UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI
DIPARTIMENTO DI MEDICINA INTERNA E MEDICINA PUBBLICA
DOTTORATO DI RICERCA
PATOLOGIA MEDICO-LEGALE E TECNICHE CRIMINALISTICHE
Coordinatore: Prof. Massimo COLONNA
SETTORE DISCIPLINARE MED/43
___________________________________________________
XXIV CICLO
TESI DI DOTTORATO
Attività di Patologia Forense
su Scheletri del Periodo Neolitico
Coordinatore: Chiar.mo Prof. Massimo COLONNA
Supervisore (Tutore): Chiar.mo Prof. Francesco INTRONA
Dottorando: Dott. Aldo DI FAZIO
1
INDICE
INTRODUZIONE ............................................................. Pag. 03
CAPITOLO I ………………………............................... Pag. 07
LE INDAGINI DI SOPRALLUOGO
CAPITOLO II ……………………………................... Pag. 11
LE ATTIVITÀ DI RECUPERO
CAPITOLO III .................................................................. Pag. 18
LA DATAZIONE CON RADIOCARBONIO
CAPITOLO IV ………………………………............... Pag. 29
ANALISI MORFOLOGICA:
CAPITOLO V . ……………………………….............….Pag. 52
LE VALUTAZIONI ANTROPOMETRICHE
2
CAPITOLO VI . ……………………………….............….Pag. 61
LE VALUTAZIONI GENETICHE
CAPITOLO VII ……………………………….............….Pag. 63
LE VALUTAZIONI ODONTOIATRICO FORENSI
CAPITOLO VIII ……………………………….............….Pag. 72
LE INDAGINI RADIOLOGICHE
CAPITOLO XI ……………………………….............…. Pag. 77
IPOTESI SULLA CAUSA DEL DECESSO
CONCLUSIONI ………………..............….......…........... Pag. 82
BIBLIOGRAFIA ……………………................….........…. Pag. 88
3
INTRODUZIONE
Il ritrovamento di resti scheletrici di provenienza umana (o sospetta
tale), impone una analisi medico legale al fine di valutare correttamente il
reperto per escludere la possibilità di trovarsi di fronte al corpo di un reato.
Sulla base di tale necessità una branca specialistica della Patologia
Forense: l’Antropologia Forense, si occupa, prevalentemente, dello studio
dei resti scheletrici al fine di rispondere alle esigenze giuridiche in tali
ambiti.
Più specificamente i compiti dell’Antropologia Forense sono quelli di
studiare i resti scheletrici per accertarne la provenienza umana, individuare
l’epoca del decesso, ed ove richiesto, indagare sui mezzi e le cause di
morte, nonché fornire notizie utili all’identificazione personale.
L'Antropologia Forense è la scienza che si occupa dell'impiego e della
costruzione di tecniche osteologiche, anatomiche, antropometriche e
fisionomiche per la soluzione dei problemi medico legali.
Le applicazioni dell'Antropologia Forense in ambito medico legale
sono volte, nella maggior parte dei casi, al riconoscimento di soggetti
scomparsi, oppure privi di documenti identificativi, o vittime di lupara
bianca o di "mass disaster".
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Sulla base delle caratteristiche antropometriche dei resti scheletrici è
infatti possibile risalire all’identità di un soggetto.
L'identificazione personale a partire da resti scheletrici si basa sulla
determinazione dell'età, dell'altezza, del sesso e della razza (“The Big
Four”) del soggetto.
E’ inoltre possibile valutare l'epoca della morte e spesso anche della
causa della morte, grazie all'osservazione di lesività di tipo traumatico
rilevabili sui resti scheletrici.
Tutti questi dati possono essere forniti dall’esame di resti scheletrici
umani, a volte anche di semplici frammenti scheletrici.
Di fronte a campioni di resti scheletrici per i quali si sia accertata
un’epoca di morte superiore ai cinquanta anni cadono gli interessi di natura
giuridica (estinzione del reato art.172 C.P.).
Quando il Medico Legale viene chiamato ad esprimersi su resti
scheletrici che risultano essere molto antichi, il suo studio perde le
pressioni e le finalità in ordine alle esigenze giuridiche e si affaccia su
problematiche di tipo diverso in ambito Paleopatologico, Archeologico e
Paleodemografico.
Nel caso in esame, su richiesta della Soprintendenza per i Beni
Archeologici della Basilicata, si pose la necessità di valutare due scheletri
5
rinvenuti in Località Barricelle di Marsicovetere (Potenza), durante uno
scavo condotto dall’ENI per la posa di un oleodotto.
Tali resti scheletrici, erano già stati datati al Neolitico dall’equipe
archeologica intervenuta, sulla base di alcuni reperti e dello studio
stratigrafico del sottosuolo.
Durante le operazioni di scavo archeologico furono recuperati alcuni
tasselli relativi sia alla frequentazione del Paleolitico (lame in selce), sia,
soprattutto, a quella del Neolitico finale (resti di capanne e sepolture in
posizione rannicchiata).
Le origini di Marsico Vetere pare possano farsi risalire al periodo del
Neolitico: da esso fino all'Età del Bronzo, infatti, è accertata l'esistenza di
una “civitas” con caratteristiche di fortificazione, si hanno poi notizie
d'insediamenti di gruppi umani che vissero qui durante il periodo della
colonizzazione greca (dal XVIII sec.a.C.) e della successiva conquista dei
lucani prima, e, due secoli dopo, dei Romani, che fondarono l'avamposto
militare Grumentum nel III sec a.C.
La tesi illustrerà tutte le fasi di approccio e di valutazione del caso,
partendo dal sopralluogo e dal recupero dei reperti fino alla loro analisi più
fine sia di tipo anatomico (macro e microscopica) che di tipo strumentale,
dimostrando quanto sia ormai fondamentale un approccio multidisciplinare
6
in questi ambiti e quanto sia importante la rigorosa applicazione del metodo
medico legale.
Il lavoro di ricerca, che per alcuni ambiti è ancora in corso, ha visto la
partecipazione e la collaborazione di Genetisti Forensi, Radiologi Forensi,
Odontoiatri Forensi, Medici Legali e Archeologi al fine di giungere alle
risultanze che illustreremo in questa Tesi.
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CAPITOLO I
LE INDAGINI DI SOPRALLUOGO
I resti scheletrici furono rinvenuti nel corso di scavi effettuati dall’Eni
e finalizzati alla posa in opera di un oleodotto.
Lo scavo, condotto da Archeologi afferenti alla Soprintendenza per i
Beni Archeologici della Basilicata, era stato già delimitato da un reticolato
di rilevazione e sottoposto a tecniche di rilievo laser, venendo prodotto
anche un grafico planimetrico.
Durante le operazioni di scavo archeologico furono recuperati alcuni
tasselli relativi sia alla frequentazione del Paleolitico (lame in selce), sia,
soprattutto, a quella del Neolitico finale (resti di capanne e sepolture in
posizione rannicchiata).
Le origini di Marsico Vetere pare possano farsi risalire al periodo del
Neolitico, da esso fino all'Età del Bronzo, infatti, è accertata l'esistenza di
una “civitas” con caratteristiche di fortificazione, si hanno poi notizie
d'insediamenti di gruppi umani che vissero qui durante il periodo della
colonizzazione greca (dal XVIII sec.a.C.) e della successiva conquista dei
8
lucani prima, e, due secoli dopo, dei Romani, che fondarono l'avamposto
militare Grumentum nel III sec a.C.
I resti scheletrici erano rappresentati da due individui di razza umana,
completamente scheletrizzati e posti ad una profondità di circa 2 metri
rispetto al piano originario di calpestio.
Il terreno in cui i resti scheletrici erano ancora parzialmente inumati
era di tipo argilloso con numerosi detriti rocciosi di varie dimensioni, le
recenti piogge rendevano il sito particolarmente umido con elevato rischio
per le strutture ossee che si presentavano particolarmente fragili e
diffusamente interessate da fenomeni di cracking e sfaldamento degli strati
superficiali della corticale ossea.
I due individui erano già stati identificati in “A” e “B”, indicando con
“A” quello alla destra dell’osservatore orientato verso il Nord ed in “B”
quello alla sua sinistra.
Lo Scheletro “A” presentava:
le braccia abdotte a circa 90° e gli avambracci parzialmente
flessi sulle braccia, le dita delle mani flesse a destra ed estese a
sinistra;
il cranio, diffusamente fratturato, ruotato verso ovest ed
inclinato verso l’alto;
il torace ed il bacino rivolti verso l’alto;
9
il femore destro con la testa infissa nel suolo e la diafisi rivolta
verso l’alto, fratturata a livello della metà, con assenza delle
restanti ossa dell’arto inferiore destro (verosimilmente incluse
negli strati superiori dello scavo);
l’arto inferiore sinistro esteso con assenza delle ossa del piede e
allontanamento del perone dalla tibia nelle porzioni distali.
Lo Scheletro “B” presentava:
cranio estesamente fratturato rivolto a Nord e con la metà
sinistra ancora interrata;
braccio destro quasi completamente addotto con avambraccio
flesso e mano posizionata a livello del torace con dita flesse;
braccio sinistro abdotto con avambraccio flesso e mano con dita
estese;
prime vertebre cervicali con soma rivolto verso l’alto e le ultime
con soma ruotato e rivolto a Nord;
torace estesamente fratturato e parzialmente interrato nella sua
metà di sinistra;
bacino rivolto verso il Nord;
cosce flesse e gambe estese pressoché parallele, rotule ed ossa
del piede in situ.
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Si notavano altresì, in prossimità dell’individuo A due frammenti
ossei non di razza umana e verosimilmente attribuibili a denti di animali.
Stanti le precarie condizioni generali dei resti scheletrici, risultati
estremamente fragili, e la possibilità di imminenti precipitazioni ci si
organizzò per effettuare il recupero degli stessi nel tempo più breve
possibile e con la metodica più rapida ed efficace disponibile.
Si effettuò un primo rilievo fotografico del sito.
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CAPITOLO II
LE ATTIVITA’ DI RECUPERO
Un’equipe composta da cinque medici legali, effettuò il recupero dei
resti scheletrici provvedendo anche alla registrazione fotografica e video
delle operazioni.
Le fasi delle operatività possono essere così riassunte:
Rilievo fotografico dettagliato.
Numerazione dei reperti.
