FISIOLOGIA
SISTEMA NERVOSO E MUSCOLARE
Il sistema nervoso centrale comprende encefalo e midollo spinale, è responsabile delle risposte brevi e
precise. Risiedono funzioni importanti come memoria, apprendimento e intelligenza ed è la parte dove
avviene l’elaborazione delle informazioni. Sono coinvolti diversi recettori: recettori di senso (olfatto ecc),
sensitivi somatici (che controllano muscoli e articolazioni), e sistemi sensitivi viscerali (i vari apparati).
Queste sensazioni arrivano al sistema nervoso centrale e vengono elaborate, dopo di che viene attivato il
sistema nervoso somatico che controlla con risposte efferenti la muscolatura scheletrica e il sistema
nervoso autonomo grazie alle funzioni simpatico e parasimpatico che controllano il cuore e le ghiandole. Il
sistema centrale elabora le funzioni autonome e le risposte motorie ed è responsabile di memoria e
intelligenza. Il sistema nervoso periferico è quello delle funzioni sensoriali e è responsabile dell’ avvio in
periferia dei comandi di tipo motorio. Ci sono tre tipi di neuroni principali: neuroni sensitivi (tattili), neuroni
associativi che elaborano le informazioni sensoriali e mandano delle vie efferenti ai neuroni motori che
rispondono con i muscoli.
Un neurone è formato da un soma (corpo cellulare), da un monticolo assonico da cui parte un segnale
bioelettrico, un guaina di strato isolante, da un unico assone che si ramifica in zone specializzate dette
bottoni sinaptici. Quindi il neurone ha un corpo cellulare, dei prolungamenti citoplasmatici di due tipi, i
dendriti, brevi e numerosi, che ricevono informazioni, e gli assoni, che trasmettono le informazioni e
terminano ramificandosi in molti filamenti diretti all’apice di un bottone sinaptico. Entrambi i sistemi
nervosi hanno la glia, detta neuroglia, composta da cellule che hanno una funzione di supporto rispetto a
quella dei neuroni e , nel sistema nervoso periferico ci sono le cellule di Schwann, che hanno come
funzione la mielinizzazione degli assoni periferici, ossia la deposizione di uno strato di mielina che ha una
funzione isolante elettrico, e partecipano ai processi di riparazione in seguito ai danni. Nel sistema nervoso
centrale, gli oligodendrociti si occupano della mielinizzazione degli assoni e forniscono un’impalcatura
strutturale, gli astrociti sono responsabili del mantenimento della barriera emato-encefalica, forniscono un
supporto strutturale e sono responsabili del mantenimento di alcuni ioni, come gli ioni potassio, e la
microglia ha funzione di difesa da agenti patogeni poiché può avere azione di fagocitosi degli agenti esterni
e patogeni.
Nel sistema nervoso periferico è responsabile della mielinizzazione la cellula di Schwann le cui membrane
plasmatiche avvolgono l’assone periferico formando più strati isolanti attorno all’ assone periferico
rivestendolo di una guaina lipidica, formata da fosfolipidi. L’oligodendrocita invece nel sistema nervoso
centrale avvolge più assoni con strati concentrici di mielina isolandoli elettricamente. La membrana
cellulare è formata da un doppio strato di tessuto fosfolipidico e da molte proteine, le quali possono essere
enzimi o recettori i quali una volta attivati cambiano forma e possono essere responsabili del passaggio
selettivo di alcuni ioni; questo passaggio è dovuto da variazioni di voltaggio (in questo caso si parla di canali
voltaggio dipendenti), grazie all’ attivazione da parte di neurotrasmettitori (agenti chimici), o grazie a
stimoli fisici (come stiramenti o presenza di fotoni).
Si distinguono canali ionici di membrana in canale ligando dipendente e canale voltaggio dipendente. Nei
primi le proteine vengono attivate da neurotrasmettori e cambiano conformazione (lo ione entra nella
cellula); i secondi attivati da variazioni elettriche si aprono e fanno entrare gli ioni. In entrambi i casi le
proteine sono responsabili di cambiamenti di permeabilità generando movimenti ionici attraverso la
membrana.
I neuroni comunicano attraverso segnali bioelettrici, ossia variazioni potenziali di membrana: attraverso
una membrana uno ione può muoversi secondo il suo gradiente di concentrazione (movimenti secondo
gradiente) o secondo potenziale di membrana (ossia la diversa distribuzione di ioni positivi e negativi ai due
lati della membrana). La somma tra forza chimica (prima) e tra forza elettrica (seconda), è detta forza
elettrochimica.
Il potenziale di membrana a risposo a -70millivolt dipende da alcuni fattori: il sodio e più concentrato
all’esterno e tenderà ad entrare, il potassio il contrario quindi tende ad uscire, inoltre all’interno di una
cellula ci sono degli anioni inorganici di grandi dimensioni che accumulandosi all’ interno della cellula danno
una valenza negativa, inoltre gli ioni sodio tendono di più ad uscire rispetto a quelli che riescono ad entrare,
quindi la membrana plasmatica e più permeabile al potassio che al sodio, ed escono più ioni potassio di
quanti ioni sodio entrano sottraendo quindi più cariche positive. Ciò permette un potenziale di membrana a
riposo di -70 millivolt cioè negativo per la presenza di anioni inorganici e per le tendenza del potassio ad
uscire. Il potenziale di riposo quando varia può dare origine ad un potenziale d’azione che viaggia lungo
l’assone ed è responsabile della comunicazione elettrica e chimica tra un neurone a un altro. I neuroni sono
cellule eccitabili, cioè capaci di produrre rapide ed ampie variazione del potenziale di membrana, anche le
cellule muscolari sono eccitabili, ossia in grado di produrre potenziali graduati e dare origine a potenziali
d’azione. Un potenziale locale è una variazione di potenziale di membrana verso valori positivi; esso
esercita i suoi effetti solo a breve distanza dal punto di origine. Un potenziale d’azione avviene solo nelle
cellule eccitabili, ed è una variazione rapida del potenziale di membrana, dovuta a modificazione della
permeabilità della membrana conseguenti all’apertura e chiusura dei canali voltaggio dipendenti; esso
permette il passaggio di segnale da un neurone a un altro e permette il rilascio di un neurotrasmettitore da
parte di una cellula presinaptica, il quale si lega ad una cellula post sinaptica causando una variazione di
potenziale che può diventare anch’essa un potenziale d’azione.
Differenze tra potenziale locale e d’azione: il primo dipende dall’intensità dello stimolo, è reversibile, è
incrementale e decrementale, il secondo è molto rapido (un millisecondo) è irreversibile ,si auto propaga e
non è decrementale, si apre il canale voltaggio dipendente del sodio, e si chiude, si apre quello del potassio
che riporta i valori di riposo a valori di -70millivolt; ha un periodo refrattario assoluto, quando sono aperti i
canali del sodio in cui non può ricevere altri stimoli, e un periodo refrattario relativo, in cui i canali del
potassio sono aperti e può partire un altro potenziale d’azione successivo. Il potenziale d’azione si
trasmette all’interno di neuroni in cui una fibra mielinica rende minima la dispersione ionica attraverso la
membrana neuronale, le cui fibre di mielina sono intervallate da punti detti nodi di Ranvier, in cui non c’è la
mielina e la corrente fluisce da un nodo di Ranvier al successivo, ossia viaggia in modo saltatorio, senza
viaggiare negli strati isolati dalla mielina.
TRASMISSIONE SINAPTICA
La trasmissione sinaptica è il processo con cui le cellule nervose comunicano tra loro. Ci sono due tipi di
sinapsi: sinapsi chimiche, nella quale viene rilasciato un neurotrasmettitore (glutammato, acetilcolina)
presinaptico che si lega a un ricettore di membrana post sinaptica; elettrica, in cui la trasmissione è
elettrica e c’è continuità fisica ed elettrica tra le due cellule.
Il neurotrasmettitore è immagazzinato nelle presinapsi in vescicole secretorie, quando arriva il potenziale
d’azione lungo l’assone si aprono dei canali voltaggio dipendenti, il calcio al livello presinaptico aumenta e
fa fondere le vescicole contenenti il neurotrasmettitore con la membrana presinaptica. Le vescicole
rilasciano il neurotrasmettitore per esocitosi, ed esso si lega a dei recettori nel recettore post sinaptico.
Dopo di che il neurotrasmettitore viene degradato da specifici enzimi. I neurotrasmettitori posso indurre
una risposta eccitatoria (glutammato), o inibitoria (glicina, GABA). I primi inducono una risposta che
depolarizza la membrana post sinaptica avvicinandola al valore soglia per scatenare il potenziale d’azione
nel neurone post sinaptico (verso valori positivi). Nei secondi c’è un’ iperpolarizzazione del valore della
membrana post sinaptica, allontanandola dal valore soglia, ossia inducendo una variazione del potenziale di
membrana più negativo.
SISTEMA MUSCOLARE
Il muscolo striato è il muscolo scheletrico e cardiaco, il primo è volontario e il secondo e involontario e il
muscolo non striato è liscio e involontario. Lo scheletrico è organizzato in fibre muscolari, ossia le cellule
muscolari la cui lunghezza determina l’escursione del muscolo, la dimensione e il numero la forza di
contrazione; la fibra muscolare è organizzata in fascicoli, più fascicoli sono intervallati da tessuto connettivo
(perimisio) e rivestiti da una guaina fibrosa (epimisio); la fibra muscolare è formata da miofibrille, che a loro
volta sono formate da filamenti spessi e sottili di due proteine (miosina e actina), al livello ultrastrutturale
l’unità contrattile del muscolo è il sarcomero, formato da sovrapposizioni di miosina e actina.
La miosina forma delle eliche spesse con delle teste che sono in grado di legare ATP e sono in grado di
legare l’actina (il filamento sottile). L’actina forma filamenti sottili insieme alla troponina e alla
tropomiosina.
ACCOPPIAMENTO ECCITAZIONE CONTRAZIONE
I filamenti scorrono l’uno sull’ altro: il filamento spesso di miosina si lega all’actina spingendo i filamenti
sottili di actina verso l’interno del sarcomero, inducendo la contrazione scheletrica e l’accorciamento del
sarcomero. Ciò è dovuto al fatto che i filamenti di miosina si attaccano all’actina formando dei ponti
trasversi sui filamenti di questa che scorre verso l’interno del sarcomero che così si accorcia e si contrae. Si
parla così di ciclo dei ponti trasversi: la miosina si fissa all’actina, la testa di miosina ha attività atpasica, si
libera fosforo e si libera successivamente ADP; nel momento in cui si forma il ponte trasverso il filamento di
actina viene spinto lungo il filamento del sarcomero, a questo punto si libera ATP, e se non c’è più ATP il
filamento resta legato al filamento di actina; quando si lega una nuova molecola di ATP alla testa di
miosina, ricomincia il ciclo in cui la testa di miosina forma il ponte trasverso e tutto il processo. Senza ATP
questo processo NON può avvenire.
La trasmissione sinaptica che avviene al livello di muscolo striato si chiama sinapsi neuromuscolare. Il
potenziale d’azione della placca motrice causa un aumento del calcio al livello presinaptico il quale entra
nei canali voltaggio-dipendenti attivati dall’arrivo del potenziale d’azione, la vescicola fonde e si libera
l’acetilcolina, che, passando attraverso il tubulo T, un’invaginazione del reticolo sarcoplasmatico al livello
del muscolo si lega ai recettori postsinaptici sulla fibra muscolare aumentando il rilascio di calcio nella
cellula muscolare, entra sodio, e da qui una variazione del potenziale locale indotta dall’entrata sodio e si
forma una depolarizzazione detta potenziale di placca, ciò attiva i canali del sodio voltaggio dipendenti e si
forma il potenziale d’azione sulla fibra muscolare. Una volta che il calcio viene riassorbito dal reticolo la
contrazione termina. Senza calcio il legame tra actina e miosina è bloccato.
CONTRAZIONE
Per unità motoria si intende un singolo motoneurone che innerva più fibre muscolari. Più il movimento è
fine meno sono le fibre muscolari innervate (occhio), più il movimento è grossolano più sono le fibre
muscolari innervate da un motoneurone (bicipite). La forza muscolare è quella generata da un muscolo, e
dipende da due fattori, il numero di fibre muscolari che si contraggono, e dalla forza sviluppata dalle singole
fibre muscolari (ponti trasversi attivi). Un riflesso è una risposta rapida e automatica a stimoli sensoriali
specifici, questo agisce sulla superficie corporea e all’ interno dell‘organismo, i riflessi possono essere innati
o condizionati, monosinaptici se coinvolgono solo due neuroni e una sinapsi e polisinaptici se coinvolgono
più neuroni e più sinapsi; i riflessi sono schematizzati da un centro di controllo che riceve segnali da sensori,
i sensori rivelano variazioni di una variabile regolata, gli effettori ricevono segnali dal centro di controllo e
mettono in atto la risposta finale; ci sono riflessi spinali, in cui la reazione è al livello del midollo spinale
(riflesso patellare del ginocchio), riflessi cranici, ossia con coinvolgimento del cervello (vomito tosse) e
riflessi periferici (peristalsi).
