• Le considerazioni sin qui svolte (v. parte I) in ordine all’ampliamento, da parte del legislatore del 2003, della tipologia degli strumenti di finanziamento a disposizione delle società per il reperimento di risorse finanziarie, consentono di concludere per una innovativa elasticità degli strumenti stessi che ha comportato il significativo smussamento dei tradizionali confini tra i medesimi.
Premessa (2)
Il sistema originario del codice aveva un suo significativo rigore fondato sulla distinzione tra “capitale di rischio” e “capitale di debito”: il primo, centrale nella prospettiva societaria, poneva però i titolari del medesimo nella posizione di veder soddisfatto l’interesse di ricevere utili solo in via residuale, una volta che la società avesse adempiuto ai propri debiti; il secondo, eventuale e periferico, poneva però i titolari del medesimo in una situazione di primazia, ove la loro soddisfazione era certa e precedeva ogni altra posizione.
Di qui la distinzione tra “rischio” e “debito” che caratterizza i due momenti; l’incertezza dell’uno contrapposta alla certezza dell’altro.Quella che, nei paesi anglosassoni, con formula plastica, viene indicata come “residual claimants” e “fixed claimants”; residuale ed eventuale, dunque, la prima; certa la seconda.
La riforma societaria del 2003 ha, sul punto, profondamente innovato. Il solco, dapprima tracciato, è apparso troppo rigido ed inadeguato ai tempi. Il confronto con il panorama internazionale ha dimostrato che le imprese italiane, costruite secondo quegli schemi, non erano più in grado di competere proprio in ragione di quell’irrigidimento, che le poneva in condizione di finanziarsi a costi più elevati mortificandone la competitività.
Quali, in questo rinnovato contesto, le linee guida? Fondamentalmente due: riduzione del solco tra le due categorie tracciate attraverso un ampliamento dei canali di finanziamento:riduzione effettuata con una profonda rivisitazione degli strumenti in ciascuna contenuto e con la creazione di un tertium genus che partecipasse ora dell’una ora dell’altra, ovvero ne fosse completamente alieno; lasciando all’autonomia statutaria la libertà di modellare strumenti di finanziamento più rispondenti alle esigenze dell’impresa.
Le linee di intervento del d.l. 83/2012 (1)Le linee di intervento del d.l. 83/2012 (1)
Oltre a riformulare la disciplina delle cambiali finanziarie, l’art. 32, nei commi da 19 a 26, d.l. 83/2012 convertito, introduce alcune disposizioni specificamente riferite alle emissioni di obbligazioni partecipative e subordinate, da parte di società non emittenti strumenti finanziari rappresentativi del capitale quotati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, «diverse dalle banche e dalle microimprese», che integrano il descritto quadro normativo civilistico delle obbligazioni (art. 32, comma 19).
Microimprese sono quelle imprese «il cui organico sia inferiore a 10 persone e il cui fatturato o il totale di bilancio annuale non superi 2 milioni di euro»: v. art. 2, comma 3, Allegato alla Raccomandazione della Commissione UE 6 maggio 2003, n. 361/2003/CE, GUCE, 20 maggio 2003, L 124.
Le linee di intervento del d.l. 83/2012 (2) Le linee di intervento del d.l. 83/2012 (2)
In breve, le principali novità consistono:a) nella “delimitata” cerchia dei soggetti legittimati ad emettere le obbligazioni in esame;b) nella scadenza, pari o superiore a 36 mesi;c) nella miglior definizione delle condizioni, ricorrendo lequali è consentito prevedere la «subordinazione ad altri creditori», ovvero la partecipazione ai risultati d’impresa.
• In buona sostanza, l’intervento normativo individua le caratteristiche civilistiche che i suddetti titoli devono possedere ai fini della loro qualificazione come vere e proprie obbligazioni (rientranti, quindi, nell’ambito dell’art. 2411, 1 e 2 co., c.c.).
Le linee di intervento del d.l. 83/2012 (3) Le linee di intervento del d.l. 83/2012 (3)
Le nuove norme sostanzialmente mettono le piccole e medie imprese in condizione di emettere bond senza limiti e senza svantaggi fiscali, perchéviene cancellata la differenza di trattamento tra società emittenti quotate e non quotate.
Dal punto di vista fiscale, il regime delle obbligazioni emesse da società non quotate viene allineato a quello più favorevole delle società quotate. In particolare, al pari delle quotate, le società non quotate possono avvalersi dell’esenzione dall’applicazione della ritenuta sugli interessi e altri proventi corrisposti sulle obbligazioni e titoli similari, compresi commercial paper e strumenti subordinati partecipativi (altrimenti pari al 20%), qualora tali titoli siano ammessi alle negoziazioni su mercati regolamentati o su sistemi multilaterali di negoziazione.
