Un bacile figurato a Udine
Durante i lavori di bonifica della bassa friulana è tornato in luce, qualche anno fa, un bacile di rame inciso con figurazioni relative alla leggenda di Sansone, che ora si trova nel Museo Civico di Udine. Per quanto sia molto diverso nel sistema decorativo, il nuovo bacile chiaramente appartiene alla stessa famiglia dell'altro, recante figurazioni delle Virtù, che fu scoperto in Roma, accanto a Santa Maria in Selci, nel 1888 1).
Sono questi gli unici due esempi conosciuti in Italia; molti altri, che verranno ricordati in seguito, se ne trovano altrove e specialmente in Germania. Per il momento, tuttavia, conviene ricordare subito un terzo bacile, illustrante in forma quasi uguale gli stessi episodi della stessa leggenda, il quale proviene da una vallata del Tirolo e, quando fu illustrato dal FrimmeI 2), si trovava a Vienna presso il Dott. SchefRer. Noteremo man mano le poche differenze di carattere iconografico ed epigrafico, che si notano confrontando i due bacili, per poi tentare di chiarire ulteriormente l'indirizzo stilistico al quale potrebbe appartenere questo esempio raro e non del tutto insignificante della produzione artigiana medioevale.
Ambedue i bacili portano nell'interno otto scene incise al bulino e una nona nell'umbo, chiusa in cerchio dalle rimanenti, che si svolgono, come in un fregio, lungo la parte rilevata a conca, sotto una serie di arcatelle gravanti su colonnine basse e larghe apparate di panni. In ciascuno degli archivolti è inserita un'epigrafe di commento, e cosÌ pure nel cerchio intorno all'umbo; nei pennacchi sono disegnate figurine animali isolate e
l) Bollettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma, III Serie, 1888, p. 422, e R. DE LASTEYRIE, Notice sur un plat de bronze gravé decouvert à Rome, in JJ:cole française de Rome, Mélanges d'arch. et d'histoire, XI (1891), p. 261.
affrontate due a due, derivanti da uno stesso bestiario. Le otto scene ancora leggibili, poichè la nona dell'umbo, in ambedue i casi, è quasi completamente cancellata, si riferiscono alla leggenda di Sansone, com'è narrata dal Libro dei Giudici (Judic., XIII e XIV), e si svolgono nell'ordine seguente:
1) L'annuncio della nascita di Sansone. Manoa si dispone a sacrificare il capretto davanti a un altare pagano apparato di panni e recante accesa la fiamma. Dietro di lui è la moglie. Iscrizione: V 0-
BIS NATUS ERIT SIBI OVEM DEUS IPSE SACRABIT. A Vienna la stessa epigrafe era stata letta: VOTIS NATUS ERIT SIBI QuÉ DS IPSE SACRA VIT.
2) La nascita. Due donne seggono su due sgabelli e l'una affida all' altra il fanciullo. In ambedue è l'iscrizione: EccE p ARIT STERILIS SIC URGENT lUSSA TONANTIS.
3) La lotta con il leone. Sansone preme con un ginocchio sulla schiena della bestia accovacciata, cui torce le mascelle. La sua lunga capigliatura è mossa dal vento. I scrizione: BRACHIA SAMSONIS DOMVERUNT ORA LEONIS. Quella di Vienna è eguale, ma era stata erroneamente integrata: BRACHIA SASONIS (te)NUERUNT ORA LEONIS.
4) Le nozze. Sansone parla gesticolando all~ fidanzata, che gli viene presentata dai genitori. Iscrizione: HIC ALlENIGENE SASON COPULATU AMlc(ae). A Vienna manca la sincresi dell'ae.
5) Il convito. I due giovani sposi si abbracciano. Seggono con loro, dall'uno e dall'altro lato della tavola imbandita, i due convitati ai quali Sansone proporrà
2) TH .. FRIMMEL, in Mitteilungen der k. k. CentralCommission zur Erfoschung und Erhaltung der Kunst un~ historische Denkmale, vol. XII. Anche le misure di questI bacili in genere concordano, oscillando fra i 250 e i 350 rum. di diametro.