L’arco riflesso è: stimolo > recettore sensoriale > neurone afferente > centro di integrazione > neurone
efferente > organo effettore > risposta.
In un riflesso il neurone sensoriale dalla periferia arriva alla radice dorsale, sale nel midollo spinale, qui
avviene la trasmissione sinaptica col corpo cellulare di un neurone motorio che fuoriesce dalla radice
ventrale del midollo spinale.
Nell’arco riflesso arriva lo stimolo, si attiva un neurone sensitivo, che arriva alla radice posteriore,
l’informazione viene elaborata dal sistema nervoso centrale, c’è l’attivazione del moto neurone, da qui
viene coinvolto l’organo effettore che da una risposta.
SISTEMA NERVOSO AUTONOMO
È involontario e formato da due sezioni, sistema simpatico e parasimpatico: il primo tiene “sveglio” tutto
l’organismo, e l’attivazione di questo sistema induce l’aumento della ventilazione polmonare, un aumento
del battito cardiaco; l’attivazione del secondo rallenta tutte le funzioni, pertanto una diminuzione della
ventilazione e un rallentamento del battito cardiaco.
Il simpatico coinvolge la regione toraco-lombare del midollo spinale ed ha fibre brevi, le cui pregangliari
sono sempre colinergiche e le postgangliari principalmente adrenergiche dove ci sono i corpi cellulari di
neuroni che fanno sinapsi: neuroni pregangliari, e neuroni post gangliari. I primi nascono dalla regione
toraco lombare del midollo spinale, fanno sinapsi nella catena gangliare simpatica che scorre
parallelamente alla colonna vertebrale, qui fanno sinapsi con altri neuroni che possono a loro volta fare
altre sinapsi all’interno di gangli o fanno sinapsi con neuroni post sinaptici, che regolano l’attività cardiaca e
polmonare. Aumenta la pressione sanguigna e l’apporto ematico ai muscoli, e diminuisce la motilità
intestinale e l’apporto ematico all’intestino.
Il parasimpatico coinvolge la regione cervicale e sacrale ed ha fibre di solito lunghe, le cui sia pregangliari
sia post gangliari sono sempre colinergiche questo fa sinapsi in gangli specializzati o direttamente sugli
organi e settori. Diminuisce la pressione sanguigna e l’apporto ematico ai muscoli, aumenta la motilità
intestinale e l’apporto ematico intestinale.
Nel sistema nervoso autonomo il neurone pregangliare rilascia acetilcolina (parasimpatico), il neurone post
gangliare rilascia noradrenaline e adrenalina (simpatico).
FISIOLOGIA CARDIOVASCOLARE
IL CUORE
Il sangue è responsabile del trasporto di gas, nutrienti, ormoni e rifiuti metabolici; regola la composizione
ionica dei liquidi interstiziali; protegge da lesioni ed emorragie; è una difesa contro le infezioni da organismi
esterni; infine stabilizza la temperatura corporea. È composto per il 55% da plasma e per il 45% da elementi
corpuscolati, ossia gli eritrociti che compongono l’ematocrito e i leucociti (globuli bianchi e piastrine). In un
millimetro cubo di sangue vi sono 5 milioni di globuli rossi, 7000 globuli bianchi e 200.000 piastrine.
Il sistema cardiovascolare è responsabile dell’adeguato trasporto del sangue. Nel cuore ci sono 4 camere,
due atri e due ventricoli (atrio destro atrio sinistro ventricolo destro ventricolo sinistro). Si parla di
circolazione polmonare quando vi è lo scambio di ossigeno e anidride carbonica fra il sangue e l’aria
alveolare; il sangue ricco di anidride carbonica passa dai polmoni attraverso le vene polmonari all’atrio
sinistro del cuore, poi nel ventricolo sinistro e grazie all’arteria aorta viene pompato a tutti i tessuti dove
cede ossigeno e riacquista anidride carbonica. Si parla di circolazione sistemica quando il cuore rifornisce i
tessuti del corpo dove avviene lo scambio di nutrienti e di prodotti del metabolismo; il sangue perde
ossigeno e si arricchisce di anidride carbonica e risale verso il cuore (ritorno venoso), verso la parte destra
del cuore attraverso le vene cave, passando nell’atrio destro arriva nel ventricolo destro dal quale viene
spinto nei polmoni attraverso le arterie polmonari.
Il cuore è contenuto da un sacco pericardico in cui si distingue la parte più esterna e fibrosa da uno strato
sieroso; il sacco pericardico è connesso allo sterno e al tessuto mediastìnico; vi è poi una parte più interna
detta epicardio, un endocardio, la membrana che riveste atri, ventricoli e valvole dal tessuto muscolare, il
miocardio. Il sangue deossigenato arriva all’atrio destro, separato dalla valvola atrioventricolare destra dal
ventricolo, dove poi passa il sangue, dopo di che la valvola semilunare polmonare spinge il sangue povero
di ossigeno attraverso l’arteria polmonare destra e sinistra, così arriva ai polmoni, rientra attraverso la vena
polmonare destra e sinistra nell’atrio sinistro, passa nel ventricolo sinistro grazie alla valvola
atrioventricolare sinistra, da qui viene spinto all’interno dell’aorta dove passa grazie alla valvola semilunare
aortica.
La circolazione polmonare può essere considerata in serie, ossia tutto il sangue dal ventricolo destro
attraverso l’arteria polmonare va ai polmoni e rientra nell’atrio sinistro; tutto il sangue dal cuore fluisce
attraverso i polmoni e dai polmoni arriva al cuore. La circolazione sistemica è una circolazione in parallelo,
ossia solo una parte del sangue fluisce in un determinato organo; dal ventricolo sinistro grazie all’aorta il
sangue fluisce ai muscoli, ai reni al sistema gastrointestinale, all’encefalo e agli altri organi.
Le valvole cardiache posizionate tra atri e ventricoli sono le valvole atrioventricolari, sono formate da tre
lembi, dette cuspidi (valvola atrioventricolare destra), o da due lembi, dette mitrali (valvola
atrioventricolare sinistra). Le valvole aortiche o polmonari, sono dette valvole semilunari; esse sono situate
tra i ventricoli e le arterie maggiori (tra ventricolo sinistro e aorta, tra atrio destro e arteria polmonare). Le
valvole sono importanti perché separano le diverse camere cardiache e le camera cardiache dalle arterie.
Esse sono collegate con delle corde tendinee ai muscoli papillari all’interno dei ventricoli. La loro azione è
legata a una variazione di pressione: quando la pressione è maggiore dietro la valvola essa si apre, quando
la pressione è maggiore davanti alla valvola essa si chiude; la valvola è unidirezionale, ossia non si apre mai
nel verso opposto. Le valvole atrioventricolari si aprono quando la pressione atriale supera quella
ventricolare; le valvole aortica e polmonare si aprono quando la pressione ventricolare supera quella
atriale.
Il battito cardiaco è un’onda di contrazione in maniera ordinata e coordinata: prima si contraggono gli atri e
successivamente i ventricoli. Il muscolo cardiaco è organizzato in fibrocellule separate da dischi intercalari,
che contengono due tipi di giunzioni specializzate, i desmosomi, delle giunzioni di tipo meccanico, che
tengono unite le cellule, e le giunzioni comunicanti, che permettono ai potenziali d’azione di propagarsi tra
le cellule in modo rapido, cioè permettono al miocardio di funzionare come un sincizio funzionale (uno per
ogni camera cardiaca); inoltre il muscolo cardiaco è ricco di mitocondri perché è un tessuto ad alto
metabolismo. Ciò che permette la contrazione sequenziale e coordinata del cuore oltre ai dischi intercalari
è un efficace sistema di conduzione; nel cuore il 99% delle cellule muscolari sono cellule contrattili, le quali
compiono il lavoro meccanico di pompaggio, e l’1% è costituito da cellule autoritmiche, ossia delle cellule
specializzate per generare e condurre i potenziali d’azione responsabili della contrazione delle cellule
contrattili. Il sistema di conduzione del cuore consiste in: il battito cardiaco nasce nel nodo senoatriale,
situato nell’atrio destro, dove ci sono delle cellule specializzate, dette cellule peacemaker che in modo
autonomo danno origine a potenziali d’azione, il sistema di conduzione consiste poi nelle vie internodali
che connettono il nodo senoatriale al nodo atrioventricolare, quest’ultimo è situato nella parte destra del
cuore e si divide nel ramo sinistro e ramo destro del fascio di His, all’apice del cuore questo sistema di
conduzione si ramifica nelle fibre di Purkinje che poi eccitano dall’apice del cuore tutta la parte
ventricolare. Nel momento in cui i potenziali d’azione vanno al nodo atrioventricolare c’è un rallentamento
della conduzione, che permette la fine della contrazione degli atri prima che inizi quella dei ventricoli, i
potenziali d’azione viaggiano poi rapidamente attraverso i fasci di His destro e sinistro fino all’apice del
cuore, dal quale si diffondono verso l’alto verso il muscolo ventricolare, alla fine il cuore ritorna in uno stato
di riposo finche un altro potenziale d’azione si rigenera dal nodo senoatriale. La propagazione
dell’eccitazione cardiaca dal nodo senoatriale a tutto il cuore è coordinata per assicurare un pompaggio
efficiente, e devono essere soddisfatti tre criteri: 1. L’eccitazione e la contrazione atriale devono essere
complete prima che inizi la contrazione ventricolare; 2. L’eccitazione delle fibre muscolari cardiache deve
essere coordinata per assicurare che ogni camera cardiaca sia contratta come un tutt’uno per pompare
efficacemente (una contrazione omogenea e coordinata è necessaria per l’espulsione del sangue, quando
non avviene si parla di fibrillazione); 3. I due atri (e i due ventricoli) devono essere funzionalmente
coordinati per far contrarre ogni coppia simultaneamente (sangue pompato simultaneamente nelle 2
circolazioni).
Il potenziale d’azione nelle cellule contrattili è diverso da quello che avviene nelle cellule peacemaker:
queste cellule hanno un potenziale di riposo di circa -90 millivolt, la fase ascendente del potenziale d’azione
è dovuto ad un afflusso di sodio nei canali voltaggio dipendenti del sodio; si genera poi una fase di plateau,
(un periodo lungo di 250 millisecondi in cui non è possibile rieccitare la cellula, e ciò impedisce che il cuore
vada incontro a tetano muscolare, ossia la sommazione di potenziali di azione) in cui c’è un afflusso lento di
calcio, attraverso canali del calcio voltaggio dipendenti; ciò permette la contrazione del muscolo cardiaco
perché c’è aumento del calcio indotto dal calcio intracellulare attraverso le cellule cardiache che sviluppa la
contrazione liberando i siti di attacco della miosina sull’actina; nella fase di ripolarizzazione c’è un afflusso
rapido di potassio attraverso i canali voltaggio dipendenti del potassio, diminuisce la permeabilità al calcio e
fuoriesce potassio.
L’attività elettrica globale che passa attraverso il cuore è rilevabile applicando degli elettrodi su polso
destro, polso sinistro, caviglia destra e caviglia sinistra. Si parla di derivazione quando si misura la differenza
di potenziale tra elettrodo positivo ed elettrodo negativo; si ha quindi derivazione tra braccio destro e
braccio sinistro (derivazione 1), la derivazione tra braccio destro e gamba sinistra (derivazione 2) e la
derivazione tra braccio sinistro e gamba sinistra (derivazione tre). In un ECG l’onda P definisce l’inizio della
depolarizzazione atriale, inizia poi la depolarizzazione ventricolare con l’onda QRS, contemporaneamente
gli atri si ripolarizzano; l’onda T descrive infine la ripolarizzazione ventricolare dove questa finisce.
Anomalie dell’ECG sono utili per diagnosticare problemi al cuore.
