBP gli obiettivi della psicofarmacoterapia sono rappresentati, perciò, dalle
dimensioni psicopatologiche e dalle
disfunzioni neuro-biologiche sottese a:
1. disturbi percettivo/cognitivi;
2. affettività instabile;
3. impulsività comportamentale; 1. ansia e sue manifestazioni.
Tali dimensioni psicopatologiche possono essere considerate tanto condizioni di
vulnerabilità di tratto quanto fattori di
scompenso psicopatologico acuto.
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MODELLI NEUROBIOLOGICI DEI DISTURBI DI PERSONALITÀ E
LORO IMPATTO NELLA FARMACOTERAPIA
Il modello psicobiologico di Siever e Davis riconduce i disturbi d’Asse I e d’Asse II ad una stessa matrice neuro-funzionale.
In quest’ottica,
le alterazioni neurobiologiche correlate:
1. all’organizzazione cognitivo-percettiva,
2. alla regolazione affettiva, 3. al controllo degli impulsi e dell’aggressività, 4. alla regolazione dell’ansia e dell’inibizione,
rappresentano
le dimensioni psicobiologiche di base.
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MODELLI NEUROBIOLOGICI DEI DISTURBI DI PERSONALITÀ E
LORO IMPATTO NELLA FARMACOTERAPIA
Nel modello psicobiologico di Siever e Davis tali dimensioni costituiscono uno spettro psicopatologico, un
continuum sindromico, ai cui estremi si
collocano
da un lato i disturbi psicopatologici più gravi, classificati nel
DSM IV in Asse I quali: schizofrenia, disturbi
dell'umore, disturbi del controllo degli impulsi e disturbi ansiosi;
dall'altro le pervasive, lievi e persistenti alterazioni sottese alle disfunzioni sociali, occupazionali ed interpersonali, proprie dei disturbi di personalità, classificate nel
DSM IV in Asse II.
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MODELLI NEUROBIOLOGICI DEI DISTURBI DI PERSONALITÀ E
LORO IMPATTO NELLA FARMACOTERAPIA
Il tono dopaminergico cerebrale sembra modulare
funzionalmente la dimensione cognitivo/percettiva,
che delinea un continuum tra i disturbi psicotici e i disturbi
patogeneticamente correlati, sottesi alle alterazioni dell’information processing, presenti nei disturbi di personalità del Cluster A, soprattutto nei disturbi schizoide e schizotipico.
La dimensione impulsività/aggressività sembra
essere funzionalmente correlata ad una riduzione del tono serotoninergico cerebrale.
Tale dimensione può esprimersi come tratto di personalità, con
comportamenti impulsivi, in particolare del DBP e negli altri disturbi del
Cluster B o come disturbo del controllo degli impulsi, quando appare maggiormente rilevante sul piano psicopatologico.
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MODELLI NEUROBIOLOGICI DEI DISTURBI DI PERSONALITÀ E
LORO IMPATTO NELLA FARMACOTERAPIA
L'instabilità affettiva sembra essere correlata al tono serotoninergico, colinergico e noradrenergico cerebrale.
Tale instabilità rappresenta la dimensione psicopatologica, che caratterizza i disturbi affettivi maggiori (DSM IV - Asse I), ma anche alcuni disturbi di personalità, in particolare il DBP e quell’istrionico (DSM IV - Asse II).
La dimensione ansia/inibizione è funzionalmente
connessa alle attività modulate dal
GABA e dalla Noradrenalina. Tale dimensione connota i disturbi d'ansia (DSM IV - Asse l), ma anche
alcuni disturbi di personalità, in particolare i disturbi del cluster C (DSM
IV - Asse II).