Descrizione e misurazioni in situ.
Prelievo diretto delle ossa degli arti.
Prelievo con tecnica “a strappo”.
Più specificamente le ossa degli arti superiori ed inferiori furono
prelevate direttamente dal suolo, passandole su supporti intermedi e quindi
posizionandole definitivamente in cassette in plastica predisposte (rivestite
internamente con sacchetti di sabbia).
In questo modo i frammenti scheletrici furono alloggiati in modo da
non consentirne lo spostamento durante le fasi di trasporto, nel tentativo di
impedire, per quanto possibile, la scomposizione delle numerose rime di
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frattura pur presenti sulle ossa. Ogni cassetta fu numerata e su ciascuna di
esse fu posto uno schema dello scavo riportante l’esatto contenuto della
cassetta.
Per le restanti parti dello scheletro (e cioè dal cranio al bacino), stante
la fragilità dei reperti ed il notevole stato di interramento ancora esistente,
si optò per l’effettuazione della tecnica “a strappo”.
Attorno ai resti scheletrici, ad una distanza di circa 10 cm dal loro
contorno esterno fu scavata una trincea profonda circa trenta centimetri e
con svasatura verso la parte centrale dello scheletro. Nella trincea, lungo il
margine esterno, fu affossata una cornice in legno e quindi si allagò la
trincea con gesso scaiola liquido.
Una volta consolidatosi il gesso, si estrassero i due scheletri in
tutt’uno col terreno in cui erano parzialmente immersi, senza minimamente
danneggiarli e consentendone un trasporto sicuro.
Tutto il materiale fu trasportato nella stessa giornata al Museo Ridola
di Matera e successivamente parte dello scheletro dell’individuo A e
l’intero scheletro dell’individuo B, furono trasportati presso l’Istituto di
Medicina Legale dell’Università di Bari per effettuare le ulteriori indagini
antropometriche. In particolare, dell’individuo A furono trasportati presso
l’Istituto di Medicina Legale dell’Università degli Studi di Bari solo i
segmenti ossei relativi agli arti inferiori e superiori.
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L’analisi definitiva su entrambi gli individui fu effettuata presso la
sala settoria della Medicina Legale dell’Ospedale Madonna delle Grazie di
Matera.
14
15
Prelievo diretto
delle ossa degli
arti
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1. Preparazione della “trincea”
2. Preparazione per
la “colata” di gesso
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3. la “colata” di
gesso
4. La rimozione
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CAPITOLO III
DATAZIONE CON RADIOCARBONIO
Il metodo del C14 (carbonio-14), o del radiocarbonio, è un metodo di
datazione radiometrica basato sulla misura delle abbondanze relative degli
isotopi del carbonio.
Fu ideato e messo a punto tra il 1945 e il 1955 dal chimico
statunitense Willard Frank Libby, che per questa scoperta vinse il Premio
Nobel nel 1960.
Il metodo del C14 permette di datare oggetti di origine organica (resti
umani o animali, legno, tessuti, eccetera) fino a tempi dell'ordine di alcune
decine di migliaia di anni.
È’ largamente utilizzato in archeologia per la datazione dei reperti.
Il carbonio è un elemento chimico fondamentale per la vita è presente
in tutte le sostanze organiche. Esso possiede tre isotopi: due stabili (12C e
13C) e uno radioattivo (14C). Quest'ultimo si trasforma per decadimento
beta in azoto (14N), con un tempo di dimezzamento medio (o emivita) di
5730 anni. Di conseguenza a lungo andare scomparirebbe, se non venisse
continuamente reintegrato.
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La produzione di nuovo 14C avviene in natura negli strati alti della
troposfera e nella stratosfera, per la cattura di neutroni termici da parte
degli atomi di azoto. L'equilibrio dinamico che si instaura tra produzione e
decadimento radioattivo mantiene quindi costante la concentrazione di 14C
nell'atmosfera (dove è presente principalmente legato all'ossigeno sotto
forma di anidride carbonica).
Tutti gli organismi viventi che fanno parte del ciclo del carbonio
scambiano continuamente carbonio con l'atmosfera attraverso processi di
respirazione (animali) o fotosintesi (vegetali), oppure lo assimilano
nutrendosi di altri esseri viventi o sostanze organiche. Di conseguenza
finché un organismo è vivo, il rapporto tra la sua concentrazione di 14C e
quella degli altri due isotopi si mantiene costante e uguale a quella che si
riscontra nell'atmosfera.
Dopo la morte, però, questi processi terminano e l'organismo non
scambia più carbonio con l'esterno.
Per effetto del decadimento, la concentrazione di 14C diminuisce in
modo regolare secondo una precisa formula matematica, quindi in base alle
quantità residue dell’isotopo radioattivo si può risalire alla data dell’exitus.
Da ciascuno dei due scheletri è stato prelevato un frammento che è
stato utilizzato come campione nella datazione effettuata presso il Centro di
Datazione e Diagnostica di Mesagne (CEDAD).
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Qui i due campioni sono stati identificati con i seguenti codici: LTL
2164A e LTL 2165A.
Prima di effettuare la fase di pre–trattamento i campioni sono stati
sottoposti ad una attenta osservazione al microscopio ottico allo scopo di
evidenziare, ed eliminare, qualsiasi elemento estraneo al campione.
Tutti gli strumenti utilizzati in questa fase, (pinze, bisturi, mortai,
provette etc.) nonché il piano di appoggio del microscopio, sono stati puliti
con carta imbevuta di acetone e osservati anch’essi al microscopio per
accertare che non recassero elementi contaminanti (es. pelucchi di carta).
I campioni si presentavano fortemente deteriorati e poco compatti
tanto da sfaldarsi in alcuni casi al contatto con il bisturi. Questo ci indicava
che la percentuale di collagene contenuta sarebbe stata molto bassa.
Sulla superficie esterna erano presenti tracce di carbone mentre la
deposizione di sedimento terroso aveva interessato anche la parte interna
delle ossa.
Generalmente il terreno implica la presenza di radici. Gli acidi umici e
fulvici derivanti dalla decomposizione di tale materia organica, circostante
l’osso nella sua deposizione, contribuiscono al suo deterioramento.
Sui campioni possono essere presenti elementi contaminanti di natura
vegetale come microrganismi, muffe, ife fungine, radici, o elementi
apportati dall’uomo come inchiostro, carta, ovatta, cenere di sigarette,
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frammenti di cibo, dovuti ad una scarsa accortezza degli operatori durante
le fasi di prelievo e campionamento.
In seguito all’osservazione è stata effettuata la rimozione meccanica
dei contaminanti su tutta la superficie di entrambi i campioni con l’utilizzo
di un bisturi.
I frammenti ossei ottenuti sono stati pesati con una bilancia di
precisione, ottenendo i seguenti risultati:
LTL 2164A: 1.778 g
LTL 2165A: 0.995 g
La quantità minima di campione, tale da contenere l’1% di collagene,
ossia la percentuale minima utilizzabile per la preparazione delle pasticche,
è rappresentata da 700mg.
Successivamente i due campioni sono stati singolarmente frantumati
utilizzando un mortaio cilindrico di acciaio che permetteva di ridurre i
frammenti in granelli leggermente più grandi della polvere e di avere una
minore perdita di materiale.
Ridotti quindi in minuscoli granuli, i campioni sono stati posti in due
distinte provette pronti per essere sottoposti al trattamento chimico.
Quest’ultimo con lo scopo di rimuovere i contaminanti adsorbiti nella
matrice del campione che potrebbero falsare la data del reperto.
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Ciascuno dei due campioni ha subito un lavaggio in 10 ml di acetone
per 20 minuti in agitazione a temperatura ambiente al fine di rimuovere le
particelle di grasso; eliminato l’acetone sono stati effettuati due lavaggi con
acqua demineralizzata di 20 minuti ciascuno, cui è seguita la
centrifugazione per altri 20 minuti.
Dopo la centrifuga e l’eliminazione dell’acqua è stato effettuato il
cosiddetto “attacco acido” inserendo cioè in ciascuna provetta 10 ml di HCl
all’ 1% più qualche goccia di HCl concentrato.
Dunque una volta raggiunto il valore di pH voluto e dopo aver
effettuato due lavaggi con acqua demineralizzata, sono stati inseriti in
ciascuna provetta 16 ml di acqua acida, ossia una soluzione a pH=3 che era
stata precedentemente preparata aggiungendo all’acqua demineralizzata
alcune gocce di HCl all’1%.
Le due provette sono state sigillate e inserite in un bagno termostatato
alla temperatura di 85 °C dove sono rimaste per 8 ore.
Trascorse le 8 ore la soluzione all’interno delle provette, trasformata
in gelatina, è stata prelevata con una siringa di vetro munita di una capsula
contenente lana d’argento, che agendo da filtro permette di raccogliere il
collagene.
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Esso è stato suddiviso in 3 piccoli contenitori di quarzo dal diametro
di 6 mm e all’interno di un quarto contenitore è stata posta la lana d’argento
che aveva filtrato la soluzione.
Per ogni campione sono state quindi preparate quattro piccole
provette.
Questi 8 contenitori sono stati lasciati in stufa a 60 °C per qualche
giorno fino al raggiungimento della completa essiccazione del collagene
che è stato in seguito pesato.
Per la successiva fase di combustione all’interno dei 6 contenitori (i
due contenenti lana d’argento vengono conservati) è stato aggiunto
dell’ossido di rame filamentoso che serve per la reazione di combustione e
della lana d’argento che assorbe le impurità (zolfo e composti alogenati)
che potrebbero influenzare negativamente la successiva fase di
trasformazione della CO2 in grafite.
Le 6 provette, poste in altre più lunghe anch’esse di quarzo, sono state
attaccate alla linea di pre-post combustione per essere sigillate sotto vuoto
prima di essere inserite in muffola per la combustione a 900 °C per 8 ore.
In seguito alla combustione, il campione, convertito in CO2, ha subito
un ulteriore processo chiamato “cracking” (rottura), che permette la
purificazione della CO2 attraverso due processi criogenici con azoto
liquido (N2). In particolare sulla linea di pre-post combustione l’azoto
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liquido, raggiunta la temperatura di -196 °C, condensa la CO2 consentendo
l’evacuazione dei gas incondensabili.
La CO2 è stata quindi raccolta in ampolle di trasporto che sono state
poi collegate alla linea di grafitizzazione.