Un individuo a riposo a ha un ciclo cardiaco di 0.8 secondi e 75bpm; un ciclo cardiaco è l’insieme degli
eventi associati con il flusso di sangue attraverso il cuore durante un singolo battito cardiaco. È formato da
una sistole, ossia la fase di contrazione del muscolo cardiaco (dura 0.3 secondi) e da una diastole, le fase di
rilasciamento (0.5 secondi). Nella diastole ventricolare i ventricoli si riempiono passivamente, si
contraggono gli atri, che sono responsabili dell’immissione di sangue nei ventricoli che sono rilasciati;
termina la sistole atriale e inizia la diastole atriale: la contrazione ventricolare chiude le valvole
atrioventricolari, ma non sviluppa una pressione sufficiente per aprire le valvole semilunari, pertanto i
ventricoli non eiettano ancora sangue nelle arterie; nella seconda fase della sistole ventricolare i ventricoli
si contraggono, la pressione ventricolare sale a tal punto che supera quella delle arterie, le valvole
semilunari si aprono ed il sangue entra nell’arteria polmonare e nell’arteria aortica; nella diastole
ventricolare il ventricolo si rilascia, e le valvole semilunari si chiudono, il sangue rientra cosi negli atri che
sono rilasciati e ricomincia il ciclo.
In un ciclo cardiaco il ventricolo pompa 70 millilitri ad ogni sistole all’interno delle arterie, e questa è la
gittata sistolica. La gittata cardiaca è la quantità di sangue che il cuore pompa nell’unità di tempo (in un
minuto quanto sangue tutto il cuore pompa, ed è circa 5 l/min; gittata sistolica x frequenza); è regolata da
fattori nervosi, da ormoni e da quanto sangue ritorna al cuore.
Le fibre simpatiche rilasciano adrenalina e provocano un aumento sia della gittata cardiaca sia della
contrazione. Le fibre parasimpatiche rilasciano acetilcolina e inducono una diminuzione sia della gittata che
della frequenza cardiaca.
LA CIRCOLAZIONE SANGUIGNA
Il sistema cardiovascolare è necessario per l’apporto di sangue e nutrienti agli organi che subisce una
regolazione indipendente del flusso ematico nei vari organi. 21% del sangue va al sistema digerente, 20% ai
reni, 13% all’encefalo ecc… Il flusso di fluido in un vaso è il volume di liquido che fluisce attraverso una
sezione trasversale del vaso nell’unità di tempo. Ciò non dipende dalla pressione ma dalla differenza di
pressione tra le due estremità e dalla resistenza al flusso. Il flusso di un fluido è dato da DP/R. Maggiore è il
gradiente di pressione, maggiore è la pressione, maggiore è la resistenza, minore è il flusso. Se la differenza
di pressione tra un punto e l’altro è zero il flusso è zero.
Il flusso ematico è il volume di sangue (portata circolatoria nel vaso) che fluisce attraverso una sezione
trasversale del vaso nell’unità di tempo; il gradiente di pressione è la forza principale che genera il flusso. La
pressione aortica media e di circa 85 mmHg nella parte sinistra del cuore e una pressione venosa nella
parte destra del cuore molto vicina allo zero. C’è quindi una differenza di pressione di circa 85 mmHg. C’è
una forte diminuzione di pressione nei circoli sistemico e polmonare: c’è un picco di pressione nell’aorta o
nell’arteria polmonare, poi scende drasticamente al livello delle arteriole, dei capillari, delle venule e al
livello delle vene cave è presso lo zero.
Per resistenza si intende la difficoltà di un fluido a muoversi attraverso un tubo. Più la resistenza è bassa più
il fluido fluisce; essa dipende dalla viscosità del fluido, e maggiore è la viscosità di un fluido, maggiore sarà
la resistenza. La resistenza dipende dal raggio del vaso, ossia minore è il raggio del vaso, maggiore è la
resistenza al flusso. La resistenza al flusso è proporzionale a 1/r4, ciò significa che se aumenta il diametro di
un vaso del doppio, la resistenza diminuisce di 1/16. Quindi la resistenza dipende da: viscosità del fluido,
raggio del vaso, e lunghezza del vaso. Nel sistema circolatorio si parla di resistenza periferica totale o
resistenza vascolare.
Il sistema vascolare svolge diverse funzioni: assicura l’apporto di sangue ai tessuti, è flessibile e adattabile.
Converte il flusso di sangue pulsatile nelle arterie in costante nei capillari per facilitare gli scambi capillari e
assicura il ritorno di sangue al cuore. La quantità di sangue più grande passa nel sistema venoso (circa 60%).
Per sistema vascolare si intende tutto: dalla parte sinistra l’aorta, che si divide nelle arterie minori
(arteriole), quindi nei capillari, dalla parte destra del cuore le vene sistemiche, le venule, le vene, le vene
cave, l’arteria polmonare, i capillari polmonari.
Ci sono grosse differenze tra arterie e vene: le arterie sono ricche di tessuto connettivo a sua volta ricco di
elastina nella parte più esterna, la parte media, molto spessa, detta tunica media e la parte più interna
detta tunica intima; nelle vene c’è un minor strato di tessuto connettivo, con minore componente
muscolare, che le rende molto distensibili. Nel sistema arterioso si considerano aorta e grandi arterie,
arterie intermedie, arteriole, metarteriole e capillari; nel sistema venoso le venule, le vene e le vene cave.
L’aorta è un vaso di 2,5 cm, ha una parete muscolare molto elastica, è di grosso calibro ed è la via di
trasporto veloce; come le altre arterie è considerato serbatoio di pressione: hanno una componente
elastica notevole, che consente loro di sostenere la pressione di spinta tra una contrazione e l’altra;
durante la sistole le arterie si riempio di sangue e per ritorno elastico questo sangue viene pompato nelle
arteriole e poi nei capillari. Le arterie intermedie hanno 4 mm di diametro e le arteriole circa 30-40 micron;
in queste ultime il tessuto muscolare è predominante, se le arterie fungono da serbatoio di pressione le
arteriole sono i vasi di resistenza ( hanno molta resistenza al flusso) ed hanno il compito di convertire il
flusso pulsatile in flusso costante ed hanno funzione di distribuzione di sangue.
Per resistenza periferica totale si intende la resistenza del sistema venoso più la resistenza del sistema
arterioso. Si parla di vasocostrizione quando c’è un aumento del muscolo liscio circolare che provoca un
aumento della resistenza e una diminuzione della portata circolatoria nel vaso; vasodilatazione diminuisce
la contrazione del muscolo e ciò causa una diminuzione della resistenza e un aumento della portata
circolatoria nel vaso. C’è sempre un tono vasomotore, ossia uno stato di parziale contrazione della
muscolatura liscia dovuto alla continua scarica delle fibre nervose simpatiche.
I capillari coprono una superficie di circa 600m2 e sono del calibro di pochi micron e sono i vasi di scambio.
Il microcircolo è formato dalle arteriole, dalle metarteriole e dei capillari; questo ha una sezione trasversa
1300 volte quella dell’aorta, e la velocità di flusso è molto minore. Nei capillari c’è scambio sia di liquido tra
sangue e liquido interstiziale, sia altre sostanze; ci sono due tipi di passaggio che fanno parte dello scambio
capillare: per diffusione, ossia seguono il loro gradiente, per esempio le piccole sostanze idrosolubili
passano attraverso i pori dell’endotelio dei capillari, le sostanze liposolubili passano direttamente
attraverso le cellule endoteliali, le proteine non sono in grado di attraversare la parete dei capillari, tranne
le proteine scambiabili tramite un trasporto vescicolare simile all’esocitosi; filtrazione, che può essere un
passaggio di liquidi dal plasma all’interstizio, e si parla di ultrafiltrazione, o un flusso di liquidi all’interno dei
capillari, il riassorbimento. All’interno capillare vi è una pressione idrostatica (cala dai 37 mmHg fino ai 17
mmHg) che determina la fuoriuscita di liquido da esso (ultrafiltrazione); il riassorbimento è dovuto alla
pressione colloidosmotica (circa 25 mmHg) nel sangue, ossia all’interno del sangue la quantità di proteine
che è molto maggiore di quella che c’è all’esterno induce una pressione (colloidosmotica) che favorisce il
riassorbimento di liquidi dall’interstizio all’interno del capillare. La differenza tra la pressione idrostatica
capillare e la pressione colloidosmotica nel sangue consiste nella pressione netta di filtrazione. Nel tempi vi
è un’elevata diffusione di varie sostanze tra l’interno e l’esterno dei capillari, ma il volume del plasma e del
liquido interstiziale variano di molto poco.
Il sistema linfatico ha il compito di assorbire il liquido filtrato dall’interstizio e di farlo rientrare nel sistema
cardiocircolatorio: assorbe i liquidi filtrati dai capillari, li raccoglie nel sistema linfatico e lo convoglia
all’interno del sistema vascolare.
Il sistema venoso è un sistema collettore che riporta passivamente il sangue dalla rete capillare al cuor
secondo un gradiente di pressione. Le vene cave sono di 3 cm di diametro, le vene intermedie sono di circa
5 mm di diametro e 0,5 di spessore, sono caratterizzate da un tessuto muscolare molto ridotto e da
complianza, ossia possono contenere rispetto alle arterie maggior volume di sangue, sono pertanto detti
dei serbatoi di volume. Il ritorno venoso è importante per il mantenimento della gittata cardiaca
(frequenza per gittata sistolica) e conseguentemente della pressione, è dovuto alla gradiente di pressione
che si stabilisce tra le vene periferiche e l’atrio destro. All’interno delle vene esistono delle valvole che
permettono al sangue di fluire verso il cuore, e quando queste valvole sono chiuse è impossibile il reflusso
di sangue nella direzione opposta. L’apertura e la chiusura delle valvole sono permessa dalla muscolatura:
se i muscoli scheletrici sono contratti la valvola è aperta, quando il muscolo si rilascia le valvole si chiudono
e impediscono il reflusso. Il ritorno venoso è dovuto a una differenza di pressione tra le venule (12 – 18
mmHg) e le vene cave (circa 4 mmHg). Il ritorno venoso è sostenuto dalla pompa di muscolo scheletrici,
dalla pompa respiratoria e dal tono venomotore (sistsimpatico).
La pressione arteriosa è quella che vige nell’aorta e si distinguono: una pressione sistolica, e massima, ossia
una pressione massima misurata nell’arteria aorta dopo che è avvenuta la contrazione ventricolare (120
mmHg), una pressione diastolica, e minima, ossia la pressione minima misurata nell’aorta alla fine del
rilasciamento ventricolare (mmHg), una pressione differenziale, cioè la differenza tra pressione sistolica e
diastolica (120 – 80 = 40 mmHg) e una pressione arteriosa media, cioè la pressione diastolica più 1/3 della
pressione differenziale (80 + 40/3 = 93 mmHg). Dall’aorta c’è una forte caduta di pressione ma fino al livello
delle piccole arterie si forma un’oda di pressione percepibile come polso arterioso quando si va a misurare
il polso al paziente. La pressione si misura con lo sfigmomanometro, ossia si gonfia con una pressione
maggiore a quella sistolica un manicotto posto sull’arteria brachiale, viene messo sotto il manicotto uno
stetoscopio sotto il manicotto per sentire i toni per sentire i toni che danno la misura della pressione.
Quando la pressione nel manicotto è maggiore di 120 mmHg quindi superiore alla pressione arteriosa non
fluisce sangue nel vaso e non si sente niente, man mano la pressione viene rilasciata e si abbassa, fluisce
sangue in modo turbolento, il primo rumore che si ode è la pressione sistolica massima, man mano che il
manicotto si allenta il flusso diventa laminare e l’ultimo tono corrisponde alla pressione diastolica minima.