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MODELLI NEUROBIOLOGICI DEI DISTURBI DI PERSONALITÀ E
LORO IMPATTO NELLA FARMACOTERAPIA
La teorizzazione di Siever e Davis non manca di
una sua intrinseca persuasività, tuttavia questo modello psicobiologico è stato correttamente ed
acutamente criticato da Widiger (1992), che lo considera applicabile solo ad alcuni
disturbi di personalità, in particolare al disturbo schizotipico, paranoide e borderline, perché
non tutti i disturbi di personalità possono essere considerati aspetti di continuum spettrale, rispetto a disturbi d’Asse I.
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MODELLI NEUROBIOLOGICI DEI DISTURBI DI PERSONALITÀ E
LORO IMPATTO NELLA FARMACOTERAPIA
Il modello neurobiologico d’apprendimento,
proposto da Cloninger (1986 - 1987) è basato su
studi psicometrici e genetici, studi neurofarmacologici e
neurocomportamentali, svolti sulla popolazione generale.
Esso riconosce alla base della struttura di personalità, normale e patologica, tre fondamentali dimensioni temperamentali:
1. novelty seeking; 2. harm avoidance; 3. reward dependence.
Secondo questa prima modellistica tridimensionale, di Cloninger, ognuna di queste dimensioni sarebbe correlata, funzionalmen-te, ad un sistema neurobiologico, modulato da uno specifico neurotrasmettitore.
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MODELLI NEUROBIOLOGICI DEI DISTURBI DI PERSONALITÀ E
LORO IMPATTO NELLA FARMACOTERAPIA
La dimensione temperamentale “novelty seeking”
identifica il bisogno d’eccitamento, in risposta a nuovi stimoli o a fonti di potenziale ricompensa.
La dimensione “harm avoidance” rappresenta la
tendenza a rispondere intensamente agli stimoli avversivi, ad apprendere l’inibizione dei comportamenti, che possono indurre pericolo, ad evitare, perciò, novità, punizioni e frustrazioni.
La dimensione “reward dependence” rappresenta la
tendenza a rispondere, intensamente, agli stimoli gratificanti, ai segnali di ricompensa, ai segnali d’approvazione sociale, ritardando l’estinzione dei comportamenti, correlati alla ricompensa e/o all'evitamento della punizione.
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MODELLI NEUROBIOLOGICI DEI DISTURBI DI PERSONALITÀ E
LORO IMPATTO NELLA FARMACOTERAPIA In particolare,
• il “sistema d’attivazione comportamentale”
sarebbe sotto il controllo funzionale della dopamina, • il “sistema d’inibizione comportamentale”
sarebbe sotto il controllo funzionale della serotonina ed
• il “sistema di perseverazione comportamentale”
sotto il controllo funzionale della noradrenalina.
Le variazioni, in eccesso o in difetto, di queste dimensioni temperamentali possono configurare coerentemente diversi disturbi
di personalità, classificati secondo i criteri del DSM,
ma non si adeguano sufficientemente a questo modello il disturbo schizotipico ed il disturbo paranoide, che
Cloninger correla funzionalmente ad alterazioni dell’information processing.
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MODELLI NEUROBIOLOGICI DEI DISTURBI DI PERSONALITÀ E
LORO IMPATTO NELLA FARMACOTERAPIA
Il modello neurobiologico di Cloninger (1990) si è in seguito
arricchito con l'inclusione di una quarta dimensione
temperamentale, la perseveranza (“persistence”), in
rapporto a fatica e frustrazione, in parte estratta dalla
reward dependence (four dimensional model).
Il modello neurobiologico di Cloninger (1993) è stato
ulteriormente implementato (seven factors model) con
l’introduzione di tre dimensioni caratteriali: “self-directedness”,“cooperativeness”, “self-trascendence”.
La presenza d’alterazioni funzionali delle tre dimensioni caratteriali induce l’insorgere di un disturbo di personalità.
Infatti, le dimensioni caratteriali bassa “self-directedness” e
bassa “cooperativeness” rappresentano aspetti nucleari, di
tutti i disturbi di personalità.