Inoltre, le società non quotate possono dedurre gli interessi passivi corrisposti sulle obbligazioni e titoli similari secondo le stesse regole previste per le società quotate (vale a dire nei limiti del 30% dell’ebitda risultante dall’ultimo bilancio approvato).
Le linee di intervento del d.l. 83/2012 (4) Le linee di intervento del d.l. 83/2012 (4)
Va sottolineato che sino al momento della conversione in legge del d.l. 179/2012, alcuni dubbi sussistevano in caso di emissione di obbligazioni quotate da parte di una società italiana non quotata, perché il d.l. 83/2012, per attribuire ai bond emessi da società non quotate lo stesso regime fiscale previsto per i bond emessi da societàquotate, richiedeva che i titoli fossero sottoscritti da investitori qualificati ai sensi dell’art. 100 del TUF e che questi non fossero soci dell’emittente oltre la soglia di partecipazione del 2%.
La norma non specificava le implicazioni fiscali che sarebbero derivate nel caso in cui, per effetto delle normali transazioni sul mercato secondario, i bond non fossero rimasti nel portafoglio di quegliinvestitori. In sede di conversione del d.l. 179/2012 è stata modificata la norma ed eliminato, solo nel caso di bond quotati, il riferimento a questo requisito. Che invece resta per le cambiali finanziarie.
Le linee di intervento del d.l. 83/2012 (5) Le linee di intervento del d.l. 83/2012 (5)
Sempre in sede di conversione del d.l. 179/2012, è stata cancellata una norma prevista dal d.l. 8372012 che avrebbe di fatto reso quasi impossibile il decollo del mercato dei minibond.
Nella versione del d.l. 83/2012, infatti, era previsto che le piccole e medie imprese non quotate potessero emettere bond con tutti i vantaggi sopra descritti, soltanto se avessero ottenuto il supporto di uno sponsor, che sottoscrivesse, e mantenesse in portafoglio sino alla scadenza, una quota dell’emissione (di almeno il 5% per un’emissione sino a 5 milioni; di almeno il 3% sino 10 milioni; e di almeno il 2% oltre i 10 milioni) e che fungesse da market maker, garantendo la liquidità dei titoli.
Nella nuova versione della norma, invece, l’obbligo di sponsor resta soltanto in relazione alle emissioni di cambiali finanziarie.
Le obbligazioni partecipative (1)Le obbligazioni partecipative (1)
La clausola di partecipazione regola la parte del corrispettivo che spetta al portatore del titolo, commisurandola al risultato economico dell’impresa.
Tali obbligazioni vengono, pertanto, assoggettate alla disciplina del codice civile che le assimila a strumenti di patrimonializzazione, potendo prevedere una remunerazione in parte fissa e in parte variabile (nella forma di remunerazione commisurata al risultato economico dell’esercizio dell’impresa).
Con riferimento a tale ultimo elemento caratterizzante le obbligazioni in oggetto, si evidenzia che la parte variabile del corrispettivo va calcolata in proporzione agli utili d’esercizio della società emittente, in analogia a quanto già precisato dall’Amministrazione finanziaria allorquando è stata data interpretazione alla locuzione “risultato economico” nell’ambito della riforma dell’imposta sul reddito delle società‐Ires (AGENZIA DELLE ENTRATE, Circolare n. 26/E del 16 giugno 2004).
Le obbligazioni partecipative (2)Le obbligazioni partecipative (2)
La legge, tuttavia, fissa anche un limite alla discrezionalitàdelle parti, prevedendo che la suddetta somma (parte variabile) sia proporzionata al rapporto tra obbligazioni partecipative in circolazione e capitale sociale, aumentato della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato (art. 32, comma 21).
Come specificato nel comma 22, le regole di calcolo della parte variabile del corrispettivo: ‐ sono fissate all’atto dell’emissione, ‐ non possono essere modificate per tutta la durata del prestito,‐ sono dipendenti da elementi oggettivi ‐ e non possono discendere, in tutto o in parte, da deliberazionisocietarie assunte in ciascun esercizio di competenza.
Le obbligazioni partecipative (3)Le obbligazioni partecipative (3)
Infine, la variabilità del corrispettivo riguarda la remunerazione dell’investimento e non si applica al diritto di rimborso in linea capitale dell’emissione (comma 23).
La parte fissa del corrispettivo riconosciuto al portatore del titolo non può comunque essere inferiore al tasso ufficiale di riferimento pro tempore vigente. È prevista, inoltre, una sorta di cedola annuale, che va versata entro 30 giorni dal bilancio.