La pressione arteriosa è dovuta a un equilibrio tra flusso che entra e flusso che esce nell’arteria aorta, ma il
flusso che entra è dipendente dalla gittata cardiaca e il flusso che esce è influenzato dalla resistenza
periferica del sistema cardiovascolare. Quando si parla di pressione arteriosa media si parla di una
pressione determinata sia da una gittata cardiaca sia dalla resistenza periferica totale, si può dire quindi che
la pressione arteriosa media è proporzionale alla gittata cardiaca per la resistenza periferica totale (P art
media proporzionale e = a CG x RPT). Le pressione arteriosa dipende dal volume del vaso e dal volume e
dalla composizione del sangue (volemia). Essa è controllata dai reni e dal sistema nervoso autonomo; ci
sono dei meccanismi di controllo a breve termine che agiscono nel range di secondi e minuti e meccanismi
a lungo termine, che agiscono nel range di minuti, ore e giorni. I primi agiscono principalmente su gittata
cardiaca e resistenza periferica totale, i secondi sono dei meccanismi renali che agiscono sulla volemia e
soprattutto sulla gittata cardiaca. Se la pressione arteriosa sale nei meccanismi di regolazione a breve
termine: ci sono dei sensori di pressione (barocettori, che percepiscono lo stiramento delle arterie), che
comunicano con sistema nervoso centrale, il quale stimola l’attività del sistema nervoso autonomo (sezione
del simpatico e del parasimpatico), quindi il sistema parasimpatico viene attivato e riduce la gittata cardiaca
e il volume del miocardio e da un’azione inibente sul volume vascolare (vasodilatazione). Se la pressione
arteriosa scende viene attivato il simpatico, che aumenta la frequenza del battito cardiaco, aumenta la
contrattilità del miocardio (gittata cardiaca) e aumenta il tono basale (vasocostrizione). Questi meccanismi
sono regolati dal centro di regolazione cardiovascolare situato nel bulbo, esso attiva per via riflessa questi
meccanismi che regolano la pressione arteriosa agendo su gittata cardiaca e resistenza periferica totale. I
barocettori sono dei recettori di stiramento situati nell’arco aortico e nel seno carotideo che sono in grado
di inviare informazioni al tronco cerebrale per regolare la frequenza cardiaca, il tono vasomotore e la
gittata sistolica. Ci sono inoltre dei riflessi chemocettivi, derivanti da chemocettori in grado di percepire
variazioni di PH, ossigeno e aumento di livello di CO2 nel sangue, che sono situati nel glomi carotidei e nei
glomi aortici, e nel caso di abbassamento della pressione, essi stimolano i centri respiratori e un aumento
della frequenza cardiaca.
La risposta renale è quella a lungo termine ed è dovuta alla secrezione di renina (ormone), da cellule
granulari situate all’interno dei nefroni nell’apparato iuxtaglomerulare; se la pressione scende la risposta
renale causa una vasocostrizione o aumento del volume del contenuto, con minore secrezione di acqua e
maggiore secrezione di cloruro di sodio. Se la pressione è bassa le cellule dell’apparato iuxtaglomerulare
secernono renina, la quale è responsabile della conversione dell’angiotensinogeno (un precursore inattivo
prodotto dal fegato) in angiotensina 2, essa ha un effetto di vasocostrizione, inoltre è responsabile della
secrezione di aldosterone dalla corteccia surrenale, quest’ultimo è un ormone che causa una maggio
ritenzione di sodio, in aggiunta c’è un aumento di secrezione di antidiuretico da parte dell’ipotalamo, ciò
consente un maggior riassorbimento di acqua, che causa come effetto finale maggior ritenzione di acqua e
sodio con conseguente aumento della pressione arteriosa.
FISIOLOGIA DELLA RESPIRAZIONE
Il sistema respiratorio è un sistema raffinato nel permettere all’aria di entrare nei polmoni, consiste nel
sistema respiratorio superiore, ossia bocca, cavità nasale, faringe e laringe, e un sistema inferiore formato
da trachea, bronchi e dai polmoni, uno bilobato e uno trilobato. Ha quattro funzioni importanti: scambio
gassoso (ossigeno e anidride carbonica), regolazione del pH corporeo, protezione da agenti patogeni e
vocalizzazione. Esiste una zona di conduzione, cioè lo scambio dall’esterno ai polmoni, una zona alveolare
dove avviene lo scambio tra aria e sangue e ci sono i muscoli e ossa della gabbia toracica che partecipano
alla ventilazione (respirazione). L’atto respiratorio avviene in 4 fasi: 1 ventilazione, 2 scambio di ossigeno e
anidride carbonica tra polmoni e sangue, 3 trasporto di gas nel sangue e 4 scambio di gas tra sangue e
cellule.
I muscoli respiratori nell’ispirazione sono: il principale è il diaframma, intervengono anche gli intercostali
esterni, lo sternocleidomastoideo, gli scaleni. I muscoli per l’espirazione sono gli intercostali interni e gli
addominali; il diaframma partecipa rilassandosi. Nell’ ispirazione a riposo è sufficiente la contrazione del
diaframma, che gli permette di abbassarsi e nell’espirazione a riposo il suo rilassamento che lo fa alzare
(pertanto è detta respirazione passiva).
Molto importante è il liquido pleurico nella ventilazione (circa 0,1 – 0,2 ml/kg di peso corporeo), che è
situato tra i due foglietti pleurici che rivestono i due polmoni, il quale circonda i polmoni ed ha funzioni
importanti: permette lo scorrimento di due foglietti pleurici tenendoli umidi, mantiene i polmoni a stretto
contatto con la parete toracica.
La trachea si divide nei due bronchi, ed ogni bronco si divide altre 22 volte fino ad arrivare alla zona
respiratoria formata dagli alveoli, la cui area della superficie trasversa aumenta al livello dei bronchioli. Si
ha una zona di conduzione, composta da trachea, albero bronchiale, bronchioli e bronchioli terminali e una
zona respiratoria, composta da bronchioli respiratori, sacchi alveolari e alveoli.
Gli alveoli sono molto vascolarizzati, in quanto sono la zona in cui avviene il passaggio di gas fa fuori al
plasma. Le pareti alveolari non hanno una muscolatura, pertanto il tessuto polmonare non si contrae; gli
alveoli hanno una struttura particolare con due tipi di cellule: cellule di tipo II che producono il surfattante
e le cellule di tipo I che partecipano agli scambi gassosi. Si definisce membrana respiratoria tutto ciò che c’è
tra lo spazio alveolare e il globulo rosso: la membrana respiratoria permette il passaggio di ossigeno
dall’aria al sangue e il passaggio di anidride carbonica dal sangue venoso agli alveoli permettendo
l’espulsione dell’anidride carbonica; e spessa tra 0.1 e .15 micron, e proprio per il piccolo spessore
garantisce un passaggio rapido dei gas che vengono scambiati per diffusione semplice secondo gradiente.
La pressione al livello del mare è di circa 760 mmHg, ed è equiparata a zero per indicare la normalità. Il
sistema respiratorio è un sistema a basse pressioni: nei polmoni a riposo arriva l’intera gittata cardiaca, cioè
5 l/min dal ventricolo destro, ma la pressione dell’arteria polmonare è compresa tra 8 e 25 mmHg; ciò
significa che se, in condizioni di riposo, si è in posizione eretta il sangue non irrora in modo uniforme i
polmoni ma irrora in modo più cospicuo la base dei polmoni ed avrà maggior difficoltà a raggiungere
l’intera superficie dei polmoni, perché dovrà combattere con la forza di gravità.
La pressione totale di una miscela di gas è uguale alla somma delle singole pressioni parziali (legge di
Dalton), ad esempio nell’aria bisogna sommare, azoto, ossigeno, anidride carbonica e acqua (molto poca).
Per pressione parziale di un gas si intende la percentuale di esso nella pressione totale, ad esempio
l’ossigeno nella pressione totale dell’aria costituisce il 21%, pertanto 760 x 21% = 160 mmHg. Il gas si
muovono da aree ad alta pressione verso aree di bassa pressione. La legge di Boyle prevede che per un gas
perfetto la pressione di esso per il volume di esso è costante, ossia la pressione è inversamente
proporzionale al volume; aumentando la pressione diminuisce il volume. i cambiamenti di volume
generano gradienti di pressione e viceversa.
La ventilazione è l’atto della respirazione; l’aria che respiriamo viene scaldata a 37° per entrare nei polmoni,
viene aggiungo vapore acqueo e c’è una funzione dell’epitelio di rivestimento del sistema respiratorio che
permette di filtrare materiale estraneo; quest’epitelio di rivestimento consente grazie al movimento di
delle ciglia espellere verso la trachea particelle estranee pericolose che non devono arrivare fino alla zona
respiratoria; se questo movimento viene inibito c’è una difficoltà e le particelle estranee vengono espulse
tramite la deglutizione.
Un polmone a riposo tenderebbe a sgonfiarsi, ma la pressione che esiste tra i due foglietti pleurici lo
mantiene attaccato alla gabbia toracica (che tende ad espandersi verso l’esterno). Se un polmone viene
forato la pressione intrapleurica (sub-atmosferica) tende a diventare uguale alla pressione atmosferica e il
polmone collassa (si sgonfia).
A riposo il diaframma è rilassato, nel momento dell’ispirazione si contrare e il volume della gabbia toracica
si espande, con lo sterno che si alza e le costole che vanno verso l’esterno, come effetto finale si ha
l’aumento del volume della gabbia toracica, ciò avviene grazie a diaframma, scaleni (ispirazione),
intercostali esterni (in entrambe) e sternocleidomastoideo (ispirazione forzata). Nell’espirazione a risposo si
ha il rilasciamento del diaframma con il restringimento della gabbia toracica, nell’espirazione forzata
intervengono i muscoli intercostali interni e gli addominali.
Tra i due foglietti pleurici la pressione intrapleurica è mantenuta negativa (più bassa della pressione
atmosferica), esistono inoltre la pressione che è all’interno degli alveoli, detta alveolare, e la pressione
trans polmonare, ossia la differenza tra la pressione alveolare e quella intrapleurica. Nell’atto di
respirazione entra ed esce circa mezzo litro di aria nei polmoni; durante l’ispirazione la pressione alveolare
è negativa, diventa uguale alla pressione atmosferica alla fine dell’ispirazione, diventa positiva nella fase
espiratoria; la pressione intrapleurica è sempre più negativa nell’ispirazione, e riaumenta durante la fase
espiratoria; la pressione trans polmonare varia quindi al variare di queste.
Durante l’ispirazione i muscoli ispiratori si contraggono, la cavità toracica si espande, la pressione
intrapleurica diventa sempre più negativa, la pressione trans polmonare aumenta, i polmoni si espandono,
la pressione alveolare diventa subatmosferica (l’aria entra nei polmoni finché la pressione alveolare diventa
uguale a quella della pressione atmosferica).
Esiste anche un collassamento alveolare: essi sono dei piccoli palloncini con del liquido al loro interno che
entra a contatto con l’aria; le molecole di liquido si attraggono tra loro maggiormente che verso l’aria,
questo crea una tensione superficiale all’interfaccia aria liquido all’interno degli alveoli, essa fa in modo di
avere una pressione all’interno degli alveoli (in particolare in quelli di piccolo diametro), che secondo la
legge di Laplace fa collassare l’alveolo. Questa tensione superficiale è inversamente proporzionale al raggio
dell’alveolo, cioè un alveolo piccolo tende a collassare rilasciando aria verso un alveolo più grande. Con la
tensione superficiale agisce il surfattante, una miscela di lipoproteine, che la riduce; agendo sulla tensione
superficiale rende uguale la pressione degli alveoli piccola alla pressione degli alveoli grandi; impedisce
quindi il collasso alveolare, diminuendo la forza coesiva delle molecole di acqua e riducendo la tensione
superficiale.
Respirando a riposo entra ed esce mezzo litro di aria; se si forza l’ispirazione e l’espirazione si ha volume di
riserva oltre ai 5 litri di aria; si intende per capacità le somme dei volumi, per capacità vitale la somma del
volume di riserva espiratorio, con il volume di riserva inspiratorio e con il volume corrente; tuttavia si ha
ancora un volume residuo di aria che resta nei polmoni, si intende quindi per capacità polmonare totale la
somma della capacità vitale con il volume residuo. Si possono raggiungere i 6 litri di aria ispirati ed espirati,
raggiungendo un’ispirazione massimale ed un’espirazione massimale. Un’espirazione vitale forzata ha una
capacità di 5 litri.
Si intende per patologie ostruttive (asma o enfisema) quelle patologie in cui la capacità vitale forzata è
ridotta perché il flusso espiratorio è ridotto e per patologie restrittive (edema o fibrosi), quelle patologie in
cui il polmone non riesce a far entrare aria a sufficienza perché non si distende a sufficienza.
Nonostante vengano ispirati 5 litri di aria agli alveoli non arrivano 5 litri di aria: una parte di aria rimane
come volume dello spazio morto, ossia rimane nella trachea e nei bronchi senza arrivare agli alveoli; in
realtà quindi il volume è dato dal volume alveolare più il volume dello spazio morto (VD) che non scambia
gas perché esso non arriva agli alveoli. Si intende per ventilazione alveolare quella al livello degli alveoli,
quindi il volume corrente, meno il volume dello spazio morto tutto per la frequenza respiratorio.