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TAV. L I T
Fi". 1. DI NE : Museo Civico. F ig. 2. DINE: Museo Civi o. L'nnnuncio della nascita di an sane. La na cita di San one.
Fig. 3. DINE: 1u eo Civico. F i". 'k DI ' E : ~lu~eo ivico. La lotta con il Icone. Lo posa1iz io di ~· a n son e.
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Fil!. 5. DI E: Musco ivico. Il co n ito.
Fig. 7. DINE: Museo Civico. J g iovani di Timnat portano la oluzione dell 'enigma .
T AV. LXX.
Fig. 6. DI E: fusco Civico. I giovani di Timnat chiedono a Dalila la soluzionr dell'enigma.
Fig. 8. U DIN E: Musco Civico. La poliazion c degli Ascaloniti.
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la soluzione dell'enigma. Iscrizione: IUNCTI DANT EPULAS AGITANT p(ro)BLEMATA cuRAC a Udine e a Vienna: LETus CONVIVIS PROPONIT ENIGMATA LETIS.
6) Dalila viene esortata a confidare la soluzione dell' enigma. A Udine manca la personificazione allegorica dello spirito della lusinga, che è a Vienna. In ambedue è l'iscrizione: CIVIBUS AUXILIO SI. POSSIS ADESE MEMENTO.
7) I giovani recano a Sansone la soluzione dell' enigma. Sansone siede su uno sgabello a destra. Ha in testa una corona, di tipo carolingio. I scrizi,one: DULcEDo MELLI VIRTUS EST MAGNA LEONIS.
8) Sansone toglie le spoglie agli Ascaloniti . Nei cieli è il padiglione dichiarante la presenza di Dio. Sansone ha i capelli sollevati in quattro ciocche sulla fronte, sulle tempie e sulla nuca, come, in altri bacili, la figura dei Vizi e spesso nella tarda arte medioevale le personificazioni demoniache e del male. In terra è una veste. Uno degli Ascaloniti si copre la fronte con le due mani, mentre al secondo la copre lo stesso Sansone. La leggenda spiega: UT FERAT EXUVIAS c(on)SURGI(t) IN Asc(al)ONITAS.
A Vienna la scena precedente manca, mentre all'incontro vi è sdoppiata in due episodi, uno dei quali ha lo stesso valore figurativo di quello della lusinga fatta a Dalila dai giovani di Timnat, la scena dell'Uccisione degli Ascaloniti e della Distribuzione delle loro spoglie ai giovani convitati risolutori dell'enigma. La seconda di queste scene è commentata dall' epigrafe : UT FERAT EXUVIAS CONSURGIT IN ASCALONITAS, la quale deve esser e inv ece restituita al posto della settima scena, raffigurante Sansone in atto di colpire con la clav a (?) due giovani distesi in terra, mentre un altro lo supplica. L 'iscrizione
3) BAR ON BÉTHUNE, Les bassins liturgiques, in R evue de l'art chrétien, XXIX (1886), pp. 318 e 443.
') H E TTNER, in Jahrb. des Vereins fur A ltertumsfreunde in Rheinlande, LXIX, p. 28.
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di questa: HIS GRAVI T CESIS VESTES PARTITUR AMICIS, commenta invece la rappresentazione dell'ottava scena.
Rimane ancor.a da notare che i due bacili illustrano unicamente la prima parte della leggenda di Sansone. Una seconda puntata doveva aver luogo in un altro bacile analogo perchè sappiamo che questi pezzi, evidentemente fabbricati in serie, venivano prodotti con l'intento di formare di essi coppie gemelle e inseparabili: a Betlemme e a Gand, anzi, se ne conservano degli esempi ancora appaiati.