Le obbligazioni partecipative: gli obiettiviLe obbligazioni partecipative: gli obiettivi
Attraverso la clausola partecipativa il titolo consentedi modulare gli esborsi finanziari in funzione dei risultati d’impresa, favorendo la sostenibilità delle fasi di rapida crescita o di ristrutturazione, in cui i flussi di cassa possono essere sotto tensione per investimenti e per ricostituzione dei margini operativi.
Obiettivo finale è di consentire alle imprese una maggiore libertà nell’accesso al mercato dei capitali di debito…seppur limitando l’autonomia nella fase di costruzione del prodotto finanziario.
Le obbligazioni partecipative: incertezze interpretative
Le obbligazioni partecipative: incertezze interpretative
• La norma prevede che le obbligazioni partecipative possano essere emesse soltanto da società non quotate:
le obbligazioni non potranno essere oggetto di ammissione alla quotazione? Oppure i limiti imposti devono essere rispettati solo nel caso in cui i titoli non siano quotati (e quindi i titoli quotati possono avere caratteristiche difformi)?
le emissioni da parte di emittenti quotati non sono limitate dalle nuove norme? Oppure l’emissione di tali strumenti finanziari è “riservata” agli emittenti non quotati?
Le obbligazioni subordinate (1)Le obbligazioni subordinate (1)
• La clausola di subordinazione, contenuta nel regolamento del prestito, definisce i termini di postergazione del portatore del titolo rispetto ai diritti degli altri creditori della società che hanno la precedenza, ad eccezione dei sottoscrittori del solo capitale sociale.
• In tal modo si rafforza la struttura finanziaria dell’impresa tutelando meglio le ragioni creditorie dei clienti e dei fornitori, nonché dei creditori ordinari e garantiti. Al riguardo il comma 20 dell’art. 32 precisa che «Alle società emittenti titoli subordinati si applicano le norme di cui all’articolo 2435 del codice civile. Le emissioni di obbligazioni subordinaterientrano tra le emissioni obbligazionarie e ne rispettano i limiti massimi fissati dalla legge».
Le obbligazioni subordinate (2)Le obbligazioni subordinate (2)
La ratio della disposizione contenuta nel d.l. 83/2012 èquella appunto di consentire, tramite la clausola di subordinazione, un rafforzamento del capitale senza intaccare l’equilibrio societario e proprietario, mantenendo la coesione e la determinazione dell’assetto di comando aziendale.
Senz’ombra di dubbio si è in presenza di una novità di grande rilievo e soprattutto di uno strumento che potrebbe agevolare molti processi di vera ristrutturazione o di ingresso di capitali “vaganti” di privati in imprese anche di piccola dimensione.
Le obbligazioni subordinate (3)Le obbligazioni subordinate (3)
La dilatazione dei confini del titolo obbligazionario fa sorgere talune questioni, specialmente con riferimento al contestuale esercizio dei diritti dei possessori di altri strumenti finanziari e, soprattutto, degli azionisti.
Il problema coinvolge altri temi più generali, quali la definizione di finanziamento “vero e proprio” in contrapposizione con altri apporti di natura “ibrida”, costituiti da finanziamenti in cui non siaravvisabile una vera e propria causa mutui.
Le obbligazioni subordinate (4)Le obbligazioni subordinate (4)
In particolare si pone la questione relativa al massimo grado di subordinazione ammissibile perché il titolo obbligazionario possa davvero definirsi tale. In effetti, la subordinazione del soddisfacimento dei creditori obbligazionisti non può operare indefinitamente,
perché altrimenti vi sarebbe una completa sovrapposizione tra la posizione dei fixed claimants e quella dei residual claimants, rappresentati, come si èdetto, dagli azionisti, la cui presenza è necessaria e che si caratterizzano per avere voce nel governo della società e per potere ottenere il rimborso dell’investimento solo in via residuale, dopo che siano stati soddisfatti tutti i creditori.
Le obbligazioni subordinate (5)Le obbligazioni subordinate (5)
• In definitiva, la subordinazione o postergazione delleragioni degli obbligazionisti può operare, senza che venga in discussione la natura obbligazionaria dello strumento finanziario, con riferimento alla sola soddisfazione dei diritti degli altri creditori della società e certamente non dei diritti dei soci o di alcune categorie di essi.
• Si può, quindi, affermare che sia connaturata all’essenza del titolo obbligazionario l’impossibilità di postergare ilrimborso del finanziamento al rimborso di qualsiasi investimento rappresentato da azioni.