La grafite risultante è stata pressata all’interno di un portacampioni di
alluminio producendo una compressa di 2 mm di diametro.
La pressione rilevata nella camera di reazione forniva indicazioni sulla
quantità di CO2 raccolta. Nel caso delle ossa è sufficiente che il campione
produca una quantità di CO2 tale da determinare una pressione di 200 mbar
nella camera di reazione affinché tale CO2 venga grafitizzata e pressata in
pasticca.
Le due pasticche realizzate dai nostri campioni sono state poi inserite
nella ruota portacampioni della sorgente di ioni dell’AMS.
Il fascio di Cs+ è stato focalizzato sulle 9 differenti posizioni del
bersaglio e questa operazione è ripetuta 3 volte per ogni pasticca. Questo
processo corrisponde ad un ciclo di misura.
Da ogni ciclo di misura si è ottenuta la concentrazione e il numero di
conteggi di radiocarbonio.
La concentrazione di radiocarbonio è stata determinata confrontando i
valori misurati delle correnti di 12C e 13C, e i conteggi di 14C con i valori
ottenuti da campioni standard di Saccarosio C6 forniti dalla IAEA.
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La datazione convenzionale al radiocarbonio è stata corretta per gli
effetti di frazionamento isotopico sia mediante la misura del termine δ13C
effettuata direttamente con l’acceleratore, sia per il fondo della misura.
Campioni di concentrazione nota di Acido Ossalico forniti dalla NIST
(National Institute of Standard and Technology) sono stati utilizzati come
controllo della qualità dei risultati.
Per la determinazione dell’errore sperimentale nella data al
radiocarbonio è stato tenuto conto sia dello scattering dei dati intorno al
valore medio (ossia la deviazione standard scσ della media della misura che
è possibile calcolare con l’equazione 15), sia dell’errore statistico derivante
dal conteggio del 14C (errore assoluto stσ calcolabile con l’equazione 14).
La Tabella 1 riporta la datazione al radiocarbonio (non calibrata) per i
campioni con l’indicazione dell’errore assoluto della misura.
Campione
Radiocarbon
Age (BP)
δ13C
(‰)
Note
LTL2164A 5348 ± 60
-18.2 ±
0.4
LTL2165A 5105 ± 120
-32.2 ±
0.1
Tabella 1: valore misurato della radiocarbon age
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La datazione al radiocarbonio per i campioni è stata quindi calibrata in
età di calendario utilizzando il software OxCal Ver. 3.10 basato sui dati
atmosferici sviluppato presso Oxford Radiocarbon Accelerator Unit.
Le figure successive (a e b) mostrano la calibrazione di ognuno dei
due campioni misurati. In blu è riportata la curva di calibrazione, che in
entrambi i casi è rappresentata da due curve dall’andamento pressoché
parallelo; lo spazio tra di esse corrisponde all’errore che caratterizza la
curva stessa sui singoli punti. In rosso è rappresentata la gaussiana relativa
al valore di età convenzionale ottenuto. Le percentuali all’interno delle
figure sono le probabilità che le misure effettuate cadano all’interno
dell’intervallo identificato.
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Atmospheric data from Reimer et al (2004);OxCal v3.10 Bronk Ramsey (2005); cub r:5 sd:12 prob usp[chron]
4600CalBC 4400CalBC 4200CalBC 4000CalBC 3800CalBC 3600CalBC
Calibrated date
5000BP
5200BP
5400BP
5600BP
Rad
ioca
rbo
n d
eter
min
atio
n
LTL2164A : 5348±60BP
68.2% probability
4320BC ( 5.4%) 4290BC
4270BC (15.1%) 4220BC
4210BC (21.4%) 4150BC
4140BC (26.3%) 4060BC
95.4% probability
4340BC (95.4%) 4040BC
Figura A: Calibrazione della data convenzionale al radiocarbonio del
campione LTL2164A.
Campione Data Calibrata Probabilità
CAMP A 4340 – 4040 cal BC 95.4 %
Tabella : Data al radiocarbonio calibrata per il campione LTL2164A
28
Atmospheric data from Reimer et al (2004);OxCal v3.10 Bronk Ramsey (2005); cub r:5 sd:12 prob usp[chron]
4500CalBC 4000CalBC 3500CalBC 3000CalBC
Calibrated date
4400BP
4600BP
4800BP
5000BP
5200BP
5400BP
5600BP
5800BP
Rad
ioca
rbo
n d
eter
min
atio
n
LTL2165A : 5105±120BP
68.2% probability
4040BC (66.5%) 3760BC
3730BC ( 1.7%) 3710BC
95.4% probability
4250BC (95.4%) 3650BC
Figura B: Calibrazione della data convenzionale al radiocarbonio del
campione LTL2165A
Campione Data Calibrata Probabilità
CAMP B 4250 – 3650 cal BC 95.4 %
Tabella: Data al radiocarbonio calibrata per il campione LTL2165A
I risultati ottenuti consentono di affermare che i reperti analizzati
sono effettivamente appartenenti al periodo neolitico.
Inoltre, essendo compatibili tra loro, indicano che è molto probabile
che il momento della morte di entrambi i soggetti sia avvenuta in periodo
verosimilmente contemporaneo.
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CAPITOLO IV
ANALISI MORFOLOGICA
Dopo aver liberato i diversi segmenti ossei da incrostazioni di terriccio
tramite accurato brushing con spazzole a setole morbide e cauto lavaggio
con leggere aspersioni a base di acqua distillata, si è cercato, per quanto
possibile, di incollare con collante a base di cianoacrilato i diversi monconi
e frammenti fratturati, al fine di ricostruire l’integrità anatomica dei singoli
segmenti ossei contestualmente classificati e re-inventariati.
Per la ricostruzione della volta cranica si sono utilizzati supporti ad
hoc predisposti.
Come in seguito si dirà prima di procedere alla mobilizzazione dei
frammenti ossei del cranio i reperti furono sottoposti ad esame TC.
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INDIVIDUO A
Cranio:
Un preventivo esame morfologico ha consentito di evidenziare che il
cranio, avente le porzioni sinistre ancora interrate, presenta neurocranio e
splancnocranio estesamente fratturati.
La cavità endocranica contiene terreno compatto di tipo argilloso
frammisto a detriti pietrosi di varie dimensioni, che, permeando le cavità
interne e gli spazi profondi, fa da supporto allo splacnocranio ed al
neurocranio e risultano impossibili da rimuovere senza danneggiare le
strutture ossee.
Tale situazione ovviamente sconsiglia, in prima istanza, l’attuazione
di analisi invasive che comprometterebbero la morfologia del cranio in
esame.
Dopo aver sottoposto lo scheletro dell’indviduo B ad esame TC si è
proceduto alla ricostruzione morfologica del cranio mediante
ricomposizione dei frammenti più significativi.
Si è rilevata la presenza di gabella e di bozze frontali pronunciate,
protuberanza occipitale esterna e processo mastoideo ben pronunciati,
suture craniche ancora non ossificate, indicative di soggetto di sesso
maschile di giovane età come oltre meglio si dirà.
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Clavicola destra:
Incompleta, per mancanza della porzione sternale e acromiale;
l’estremità acromiale presenta margini fratturativi ad andamento obliquo e
finemente irregolari. Si apprezzano erosioni corticali a livello della
superficie acromiale.
Clavicola sinistra:
Incompleta, per mancanza della porzione sternale e acromiale, si
presenta fratturata nei 2/3 mediali (incollata); l’estremità acromiale
presenta margini fratturativi ad andamento lievemente obliquo e finemente
irregolari.
Vertebre cervicali:
Sono presenti la prima pressoché completa, nonchè esclusivamente
frammenti, tra i quali è facilmente riconoscibile la porzione anteriore della
2 vertebra cervicale, comprensiva del dente dell’epistrofeo.
Torace:
In considerazione dell’estrema fragilità del complesso delle ossa del
torace (vertebre e coste) si è preferito non procedere all’isolamento delle
stesse, privilegiando l’esame in toto ed il consolidamento in situ mediante
utilizzo di resine acriliche. In particolare, è possibile riconoscere le vertebre
del tratto cervicale inferiore, dorsale e lombo-sacrale, nonché n. 7 coste di
destra appartenenti al distretto dorsale inferiore. Non è stato invece
32
possibile esaminare le coste di sinistra in quanto conglobate nel contesto
del terreno.
Scapole:
pluriframmentate bilateralmente. Si riconosce la porzione della cavità
glenoidea sinistra dai margini ben delimitati, la porzione prossimale
dell’angolo acromiale di sinistra, nonché la spina della scapola di destra
fratturata in corrispondenza dell’angolo mediale ed il processo coracoideo
della scapola di destra.
Bacino:
sono presenti multipli frammenti amorfi, tra i quali sono riconoscibili
il 3 superiore del sacro con ampia frattura della corticale, ad andamento
obliquo e margini finemente irregolari; è altresì riconoscibile l’ampia cavità
acetabolare di destra (diametro massimo 6 cm);
Omero sinistro:
Si apprezzano aree di erosione con perdita di sostanza in
corrispondenza della porzione anteriore del collo anatomico, del tubercolo
maggiore, della superficie posteriore del collo anatomico e della cresta
sopracondiloidea laterale. Si segnala la presenza di una frattura della
diafisi, ad andamento trasversale, nonchè di ulteriore frattura al di sopra
della fossa olecranica completa, con rima che si porta anteriormente da
ambo i lati fino alla fossa radiale e coronoidea. I monconi fratturativi sono
33
stati quindi incollati ripristinando, per quanto possibile, la fisiologica
continuità anatomica del segmento osseo.
Radio sinistro:
In corrispondenza della superficie esterna della testa si apprezzano
erosioni con perdita di sostanza corticale. Si segnala la presenza di una
frattura trasversale al di sotto della tuberosità con una seconda lesione
fratturativa ad andamento trasversale, posta distalmente all’inserzione del
pronatore rotondo. Si è quindi proceduto ad incollaggio dei monconi
fratturativi.
Ulna sinistra:
Si segnala l’assenza della superficie articolare dell’olecrano. La base
dell’olecrano è fratturata a tutto spessore (e viene incollata). In
corrispondenza della metafisi distale si apprezza frattura trasversale
completa (incollata). L’epifisi distale è assente.