La lavorazione in serie spiega i frequenti errori ortografici o addirittura linguistici, le continue, seppure lievi, varianti iconografiche, comprovanti che le incisioni venivano liberamente eseguite sulla base di modelli preesistenti, e la preferenza per argomenti i quali, piuttosto che spartire la narrazione in due capitoli, si prestassero a comporre una contrapposizione concettuale. La più diffusa fra queste fu la rappresentazione delle Virtù e dei Vizi, in composizioni ispirate alla P sicomachia di Prudenzò, di cui conosciamo almeno sei esemplari, conservati attualmente a Gand, a Groninga, a Monaco, a Roma, a Koenigsberg e ad Herr enhausen. Altre volte furono invece prescelti argomenti di carattere dottrinale (I Sette doni dello Spirito Santo a Xant en 3) o di carattere moraleggiante, quale può essere offerto dalle parabole bibliche (Il Buon Samaritano a Treviri 4). In altri ancora si notano episodi tratti dalla vita dei Santi (Storie di S. Orsola ad Aquisgrana e di S. Tommaso Apostolo .a Betlemme 5, a Londra e a Parigi 6) o più di rado, la loro immagine isolata, allo stesso modo dei bizantini (S. Giorgio a Londra). In qualche altro caso si hanno illustrazioni di mitologie pagane (Piramo
6) C. ENLART , L es Monuments des Croisés dans le Royaume de J érusalem, voI. I , P arigi 1925 p. 187 sgg.
6) M ARQUET D E V ASSELOT, in Bull. de la Soc. Nat. des Antiq. de France, 1906, p. 394 sgg.
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e Tisbe a Soissons, Ercole e Cadmo a Londra, e l'Educazione d'Achille, secondo la Tebaide di Stazio 7, nel Cabinet des Medailles di Parigi) ,ed infine, ma molto raramente, di tipo puramente ornamentale (i Soli e gli Uccelli di Gand).
Queste ultime illustrazioni profane sono state considerate come la miglior prova per escludere la speciale destinazione liturgica dei bacili in questione; ma a prescindere dal fatto che quelli di Xanten e di Betlemme ancora conservano la loro destinazione originaria, non è impossibile di rintracciare negli antichi inventari chiesastici il ricordo di bacili recanti figurazioni profane o classiche 8). Comunque, se è inesatto l'attribuire a questo tipo di bacili una speciale designazione liturgica, ciò dipende unicamente dal fatto che i bacili liturgici non formarono mai un tipo a sè, determinato da particolari norme o necessità liturgiche, e che in questa parte della suppellettile non vi fu 'mai una precisa distinzione fra l'uso profano e l'ecclesiastico, come non vi fu mai per i pettini, gli acquamanili e gli altri oggetti similari: ed anche dal poco che si può cavare dagli antichi testi, a cominciare dal Liber Pontificalis, che ricorda con sufficiente frequenza i doni di acquamanili e di lavamani, fatti dai papi alle chiese romane, sembra confermato che essi fossero destinati indifferentemente al doppio uso profano ed ecclesiastico. La stessa cosa accadde in seguito con i gémellions limosini ed ancora più tardi con quei piatti per offerte, diffusi in Italia dai centri germanici di produzione alla fine del secolo XV, nei quali, sebbene fossero prodotti unicamente per l'uso ecclesiatico, riCOITono spesso motivi di origine classica (per es . la medaglia di Cicerone) e spesso figurazioni bibliche o evangeliche, fra le
7) M. PROU, in Gazette Archéologique, 1886. 8) L'inventario di Carlo V ricorda « 2 bacins de chapel
le .... à un esmail de 2 dames qui tiellnet 2 faucons» (citato in GAY, Glo$saire Archéologique, s. v . Bacin). AJtri esempi
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quali è bene ricordare, per la chiara allusione all'impiego che di essi veniva fatto, la scena di Caleb e di Giosuè riportanti il grappolo meraviglioso dalla Terra Promessa: spesso poi, nelle iscrizioni tedesche del fondo, ricorre il nome di Martin Lutero, che tuttavia non sembra riferirsi al grande riformatore, ma alla persona di un ramaio di Augusta, umile e senza storia 9) .
N on è improbabile quindi che questi bacili fossero proprio quelli usati per le abluzioni della Messa, secondo il rito già stabilito a metà del IV secolo e di cui rimane un ricordo nella Mistagogia di S. Cirillo da Gerusalemme.