Per compliance polmonare si intende la capacità dei polmoni di espandersi; più una struttura elastica si
estende più essa difficilmente tornerà a uno stato di riposo, quindi la capacità dei polmoni di espandersi è
inversamente proporzionale all’elasticità; un polmone pertanto ha un valore massimo di espansione, il
quale può essere compromesso da varie patologie: può esserci una compliance ridotta come nel caso della
fibrosi, o una compliance aumentata, in cui il polmone si distende troppo, come nell’enfisema (poiché più si
distende più ha difficoltà a tornare alla forma normale i malati di enfisema hanno difficoltà
nell’espirazione).
Gli scambi gassosi avvengono gli alveoli: l’aria entra, arriva agli alveoli, cede ossigeno e il sangue venoso
cede anidride carbonica; durante la fase espiratoria l’anidride carbonica passa all’esterno; il sangue
arterioso è così ricco di ossigeno. Negli alveoli esistono due tipi di cellule: cellule di tipo I, che partecipano
agli scambi di gas e cellule di tipo II, che secernono il surfattante; l’epitelio degli alveoli è un epitelio
pavimentoso ed è specializzato per facilitare gli scambi gassosi. Molto importanti sono i capillari che
avvolgono gli alveoli che ricoprono la membrana respiratoria, che ha un’ area tra i 50 e i 90 m2 con un’area
compresa tra i 30 e i 60 m2; gli alveoli sono quindi la parte del corpo più vascolarizzata, e ciò è importante
per garantire al meglio lo scambio di gas.
La membrana respiratoria è tutto ciò che passa dall’alveolo al plasma, ha uno spessore molto piccolo
compreso tra 0,2 e 0,2 micrometri, una grande area di superficie; se si va dagli alveoli verso il sangue si
trovano: epitelio alveolare, tensioattivo alveolare (surfattante), liquido alveolare, membrana basale,
endotelio del capillare, plasma e membrana eritrocita (del globulo rosso). Tutto ciò ha uno spesso molto
piccolo, che garantisce un rapido scambio di gas per diffusione semplice.
La quantità di gas che può sciogliersi in un liquido dipende da pressione parziale del gas, solubilità nel
liquido e temperatura del liquido. A temperatura costante si hanno gas più solubili e gas meno solubili;
considerati liquido e gas si ha uno stato di transizione in cui le particelle di gas passano nel liquido e uno
stato di equilibrio in cui le pressioni parziali del gas nella fase gassosa e nella fase liquida sono uguali (non le
concentrazioni). L’anidride carbonica è 20 più solubile dell’ossigeno in acqua. Nell’aria c’è un 21% di
ossigeno, 0,04% di anidride carbonica, 79% di azoto (che non partecipa agli scambi gassosi) e 0,5% di
vapore acqua; l’aria alveolare è ricca di anidride carbonica e povera di ossigeno, perché lo ha ceduto al
plasma: nell’aria alveolare ci sono 100 mmHg (nell’atmosfera 158) di ossigeno, 40 (0,3 nell’atmosfera) di
anidride carbonica e 47 (0 nell’atmosfera) si acqua.
Si hanno diversi tipi di respirazione: eupnea, in condizioni normali, iperpnea, con aumento della frequenza
e del volume del respiro (associato anche a un aumento di metabolismo), iperventilazione, un aumento sia
di frequenza che di volume (associato a una mancata variazione del metabolismo), ipoventilazione, in cui
diminuisce la ventilazione alveolare (come l’asma), tachipnea, un aumento della frequenza e diminuzione
della profondità del respiro, dispnea, cioè respirazione difficoltosa, apnea, ossia l’interruzione della
respirazione.
I gas si muovono per diffusione seguendo la legge di Fick: la velocità di scambio dei gas dipende dal loro
coefficiente di diffusione K, dall’area di scambio A, dalla variazione di pressione (P1 – P2), e dallo spessore
DX della membrana. La velocità degli scambi respiratori è dovuta a: grande estensione della superficie di
scambio (A), piccolo spessore della membrana respiratoria (DX), elevata solubilità in acqua dei gas
respiratori (K), in particolare dell’anidride carbonica (F= [KA(P1-P2)]/ΔX).
La pressione parziale di ossigeno e anidride carbonica nel sangue venoso è rispettivamente 40 mmHg e 46
mmHg; il sangue venoso arriva nei polmoni dove entra l’ossigeno ed esce anidride carbonica, a questo
punto il sangue arterioso ha 100 mmHg di ossigeno e 40 mmHg di anidride carbonica.
I gas si muovo per diffusione semplice (secondo il gradiente di pressione parziale): l’ossigeno passa da 100
negli alveoli a 40 nel sangue venoso, passa da un punto di alta pressione a un punto di bassa pressione;
l’anidride carbonica fa l’opposto, arriva a 46 nel sangue venoso ed è 40 negli alveoli. Questa diversità di
diffusione è dovuta alla differenza tra i gradienti di pressione di ossigeno (gradiente di 60 mmHg)e anidride
carbonica (gradiente di 6 mmHg); l’elevata solubilità in acqua dell’anidride carbonica compensa il gradiente
pressorio 10 volte inferiore a quello dell’ossigeno. Anche nei tessuti il passaggio avviene per diffusione:
l’ossigeno passa nei tessuti, l’anidride carbonica da questi entra nel sangue con un gradiente di 6 mmHg, il
sangue venoso è così arricchito di anidride carbonica e impoverito di ossigeno e c’è così lo scambio per
diffusione dei gas.
In gran parte l’ossigeno viene legato all’emoglobina, una proteina molto complessa formata da 4 globine e
con 4 siti di legame; in essa si trovano circa 150 g/l di ossigeno. L’anidride carbonica viaggia in gran parte
sotto forma di bicarbonato (70%), un 7% in cui è disciolta e un 23 % in cui è legata all’emoglobina. È
importante perché un eccesso di anidride carbonica provoca acidosi (ipercapnia), perché l’anidride
carbonica insieme all’acqua con l’enzima anidrasi carbonica forma l’acido carbonico, che si scinde in ioni
bicarbonato e ioni idrogeno. L’anidride carbonica pertanto: 1 diffonde nei globuli rossi, 2 per sua azione si
combina con l’acqua formando H2CO3, 3 che si scinde in ione bicarbonato HCO3- + H+, 4 quest’ultimo si lega
all’emoglobina viene rimosso e 5 lo ione bicarbonato passa nel plasma scambiato con il cloro (Cl-).
La ventilazione reagisce a variazioni di anidride carbonica (se aumenta c’è iperventilazione), a situazioni di
ipossia (variazioni di ossigeno) e serve anche per il mantenimento del pH dell’organismo. Lo stimolo
principale tra questi è un aumento di anidride carbonica, in secondo luogo l’aumento degli ioni H+, e in
terzo luogo per la diminuzione dell’ossigeno. Le variazioni dei valori di riferimento vengono rilevate da dei
chemocettori, che sono centrali o periferici: i periferici sono situati nelle biforcazioni delle carotidi o nelle
biforcazioni aortiche, in cui ci sono dei glomi, delle cellule specializzate nella percezione di variazione di
anidride carbonica, di ossigeno e di acidi, infatti essi rispondono a variazioni plasmatiche di ossigeno, di pH
e di anidride carbonica inducendo un aumento della ventilazione, quindi in risposta all’ipossia
(l’abbassamento dell’ossigeno) e all’acidosi metabolica; i chemocettori centrali sono situati nel bulbo
ventrale (SNC), sono aree chemosensibili a diretto contatto con il liquido cerebrospinale, che rispondo a
variazioni plasmatiche di pressione di anidride carbonica, quindi danno la risposta all’ipercapnia, inducendo
un aumento della ventilazione.
FISIOLOGIA RENALE
L’apparato urinario è formato dai reni, dall’uretere, dalla vescica e dall’uretra. I reni: filtrano il plasma
sanguigno eliminando gli scarti (urea, creatinina, acido urico, farmaci, additivi alimentari) e recuperano le
sostanze utili; mantengono l’equilibrio idrico (H2O) nell’organismo e l’osmolarità (quantità di molecole e
ioni in una soluzione) dei liquidi corporei; regolano volume e pressione del sangue eliminando o
trattenendo H2O; regolano la concentrazione di H+ e HCO3- (ione bicarbonato); hanno inoltre funzione
endocrina, grazie alla sintesi di alcuni ormoni (eritropoietina, renina).
Ogni rene pese 150 g, attraverso esso passa un flusso ematico di circa 1,2 l/min (il 25% della GC) e consuma
20 ml/min di ossigeno (8% del totale). Un rene ha una parte più esterna e scura, detta corticale e una parte
interna e chiara, detta midollare. All’interno della midollare sono presenti delle strutture coniche dette
piramidi renali, al cui interno sono presenti milioni di nefroni, cioè le unità strutturali e funzionali dei reni. I
nefroni terminano in un calice minore, le varie piramidi in un calice maggiore.
Ogni rene contiene circa 1,5 milioni di nefroni; un nefrone ha una struttura complessa: una parte è quella
del corpuscolo renale, organizzato in una capsula detta capsula di Bowman e in un fitto gomitolo di capillari
detto glomerulo renale (racchiuso nella capsula); vicino alla capsula vi è un tubulo, detto tubulo contorto
prossimale, che prosegue con il tubulo retto prossimale, poi c’è una lunga ansa detta ansa di Henle, che ha
un tratto discendente e un tratto ascendente, essa prosegue con il tubulo distale, che si connette poi a un
dotto collettore comune che entra nel calice minore.
Il rene è vascolarizzato dall’arteria renale, la quale si divide in arterie segmentali, poi in arterie interlobari,
poi in arterie interlobulari; all’interno di ogni nefrone arriva un arteriola afferente, che porta il sangue al
glomerulo, dal quale parte un arteriola efferente. Questa suddivisione delle arterie renali è analoga a quella
delle vene renali: il sangue, che viene filtrato all’interno del glomerulo, esce attraverso l’arteriola efferente
e va nel sistema venoso, cioè prima nelle vene interlobulari, poi nelle vene interlobari, poi nelle vene
arcuate e infine nella vena renale.
La maggior parte dei nefroni (80%) è di tipo corticale; essi hanno il glomerulo situato nella parte corticale
del rene e l’ansa di Henle è poco profonda nella parte midollare. I nefroni iuxtamidollari hanno i corpuscolo
più vicino alla parte midollare, e l’ansa di Henle è molto lunga e inserita in profondità della midollare. Il
sistema di vascolarizzazione tra i due è diverso: il sangue che entra attraverso l’arteriola afferente nel
glomerulo viene filtrato e fuoriesce attraverso l’arteriola efferente, per poi passare, nei nefroni coritcali, nei
capillari peritubulari, per poi arrivare alle vena interlobulare, nei nefroni iuxtamidollari, il sangue
dall’arteriola efferente passa in un complesso sistema di vasi detti vasa recta, che si ramificano intorno
all’ansa di Henle.
In un giorno, da 900 litri di plasma, vengono prodotti circa 180 litri di filtrato glomerulare, per produrre
circa 1,5 litri di urina. Nell’urina c’è cloruro di sodio, calcio, urea, fosfati, solfati, bicarbonato, ormoni,
vitamine, enzimi e pigmenti urinari.
Al livello del nefrone (in questo caso corticale ma il processo è analogo anche negli altri nefroni) avviene il
processo di filtrazione del plasma, si riassorbe ciò che serve all’organismo nei capillari peritubulari,
vengono secreti dal nefroni i prodotti di scarto e infine si espellono tramite l’urina i prodotti di scarto.
La filtrazione glomerulare è la filtrazione non selettiva del plasma privo di proteine, e ciò avviene dal
glomerulo alla capsula di Bowman. L’80% del plasma che entra nel glomerulo non viene filtrato ed esce
attraverso l’arteriola efferente per poi andare nel sistema venoso. Il restante 20% di plasma viene filtrato: il
plasma viene filtrato nel tubulo prossimale in maniera passiva, senza che ci sia una selezione tranne che per
dimensioni, infatti le proteine non passano non tubulo prossimale, si forma quindi la preurina nel tubulo
prossimale.
La capsula di Bowman e il capillare sono strettamente connessi, e l’epitelio della capsula di Bowman riveste
con delle estroflessioni, dette podociti, il capillare. Per essere filtrata una sostanza deve passare attraverso:
1 i pori tra le cellule endoteliali del capillare glomerulare, 2 una membrana basale acellulare, che è
interposta tra capillare e capsula di Bowman, e 3 le fessure di filtrazione tra pedicelli dei podociti dello
strato interno della capsula di Bowman. Questi tre strati formano così la membrana filtrante.