Mano sinistra:
Primo e terzo metacarpo fratturati in corrispondenza del corpo (si
procede ad incollaggio dei monconi fratturativi). Il II metacarpo presenta
solo l’estremità prossimale (il resto e’ assente). Il III metacarpo, il
navicolare, il semilunare, il capitato ed il trapezoide sono completi. Prima
e seconda falange prossimale complete. La terza falange prossimale non
presenta la epifisi prossimale; la quarta falange prossimale è fratturata a
34
livello della diafisi con epifisi prossimale separata ed assenza della metafisi
prossimale. Presenti e complete la prima, terza e quarta falange mediali,
nonché la terza falange distale.
Omero destro:
Incompleto in corrispondenza del terzo prossimale, ove si apprezzano
solo due frammenti separati della testa. Si segnala la frattura della metafisi
distale localizzata tre centimetri al di sopra della fossa olecranica con
andamento pressappoco a decorso trasversale, nonché la erosione corticale
dell’epicondilo laterale.
Radio destro:
Completo con erosione corticale laterale della testa. Si apprezza la
frattura trasversale al di sotto della tuberosità. La porzione prossimale della
diafisi è stata incollata. Si segnala seconda frattura distalmente
all’inserzione del pronatore rotondo, orientata in senso antero posteriore,
dal basso verso l’alto bilateralmente. Il processo stiloideo presenta aree di
erosione corticale.
Ulna destra:
L’epifisi distale si presenta diffusamente frammentata come da esito di
schiacciamento. L’olecrano è separato dal resto dell’ulna e non presenta le
porzioni corrispondenti alle superfici articolari della base, ovvero quelle
posta medialmente e lateralmente al processo coronoideo. L’epifisi
35
prossimale presenta un’area di erosione corticale e sub-corticale
medialmente al processo coronoideo nonche’ una frattura a tutto spessore
in corrispondenza della superficie di accrescimento (detta rima di frattura
decorre al disopra della tuberosità dell’ulna). Presenza di frattura completa
dell’epifisi distale (a tale livello si è proceduto ad incollaggio della epifisi
distale dal resto della diafisi)
Mano destra:
Si repertano: navicolare, trapezoide, capitato, semilunare, primo
metacarpo, secondo metacarpo (quest’ultimo presenta la frattura a tutto
spessore dell’epifisi distale che viene incollata), testa del terzo metacarpo,
quarto metacarpo, quinto metacarpo con epifisi prossimali staccate con
perdita di sostanza. Sono presenti tutte le falangi prossimali e tutte le
falangi medie. Si repertano inoltre quattro falangi distali; si segnala inoltre
che la falange distale del quinto dito e’ fratturata in corrispondenza della
epifisi distale (quest’ultima assente).
Femore destro:
Incompleto per assenza dell’epifisi distale. Si segnala la frattura della
diafisi ad andamento obliquo medio lateralmente e dall’alto in basso. La
porzione prossimale della diafisi e’ frammentata in piu’ punti con
frammenti in parte incollati successivamente e in parte repertati. Testa del
femore separata dal resto del segmento osseo in corrispondenza del collo.
36
Si apprezza ampia erosione subcorticale della superficie mediale della testa
e di tutta la porzione del collo. Si repertano frammenti ossei amorfi,
rinvenuti in prossimità del femore destro.
Tibia destra:
Evidente erosione corticale e sub corticale con perdita di sostanza che
interessa la superficie anteriore dei condili e del tubercolo del greedy che si
continua in corrispondenza della superficie interna del condilo mediale ed n
corrispondenza dell’eminenza intercondiloidea. Frattura completa in
corrispondenza della metafisi distale completa (che viene incollata).
Vengono repertate l’epifisi distale e la porzione articolare inferiore.
Perone destro:
Incompleto per assenza dell’apice, di parte della testa e della epifisi
distale; del collo si apprezza solo la porzione anteriore. Si segnala la
presenza di frattura trasversale al di sotto del collo con perdita di sostanza
in corrispondenza del margine anteriore, nonché la frattura completa
trasversale della diafisi.
Si è proceduto ad incollaggio per quanto possibile dei monconi
fratturativi.
Femore sinistro:
Si reperta parte dell’epifisi distale (porzione intercondiloidea e
sovracondiloidea) separata dal resto del segmento osseo. Detta epifisi
37
presenta superfice articolare irregolare, erosa con incrostazioni, nonché è
sede di minute rime fratturative che delimitano aree depresse. Si apprezza
erosione corticale della superficie mediale della testa. Assente il piccolo
trocantere e la porzione posteriore del grande trocantere. Si segnala la
frattura pretrocanterica interessante lo spessore del trocantere; dalla
porzione anteriore della rima di frattura pretrocanterica si diparte ulteriore
rima di frattura sottotrocanterica.
Il supporto utilizzato per la
ricostruzione della volta cranica
38
INDIVIDUO B
Cranio:
Un preventivo esame morfologico ha consentito di evidenziare che il
cranio, avente le porzioni sinistre ancora interrate, presenta neurocranio
estesamente fratturato con splancnocranio sostanzialmente conservato.
La lesione più significativa è rappresentata da un peculiare complesso
fratturativo a stampo, in regione temporale destra, grossolanamente
triangolare, delle dimensioni di 4x4x5 cm, inscritto in un più ampio
complesso fratturativo ad ampi tasselli con rime di frattura principali a
decorso antero-posteriore bilateralmente.
La cavità endocranica contiene terreno compatto di tipo argilloso
frammisto a detriti pietrosi di varie dimensioni, che, permeando le cavità
interne e gli spazi profondi, fa da supporto allo splacnocranio ed al
neurocranio e risultano impossibili da rimuovere senza danneggiare le
strutture ossee.
Tale situazione ovviamente sconsiglia, in prima istanza, l’attuazione
di analisi invasive che comprometterebbero la morfologia del cranio in
esame.
Pertanto, in ragione della fragilità del tavolato cranico difficilmente
manipolabile ed in considerazione della necessità di analizzare la tipologia
delle fratture e differenziare i complessi lesivi vitali da quelli postmortali, si
39
è provveduto preliminarmente a rimuovere, mediante l’utilizzo di strumenti
idonei, il materiale terroso presente in corrispondenza delle vertebre
cervicali e quindi a “smontare” il cranio da queste ultime, preservando
l’atmosfera terrosa su cui poggia.
Nel corso della suddetta operatività, è stato possibile evidenziare la
presenza di una verosimile pietra con caratteri di “ascia a cuneo”, interrata
nel terreno rimosso a livello delle vertebre cervicali.
Il cranio in tutt’uno con il terreno in cui risultano parzialmente
immerse le porzioni ossee di sinistra, è stato riposto in un apposito
contenitore in plastica ed è stato sottoposto a completa scansione
tomografica ed a ricostruzione tridimensionale attraverso l’uso di
appropriati hardware e software .
Tale esigenza è scaturita dalla necessità di evitare la scomposizione
dei diversi tasselli ossei con conseguente perdita dei rapporti tra gli stessi.
La scansione tomografica è divenuta quindi, come oltre si dirà, il
passaggio necessario per superare questi limiti.
Scapole:
Le scapole risultano entrambe coperte da terriccio compatto di tipo
argilloso frammisto a detriti pietrosi di varie dimensioni, costituendo due
blocchi unici. Con estrema cautela si cerca di liberare da ciascun blocco i
40
diversi frammenti che si presentano per la maggior parte amorfi e tra questi
si riconoscono:
un frammento corrispondente alla porzione del collo della
scapola destra che presenta la cavità glenoidea ben conservata,
nonché erosioni in corrispondenza del tubercolo
sottoglenoideo;
frammenti fratturativi corrispondenti al corpo e alla porzione
acromiale della scapola sinistra.
Nell’ambito di ciascun blocco si distinguono ulteriori multipli
frammenti fratturativi amorfi che si repertano.
Coste:
Le coste risultano coperte da terriccio compatto di tipo argilloso
frammisto a detriti pietrosi di varie dimensioni, costituendo un blocco
unico. Nell’ambito del blocco si distinguono frammenti amorfi che si
repertano.
Vertebre cervicali (3):
si repertano la III, la IV e la V vertebra.
Incomplete per mancanza dell’arco. Il corpo presenta perdita di
sostanza diffusa.
Incomplete per mancanza degli archi posteriori, presentano diffuse
aree di erosione con perdita di sostanza, specie a livello somatico.
41
Vertebre toraciche (8):
si repertano I, II, III, IV, V, VIII, IX e X vertebra.
Incomplete per assenza dell’arco vertebrale. Il corpo presenta
superfici di erosione. In parte si apprezzano le faccette costali.
Vertebre lombari (2):
si repertano la II e la III vertebra.
Bacino:
Le ossa iliache ed il sacro sono mal riconoscibili ed in parte
incomplete. Risultano ricoperte da terriccio compatto di tipo argilloso
frammisto a detriti pietrosi di varie dimensioni, costituendo un blocco
unico con i segmenti ossei del bacino.
Risulta impossibile rimuovere il materiale non osseo senza
danneggiare le strutture ossee.
Clavicola destra:
Incompleta, per mancanza della porzione prossimale della estremità
sternale. La porzione distale della estremità sternale è invece staccata dal
resto del segmento osseo. Il terzo acromiale presenta frattura completa
(incollata) pressocche’ ad andamento sagittale con margini irregolari. Si
apprezzano erosioni corticali a livello della superficie acromiale.
42
Omero destro:
Testa separata dal resto del segmento osseo a livello della cresta del
tubercolo maggiore e minore. La superficie del tubercolo maggiore e’ sede
di erosioni corticali e subcorticali che si apprezzano altresì lungo il decorso
del collo anatomico. La porzione compresa tra il collo anatomico e la
cresta del tubercolo è deforme come da esito di schiacciamento, nonchè per
la presenza di diverse rime fratturative. Al di sotto della tuberosità
deltoidea si apprezza sulla faccia mediale una rima di frattura completa
(incollata) che si continua sulla faccia laterale ove presenta margini
distasati. Al di sopra della fossa radiale ulteriore frattura trasversale
completa (incollata). La superficie articolare degli epicondili ha un aspetto
irregolare con alterazione del profilo da mancanza di tessuto osseo.
