Beatrice Caselli, la vita oltre il sipario La Pira e San Francesco...La Pira e San Francesco due...

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INVENTARIOTOSCANA OGGI18 aprile 201012

La Pira e San Francescodue pellegrini di pace

a Pira pensava che la pace di Israele e della Palestina, la pace di Gerusalemme e della TerraSanta non è una pace, ma è la Pace in assoluto». Con queste parole, frate Marco Malagola,amico di Giorgio La Pira ai tempi in cui il frate prestava servizio alla Segreteria di Stato inVaticano, ha presentato il libro Pellegrini di pace (Edizioni Terra Santa, pag. 164, 17,00

euro), scritto da frate Marcello Badalamenti, frate minore e presbitero palermitano, che da tempo siinteressa alla figura, sua conterranea, del «sindaco Santo», fortemente legato alla spiritualitàfrancescana e ai temi cari al poverello d’Assisi. «Ciò che fa onore all’autore – ha continuato Padre Malagola nel corso di una presentazione delvolume, tenutasi lo scorso sabato 10 aprile presso la Stanza delle Laudi del convento di San Francescoin piazza Savonarola a Firenze, e al quale hanno partecipato anche Mario Primicerio, presidente dellaFondazione Giorgio La Pira e Giorgio Acquaviva, giornalista vaticanista – è di aver abbinato due

profeti della pace e seminatori di speranza, entrambiinnamorati della Terra Santa».«Pellegrini di Pace» scava, infatti, nelle vicende diqueste due vitali personalità della storia di Italia e diFirenze, presentando la figura del politico nel suoprofondo amore per San Francesco, di cui condividevala speranza e l’amore per la Terra di Gesù.L’inevitabilità della pace in quella zona del mondo eraper La Pira una speranza certa, e accusava di utopismodrammatico coloro che invece ritenevano, e ritengonotutt’ora, impossibile una sua effettiva realizzazione:«Quando La Pira parlava, con chiunque avesse davanti,il suo parlare non dava fastidio perché non usava alcunartificio – ha continuato Padre Malagola. Era unpiacere ascoltarlo, se ne subiva il fascino con il suogesticolare tipicamente siciliano. La sua fede esondavada lui naturalmente e non la utilizzava mai permarcare delle differenze. Piuttosto costruiva ponti contutti, ritenendo di fondamentale importanza ilconcetto della responsabilità della famiglia abramitica(ossia delle tre grandi religioni monoteiste discendentida Abramo) nel costruire un percorso in cui ledifferenze fossero punti di partenza e i problemidiventassero di tutti».Una speranza che apparteneva anche a San Francesco,ed è inevitabile il paragone con il suo celebre incontrocon il Sultano a Damietta, sul Nilo. Lo scalpore chegenerò quel colloquio (all’epoca il Sultano era vistodai conterranei di Francesco come emblema deldemonio), non esente da critiche, aprì anche le porte auno spiraglio di speranza e di Pace di cui anche La Pira,solo apparentemente lontano nel tempo dal santo diAssisi, si è fatto testimone vivente nel corso dei suoipellegrinaggi e dei suoi incontri, ufficiali e non.Della stessa intensità anche l’amore per questa terra,dimostrata in San Francesco dal fatto che la presenzafrancescana in Terra Santa è l’unica presenza cristianapacifica, da 800 anni, e testimoniata da La Pira, cheparlava di essa come la sua patria.Non ultima la fiducia in Dio: profondamente convintiche la Grazia e la Teologia nella storia siano capaci digrandi sorprese e di grandi sconvolgimentiimpensabili, entrambi questi due maestri della fedehanno saputo essere ambasciatori di Paceconfidando nel Signore e affidando a Dio il

proprio lavoro, convinti di essere solo degli intermediari attraverso cui Dio compie la Suavolontà. «La Pira – ha concluso Primicerio – non era un idealista, ma un uomo fortementeradicato nella realtà. Amava spesso recarsi a La Verna perché lo riteneva il punto di arrivo,attraverso le Stimmate ricevute in quel luogo da San Francesco, dell’incontro del Santocon il Sultano e allo stesso tempo punto di partenza, terrazza dalla quale Cristo siaffaccia sul mondo di Abramo. La pace politica, da lui fortemente creduta per ilmedioriente, è il primo fondamentale tassello di quell’incontro con Dio, capace ditrasformare la vita di ognuno e la Storia del mondo».