Ciò che determina la filtrazione sono le forze di Starling: dei gradienti di pressione idrostatica e osmotica tra
le pareti dei capillari glomerulari. Per pressione netta di filtrazione (Pnf) si intende una forza diretta verso il
tubulo prossimale; alla filtrazione si oppone la pressione oncotica del plasma, che è dovuta alla proteine
plasmatiche che non passano nella casula di Bowman (πGC, di 32 mmHg); la filtrazione è inoltre impedita
dalla pressione idrostatica nella capsula di Bowman, ossia la pressione che tenderebbe a spingere il plasma
all’interno del capillare (PBC, di 18 mmHg). La pressione di filtrazione è invece favorita dalla pressione
idrostatica che è all’interno dei capillari glomerulari, che è diretta verso il tubulo (PGC, 60 mmHg). La
pressione netta di filtrazione è quindi: 60-32-18= 10mmHg. La filtrazione è quindi dovuta a: un’ampia
superficie filtrante, una sottile membrana filtrante (endotelio capillare, lamina basale, podociti della
capsula di Bowman), la conveniente pressione idrostatica, l’abbondante flusso di sangue. La velocità di
filtrazione glomerulare è di 125 ml/min, ed è proporzionale alla pressione netta di filtrazione e a una
costante di filtrazione che dipende dalla superficie filtrante e dalla membrana di filtrazione.
Gli elementi che vengono filtrati sono: proteine esclusivamente in tracce, amminoacidi, glucosio, elettroliti
e acqua. Successiva alla filtrazione c’è un fenomeno di riassorbimento tubulare: movimento selettivo di
sostanze che vengono filtrate dal lume tubulare ai capillari peritubulari; al livello del tubulo prossimale
vengono riassorbite le sostanze utili, così che si formerà la preurina, che è priva di queste sostanze. Per
riassorbimento si intende un trasporto attivo di molecole dal lume dei tubuli renali al liquido interstiziale, e
dal liquido interstiziale al sangue dei capillari peritubulari per diffusione.
Per essere riassorbita una sostanza deve passare attraverso le membrane del tubulo renale e attraverso
l’endotelio del capillare. Quest’ultimo oppone una leggera barriera al riassorbimento. Le membrane dei
tubuli possono essere barriere più o meno resistenti al riassorbimento; si distingue una membrana apicale,
che è quella diretta verso l’interno, in cui si vedono dei microvilli, che aumentano la superficie della
membrana; i microvilli della membrana apicale sono collegati tramite giunzioni strette alla membrana baso-
laterale, l’altra porzione della membrana.
Ciò viene assorbito viene filtrato in una certa percentuale: le proteine in tracce, gli amminoacidi e il glucosio
vengono riassorbiti al 100%, gli elettroliti e l’acqua circa al 99%. Gran parte del riassorbimento avviene al
livello del tubulo prossimale, dove vengono riassorbiti sodio, glucosio e acqua per trasporto attivo; c’è
riassorbimento anche nella parte ascendente dell’ansa di Henle, del tubulo distale e del dotto collettore.
Il glucosio, riassorbito al 100%, eccetto quando si supera la soglia renale di riassorbimento del glucosio, in
cui esso si trova nelle urine, come in alcune patologie, come il diabete. Il glucosio viene riassorbito al livello
della membrana apicale con un meccanismo di cotrasporto con il sodio (il glucosio sfrutta l’energia del
riassorbimento del sodio); al livello della membrana basolaterale il riassorbimento avviene per diffusione
facilitata attraverso dei trasportatori specifici per il glucosio.
Il nefrone ha un’importante funzione nella regolazione del volume e nell’osmolarità del plasma; regola
inoltre acqua, sodio, potassio, magnesio, calcio, cloro, fosfati e bicarbonato. Al livello del tubulo prossimale
avviene il 70% del riassorbimento (obbligato) di acqua e cloruro di sodio tramite trasporto attivo, al livello
del tubulo distale e del dotto collettore c’è un riassorbimento regolato da aldosterone e ormone
antidiuretico.
Per clearance si intende la velocità con cui una sostanza viene escreta, ed è data dal rapporto tra la
velocità di escrezione della sostanza x e la concentrazione plasmatica della stessa sostanza. Si misura in
ml/min.
L’urina si forma grazie a un meccanismo detto controcorrente; le lunghe anse dei nefroni iuxtamidollari
hanno un’importante funzione, cioè permettono di creare un gradiente osmotico molto elevato all’interno
della midollare del rene; questo gradiente osmotico consente la concentrazione delle urine e la ritenzione
di acqua (evita che si perda troppa acqua con le urine). I vasa recta che circondalo l’ansa di Henle
partecipano a mantenere il gradiente osmotico.
All’interno dell’ansa di Henle avviene il meccanismo controcorrente (perché nel segmento discendente e
ascendente il flusso del liquido è opposto): avviene un meccanismo di passaggio di acqua tra la parte
discendente dell’ansa di Henle, che è molto permeabile all’acqua, e un passaggio di sodio e cloro all’interno
della parte ascendente dell’ansa di Henle, quasi impermeabile all’acqua; questa diversa permeabilità
dell’acqua e dei soluti fa in modo di creare un grosso gradiente di osmolarità, che nel segmento prossimale
è simile a quella dell’interstizio, ossia 300 mOsm (milliosmoli), a metà del tratto discendente dell’ansa circa
600 mOsm, e nel punto più profondo del tratto ascendente dell’ansa circa 1200 mOsm; risalendo
l’osmolarità diminuisce e nel segmento distale si trova un liquido che ha circa 100 mOsm. Questo gradiente
oltre ad essere mantenuto dal meccanismo controcorrente è mantenuto anche dal trasporto di urea dal
dotto collettore verso l’interstizio.
La permeabilità all’acqua è diversa in ogni sezione del nefrone: nel tubulo prossimale e nella prima parte
dell’ansa di Henle viene assorbito il 70% di acqua, nella parte ascendente dell’ansa non viene assorbita
l’acqua, nel tubulo distale 20% e nel dotto collettore il restante 10%, ma in queste due ultime parti il
riassorbimento d’acqua è regolato. Il riassorbimento regolato è dovuto all’ormone antidiuretico (ADH), un
ormone prodotto dall’ipotalamo che regola il riassorbimento di acqua nel tubulo distale e collettore. Se non
ci fosse ADH il segmento distale e il dotto collettore sarebbero impermeabili all’acqua: l’acqua, che
tendenzialmente tenderebbe ad uscire dove l’osmolarità è alta, non uscirebbe e si produrrebbe un urina
diluita. Con l’ADH c’è la formazione di canali dell’acqua, detti acqua-purine, in modo da aumentare il
riassorbimento di acqua verso l’interstizio e quindi verso il sangue, seguendo il gradiente osmotico, cioè da
100 mOsm verso concentrazioni elevate; il riassorbimento di acqua favorirà la formazione di un urina molto
concentrata.
L’ADH si lega ad un recettore sulla cellula epiteliale del dotto collettore e favorisce l’incorporazione dei
canali di acqua: l’ADH aumenta la permeabilità all’acqua, in modo particolare nel segmento distale e
soprattutto nel dotto collettore. Lo stimolo per la secrezione di ADH è un aumento di osmolarità
plasmatica, che viene percepito da osmorecettori centrali, che fanno produrre all’ipotalamo l’ADH che
agisce sui reni aumentando la permeabilità all’acqua. Con poca acqua (aumento dell’osmolarità)
nell’organismo l’ADH è in circolo, l’acqua viene riassorbita nei tubuli distali e collettori, e non viene
eliminata con l’urina (urina concentrata). Con molta acqua nell’organismo c’è poco ADH in circolo, l’acqua
non viene riassorbita, resta nei tubuli e viene eliminata con l’urina (urina diluita).
L’aldosterone è invece un ormone che regola il riassorbimento di sodio nel tubulo distale, viene secreto
dalla corteccia surrenale e lo stimolo è un eccesso di potassio nell’organismo. Qualora ci sia molto potassio
e poco sodio nell’organismo l’aldosterone viene messo in circolo, il sodio viene riassorbito nel tubulo distale
e non viene eliminato con l’urina. Nel caso di poco potassio e molto sodio nell’organismo viene messo in
circolo poco aldosterone, il sodio non viene riassorbito nel tubulo distale e viene eliminato con l’urina.
I reni collaborano al controllo della pressione arteriosa stabilizzando la gittata cardiaca con meccanismi a
lungo termine: il sistema renale regola il volume del contenuto controllando il volume dei liquidi corporei
(acqua e NaCl), se la pressione è bassa si attiva il meccanismo RENINA-ANGIOTENSINA-ALDOSTERONE-ADH
e si trattengono acqua e sodio, aumentando il volume ematico (volemia), se la pressione è alta il
meccanismo RAA è inibito, e si perdono liquidi.
L’apparato iuxtaglomerulare è responsabile della regolazione e lungo termine della gittata cardiaca, ed è
situato al livello del tubulo distale come macula densa, e vicino alla biforcazione dell’arteriola efferente ed
afferente, ed è formato da cellule granulari dell’arteriola afferente che hanno funzioni diverse: nel tubulo
distale sono in grado di rilevare la concentrazione di sodio e di cloro; le cellule iuxtaglomerulari
nell’arteriola afferente producono renina, ossia una componente importante nella regolazione della
pressione arteriosa; essa è responsabile della formazione di angiotensina 1, a partire da angiotensinogeno
(prodotto dal fegato), che viene convertita, grazie a un enzima che è situato sulle cellule endoteliali dei
capillari (in particolare nei polmoni), in angiotensina 2, la quale stimola la corteccia surrenale a produrre
aldosterone, il sistema vascolare a meccanismi di vasocostrizione e l’ipotalamo a produrre ADH. Come
effetto finale c’è un maggior riassorbimento di liquidi e una maggiore ritenzione di sodio, questo comporta
un aumento della pressione sanguigna. Ricapitolando: rene produce renina che diventa angiotensina 2,
questa induce vasocostrizione (pressione aumenta), secrezione di ADH e secrezione di aldosterone, questi
ultimi due arrivano al rene, il quale reagisce la ritenzione di acqua e sodio contribuendo all’aumento della
pressione arteriosa.
FISIOLOGIA GASTROINTESTINALE
Il sistema gastrointestinale ha funzione di motilità, produce secrezioni, correlate a ghiandole che facilitano
la funzione digestiva, funzione di digestione, ossia la degradazione chimica delle molecole, e di
assorbimento, ossia il trasferimento dei nutrienti nel sangue.
L’apparato digerente è composto da una serie di strati (dall’esterno): muscolatura liscia longitudinale e
muscolatura circolare, le quali responsabili della motilità del sistema digerente; vi sono poi dei plessi in
regioni nervose, che regolano alcuni dei riflessi interni al sistema nervoso (come la peristalsi), ossia plesso
sottomucoso, al di sotto del muscolo circolare, e plesso mienterico, situato tra i due strati di muscolatura;
poi sottomucosa e mucosa, organizzata in epitelio, lamina propria e muscolaris mucosae.
Il tratto digerente è organizzato in modo tale da aumentare la sua superficie: lo stomaco è organizzato in
fossette gastriche, che aumentano la superficie dello stomaco, l’intestino, dove avviene l’assorbimento dei
nutrienti, organizzato in villi digitiformi, i quali a loro volta presentano dei microvilli e un orletto a spazzola,
tutto ciò per aumentare la superficie di assorbimento.
Il tratto digerente ha delle funzioni specifiche: la bocca è adibita alla masticazione del cibo, al suo
mescolamento con la saliva e alla formazione del bolo, nella bocca avviene la digestione di carboidrati e
grassi; la faringe da avvio ai movimenti peristaltici ed è responsabile del riflesso della deglutizione; l’esofago
è responsabile dei movimento peristaltici, della contrazione e della dilatazione degli sfinteri esofagei, con il
compito di spingere il bolo alimentare nello stomaco; lo stomaco, suddiviso in stomaco prossimale, che è
responsabile della raccolta del bolo, antro e piloro, che svolgono attività contrattile per il mescolamento
con secrezione gastrica e per la spinta del chimo nell’intestino tenue, nello stomaco avviene l’inizio della
digestione delle proteine; nell’intestino tenue avviene il mescolamento del chimo con secrezioni intestinali,
pancreatiche ed epatiche, in esso avviene la digestione e l’assorbimento di proteine, carboidrati, lipidi,
vitamine, elettroliti e acqua, con la conseguente propulsione del chimo nell’intestino crasso; in quest’ultimo
avviene il riassorbimento dei fluidi nel colon, la raccolta del materiale fecale nel retto, dal quale avviene
l’espulsione delle feci attraverso il canale anale.