Radio destro:
Separato in due monconi fratturativi a livello della diafisi. Il moncone
prossimale presenta la testa e il collo incompleti per mancanza del terzo
esterno (ulnare) riferibile a perdita di sostanza. La parte mediale della testa
presenta al confine con il collo una frattura (incollata) che segue il decorso
del collo stesso. Ulteriore frattura trasversale al di sotto del tubercolo
(incollata). Il moncone distale presenta, in corrispondenza della zona
metafisaria, una frattura completa (incollata). La superficie stiloidea è sede
di erosioni corticali. Margine posteriore ben conservato.
43
Ulna destra:
E’ completa, eccetto per la mancanza della porzione articolare distale
carpale nonché per mancanza dell’olecrano a partire dal processo
coronoideo. Si apprezza il processo stiloideo. Da segnalare la frattura
completa trasversale (incollata) della metafisi prossimale, del terzo
prossimale e terzo medio della diafisi, nonché della metafisi distale. Dette
rime di frattura presentano margini irregolari, in parte diastasati per perdita
di sostanza ossea.
Mano destra:
della mano destra si riconoscono:
-I metacarpo: presente solo il terzo distale.
-II metacarpo: incompleto per mancanza della testa con perdita di
sostanza a livello della base.
-III metacarpo: si apprezza solo la epifisi prossimale.
-IV metacarpo: presente solo la testa.
-V metacarpo: assenza della testa con base sede di perdita di sostanza.
-I falange prossimale: completa con perdita di sostanza alla base.
-II falange prossimale: completa.
-III falange prossimale: assenza della base.
-IV falange prossimale: presenti testa e corpo.
-V falange prossimale: completa.
44
-II, III e V falange media: complete.
-III e IV falange distale: complete.
-capitato: completo
Femore destro:
Plurifratturato. In parte ricostruito nella porzione prossimale e
diafisaria, risultando invece il terzo distale plurifratturato e incompleto con
monconi fratturativi multipli e staccati dal resto del segmento. Erosioni
corticali lungo il collo anatomico. Grande trocantere e porzione al di sopra
del piccolo trocantere assente con esposizione del trabecolato osseo. Si
apprezza frattura basi-cervicale completa (incollata), frattura trasversale
(incollata) della metafisi prossimale con margini diastasati da perdita di
sostanza lungo la faccia anteriore, frattura del terzo distale della diafisi
(incollata) trasversale. Dell’epifisi distale si apprezzano i due condili
separati da una frattura completa condiloidea mediale. Le porzioni
posteriori del condilo mediale e della metafisi distale sono assenti per
mancanza di tessuto osseo. Della metafisi distale si apprezza solo la parte
esterna che si presenta plurifratturata (incollata) ed incompleta. Erosioni
con avvallamenti sulla faccia esterna del condilo laterale. Si reperta
porzione della cavità acetabolare destra corrispondente al corpo iliaco e alla
linea arcuata posteriore.
45
Tibia destra:
Incompleta e plurifratturata con diversi monconi irregolari per forma e
dimensione separati per mancanza di tessuto osseo. Si apprezza
interamente la diafisi che presenta una rima di frattura (incollata) distale a
forma di “v” con vertice craniale coincidente con il margine mediale.
Epifisi prossimale presente con superfici condiloidee tubercolari erose con
parziale perdita di sostanza, specie in corrispondenza della superficie
posteriore e interna del condilo mediale, nonché a livello della superficie
esterna del condilo laterale. Tuberosità tibiale presente. Le porzioni
sottocondiloidee sono deformate e plurifratturate (incollate) con perdita di
sostanza; tale livello si apprezzano numerose aree infossate delimitate da
scalini ossei. Della epifisi distale si apprezza solo un frammento
corrispondente alla superficie articolare inferiore in quanto e’ assente
quella malleolare. Si repertano frammenti ossei fratturativi multipli della
metafisi distale.
Perone destro
Incompleto e plurifratturato con monconi separati per mancanza di
tessuto osseo. Si apprezza interamente la diafisi che si presenta, al confine
tra il terzo medio e il terzo distale, fratturata completamente (incollata).
Detta frattura e’ irregolarmente trasversale con margini in parte diastasati
46
ed andamento frastagliato. Si repertano frammenti fratturativi delle due
metafisi, irregolari per foggia e dimensioni.
Piede destro
del piede destro si apprezzano:
-l’astragalo: sede di erosioni corticali diffuse e con superficie mediale
sede di perdita di sostanza.
-l’osso cuneiforme laterale: completo.
-del I metatarso si apprezza epifisi distale.
-II metatarso: completo con frattura incollata dell’epifisi distale.
-V metatarso: incompleto per mancanza del terzo distale.
-II falange prossimale: completa.
Clavicola sinistra:
Completa- con soluzione di continuo in corrispondenza della faccia
anteriore e posteriore dell’estremità sternale. Si apprezza la frattura
completa in corrispondenza della curvatura sternale e del tubercolo
conoide. Lungo il decorso delle due rime di frattura si apprezzano
soluzioni di continuo con irregolarità dei margini fratturativi. Superficie
articolare acromiale e’ sede di erosioni corticali.
Omero sinistro:
Completo con erosioni lungo il decorso del collo anatomico. Si
apprezza la frattura completa trasversale (incollata) del collo chirurgico, la
47
frattura completa trasversale (incollata) della diafisi, la frattura completa
trasversale al di sopra della fossa olecranica e di entrambi gli epicondili che
si continua, sulla faccia anteriore, in altra rima fratturativa. Quest’ultima
decorre verso l’alto descrivendo una “v” rovesciata e giunge sino alla
cresta sovracondiloidea mediale.
Radio sinistro:
Il capitello radiale è incollato al resto del segmento in corrispondenza
della sua porzione anteriore. Il capitello presenta perdita di sostanza che
interessa il terzo posteriore con esposizione del trasecolato; della metafisi
prossimale si apprezza solo la superficie contenente il tubercolo del radio,
detta porzione metafisaria e’ stata incollata per ripristinare la continuità con
la diafisi radiale (distalmente) e con il capitello prossimalmente. Frattura
completa (incollata) a decorso trasversale in corrispondenza della porzione
prossimale della diafisi con perdita di sostanza a livello del margine
interosseo. Frattura completa (incollata) trasversale della diafisi. La
superficie posteriore della epifisi distale e’ sede di erosioni corticali
Ulna sinistra:
Incompleta per assenza della superficie articolare della epifisi distale.
Si apprezza la frattura completa in corrispondenza della porzione
prossimale della diafisi (incollata); detta frattura ha decorso trasversale
sulla superficie anteriore e mediale e si biforca poi in corrispondenza del
48
margine posteriore in due rime di frattura: una a forma di “v” rovesciata
con apice craniale e una ad andamento trasversale. Dette ramificazioni si
riuniscono in corrispondenza della faccia posteriore. Ulteriore rima di
frattura completa (incollata) si apprezza al confine metafisi-diafisi distale, a
decorso irregolarmente trasversale. Il terzo distale e’ sede di altre due
lesioni fratturative (incollate) complete; quella prossimale ha decorso
trasversale e si presenta a margini regolari senza perdita di sostanza; quella
distale si interrompe sulla faccia posteriore ove e’ presente una soluzione di
contino con perdita di sostanza e margini infossati. Conservati i margini in
toto del segmento osseo. Erosioni corticali in corrispondenza
dell’olecrano.
Mano sinistra:
Delle ossa della mano sinistra si riconoscono:
-osso scafoide completo con perdita di sostanza in corrispondenza del
tubercolo.
-I metacarpale fratturato in corrispondenza della diafisi. Si apprezza la
metà distale.
-II e III metacarpale: completi.
-IV metacarpale completo con frattura della testa (incollata) e perdita
di sostanza lungo i margini fratturativi.
-V metacarpale: completa.
49
-I, II e III falange prossimale: complete.
-IV falange prossimale: assente l’epifisi prossimale.
-V falange prossimale: completa con perdita di sostanza in prossimità
dell’epifisi prossimale.
-I falange distale: completa con erosione epifisi distale.
-II falange distale: completa con perdita di sostanza a livello
dell’epifisi distale.
-IV falange media: incompleta per mancanza dell’epifisi distale.
-II e III falange media: complete.
Femore sinistro:
Completo con erosioni corticali lungo il collo anatomico e perdita di
sostanza in corrispondenza della superficie posteriore del grande trocantere.
Si apprezza la frattura completa (incollata) basicervicale che si continua in
ulteriore frattura completa (incollata) sottotrocanterica. Incisura profonda
con perdita di sostanza al di sopra del piccolo trocantere. Ulteriore frattura
completa trasversale (incollata) della diafisi, frattura ad andamento
verticale monocondiloidea mediale (incollata). La superficie anteriore del
condilo mediale e’ sede di erosioni e perdita di sostanza.
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Tibia sinistra:
Incompleta per assenza dell’epifisi distale. Epifisi prossimale separata
dal resto del segmento osseo; a tale livello si apprezzano diffuse aree di
erosione corticale e sottocorticale con abbondante perdita di sostanza.
La porzione sottocondiloidea è sede di multiple rime di frattura che
delimitano tasselli ossei irregolari per foggia e dimensioni.
La porzione corrispondente alla diafisi è separata dalla epifisi
prossimale e presenta la linea poplitea e il margine tagliente ben
conservati.
Perone sinistro:
Incompleto (è presente solo la dialisi) e plurifratturato con monconi
separati complessivamente in tre porzioni distinte. La diafisi si presenta
fratturata completa al terzo medio ed al 3 distale. Detta frattura e’
irregolarmente trasversale con margini andamento frastagliato.
Piede sinistro:
- il calcagno presenta: erosioni corticali e sottocorticali del processo
laterale della troclea peronea; perdita di sostanza in corrispondenza del
processo mediale; ben evidente il sustentaculum tali. Le faccette articolari
posteriore, media e per l’osso cuboide sono ben riconoscibili
51
- l’astragalo presenta: la testa separata dal corpo; il terzo prossimale
(troclea) corrispondente alla articolazione tibio-tarsica; ben evidente il
processo laterale e parte della superficie articolare calcaneare.
- l’osso cuboide presenta: faccetta articolare per il calcagno con
erosioni corticali in corrispondenza della superficie superiore ed inferiore;
riconoscibili la tuberosità e parte della superficie articolare per il IV e V
metatarso.
- l’osso cuneiforme medio: completo con erosioni corticali della
superficie non articolare.