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MODELLI NEUROBIOLOGICI DEI DISTURBI DI PERSONALITÀ E
LORO IMPATTO NELLA FARMACOTERAPIA DEL DBP
I soggetti con disturbi di personalità di cluster A presentano una
bassa “reward dependence” quelli con disturbi di
cluster B un alto “novelty seeking” e, quelli con
disturbi di cluster C, un’alta “harm avoidance”.
Le dimensioni temperamentali sembrano correlate e specifici neurotrasmettitori, mentre,
le dimensioni caratteriali sarebbero maggiormente correlate a specifici assetti socio-psicologici.
Ciò ha avallato, tra l’altro, anche in senso teorico, il trattamento integrato multimodale, che sostiene la complementarità fra
trattamenti psicoterapeutici e psicofarmacologici, correttamente combinati, nel trattamento dei pazienti con disturbi di personalità.
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MODELLI NEUROBIOLOGICI DEI DISTURBI DI PERSONALITÀ E
LORO IMPATTO NELLA FARMACOTERAPIA DEL DBP
Il modello psicobiologico di Siever e Davis e quello neurobiologico di Cloninger non sono sovrapponibili.
Non è possibile, in altre parole, sovrapporre le dimensioni della personalità normale, proprie del modello di Cloninger, con le dimensioni psicopatologiche, proprie del modello di Siever e Davis. Sono state cercate utili correlazioni tra i due modelli, che restano
tuttora incompatibili reciprocamente. Per esempio, la dimensione ansia/inibizione del modello di Siever
e Davis, si correla con l’alta “harm avoidance” del modello di Cloninger.
La dimensione impulsività/aggressività si correla con una bassa “harm avoidance” ed un’alta “novelty seeking”.
La dimensione instabilità affettiva sembra correlarsi, significativamente, con un’alta “reward dependence”.
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MODELLI NEUROBIOLOGICI DEI DISTURBI DI PERSONALITÀ E LORO IMPATTO NELLA FARMACOTERAPIA DEL DBP
L’attuale modellistica personologica va considerata fortemente condizionata dalle nostre attuali conoscenze, in ambito neurobiologico.
Scarso rilievo è dato, in questi modelli, al ruolo svolto
dalla neuromodulazione peptidergica cerebrale(CRH, galanina, somatostatina, CCK,
endorfine) nel determinismo biologico dei tratti di personalità. (Corrigan et al, 2000)
E’ verosimile che alterazioni funzionali dei meccanismi
centrali di controllo della omeostasi edonica
(disedonia) possano giocare un ruolo fondamentale
nella vulnerabilità e/o nell’insorgenza di specifici quadri psicopatologici. (Koob, 1999; Manna et al. 2003)
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LINEE GUIDA DEL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DEL DBP
La farmacoterapia, nell’ambito del trattamento dei disturbi di
personalità, può trattare: 1. la comorbidità d’Asse I; 2. il disturbo di personalità in sé, considerato alla
stregua di qualsiasi altro quadro clinico, identificato sul piano categoriale;
3. la vulnerabilità di tratto o i clusters di sintomi
nucleari. (Glitlin, 1993)
Storicamente, la farmacoterapia è passata dal
• trattare i soli disturbi d’Asse I, • al trattare i disturbi di personalità, in quanto tali,
• al riconoscere come obiettivo privilegiato
del trattamento farmacologico i sintomi nucleari, espressione di specifiche dimensioni psicopatologiche.
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LINEE GUIDA DEL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DEL DBP
In realtà le dimensioni psicopatologiche restano per loro natura
complesse, derivando dall’interazione di vari fattori neurobiologici, temperamentali e di spettro, che coinvolgono molteplici meccanismi fisiopatologici.
Il razionale del trattamento farmacologico del DBP, oggigiorno, da
sempre più clinici, è cercato nelle basi neurobiologiche sottese
alle dimensioni temperamentali di Cloninger e sottese
alle dimensioni psicobiologiche di spettro, del
modello di Siever e Davis.