Nel tratto digerente vi è una grossa quantità di sfinteri, degli anelli di muscolatura: nella giunzione faringo-
esofagea, gastro-esofagea, gastro-duodenale, ileo-cecale e sfintere anale; essi controllano il flusso in
direzione aborale e prevengono il reflusso in direzione orale.
La motilità serve a mescolare il cibo con le secrezione gastrointestinali e mandare il cibo verso l’ano. C’è
una motilità continua, nella fase digestiva, e una motilità intermittente, nella fase interdigestiva, questa
attività è regolata da meccanismi neuronali e ormonali.
Le secrezioni del tratto digerente sono: salivare, gastrica, pancreatica, intestinale, epatico-biliare. Esse
servono tutto a facilitare digestione e assorbimento del cibo. La digestione è la scissione delle
macromolecole in molecole più piccole che vengono assorbite. Le proteine vengono scomposte in peptidi e
poi amminoacidi, gli zuccheri complessi in zuccheri semplici, come glucosio o fruttosio, i lipidi in gliceridi.
L’assorbimento dei prodotti della digestione coinvolge: prodotti di digestione di carboidrati, proteine e
grassi, vitamine, acqua ed elettroliti, ossia ferro, calcio, fosfato, sodio, cloro e potassio; l’assorbimento
avviene principalmente nell’intestino tenue per diffusione semplice o trasporto attivo.
Avviene una secrezione endocrina di ormoni da parte della mucosa gastrica, dell’intestino tenue, del
pancreas; gli ormoni secreti sono gastrina, colecistochinina (CCK), secretina, peptide gastro-inibitorio (GIP).
La gastrina stimola la secrezione acida gastrica in seguito alla presenza di peptidi e aminoacidi nel lume
gastrico, viene prodotta dalle cellule G dell’antro; la colecistochinina stimola la secrezione pancreatica e la
contrazione della cistifellea in seguito alla presenza di acidi grassi o amminoacidi ed è prodotta nel
duodeno; la secretina stimola la secrezione di acqua e bicarbonato nel pancreas e nei dotti biliari in seguito
a pH acido nel lume duodenale, ed è prodotta nel duodeno; il peptide gastro-inibitorio inibisce la
secrezione acida e lo svuotamento gastrico in seguito alla presenza di grassi e glucosio nel duodeno, viene
prodotto nel duodeno e nel digiuno.
Importante è la regolazione nervosa dei meccanismi di digestione e assorbimento: la sezione del
parasimpatico tramite le innervazioni vagali innerva tutto il tratto digerente, ossia stomaco, intestino,
esofago e canale anale; la regione del simpatico è quella che parte dal ganglio mesenterico superiore (nel
crasso) e arriva al ganglio mesenterico inferiore (1-3 vertebra lombare), innervando stomaco, intestino
tenue e crasso. Il simpatico rilascia noradrenalina, inibisce la contrazione e la secrezione gastrointestinale,
agevolando la contrazione degli sfinteri e dei vasi sanguigni; il parasimpatico rilascia acetilcolina, stimola la
contrazione muscolare, la secrezione, il rilascio di ormoni e la dilatazione dei vasi.
Il sistema nervoso enterico è il sistema nervoso specifico dell’apparato digerente, esso: regola
autonomamente le funzioni del tratto digerente di motilità e secrezione; integra dei meccanismi locali
(nervosi, ormonali e paracrini) e influenze centrali, nei quali il SNA ha solo azione modulatoria e di
coordinamento; è organizzato in plessi (reti di neuroni e fibre), più specificamente in mienterico e
sottomucoso.
I plessi sono delle raggruppamenti di fibre e sono responsabili di determinate funzioni: il plesso mienterico
controlla la motilità gastrointestinale; il plesso sottomucoso rileva l’ambiente del lume e regola il flusso
sanguigno e le funzioni delle cellule epiteliali. Ci sono tre diversi tipi di motilità: la peristalsi, che ha funzione
di propulsione del cibo in direzione aborale si trova nell’esofago, nello stomaco distale, nel tenue e nel
crasso; la motilità di segmentazione ritmica è un attività di rimescolamento, ed è tipica del tenue e del
crasso; la contrazione tonica, tipica degli sfinteri, serve a separare dei compartimenti, impedendo il
passaggio delle sostanze da un compartimento all’altro.
La peristalsi è dovuta alla contrazione alternata di muscolatura circolare e longitudinale, in cui il dotto
digerente si stringe e si dilata gradualmente, permettendo il passaggio del bolo in direzione aborale; questo
movimento si propaga per diversi segmenti ed ha velocità diverse in base ai segmenti. La segmentazione
consiste in contrazioni ritmiche della muscolatura circolare nel tratto digerente, che permette il passaggio
del cibo sia in direzione aborale che in direzione orale per brevi distanze, in modo tale da rimescolare il
cibo.
Gli sfinteri sono: esofageo superiore, che impedisce il passaggio di cibo nell’esofago e quando si rilascia il
cibo entra, esofageo inferiore, che quando si rilascia il cibo entra nello stomaco, pilorico, il cui rilasciamento
fa passare il cibo dallo stomaco all’intestino, ileocecale, dal tenue al crasso, e anale interno, che impedisce
la fuoriuscita di feci, e il cui rilasciamento avviene nell’atto della defecazione, anale esterno, di muscolatura
striata e di controllo volontario.
La deglutizione è suddivisa in fase orale, fase faringea e fase esofagea. La lingua spinge il bolo alimentare
verso il palato molle, iniziando il riflesso della deglutizione, lo sfintere esofageo si rilassa, l’epiglottide si
chiude e impedisce al cibo di entrare nella trachea, il cibo poi entra nell’esofago, aiutato dal movimento
peristaltico e dalla forza di gravità.
Lo stomaco mescola il cibo con le secrezioni gastrica e svuota il suo contenuto nel duodeno in modo
controllato; il fondo ha funzione di serbatoio e l’antro si contrae per spingere il chimo nel duodeno quando
lo sfintere pilorico si rilascia. Il cibo viene spinto verso il piloro, viene trovato chiuso ritornando indietro, e,
quando il piloro si apre, questo movimento di retropropulsione spinge il chimo all’interno del duodeno.
La peristalsi può invertire di direzione in caso di vomito: possono esserci diversi stimoli che vanno a
stimolare dei centri bulbari, come la distensione dello stomaco, la stimolazione della faringe posteriore,
vertigini e delle sostanze che stimolano il centro del vomito per espellere il contenuto gastrico dalla bocca.
L’intestino tenue è sede della maggior parte di processi digestivi; nella fase interdigestiva c’è una motilità
che prende il nome di complesso motorio migrante, che tra un pasto e l’altro svuota il tenue di residui di
cibo, è dipendente dal sistema nervoso enterico e viene a cessare tra un pasto e un altro.
Il colon è responsabile dell’assorbimento di liquidi ed elettroliti, e della formazione, della raccolta e
dell’eliminazione periodica delle feci. La motilità è rallentata per garantire l’assorbimento di liquidi ed
elettroliti, ed in essa interviene le contrazione della muscolatura circolare, che va a formare le haustrae,
che permettono un mescolamento del cibo e rallentano il movimento propulsivo verso l’ano di esso.
Le secrezioni gastrointestinali sono saliva, succhi gastrici, succhi pancreatici, bile e secrezioni intestinali; al
giorno vengono secreti circa 7-10 litri di secrezioni gastrointestinali.
La secrezione salivare ha funzione di lubrificazione, protezione e digestione, avviene attraverso le ghiandole
parotide accessoria, parotide, sottolinguale e sottomandibolare. Esse sono organizzate in dotti che
modificazioni la saliva, nella quale ci sono: un enzima, detto amilasi, che inizia l’idrolisi dei polisaccaridi con
legami 1-4 alfa glicosidici; una lipasi salivare linguale, che inizia la digestione dei trigliceridi a catena;
bicarbonato, che neutralizza gli acidi; immunoglobuline e lisozima, che partecipano entrambi alla difesa
immunitaria da microorganismi esterni; mucine, fondamentali per la loro funzione lubrificante.
La secrezione gastrica dello stomaco è esocrina ed endocrina; quella esocrina: HCl, che abbassa il pH, attiva
la pepsina e uccide i microorganismi ingeriti; pepsinogeno, la forma attiva della pepsina che digerisce le
proteine; fattore intrinseco, che favorisce l’assorbimento della vitamina B12 nel tenue; muco e
bicarbonato, che proteggono la mucosa gastrica. Endocrina: gastrina, che stimola la secrezione gastrica,
somatostatina, che inibisce la secrezione gastrica.
In una fossetta gastrica: ci sono cellule, dette cellule del collo, e situate più all’esterno che sono responsabili
della secrezione di muco e di bicarbonato, delle cellule parietali, più interne e responsabili della produzione
di HCl e di fattore intrinseco, cellule principali, che sono responsabili della produzione di pepsinogeno; le
cellule epiteliali sono sostituite in continuazione.
Lo stomaco e l’intestino presentano una protezione dagli acidi, la barriera mucosa gastrica. Essa è formata
da uno strato mucoso sulle cellule epiteliali superficiali e da un’altissima concentrazione di bicarbonato che
innalza il pH. Se questa protezione viene a meno possono presentarsi ulcere; avviene nel caso in cui
l’helicobacter pylori induce un’alterazione della barriera mucosale gastrica, o di ipersecrezione di HCl e, a
volte, farmaci antiinfiammatori.
Nella digestione vi è una fase cefalica, ossia la produzione di acido da parte della cellule parietale, data da
odorato, vista, gusto o pensiero di ingestione: l’innervazione vagale stimola, mediante il rilascio di
acetilcolina, le cellule parietali alla secrezione di HCl; in questa fase si ha il 30/40% di tutta la secrezione
totale di acido. Nella fase cefalica si ha un pH molto acido nello stomaco, il quale ha una funzione inibitoria
sul rilascio di HCl stesso.
La fase gastrica è responsabile del 60% della secrezione di acido (il cibo è presente nello stomaco): grazie a
riflessi locali del sistema nervoso enterico viene stimolata la secrezione di acido cloridrico, la secrezione di
gastrina e avviene il principio della digestione a partire dalle proteine.
La fase intestinale (cibo nell’intestino), in cui i prodotti di digestione delle proteine continuano a stimolare,
tramite la gastrina, la produzione di HCl, essa partecipa al 5/10% della secrezione totale gastrica.
Il pancreas è importantissimo nella digestione: in un giorno viene prodotto un litro di succo pancreatico,
dove vi è una componente enzimatica ed una acquosa. Il pancreas inoltre ha funzione endocrina, nel
rilascio di insulina e glucagone. Gli enzimi pancreatici sono: proteolitici, responsabili della protezione di
proteine e suddivisi in endopeptidasi (il più importante è la tripsina) esopeptidasi; amilolitici, per digerire
glucidi; lipasi, responsabili della digestione di trigliceridi.
Il pancreas non si autodigerisce perché: i suoi enzimi pancreatici sono secreti in forma inattiva, come il
tripsinogeno, che viene attivato da una enteropeptidasi duodenale, diventando tripsina, che attiva gli altri
enzimi. Inoltre all’interno del pancreas c’è un inibitore della pepsina che previene l’attivazione della
pepsina all’interno dei dotti pancreatici.
La bile è una miscela di acidi e pigmenti biliari e di colesterolo, serve ad emulsionale i lipidi ed è necessaria
per la digestione e l’assorbimento dei lipidi nell’intestino tenue. Essa si raccoglie nei canalicoli biliari e nei
dotti biliari. Gli acidi biliari sono responsabili della digestione di trigliceridi, in quanto funzionano come
agenti emulsionanti, dell’eliminazione del colesterolo in eccesso mediante escrezione nelle feci, e per la
solubilizzazione del colesterolo, insieme ai fosfolipidi ne prevengono la precipitazione nella cistifellea. Dopo
un pasto la cistifellea si contrae grazie al rilascio di colecistichinina e la bile si riversa nel duodeno nel quale
partecipa all’emulsione dei lipidi.
Nell’intestino tenue avviene l’assorbimento dei nutrienti: il glucosio e il galattosio nel duodeno e digiuno
superiore tramite dei trasportatori, come SGLT1, o GLUT2; il fruttosio ha un trasportatore detto GLUT5. I
peptidi vengono assorbiti nel digiuno sotto forma di di e tripeptidi, per poi essere trasportati all’interno
della cellula, dove le peptidasi intracellulari li scindono in aminoacidi. I lipidi vengono digeriti tramite lipasi,
che scindono i trigliceridi in glicerolo e acidi grassi, che vengono assorbiti grazie alla presenza di sali biliari, e
una volta digeriti per esocitosi non entrano nel sangue, ma nel sistema linfatico, dal quale passano al livello
toracico nel sistema sanguigno, dove poi arrivano ai tessuti.