Sara D’Oriano

DI CLAUDIO TURRINI

mpressiona solo a vederlo. 680pagine fitte fitte di nomi e dati. Èil volume che regesta lacorrispondenza di Giorgio La

Pira, conservata nell’archivio dellaomonima Fondazione. Il volume(«Archivio Giorgio La Pira.Corrispondenza», € 39) è statopubblicato da poco per i tipi diPolistampa. Vi sono elencate le oltre45 mila lettere che il «Professore» hascambiato con papi, capi di stato,ministri, personalità del mondopolitico e culturale di tutto ilmondo, dal 1950 al 1977, annodella sua morte. Il tutto conservatoin buste e fascicoli che per tantianni la segretaria Antinesca Tilli hascrupolosamente archiviato egelosamente conservato. Era lei a

«tradurre» agli interlocutori ladifficile grafia del Professore. Nellebuste finiva così l’originalemanoscritto ed una copiadattiloscritta. Nell’archivio sono

rimaste le «veline» che Antinescafaceva con la carta carbone, assiemeagli originali delle lettere ricevute. Ein più ritagli di giornali, materiale astampa, appunti scritti in

preparazione di incontri importantie anche qualche piccolo documento(passaporti, visti, tessere). Su moltidi questi fogli ci sono annotazionidi mano di La Pira che possonogettare nuova luce anche su vicendeormai note e studiate.L’Archivio, che La Pira lasciò a trecuratori – Pino Arpioni e FiorettaMazzei (entrambi scomparsi) e alConvento dei domenicani di SanMarco, che ne è l’attualeproprietario – è un bene tutelatodalla Soprintendenza Archivisticaper la Toscana che il 4 giugno del1985 lo notificò per le«testimonianze conservate neicarteggi che riflettono tutti gliavvenimenti di quest’ultimoquarantennio e l’opera da lui svoltain campo nazionale a partire dal1938 e in campo internazionale a

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Digitalizzato l’archivio del «Sindaco «Intervista alle religioni»,Vaccari e Valzaniaall’incontro conclusivo alle Laudi di Firenze

opo il buddhismo, l’Islam e l’ebraismo, è dedicato alCristianesimo l’ultimo incontro del ciclo «Frugando nei cieli

in cerca di risposte. Intervista alle religioni» in programmamartedì 20 aprile alle 21 al teatro Le Laudi di Firenze (viaLeonardo da Vinci 2r).Ospite della serata Franco Vaccari, presidente di RondineCittadella della Pace, intervistato dal giornalista Sergio Valzania.Ingresso libero.

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TERRA SANTABeatrice Caselli,la vita oltre il sipario

32 anni, improvvisamente, BeatriceCaselli si ammala di un tumore che si

rivelerà incurabile. Nel doloroso percorsodel suo dolore scrive un Racconto e un Diario,che raccolgono il suo universo affettivo.Quando poi la malattia la piega, si preparaal commiato con Lettere rivolte ai suoi carioppure indirizzate a persone pubbliche cherappresentano ai suoi occhi il rispetto dellavita e la familiarità dignitosa con la morte.Questi suoi pensieri e corrispondenze sonosfociati nel libro Oltre il sipario, di cui èuscita recentemente una nuova edizione(Giunti editore, pagine 126, euro 12,50.La prefazione al libro è del noto oncologoUmberto Veronesi e la nota critica diGiorgio Luti. «Sono rimasto colpito dallatestimonianza toccante e profonda diBeatrice Caselli – scrive Veronesi – unagiovane donna ammalata di cancro che peranni, forte del valore della vita, ha lottatocontro la malattia accettandone paure,sofferenze, rischi, imprevisti. Con coraggio,senza mai la rassegnazione negli occhi o nelcuore, finché ha avuto anelito in corpo. Ilsuo racconto, la sua vita mi hanno portato ariflettere su quanto la malattia e il distaccodalla vita siano un’esperienza personale che,pur accomunandoci tutti, viene vissuta daciascuno con sentimenti unici e spessocontrastanti. Dei tanti malati che hannocondiviso con me la loro sofferenza –prosegue Veronesi – non potrò dimenticarele emozioni di rifiuto, rabbia, stupore,incertezza, accettazione silenziosa esperanza che si dibattevano nell’incredulitàdell’anima, e rimanevano incise negli occhiimmoti. Più eloquenti di mille parole, avididi colmare tanti perché».Il cardinale Carlo Maria Martini conclude illibro con parole illuminanti sulla malattia,«una domanda di aiuto, di amore, di senso»nella società dominata dalla «cultura deisani».