- l’osso cuneiforme intermedio: completo.
- l’osso cuneiforme laterale con abbondante perdita di sostanza e
deformità dei profili articolari.
- II e IV metatarsale: si apprezza solo il III prossimale.
- V metatarsale: assenza delle epifisi distale.
- falangi medie: completa la seconda, si apprezza epifisi prossimale
della terza.
52
CAPITOLO V
LE VALUTAZIONI ANTROPOMETRICHE
Come si è detto, le principali indagini in ambito antropologico
forense, sono volte all’individuazione dei cosiddetti “big four”, cioè dei
quattro parametri maggiormente identificativi dei reperti scheletrici: sesso;
età scheletrica; razza; statura in vita.
Nel caso in esame, l’estesa frammentazione dei reperti, ha reso
difficili le indagini, che comunque hanno prodotto risultati interessanti
relativamente all’individuazione dell’età e della statura in vita.
DETERMINAZIONE DELL’ETA’:
I METODO ISTOMORFOMETRIA (KERLEY ED UBELAKER)
Stante l’estesa frammentazione dei reperti e quindi l’aumentato rischio
di errore nell’utilizzo di metodiche valutative basate su rilievi metrici, si è
preferito utilizzare una metodica di tipo istologico e precisamente
istomorfometrica.
Le metodiche istomorfometriche sono certamente più indaginose
rispetto alle valutazioni metriche di tipo diretto ma possono assicurare
53
margini di errore più contenuti e sono generalmente riconosciute come più
idonee in ambito di Paleopatologia.
Per la determinazione dell’età scheletrica è stato impiegato il metodo
istomorfometrico di Kerley ed Ubelaker su sezioni di tessuto osseo, non
calcificato, ricavate dalle porzioni diafisarie dei femori di entrambi gli
individui A e B, ed osservate al microscopio ottico con obiettivo 10X ed
oculare 10X.
In particolare, ottenute le sezioni ossee delle dimensioni di circa 1
mm, queste sono state radiografate e le relative immagini
(microradiografiche) ottenute sono state osservate al microscopio ottico.
Tale metodo si basa sulla valutazione di parametri istologici
nell’ambito di 4 campi circolari del diametro di 1.62 mm ciascuno,
posizionati lungo la circonferenza della sezione stessa nella porzione
corrispondente al terzo esterno della corticale, in sede anteriore, posteriore,
mediale e laterale.
Il microscopio utilizzato ha consentito di delimitare delle aree di
osservazione di 1,48mm di diametro; pertanto tutti i parametri sono stati
rapportati all’estensione dell’area prevista dal metodo di Kerley, pari a 1.62
mm.
I parametri istologici considerati erano i seguenti:
numero di osteoni secondari;
54
frammenti di osteoni secondari;
area percentuale di osso lamellare circonferenziale;
numero di canali non haversiani.
In merito alla valutazione del numero degli osteoni secondari, dei
frammenti di osteoni secondari e dell’area percentuale di ossa lamellare
circonferenziale, non si è ritenuta attendibile la stima degli stessi, in quanto
a causa del notevole stato di degradazione del tessuto osseo, essi si
presentavano difficilmente riconoscibili. In particolare, la loro valutazione
da parte di personale specializzato ha mostrato una notevole variabilità
interindividuale, fornendo stime largamente differenti e quindi una
notevole soggettività nella formulazione dei risultati; per tali motivi, non si
è ritenuta valida la loro utilizzazione a fini scientifici.
Seppur con le riserve dovute all’utilizzo incompleto della tecnica di
Kerley, si è quindi proceduto al conteggio e alla sommatoria di tutti i canali
non haversiani compresi nel campo istologico, in modo da ottenere un
unico valore finale rappresentativo per la sezione considerata.
Ottenuto il conteggio e rapportato all’area di 1,62 mm, ciascun valore
relativo ai predetti parametri è stato inserito nelle equazioni di regressione
specifiche per parametro e corrispondente all’osso femorale considerato.
55
Si è quindi ottenuto un valore numerico finale che corrisponde all’età
di ciascun individuo e del quale erano anche noti i valori dell’errore
standard.
Equazioni di regressione per la stima dell’età (Y) dai parametri (X)
valutati secondo il metodo Kerley ed Ubelaker (1978, modificata), su
sezioni ossee di femore:
parametri equazioni regressione errore standard
osteoni y=2,278+0,18x+0,00226x² 9,19
frammenti di osteoni y=5,241+0,509x+0,017x²-0,00015x³ 6,98
osso lamellare circonferenziale y=75,017-1,79x+0,0114x² 12,52
canali non haversiani y=58,39-3,184x+0,0628x²-0,00036x³12,12
Valori dei parametri (X) relativi all’individuo A
per osteoni: X = poco distinguibili in tutte e quattro le aree di
osservazione;
per frammenti di osteoni: X= non distinguibili in tutte e quattro le
aree di osservazione;
per osso lamellare: X= non evidenziati sistemi circolari esterni;
per canali non haversiani: X= 19 (per area in alto); 14 (per area a
destra); 26 (per area in basso); 17 (per area a sinistra); totale 76.
56
Valori dei parametri (X) relativi all’individuo B
per osteoni: X= poco distinguibili in tutte e quattro le aree di
osservazione;
per frammeti di osteoni: X= non distinguibili in tutte e quattro le
aree di osservazione;
per osso lamellare: X= non evidenziati sistemi circolari esterni;
per canali non haversiani: X= 17 (per area in alto); 4 (per area a
destra); 22 (per area in basso); 18 (per area a sinistra); totale 61.
Valori dei parametri (X) rapportati all’area di 1,62mm relativi
all’individuo A:
per canali non haversiani: X= 83,2
Valori dei parametri (X) rapportati all’area di 1,62mm relativi
all’individuo B:
per canali non haversiani: X= 66,8
Abbiamo quindi inserito i relativi valori dei parametri X, rapportati
all’area di 1,62mm, nelle corrispondenti equazioni di regressione ottenendo
i seguenti valori del parametro Y (età al momento del decesso):
57
RISULTATI
INDIVIDUO A
per canali non haversiani: Y= 24 anni
INDIVIDUO B
per canali non haversiani: Y= 20 anni
Caso
Controllo
INDIVIDUO A
58
Caso
Controllo
INDIVIDUO B
59
II METODO ESAME DELLA SINFISI PUBICA (SUCHEY-BROOKS)
Per l’individuo A è stato inoltre possibile determinare l’età scheletrica
mediante esame morfologico della sinfisi pubica. Si intravedono le
delimitazioni dell’estremità inferiore e superiore, con i noduli di
ossificazione; il margine ventrale è lievemente delineato, sono altresì ben
riconoscibili i rilievi delle creste.
Tale quadro morfologico è inquadrabile nella fase II di accrescimento
della classificazione di Suchey-Brooks, che consente di attribuire al
campione in esame un età compresa tra 23,4-25 anni.
60
DETERMINAZIONE DELLA STATURA IN VITA:
METODI DI: TROTTER AND GLESER; MEADOWS AND JANTZ
Per la determinazione della statura in vita, si sono applicate differenti
metodiche di indagine, basate sui valori dimensionali di alcune strutture
scheletriche, rappresentati dalla lunghezza massima di: radio sinistro, radio
destro e ulna sinistra per l’individuo A; radio destro, ulna destra e femore
destro per l’individuo B, laddove si è applicato il Metodo di Trotter and
Gleser.
Si è invece utilizzata la lunghezza massima di: I-III-IV metacarpo
sinistro e II metacarpo destro per l’individuo A, nonché del II-III-V
metacarpo sinistro per l’individuo B, laddove si è applicato il metodo di
Meadows and Jantz.
Embricando fra loro i risultati ottenuti con entrambi i metodi abbiamo
ottenuto un’altezza media:
per l’individuo A compresa tra 152 e 155.3 cm
per l’individuo B compresa tra 162 e 163 cm.
61
CAPITOLO VI
LE VALUTAZIONI GENETICHE
Per le ulteriori indagini sugli individui A e B si è fatto ricorso
all’analisi del DNA estratto da frammenti di tessuto osseo ricavato dalle
porzioni diafisarie dei femori (Laboratorio di Ematologia Forense-
Università di Bari).
In particolare si è proceduto inizialmente al taglio con sega elettrica in
corrispondenza delle diafisi dei femori di sinistra di entrambi gli individui;
indi alla polverizzazione ossea della estremità di taglio prelevando circa 10-
12 grammi di tessuto osseo polverizzato.
Il tessuto osseo ottenuto è stato prima lavato in acqua e
successivamente in etanolo al 10% per eliminare eventuali contaminazioni.
La tecnica di estrazione del DNA ha previsto l’utilizzo di commercial
Kit Geneclean for Ancient DNA Q-Biogene.
Il DNA estratto è stato amplificato con il Kit AmpF STR Identifiler
PCR Amplification che ha permesso di individuare i seguenti alleli:
Individuo A: D8S1179 13-13; D7S820 9.2-9.2; D3S1358 17-17; TH01 4-
9; FGA 30.2-30.2;
Individuo B: D7S820 6-6; TPOX 14; D16S539 5; FGA 27-27.
62
L’analisi dei risultati della tipizzazione permette di notare che il
sistema dell’Amelogenina e tutti i sistemi STR localizzati sul CR Y non
hanno dato una risposta positiva a fronte di una possibile degradazione
delle sequenze analizzate o dell’appartenenza dei resti scheletrici a soggetti
di sesso femminile.
Deve essere sottolineato come 6 alleli dei 10 amplificati siano
considerati rari, cioè presenti in meno dello 0.7% nella popolazione
(caucasici, ispano-americani, asiatici, afro-americani), tale dato può
confermare che l’assetto genetico sia sostanzialmente differente rispetto
all’odierna popolazione europea e nord americana.
63
CAPITOLO VII
LE VALUTAZIONI ODONTOIATRICO FORENSI
INDIVIDUO A
Le basi ossee mascellari apparivano divise in 6 grossi frammenti:
branca montante emimandibola destra
mascellare destro
mascellare sinistro
corpo emimandibola destra
corpo emimandibola sinistra
branca montante emimandibola sinistra
Elementi dentari osservabili prima della rimozione del blocco di
terreno e della ricostruzione:
arcata superiore: 1.2, 1.3, 1.4, 2.1, 2.2, 2.3, 2.4
arcata inferiore: 3.1, 3.2, 4.4, 4.5, 4.6
Al termine della rimozione del blocco di terreno, furono rinvenuti
ulteriori elementi dentari.