Il superamento dei limiti di cui all’art. 2412 cod. civ. (2)Il superamento dei limiti
di cui all’art. 2412 cod. civ. (2)In primo luogo, scompare ogni riferimento al soggetto – la società quotata – che può emettere queste obbligazioni per le quali – si è appena detto – “non si applicano” i primi due commi dell’art. 2412.
Il comma 5 del medesimo articolo, prima di essere rettificato dal Decreto, consentiva di superare o, per meglio dire, di “non applicare” il “limite dimensionale” nel caso di prestiti obbligazionari: (i) emessi da società con azioni quotate in mercati regolamentati e, contestualmente, (ii) destinati alla quotazione in un mercato regolamentato: il medesimo di quotazione della società ovvero anche uno diverso.
Il superamento dei limiti di cui all’art. 2412 cod. civ. (3)Il superamento dei limiti
di cui all’art. 2412 cod. civ. (3)Pertanto, alla luce della nuova disciplina, il limite quantitativo sopra descritto non trova applicazione né alle società con azioni quotate néalle società con azioni non quotate, a condizione che le obbligazioni emesse siano destinate alla quotazione in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, ovvero conferiscano il diritto di acquisire o di sottoscrivere azioni.
Tale innovazione normativa ha permesso di eliminare una limitazione che per lungo tempo aveva ostacolato il ricorso al mercato dei capitali da parte di società con capitalizzazione relativamente bassa a prescindere poi dal reale ed effettivo potenziale di attrarre investitori.
Il superamento dei limiti di cui all’art. 2412 cod. civ. (4)Il superamento dei limiti
di cui all’art. 2412 cod. civ. (4)Si è appena ricordato che il quinto comma dell’art. 2412, c.c., codificava (e continua a codificare) un regime “in deroga” e – aggiungo – “di favore” che, come abbiamo appena visto, prima del d.l. 83/2012, era riservato alle società quotate.
L’opzione legislativa, tesa ad elidere questo requisito “soggettivo”, si spiega considerando che l’accesso al mercato dei capitali è retto da regole che sotto svariati aspetti (soprattutto tributari) penalizzano l’operatività delle imprese non quotate. L’impossibilità (giuridica) per queste imprese di avvantaggiarsi del “regime in deroga” non ha fatto altro che acuire, per anni, la disparità tra società quotate e non quotate.
È, appunto, il divario competitivo tra imprese quotate e non quotate che il legislatore del Decreto ha voluto colmare o, quanto meno,“assottigliare” permettendo, anche alle imprese non quotate, di servirsi del “regime in deroga”.
Il superamento dei limiti di cui all’art. 2412 cod. civ. (5)Il superamento dei limiti
di cui all’art. 2412 cod. civ. (5)• La ratio del “regime in deroga” (così illustrata nella Relazione
che ha accompagnato l’entrata in vigore dello “storico” d.lgs. n. 6/2003) risiedeva nel fatto di essere, la quotazione, uno strumento che consente (su base continuativa) il “controllo del mercato” innalzando, almeno in potenza, il livello di trasparenza tanto delle società ammesse alla quotazione quanto delle singole operazioni compiute sui mercati regolamentati.
• Per questa via, se oltre alla società anche il prestito è quotato (o destinato alla quotazione), il pubblico degli investitori è (o, per meglio dire, si presume sia) nelle condizioni di stimare, in maniera completamente informata, la qualità dell’investimento che si accinge a perfezionare, sottoscrivendo titoli (mercato primario) ovvero successivamente acquistandoli (mercato secondario).
Il superamento dei limiti di cui all’art. 2412 cod. civ. (6)Il superamento dei limiti
di cui all’art. 2412 cod. civ. (6)La modifica introdotta dal d.l. 83/2012, già sotto questo profilo, va salutata con favore: ed, invero, se già il prestito è quotato, si può a ragione ritenere che la quotazione anche della società (delle sue azioni) non è un presupposto che, almeno di per se stesso, aggiunge “elementi di tutela” di tale, decisiva importanza da motivare una deroga al limite dimensionale.
Del resto, già in sede di primo commento alla riforma del 2003, si avanzano autorevoli riserve proprio sulla reale capacità del mercato di compiere un’efficace opera di monitoraggio‐controllo e, quindi, in definitiva, anche di auto‐regolarsi.
Il superamento dei limiti di cui all’art. 2412 cod. civ. (7)Il superamento dei limiti
di cui all’art. 2412 cod. civ. (7)
La normativa introdotta con il d.l. 83/2012 ha spostato il focusdalla quotazione delle azioni della società alla quotazione su mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di negoziazione delle obbligazioni stesse, a dimostrazione che i presidi informativi previsti da tali mercati in congiunzione conle direttive comunitarie applicabili, dovrebbero garantire un minore rischio rispetto alle situazioni verificatesi in passato.