FISIOLOGIA DELL’ENDOCRINO
Gli ormoni sono delle sostanze che regolano dei meccanismi fisiologici molto importanti; alcuni regolano il
metabolismo, come gli ormoni tiroidei, alcuni che regolano l’omeostasi, come l’antidiuretico, alcuni che
regolano la riproduzione, come gli ormoni sessuali, e ormoni che regolano sviluppo e crescita, come il GH.
Tutti quanti possono agire a concentrazioni basse (10-9 mol).
Per ormone si intende una sostanza chimica prodotta da una cellula o da un gruppo di cellule che viene
liberata nel plasma, per poi legarsi a dei recettori (proteine) ed attivare una risposta biologica; possono
regolare: la velocità delle reazioni enzimatiche, il trasporto delle molecole attraverso la membrana
cellulare, espressione di geni e sintesi proteica.
Le ghiandole endocrine più importanti sono: ipotalamo, ipofisi anteriore e posteriore, tiroide, paratiroidi,
pancreas, ghiandola midollare surrenale, reni, ghiandola corticale surrenale, testicoli, ovaie, corpo luteo e
placenta.
Gli ormoni sono distinti in base alla loro struttura e in bassa alla loro modalità di azione; per la struttura si
dividono in: amminici (derivanti da amminoacidi), steroidei (derivanti dal colesterolo), peptidici
(polipeptidi).
Gli ormoni peptidici vengono secreti come precursori inattivi (come l’insulina): l’mRNA viene tradotto e
forma il preproormone, un precursore in attivo, poi nel reticolo endoplasmatico viene rimossa la sequenza
segnale e si forma il proormone inattivo, e passa nell’apparato di Golgi, successivamente nella vescicola il
proormone viene scisso in diversi peptidi, infine all’arrivo del segnale di rilascio le vescicole versano il
contenuto nello spazio extracellulare, a questo punto l’ormone entra nel circolo per colpire i tessuti
bersaglio. All’interno delle vescicole oltre ai precursori inattivi si trovano non solo i precursori inattivi, ma
anche delle molecole che non hanno rilevanza nell’azione biologica dell’ormone, ma sono importanti per
determinare se la modalità di rilascio dell’ormone è corretta. Ad esempio la proinsulina è formata da
insulina più una molecola inattiva, il peptide C, che serve a capire se l’ormone è correttamente rilasciato.
Gli ormoni steroidei si formano tutti dallo stesso precursore, il colesterolo; hanno delle particolarità: sono
lipofili (passano all’interno di lipidi), quindi attraversano le membrane, non sono immagazzinati in vescicole
secretorie, si attivano da precursori nel citoplasma. Essi inoltre possono legarsi a recettori di membrana e a
recettori nucleari o citoplasmatici; quando si legano a recettori nucleari possono attivare dei meccanismi di
sintesi proteica.
Molti ormoni agiscono a feedback negativo o positivo: ad esempio l’ipotalamo rilascia degli ormoni che
agiscono sull’ipofisi, che a sua volte agisce sulla ghiandola endocrina portando alla liberazione dell’ormone,
il quale, con un feedback negativo, può agire sia sull’ipofisi che sull’ipotalamo inibendo la secrezione;
l’ipotalamo rilascia il TRH, l’ipofisi rilascia quindi il TSH, che agisce sulla ghiandola endocrina (tiroide), che
rilascia T3 e T4, i quali possono agire sia sull’ipofisi che sull’ipotalamo per inibire la secrezione di TSH o TRH.
Nel feedback positivo l’estradiolo è in grado e di stimolare positivamente (lo aumenta) la secrezione
ipofisaria che regola la secrezione da parte delle ovaie dell’ormone estradiolo.
Gli ormoni si legano a delle proteine che fungono da recettori; una volta legato al recettore l’ormone attiva
un meccanismo di segnale intracellulare che attiva un meccanismo di “cascate” regolative intracellulari. Il
recettore più studiato è quello dell’insulina: la subunità alfa extracellulare lega l’ormone, e una volta che c’è
legame tra insulina e recettore si attiva una cascata regolativa che induce una fosforilazione su residui di
tirosinchinasi, e quindi l’attivazione di un segnale intracellulare.
L’ipotalamo è connesso all’ipofisi sia da un punto di vista nervoso che circolatorio, e rilascia molti ormoni
che stimolano il lobo anteriore dell’ipofisi a produrre altri ormoni; altri due ormoni (ADH e ossitocina)
invece vengono secreti dal lobo posteriore dell’ipofisi. Si parla quindi si asse ipotalamo ipofisario.
L’ormone della crescita ha una secrezione pulsatile, ha un picco durante la pubertà ed è un ormone secreto
dell’ipofisi anteriore che agisce su fegato e altri tessuti. Nel fegato stimola la produzione dei fattori di
crescita insulino-simili, quindi stimola la crescita della cartilagine, innalza il glucosio plasmatico e stimola la
crescita ossea. Livelli eccessivi di GH nell’adulto causa acromegalia, ossia una crescita abnorme, mentre un
difetto in età puberale causa nanismo.
Gli ormoni ipotalamici (ADH e ossitocina) sono secreti dal nucleo sopraottico e dal nucleo paraventricolare
dell’ipotalamo: l’ADH aumenta la permeabilità dell’acqua nei dotti collettori renali e regola la contrazione
della muscolatura liscia vasale e l’ossitocina regola la contrazione dell’utero e l’eiezione del latte.
L’antidiuretico viene secreto in seguito all’aumento di osmolarità plasmatica, questo aumento viene
percepito da dei recettori specifici che causano il rilascio dell’ADH dai neuroni specializzati dell’ipotalamo,
l’antidiuretico di va a legare alle cellule del dotto collettore del rene e causa l’aumento della permeabilità
all’acqua tramite dei canali specifici.
La ghiandola surrenale è divisa in diversi strati: zona glomerulosa, che produce mineralcorticoidi, zona
fascicolata, che produce glucocorticoidi, zona reticolata, che produce androgeni, e midollare, che produce
catcolamine.
Il cortisolo è secreto dalla surrenale, e gli stimoli principali della secrezione sono il ritmo circadiano e lo
stress, i quali stimolano il CRH ipotalamico, che a sua volta stimola l’ACTH ipofisario che, agendo sulla
ghiandola ipofisaria, fa secernere il cortisolo. Questo ha effetto sul fegato, stimolano la gluconeogenesi, sul
muscolo, aumentando il catabolismo proteico, e sul tessuto adiposo la lipolisi.
L’aldosterone è un mineralcorticoide, viene prodotto dalla ghiandola surrenale e agisce al livello del rene,
specificamente sui tubuli contorti distali e sui dotti collettori, dove stimola la sintesi proteica di particolari
canali che inducono un riassorbimento maggiore di sodio. Ciò è un meccanismo di regolazione a lungo
termine della pressione arterioso. Lo stesso vale per il sistema renina-angiotensina: se c’è una riduzione
della pressione arteriosa o ipovolemia (causata da perdita di sangue) il rene viene stimolato a secernere
renina, la quale è un ormone che converte l’angiotensinogeno (un precursore inattivo) in angiotensina 1, la
quale al livello dei polmoni viene convertita in angiotensina 2; essa agisce nella zona glomerulosa della
ghiandola surrenale a secernere aldosterone.
Gli ormoni tiroidei sono fondamentali nel metabolismo, sono sintetizzati nei follicoli tiroidei; gli ormoni
tiroidei tiroxina (T4) e triiodotironina (T3) vengono sintetizzati a partire dalla tirosina. Vengono secreti dalla
tiroide sotto stimolo dell’ormone ipofisario TSH che viene stimolato dalla secrezione ipotalamica TRH (TRH
TSH T3/T4). Gli ormoni tiroidei per essere trasportati nel plasma devono legarsi ad una proteina, la
globulina tiroxina legante; si legano a dei recettori nucleari e hanno diverse azioni: l’aumento del consumo
di ossigeno, regolazione del normale sviluppo del sistema nervoso centrale, aumento dell’attività
sodio/potassio ATPasi (una proteina), e produzione di nuovi enzimi; il T4 resta in circolo circa 6-7 giorno e il
T3 circa un giorno.
Nella sintesi degli ormoni tiroidei è fondamentale la quantità di iodio assunta con la dieta, se questa
quantità non è quella giusta possono presentarsi problemi anche irreversibili di alterazione del corretto
sviluppo del sistema nervoso centrale (cretinismo o nanismo). Nel caso di basso iodio nella dieta c’è un
livello di biosintesi minore, si abbassano T3 e T4; il TSH e il TRH non vengono inibiti e (poiché il TSH ha
azione trofica sulla tiroide) la ghiandola tiroide comincia a crescere in maniera anormale e viene il gozzo. Si
parla di ipertiroidismo quando c’è un’alta secrezione di T3 e T4 e di ipotiroidismo nel caso opposto. Ci sono
anche patologia autoimmuni, come il morbo si Basedown, in cui vengono secrete delle immunoglobuline
che stimolano la tiroide a produrre T3 e T4 e c’è un aumento di metabolismo.
Il calcio è un altro fattore molto importante, e la fonte più ricca di calcio è l’osso, in particolare il calcio
viene liberato dagli osteoclasti. Il calcio per il 99% è nella matrice ossea, nel sangue il 40% è legato alle
proteine e il 60% è distribuito nel 10% agli anioni, e il restante 50% è calcio ionizzato. Il bilancio di calcio è
controllato da: ormone paratiroideo in primis (PTH), vitamina D3 e calcitonina. Il PTH viene secreto dalle 4
ghiandole paratiroidee, lo stimolo principale è l’abbassamento di calcio plasmatico, che stimola le
paratiroidi a secernere calcio, entra in circolo e come effetto finale c’è un aumento di riassorbimento di
calcio grazie a un aumento della mobilizzazione di calcio dall’osso, e il passaggio di calcio dalla matrice al
circolo sistemico. Inoltre c’è un aumento del riassorbimento renale del calcio e una stimolazione della
vitamina D3. Quest’ultima viene introdotta con la dieta, viene modificata nel fegato e poi nei reni, da un
enzima specifico stimolato dal PTH, dopo di che la vitamina D3 attiva l’1,25 idrossi-vitamina D3 a svolgere i
suoi effetti biologici; può anche essere attivata dalla luce UV che attiva un suo precursore
(deidrocolesterolo); la vitamina D3 aumenta il riassorbimento di calcio al livello intestinale.
Il glucosio viene regolato dal pancreas, che è formato da diverse cellule: le cellule alfa che secernono
glucagone, le cellule D che secernono somatostatine, e le cellule beta, che sono responsabili della
secrezione di insulina. Il glucosio viene immagazzinato sotto forma di glicogeno e nel caso in cui non ce ne
sia a sufficienza alcuni tessuti possono usare i corpi chetonici sotto forma di energia, ma fino a un
determinato limite. L’insulina viene secreta in seguito ad un pasto ed è necessario per immagazzinare tutti i
nutrienti sotto forma di glicogeno. Durante la fase di digiuno viene secreto il glucagone, che ha l’effetto
opposto, cioè rende disponibile il glucosio come fonte di energia.
Se la concentrazione di glucosio supera i 100mg/dl viene prodotta insulina, i cui tessuti bersaglio sono
fegato, tessuto adiposo e muscolo scheletrico, e le sue azioni biologiche sono: l’aumento della captazione
del glucosio dal circolo e l’aumento dell’utilizzo del glucosio per produrre energia. Il glucosio aumenta, le
cellule beta producono insulina, fegato, muscolo scheletrico e tessuto adiposo sono i bersagli, e l’effetto
finale è l’abbassamento del glucosio plasmatico.
Normalmente il glucosio non entra nelle cellule, e l’insulina nel tessuto adiposo permette l’entrata di
glucosio all’interno della cellula, tramite dei trasportatori del glucosio detti GLUT-4, questi vanno sulla
membrana e fanno entrare il glucosio all’interno della cellula. Il glucagone aumenta il glucosio plasmatico, i
chetoacidi e gli acidi grassi.
La mancanza di secrezione di insulina o problemi nella sua recezione causano il diabete (diabete I o II); esso
causa come effetti acuti iperglicemia, glicosuria (perdita di glucosio in urine), poliuria (urina molto diluita),
disidratazione, chetoacidosi; come effetti secondari infarti cerebrali, lesioni del microcircolo, retinopatia
diabetica, neuropatia.