Si procedette pertanto alla ricostruzione di entrambi i mascellari che
vengono di seguito descritti.
64
MASCELLARE SUPERIORE
Il mascellare destro è privo del processo zigomatico; il processo
alveolare si presenta irregolarmente atrofico con ampie deiscenze in
corrispondenza degli elementi dentari.
Il mascellare controlaterale è privo invece del tuber maxillae; appare
ben rappresentata la parete antero-laterale del seno mascellare omolaterale;
è incompleta la porzione distale del corpo mascellare.
In enrambi i mascellari si evidenziano i processi palatini.
Formula dentaria
Sono presenti: 1.1, 1.2 (radice), 1.3, 1.4, 1.6, 1.7, 2.1, 2.2, 2.3, 2.4.
Su tutti gli elementi dentari, in particolar modo sul 1.6, è presente
un’usura di grado severo con interessamento dello smalto e dello strato più
superficiale della dentina.
Tutti gli elementi dentari, in ragione della marcata alveolisi
orizzontale descritta, presentano un ancoraggio del solo terzo apicale
radicolare nei processi alveolari.
La tessitura della superficie smaltea di tutti gli elementi dentari è
caratterizzata da ampie infrazioni longitudinali verosimilmente ascrivibili
ad eccessivo carico masticatorio.
Gli incisivi centrali presentano un ampio diastema che nella sua
massima ampiezza misura 7,5 mm.
65
Il diametro intermolare è pari a 50 mm.
Il diametro intercanino misura invece 34 mm
Di seguito si riportano le lunghezze radicolari misurate dalla CEJ
all'apice dei seguenti elementi dentari:
2.1: 13 mm
2.3: 15 mm
1.6: 13 mm
MANDIBOLA
Il corpo mandibolare si presenta completo, con i forami mentonieri
ben rappresentati. Sono assenti entrambi processi coronoidei; assente a
sinistra anche il processo condilare.
A sinistra è visibile un'ampia sella edentula in regione molare,
caratterizzata da un notevole riassorbimento osseo verticale verosimilmente
riconducibile ad una precoce perdita degli elemnti dentari.
In regione parasinfisaria destra vi è la presenza di un'ampia lacuna
ossea estesa dall'apice dell'elemento 3.1 all'apice del 4.3, verosimilmente
ascrivibile ad un processo flogistico apico-radicolare a partenza
dall'elemento dentario 4.2, attaulamente ridotto a residuo radicolare, con
conseguente erosione della corticale ossea vestibolare.
Formula dentaria
66
Sono presenti: 3.1, 3.2, 3.3, 3.4, 3.5, 4.1,4.2 (radice), 4.3, 4.4, 4.5, 4.6,
4.7
Su tutti gli elementi dentari, in particolar modo su 4.6 e 4.7, è presente
un’usura di grado severo con interessamento dello smalto e dello strato più
superficiale della dentina.
Tutti gli elementi dentari, in ragione della marcata alveolisi
orizzontale descritta, presentano un ancoraggio del solo terzo apicale
radicolare nei processi alveolari.
La tessitura della superficie smaltea di tutti gli elementi dentari è
caratterizzata da ampie infrazioni longitudinali verosimilmente ascrivibili
ad eccessivo carico masticatorio.
Il diametro intermolare è pari a 64 mm.
Il diametro intercanino misura invece 19 mm
Di seguito si riportano le lunghezze radicolari misurate dalla JEC
all'apice dei seguenti elementi dentari:
3.1: 8 mm
4.3: 13 mm
4.7: 14 mm
L'altezza del corpo mandibolare misurata in prossimità della sinfisi è
pari a 29 mm. In regione molare destra è pari invece a 24 mm.
67
In regione molare sinistra, in ragione dell'alveolisi già segnalata, è pari
a 15 mm. Si segnala la presenza di un alveolo beante in posizione distale
rispetto al 4.7 (perdita post-mortale).
Infine si segnala la totale assenza di processi cariosi a carico degli
elementi dentari di entrambe le arcate.
68
Individuo B
MASCELLARE SUPERIORE
Il mascellare superiore si presenta ampio, caratterizzato da un palato
tondeggiante con diametro maggiore di circa 6 cm. Non vi sono segni di
patologie; né di riassorbimento osseo riconducibile a malattia parodontale.
Vi è la presenza di una rima di frattura in corrispondenza della linea
mediana. Accostando i margini fratturativi si rileva la presenza di un ampio
diastema (6mm) fra i due incisivi centrali, che presentano anche
un’evidente vestibolarizzazione.
Un ulteriore diastema di dimensioni più ridotte (3 mm) è altresì
presente fra 21 e 22.
Gli elementi dentari superiori sono tutti presenti, ad eccezione del
secondo molare di sinistra (27).
Il 18 si presenta piuttosto vestibolarizzato, mentre il 28, una volta
riposizionato, appare inclinato mesialmente.
Tutti i denti sono completamenti indenni da patologia cariosa. Tale
caratteristica è in accordo con le abitudini nutrizionali dell’epoca Neolitica
che, seppur con l’introduzione di carboidrati nella dieta, associati alla
cacciagione, erano tuttavia assolutamente prive di zuccheri.
All’alimentazione poco raffinata e alle impurità presenti nei cereali
macinati a pietra, è altresì riconducibile la profonda usura, particolarmente
70
evidente a carico di incisivi e primi molari, che ha determinato la perdita
completa del disegno cuspidale con esposizione dentinale.
MANDIBOLA
L’osso mandibolare si presenta robusto con fratture, verosimilmente
da schiacciamento, in più punti. Si nota altresì la dislocazione completa del
47 e una perdita di sostanza a livello del versante linguale del corpo
mandibolare a sinistra. Dallo stesso lato risulta completamente assente il
ramo mandibolare.
Gli elementi dentari sono tutti presenti, compresi i terzi molari e come
per l’arcata superiore, indenni da processi cariosi. A livello mandibolare è
possibile apprezzare un riassorbimento osseo che si manifesta di grado
moderato a livello dell’emiarcata di destra e più pronunciato a carico dei
molari di sinistra.
Il canino inferiore di destra (43), che ha una posizione lingualizzata,
presenta una profonda recessione ossea vestibolare. L’usura risulta anche in
questa sede molto evidente, in particolare sugli elementi della regione
intercanina e su quelli posteriori fra cui si segnalano 35, 36 e 37 a sinistra e
46 e 47 a destra con totale scomparsa delle cuspidi ed esposizione
dentinale.
Ponendo le due arcate in occlusione nonostante il disallineamento
riconducibile alle numerose fratture, che in alcune zone sono caratterizzate
71
da perdita di sostanza, è evidente una notevole protrusione del mascellare
superiore.
SCHELETRO B
72
CAPITOLO VIII
LE INDAGINI RADIOLOGICHE
Per entrambi gli individui (A e B) il cranio in tutt’uno con il terreno in
cui risultavano parzialmente immerse le porzioni ossee, è stato sottoposto a
completa scansione tomografica (Tomografia Computerizzata) ed a
ricostruzione tridimensionale attraverso l’uso di appropriati hardware e
software.
L’approccio metodologico si è fondato:
a) sulla acquisizione di immagini TC con tecnica spirale
multidettettore (64 detettori) con spessore di strato di 0.6 mm, con
algoritmo dell’osso e successive ricostruzioni in 3D e MPR;
b) sulla analisi delle acquisizioni native.
Effettuata l’indagine TC, si è proceduto alla rimozione del terreno che
permeava le cavità endocraniche ed alla ricomposizione dei tasselli ossei
(vedi Cap. 4 e 5).
73
Individuo A
74
75
Individuo B
76
CAPITOLO IX
IPOTESI SULLA CAUSA DEL DECESSO
Considerato lo stato dei resti scheletrici, notevolmente fratturati ed
usurati dal tempo, la valutazione della possibile causa del decesso è
risultata particolarmente difficoltosa.
Deve preliminarmente sottolinearsi che la lesività descritta, è da
attribuirsi, per la massima parte, alla fragilità degli stessi ed all’azione del
peso del terreno nel quale erano immersi e conglobati.
L’esame dei reperti dopo pulizia e attività di ricostruzione non ha
evidenziato elementi chiaramente riconducibili a lesività di tipo traumatico
fatta eccezione per l’individuo B, ove si è osservata una interessante lesione
cranica con le caratteristiche della frattura di tipo post-traumatico, resa
suggestiva dal rinvenimento, in prossimità del cranio dell’individuo B, di
una pietra cuneiforme.
In tal senso, infatti, deponeva la corrispondenza tra la morfologia del
complesso fratturativo evidenziato a livello del neurocranio dell’individuo
B e la foggia della pietra.
Come detto si è ritenuto opportuno procedere ad una indagine
minimamente invasiva, al fine di preservare l’integrità di tale complesso
77
fratturativo sostenuto dalla presenza in cavità endocranica di terreno
compatto di tipo argilloso frammisto a detriti pietrosi di varie dimensioni; il
cranio infatti non poteva essere mobilizzato per un esame delle superfici di
sinistra immerse nel terreno ed era difficilmente manipolabile in quanto
costituito da tasselli ossei estremamente fragili, diffusamente interessati da
fenomeni di cracking e sfaldamento degli strati superficiali della corticale
ossea. In tal senso, pertanto, ben si è prestata allo scopo la effettuazione di
un esame TC, indispensabile per evitare la scomposizione dei tasselli ossei,
e la perdita dei rapporti tra gli stessi.
Il cranio in tutt’uno con il terreno in cui risultavano parzialmente
immerse le porzioni ossee di sinistra, è stato riposto in un apposito
contenitore in plastica ed è stato sottoposto a completa scansione
tomografica ed a ricostruzione tridimensionale attraverso l’uso di
appropriati hardware e software.
Come precedentemente detto, effettuata l’indagine tomografica, si è
proceduto alla rimozione del terreno che permeava le cavità endocraniche
ed alla ricomposizione dei tasselli ossei, nonché all’esame dl una pietra
trovata accanto allo scheletro.
I dati ottenuti sono stati quindi comparati ed embricati tra loro.