A supporto di quanto sostenuto, si sono ben presto sviluppati nuovi mercati di negoziazione (quali, ad esempio, l’Extra MOT Pro recentemente organizzato e gestito da Borsa Italiana, cosìcome anche altre analoghe piattaforme di negoziazione presenti in altre piazze europee), che sembrano specificamente rivolgersia questo tipo di prodotto finanziario e di emittente.
Il superamento dei limiti di cui all’art. 2412 cod. civ. (8)Il superamento dei limiti
di cui all’art. 2412 cod. civ. (8)• A favore della scelta operata dal legislatore del Decreto militano, poi, anche ragioni di tipo operativo o, se si preferisce, valutazioni di opportunità pratica: credo, infatti, che si possa affermare che le aperture contenute nel Decreto potranno servire a dare nuovo impulso al mercato del “credito diffuso” (v. disintermediazione bancaria) stimolandone, in particolare, l’accesso da parte, soprattutto, di quelle imprese – appunto, le non quotate – che, fino ad oggi, sono rimaste ai margini di questo mercato o comunque hanno stentato a farvi ingresso (penso, a titolo meramente evocativo, alle piattaforme degli Eurobond).
Il superamento dei limiti di cui all’art. 2412 cod. civ. (9)Il superamento dei limiti
di cui all’art. 2412 cod. civ. (9)Più sfumati, ma non per questo da tralasciare, paiono invece i “benefici” sul piano interpretativo e, quindi, della certezza delle norme che stiamo commentando: l’enunciato ante‐Decreto del quinto comma dell’art. 2412, c.c. lascia(va), infatti, aperti una serie di interrogativi ai quali, attenta dottrina, aveva comunque fornito una riposta: ad esempio, uno dei temi di discussione era quello del delisting della società e, cioè ci si chiedeva:
se ed a quali condizioni la società che ha emesso un prestito avvalendosi del Regime in Deroga potesse, successivamente, procedere col ritiro dalla quotazione oppure
cosa accadeva se il ritiro dalla quotazione dovesse comunque avvenire.
E’ di prima evidenza che, oggi, grazie alla semplificazione dei requisiti di accesso al Regime in Deroga contenuta nel Decreto, sarebbe a dire il venir meno della preesistente quotazione della società, dubbi di questa evidente portata pratica possono, definitivamente, ritenersi non più attuali.
Il superamento dei limiti di cui all’art. 2412 cod. civ. (10)
Il superamento dei limiti di cui all’art. 2412 cod. civ. (10)
Il Limite Dimensionale stabilito dall’art. 2412, c.c., è una peculiarità(ancorché non del tutto esclusiva) del nostro diritto e, quindi, non èdifficile intravedere dietro singolarità di questo genere un problema di concorrenza tra ordinamenti: il rischio, in sostanza, è che in sede di accesso al mercato dei capitali, le nostre imprese (non quotate) possano incontrare “barriere all’entrata” che non farebbero altro che limitarne la capacità competitiva.
Pare, dunque, di poter affermare che disposizioni come l’art. 2412 (e –beninteso – non solo il suo comma 5) sollevano un problema oltre che interno anche “internazionale” nel senso che l’esigenza di assicurare una tendenziale parità di armi nella corsa all’approvvigionamento di mezzi finanziari sul mercato dei capitali non viene solo in rilievo nei rapporti tra società quotate e non quotate “di diritto italiano” ma anche tra imprese italiane e competitors esteri.
L’art. 2412 cod. civ. : proposte di ulteriori modifiche
L’art. 2412 cod. civ. : proposte di ulteriori modifiche
Non meraviglia, dunque, che la possibile abrogazione dell’art. 2412, c.c. sia tutt’altro che un tema dell’ultima ora: di recente se ne è, per esempio, tornato a parlare in occasione di un “tavolo di lavoro” messo in piedi dalla Consob sulla Concorrenza fra sistemi di regole e vigilanza (in concomitanza con altri due tavoli di lavoro sempre avviati da Consob e dedicati alle “macro aree” della Semplificazione regolamentare del mercato finanziario italiano e della Raccolta bancaria a mezzo di obbligazioni, prospetto e regole di condotta (cfr. Documento di Consultazione del 25 luglio 2011, pag. 26).
È stato altrimenti suggerito di permettere il superamento del limite in caso di emissioni destinate ad investitori professionali non vigilati e di eliminare la garanzia per la solvenza dell’emittente a carico degli investitori istituzionali nei confronti degli investitori non istituzionali.