L’obiettivo prioritario della farmacoterapia del DBP, in questa prospettiva, diventa, perciò, la
correzione funzionale del tono neurotrasmettitoriale principalmente coinvolto nella modulazione d’ogni dimensione psicopatologica.
(Soloff, 1990; Stein, 1992; Coccaro, 1993)
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LINEE GUIDA DEL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DEL DBP
Nel modello di Cloninger, per esempio, l'impulsività può
correlarsi sia ad un'alta “novelty seeking”, sia ad una bassa
“harm avoidance”, con correlati funzionali neurobiologici
NON necessariamente sovrapponibili, nei due casi.
Nel modello di Siever e Davis, per esempio, i comportamenti
di rabbia e di ostilità, ma anche il comportamento impulsivo,
possono essere funzionalmente correlati sia ai meccanismi
che regolano il controllo affettivo, sia ai meccanismi che
regolano il controllo cognitivo-percettivo.
Alla base delle diverse dimensioni psicopatologiche e dei
correlati sintomi nucleari, degni d’attenzione clinica, in
quanto target privilegiati della farmacoterapia, possono
esserci, diversi meccanismi fisiopatologici.
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LINEE GUIDA DEL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DEL DBP
La scelta degli obiettivi della terapia farmacologica e degli
strumenti da utilizzare razionalmente, in relazione ai più
verosimili correlati neurobiologici di fondo, resta, ancora, in
larga parte, affidata all’intuizione ed all’esperienza del
clinico.
Il trattamento farmacologico del DBP, nella prassi clinica, non può conseguire a semplicistici modelli di riferimento. Ad oggi, solo una lunga esperienza clinica ed un’adeguata
formazione specifica possono permettere di correlare un cluster sintomatologico nucleare ad un
determinato meccanismo neurobiologico di base.
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LINEE GUIDA DEL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DEL DBP
Le linee guida condivise, del trattamento farmacologico dei disturbi di personalità, indicano due obiettivi diversi ma complementari:
1. il trattamento dei disturbi d’Asse I, in comorbidità
psichiatrica;
2. il trattamento dei sintomi critici e dei clusters
sintomatologici nucleari del DBP.
Secondo alcuni autori vale anche una condizione di priorità, in
cui la rimozione dei disturbi d’Asse I è l’obiettivo principale della farmacoterapia, con l’implicita considerazione che un miglioramento del disturbo d’Asse I induce un miglioramento del disturbo di personalità, eventualmente presente.
(Cowdry, 1987; Soloff, 1989)
Dopo la remissione del disturbo d’Asse I in comorbidità, o in sua
assenza, il trattamento farmacologico trova il suo obiettivo
prioritario nella correzione dei sintomi critici e del pattern
sintomatologico, prevalente nella psicopatologia di Asse II, cioè
i “targets symptoms” o i “clusters” di sintomi.
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LINEE GUIDA DEL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DEL DBP
I “targets symptoms” o i “clusters” di sintomi sono rappresentati, nel DBP da: 1. discontrollo affettivo; 2. discontrollo impulsivo/comportamentale; 3. discontrollo percettivo/cognitivo.
(Soloff, 1990; Stein, 1992; Coccaro, 1993; Kapfhammer & Hippius, 1998)
Per ognuno di questi clusters sintomatologici sono state
proposte specifiche linee guida d’intervento farmacologico. (Coccaro, 1993; Soloff, 1998)
Sulla base di dati empirici e di ricerca, sono stati proposti
persino algoritmi, che facilitano l’aspetto decisionale, nel
trattamento farmacologico di questi clusters.
Ovviamente gli alberi decisionali proposti hanno il valore di schemi di riferimento, che vanno interpretati ed adattati al
trattamento del singolo paziente, nel rispetto delle sue
peculiarità sindromiche.