78
I risultati preliminari hanno consentito di ricostruire
tridimensionalmente i complessi fratturativi e di differenziare le fratture
vitali da quelle post-mortali.
La ricostruzione 3D in volume rendering e l’analisi delle immagini
native hanno infatti evidenziato:
scatola cranica di un soggetto adulto con dentatura pressocchè
completa, osso mascellare ed arcate dentarie ben delineate;
osso frontale “sfuggente” sostanzialmente integro con
ispessimento della sua porzione sopraorbitaria e con
pneumatizzazione dei seni frontali;
duplice rima di frattura composta dell’emimandibola destra
marcata diastasi della sutura coronale;
frattura longitudinale mediana a livello della squama
dell’occipitale;
frattura a stampo pluriframmentata e depressa con affondamento
dei tasselli ossei fratturativi a carico della squama dell’osso
temporale destro;
schiacciamento del neurocranio con conseguente netta riduzione
del diametro coronale e sostanziale conservazione del diametro
sagittale.
79
La ricostruzione tridimensionale del cranio nel suo complesso ha
consentito di evidenziare la lesività traumatica potenzialmente mortale,
caratterizzata da una frattura a stampo a piccoli tasselli, omogeneamente
avvallata e depressa in corrispondenza della squama temporale destra,
prodottasi probabilmente, a seguito di un trauma da impatto occorso
secondo una linea di forza trasversale diretta da destra verso sinistra.
Le restanti multiple fratture del neurocranio, coinvolgenti la base
cranica, le regioni parieto-occipitali destre con relativa integrità dell’osso
frontale e la sostanziale integrità dello splancnocranio ove si eccettui la
frattura composta della branca orizzontale dell’emimandibola destra, per la
loro irregolarità di decorso, per la loro costituzione ad ampi tasselli e per la
morfologia dinamica indicativa di uno schiacciamento omogeneo da destra
a sinistra e dall’alto in basso, congruo con le caratteristiche della
deposizione, sono state considerate post-mortali, attendibilmente indotte
nel tempo dallo schiacciamento subito dal cranio, con conseguente netta
riduzione del diametro coronale, da parte del materiale terroso che ha
ricoperto l’intero scheletro per 6.000 anni circa.
Il successivo esame del masso, ritrovata accanto allo scheletro durante
le operatività medico legali, ha evidenziato in corrispondenza della base
una scanalatura circolare ed un apice costituito da tre lati rispettivamente
delle dimensioni di 4x4x5 cm.
80
Tale mezzo è risultato, per le sue caratteristiche morfologiche e
dimensionali, perfettamente sovrapponibile alla tipologia della lesione
fratturativa a stampo riscontrata in regione temporale destra.
Al fine di poter validare o confutare i risultati ottenuti dalla
preliminare ricostruzione virtuale in 3D, è stato effettuato lo studio
morfologico convenzionale dei tasselli ossei, mediante trattamento e
ricostruzione convenzionale del cranio, che, stante la molteplicità degli
stessi, la loro deformazione e l’estrema fragilità, ha fornito indicazioni
minori rispetto a quanto già rilevato alla TC.
Nel caso in esame, il cranio neolitico ha confermato l’utilità di un
preliminare studio virtuale attraverso la ricostruzione tridimensionale e
l’analisi delle immagini native che devono necessariamente precedere il
trattamento e la ricomposizione convenzionale dei tasselli ossei, in ragione
della loro importanza e fragilità.
L’apporto principale delle tecniche di elaborazione di immagini TC è
consistito specificamente nella possibilità di accedere e ricostruire le
strutture ossee e di analizzare la morfologia dei complessi fratturativi senza
alterare i rapporti intercorrenti tra i tasselli ossei, risultati poi, una volta
“smontati”, di difficile e completa ricollocazione.
La ricostruzione tridimensionale del cranio è risultata infatti dirimente
e suggestiva nell’evidenziare il complesso fratturativo mortale confermato
81
dal successivo studio particolareggiato dei rapporti intercorrenti tra la pietra
cuneiforme ed i tasselli ossei, giustificando la vitalità della lesione.
82
CONCLUSIONI
Il lavoro svolto ha ulteriormente dimostrato l’utilità di team
multidisciplinari e multiprofessionali nell’approccio a casi complessi, ed ha
contribuito a sottolineare l’importanza dell’utilizzo, in ambito di
sopralluogo, di tecniche, che, seppur sperimentali, sono caratterizzate da
rigore scientifico ed in alcuni casi, possono essere fondamentali per
aggirare difficoltà imposte da condizioni naturali e climatiche avverse.
Inoltre, nello specifico, l’unione di competenze medico-legali,
archeologiche ed antropologiche ha fornito l’evidente vantaggio di avere a
disposizione la metodologia più idonea per ogni differente situazione.
L’approccio ai resti scheletrici “fragili” (ossa carbonizzate, esposte
all’umidità, antiche, etc.) non può essere affidato al caso, ma deve sempre
essere il risultato di una approfondita analisi preliminare, di una idonea
strategia di intervento, utilizzando competenze pluridisciplinari.
Una prima importante riflessione è legata alla tecnica del sopralluogo
che deve essere condotta in modo tale da garantire il completo esame dei
luoghi e dei reperti in situ.
83
Un protocollo completo, di impostazione sicuramente medico-legale
(parzialmente idoneo al caso in studio) è il Disaster Victim Identification
Guide dell’Interpol, largamente utilizzato per le procedure
d’identificazione nei mass disasters; tale protocollo si articola in fasi
sequenziali, così pianificate:
localizzare i resti umani (foto e rilievi);
riportare in uno schema grafico l’esatta collocazione dei resti e
di eventuali altri reperti;
recupero completo;
trasferimento dei resti in laboratorio per ulteriori indagini
specifiche.
Innanzitutto il sito dev’essere posto in sicurezza e delimitato; la
presenza di archeologi esperti può essere d’importante ausilio già in questa
fase del processo, per il corretto utilizzo di tecniche specifiche (reticolato di
rilevazione con quadrettatura dell’area, laser, aspiratore e setaccio)
fondamentali per mettere in luce ogni reperto rilevante.
Nel caso illustrato lo scavo era stato condotto da Archeologi afferenti
alla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata i quali lo
avevano delimitato con un reticolato di rilevazione ed inoltre lo avevano
già sottoposto a tecniche di rilievo laser.
84
Gli stessi Archeologi avevano anche identificato i due individui
come “A” e “B”, indicando con “A” quello alla destra dell’osservatore
orientato a nord ed in “B” quello alla sua sinistra
La metodica scelta ed illustrata (prelievo diretto degli arti e “tecnica
a strappo” per il capo ed il tronco) ha consentito il recupero totale dei resti
scheletrici senza alcuna perdita né alterazione topografica, consentendo e
facilitando tutte le analisi successive.
Essendo riusciti a recuperare i resti in maniera adeguata è stato
possibile in seguito ricavare da questi il maggior numero di informazioni
relative al caso.
Tali informazioni hanno permesso di formulare ipotesi sia in merito
all’identificazione dei due individui (età scheletrica, razza, altezza in vita)
sia ad una possibile causa di morte.
Per la datazione dei due scheletri fu effettuata l’analisi basata sulla
misurazione del grado di decadimento del radiocarbonio (C14): i risultati
ottenuti consentirono di affermare sia che i reperti analizzati erano
effettivamente appartenenti al periodo neolitico, sia che, essendo di
datazione molto ravvicinata, molto probabilmente la morte dei due soggetti
era avvenuta contemporaneamente.
Per la determinazione dell’età fu utilizzata in prima battuta una
metodica di tipo istologico e precisamente istomorfometrica: attraverso lo
85
studio di alcuni parametri istologici specifici (numero di osteoni secondari;
frammenti di osteoni secondari; area percentuale di osso lamellare
circonferenziale; numero di canali non haversiani) si valutò un’età
approssimativa di 24- 20 anni, rispettivamente per l’individuo “A” e per il
“B”.
L’altezza in vita fu calcolata attraverso l’applicazione e
l’interpolazione dei risultati rinvenienti dall’utilizzo di differenti metodiche
di indagine di tipo metrico cioè basate sulla misurazione metrica di
differenti strutture scheletriche.
In particolare, fu utilizzata la lunghezza massima di ossa lunghe per
il metodo di Trotter and Gleser (1952, 1958), e la lunghezza massima dei
metacarpi per il metodo di Meadows and Jantz (1992).
Embricando fra loro i risultati ottenuti con entrambi i metodi si
ottenne un’altezza media:
per l’individuo A compresa tra 152 e 155.3 cm
per l’individuo B compresa tra 162 e 163 cm.
Per la determinazione del sesso di entrambi gli individui A e B si
ricorse all’analisi del DNA estratto da frammenti di tessuto osseo ricavato
dalle porzioni diafisarie dei femori.
86
L’analisi dei risultati della tipizzazione permise di notare che il
sistema dell’Amelogenina e tutti i sistemi STR localizzati sul CR Y non
avevano dato una risposta positiva; ciò potè essere spiegato in due modi:
possibile degradazione delle sequenze analizzate;
appartenenza dei resti scheletrici a soggetti di sesso femminile.
Inoltre 6 alleli dei 10 amplificati erano considerati rari, cioè presenti
in meno dello 0.7% nella popolazione (caucasici, ispano-americani,
asiatici, afro-americani), tale dato potè confermare che l’assetto genetico
era sostanzialmente differente rispetto all’odierna popolazione europea e
nord americana.
Furono inoltre effettuate analisi odontoiatriche dalle quali emerse che
tutti i denti erano completamenti indenni da patologia cariosa, ciò in
accordo con le abitudini nutrizionali dell’epoca Neolitica che, seppur con
l’introduzione di carboidrati nella dieta, associati alla cacciagione, erano
tuttavia assolutamente prive di zuccheri.
All’alimentazione poco raffinata e alle impurità presenti nei cereali
macinati a pietra, fu altresì riconducibile la profonda usura, particolarmente
evidente a carico di incisivi e primi molari, che determinò la perdita
completa del disegno cuspidale con esposizione dentinale.
Nonostante l’antichità dei resti ritrovati, e le difficoltà che ciò
comporta sulle indagini di laboratorio, il loro corretto recupero ha permesso
87
di arrivare alla conoscenza di numerosi dati e permetterà in futuro una serie
di ulteriori indagini (alcune di esse sono attualmente in corso).
88
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