Due nuovi titoli per la Piccolabiblioteca della felicità

a vita felice» di Lucio Anneo Seneca(pagine 128, euro 7,50), con

traduzione di Annalisa Zanotti Fregonara etesto latino a fronte, e la «Lettera sullafelicità» di Epicuro (pagine 64, euro 6), contraduzione di Maddalena Lazzati e testogreco a fronte, sono i due nuovi titoli uscitiper la «Piccola biblioteca della felicità».L’introduzione ai due volumetti è diMaurizio Schoepflin, filosofo, docentepresso gli Istituti superiori di scienzereligiose «Apollinare» di Roma e «BeatoGregorio X» di Arezzo, nonché docente allafacoltà di scienze politiche della Luiss diRoma e la facoltà teologica dell’Italiacentrale di Firenze. Il «De vita beata» è undialogo apologetico che Seneca scrisse perdifendersi dalle accuse di incoerenza che glierano state rivolte. «Proprio prendendospunto dall’accusa di incoerenza mossagli amotivo del suo eccezionale arricchimento –afferma Schoepflin – Seneca ha modo diprecisare i termini dell’importante questionerelativa a quale debba essere l’atteggiamentodell’uomo saggio di fronte ai beni materiali»e cioè che «il filosofo è colui che meglio diogni altro saprà rapportarsi ad essi, nonsopravvalutandoli ma usandoli in modogiusto». Tale capacità infatti proviene«dall’aver compreso perfettamente in checosa consista l’autentica felicità: essacoincide con la virtù». Che cosa sia la felicitàse lo chiede anche Epicurio che in una«Lettera a Meneceo» sostiene che non c’è etàper conoscere la felicità che egli identificacon il piacere. Ma, afferma Schoepflin, «ilpiacere a cui guarda con profondo interesseEpicuro non è figlio dei desideri e della lorosoddisfazione, ma è piuttosto assenza didolore ed estrema riduzione dei desideristessi». In ogni caso, precisa Schoepflin,nella filosofia di Epicuro «non c’è niente cheassomigli a un edonismo di bassa lega: essasi presenta piuttosto come una forma diascetismo pagano, frutto della menteispirata di una specie di monaco laico cheamò la vita nella sua pura ed estremaessenzialità, considerandola il veroAssoluto».

Dalla carne a Dio.Sant’Agostino e la bellezza

e «Letture» in onore del Beato Angelico,patrono degli artisti, giunte all’ottava

edizione, affidata alla voce del filosofoMaurizio Schoepflin, si sono allargate inuna prospettiva più ampia riguardo all’artespecifica dell’Angelico con unaconversazione guidata a San GiovanniValdarno dallo stesso Shoepflin sul tema diSant’Agostino e la bellezza. Ne è scaturito unvolumetto intitolato Dalla carne a Dio.Sant’Agostino e la bellezza (pagine 32, euro 5)pubblicato da Edizioni Feeria dellaComunità di San Leolino a Panzano inChianti.

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in LIBRERIA

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partire dal 1952, e cherappresentano uno strumentoindispensabile per la ricercadocumentale e lo studioapprofondito dei grandi temipolitici della storia del nostrotempo». Grazie al contributodell’Ente Cassa di Risparmio edella Fondazione Marchi tutta laprima sezione dell’Archivio (su 15sezioni) è stata digitalizzata ecorredata di uno strumento diricerca elettronico. Il lavoro è statocondotto da borsisti, come BeatriceArmandi e Samuela Cupello, sottola guida di un comitato scientifico,presieduto da Stefano Vitali, oggiSoprintendente archivistico perl’Emilia-Romagna. I documentisono stati digitalalizzati e perciascuno è stata inoltre redatta unascheda con le informazioni più

rilevanti: mittente, destinatario,data, supporto e eventualeintestazione, tipo di scrittura,collocazione... Dalle schedeelettroniche può esseredirettamente inviato un comandoper la visualizzazione dellaimmagine digitale del documento.E questo permette di effettuarericerche senza manipolare i foglioriginali che sono spesso di faciledeperibilità.Il volume non contiene i