Indipendentemente da quella che può essere stata la loro destinazione, il confronto fra i bacili di Udine e di Vienna ci dice che la narrazione procede con un sincronismo quasi completo nelle sei prime scene, per poi confondersi nelle due ultime, per le quali tuttavia non sembra che la tradizione iconografica e letteraria della leggenda fosse ben presente nello spirito degli incisori.
In complesso, il bacile di Udine è pm aderente al racconto e meno semplificato e inesatto nelle diciture; ma in fin dei conti, siccome è superiore a quello di Vienna anche per una maggiore purezza stilistica ed un più chiaro impianto narrativo, non è da escludere un certo divario nella loro datazione. Le molte affinità, d'altro lato, sono cosÌ evidenti da far ritenere con assoluta certezza che siano usciti da . un identico centro di produzione: il quale deve essere stato lo stesso non soltanto per questi due bacili, ma per tutta la serie già citata che, formando un gruppo omogeneo, derivante le sue forme da modelli grafici sul tipo dell' Hortus Deliciarum ma sicuramente più antichi, può servire come sicura traccia
in CABROL-LECLERQ, Dict. d'arch. chrét. et de Liturgie, s. v. Bassin.
9) Gazelle des Beaux Arts, XXX, p. 167.
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per ricomporre archeologicamente la trama di quello che dovette essere lo stile disegnativo delle regioni della Mosa e della Mosella nel corso del XII secolo.
Chi voglia proporre una loro datazio-. ne dovrà tener presente questo carattere riflesso della parte ornata, che veniva eseguita su modelli preesistenti, la cui tradizione si potrehhe far risalire fin verso la metà o il principio del secolo XI : e che perciò lo sviluppo delle figurazioni potrehhe essersi anche affermato con qualche ritardo o con maggior torpore rispetto alle lihere creazioni della pittura monumentale o delle stesse arti minori.
Diversi indizi concordano nel suggerire che almeno una parte di questi hacili sia collocata intorno alla metà del secolo XII. Quelli della Basilica della N atività a Betlemme, i più francesizzanti di tutti, sono anteriori al 1187, anno della perdita definitiva di Gerusalemme da parte dei Crociati: quello di Aquisgrana con le Storie di S. Orsola è anteriore al 1170, perchè la stesura iconografica delle singole scene non tiene conto delle rivelazioni mistiche sulla sua vita di S. Elisahetta di Schoenau. All'incirca alla stessa epoca dovrehhero appartenere quelli di Gand, di Xanten e del Cahinet del Medailles di Parigi: ed al confronto con questi ultimi, infine, i hacili di Udine e di
Vienna dovrehhero essere alquanto pm recenti. Ma non crediamo, come parve al Frimmel per quelli di Vienna, che essi siano stati eseguiti nel Tirolo o in· Alto Adige' verso i primi anni del secolo XIII . La maggiore scioltezza narrativa e il tono quasi popolaresco, che in certi manierismi ricorda il miniatore dell'Adorazione dei Magi dell'Evangeliario della Certosa di Senales, ora nella Bihlioteca Universitaria di Innshruck, potrehhero meglio derivare dalla dipendenza da un comune modello. Il hacile del Buon Samaritano a Treviri e quello con la Leggenda di S. Orsola ad Aquisgrana, posseggono del resto quasi lo stesso impianto decorativo e narrativo, nè la maggiore rigidità araldica del hacile di Parigi con l'Educazione di Achille è un segno di diversificazione ma soltanto di maggiore arcaicità.
Il gruppo stilisticamente più puro fra questi hacili semhra dunque compreso entro lo spazio di tempo diuna generazione, tra il 1150 e il 1175 all'incirca; e il hacile di Udine, collocandosi . alla fine di questo sviluppo, semhra confermare l'unità stilistica dell'intero gruppo il quale, come è già stato osservato, semhra provenire da un centro di produzione situato nel territorio della Mosa.
ANTONINO SANTANGELO.
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