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LINEE GUIDA DEL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DEL DBP
Nel trattamento del DBP, l’aspetto decisionale riguarda,
soprattutto, la scelta dei farmaci, che va, ovviamente, effettuata dando la preferenza alle sostanze con : • provata efficacia, • rapidità d’effetto, • basso rischio d’intossicazione acuta, • basso rischio d’abuso • basso rischio di non-compliance. (Pintus & Maggini, 1995)
Sulla base d’evidenze scientifiche e cliniche, si può affermare, in sintesi estrema, che è stata dimostrata l'efficacia terapeutica di:
1. farmaci antipsicotici nel discontrollo percettivo-cognitivo;
2. farmaci IMAO, SSRI, carbamazepina, valproato e litio nel discontrollo affettivo;
3. farmaci anticonvulsivanti, SSRI e litio nella disregolazione degli impulsi, inclusi i comportamenti autolesivi e l'abuso di sostanze.
American Psychiatric Association (2001) Practice guideline for the treatment of patients with borderline personality disorder. Am. J. Psychiatry 158: 1-52.
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LINEE GUIDA PER IL TRATTAMENTO DEI SINTOMI DA DISREGOLAZIONE AFFETTIVA NEI PAZIENTI AFFETTI DA DBP
Modificata da A.P.A. (2001) Am. J. Psychiatry 158: 1-52.
CLASSE
FARMACOLOGICA
FARMACO
SPECIFICO
SINTOMI TARGET
S.S.R.I.
Antidepressivi
Fluoxetina,
sertralina, venlafaxina
Umore depresso,
labilità dell’umore,
sensibilità al rifiuto,
ansia
I.M.A.O.
Fenelzina,
Tranilcipromina
Reattività dell’umore,
disforia isteroide,
depressione atipica
Stabilizzatori
dell’umore
Litio, carbamazepina,
valproato
Labilità dell’umore,
oscillazioni timiche,
tentativi di suicidio
Benzodiazepine Clonazepam,
alprazolam
Ansia, agitazione
psicomotoria
Quale farmacoterapia per la psicopatologia borderline ? Vincenzo MANNA
Dipartimento Salute Mentale – Azienda USL ROMA H
CLASSE
FARMACOLOGICA
FARMACO SPECIFICO
SINTOMI TARGET
S.S.R.I. Fluoxetina,
sertralina
Irritabilità, aggressività
rabbia, impulsività
I.M.A.O.
Fenelzina,
Tranilcipromina
Impulsività in disforia
isteroide, irritabilità,
rabbia
Stabilizzatori dell’umore Litio, carbamazepina,
valproato
Impulsività, aggressività
Antipsicotici
atipici
Clozapina, quetiapina,
olanzapina, risperidone
Psicoticismo,
autolesionismo
Neurolettici Aloperidolo Ostilità, rabbia acuta,
aggressività
LINEE GUIDA PER IL TRATTAMENTO DEI SINTOMI DA DISCONTROLLO DEGLI IMPULSI NEI PAZIENTI AFFETTI DA DBP
Modificata da A.P.A. (2001) Am. J. Psychiatry 158: 1-52.
Quale farmacoterapia per la psicopatologia borderline ? Vincenzo MANNA
Dipartimento Salute Mentale – Azienda USL ROMA H
CLASSE
FARMACOLOGICA
FARMACO
SPECIFICO
SINTOMI
TARGET
Neurolettici (bassa dose)
Aloperidolo,
fenotiazine,
tioxanteni
Disturbi formali e/o di
contenuto del pensiero,
idee prevalenti di
riferimento, deliri
persecutori, impulsività
Antipsicotici
atipici
Clozapina,
quetiapina,
olanzapina,
risperidone
Disturbi formali e/o di
contenuto del pensiero,
idee prevalenti di
riferimento, deliri
persecutori,
psicoticismo.
LINEE GUIDA PER IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI COGNITIVO-PERCETTIVI NEI PAZIENTI AFFETTI DA DBP
Modificata da A.P.A. (2001) Am. J. Psychiatry 158: 1-52.