documenti, ma solo il lorocatalogo. È quindi rivolto ad unpubblico di studiosi che da quidevono partire per le loro ricerche.Ma scorrendo le sue pagine sirimane impressionati dalletestimonianze dei tanti viaggiintrapresi da La Pira, dalle migliaiadi telegrammi e lettere spedite ai«grandi» della terra, da Kruscev aKennedy, da U Thant a Ho ChiMinh, da Senghor ad Arafat. E poi apolitici, giornalisti, fisosofi,

scienziati, vescovi. Solo a Paolo VIha scritto oltre mille lettere.Un’autentica miniera di documentisul ’900, capace di stupire anche chiè stato a lungo vicino a La Pira,come Mario Primicerio, attualepresidente della Fondazione. Fu luiad accompagnarlo in Viet Nam daHo Chi Min, nel 1965. Eppure – cispiega – riguardando oggi le carte diquegli anni vengono fuoriparticolari inediti, carteggisconosciuti, rapporti insospettabili.

santo»

l nuovo non è nient’altro che l’anticocaduto nell’oblìo e riscoperto». Questaformula manifesta piena verità nelcaso di Giorgio La Pira e del suo

scritto Il valore della persona umana, da tempointrovabile e oggi di nuovo in libreria nellanuova edizione Polistampa (pagine 144, euro12) a cura dell’Associazione Incontri,presieduta da Piero Tani: attraverso intuizionie concetti di un’antica e solida tradizionesiamo portati davanti a prospettive nuove enuove applicazioni. Ciò è ancora più chiaroadesso che la questione dell’uomo e ilproblema antropologico sono diventationnipresenti. Il saggio, scritto durante la seconda guerramondiale e pubblicato per la prima volta nel1947 dall’Istituto di propaganda libraria diMilano e ripubblicato dalla Libreria editricefiorentina nel 1962, è una riflessione sul valore

dell’individuorispetto alla società,che porta lo statistafiorentino adaffermare come lasuprema finalità ditutto l’aggregatosociale sia sempre esolo la persona,contro le tesi deglistati totalitari. Al dilà del diversocontesto socio-politico, leconsiderazioni di LaPira risultanoattualissime: dopola caduta deitotalitarismi, altre

minacce incombono sulla centralità dell’essereumano, messa sempre in discussione quandosi affrontano temi come scienza, tecnologia,bioetica. Il volume è stato presentato sabato 10aprile alla Biblioteca delle Oblate a Firenze.Sono intervenuti Giulio Conticelli,vicepresidente della Fondazione La Pira, UgoDe Siervo, vicepresidente della Cortecostituzionale e Vittorio Possenti, ordinario diFilosofia all’Università di Venezia.Nella nuova edizione il libro propone latraduzione in nota di alcuni dei numerosipassi di Tommaso d’Aquino citati da GiorgioLa Pira in latino.Spiega Vittorio Possenti nella suaintroduzione: «Già nei primi anni ’40 questovolume aveva colto con acutezza la centralitàmoderna della “questione antropologica” chegià allora esisteva, ma che solo vari decennidopo assunse tale nome. Economia, diritto,cultura, politica, tecnica, bioetica e

biopolitica dipendono da determinateconcezioni dell’uomo: sono i grandi snodidella vita contemporanea in cui il tema

della persona umana è sempre inquestione».Per questo ha senso ripubblicare untesto ormai da decenni irreperibile,steso di fronte a un contesto socio-politico ben diverso dall’attuale,perché La Pira individua coordinateessenziali che vanno oltre le

congiunture e toccano nucleipermanenti: lui stesso ne è consapevole.

AL PRIMO POSTORESTA SEMPREIL VALORE DELLAPERSONA UMANA

Ripubblicatoun testo ormaiintrovabiledi Giorgio La Pira.Risale agli anni’40 ma cogliela centralitàdella «questioneantropologica»

Gender Genere. Chi vuol negarela differenza maschio-femmina?

a teoria del gender sostiene che lafemminilità e la mascolinità sono

costruzioni culturali indotte, dalle qualibisogna liberarsi per stabilire un’autenticauguaglianza tra gli esseri umani. Ma ilpassaggio terminologico da sesso a generesottintende una precisa scelta ideologica,volta a negare la differenza tra donne euomini. Con conseguenze imprevedibili suicardini dell’antropologia e sulla vitacomune. Per ricostruire la genesi della teoriadel gender, analizzandone sviluppi econseguenze, è uscito, nella collana «Lechiavi» a cura di Domenico Delle Foglie,l’interessante volumetto di Giulia Galeottiintitolato Gender Genere. Chi vuole negare ladifferenza maschio-femmina? L’alleanza trafemminismo e Chiesa cattolica (edizioniViverein, pagine 104, euro 5). GiuliaGaleotti, storica contemporaneista, collaboracon il Dipartimento di studi storicidell’Università di Roma La Sapienza. Tra lesue pubblicazioni: «Storia dell’aborto» (IlMulino 2003), «Storia del voto alle donne inItalia» (Biblink 2006) e «In cerca del padre.Storia dell’identità paterna in etàcontemporanea» (Laterza 2009). Collabora ariviste e quotidiani, tra cui «L’OsservatoreRomano» e «Avvenire».

«La gabbia dei matti cattivi»di Montelupo Fiorentino

n mezzo al bel paesaggio toscano, dentrouna bellissima villa medicea, dimorano gli

internati di uno dei sei ospedali giudiziarid’Italia, quello di Montelupo Fiorentino. Datredici anni il giornalista e scrittore RiccardoGatteschi frequenta come volontariol’ospedale con un duplice compito:collaborare alla redazione della rivista«Spiragli» e accompagnare all’esterno gliinternati che possono usufruire di permessi.Un impegno, quest’ultimo, che svolge anchenei carceri di Sollicciano e di Prato.Dall’assidua frequentazione con personetemporaneamente prive della libertà è nato La gabbia dei matti. Appunti e personaggi indieci anni di volontariato all’ospedalepsichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino (Centro editoriale toscano, pagine 128, euro10). «Un libro bello, avvincente – scrive nellaprefazione il magistrato di sorveglianzaMassimo Niro – scritto con fine e sobriapartecipazione, attento a cogliere aspettisalienti, momenti significativi di un’intensaesperienza umana, vissuta a diretto contattocon le persone ristrette nell’Istituto toscano».Un libro, questo, particolare e totalmentediverso dagli altri che Gatteschi ha scritto in40 anni di attività giornalistica. «So bene –scrive l’autore nella premessa – chenell’ospedale psichiatrico giudiziario diMontelupo sono passati o stazionano tuttorastupratori, gente che ha ammazzato il padreo la madre, mafiosi pentiti e finti pazzi...Tutti uomini che, se li incontrassi per strada,con ogni probabilità cercherei di evitare conaccortezza, non vorrei aver nulla a che farecon loro». Ma qui dentro è diverso; quidentro sono tutti uguali, dall’innocente (cene sono, ce ne sono...) al peggior omicida.Sono tutti deboli – continua Gatteschi –,impotenti; sono tutti soli; tutti sono allaricerca di un appiglio, di un sostegno, di unlumicino anche fioco e lontano che purriesca a mantenere acceso quel filo disperanza indispensabile per portare avantiun’esistenza che non somigli troppo a quelladi una bestia».

Manuale di conversazione:né rissa né noia

arla con voce chiara, non urlare ma nonmormorare, non parlare per allusioni,

usa un lessico e una sintassi tale da noncreare difficoltà di comprensione per chi tiascolta, in breve: fatti capire, e diconseguenza prenditi la piena responsabilitài quello che dici». Sono alcune delle regolecontenute nel nuovo libro di FrancescaDuranti Manuale di conversazione (MariaPacini Fazzi editore, pagine 90, euro 14).Poiché oggi si ha la tendenza di parlare aruota libera e soprattutto a non avere limitiai temi che stiamo discutendo, si incorrespesso nel pericolo di una conversazione «arischio». Una conversazione «vuota, distortae caricaturale» che degenera «in un rosario,in una conferenza o in uno scambio formaledi garbate osservazioni su temi inessenziali».«La conversazione va imparata – scriveFrancesca Duranti, genovese di nascita mache vive nella campagna lucchese – e perciòci propone una serie di regole di bon toncome, per esempio, non escludere nessunodalla conversazione, non parlare diargomenti noiosi che non interessano macoinvolgere tutti ponendo domande.L’importante è rendere la conversazione un«piacere che scalda il cuore, perché praticatoattraverso l’armonioso contatto con i proprisimili».

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Ben 680 pagine fitte di nomi edati. È il volume che comprendele oltre 45 mila lettere che il«Professore» ha scambiatocon papi, capi di Statoe ministri dal 1950 al 1977